Visita della città di Carloforte i cui abitanti conservano ancora il dialetto dei loro avi liguri
In questa tappa del nostro viaggio, da Calasetta sull’isola di Sant’Antioco ci recheremo in mezz’ora di traghetto sull’Isola di San Pietro. Secondo la tradizione. Interessanti sono le sue belle coste, ma l’isola di San Pietro è nota soprattutto per le caratteristiche del suo capoluogo, il paese chiamato Carloforte di chiara impronta ligure. Il Sulcis nella regione storica del Sulcis-IglesienteL’area della regione storica del Sulcis-Iglesiente si estende a nord della valle del Cixerri. Confina a nord est con il Campidano ed ha una forma vagamente triangolare. Il Sulcis (nome in lingua sarda Sa Meurreddìa) si estende nella porzione sudoccidentale dell’isola, parte integrante della regione storica del Sulcis-Iglesiente, ed appartiene alla Provincia del Sud Sardegna ed a quella di Cagliari. I suoi comuni nella Provincia del Sud Sardegna sono Calasetta, Carbonia, Carloforte, Domus de Maria, Giba, Masainas, Narcao, Nuxis, Perdaxius, Piscinas, Portoscuso, San Giovanni Suergiu, Sant’Anna Arresi, Sant’Antioco, Santadi, Siliqua, Teulada, Tratalias, Villamassargia e Villaperuccio. Quelli nella città Metropolitana di Cagliari sono Pula, Sarroch e Villa San Pietro, che si trovano però tra il Sulcis ed il Campidano di Cagliari, per cui possono essere considerate appartenenti all’una o all’altra di queste regioni. È un territorio in cui la natura è incontaminata, nel tratto costiero caratterizzato da ampie spiagge, tra cui spicca Piscinas, con le sue metafisiche dune di sabbia, o la splendida insenatura di Masua, che guarda il faraglione calcareo di Pan di Zucchero. Arrivo all’isola di San PietroL’Isola di San Pietro (chiamata in lingua tabarchina Uiza de San Pe in lingua sarda Isulla ’e Sàntu Pèdru), è una delle due isole principali dell’arcipelago del Sulcis, situata al largo della penisola del Sulcis, a nord dell’isola di Sant’Antioco, nella parte sud occidentale della Sardegna. Il suo territorio, classificato di collina, presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, e comprende l’isola amministrativa di Isola Piana e il centro temporaneo di Villamarina. All’isola di San Pietro si arriva, con sbarco nella banchina del centro urbano di Carloforte, in poco più di un’ora di traghetto da Portovesme, vicino a Carbonia, a tre miglia e mezzo di distanza; oppure, in circa quaranta minuti, come abbiamo fatto noi, da Calasetta, che si trova sull’isola di Sant’Antioco, a circa due miglia di distanza. La città di CarloforteNell’isola è presente un unico centro abitato, la città di Carloforte (chiamata in lingua tabarchina U Pàize ossia Il Paese, in lingua sarda Carluforte, altezza metri 10 sul livello del mare, abitanti 5.953 al 31 dicembre 2021), situata alle pendici del monte Guardia del Mori, nella parte centro orientale dell’isola di San Pietro, che è servita da un’unica strada statale che attraversa tutta l’isola. I suoi abitanti vivono per la maggior parte nel capoluogo Comunale, e solo la restante parte si distribuisce in numerose case sparse. Per le sue vicissitudini storiche può essere considerata un piccolo lembo di liguria trasportato in Sardegna. A testimonianza di ciò sono il dialetto, l’architettura e le tradizioni rimaste immutate nel tempo. Tutta l’architettura di Carloforte è di chiara impronta ligure, ed ancora oggi, tra la sorpresa dei turisti che non ne siano informati, gli abitanti parlano correntemente il loro vecchio dialetto della città di Pegli. Uno dei borghi più belli d’ItaliaCarloforte è uno dei sei comuni sardi che sono stati inseriti nella lista dei Borghi più belli d’Italia, dato che il piccolo comune nella Sulcis-Iglesiente ha ottenuto il riconoscimento dall’Associazione, che è nata su impulso della Consulta del Turismo dell’Associazione nazionale dei comuni Italiani per valorizzare il grande patrimonio di storia, arte, cultura, ambiente e tradizioni presente nei piccoli centri italiani che sono, per la grande parte, emarginati dai flussi dei visitatori e dei turisti. I sei comuni sardi inseriti in questo elenco sono Atzara, Bosa, Carloforte, Castelsardo, Posada e Sadali. Origine del nomeIl nome è dovuta all’insediamento, sul suo territorio, di un nucleo di liguri di Tabarka, che hanno fondato il paese, che, in onore del re di Sardegna Carlo Emanuele III, come segno di riconoscimento e fedeltà, lo chiamano Carloforte, ossia forte di Carlo. La sua economiaCarloforte è un centro rivierasco insullare, che, accanto alle tradizionali attività agro pastorali, ha sviluppato il tessuto industriale e incrementato il turismo. A Carloforte si è sviluppata la pesca, l’attività delle tonnare e del porto, ed, in questi ultimi anni, il turismo, che ne hanno fatto un centro molto importante. Il settore economico primario è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, agrumi, uva e altra frutta, e con l allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Il settore economico secondario è costituito da imprese che operano nei comparti alimentare, della pesca, della piscicoltura, dei laterizi, metalmeccanico, cantieristico, della gioielleria e oreficeria, elettronico, edile e della consulenza informatica. Il terziario si compone della rete distributiva, ma è priva di servizi pubblici particolarmente significativi. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno. Si tratta du una nota stazione balneare, e rappresenta, per le sue bellezze naturali, un piccolo paradiso per il vacanziere naturalistico. Agli amanti dell escursionismo, offre la possibilità di raggiungere le grotte del Bue Marino, delle Oche e di Commende, oppure di fare belle passeggiate alla punta Nera e alla punta delle Colonne, a Calafico e a Capo Sandalo. A tutto questo si aggiunge l’originalità e la prelibatezza della sua cucina, dove risaltano le numerose portate a base di tonno, anche se non mancano piatti di chiara derivazione araba, come il Cascà, ossia il cus cus. Brevi cenni storiciNel 1540 l’isolotto di Tabarka, nei pressi di Tunisi, viene dato in concessione, dal Bey di Tunisi, alla famiglia genovese dei Lomellini, che ad essa sono interessati per la pesca del corallo. I Lomellini fanno parte della cerchia di Andrea Doria, doge della repubblica di Genova, e la concessione è probabilmente dovuta ad un probabile riscatto, per la liberazione del corsaro turco Dragut, catturato nel 1540 da Giannettino Doria, nipote di Andrea Doria. Nel 1542 i Lomellini colonizzano Tabarka con un gruppo di pescatori quasi esclusivamente di Pegli, dove hanno varie proprietà ed un grandioso palazzo di villeggiatura. Essi si dedicano alla pesca corallo, a traffici e commercio, e vengono chiamati Tabarkini. La comunità di Pegliesi vive a Tabarka fino al 1738, quando si determina l’esaurimento dei banchi corallini, ed aumentano i dissidi con i Rais, che li rendono liberi o li fanno schiavi, a seconda di chi regna in quel momento a Tunisi o ad Algeri. Per questo motivo, nel 1738, stanchi di queste vessazioni, una parte dei Tabarkini, con a capo Agostino Tagliafico, intraprendente mercante tabarchino, chiede al re Carlo Emanuele III di Savoia, di trasferirsi in un luogo dove poter continuare in tranquillità i loro commerci, soprattutto in spezie e stoffe pregiate, con il resto del Mediterraneo. Viene scelta, ed a loro viene affidata mediante una regolare infeudazione, quella che allora era nota come isola degli Sparvieri, ossia la Accipitrum Insulla, e che viene in seguito chiamata isola di San Pietro. Sull’isola, i Tabarkini il 22 febbraio 1738 fondano una cittadina, che, in onore del re, come segno di riconoscimento e fedeltà, chiamano Carloforte, ossia forte di Carlo, che è l’unico centro abitato dell’Isola, realizzata su progetto dell’architetto piemontese Augusto de la Vallee. In attesa del suo completamento, i profughi giunti da Tabarka sostano un paio di giorni a Cagliari e, successivamente, due settimane, nei fabbricati della tonnara Su Pranu di Portoscuso. Al re i nuovi abitanti erigono una statua nella piazza principale del paese, ed a San Carlo Borromeo viene dedicata la chiesa parrocchiale, ed il re dona, per l’occasione, un pregiato quadro raffigurante il Santo Patrono, ancora oggi nell’abside della parrocchiale. I primi periodi della colonizzazione sono durissimi per la presenza di aree insalubri, con conseguenti vere e proprie epidemie, che decimano la popolazione, ma in seguito a bonifiche del territorio, la colonia riesce a migliorare le proprie condizioni ed a prosperare, ed è di supporto l’arrivo di altri coloni da Tabarka, e di