Ales dove è nato Antonio Gramsci con la piazza a lui dedicata e con la cattedrale dei Santi Pietro e PaoloIn questa tappa del nostro viaggio, da Morgongiori ci recheremo ad Ales dove è nato Antonio Gramsci, che visiteremo con il suo centro dove si trovano la piazza a lui dedicata e la cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, e con i suoi dintorni. La regione storica della MarmillaNella Sardegna centro meridionale, a cavallo del confine che separa la Provincia di Oristano da quella del Sud Sardegna, c’è una zona chiamata Marmilla della quale qui visiteremo la parte settentrionale. I comuni che fanno parte della Marmilla settentrionale, in Provincia di Oristano, sono: Albagiara, Ales, Assolo, Asuni, Baressa, Baradili, Curcuris, Gonnoscodina, Gonnosnò, Gonnostramatza, Masullas, Mogorella, Mogoro, Morgongiori, Nureci, Pau, Pompu, Ruinas, Senis, Simala, Sini, Siris, Usellus, Villa Sant’Antonio, Villa Verde. I comuni della Marmilla meridionale, in Provincia del Sud Sardegna, sono: Barumini, Collinas, Furtei, Genuri, Gesturi, las Plassas, lunamatrona, Pauli Arbarei, Sardara, Segariu, Setzu, Siddi, Tuili, Turri, Ussaramanna, Villamar, Villanovaforru, Villanovafranca. Nella Marmilla meridionale spicca incontrastato il colle di las Plassas, famoso per la sua forma mammellare, che a quanto pare avrebbe dato il nome al territorio circostante. Questo colle aveva in antichità al suo apice un capezzolo gigante attraverso il quale Madre Natura dava nutrimento a tutti i Sardi. Il paesaggio è prevalentemente collinare e comprende la Giara di Gesturi, la Giara di Siddi, la Giara di Serri, l’altopiano di Genoni ed il bacino del rio Mannu d’Isili. Le attività principali della zona sono l’agricoltura ed il turismo. In viaggio verso AlesDal centro di Morgongiori prendiamo verso nord est la via Vittorio Emanuele III, la quale esce dall’abitato con il nome di SS442 di Laconi e di Uras e, dopo circa sei chilometri, entriamo all’interno dell’abitato di Ales. Dal Municipio di Morgongiori a quello di Ales si percorrono esattamente 7.0 chilometri. Il comune chiamato AlesIl comune di Ales (nome in lingua sarda Abas, altezza metri 194 sul livello del mare, abitanti 1.285 al 31 dicembre 2021) è un cenro disposto quasi in pianura a oriente delle pendici del Monte Arci, e da secoli è stato considerato il capoluogo dell’Alta Marmilla, come dimostra l’antica presenza della diocesi vescovile, probabilmente la più piccola sede vescovile d’Italia. Ales ha dato i natali nel 1891 ad Antonio Gramsci. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate. Il territorio è ricco di testimonianze archeologiche, legate, per la preistoria, alla presenza degli importantissimi giacimenti di ossidiana. Il comune di Ales ha anche una frazione, che è quella di Zeppara. Origine del nomeSecondo una prima interpretazione, il nome del paese deriverebbe dal greco Alex, ossia àleco, che in italiano indica la cicerchia, e starebbe quindi ad indicare un luogo ricco di cicerchia. Per una seconda interpretazione, il linguista Masimo Pittau nota come la pronunzia locale Abas corrisponde all’appellativo locale e della zona Abas, che indicano le ali, e le antiche attestazioni indicano con buona probabilità che il nome derivi dal latino Ala e precisamente dal suo accusativo plurale Alas, ossia le ali. Siccome questo appellativo latino ha parecchi significati anche nella lingua sarda, a lui sembra che il significato da privilegiare sia quello di Alae, che erano le truppe ausilarie che nel combattimento venivano poste ai due lati dell’esercito schierato. La sua economiaNell’economia locale l’agricoltura conserva un ruolo importante; si coltivano cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutteti e si allevano bovini, ovini, equini, suini e avicoli. Il settore industriale risulta ancora di dimensioni alquanto modeste; tuttavia si registrano aziende che operano nei comparti dei materiali da costruzione, della raccolta, depurazione e distribuzione dell’acqua, dei gioielli, dell’energia elettrica, delle macchine per l’agricoltura, della produzione alimentare e della lavorazione del legno. Una sufficiente rete commerciale riesce a soddisfare le esigenze primarie della popolazione. Il paesaggio offerto dal Monte Arci, uno dei complessi vulcanici più importanti della Sardegna, conosciuto fin dall’antichità per l’ossidiana, il vetro vulcanico nero, attira un discreto flusso turistico sul posto. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno. Brevi cenni storiciL’area nella quale sorge Ales viene abitata già dal Neolitico, come attestato dalla presenza sul territorio di alcuni Nuraghi. Durante l’occupazione romana c'è da ricordare che nella zona di Ales passava l’importante strada che andava da Caralis ossia Cagliari, a Turris Libisonis ossia Porto Torres, toccando di certo Uselis ossia Usellus, e Forum Traiani ossia Fordongianus, e che era sotto la continua minaccia delle incursioni degli Ilienses ossia delle popolazioni barbaricine. Pertanto è del tutto lecito supporre che truppe romane messe a controllo e a difesa di quella importante strada fossero dislocate non soltanto a Forum Traiani e ad Uselis, ma anche ad Alas. D’altronde c’era anche la necessità di difendere da quelle razzie tutta un’ampia zona di grande produzione granaria. Ed è pure lecito supporre che il trasferimento prima delle truppe romane e dopo anche della capitale della diocesi da Usellus ad Ales sia stato conseguente al fatto che Usellus era troppo esposto alle incursioni delle popolazioni barbaricine. Sede di una delle più piccole sedi vescovili d’Italia, nel medioevo appartiene al Giudicato di Arborea facendo parte della curatoria di Parte Usellus, della quale diviene capoluogo dopo Usellus. Per la storia di questo paese, si parte da quando Francesco Carroz, proveniente dalla Valenza con i figli, aveva fornito a Giacomo II il Giusto denari e cavalli armati per partecipare alla conquista catalano aragonese dell’Isola. Nel 1313 Francesco ottiene il titolo di ammiraglio, nel 1323 arma venti galee per conquistare la Sardegna per conto dell’infante Alfonso d’Aragona, e nel 1330 ottiene la giurisdizione di diversi feudi tra i quali quello di Quirra. Il figlio di Francesco, Berengario I, per un breve periodo occupa la Mamilla con le sue truppe e vorrebbe annetterlo al suo feudo di Quirra, ma il re Martino I d’Aragona, poco prima della morte, ne aveva incluso buona parte nel feudo concesso a Garcia lupo de Ferrero. Comunque anche dopo la morte del re e la successiva morte di Garcia lupo de Ferrero senza eredi, Berengario I continua ad occupare la Marmilla. Berengario I sposa in seconde nozze Gerardona de Ribelles, dalla quale nasce il figlio Berengario II. Il feudo di Quirra viene convertito nel 1363 in contea, e il sovrano Pietro IV il Cerimonioso nomina Berengario II conte di Quirra. Berengario II lascia un’unica figlia legittima, Violante I, che trasferisce i diritti sui feudi al figlio Berengario III, il quale si sposa con Eleonora Manrique de lara, parente del re di Castiglia, che porta in dote altri feudi. Nel 1412, il nuovo re Ferdinando I d’Aragona costringe Berengario III a rendere i territori della Marmilla occupati, che vengono amministrati direttamente della Corona d’Aragona, e dal 1421 entrano a far parte del feudo concesso a Raimondo Guglielmo Moncada, al quale viene però confiscato dopo pochi decenni. A seguito di alterne vicende, la Marmilla viene acquistata all’asta da Pietro de Besalù, uno dei generi di Nicolò Carroz, conte di Quirra e viceré di Sardegna, appartenente al ramo dei Carroz di Arborea. Pietro de Besalù però, non disponendo dell’intera somma riChiesta, la chiede in prestito al