I
L
M
UTO DI
G
ALLURA
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un oggetto che teneva colla mano sinistra, e che Gavina,
per la distanza non poteva discernere.
Il volto di Bastiano, illuminato dal sole, in quel mo-
mento era bello, sovranamente bello; e la fanciulla no-
tava quella bellezza con una segreta compiacenza, che
non si curò di nascondere perché si sapeva sola e inos-
servata. Ella lo fissava con tenerezza pietosa, mentre
una moltitudine di pensieri le a
ttraversavano la mente…
[Bastiano Tansu aveva una figura simpatica. Ecco il
giudizio pronunciato dal giudice di Aggius, quando fu
inviato in missione per trattare le paci con Pietro Vasa.
Egli mi scrive: «Il famigerato bandito sordo-muto Seba-
stiano Razzu Addis Tansu, detto per antonomasia il ter-
ribile, era un bell’uomo che
a prima vista affascinava: i
suoi occhi
esprimevano un’eletta intelligenza, da non
resistere a lungo se si fissava: ed io, che prima non lo
conosceva, devo confessare che mi sentii attratto verso
di lui da un irresistibile sentimento di simpatia, quan-
tunque lo sapessi macchiato di sangue umano e non
nego che mi spiacque la sua sordaggine e il suo muti-
smo, perché non mi permettevano di appiccar discorso
con lui».]
Già le cicale avevano cessato i loro canti di saluto al
sole, e dal seno di Gavina uscì un sospiro lungo, pro-
fondo. Se in quel momento qualche indiscreto si fosse
accostato a lei, avrebbe sentito pronunciare, con
un’espressione di
rammarico, queste parole:
«Che peccato, ch’egli sia
sordo-muto!».