un gruppo di famiglie provenienti direttamente dalla liguria. Un’ampia zona paludosa bonificata, presso il paese, viene allestita a salina, e risulta molto redditizia. La parte della comunità che è rimasta a Tabarka, nel frattempo, viene invasa prima dai tunisini, poi dagli algerini, e quest'ultima incursione rende completamente deserta l’isola, e la sua popolazione venne ridotta in schiavitù. Gli schiavi verranno riscattati dal re Carlo III di Spagna, il quale li invia ad Alicante, per poi assegnare loro, nel 1770, la piccola isola di San Pablo, nove miglia a sud di Alicante, ribattezzata dai profughi tabarkini Nueva Tabarka. Nello stesso 1770, si ha in Sardegna un secondo insediamento di coloni provenienti da Tabarka, nella vicina isola di Sant’Antioco, sul lato prospiciente l’isola di San Pietro, dove viene fondato il paese chiamato Calasetta. Nel 1793 l’isola di San Pietro viene occupata dai francesi, che la rinominano L’isola della Libertà, ma l’occupazione è di breve durata, e non apporta modifiche sostanziali dal punto di vista sociale e politico. Ben più dolorosa è, invece, l’incursione barbaresca del settembre del 1798, quando circa cinquecento corsari, capeggiati dal Rais Mohamed Rumeli, mettono a ferro e fuoco Carloforte, mentre a Cagliari non c’è neppure una nave piemontese da inviare in soccorso, dato che la flotta staziona a la Maddalena, e fanno 933 prigionieri, che, deportati a Tunisi, vivono in schiavitù per cinque anni. Durante questo periodo uno degli abitanti catturati, Nicola Moretto, rinviene, il 15 novembre 1800, sulla spiaggia di Nabeul, vicino a Tunisi, una piccola statua lignea, sicuramente la polena di una nave portata sulla spiaggia dal mare, che si è ritenuto rappresentante la Madonna. Il ritrovamento viene considerato miracoloso, da conforto e da origine al culto della Madonna dello Schiavo, quale protettrice dei Tabarkini. Solo nel 1803, dopo lunghe trattative in cui intervengono grandi personalità politiche dell’epoca, gli schiavi vengono liberati dal re Carlo Emanuele IV di Savoia, pagando un oneroso riscatto, ed i superstiti possono tornare nella loro terra. Al momento della liberazione, la piccola statua della Madonna viene portata anch’essa a Carloforte, e per accoglierla viene costruita la chiesa della Madonna dello Schiavo. Le persecuzioni piratesche, però, continuano ancora per diversi anni, fino a quando il fenomeno viene definitivamente represso in tutto il Mediterraneo. Queste occupazioni inducono i Carlofortini a costruire le mura di cinta, intercalate da una serie di fortini. Purtroppo oggi delle vecchie mura è rimasta solo il lato ovest, interrotto tra l’altro dalla costruzione delle Scuole Elementari. Nella seconda metà dell’ottocento Carloforte vive il periodo di maggior benessere, grazie al trasporto di minerali estratti dai ricchi giacimenti situati sulla costa vicina da parte di grandi società minerarie francesi, belghe ed inglesi. Infatti, mancando in questi luoghi dei veri e propri porti, Carloforte diviene punto d’appoggio e porto d’imbarco del minerale. Incomincia la gloriosa epoca dei Battellieri, che provvedono alle operazioni di carico e scarico portando sulle spalle le Coffette di minerale. Nel 1911 a Carloforte nasce la prima amministrazione socialista della Sardegna. Passando al periodo repubblicano, del comune di Carloforte nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella nuova di Carbonia e Iglesias, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova Provincia del Sud Sardegna. Nel 2004 Carloforte viene riconosciuto come Comune onorario dalla Provincia di Genova, in virtù dei legami storici, economici e culturali con il capoluogo ligure ed in particolare con Pegli. Nel 2006 questo riconoscimento viene dato anche alla vicina Calasetta, fondata dai Tabarkini sul lato di fronte a Carloforte, nella vicina isola di Sant’Antioco. Carloforte vive tutti gli anni celebrazioni del gemellaggio con Pegli. Il Castello con i bastioni e la Cinta difensiva con i fortini che circondavano l’agglomerato urbanoNella parte alta del paese si concentrano i resti delle fortificazioni che in passato servirono a difendere la cittadina dalle disastrose incursioni dei corsari barbareschi e dai tentativi di occupazione francese. La cinta delle mura, pressoché quadrangolare e munita di bastioni e sette fortini, racchiudeva tutta la porzione di territorio conosciuta oggi come il Castello. Le opere di fortificazione furono invocate dalla popolazione a Vittorio Emanuele I, dopo la scorreria dei corsari tunisini del settembre del 1798, che fece schiavi quasi mille tabarchini. Il Castello venne realizzato a partire dal momento stesso in cui i coloni tabarchini e liguri misero piede sull’isola, i primi di marzo del 1738, e consisteva in una cittadella fortificata costituita da una cortina muraria e sei bastioni a protezione del paese. Fautore della realizzazione dell’opera era stato l’ingegnere militare piemontese Augusto de La Vallée, che aveva ritenuto ideale per la costruzione dell’opera il pianoro tra la spiaggia dello Spalmatore di Terra e le suddette alture, a una quota di media altezza e in prossimità della baia, e, così facendo, aveva accontentato le richieste dei Carlofortini, che volevano che il mare fosse il più vicino possibile alle loro case. Iniziando dalla porta d’accesso, in senso antiorario, s’incontrava per primo il Bastione San Carlo, il cui nome ricordava il re Carlo Emanuele III; seguiva il Bastione Beato Amedeo, intitolato al defunto padre e predecessore di Carlo, Vittorio Amedeo II; quindi il Bastioni San Maurizio ed il Bastione San Lazzaro, in onore dei due Santi dell’omonima confraternita. Seguiva il Bastione De Rivarol, viceré nel 1738 anno di fondazione della colonia; e, per finire, il Bastione San Vittorio, dedicato a Vittorio Amedeo III, figlio di Carlo Emanuele III e suo successore al trono. Il secondo circuito di difesa, la Cinta difensiva, costruita dopo la nefasta incursione barbaresca del 3 settembre 1798, consistette in un’opera di dimensioni maggiori della prima, e fu edificata in parte con il pietrame utilizzato per il Castello, portamdo conseguentemente alla distruzione di questo. A differenza della vecchia roccaforte, i cui tratti di muro tra i bastioni erano di lunghezza limitata, la cortina muraria costituiva la parte preponderante dell’opera e non vi erano bastioni, ma fortini armati. Ad iniziare dalla postazione meridionale lungo la marina, si trovava per primo il Fortino San Carlo con il suo nome rendeva omaggio a Carlo Emanuele III, re sotto i cui auspici era nata la colonia; a Carlo Felice, viceré al momento della costruzione; e a san Carlo, patrono della cittadina. Proseguendo in senso orario s’incontrava poi il Fortino Emanuele, dal nome del re in carica, Vittorio Emanuele I. Era poi la volta del Fortino San Pietro, in onore del patrono dell’isola; e quindi del Forte Cristina, intitolato a Maria Cristina. Continuando, era la volta del Fortino Beatrice, dal nome della principessa, primogenita del re. Seguiva il Forte Teresa, in omaggio a Maria Teresa d’Austria Este, la regina. E, per finire, il Fortino della Sanità, così chiamato per il Lazzaretto ubicato nelle sue vicinanze. La lingua parlata a CarloforteIl tabarkino, lingua tradizionalmente parlata nei comuni di Carloforte e Calasetta, ha origine direttamente dal ligure, e fa parte del Genoise d’Otre Mer, vale a dire della lingua parlata dalla popolazione dei possedimenti nei territori d’oltremare della repubblica di Genova. Oggi le popolazioni che parlano questa lingua sono tutelate come minoranza etnica e linguistica, si trovano in Turchia, Sardegna, Francia, Spagna, Sicilia. La lingua parlata a Carloforte conserva tutti gli elementi caratteristici della lingua d’origine, ma per effetto della obbligatoria Scuola di italiano e della proibizione del dialetto a cavallo tra l’ottocento e il novecento, e per la presenza di parte della popolazione non di origine tabarchina, oggi alcuni termini sono diventati desueti, ma vengono ancora utilizzati da chi conosce il tabarchino antico, soprattutto da studiosi e paradossalmente da chi si è allontanato dalla madre patria. Il tabarkino contiene anche molti termini di origine francese, testimonianza dei possedimenti della repubblica nel Nizzardo e dei contatti commerciali tra la repubblica e i territori tra Francia e Spagna. Ad esempio, i biscotti vengono chiamati Galette, termine tuttora usato in genovese; oppure il denaro, i soldi, in tabarkino viene chiamato Argent, così come in francese; altri termini come Massacan, ossia muratore, tuttora usato in genovese, sono oggi in disuso, sostituito dal derivato dall’italiano Muratù. Le principali principali feste e sagre che si svolgono a CarloforteA Carloforte ha svolto la sua attività il Gruppo Folklorico Carolino, nato nel 1988 in occasione del duecentocinquantesimo anniversario dell’arrivo dei Tabarkini a Carloforte, che dal 2023 si è sciolto ma continuerà a portare avanti il teatro dialettale; quando alcuni carlofortini hanno dimostrato di saper coinvolgere i bambini e i ragazzini e hanno formato il Gruppo Folk nuova Casciandra, che prende il nome dalla casciandre ossia da allegre riunioni fra amici a base di arrosti e di canzoni, e che esegue prevalentemente canzoni e serenate in dialetto carlofortino, simile al dialetto genovese. Sono attivi, inoltre, il Coro Polifonico di Carloforte e la Banda Musicale Città di Carloforte, dell’Associazione Musicale Pasquale Leone, costituita nel 1981 da un gruppo di appassionati di musica. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Carloforte si segnalano il Carnevale; tra maggio e l’inizio di giugno, nel periodo della mattanza dei tonni, si svolge la manifestazione gastronomica denominata il Girotonno; il 24 giugno la Festa di San Giovanni Battista; il 29 giugno la Festa patronale di San Pietro Apostolo, in onore dei Santi Pietro e Paolo, con una suggestiva processione a mare; a inizio agosto, il Carloforte Music Festival; a inizio ottobre, la manifestazione Cascà che costituisce il Festival Internazionale del Cus Cus di Carloforte; il 15 novembre si celebra la Festa della Madonna dello Schiavo; il 4 novembre, la Festa Patronale di San Carlo Borromeo. Il Carnevale CarlofortinoIl 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio Abate, segna l’inizio del Carnevale Carlofortino. A metà mattinata comitive di ragazzi, giovani e meno giovani, si avviano verso le campagne; qui si riuniscono per banchettare, ballare e cantare le vecchie canzoni e gli stornelli della tradizione locale. È l’inizio del Carnevale, che vede un susseguirsi da balli, veglioni e mascherate; qualcosa è cambiato negli ultimi anni, ma non il piacere di ritrovarsi a festeggiare, non più in piazza, ma nei locali privati. La tradizionale ricorrenza, infatti, anche ai giorni nostri è particolarmente sentita e festeggiata ed è forse, tra le usanze carnevalesche, quella che meno ha risentito del peso della modernità. Il GirotonnoIl Girotonno è una caratteristica manifestazione culturale e gastronomica che si svolge tutti gli anni a Carloforte, indicativamente tra fine maggio ed inizio giugno, nel periodo della mattanza dei tonni. La gustosa cucina locale e a base di pesce, ma il tonno e cucinato nei modi più diversi, il piatto tipico e il tonno umido, mentre l’uovo di tonno, chiamata anche la bottarga di tonno, costituisce un prelibato antipasto o un ottimo condimento per gli spaghetti. L’evento prevede quattro giorni tra cultura, arti, enogastronomia, musica e spettacolo, e vede la presenza di numerosi paesi mediterranei e non, ciascuno con la propria cucina tipica. Si tratta di una spettacolare gara gastronomica internazionale la cui base è naturalmente il tonno rosso, ed ogni sera, sul palco del Girotonno, al Campo Sportivo di Carloforte, grandi artisti eseguono concerti di musica dal vivo. La Festa di San Giovanni BattistaNel centro dell’abitato, ogni anno il 24 giugno si svolge la Festa di San Giovanni Battista. Nella notte fra il 23 e 24 giugno si era un tempo soliti consacrare le promesse di amicizia, solidarietà, affetto ma soprattutto amore. Gli innamorati si scambiavano la promessa di fedeltà e amore e si eleggevano i compari e le comari come giuramento di una amicizia indissolubile tra giovani dello stesso sesso. La cerimonia delle promesse avveniva normalmente in campagna dove venivano accesi enormi falò. Secondo la tradizione mai nessuno ha violato il patto d’amore o amicizia sancito nella notte di San Giovanni. Conclusa la cerimonia si attendeva l’alba raccogliendo la menta poleggio, nota come erba di San Giovanni. Oggi, la festa dedicata a San Giovanni Battista è una ricorrenza dal fascino unico, una notte quasi magica, dato che U Pa`ize si trasforma in un vero e proprio borgo romantico. La serata prende il via da piazza Pegli animando le vie cittadine con musiche e canti, per poi terminare in piazza Repubblica con un piccolo falò. A seguire, è possibile ascoltare le caratteristiche serenate carlofortine al chiaro di luna e gustare i tradizionali canestrelli, accompagnati dall’immancabile moscato. La Festa patronale di San Pietro ApostoloAncora oggi il 29 giugno è Festa solenne per Carloforte, e la Festa de San Pe, ossia la Festa di San Pietro Apostolo, si conclude a sera, con una suggestiva processione a mare, seguita da uno spettacolo pirotecnico a tempo di musica. La devozione a San Pietro, patrono dei pescatori e dell’omonima isola, risale alle origini della colonia. Il culto per il Santo protettore dei corallari e dei tonnarotti verteva attorno alla piccola Chiesa delle Fontane, di impianto duecentesco, che oggi ha il titolo di Chiesa dei Novelli Innocenti. Oggi le cerimonie religiose si svolgono nella chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo. La devozione religiosa ha svolto una funzione importante, per propiziarsi la benedizione divina nelle imprese di mare, data la forte tradizione marinara della popolazione. Il Festival Internazionale del Cascà ossia la sagra del Cous Cous tabarchinoOgni anno,a inizio ottobre a Carloforte si svolge il Festival Internazionale del Cascà, che è la sagra per celebrare il piatto più tipico e storico del patrimonio culturale e gastronomico carlofortino. Il Cous Cous o Cuscus, meglio noto nella forma dialettale come Cascà, è una pietanza che rientra nel patrimonio culturale portato dalla Tunisia dai primi coloni venuti nell’isola di San Pietro: si tratta di un piatto a base di semola cotta al vapore e aromatizzata con verdure e spezie. Oltre alla giornata dedicata alla dimostrazione e realizzazione del piatto, la manifestazione si arricchisce di altri eventi musicali e folkloristici, mostre dedicate alle arti e ai mestieri della vita carlofortina, sfilate, raduni di auto ed escursioni. Visita del centro della città di CarloforteL’abitato di Carloforte, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, è caratterizzato da alte case di tipo ligure. Anche l’architettura, la cultura, i costumi, gli usi di Carloforte sono di tipo strettamente ligure. Dal porto di Carloforte prendiamo il lungomare detto corso CavourIl Porto di Carloforte, che si trova a metà della costa orientale dell’Isola di San Pietro al riparo dai venti dominanti di Ponente, per molto tempo è stato fondamentale per il trasporto dei prodotti dell’attività mineraria del Sulcis, ma in seguito ha perso di importanza dopo la costruzione di quello di Sant’Antioco ed oggi opera quasi esclusivamente nel trasporto del pescato e del tonno proveniente soprattutto dalla tonnara dell’isola Piana. Nella visita del paese si parte dallo sbarco dai traghetti, al molo San Pietro a sinistra rispetto allo sbarco ed al molo Agostino Tagliafico più a destra, e tra i due moli si trova la piazza Carlo Emanuele III, dalla quale parte verso destra il lungomare noto con il nome di corso Cavour, mentre a sinistra parte il lungomare chiamato corso dei Battellieri. In piazza Carlo Emanuele III si trova il monumento al sovranoProprio di fronte al molo Agostino Tagliafico, in piazza Carlo Emanuele III, si trova il Monumento a Carlo Emanuele III di Savoia, costituito da un gruppo marmoreo di tre statue opera dello scultore genovese Bernardo Mantero, con al centro il sovrano in veste di condottiero romano, e due laterali, rispettivamente uno schiavo africano a sinistra e una schiava tabarchina a destra, ritratti nell’atto di omaggio al re per la libertà ritrovata. Il gruppo scultoreo, eretto in segno di riconoscenza voluto e realizzato a proprie spese dalla comunità, è stato inaugurato il 16 luglio 1786 con l’edificazione della statua centrale, e salutato dalla cittadinanza con tre giorni di festa. Due anni più tardi, don Alberto Genovese duca di San Pietro, in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione di Carloforte, fa aggiungere, a quella di Carlo Emanuele III, le figure inginocchiate dei due schiavi, in memoria dell’intervento dello stesso re nella liberazione dei tabarchini. La statua centrale è chiamata affettuosamente dai carlofortini con il nome di Pittaneddu. Nel 1793 ci fu la rottura dei rapporti diplomatici tra la Francia e il Piemonte, per cui