cagliaritano Simone Rubei, ed inizia a ripagarlo grazie alle rendite feudali. Nel 1459 però le rendite gli vengono sequestrate dal fisco in quanto moroso, e Pietro de Besalù si trova impossibilitato a rendere il prestito a Simone Rubei. Quest'ultimo nel 1464 minaccia di mettere all’asta i feudi per recuperare il suo credito, ma Pietro de Besalù viene salvato dall’intervento del suocero Nicolò Carroz, che, interessato ai territori confinanti con il suo feudo di Quirra, salda il debito con Simone Rubei. alla morte nel 1469, Berengario III lascia un’unica figlia legittima minorenne, Violante II, che viene posta sotto la tutela di Nicolò, il quale la fa sposare con suo figlio Dalmazio Carroz, e Violante porta in dote il titolo comitale e tutti i territori infeudati. alla morte di Nicolò Carroz, Pietro de Besalù si trova nuovamente nei guai, dato che Dalmazio, il nuovo conte di Quirra, approfittando dello stato di tensione conseguente alla ribellione di Leonardo de Alagon, nel 1474 occupa militarmente tutta la Marmilla e gli ingiunge di saldare le somme dovute. Impossibilitato a pagare, nel 1477 Pietro de Besalù giunge ad un compromesso con Dalmazio Carroz, e la gran parte del territorio della Marmilla entra a far parte del grande feudo di Quirra. Violante II, nel frattempo rimasta vedova, raggiunge la maggiore età ed avanza le sue pretese per tornare in possesso dei suoi feudi. Nel 1504, con successiva conferma nel 1506, la conte di Quirra viene elevata al rango di stato, con la concessione dell’Allòdio, che permette il trasferimento dei diritti sui feudi ai discendenti, anche per via femminile, senza la preventiva autorizzazione regia. Nel 1604 i feudi di Quirra sono elevati da contea a Marchesato, che sarà successivamente aggregato al Nules, un piccolo Marchesato nel regno di Valenza. Nel 1511, alla morte di Violante II, il feudo passa a suo nipote Guglielmo Raimondo Centelles. I primi riferimenti storici di Pompu risalgono all’anno 1576. Nel lungo periodo in cui il paese viene amministrato dai Centelles le condizioni di vita non sono delle migliori. I nuovi feudatari fanno amministrare la Marmilla da un regidor e, pur non esasperando il carico fiscale, limitano notevolmente l’autonomia della comunità, modificando il sistema di individuazione del Majore che cessa di essere elettivo. L’ultimo dei Centelles muore nel 1676, quando il Marchesato viene concesso a Francesco Pasquale Borgia, ed i Borgia lo conservano per circa cinquant’anni, poi perdono il controllo del feudo in seguito ad a lunga lite con i Català, i quali, dopo numerose vicissitudini, entrano in possesso del feudo nel 1726, quando ormai il Regno di Sardegna è sotto la dinastia sabauda. Subito dopo i Català nel 1798 il territorio passa agli Osorio de la Cueva, famiglia di origine castigliana, ai quali il Marchesato viene riscattato nel 1839, con la soppressione del sistema feudale, per cui diviene un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio Comunale. Nel 1927 il vicino più piccolo comune di Zeppara viene aggregato al comune di Ales del quale diventa una frazione. Del comune di Ales nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella di Oristano. Ad Ales è nato Antonio GramsciAd Ales è nato Antonio Gramsci, eccezionale figura politica e intellettuale precocemente stroncata da una lunga detenzione nelle carceri fasciste. Ales ha dato i natali nel 1891 ad Antonio Gramsci. Nel 1894 la famiglia si trasferisce a Sorgono e viene mandato in un asilo di suore. A questo periodo, dopo una caduta, risale la malattia che gli lascerà una malformazione fisica: la schiena andrà lentamente incurvandosi e le cure mediche tenteranno invano di arrestare la sua deformazione. Dopo l’istruzione primaria a Ghilarza e il ginnasio a Santu Lussurgiu, frequenta il liceo a Cagliari. Trasferitosi a Torino, si iscrive alla facoltà di lettere. Nel capoluogo piemontese fortemente industrializzato e sindacalizzato avviene la maturazione del suo pensiero socialista, e qui inizia l’attività giornalistica con Il Grido del Popolo e Avanti! . Divenuto dirigente della sezione socialista della città, dà vita con Angelo Tasca, Umberto Terracini e Palmiro Togliatti al settimanale L’Ordine nuovo. Nel 1921 entra nel comitato centrale del Partito comunista e nel 1922 viene inviato a Mosca all’esecutivo dell’Internazionale. Nel 1924, nel clima di violenze ed intimidazioni fasciste che raggiunge il culmine il 10 giugno con l’assassinio di Matteotti, Gramsci viene eletto alla Camera dei Deputati e diviene segretario generale del partito. Fa uscire a Milano il quotidiano L’Unità. Sciolti i partiti di opposizione, nel novembre del 1926 Gramsci viene arrestato e condotto prima ad Ustica e poi nel carcere di San Vittore a Milano. Processato dal Tribunale speciale e condannato, nel 1928, a vent’anni, quattro mesi e cinque giorni di carcere, viene trasferito a Turi. Qui nel febbraio del 1929 inizia la stesura dei Quaderni dal carcere, opera di grande impegno ideologico dedicata alla storia, filosofia, teoria politica, critica letteraria e cultura. Nel 1931 si ammala e ottiene una cella individuale. Aggravatosi, nel 1933 viene trasferito nell’infermeria del carcere di Civitavecchia e poi in una clinica di Formia. Sostenuto da un forte movimento, riesce ad ottenere la Libertà vigilata, e nel 1937, ormai morente, riacquista la Libertà. Si spegne il 27 aprile 1937 e viene sepolto a Roma nel Cimitero degli Inglesi. Carlo Rosselli, da Parigi in esilio, gli dedica l’intera prima pagina di Giustizia e Libertà, affermando che la sua morte costituisce Il più grave delitto del fascismo dopo l’assassinio di Matteotti. Scrive Gramsci: Io sono stato abituato dalla vita isolata, che ho vissuto fino dalla fanciullezza, a nascondere i miei stati d’animo dietro una maschera di durezza o dietro un sorriso ironico. Ciò mi ha fatto male, per molto tempo i miei rapporti con gli altri furono un qualcosa di enormemente complicato. |
Le principali feste e sagre che si svolgono a AlesAd Ales svolge le sue attività il Gruppo Folk dei Santi Pietro e Paolo, nelle cui esibizioni nel paese ed in altre località dell’Isola è possibile ammirare il costume tradizionale del psoto. É attivo,inoltre, la banda dell’Associazione Musicale Alerese, che si esibisce in numerose occasioni. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Ales vanno citate a inizio gennaio, la manifestazione Il Paese dei Balocchi presso il Museo del Giocattolo Tradizionale, nella frazione Zeppara; il 20 gennaio, la Festa di San Sebastiano, con il falò in onore del Santo, processioni, ed in chiusura cena per tutti i partecipanti e balli sardi; il 22 gennaio, data della nascita di Antonio Gramsci, il Premio letterario Antonio Gramsci; il 18 febbraio, la Festa di San Simeone nella frazione Zeppara, con falò in onore del Santo, e con balli sardi; il 4 aprile, la Festa di Sant’Isidoro nella frazione Zeppara, con riti di propiziazione; quindici giorni dopo Pasqua, la Festa di Sant’Antioco nella frazione Zeppara, con concerti; il 27 aprile, la Commemorazione della morte di Antonio Gramsci; il 28 aprile, la manifestazione Sa die de Sa Sardigna, caratterizzata da diverse attività culturali; in data mobile primaverile, in occasione della Festa del Corpus Domini, la manifestazione chiamata S’Infrorada; il 29 giugno, la Festa patronale dei Santi Pietro e Paolo, con anche concerti; a luglio ed agosto, l’Estate alerese, con cinema e cultura; il primo sabato di agosto, la Festa di Santa Maria della Neve, caratterizzata da una gita in località Acquafrida sul Monte Arci; l’8 settembre, la Festa di Santa Maria, con processioni e attività musicali; la terza domenica di settembre, la Festa