TULUI A NURAGHE MANNU E’ LA CIVITA DIRUTA A SUD DI CAPO COMINO. Alla fine degli anni settanta del secolo scorso un ultranovantenne tziu Istene Fancello noto Marinu incurvato dagli anni e sostenuto da un bastone nodoso prendeva il fresco sulla Via Lamarmora la via principale di Dorgali. Ad alcuni ragazzi che lo attorniavano chiacchierando del più e del meno riferì che si tramandava che Dorgali era in altri tempi sulla costa di “Fuili” e che i “moros” obbligarono gli abitanti a ritirarsi nell’entroterra. In premessa occorre dire che sempre qualcosa di vero nelle tradizioni orali. Su alcune cartine medioevali compare una regione geografica, a volte rappresentata come una realtà urbana costiera, che viene descritta come la “Civita Diruta” a Sud di Capo Comino dove quest’ultimo era uno dei riferimenti più certi ed inequivocabili per i cartografi medioevali. Le invasioni barbaresche sono quelle che infestarono le coste sarde durante tutto l’VIII secolo. Durante tutto questo periodo procedeva a tappe forzate la cristianizzazione attuata dall’Impero Bizantino che contestualmente schierava la sua flotta del Tirreno a difesa dell’Impero. Il declino dell’Impero determinava l’anarchia dell’entroterra più facilmente soggetto alle ruberie ed alle grassazioni delle bande armate dei fuorilegge locali che sconfinavano spesso sulla costa mettendo a repentaglio i più importanti centri burocratici religiosi della costa. L’Impero Teocratico Bizantino conscio delle proprie difficoltà e del suo inesorabile declino cercava di presidiare precipuamente le zone costiere perfezionando il sistema della “Themata” e cioè dello sfruttamento delle terre demaniali a fini militari o armando i contadini, o nel caso questo non fosse possibile gravandoli di pesanti tasse a favore dell’esercito oppure cedendo le terre ai “cavallaris” e cioè agli agricoltori soldato. Solo l’abbandono della Sardegna da parte di Bisanzio nei primi anni del IX secolo queste terre furono cedute alla Chiesa che ereditò e continuò la tradizione di Bisanzio tenendone vivo vanamente il ricordo per alcuni secoli. La flotta bizantina che nell’ottavo secolo continuava a stazionare sul Tirreno faceva la spola sottocosta tra la Sardegna ed il Ducato di Gaeta, di Amalfi e di Napoli. La cristianizzazione continuava a procedere con l’ausilio del clero che agiva diramando la sua azione dai presidi dell’esercito e della flotta imperiale le cui sedi corrispondevano con quelle delle clero. L’Impero Bizantino con la costituzione di Eusebio si era organizzato come stato teocratico e l’Imperatore era capo della Chiesa ed interprete del volere divino. Perché la tradizione orale faceva riferimnento a “Fuili”. A “Fuili” presso Cala Gonone, frazione di Dorgali, vi è ancora oggi una valenza archeologica importante: Nuraghe Mannu e Nuragheddu ai quali si aggiunge Nuraghe Arvu costituiti da centinaia tra capanne nuragiche e capanne romane che potevano contenere una popolazione fino a duemila abitanti. Si trattava di una realtà popolata sicuramente di primaria importanza nella costa sarda equivalente fcendo le debite proporzioni della esigua popolazione di allora con una odierna cittadina di ventimila abitanti. Questa realtà rimase popolata per tutto l’VIII secolo passando improvvisamente da una grande vivacità sociale ed economica al repentino crollo demografico dovuto alle incursioni barbaresche ma non solo. San’Efisio, generale romano fu inviato da Gaeta dove aveva combattuto gli Agareni (saraceni) a difesa di una città costiera minacciata dai barbaricini e nella Passio Vaticana scritta nell’Alto Medioevo dal presbitero Marcus, e precedente alla Passio Calaritana del XV secolo che parla di Tharros, si dice che Efisio sbarcò in Sardegna con le sue truppe presso “Portus Tyrensis”, che però sembrerebbe dal nome più un porto del tirreno che altro e qui dovette difendere una città. Secondo alcuni la città era Sulci, ma quale Sulci? La minaccia dei barbarici fu scongiurata dopo che S.Efisio percorse quattro mi
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