Carloforte stava per essere invasa dalle truppe francesi. L’isola, in quel periodo, venne ribattezzata Isola della Libertà e, al posto della statua, fu piantato l’albero della libertà. Prima dell’occupazione i carlofortini pensarono allora di interrare la statua per occultarla al nemico, ma nella fretta un braccio rimase fuori e la mancanza di tempo per rimuoverla ed approfondire la buca consigliò la rottura del braccio. Quando riprese il suo posto, la statua rimase monca. Dal corso Cavour verso nord arriviamo nei vicoli del vecchio centro storicoLungo il lungomare detto corso Cavour si possono ammirare i vecchi palazzi settecenteschi e ottocenteschi che nacquero nel periodo in cui Carloforte si espanse oltre le mura, e dal quale partono i diversi vicoli che portano nel vecchio centro storico. Il ristorante Da Nicolo consigliato dalla Guida Michelin ed al quale il Gambero Rosso ha assegnato le Due ForchetteNella visita al centro di Carloforte, non è possibile evitare di citare alcuni dei numerosi ristoranti che in esso si trovano, nei quali è possibile apprezzare le numerose portate a base di tonno. Preso il corso Cavour verso nord, ad appena centoventi metri dalla piazza Carlo Emanuele III, al civico numero 32, si trova il ristorante Da Nicolo, consigliato dalla Guida Michelin 2023 ed al quale il Gambero Rosso ha assegnato le Due Forchette. Il ristorante Da Nicolo è un locale specializzato nella cucina moderna in un ambiente accogliente, che viene consigliato dalla Guida Michelin 2023 ed al quale il Gambero Rosso ha assegnato le Due Forchette. Strategica la posizione sulla passeggiata, ma il locale è frequentato soprattutto per la qualità della cucina di pesce con specialità carlofortine, e soprattutto per il tonno, della famiglia Pomata, che opera nella ristorazione da tre generazioni, cioè da quando il nonno luigi, agricoltore, ma con una forte passione per la cucina, decise di prendere in gestione il ristorante dell’Hotel Riviera. Attualmente il loro fiore all’occhiello, il ristorante Da Nicolo, è ormai celebrato tra i primi ristoranti regionali, per i suoi piatti di pesce, con specialità carlofortine riviste in suggestioni moderne. Imperdibile il tonno. Nel ristorante si svolge il servizio estivo in veranda. L’adiacente Bistrot, aperto tutto l’anno solo a cena, serve una cucina tipica in un ambiente più semplice. |
Il ristorante Al Tonno di Corsa anch’esso consigliato dalla Guida MichelinPreso il vicolo alla sinistra del ristorante Da Nicolo, lo seguiamo per una cinquantina di metri, poi prendiamo a destra la via Pietro Martini, e, dopo una quarantina di metri, prendiamo a sinistra la via Guglielmo Marconi, dove, al civico numero 47, troviamo il ristorante Al Tonno di Corsa, consigliato dalla Guida Michelin. Il ristorante Al Tonno di Corsa è un locale specializzato nella cucina di pesce e frutti di mare in un ambiente in stile mediterraneo, che viene consigliato dalla Guida Michelin. Il nome sembra una bizzarria, ma in realtà ogni carlofortino Sa di che cosa si tratta, il tonno di corsa è quello catturato nelle tonnare quando arriva nuotando velocemente per andare a deporre le uova nelle acque tiepide del Mediterraneo, e si chiamano abitualmente tonni di andata nei paesi delle tonnare storiche, mentre poi, quando poi fanno il percorso a ritroso per tornare nei mari del Nord Atlantico, prendono il nome di tonni di ritorno. Nel 1980, anno in cui è stato aperto il ristorante, l’idea è stata quella di esaltare in cucina il sapore del tonno, pescato nei mesi di maggio e giugno nelle acque limpide dell’Isola. L’ubicazione stessa del ristorante, nelle Cassinee, l’antico quartiere caratterizzato dai tipici carruggi, dal sali e scendi delle scalinate in pietra di sapore mediterraneo, trasmette la sensazione dei tempi passati. Si tratta di un locale vivace e colorato, due terrazze affacciate sui tetti del paese, dove gustare uno sfizioso menu dedicato al tonno e tante altre specialità di mare. La gestion, ormai pluriennale, assicura serietà e continuità. Mi ci sono recato alcuni anni or sono, ma non avevo la macchina fotografica e non ho potuto fotografare i suoi ottimi piatti. |
L’Hotel HieraconProseguendo lungo il corso Cavour per centotrenta metri dopo il ristorante Da Nicolo, si vede, alla sinistra della strada, al civico numero 62 del corso Cavour, l’Hotel Hieracon. L’Hotel Hieracon si trova affacciato sul lungomare non lontano dal porto, in un elegante edificio liberty di fine ottocento di rara eleganza e raffinatezza, con anche bungalow nel giardino. Nella sua lunga storia ha ospitato nobili famiglie, ambasciate e consolati prima di essere convertito in Hotel nel 1980. Oggi è un albergo a 4 stelle inaugurato dopo una sapiente ristrutturazione per esaltare le antiche bellezze del palazzo ed aumentare il confort nell’ospitalità. È forse uno dei palazzi più eleganti di Carloforte, arredato con elementi di antiquariato, materiali raffinati, e tutt'intorno il giardino con una piccola chiesa del settecento. |
Il Porto Turistico Nord di Carloforte con la Marina Mamma Mahon e più a nord il Porto dei PescatoriDi fronte alla corso Cavour, sulla destra entrando nel porto di Carloforte, praticamente di fronte all’Hotel Hieracon, si segue il lungomare di Carloforte che ci fa arrivare al Porto Turistico Nord di Carloforte. Qui è presente la Marina Mamma Mahon, situata vicino al centro del paese, in grado di offrire fino a 150 posti barca su pontili e banchina fissa di 55 metri, che ha il vantaggio di essere più vicina al centro e alle aree commerciali di Carloforte. La Marina è intestata a Fortuna Novella Riudavetz, nata a Carloforte nel 1880 e detta Mamma Mah n, una imprenditrice e filantropa che, per la sua opera di assistenza umanitaria ai marinai italiani internati nel porto spagnolo di Mah n tra il settembre 1943 e il gennaio del 1945 e successivamente per la cura delle tombe dei marinai italiani ivi sepolti, è stata insignita della stella di prima classe dell’Ordine della Stella della Solidariet Italiana. Più a nord rispetto alla Marina Mamma Mahon, separata da una lunga banchina, di fronte alla via Primo Maggio che è una continuazione del corso Cavour, si trova il Porto dei Pescatori di Carloforte. In corso Giuseppe Garibaldi si trova l’Hotel NicHotelDa piazza Carlo Emanuele III, preso il corso Cavour verso nord, dopo appena una cinquantina di metri, si prende a sinistra il corso Giuseppe Garibaldi, che si dirige verso ovest attraversando il centro storico. Subito alla destra del corso, al civico numero 7, si trova l’Hotel NicHotel. Ancor prima di approdare sull’isola di San Pietro, si può già scorgere l’insegna del NicHotel un piacevole hotel gestito da una famiglia carlofortina doc e sito in un vicolo del centro, che si trova in una posizione ideale, a pochi passi dalla piazza principale, dal lungomare, bar, ristoranti e negozi. Gli spazi comuni sono un pò limitati, ma in compenso le camere hanno un ottimo charme. Si consiglia vivamente di prendere quelle cha hanno vista sul mare o sul porto. Collabora con il rinomato ristorante da Nicolo, e con il Pomata Bistrot che appartiene alla stessa catena del ristorante da Nicolo e del NicHotel. |
La sede principale del Municipio di CarloforteProseguendo lungo il corso Giuseppe Garibaldi, percorsi appena centocinquanta metri, alla sinistra della strada, al civico numero 72, si trova l’ingresso della sede principale del Municipio di Carloforte, il cui palazzo ne ospita la sede e numerosi uffici del comune in grado di fornire i loro servizi agli abitanti della cittadina. Il comune promuove lo sviluppo del patrimonio culturale, anche nelle sue espressioni di lingua, di costume e di tradizioni locali, al fine di conservare la identità originaria ed i caratteri distintivi della stessa, e considera parte integrante della sua comunità tutti i Tabarkini che, seppure costretti per ragioni di lavoro o di studio a risiedere in altri comuni o all’estero, mantengono vivi ed inalterati affetti, interessi e legami con la propria terra d’origine. In via Genova si trova l’Hotel Villa PimpinaPercorsa un’altra cinquantina di metri, il corso Giuseppe Garibaldi sbocca sulla via Genova, che prendiamo verso destra. Dopo una quarantina di metri, alla sinistra della strada, ai civici numeri 106 e 108 della via Genova, si trovano gli ingressi dell’Hotel Villa Pimpina. L’Hotel Villa Pimpina si trova in una casa ottocentesca situato nella parte alta del paese, che dispone di un giardino privato a terrazze per la lettura o il relax. Dalle camere all’ultimo piano si apre una romantica vista sui tetti e sul mare. In tutte si trova la personalizzazione di un originale e caldo mix di arredi carlofortini e design moderno. Tempo permettendo, si fa colazione all’aperto. L’Hotel offre anche la possibilità di sistemazione in deliziosi appartamenti nel cuore di Carloforte o a pochi passi dal mare. |