della Beata Maria Vergine Assunta nella frazione Zeppara; in occasione delle festività natalizie, le manifestazioni Aspettando il Natale in Biblioteca, e NatAles ossia i mercatini di Natale. Visita del centro di AlesL’abitato, immerso in una suggestiva cornice paesaggistica, mostra segni di espansione edilizia, ed il suo andamento altimetrico è quello tipico delle località collinari. L’articolazione planimetrica urbana e l’aspetto di alcuni edifici rivelano la funzione di capoluogo di diocesi esercitata fin dal periodo medioevale. Nel centro storico sono conservati alcuni piccoli palazzi ottocenteschi. Di particolare interesse è la parte alta dell’abitato, che ospita il palazzo vescovile, l’ex seminario e la cattedrale di San Pietro e Paolo. Nel nostro viaggio arriviamo ad Ales provenendo da sud est con la SS442 di Laconi e di Uras che, passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso nel paese, entra all’interno dell’abitato con il nome di via Regina Margherita. Il Campo da Tennis ComunaleProprio lungo la strada proveniente da Morgongiori, ossia la via Regina Margerita, percorsi circa duecentotrenta metri dal cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato, si vede alla destra della strada il Campo da Tennis Comunale, che non è dotato di tribune per gli spettatori. Entrando nell’abitato si vede la grande piazza Antonio GramsciPercorsa un’altra settantina di metri lungo la via Regina Margherita, alla destra della strada si apre lo spazio pubblico chiamato Piazza Antonio Gramsci, dedicato a questo politico ed intellettuale dal suo paese natale, mediante la trasformazione della piazza del mercato in una piazza di forma triangolare in calcare e basalto ideata quando nel 1976, dal centro milanese degli Amici della Casa Gramsci di Ghilarza, è stato affidato allo scultore Giò Pomodoro l’incarico di studiare la possibilità di realizzare una struttura ricordo di Antonio Gramsci ad Ales. Nasce in questo modo il progetto del Piano d’uso collettivo, una struttura monumentale inaugurata dal presidente della Camera dei Deputati Pietro Ingrao, il primo maggio 1977, per celebrare il quarantennale della morte del filosofo, avvenuta il 27 aprile 1937. Hanno lavorato alla sua realizzazione muratori e scalpellini di Ales e lo stesso centro Amici della Casa Gramsci di Ghilarza, in collaborazione con il Comitato Unitario Antonio Gramsci di Ales, di sono occupati di raccogliere fondi per la realizzazione dell’opera. Si tratta di un Antimonumento non celebrativo, dove l’omaggio a Gramsci è un Nuovissimo e ardito tentativo plastico di far rivedere l’uomo, il popolo sardo, perché si trovi nel costruito spazio come collettività e come tale si riconosca. È una vasta piazza, un’area triangolare lastricata di pietre, utilizzata come fulcro della vita sociale. alla sua realizzazione ha partecipato anche la popolazione locale, coinvolta anche nelle scelte del pietrame come il calcare di Masullas, e nell’inserimento di pietra di Trani per la lastra incisa e per le panchine, in una sorta di connubio tra genti diverse. L’area è fornita di un focolare quadrangolare ribassato rispetto al livello della piazza, dove si possa accendere il fuoco e sedersi a conversare; una fontana con la sagoma molto stilizzata di un ariete, costruita in basalto di Mogoro, una pietra verticale a sagoma triangolare di calcare di Masullas, con la scritta Zenith. Ai due lati dello spiazzo vi sono una mola da frantoio in basalto rinvenuta nella zona e posta come simbolo di una delle più antiche attività agricole locali, ed una scultura in pietra bianca di Trani, a forma semicircolare spezzata. Nella piazza su alcune delle pietre sono riportate alcune parole in sardo, che sono Sa terra ossia la terra, S'agua ossia l’acqua, Su fogu ossia il fuoco, Sa pedra ossia la pietra, Su soli ossia il sole, Sa luna ossia la luna, Sa roda ossia la ruota. L’intervento di Giò Pomodoro ha suscitato non poche polemiche, anche perché è stato vissuto ancora una volta come il solito esempio di colonizzazione culturale, tanto più che nel 1968 l’amministrazione Comunale di Ales aveva già commissionato a Costantino Nivola La realizzazione di un monumento. Nonostante ciò, il Piano d’uso collettivo è divenuto nel tempo un luogo perfettamente integrato nel paesaggio. Gli impianti sportivi delle Scuole ElementariSubito prima di arrivare nella piazza, prendiamo a destra la via Antonio Gramsci, la seguiamo per centosessanta metri, poi svoltiamo a sinistra in via Perda Casteddu, percorsa una settantina di metri prendiamo a destra la via Anselmo Todde, alla sinistra della quale, dopo qualche decina di metri, si vede il cancello di ingresso delle Scuole Elementari di Ales. alla destra dell’edificio scolastico, si trova un Campo da Calcio, con fondo in erba naturale, senza tribune, nel quale è possibile praticare come discipline il calcio ed attività ginnico motorie. All’interno di questo complesso scolastico, è presente anche una Palestra coperta, che non è dotata di tribune per gli spettatori, nella quale è possibile praticare come discipline diverse attività ginnico motorie. La chiesa di Santa MariaArrivati nella piazza Antonio Gramsci, proseguiamo lungo la via Regina Margherita per circa centottanta metri, poi prendiamo a sinistra la via Guglielmo Marconi, la seguiamo per circa duecento metri e, dove questa strada svolta leggermente a sinistra nella via Aldo Moro, vediamo subito alla destra della via Aldo Moro la scalinata che porta su un’altura, alla sommità della quale si trova la piazza di Santa Maria, dove si affaccia la chiesa di Santa Maria. Questa chiesa sorge all’imboccatura della valle del rio Mulinu, così detta perché all’inizio dello scorso secolo, poco più a monte, era ancora presente un mulino ad acqua. Non abbiamo documenti in grado di datare la costruzione dell’edificio, ma gli storici fanno cenno ad un sedile di pietra disposto a semicerchio dietro l’altare, che sarebbe servito da sedile per i canonici durante la recita dell’ufficio, al loro primo stanziarsi nella nuova sede di Ales, quando, per cause ancora ignote, è stata abbandonata intorno al 1180 l’antichissima sede di Usellus. Da quel periodo, infatti, gli atti pontifici, indicano la diocesi indifferentemente col nome di Usellis o di Alarum-Alae. Queste considerazioni fanno ritenere che la chiesa di Santa Maria sia stata la prima sede temporanea della cattedrale di Ales. La lunghissima vita della piccola chiesa, con le immancabili ristrutturazioni o parziali rifacimenti, hanno cancellato l’originaria fisionomia. Non è però da escludere che inizialmente la chiesa fosse stata costruita in stile pisano, e che, in un successivo rifacimento, sia stato conservato il basamento dell’abside dentro le nuove strutture. L’attuale facciata, nella planarietà dell’intonaco liscio, sormontato da un timpano triangolare e da un campaniletto a vela, sulla sinistra, non offre alcun elemento di rilievo, ad eccezione di quattro merli in pietra locale, lavorati con cura. Ad Ales ogni anno, presso questa chiesa, l’8 settembre si svolge la Festa di Santa Maria, che è la Festa più importante del paese, le cui manifestazioni iniziano il 7 e si concludono il 10 del mese. Inizialmente le devote preparano la statua della Santa, con grembiuli di seta guarniti di pizzi colorati e catene d’argento con pendenti. Il rito religioso viene annunciato dallo scampanellio dei Sagrestaneddos, che correndo per le vie del paese rivolgono alla popolazione l’invito al rosario della sera, recitato in sardo. Durante l’ultima posta si accende un grande fuoco alimentato dalla legna raccolta sul Monte Arci. La sera si recitano Is Goccius cantaus. Per ciascuno dei tre giorni della