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I
primi esemplari di organetto iniziarono a fare
la loro comparsa in Sardegna alla fine del se-
colo scorso, nei decenni immediatamente suc-
cessivi alla prima fabbricazione dello strumento,
a Castelfidardo (AN) a partire dal 1863 (ad opera
di Paolo Soprani) ed a Stradella (PV) dal 1876
(Mariano Dallapè), sul modello di alcuni prototi-
pi di fisarmoniche diatoniche a doppia intonazio-
ne (
accordion
,
accordéon
ecc.) che si erano comin-
ciati a costruire in Europa dalla fine degli anni
Venti (G
IANNATTASIO
1979: 43-55; G
IANNATTASIO
1982). Contrariamente alle aspettative, le fisar-
moniche diatoniche si affermarono e si diffusero
con molto successo non negli ambienti urbani in
cui erano nate, ma in quelli folklorici di molti pae-
si europei ed in seguito anche extra europei (nord
e sud America, Madagascar ecc.). I motivi di que-
sta rapida affermazione furono alcune parziali
omologie con gli strumenti arcaici tradizionali ed
una praticità d’uso, offerte dai nuovi aerofoni a
mantice. Inoltre l’organetto apparve nel momen-
to in cui avevano inizio, non solo in Italia, le tra-
sformazioni economiche e sociali che caratteriz-
zano il nostro periodo storico e che fra l’altro
hanno cambiato sostanzialmente il quadro e le
prospettive delle culture folkloriche tradizionali.
Così come altri strumenti “moderni”, l’organetto
si presentò pertanto come strumento mediatore,
di transizione, fra la cultura arcaica agropastorale
e quella tecnologica attuale.
In Sardegna la diffusione dell’organetto – che in
relazione alle aree ed ai dialetti ha assunto vari
nomi:
sonettu
,
sonette
,
organette
,
organettu
,
orga-
nittu
(D
ORE
1976: 121) – si è realizzata in virtù di
una accresciuta mobilità degli individui all’inter-
no e soprattutto all’esterno dell’Isola (coscrizione
militare obbligatoria dell’Italia post-unitaria, emi-
grazione nell’Italia peninsulare e all’estero ecc.).
L’organetto si è introdotto come strumento pro-
dotto “fuori” (nel continente), con materiali e
tecnologie estranee, in alternativa a strumenti
prodotti nell’ambito della comunità con materiali
reperibili all’interno della comunità stessa (
lau-
neddas
,
benas
ecc.), e come oggetto musicale
d’acquisto ed uso personale, in opposizione a
strumenti tramandati, nelle tecniche d’uso e nel
possesso, secondo regole e pratiche musicali co-
munitarie sempre più difficili da mantenere (si
pensi ad esempio al lungo apprendistato delle
launeddas
, in crisi per il decadere dei mestieri ar-
tigiani cui era connesso). Fra i motivi della sua
diffusione nell’Isola vanno considerati (G
IANNAT
-
TASIO
- L
ORTAT
-J
ACOB
1982: 3): a) il carattere di
strumento polifonico, in relazione ad un ambito
tradizionale particolarmente ricco di polifonia
strumentale (
launeddas
,
benas
) e vocale (
taja
,
cun-
cordu
,
tenore
,
cuncordia
campidanese ecc.); b) le
possibilità melodiche che gli hanno permesso di
recuperare parte del repertorio degli strumenti
monodici a fiato; c) le possibilità armoniche che
sono state sfruttate, anche se parzialmente, per
l’accompagnamento al canto (
boghe a sonettu
, ma
anche
boghe in re
,
mutos
,
nuoresa
,
tempiesina
ecc.); d) la predisposizione, infine, ad un uso rit-
mico che lo ha reso particolarmente adatto per
accompagnare la danza, di cui oggi è diventato lo
strumento per eccellenza. Per queste sue caratte-
ristiche l’organetto ha attinto soprattutto ai re-
pertori di danza strumentali e vocali, monodici e
polifonici; va in particolare ricordato il suo im-
piego negli ormai estinti riti coreutico-musicali
dell’
argia
(C
ARPITELLA
1967) e nell’accompagna-
mento delle danze rituali del carnevale (G
IAN
-
NATTASIO
- L
ORTAT
-J
ACOB
1982). Alla varietà e al-
la ricchezza del repertorio, resa possibile dalla
polivalenza dello strumento, si accompagna oggi
una professionalizzazione che comunque non
esclude l’esistenza di numerosi suonatori occasio-
nali e non professionisti (L
ORTAT
-J
ACOB
1981).
Dei quattro principali tipi di fisarmonica diatoni-
ca italiana – a due, a quattro, a otto e a dodici
bassi – in Sardegna è stato adottato principal-
mente l’organetto ad otto bassi (e in rari casi a
dodici bassi); ai tipi a due e quattro bassi si è in-
vece preferita l’armonica a bocca, diffusasi con-
temporaneamente alle armoniche a soffietto, co-
me strumento di uso individuale, “da tasca” o un
tempo “da
berritta
”, e pertanto assimilabile nel-
l’uso ai tradizionali flauti di canna dei pastori (
pi-
piolu
e
sulittu
). Gli organetti più usati in Sarde-
gna sono quelli in sol/do, la/re e fa/si
(in base
alle tonalità delle due file della tastiera del canto).
La diffusione dello strumento nell’Isola non è sta-
ta comunque uniforme ed ha privilegiato, nel
tempo, le regioni centro-settentrionali. In effetti
nell’area campidanese l’organetto ha avuto vita bre-
ve, rappresentando soltanto uno strumento di pas-
saggio verso le più recenti ed evolute fisarmoniche
L’organetto nella musica popolare sarda
Francesco Giannattasio