Il Fortino Carlo Emanuele III che ospita il Museo Civico Casa del DucaRimanendo sulla via Genova, la seguiamo per un’ottantina di metri, poi svoltiamo a destra ed imbocchiamo la via della Cisterna del Re, dove, alla destra della strada, ai civici numeri 20 e 24, si trovano i resti del settecentesco Fortino Carlo Emanuele III, edificato nella primavera del 1738, prima costruzione in muratura della allora nascente cittadina chiamata Carloforte, costruito, con pietre fissate con impasto di terra e calcina, al centro di un’acropoli naturale tra la spiaggia dello Spalmatore di Terra e le alture retrostanti. Predisposto come corpo di Guardia. In seguito, con il passare del tempo, il Fortino Carlo Emanuele III è stato adibito a Carcere mandamentale, tanto che veniva chiamato col nome di Prigioni o Casa del Duca. Il fortino è stato completamente restaurato per ospitare il Museo Civico Casa del Duca che attualmente comprende sei sale e un giardino. La Sala della Tonnara contiene attrezzi relativi alla pesca del tonno; la Sala dei Galanzieri contienei una serie di documenti storici sui battellieri, o galanzieri, e l’attrezzatura che serviva per il trasporto dei minerali con barche a vela latina; la Sala dei Documenti raccoglie scritti relativi all’infeudazione dell’isola di San Pietro; nella Sala Malacologica si trova una raccolta di conchiglie; nella Sala delle attività Contadine sono presenti manufatti tipici della vita dei campi. Infine, nella Sala Emanuelli, è esposta una serie di quadri del pittore pegliese Mario Emanuelli, che, nell’estate 2001, ha fatto dono al Museo di una serie di quadri che ripercorrono le principali vicende del popolo tabarchino. I resti del Lavatoio della Cisterna del ReCostruita al tempo del settecentesco fortino, nei primi lavori rientra anche la grande Cisterna del Re, costruita a nord del Castello. La Cisterna è stato uno dei primi edifici di servizio essenziali, insieme alle fortificazioni, realizzati in Carloforte dal momento della sua creazione ed ora è inglobata in via Alicante in un edificio privato, ma è stata completamente stravolta rispetto alle fattezze originarie. Probabilmente, la Cisterna del Re alimentava con un sistema di condotte il Lavatoio della Cisterna del Re, che si trova a pochi metri di distanza in linea d’aria dalla Cisterna. I lavatoi pubblici sono stati creati appositamente allo scopo di stendere ad asciugare i capi, e consistevano in una o più vasche con acqua regolabile, tettoie per il riparo dal sole e dalle intemperie ed in alcuni casi anche di stenditoi. Proseguendo lungo la via della Cisterna del Re, che compie una breve svolta a destra e subito dopo prosegue a sinistra, dopo una novantina di metri la strada termina di fronte a quello che resta del Lavatoio della Cisterna del Re, che è oggi in disuso. La parete sud del Lavatoio ospitava una serie di vasche in ardesia, che consistevano probabilmente tra i tre ed i quattro elementi. I resti delle mura di cinta e dei fortini che circondavano l’agglomerato urbanoDalla via Genova parte subito più avanti, sulla sinistra, la via Chiavari, che, in una quaratina di metri, ci porta sulla salita Santa Cristina, che si muove da sud ovest a nord est. La salita ci porta nella parte alta dell’abitato, nel quartiere alto del paese, il cosiddetto Castello. A seguito delle incursioni barbaresche Carloforte è stata protetta da un sistema di mura con vari fortini che circondava tutto l’agglomerato urbano. Dell’imponente opera di fortificazione rimangono una parte consistente rivolta a occidente, un tratto breve a nord, nel quale sopravvivono una porta e tre fortini. Una parte delle mura è ancora visibile nel quartiere alto e costuisce i resti della Cinta Muraria. Da dove siamo arrivati alla salita Santa Cristina dalla via Chiavari, la prendiamo verso sinistra e la seguiamo per centotrenta metri costeggiando la cinta muraria, fino a vedere alla destra dalla strada i resti del Forte Santa Cristina, che si trova in fondo alle mura vicino all’omonima scalinata. Dove siamo arrivati alla salita Santa Cristina con la via Chiavari, passata una porta nella cinta murara ci si trova di fronte all’edificio che ospita la Scuola Secondaria di primo grado. Subito alla sinistra dell’edificio si trovano i resti del Fortino Beatrice, che prendeva il nome da quella della principessa primogenita del re, e che oggi è quasi irriconoscibile. Proseguendo circa duecento metri verso destra lungo la salita Santa Cristina, proprio di fronte a dove arriva da destra la via Porta del Leone, si vedono alla sinistra della strada i resti della Porta del Leone, così chiamata per la scultura di una testa di leone inserita all’esterno delle mura. Una cinquantina di metri più avanti, sempre proseguendo verso destra lungo la salita Santa Cristina, le mura portano al Forte Santa Teresa, che faceva anch’esso parte del sistema difensivo dell’abitato di Carloforte e si trova alla destra della porta Leone. La Scuola Secondaria di primo grado di Carloforte con i suoi impianti sportiviLungo la salita Santa Cristina, alla destra dei resti del Fortino Beatrice al civico numero 82, si trova l’ingresso nelle mura che porta all’edificio che ospita la Scuola Secondaria di primo grado di Carloforte, iniziata a costruire negli anni sessanta dello secolo passato, che è stata oggetto nel tempo di interventi di ampliamento. Sino al 2012, una parte della stessa struttura, ha ospitato il Liceo linguistico e delle scienze umane, trasferito di recente nella sede dell’Istituto Nautico. Nell’edificio che ospita la Scuola Secondaria sono presenti i suoi impianti sportivi, che comprendono una Palestra dotata di tribune in grado di ospitare 150 spettatori, nel quale praticare pallacanestro, pallavolo e calcetto ossia calcio a cinque. In questa palestra si gioca la pallacanestro, che affonda le sue radici a Carloforte nel periodo della seconda guerra mondiale. Attualmente vi gioca il Centro Giovanile Pallacanestro Carloforte, fondato nel 1977, che porta avanti questa tradizione con la partecipazione di oltre 150 atleti, con squadre sia maschili sia femminili. La formazione maschile è arrivata a giocare la serie C regionale e che attualmente affronta la Promozione, mentre quella femminile negli anni 2000 ha raggiunto anche la serie B nazionale ed attualmente affronta il campionato MSP. I colori sociali sono il bianco e l’azzurro. Presso la Scuola Secondaria di primo grado erano presenti anche un Campo sportivo polivalente all’aperto, nel quale era possibile praticare come discipline pallacanestro e pallavolo, ed un Campo da calcetto, entrambi senza tribune per gli spettatori. I due campo sportivi sono stati, in seguito modificati, e trasformati in due Campetti da basket, nei quali è possibile praticare come discipline pallacanestro e pallavolo. La Scuola Primaria di CarloforteAlla destra della Scuola Secondaria di primo grado, in una interruzione della cinta muraria, al civico numero 90 della salita Santa Cristina, si trova la facciata dell’edifico che ospita la Scuola Primaria di Carloforte. L’edificio è situato nella zona storica dell’abitato, lungo le mura che delimitano la parte più antica del paese, subito dopo aver passato il Fortino Beatrice. La struttura della Scuola Primaria è una costruzione che è stata frequentata da oltre un secolo dai bambini di Carloforte. È attrezzata di aule spaziose, di laboratori, di una piccola palestra, di alcune aule adibite a refettorio, ed all’interno dell’area scolastica è presente un ampio cortile. Inoltre è sede della Dirigenza Scolastica e degli Uffici di segreteria. Nel centro storico la chiesa parrocchiale dedicata a San Carlo BorromeoTorniamo in piazza Carlo Emanuele III dalla quale, sul retro del monumento a Carlo Emanuele III, parte il corso Agostino Tagliafico, parallelo un poco più a sud del corso Giuseppe Garibaldi. Preso il corso Agostino Tagliafico, in centocinquanta metri, attraversata la piazza della Repubblica, arriviamo nella piazza San Carlo, sulla quale si affaccia la chiesa di San Carlo Borromeo che sorge nel centro storico ed è la parrocchiale di Carloforte, un edificio neoclassico settecentesco realizzato in stile barocco. Una parrocchia dedicata al re Carlo Emanuele III era gi stata istituita sin dalla fondazione del paese nel 1738 ed era ubicata