Festa si svolgono due processioni per le vie principali del paese, con cavalieri in costume sardo e non, innalzanti stendardi ricamati. Ai riti religiosi si accompagnano manifestazioni civili, con i fuochi d’artificio e diverese attività musicali. Gli impianti sportivi delle Scuole MedieDa dove, proseguiendo lungo la via Regina Margherita per circa centottanta metri, avevamo preso a sinistra la via Guglielmo Marconi, prendiamo invece a destra la via Amsicora, la seguiamo per centotrenta metri ed arriviamo a vedere, alla sinistra della strada, al civico numero 6 della via Amsicora, l’ingresso delle Scuole Medie di Alas. alla destra dell’edificio scolastico, si trova un Campo da basket, senza tribune, nel quale praticare come disciplina la pallacanestro; e subito piu avanti, alla sua sinistra, si trova il Campo da pallavolo, anch’esso privo di tribune. Prosegunedo con la cia Amsicora, che si dirige verso sud est, percorsi circa trecento metri, si arriva a vedere alla destra della strada, al civico numero 47, l’ingresso dell’Istituto tecnico con i suoi impianti sportivi, e una cinquantina di metri più avanti, alla sinistra della strada,al civico numero 90, l’ingresso del Campo Sportivo di Ales. Ad essi arriveremo provenendo dalla via Umberto I verso nord ovest, e li descriveremo più avanti. La chiesa di San Sebastiano MartireRiprendiamo la via Regina Margherita da dove era partita a sinistra la via Guglielmo Mraconi che ci aveva portati alla chiesa di Santa Maria, proseguiamo per circa centocnquanta metri ed arriviamo a uno slargo, dove arriva da sinistra la via Cesare Battisti, e dove la strada prosegue con il nome di vico primo Umberto I, chiamato soliamente con il nome di corso cattedrale. Nella slargo, alla destra, si vede la facciata della chiesa di San Sebastiano Martire, costruita nel 1663, quando si erano appena spenti gli ultimi focolai della grande peste che dal 1652 al 1657 aveva spopolato molte città e paesi dell’Isola. In questo clima di paura e di smarrimento, San Sebastiano, invocato in particolar modo durante la pestilenza, ebbe, anche in Ales, un notevole incremento di culto. Fu così che, sciogliendo il voto per essere stata risparmiata dalla peste, Ales innalzò una bella chiesa in onore di San Sebastiano. Nulla sappiamo sulle dimensioni e sullo stile di questa: doveva essere molto piccola e di stile semplicissimo. Sappiamo però che venne ricostruita per intero nel 1724, quando la chiesa originaria non venne demolita, ma completata e ampliata. L’edificio ha subito nel tempo diversi interventi di restauro, non sempre appropriati, tanto da falsarne totalmente la primitiva fisionomia. I recenti restauri, hanno finalmente riportato la chiesa alla sua originaria bellezza. Il profilo superiore, a doppia inflessione, è ripreso dalla vicina cattedrale, alla quale è collegata dalla via cattedrale, che è il principale asse viario dell’abitato. In corrispondenza del fronte principale, ma ortogonale ad esso, è montato il campaniletto a vela, il quale, attraverso codici sonori prestabiliti, richiamava l’attenzione degli affiliati alle corporazioni ospitate nella chiesa. Internamente è possibile cogliere gli elementi architettonici dei due archi in pietra lavorata, che reggono il tetto in travi di legno. La membratura architettonica interna, per la maggior parte in pietra gialla di Zeppara, nonostante il tempo ne abbia intaccato le superfici, appare lavorata con cura e buon gusto. La cornice, la cui modanatura presenta senso di equilibrio delle pareti e un’aggraziata sporgenza di tutto il complesso, dà la dimensione della capacità artigianale degli scalpellini. A completare l’opera, sono i quattro pilastri che sostengono gli archi della navata e quelli predisposti per la successiva apertura delle due cappelle che dovevano determinare l’impianto a croce latina, mai conclusa, perchché venne aperta soltanto una cappella, quella sulla parete destra, dedicata alla Vergine Addolorata. Ad Ales ogni anno, presso questa chiesa il 20 gennaio si svolge la Festa di San Sebastiano. I giorni precedenti, un comitato di volontari che unisce giovani e decani, sono coinvolti nell’appuntamento della questua che si perpetua da anni, l’immancabile taglio della legna in montagna. La sera della vigilia si svolge il rito della benedizione del fuoco, l’accensione del falò in onore del Santo, ed in chiusura cena sociale per tutti i partecipanti e le danze tradizionali sarde. Il giorno della festa, ossia il 20, si svolgono processioni e cerimonie religiose, che attestano la devozione al Santo della comunità di Ales. La casa natale di Antonio GramsciIl paese è noto per aver dato i natali il 22 gennaio 1891 ad Antonio Gramsci, che qui vi ha trascorso i primissimi anni di vita, prima di trasferirsi brevemente a Sorgono e poi, per circa tredici anni, a Ghilarza. Lungo il corso cattedrale che è la strada principale di Ales, percorsa appena una quindicina di metri dalla chiesa di San Sebastiano, si vede, alla destra della strada, l’edificio sede dell’Associazione Casa Natale Antonio Gramsci che è stato per molto tempo considerato la Casa natale di Antonio Gramsci, sulla facciata del quale una targa in marmo lo ricorda. Si tratta di una casa che ha preso il posto di quella natale, e che conserva solo qualche ambiente della sua struttura originaria. La facciata dà direttamente sulla strada, gli ambienti retrostanti erano dedicati ad attività agricole e artigianali. Questa sembra tuttavia non essere la casa dove nacque Antonio Gramsci, perché ricerche condotte nel 2019 hanno individuato tale edificio nell’ex asilo per l’infanzia di San Francesco, gestito dalle suore. La mamma potrebbe averlo partorito in una stanza dello stabile occupato dall’ex asilo per l’infanzia di San Francesco, che era stato la residenza di una famiglia nobiliare, poco distante da quella che oggi viene considerata la casa natale, nello stesso corso cattedrale. Secondo le informazioni raccolte dalle persone anziane, la stanza dovrebbe essere quella dietro la cappella, ossia la prima stanza a destra entrando, la cui struttura, a parte gli intonaci, non dovrebbero essere stati modificati. La vicenda di questo falso storico è iniziata nel 1947, con la lapide posta da Palmiro Togliatti, allora segretario del Partito Comunista Italiano, per errore sulla facciata della sede dell’Associazione, che era stata anche Casa del Fascio durante il ventennio fascista. Il Municipio di AlesPassata quella che è stata considerata la casa natale di Antonio Gramsci, proseguiamo lungo il corso cattedrale verso est e, a circa centonovanta metri dal suo inizio, vediamo alla sinistra della strada, al civico numero 53 del corso cattedrale, affacciarsi l’edificio che ospita il Municipio di Ales, nel quale si trova la sua sede, e si trovano gli uffici in grado di fornire i loro servizi agli abitanti del paese. Si tratta dell’ufficio lavori pubblici, dell’ufficio Polizia municipale, dell’ufficio Protocollo e notifiche, dell’ufficio del Segretario Comunale, dell’ufficio della Segreteria, dell’ufficio Servizi Demografici, dell’ufficio Servizi assistenziali, dell’ufficio Servizi finanziari, dell’ufficio Tecnico, e dell’Ufitziu limba Sarda, ossia dell’ufficio che si occupa della lingua Sarda. Il Museo di cinefotografiaIl Museo di cinefotografia valorizza la collezione donata al Comune da un privato, Oreste Coni, in memoria dei genitori Giovanni Battista e Santina Meloni, tutti di Ales. Sono esposti proiettori, cineprese, macchine fotografiche, film, cortometraggi, riviste, enciclopedie, dagli albori del cinema a nostri giorni. Le macchine sono in gran parte funzionanti, pertanto è l’occasione di rivivere quanto immortalato in