all interno del Castello, dopo un trentennio per seri problemi strutturali portarono alla sua dismissione. Cos , dal 1768 al 1775 la parrocchia fu provvisoriamente trasferita in un locale in affitto, del medico condotto del paese, Fisanotti. Alcuni elementi stilistici della nuova chiesa parrocchiale rimandano al palazzo dell’Università di Cagliari, proponendo l’attribuzione al medesimo progettista, l’ingegnere Saverio Belgrano di Famolasco, che, durante il suo periodo di permanenza in Sardegna, tra il 1761 e il 1769, è presente a più riprese a Carloforte per opere di sistemazione urbanistica e di fortificazione. Le incongruenze stilistiche indicano una possibile alterazione del progetto iniziale, e, attraverso documenti d’archivio riguardanti l’attività in Sardegna di un altro ingegnere militare, Francesco Daristo, la parrocchiale di San Carlo viene compresa tra le opere da lui realizzate nel 1773. La chiesa viene riaperta al culto nel 1775, sei anni dopo il rientro a Torino di Saverio Belgrano. La chiesa parrocchiale di San Carlo Borromeo, che, è contigua lungo il fianco destro al tessuto urbano, mentre il fianco sinistro rimane libero consentendo l’apertura delle finestre. La facciata, suddivisa in due ordini da una trabeazione aggettante, è coronata da un timpano triangolare. Posti in asse, al centro della facciata rispettivamente al primo e al secondo livello, compartita da sobrie paraste si trovano l’ingresso e una finestra circolare. L’elemento più vicino all’estetica barocca è l’originale campanile, sfalsato rispetto alla facciata. Internamente lo spazio è articolato secondo uno schema a sviluppo longitudinale, e sulla navata principale si affacciano due ampie cappelle per lato comunicanti fra loro. La volta, solcata da fasce trasversali binate e lateralmente scavata da unghie entro cui, sul versante sinistro, sono ricavate le finestre, è impostata al di sopra di una plastica trabeazione. L’altare maggiore originario in pietra è stato sostituito con uno in marmo, e in una sua nicchia è presente la statua del patrono. In fondo, sulla destra, sono conservate le statue di sant’Anna con la Madonna bambina, che i tabarchini condussero con loro nel viaggio da Tabarca verso l’isola di San Pietro. Dietro l’altare, davanti all’organo, è posta una delle pietre che costituivano l’abside di Tabarca, così come è scritto sulla stessa pietra. La statua di sant’Anna e la pietra dell’abside, portate dall’isolotto tunisino, simboleggiano l’intenzione dei tabarchini di continuare a pregare nella loro nuova dimora sentendosi sempre a casa. Nella prima cappella a sinistra sono sepolti i resti di don Gabriele Pagani, parroco di Carloforte dal 1923 al 1940, raffigurato in uno splendido mosaico insieme a don Mario Ghiga, parroco dal 1941 nominato nel 1961 da Papa Giovanni XXIII vescovo di Tempio-Ampurias. Ogni anno, presso questa chiesa, il 4 novembre si celebra la Festa Patronale di San Carlo Borromeo, con la processione e celebrazioni religiose, e con manifestazioni civili. Fino al 1967, la Chiesa di San Carlo Borromeo era l unica in cui si riuniva tutta la comunit per le celebrazioni. In seguito all espansione della citt a sud dell abitato, si è successivamente deciso di erigere la nuova chiesa parrocchiale dedicata a San Pietro Apostolo. L’Ex-Me che ospita la Biblioteca ComunaleDal corso Agostino Tagliafico, arrivati di fronte alla facciata della chiesa parrocchiale, prendiamo la perpendicolare a sinistra che è la via Palestro, la seguiamo per una cinquantina di metri ed incrociamo la via XX Settembre, che è parallela al corso Agostino Tagliafico. Prendiamo la via XX Settembre a sinistra, ossia verso ovest in direzione del mare, la seguiamo per una trentina di metri e vediamo, alla destra della strada al civico numero 48, gli edifici dell’Ex-Me. L’Ex-Me, acronimo di Ex Mercato, oggi ospita la Biblioteca Comunale intestata ad Edmondo De Amicis, che è spesso luogo di incontro della comunità per eventi, congressi e attività culturali. Situato all’interno della struttura che ospitava il mercato civico, principalmente del pesce, si posiziona in via XX Settembre, punto nevralgico del paese, dove da sempre i carlofortini fanno i loro acquisti quotidiani. L’edificio in stile liberty risale ai primi anni del novecento, ad oggi ristrutturato, conserva però le fattezze della struttura originale. Al suo esterno una targa commemorativa celebra il legame tra la Liguria e Carloforte, insignendo la cittadina del titolo di comune onorario della provincia di Genova. Il Santuario della Madonna dello SchiavoProseguendo lungo la via XX Settembre verso ovest in direzione del mare, dopo pochi metri arriviamo a vedere, sempre alla destra della strada, incastonata tra due palazzine di civile abitazione, il piccolo Santuario della Madonna dello Schiavo, chiamato anche Gexetta du Previn ossia Piccola chiesa del Previn, ossia del Pretino, in ricordo del giovanissimo sacerdote don Nicolò Segni, il giovanissimo sacerdote che volle essere prigioniero insieme agli schiavi carlofortini esuli in Tunisia. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la presenza al suo interno del simulacro in legno di tiglio scuro sistemato nella nicchia sull’altare, trovato sulla spiaggia di Nabeul presso Tunisi il 15 novembre 1800 dallo schiavo Nicola Moretto, uno dei carlofortini ridotti in schiavitù, e che, in realtà, sarebbe stata la piccola polena di un veliero che avrebbe fatto probabilmente naufragio o che la avrebbe persa nel corso di una tempesta. Portata nell’isola di San Pietro nella loro emigrazione dagli schiavi liberati, la Madonnina è rimasta un fortissimo simbolo di fede ma, al di fuori del significato strettamente religioso, anche di libertà e di forte unione solidale della comunità. Il titolo di Madonna dello Schiavo è stato coniato nel 1924 dal canonico Gabriele Pagani, precedentemente la sacra immagine era conosciuta con l’appellativo di Madonna Nera. Una targa, che ricorda la traslazione dei resti di uno degli ex schiavi tabarkini deceduto in Tunisia, è sistemata nella facciata di destra rispetto all ingresso principale. Nella piccola cantoria sovrastante l ingresso, si trova, quasi seminascosto, un organo in legno di scuola napoletana della seconda metà dell’ottocento. In onore della Madonna dello Schiavo, un nome molto diffuso fra le figlie femmine nelle famiglie carlofortine era, in passato, Schiavina. La Festa della Madonna dello Schiavo ricorre ogni anno il 15 novembre, preceduta da una solenne novena. I festeggiamenti, di stretto carattere religioso, culminano la sera del giorno 15 con una solenne processione per le vie del paese, accompagnata dal suono della banda musicale. Il 15 novembre 2014 è ricorso il cinquantesimo anniversario dell’incoronazione del simulacro, che è avvenuta il 15 novembre 1964. La Festa è, senza dubbio, quella più sentita dalla comunità di Carloforte, e da diversi anni questa Festa si svolge l’ultima domenica di novembre anche a Pegli, quartiere del ponente genovese. In via XX Settembre si trova la sede secondaria del MunicipioRiprendiamo la via XX Settembre in senso inverso, ossia da ovest verso est. A una novantina di metri dalla chiesa della Madonna dello Schiavo prendiamo a sinistra la via Genova, e poi subito a sinistra la prosecuzione della via XX Settembre, dopo circa centosettanta metri vediamo, sulla destra della strada, al civico numero 186 della via XX Settembre, la facciata dell’edificio che ospita la sede secondaria del Municipio di Carloforte. Si tratta di un edifico che ospitava il Cisternone di Carloforte, che era stato realizzato quando, nel 1790, si era deciso di sfruttare un corso d’acqua, il Canale del Generale, che attraversava le attuali vie Corvetto, via Venezia e via Bruno Danero, per poi sfociare in mare. È nata così un’opera colossale conosciuta localmente come U Sciscternun, capace di contenere circa settecentocinquanta ettolitri d’acqua. Aveva quattro vasche di raccolta nelle quali, attraverso il sistema dei vasi comunicanti, l’acqua viniva filtrata con il metodo della decantazione, giungendo pulita nell’ultima vasca. All interno presentava una struttura ad archi, sorretta da pilastri in pietra lavorata, e all esterno vi erano sette arcate, cinque delle quali chiuse ognuna da un cancello di ferro battuto, e le due rimanenti da cancelli apribili, dove attraverso un porticato, le persone attingevano l acqua. Negli anni che vanno dal 1962 al 1966, l Amministrazione Comunale ha decretato la fine del Cisternone, che era alquanto malridotto, ed ha deciso di rinnovare la struttura cambiando