pellicola circa un secolo fa. Del materiale esposto è consultabile un elenco cartaceo e informatico completo di immagini e delle caratteristiche dei pezzi esposti. Il Museo è temporaneamente accolto al piano terra dell’edificio municipale, ove tra le altre vi è una esposizione permanente di fotografie d’epoca di Ales. La cattedrale dei Santi Pietro e PaoloPassato il Municipio, dopo un’altra diecina di metri la via cattedrale arriva a uno slargo, dove prosegue verso sinistra come via Monsignor Pilo, mentre parte a destra la via Umberto I. Tra le due strade si apre l’ampia piazza cattedrale, sulla quale proprio di fronte a dove è arrivata la via cattedrale, al civico numero 5, si affaccia la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, che è la parrocchiale di Ales. Viene definita cattedrale dei Santi Pietro e Paolo essendo la chiesa più importante della diocesi, di cui costituisce il centro liturgico e spirituale, e che contiene la cattedra del vescovo della Diocesi di Ales e Terralba. La cattedrale è stata costruita sui ruderi dell’antica cattedrale, sorta su una preesistente chiesa monacale dell’anno mille, edificata anche col contributo di donna Violante Carroz, Marchesa di Quirra, al tempo del trasferimento della sede della diocesi da Usellus ad Ales. La prima cattedrale era in stile romanico a navata unica, con tetto a capriate e un piccolo campanile a vela, tre cappelle dedicate alla Beata Vergine del Carmine, alla Beata Vergine del Rosario, ed al Crocifisso, e con una sacrestia che è stata sostituita da una nuova nel 1627. Conserva questa forma fino al 1634, quando viene ampliata, probabilmente con una struttura muraria in grossi blocchi di pietra bianca, con altre quattro cappelle che al tempo di Monsignor Brunengo vengono coperte con volta a botte assieme alla navata e all’abside. Nel 1648 inizia la costruzione di uno dei due campanili previsti, ma il crollo del 29 aprile 1683 per cause che non sono state mai accertate coinvolge nella sua caduta la chiesa e la distrugge quasi completamente. Riedificata in stile barocco e ultimata nel 1686 su progetto dell’architetto genovese Domenico Spotorno, morto ad Ales il 17 giugno 1684 e sepolto nella cattedrale, che già aveva collaborato ai lavori di conversione in stile barocco della cattedrale di Cagliari, chiesa che è servita come modello per la cattedrale di Ales. alla sua morte, a compimento la nuova cattedrale è l’architetto Ignazio Merigano, avvalendosi della preziosa collaborazione dei maestri Antonio Cuccuru e lucifero Marceddu di Cagliari. La nuova cattedrale viene consacrata dal Vescovo Didaco Cugia il 9 maggio 1688. La cattedrale prospetta sull’ampia piazza, soprelevata rispetto alle strade adiacenti. L’originale facciata in stile barocco comprende la maestosa cupola e due campanili simmetrici con cupolette, ed ha un porticato e una ventola ricurva in cui si aprono tre finestre. Ad essa si accede dall’inconsueto loggiato esterno, sovrastato da un’ampia terrazza. La scalinata di accesso al sagrato, sorvegliata dalle sculture di due leoni, ricalca la disposizione di quella della cattedrale di Cagliari. Si articola fra una coppia di campanili, e dalla quale svetta la grande cupola. L’interno è a una sola navata, con quattro cappelle laterali ed un arioso transetto. Al centro dell’area presbiterale si trova l’altare maggiore con le statue dei Santi Pietro e Paolo, mensa, tabernacolo, gradini e paliotto, nicchia e tronetto. È articolato in tre gradini inferiori di marmo bianco con motivi geometrici ad intarsio in marmi policromi, la mensa è un trapezio che raffigura sullo specchio frontale i simboli di San Pietro in marmo bianco scolpiti in rilievo. Ai lati due grandi angeli telamoni con ampia apertura alare aprono il ventaglio dei tre gradini dei candelieri. Nell’abside, rettangolare, si trova un interessante coro, con gli stalli dei Canonici, e il tronetto del Vescovo. La balaustra del presbiterio poggia su quattro leoni simboleggianti la chiesa, con ai piedi l’aquila, simboleggiante l’Impero Romano e, quindi, il paganesimo. All’altare e all’abside, dotata di coro ligneo, sopraelevati, si accede attraverso una scala centrale e due laterali. La maestosità della cupola che sovrasta l’altare maggiore, con affreschi che risalgono al 1954 e sono opera dell’artista alerese Peppinetto Boy, infonde insieme armonia e luminosità alla cattedrale. Nella navata, la prima Cappella a sinistra dedicata al Santissimo è ornata da un altare ottocentesco e da una tela settecentesca di un ignoto pittore accademico romano raffigurante l’Immacolata. La seconda Cappella a sinistra, intitolata a Sant’Antonio da Padova, ospita un bell’altare di marmi policromi con la tela di un artista anonimo raffigurante Sant’Antonio con Gesù bambino. Tra la prima e la secona Cappella a sinistra, si trova il settecentesco pulpito marmoreo. La prima Cappella a destra, dedicata a San Michele Arcangelo, ospita un altare di marmi policromi una con tela raffigurante San Michele che uccide il drago, ed anche il Fonte battesimale. Sulla porticina metallica che si apre sulla parete frontale del Fonte battesimale è raffigurato il Battesimo di Gesù impartitogli da Giovanni Battista sulle rive del Giordano. Nello spigolo e nella parete che hanno in comune la Cappella di San Michele e l’attuale Torre dell’orologio è possibile trovare le tracce della torre precentemente crollata. La seconda Cappella a destra, dedicata al domenicano San Pietro di Verona, presenta un altare di marmi policromi ed è ornata da un dipinto raffigurante il suo martirio attribuito a artista ignoto che si rifà ad un quadro del Cavalier d’Arpino. Nel braccio sinistro del transetto, si trova l’imponente altare marmoreo intitolato alla Madonna del Carmine, con una pregevole pala di Pietro Angeletti, pittore del settecento nato a Bologna ma con una lunga carriera a Roma, raffigurante l’apparizione della Beata Vergine del Carmelo a San Simone Stock. Nel braccio destro del transetto si trova l’altare del Santissimo Crocifisso, con una scultura lignea del Crocifisso, realizzata tra il diciottesimo ed il diciannovesimo secolo, mentre l’altare è stato completamente dipinto sulla parete a metà degli anni cinquanta simulando vere colonne tortili e volute in marmo che mettono in risalto il paliotto dedicato alla Madonna del Rosario. Dal centro della navata, si accede alla cripta, un vano sotterraneo a pianta rettangolare e volta a botte, che era anticamente adibito a sepolcro dei vescovi, dei canonici, del clero ed anche di alcuni laici. Ai piedi del presbiterio è collocato un organo positivo ad ala di Scuola romana, fatto acquistare nel 1667 dal vescovo Brunengo. Prima dell’uscita dalla navata è presente anche la settecentesca acqusantierta, opera del marmista Efisio Mura di Cagliari, con al centro la statua di San Pietro a cui manca il braccio destro che teneva in mano una fiocina con la quale tentava di pescare uno dei tre pesci scolpiti in rilievo sul fondo della pila.Infine, sulla cantoria in controfacciata, si trova l’organo maggiore a trasmissione elettrica, con due tastiere e pedaliera, che si compone di sette registri per un totale di 315 canne di cui in castagno le prime otto del principale e ricoperte in stagno nelle parti a vista, in lega di stagno le altre. Ad Ales, presso questa cattedrale e nelle vie del paese, il 29 giugno si svolge la Festa patronale dei Santi Pietro e Paolo, caratterizzata dalla messa solenne, durante la quale si esibisce il coro polifonico, seguita dalla processione accompagnata dall’associazione delle launeddas e dal gruppo folk di Ales. Si tengono anche dverse manifestazioni civili, che iniziano quattro giorni prima, e che prevedono la Rassegna folk alerese, un concerto musicale in piazza Santa Maria, ed anche nel sagrato una serata di musica etnica. Leggende locali parlano di un tunnel che collegherebbe la cattedrale con il Castello di Barumele che è il Castello aragonese dei Carroz. Si narra inoltre che nei sotterranei del Castello si aggirerebbe Sa musca maceda, un grosso insetto posto a Guardia dei tesori nascosti sotto di esso. L’ex Seminario Tridentino con il Museo Diocesano di Arte Sacra che ospita l’Archvio Storico DiocesanoGuardando la facciata della cattedrale, alla sua sinistra si trova l’edificio con l’ingresso sulla piazza cattedrale, ed il lato sinistro che si affaccia sulla via Monsignor Pilo. Nell’edificio, che accoglieva il Seminario Tridentino, oggi è presente il Museo Diocesano di Arte Sacra che ospita l’Archvio Storico Diocesano. Il Museo accoglie gli oggetti di arte sacra provenienti dal Capitolo della cattedrale di Ales e dalle parrocchie della diocesi, ed il criterio che ha ispirato l’ordine espositivo è quello di dare al visitatore, sia pure in modo sommario, la conoscenza della storia del territorio e della diocesi. Le sculture lignee e pittoriche appartenenti alla diocesi non solo sono espressione di fede e di cristianità; ma anche di abilità artistica e genialità di maestranze locali. La ricca collezione di argenti appartenuta ai vescovi e alla cattedrale testimoniano il gusto, gli influssi e le tecniche utilizzati dai maestri argentieri. La vasta collezione di paramenti sacri rappresenta la varietà di tessuti pregiati finemente lavorati come damaschi, sete, e broccati. Il Museo è meta di molti studiosi, ricercatori ed appassionati di studi genealogici, che attingono dalla grossa serie dei Cinque libri, registri di amministrazione, confraternite, dei legati e delle cause pie, costituita da 653 volumi per un arco cronologico che va dalla metà del sedicesimo fino agli inizi del diciannovesimo secolo. Gli oggetti esposti sono documentati da un vasto repertorio appartenente all’archivio storico diocesano che si trova al primo piano dello stesso edificio. L’oratorio di Nostra Signora del RosarioLa via cattedrale è arrivata a uno slargo dove si è aperta a destra la piazza cattedrale con la cattedrale, e prosegue verso sinistra come via Monsignor Pilo. Appena all’inizio di questa strada, sulla sinistra ad angolo prima della traversa via Episcopio, si vedesu un rialzo la facciata dell’oratorio di Nostra Signora del Rosario, chiamata comunemente Sa Cappelledda, la cui costruzione si è conclusa nel 1721. Rivolto alla piazza della cattedrale, il prospetto ha la facciata più larga che alta, che è ingentilita dai rilievi architettonici del bel portale trilitico in calcare verde, lavorato con sobria eleganza. Così pure la soprastante finestra, che si conclude con un arco a tutto sesto poggiante su capitelli a spigoli vivi. La linea superiore dell’edificio è rifinita da una elegante cornicetta in calcare giallognolo. L’ampio fronte ospita due porte, quella di accesso alla chiesa e una seconda apertura, cui corrisponde, in sommità, un campanile a vela. Nel fianco destro della chiesa, in un tempo successivo, è stato costruto un campaniletto a vela munito di due finestrelle cuspidate, nel quale sono state sistemate due campane. Il motivo della cornicetta viene ripreso per concludere armonicamente il fastigio terminale del campanile svettato da un’asta munita di globo e della bandierina che segna la direzione del vento. All’interno è presente un’unica navata con copertura in travi di legno, e le pietre verdi del pavimento, animano le linee sobrie ed eleganti dell’edificio, dove nella parete absidale è collocato un retablo di stile barocco rinascimentale, vistosamente dorato. Il retablo è stato costruito appositamente per la collocazione della statua della Madonna del Rosario, che tiene il bambino nel braccio sinistro. Sicuramente questa statua non venne mai portata in processione per l’eccessivo peso, considerato che conserva ancora il primato di statua più grande, tra quelle censite nella diocesi. L’Arciconfraternita del Rosario, fondata nel 1624, e l’Arciconfraternita della Vergine Addolorata, hanno amministrato e restaurato nel tempo l’edificio. Cardine della vita devozionale di Ales, questo ortorio è teatro delle principali ricorrenze religiose, ossia di quelle della Settimana Santa, del Corpus Domini, di San Francesco, dei Santi Cosma e Damiano. L’Episcopio ossia il Palazzo VescovileDalla via Monsignor Pilo prendiamo a sinistra la prima traversa, che è la via Episcopio, e che in una cinquantina di metri ci porta davanti alla facciata dell’Episcopio, che è il Palazzo Vescovile. Il palazzo è situato su un rilievo e si presenta imponente nei confronti dei fabbricati circostanti. L’episcopio attuale è stato edificato nel 1834 in seguito alla demolizione del precedente palazzo episcopale, menzionato nel libro Viaggio in Sardegna, dello scrittore e conservatore delle biblioteche reali francesi Antoine-Claude Pasquin detto Valery, scritto in occasione di un viaggio nell’Isola compiuto tra l’aprile e il giugno 1834, nel quale l’edificio viene definito come Una casa scomoda e che ha solo il pianterreno, che non corrisponde affatto alla cattedrale. L’attuale edificio si sviluppa, oggi, su quattro livelli, dei quali il piano terra ospita gli uffici della Curia, il piano primo gli uffici del Vescovo e la Cappella per le celebrazioni, il secondo e il terzo piano ospitano gli appartamenti del Vescovo e delle Suore che lo abitano, e gli appartamenti per gli ospiti. Il complesso sportivo Comunale di AlesLa via cattedrale è arrivata a uno slargo dove si è aperta a destra la piazza cattedrale, e dove parte a destra verso sud est la via Umberto I. Seguiamo la via Umberto I per trecento metri, la quale costeggia alla sua fine il Campo Sportivo. Per raggiungere l’ingresso prendiamo da questo punto verso destra la via Amsicora che si dirige all’inizio nerso sud ovest, e poi curva verso destra e si dirige verso nord ovest. Percorsi duecento metri lungo la via Amsicora, vediamo alla destra della strada, al civico numero 47, il cancello di ingresso del Complesso Sportivo Comunale di Ales. All’interno di questo complesso sportivo è presente il Campo da Calcio Comunale, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare 700 spettatori; ed accanto ad esso è presente un Campo polivalente, con fondo in erba sintetica, nel quale è possibile particare come discipline il calcio, il calcetto ossia calcio a cinque, il tennis, e l’hockey su prato. Gli impianti sportivi dell’Istituto tecnicoPassato il complesso sportivo Comunale, proseguiamo per pochi metri verso nord ovest lungo la via Amsicora finché alla sinistra della strada, arrivati al civico numero 90, vediamo l’ingresso dell’Istituto tecnico statale di Ales. All’interno di questo Istituto è presente la Palestra dell’Istituto tecnico, senza tribune per gli spettatori, nella quale èmpossibile praticare come discipline la pallacanestro, la pallavolo, il calcio, il calcetto ossia calcio a cinque, ed attività ginnico motorie. I resti della Stazione ferroviaria dismessa di AlesDalla via cattedrale eravamo arrivati a uno slargo dove si era aperta a destra la piazza cattedrale, e dove è partita a destra, verso sud est, la via Umberto I. Seguita la via Umberto I per trecento metri, parte a destra la via Amsicora, la superiamo e proseguiamo lungo la via Umberto I per altri quattrocento metri, fino a cedere, alla sinistra della strada, l’edificio che ospitava la vecchia Stazione ferroviaria di Ales. La stazione era stata originariamente edificata, a breve distanza dall’ingresso sud dell’abitato ed in prossimità della SP46 diretta a Curcuris, negli anni dieci del novecento per conto della Ferrovie Complementari della Sardegna, concessionaria della linea ferroviaria tra Ales e Villamar che era in costruzione in quella stessa epoca, e vengono inaugurate insieme nel 1915. Nel secondo dopoguerra la linea tra Ales e Villamar viene chiusa e sostituita con autolinee, fatto che porta alla cessazione dell’attività ferroviaria nell’impianto a partire dal 1956. L’impianto viene successivamente disarmato e destinato all’impiego per la sosta degli autobus delle autolinee delle Ferrovie Complementari della Sardegna e delle concessionarie ad esse subentrate, ultima delle quali l’ARST, che ha in uso l’ex stazione dal 2010. Visita dei dintorni di AlesPer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate, nei dintorni di Ales sono stati portati alla luce i resti del Protonuraghe Padroriu che è un Nuraghe a corridoio; dei Nuraghi semplici Bruncu Perda Calloni, e Pranu Espis; ed inoltre quelli dei Nuraghi complessi Gergui, ed Otzibi. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Il Cimitero Comunale di AlesDal Municipio di Ales, arrivati in auto al termine della via della cattedrale che dà sulla la piazza della cattedrale, prendiamo a destra la via Umberto I, percorsi duecentosettanta metri svoltiamo a sinistra nella via Roma, che dopo circa duecento metri svolta a destra e diventa la via Monsignor Pilo, la quale sarebbe la prosecuzione verso est della via della cattedrale. Percorsi duecentocinquanta metri, la via Monsignor Pilo esce dal paese in direzione nord est, assumendo subito fuori dall’abitato il nome di via Santo Simeone, che si dirige verso la frazione Ales denominata Zeppara. Percorsi appena duecentocinquanta metri, si vede alla destra della strada il muro di cinta, con al centro il grande portale di ingresso del Cimitero Comunale di Ales, accanto al quale si trovan gli ingressi secondari che portano all’interno dell’area cimiteriale. Le rovine del Castello di BarumeleDal Municipio di Ales, arrivati in auto al termine della via della cattedrale che dà sulla la piazza della cattedrale, prendiamo a destra la via Umberto I, percorsi seicento metri, subito dopo un distributore di benzina della IP, svoltiamo a destra in una strada che seguiamo per un chilometro e duecento metri, fino a vedere alla sinistra una strada bianca con le indicazioni per il Castello di Barumele, che era tra le più importanti fortificazioni del Giudicato di Arborea. Il Castello, che era posizionalo sulle pendici del colle di Barumele, è sorto allorquando, nel terdicesimo secolo, era nata l’esigenza di rafforzare il sistema difensivo strategico tra il confine del Giudicato di Arborea con quello di Cagliari. Il Castello di Barumele viene citato la prima volta nel testamento di Ugone III d’Arborea, del 4 aprile 1335. Sulle origini di questa Castello si è tanto dibattuto. I ritrovamenti di numerossissime schegge di ossidiana, fanno pensare alla prima occupazione del sito in età prenuragica. Nella stessa area sono stati recuperati vasellami di età bizantina, tali da poter ipotizzare un successivo insediamento di quel popolo. Attualmente il Castello è l’unico Castello del sistema difensivo del Giugicato di Arborea in Provincia di Oristano, e conserva tutti i tratti della tipica fortificazione medievale, con un un robusto muro di cinta, ed una torre poligonale. In età aragonese e spagnola il Castello di Barumele diviene proprietà della famiglia iberica dei Carroz, alla quale appartiene donna Violante di Carroz, nota per aver voluto la ricostruzione della cattedrale di Ales. Dal centro di Ales verso il Monte ArciDal Municipio di Ales, arrivati in auto al termine della via della cattedrale che dà sulla la piazza della cattedrale, prendiamo a destra la via Umberto I, percorsi trecento metri svoltiamo a destra nella via Amsicora, che dopo settecento metri sbocca sulla via Regina Margherita, e la prendiamo verso sinistra finché dopo quattrocento metri, uscendo dall’abitato, diventa la SS442 di Laconi e di Uras. Appena imboccata la SS442 di Laconi e di Uras, percorsi appena centocinquanta metri, passato il cartello segnaletico che indica il chilometro 30, seguendo le indicazioni prendiamo a destra la Strada Vicinale per Acquafrida, che porta alla sorgente di Acquafrida la quale si trova sul Monte Arci nella zona che si trova in territorio di Ales. La chiesa campestre di Nostra Signora della NeveDopo nove chilometri e trecento metri lungo la Strada Vicinale per Acquafrida, svoltiamo a sinistra in una traversa che seguiamo per circa duecentocinquanta metri, e vediamo alla destra un sentiero preceduta da una barra che limita in traffico. Imboccato questo sentiero, in circa duecento metri raggiungiamo la chiesa campestre di Nostra Signora della Neve, che sorge in località Apruna. La chiesa è una ricostruzione successiva di quella che era una Cappella costruita fra i boschi del Monte Arci in onore della Vergine, come ringraziamento degli aleresi per aver trovato la sorgente d’acqua che avrebbe potuto alimentare il centro urbano. Di questa vecchia Cappella non sono ancora stati rinvenuti i ruderi, che non sono identificabili essendo inseriti nella fitta boscaglia che caratterizza tutta la zona nella quale è stata edificata la nuova chiesa, e che si ritiene si trovino a circa cinquecento metri di distanza da essa, in direzione nord ovest. L’edificio, immerso nel bosco, presenta una pianta sub ellittica, e non è inquadrabile in un determinato periodo storico, poiché totalmente restaurato nel 1987, come ricordato dall’epigrafe riportata sulla superficie di una pietra posta in basso a sinistra all’ingresso dell’edificio. Il fronte della struttura è costituito da due paramenti, costituiti da grossi blocchi in pietra locale, rozzamente squadrati, e da schegge di ossidiana di grandi dimensioni, tenute insieme da malta di cemento. In alto a destra si nota la presenza di una croce in pietra chiara, che si appoggia lateralmente alla vela del campanile. La stessa composizione muraria a blocchi sub squadrati e schegge di ossidiana è impiegata anche nel fondo dell’edificio; le restanti parti murarie sono realizzate in blocchi di pietra vulcanica di medie dimensioni, unite da malta di cemento. La copertura interna dell’edificio è costituita da un incannicciato che si appoggia a travi lignee a sezione quadrangolare. Il fronte dell’edificio è completato da una cornice modanata e decorata su tre registri sovrapposti. Quello superiore ed inferiore presentano motivi vegetali a spirale; quello centrale, invece, è abbellito da fiori con dieci petali e cinque sepali ed elemento centrale a rilievo, separati da un motivo dipinto a mattoncini. All’estremità sinistra di questo registro, un’iscrizione dipinta ricorda il venticinquesimo anniversario del restauro della struttura. Sul fondo dell’edificio è collocata la statua della Madonna della Neve, inserita in un’edicola chiusa da una lastra di vetro, e sopra l’edicola è posta una cornice in pietra calcarea sulla quale è incisa un’invocazione alla Madonna. Ad Ales ogni anno, il primo sabato di agosto, si celebra la Festa di Santa Maria della Neve, caratterizzata da una gita di tutti i partecipanti fino alla località Acquafrida sul Monte Arci dove si trova la chiesa campestre, la prima parte in auto e la seconda a piedi, poi la celebrazione presieduta dal parroco, seguita dalla cena sociale. Ogni anno la Festa si arricchisce sempre di più, dato che è iniziata con pochi intimi e gli ultimi anni, invece, a cena sono presenti oltre trecento persone. Una Festa in famiglia con l’arrivo anche di molti fedeli che arrivano dai comuni vicini. La frazione ZepparaDal Municipio di