totalmente l architettonica. Della facciata neoclassica del fabbricato originario, che si sviluppava su un unico livello ed era costituita da sette arcate frontali e due laterali inframmezzate da dei rosoni, non rimane più nulla, dato che sopra le cisterne è stato realizzato un edificio su tre livelli con copertura piana. Le quattro grandi cisterne scavate nella pietra tufacea sono tutt'oggi superstiti. Come da impianto originario esse hanno ancora le stesse porte in ferro al livello del piano terreno, accessibili sotto il portico. Col passare degli anni l edificio ha subito diverse utilizzazioni, ed attualmente ospita la sede secondaria del Municipio di Carloforte, nella quale sono presenti gran parte degli uffici comunali, oltre ai Servizi Sociali, la sede della Polizia Municipale, ed altro. Il Campo Sportivo Comunale Pino SolitarioSeguendo la via XX Settembre da est verso ovest, una ventina di metri prima della sede secondaria del Municipio, svoltiamo a destra nella salita Santa Cristina. Dopo un centinaio di metri lungo la salita Santa Cristina, prendiamo a sinistra la salita Giorgio Rombi, la seguiamo per duecento metri, poi svoltiamo a sinistra e prendiamo il vico Pianosa, che in un centinaio di metri ci porta a vedere, alla sinistra del vico, l’ingresso del Campo Sportivo Comunale Pino Solitario di Carloforte. Si tratta di un Campo da Calcio che aveva fondo in terra battuta, e che era dotato di tribune in grado di ospitare circa duecento spettatori. La struttura è stata, però, abbandonata da quando è entrato in funzione il nuovo stadio in erba sintetica al Giunco, dove attualmente si svolge l’attività calcistica senior e junior. Passata la nuova sede del Municipio ci recheremo alla chiesa parrocchiale dedicata a San Pietro ApostoloPassato l’edificio che ospita la sede secondaria del Muncipio, proseguiamo lungo la via XX Settembre che, dopo una trentina di metri, continua diventando la via Vincenzo Crovetto. Percorsi altri centosettanta metri, troviamo alla sinistra della strada, al civico numero 22 della via Vincenzo Crovetto, l’ingresso che porta al cortile interno nel quale si trova la chiesa di San Pietro Apostolo che è la seconda chiesa parrocchiale di Carloforte, istituita nel 1967. Avviata nell’aprile 1999, la costruzione della chiesa San Pietro Apostolo, patrono dell’Isola e di Carloforte, si è conclusa qualche anno più tardi. Le funzioni sacre hanno iniziato a svolgersi in un’aula dell’Asilo San Vincenzo, in via don Minzoni, concessa dall’Opera Pia e adattata a chiesa provvisoria, nella quale le funzioni si sono officiate fino a quando si è abbandonata la primitiva chiesa provvisoria e si sono officiate nella nuova struttura, la cui inaugurazione è avvenuta nel 2004, ben cinque anni dopo la posa della prima pietra. Progettata inizialmente a forma di barca lignea, chiara allusione al San Pietro pescatore, ossia metaforicamente anche pescatore di anime. Ma la chiesa di San Pietro Apostolo è stata realizzata in modo diverso, dato che originariamente dovesse sembrare una barca luminosa, apparentemente a cielo aperto, ma della quale oggi resta il solo plastico progettuale. La parrocchiale si presenta oggi come un moderno e contemporaneo edificio religioso ampio e luminoso, con un campanile che sembra richiamare le tipiche casette tabarchine isolane, le tipiche barracche. Davanti all edificio si apre un giardino per il divertimento dei fedeli pi piccoli. All’interno la costruzione custodisce la statua del Santo cui è intitolata, che ogni anno viene portata in processione a mare, seguita dalle barche dei pescatori locali. Ancora oggi il 29 giugno è Festa solenne per Carloforte, e la Festa de San Pe, ossia la Festa di San Pietro Apostolo, si conclude a sera, con una suggestiva processione a mborder: 0px; float: right; padding: 2px 0px 0px 4pxare, seguita da uno spettacolo pirotecnico a tempo di musica. La chiesa dei Novelli Innocenti o di San PietroSeguendo la via Vincenzo Crovetto, che ci porta a sud ovest dell’abitato, in località fontane, dopo centocinquanta metri prendiamo a destra la via dei Novelli Innocenti, e, dopo meno di venti metri, prendiamo la strada a sinistra in salita. Percorsa una cinquantina di metri, troviamo alla destra della strada, su un rialzo del terreno, la chiesa dei Novelli Innocenti, la cui costruzione è antecedente alla colonizzazione dell’isola di San Pietro. La chiesa sarebbe stata eretta, con il nome di Chiesa delle Fontane, per volere di Gregorio IX, papa dal 1227 al 1241, per ricordare ed accogliere i piccoli resti di un certo numero di giovani e bambini che avevano fatto parte della cosiddetta Crociata dei Fanciulli, organizzata quando all’epoca delle crociate, un giovinetto francese di nome Etienne ossia Stefano, di Cloyes nei pressi di Vendome, andava predicando di città in città la necessità di partecipare alla liberazione del Santo Sepolcro. Essendo egli ragazzo, molto influì sui coetanei per cui ben presto si organizzò una spedizione per andare in Terra Santa. Si parla di 30mila fanciulli che, giunti a Marsiglia nel 1212 al seguito di Stefano, trovarono, dopo sofferenze e peripezie facilmente immaginabili, due mercanti che s’offrirono di effettuare gratuitamente il loro trasporto. Ma ben presto, durante il viaggio, per il sopraggiungere di una grave tempesta, due delle sette navi che componevano la flotta affondarono al largo dell’isola di San Pietro. Tutti i naufraghi perirono ed alcuni vi furono sepolti. Essendo questa la prima costruzione esistente sull’isola, pur essendo stata eretta per i Novelli Innocenti, acquisì il titolo di chiesa di San Pietro perché eretta nell’isola omonima e con tale nome è stata tramandata nei secoli. La piccola chiesa, ormai ridotta a un rudere, viene restaurata nel 1796 da parte della famiglia Porcile, quando sulle rovine della piccola chiesa medievale interviene probabilmente, secondo quanto si legge in un documento dell’Archivio di Stato di Cagliari, l’architetto tardobarocco Augusto della Vallea, che ha lavorato nel 1738 all’assetto urbano di Carloforte, mettendo mano anche alla chiesa. L’edificio realizzato dal della Vallea spicca per la semplicità armoniosa delle linee architettoniche, di manifesto carattere piemontese. La piccola facciata si staglia sulla sommità della collina delle Fontane, all’interno di una rigogliosa pineta, e in essa domina lo stile tardobarocco piemontese, testimoniato dal prospetto bianco, coronato da un attico, sormontato a sua volta da un timpano triangolare, e dai pinnacoli che concludono in alto le lesene. Sopra il portale si apre una finestra reniforme. L aula a navata unica, con volta a botte ribassata. Tra gli arredi, sono presenti anche un crocifisso ligneo ed una statua di San Pietro. Ci sono, inoltre, tracce di un affresco, raffigurante dell’antica Voltri con un castello davanti a un fiume attraversato da un ponte. Nello scarno interno mononave, con terminazione rettilinea del coro, trovano posto oltre alle spoglie degli Innocenti, anche quelle di Vittorio Porcile, ammiraglio della flotta del Regno di Sardegna, di Agostino e del sacerdote Andrea, figli del Conte Giovanni Porcile, uno dei Carlofortini più illustri di tutti i tempi. L’ammiraglio carlofortino Vittorio Porcile è noto per essersi scontrato con Napoleone nella battaglia della Maddalena, il 24 e 25 febbraio 1793, in occasione della tentata occupazione da parte dei Francesi della Sardegna sabauda. All’interno della chiesa si trovano diverse lapidi e lastre dedicate anche ad altri membri della famiglia Porcile, compresa Limbania, fautrice di un ulteriore restauro nel 1928, dopo anni di abbandono e saltuari usi civili. Nuovamente riparata nell’anno 1986, oggi è definita Monumento nazionale ed è sotto la tutela della Sovrintendenza alle Antichità e Belle Arti di Cagliari. La chiesa è aperta ai fedeli solamente nel periodo estivo, per la messa delle ore 20 del sabato, o in occasioni liturgiche particolari. La Casa del Proletariato ossia U Palassiu diventata il cineteatro Giuseppe CavalleraRitorniamo nella piazza Carlo Emanuele III, e, dal monumento, prendiamo verso sud il lungomare chiamato corso dei Battelieri, lo seguiamo per centocinquanta metri, poi prendiamo a destra la via Roma, dove alla sinistra della strada, al civico numero 6, si trova un edificio monumentale costruito con pietra a vista, iniziato nel 1920 e completato nel maggio 1922, chiamato anche Casa del Proletariato o U Palassiu ossia Il palazzo in tabarkino, che ha ospitato le prime organizzazioni sindacali dei battellieri. Nel 1922, infatti, si è costituita una cooperativa