Ales, arrivati in auto al termine della via della cattedrale che dà sulla la piazza della cattedrale, prendiamo a destra la via Umberto I, percorsi duecentosettanta metri svoltiamo a sinistra nella via Roma, che dopo circa duecento metri svolta a destra e diventa la via Monsignor Pilo, la quale sarebbe la prosecuzione verso est della via della cattedrale. Percorsi duecentocinquanta metri, la via Monsignor Pilo esce dal paese in direzione nord est, assumendo subito fuori dall’abitato il nome di via Santo Simeone, percorsi appena duecentocinquanta metri, si vede alla destra della strada il portale di ingresso del Cimitero Comunale di Ales, lo evitiamo e proseguiamo lungo la via San Simeone che, dopo altri ottocento metri, ci porta al cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno della frazione di Zeppara (altezza metri 165 sul livello del mare, distanza in linea d’aria circa 1.33 chilometri, abitanti circa 215), che è l’unica frazione Ales. Brevi cenni storiciFino dal Medioevo Zeppara è stato un comune indipendente, ed infine in periodo fascista, nel 1927, il piccolo comune di Zeppara viene aggregato al più grande comune vicino di Ales, del quale diventa l’unica frazione. La chiesa parrocchiale di San Simeone VescovoPassato il cartello segnaletico che indica l’ingresso in Zeppara, la via San Simeone entra nell’abitato cou il nome di via Vittorio Emanuele. La seguiamo per duecentocinquanta metri, poi prendiamo a destra la via della chiesa e, dopo appena una ventina di metri, vediamo alla sinistra la facciata della chiesa di San Simeone Vescovo, che è la parrocchiale di Zeppara. È l’unica chiesa in Sardegna dedicata al secondo vescovo di Gerusalemme, fatto che ci riporta ai residui della tradizione bizantina. L’edificio ha un impianto tardo cinquecentesco, in stile gotico catalano, con la facciata liscia, un terminale piano, con copertura a falde lignee. L’interno, a navata unica, è mosso da due cappelle laterali a pianta quadrata, poste simmetricamente accanto al presbiterio, la copertura è a crociera costolonata e gemmata, eccetto il presbiterio, con copertura a botte. Elementi di interesse rappresentano l’edicola in pietra di forme gotiche con colonnine e capitelli decorati, le due porte rinascimentali, una delle quali reca iscrizione a caratteri capitali, l’altare settecentesco, le tazze dell’acqua Santa. Il campanile è stato realizzato successivamente, nel 1933, mentre precedentemente le campane erano collocate in una bifora che era presente sulla facciata. Lo stile gotico è ben accentuato nelle due cappelle laterali. L’edificazione delle cappelle porta ad una cronologia che indicativamente può porsi per entrambe intorno all’anno 1586, data che compare nella gemma della crociera sulla Cappella dedicata a Sant’Antioco martire. Tra le diverse pietre tagliate dalle belle forme gotiche, decorate a fogliami, di particolare pregio ed alto valore artistico sono le due tazze per l’acqua Santa, in pietra lavorata, che richiamano a modelli diffusi nel seicento. Nella sacrestia è conservata una interessante paratora lignea intagliata, pregevole manufatto realizzato da maestranze locali. Inoltre, la chiesa parrocchiale di San Simeone Vescovo custodisce un inestimabile patrimonio di oggetti sacri, statue lignee ed arredi di valore. San Simeone nasce prima di Gesù Cristo, di cui è un discepolo fedele. Quando, nel 62, i Giudei uccidono suo fratello Giacomo, primo vescovo di Gerusalemme poi santificato, egli viene eletto come suo successore. Sotto il suo episcopato i Romani, stanchi delle continue insurrezioni dei Giudei, deliberano di distruggere la città, allora il Signore chiede ai Cristiani di uscire da Gerusalemme, ed essi si recano a Pella, cittadina al di là del Giordano. L’anno 66, infatti, Vespasiano assedia Gerusalemme, e nel 70 suo figlio Tito la distrugge. Ma, appena i soldati abbandonano la città distrutta, i Cristiani ripassano il Giordano e tornano ad abitare fra quelle rovine. Le conversioni si moltiplicano riempiendo il cuore dell’ormai vecchio Vescovo. Ma in seguito Traiano ordina di arrestare e giustiziare i Cristiani, ritenuti responsabili delle nuove insurrezioni giudaiche. Simeone, che era sfuggito alla persecuzione di Vespasiano, questa volta, accusato dagli eretici e dagli stessi Giudei, viene arrestato e, dopo vari supplizi, viene crocifisso nell’anno 106, all’età di ben 120 anni, quando è l’ultimo superstite dei discepoli del Signore. |
Ogni anno, a Zeppada presso questa chiesa parrocchiale, si svolgono numerose cerimonie religiose, con le relative manifestazioni civili di corredo. Tra di esse va citata, il 18 febbraio, la Festa patronale di San Simeone, con la benedizione e l’accensione del falò in onore del Santo, e con balli sardi. Il 4 aprile si svolge la Festa di Sant’Isidoro, con riti di propiziazione per l’inizio dell’annata contadina. Quindici giorni dopo Pasqua si svolge la Festa di Sant’Antioco, accompagnata da concerti. Ed infine, la terza domenica di settembre, si svolge la Festa della Beata Maria Vergine Assunta. Il Museo del giocattolo tradizionale della SardegnaPassata la piazza che ospita la chiesa parrocchiale, sulla via Vittorio Emanuele si trova un bivio, dove a sinistra parte la via Monti, mentre a destra la strada prosegue con il nome di via San Simeone. Lungo la via San Simeone, alla sinistra al civico numero 4, leggermente all’interno si affaccia l’edificio che ospitava le Scuole Elementari e materne di Zeppara, ed i cui locali, ristrutturati appositamente per lo scopo, oggi ospitano il Museo del giocattolo tradizionale della Sardegna, che espone un repertorio rappresentativo dell’intera regione. Questo Museo nasce da una mostra dei giocattoli tradizionali dell’Alta Marmilla, realizzata dalla Scuola Media Statale di Ales, con il coordinamento del prof. Nando Cossu. Tra l’altro il Museo consta anche di un laboratorio di produzione di giocattoli. L’idonea valorizzazione del Museo costituisce una iniziativa importante anche a livello regionale, nell’ambito del recupero delle tradizioni popolari. Il Museo del giocattolo tradizionale della Sardegna è sede di numerose manifetsazion ed eventi che coinvolgono gli abitanti del paese ed i turisti che lo raggiungono. Tra queste, spesso a inizio gennaio, presso il Museo del Giocattolo Tradizionale della Sardegna e nelle piazza antistante, viene organizzata la manifestazione ludica e culturale intitolata Il Paese dei Balocchi. È naturalmente un pomeriggio di festa, partecipazione e coinvolgimento. Si tratta di principi, anche questi, appartenenti a quel passato di cui il Museo vuole custodire e tramandare la memoria nel tempo. Tutti i bambini che vogliono partecipare al laboratorio di questa manifestazione ludica e culturale sono invitati a portare da casa un giocattolo non più utilizzato, che sarà poi scambiato e donato con i propri coetanei. Il Campo da Calcetto e tennisPassata la piazza che ospita la chiesa parrocchiale, sulla via Vittorio Emanuele si trova un bivio, dove a destra la strada prosegue con il nome di via San Simeone, mentre a sinistra parte la via Monti.Presa la via Monti, dopo centotrenta metri, alla destra della strada, si vede il cancello di ingresso del Campo da Calcetto e tennis di Zeppara. Si tratta di un Campo da gioco con fondo in erba sintetica, dotato di tribune in grado di ospitare 200 spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline il calcio, il calcetto ossia calcio a cinque, ed il tennis. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Ales ci recheremo a Pau che visiteremo con il suo centro dove si trova il Museo dell’Ossidiana ed i suoi dintorni con il cosiddetto sentiero dell’ossidiana di Scaba Crobina |