con circa 1.800 soci, che ha eletto come presidente Giuseppe Cavallera, medico e politico italiano, pioniere del socialismo in Sardegna. In seguito, quando tali organizzazioni sindacali perdono il loro ruolo, l’edificio, soggetto a vincolo come bene architettonico di interesse nazionale, viene trasformato nel Cineteatro Giuseppe Cavallera diventando un luogo di cultura politica, teatrale ed intrattenimento. Il cineteatro ha da sempre ospitato note compagnie di operetta e cantanti famosi. L’interno è in stile liberty ed è costituito da una sala a tutta altezza e tre ordini di gallerie disposte a ferro di cavallo, affiancata da uffici e camerini sul lato nord ed est. Lungo i lati esterni si trovano le logge, suddivise in tre gallerie con inferriate liberty. Durante il Carnevale Carlofortino vi si svolgono le tradizionali veglie danzanti, cosiddetti Veglioni. Il Monumento ai Caduti di Carloforte nelle due guerre mondialiPercorsa appena una trentina di metri lungo la via Roma, prendiamo a sinistra la via Armando Diaz, la seguiamo per una settantina di metri e vediamo, sulla destra, svilupparsi la piazza Pegli, al centro della quale si trova il Monumento ai Caduti di Carloforte. Il Monumento è stato edificato per volere di un carlofortino, Antonio Ferrando che era emigrato in Australia e lì aveva fatto una fortuna. La costruzione era iniziata nel 1930 e terminata il 4 giugno 1932, nella piazza Pegli che, prima degli anni trenta del novecento, era una zona periferica scarsamente abitata e circondata da campi coltivati. Al centro della base quadrata del Monumento era stato posto un cippo, pure a sezione quadrata, con incisi, nelle lastre di marmo perimetrali, i nomi dei Caduti carlofortini nella prima guerra mondiale, visibili dai quattro lati attraverso grandi aperture che si elevavano ad arco e rientravano all interno della volta, dove reggevano un altra struttura che riportava la scritta Credere Obbedire Combattere con i simboli del Fascio Littorio. Il monumento si ergeva isolato nel campo, e restava fuori mano sia per la popolazione che per i visitatori della cittadina. Per questo negli anni 1959 e 1960, essendosi esteso il centro abitato intorno alla piazza Pegli, l’Amministrazione Comunale ha deciso di dare una sistemazione più degna al monumento. Viene così smontato e trasferito al centro della piazza, e nel rimontarlo viene alleggerito di quei simboli e quelle scritte che ricordavano il fascismo. Dalla cima in alto vengono tolti l’ornamento finale e dall’interno il cippo centrale, per avere più spazio e posizionare negli angoli interni altre lastre in marmo e commemorare così, anche i caduti della Seconda Guerra Mondiale. L’edificio che ospita l’Istituto Magistrale e l’Istituto Tecnico Nautico di CarloforteDa dove abbiamo visto partire a destra la via Roma, proseguiamo verso sud lungo il corso dei Battellieri e, dopo centocinquanta metri, alla destra della strada al civico numero 32, vediamo l’ingresso del complesso scolastico che ospita l’Istituto Magistrale intestato a Don Gabriele Pagani. All’interno del complesso scolastico è ospitato anche l’Istituto Tecnico Nautico di Carloforte intestato a Cristoforo Colombo. Rievocare le vicende dell’istituto Nautico significa ricordare la storia economica dell’immediato dopoguerra, quando a Carloforte veniva scaricato il minerale ossia la galena proveniente da Buggerru, e solo pochi giovani di buona famiglia frequentavano il Nautico di Cagliari potendo aspirare alla carriera di comandante. Intorno agli anni cinquanta le autorità si impegnarono per istituire a Carloforte una sezione staccata dell’Istituto Nautico Buccari di Cagliari. Per ottenere una sede appropriata e dotata di efficienti laboratori si dovettero attendere gli anni sessanta per la sistemazione nell’attuale sede, sorta nell’area dove un tempo veniva caricata la galena. Nell’Istituto Tecnico Nautico si svolgono dal gennaio 2002 i corsi per l’addestramento del personale Marittimo, ed è ospitata una Palestra con fondo in materiali cementizi o asfaltoidi, dotata di tribune in grado di ospitare 150 spettatori, nella quale è possibile praticare come discipline la pallacanestro e la pallavolo. Il Porto Turistico Sud di Carloforte con la marina Fronte NauticoProseguendo per circa centocinquanta metri lungo il lungomare chiamato corso dei Battellieri, dove questo termina per proseguire sulla via dell’Osservatorio Astronomico, troviamo sulla sinistra il Porto Turistico Sud di Carloforte, che da anni accoglie imbarcazioni a vela e motore nelle sue marine all’interno del Porto Turistico dell’Isola. Di fronte al corso dei Battellieri, si trova la Marina Fronte Nautico, con aree parcheggio gratuite, in grado di ospitare fino a 200 barche con un pescaggio massimo di 5 metri, lungo pontili Martini modello montecarlo e banchina fissa di 140 metri. Subito dopo questa marina, sbocca nel mare il Porto canale di Carloforte, che costeggia a nord le sue saline. La Torre di San VittorioAl termine della via dei Battellieri si trova una rotonda, dopo la quale inizia la via dell’Osservatorio Astronomico, che prendiamo come continuazione della strada che ci ha portato fino a qui, e si muove tra il mare, sulla sinistra, e, sulla destra, le saline di Carloforte che descriveremo più avanti. Percorsi quattrocentocinquanta metri, arriviamo nella zona detta Spalmadureddu, e qui prendiamo a destra la strada che, in centocinquanta metri, ci porta alla Torre di San Vittorio costruita nel 1768 sotto la direzione dell’ingegnere Saverio Belgrano di Famolasco, che aveva sostituito l’ingegnere Augusto de la Vallee nella guida urbanistica del paese. Interamente costruita con blocchi di trachite locale, in onore del sovrano Vittorio Amedeo III, la torre ha preso in suo onore il nome di San Vittorio. Era munita di 10 pezzi di artiglieria, e rappresentava l’avamposto difensivo a sud del paese. All’originale progetto si sono, in seguito, apportate delle modifiche, con l’aggiunta di tre corpi alla torre centrale, che la hanno trasformata da una singola torre ad un vero e proprio forte, e la costruzione di una scala esterna. La Torre di San Vittorio oggi ospita l’Osservatorio AstronomicoCessate le necessità difensive, la Torre di San Vittorio viene venduta a privati cittadini. In seguito, nel 1889, la torre viene espropriata dal Ministero della pubblica istruzione, al fine di utilizzarla per la ricerca scientifica. Nel 1898 la torre viene convertita, apportando apposite modifiche strutturali, a Osservatorio Astronomico e le osservazioni erano effettuate con il Telescopio Visuale Zenitale dalla cupola posta in cima alla Torre di San Vittorio, che era stata adibita a sede dell’Osservatorio. In essa viene istituita una delle cinque stazioni internazionali per lo studio della precessione degli equinozi, con lo studio delle piccole variazioni dell’inclinazione dell’asse terrestre. In seguito, verso la fine degli anni settanta del novecento, l’Unione Astronomica Internazionale ritiene di poter considerare concluso il lavoro svolto dalle cinque stazioni del Servizio di latitudine, e ne decreta la chiusura. Il Cimitero di CarloforteRitornati sulla via dell’Osservatorio Astronomico, procediamo in direzione sud per seicentocinquanta metri sulla SP103, l’unica strada provinciale che percorre da nord a sud tutta l’isola di San Pietro. Arriviamo a un bivio, al quale, invece di procedere verso sinistra con la prosecuzione della strada provinciale, prendiamo a destra la strada che, in cinquecento metri, ci porta all’ingresso del Cimitero Comunale di Carloforte. Caratterizzato da un impianto rettangolare allungato con ingresso sul lato corto rivolto a nord est e cappella cimiteriale in asse, al centro del viale principale. L’ingresso è costituito da un edificio con portale in pietra con arco a tutto sesto incorniciato da due semicolonne tuscaniche che sostengono una trabeazione liscia e un frontone. A termine del frontone l’acroterio al centro e volute ai lati. Ai fianchi di ciascuna semicolonna una torre piatta e figurata in pietra a rilievo. Sopra ognuna di queste, rispettivamente una finestra orizzontale cieca. Oltrepassando il portale, sopra il passaggio centrale una volta a vela. Oltrepassata la porta, sul lato interno del recinto l’edificio d’ingresso ha gli accessi per locali di servizio e per il custode. La parte restante del recinto è intonacata a riquadri bianchi delimitati da paraste in pietra. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, ci recheremo a visitare i dintorni di Carloforte e percorreremo tutta la Costiera dell’isola di San Pietro. |