Sanluri famosa per la battaglia combattuta nel 1409 e per l’unico ancora abitabile tra gli 88 castelli medievali sardi
Da San Gavino Monreale ci recheremo a Sanluri famosa per la sua battaglia che visiteremo con il suo centro dove si trova il suo Castello che è l’unico ancora abitabile tra gli 88 castelli medievali sardi, ed i dintorni nei quali sono stati rinvenuti i resti della Cultura di Monte Claro e del Vaso Campaniforme. Nel Monreale o Campidano di SanluriIl Monreale detto anche Campidano di Sanluri è una regione della Sardegna sud occidentale. anticamente il territorio del Monreale apparteneva al Giudicato d’Arborea di cui occupava la parte meridionale della Curatoria di Bonorzuli. I comuni che ne fanno parte sono Arbus, Gonnosfanadiga, Guspini, Pabillonis, Samassi, San Gavino Monreale, Sanluri, Serramanna, Serrenti, Vallermosa, Villacidro. I comuni di Serramanna e Serrenti sono ai confini tra il Monreale ed il Campidano di Cagliari, per cui possono essere conderati anche appartenenti a quest'ultimo. Il territorio del Monreale è prevalentemente pianeggiante, con diverse aree collinari. Nel territorio del Monreale esistono testimonianze prenuragiche, nuragiche, fenicio puniche e romane. Il territorio rientra totalmente nella Provincia del Sud Sardegna. In viaggio verso SanluriNella precedente tappa eravamo arrivati a San Gavino Monreale. Uscendo da questo centro con la via Trento, arriviamo a una rotonda dove questa strada si immette sulla SS197 di San Gavino e del Flumini, e percorrendo circa sette chilometri verso est, entriamo all’interno dell’abitato del paese chiamato Sanluri. Dal Municipio di San Gavino Monreale a quello di Sanluri si percorrono 9.9 chilometri. Il comune chiamato SanluriIl comune chiamato Sanluri (nome in lingua sarda Seddori, altezza metri 135 sul livello del mare, abitanti 8.112 al 31 dicembre 2021) è la più importante del Monreale, che si trova a metà strada tra la città di Cagliari e quella di Oristano. Il comune si sviluppa ad est della piana del Campidano, ed è facilmente raggiungibile tramite la SS197 di San Gavino Monreale e del Flumini, e la SS131 di Carlo Felice, che ne attraversano il territorio. La Stazione ferroviaria di riferimento, situata lungo la linea che collega Cagliari con Ozieri Chilivani, ha uno scalo sul posto. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate che vanno da un minima di 48 a un massimo di 306 metri sul livello del mare, sul Bruncu Melas. La cittadina è bagnata a sud dal Flumini Mannu. Origine del nomeIl nome è attestato fino dall’anno 1341 come De Selluri, mentre nella dizione locale compare come Seddori, che rappresenta il culto di un Santo, ossia di San luri, forma accorciata di Lorenzo. Invece, secondo qualche altro studioso, si tratterebbe del composto Sede de lori, ossia Sede dei cereali, ipotesi che non è però confermata. La sua economiaSi tratta di un centro di pianura che, accanto alle tradizionali attività agricole, ha sviluppato il tessuto industriale. In passato la sua economia si basava sull’agricoltura per la vicinanza dell’imponente stagno di Sanluri, di 2.200 chilometri quadrati e tre metri di profondità, per un totale di sei milioni di metri cubi d’acqua, che, ora prosciugato, garantiva al paese un clima mite utile per le colture. Oggi sono in sviluppo la piccola industria e i servizi. L’agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutta. Si pratica anc’l’allevamento di bovini, suini, ovini, equini e avicol’l’industria è costituita da imprese che operano nei comparti alimentare, dell’abbigliamento, della stampa, chimico, della fabbricazione di materie plastiche, del vetro, dei materiali da costruzione, dei laterizi, elettrico, della fabbricazione di apparecchi medicali, dei mobili, della centrale elettrica ed edile. Il terziario si compone di una buona rete distributiva e dell’insieme dei servizi. La cittadina di Sanluri è rinomata per il pane, in quanto viene prodotto il Civraxu, pane conosciuto e diffuso in gran parte della Sardegna. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ed anche di soggiorno. Brevi cenni storici con la famosa battaglia di SanluriIl suo territorio viene abitato fino dai tempi più antichi, ossia sin dall’epoca dei Nuraghi. La sua vera e propria storia comincia nel Medioevo, quando originariamente il paese sorge, cinto da mura difensive, intorno al Castello di Sanluri, costruito nel 1355, durante il regno di Pietro IV d’Aragona in epoca giudicale, dai giudici di Cagliari per difendere il borgo dagli assalti del Giudicato d’Arborea. Grazie alla sua posizione strategica, dato che si trova su una collina al confine tra il Giudicato di Càralis e quello di Arborea, e grazie alla fertilità delle sue terre, si sviluppa molto velocemente. In quegli anni diviene capoluogo della curatoria di Nuraminis, nel Giudicato di Càralis, cui appartiene. Proprio per la sua posizione, viene molto conteso durante le guerre tra gli Aragonesi e i Sardi del Giudicato di Arborea. Un ruolo di primo piano in queste vicende assunse la presenza del Castello, che diviene lo scenario di accadimenti politici e militari. Dato che le ostilità tra gli Aragonesi e gli Arboresi non si spengono mai del tutto, il Castello viene reso sempre più sicuro, ed il borgo medievale viene sempre più fortificato. All’inizio del 1400 gli Arboresi erigono un muro di cinta attorno al borgo ed al Castello, e scavano un largo fossato. Nel 1408, il francese Guglielmo III, visconte di Narbona, salito sul trono d’Arborea sbarca in Sardegna e riprende il conflitto contro gli Aragonesi, che era stato condotto da Mariano IV ed Eleonora d’Arborea. L’esercito siculo: catalano-aragonese guidato da Martino il giovane re di Sicilia e Infante d’Aragona si scontra con l’esercito sardo giudicale, al comando del francese Guglielmo III visconte di Narbona ultimo giudice di Arborea, il 30 giugno 1409, vicino a una collina a oriente di Sanluri, che oggi viene chiamata Su Bruncu de Sa Battalla, ossia il poggio della battaglia, nella cosiddetta battaglia di Sanluri. L’esito della battaglia comporta la fine del Giudicato di Arborea. alla morte di re Martino il Giovane, il borgo verrà ricostruito, ed il Castello riparato dai danni subiti. Tra le persone che avevano preso parte alla battaglia al fianco di Martino il Giovane erano Giovanni e Guantino De Sena, e, per i servigi prestati, dal re d’Aragona Alfonso V il Magnanimo nel 1436 Giovanni viene nominato visconte di Sanluri. La viscontea comprende anche Laconi, Genoni, Nuragus, Nurallao e Decimomannu. Di questo ampio territorio diviene poi visconte Antonio De Sena, forse figlio di Giovanni. Nel 1470 il Castello ed il borgo vengono conquistati da Leonardo de Alagon, marchese di Oristano, che aveva battuto il viceré di Sardegna, Nicolò Carroz, nella battaglia di Uras. Leonardo de Alagon uccide Antonio De Sena. Ma Il figlio di questi, Giovanni, combatte in favore di Leonardo de Alagon, e per questo gli Aragonesi lo condannano a morte e alla perdita dei diritti sul Castello e sulla viscontea. Quando nel 1478 Leonardo de Alagon si arrende dopo la sconfitta nella battaglia di Macomer, il Castello e la viscontea tornano agli Aragonesi, e il re Ferdinando II il Cattolico li dona in feudo allo zio Enrico d’Enriquez. Costui vende però i feudi ai nobili Pietro e Ludovico di Castelvì, dai quali passerano successivamente agli Aymerich di Laconi. Il paese viene riscattato ad Ignazio Aymerich, ultimo feudatario, nel 1839 con la soppressione del sistema feudale e diviene un comune autonomo. Un anno prima il re Carlo Alberto di Savoia aveva concesso lo stagno di Sanluri ad alcuni privati, affinché lo prosciugassero e ne ottenessero terre coltivabili, con una la bonifica che contribuirà al progresso economico del paese. Il 7 agosto 1881 una folla di un migliio di persone, soprattutto contadini, esasperata dal rincaro delle tassazioni comunali, si presenta alle porte del Municipio dove viene accolta da fucilate dai Carabinieri che uccidono una donna gravida scatenando l’ira della folla, la quale uccide il sindaco ritenuto responsabile. In serata sopraggiunge un battaglione di Carabinieri, che arresta un centinaio di cittadini, di cui 16 verranno condannati all’ergastolo ai lavori forzati. Del comune di Sanluri nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella del Medio Campidano, della quale costituiva insieme a Villacidro uno dei capoluoghi, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova Provincia del Sud Sardegna. La battaglia di SanluriDopo la morte di Mariano V d’Arborea, la Corona de Logu, dopo aver esaminato la posizione successoria dei vari aspiranti al titolo, riconosce nel 1408 la legittimità dei diritti di Guglielmo III di Narbona, nipote da parte di padre di Beatrice, terzogenita di Mariano IV, e gli offre la sovranità del Giudicato d’Arborea. All’atto della sua nomina, Guglielmo si trova nel suo viscontado, nel sud della Francia, e, poiché sono prevedibili tempi lunghi per il suo arrivo in Sardegna, viene designato alla reggenza Leonardo Cubello, podestà di Oristano, appartenente a un ramo cadetto della famiglia.Il 6 ottobre 1408 Martino il Giovane, re di Sicilia ed erede della corona d’Aragona, arriva in Sardegna e sbarca a Cagliari con un forte esercito al comando di Pietro Torelles, deciso a ristabilire la piena sovranità sull’isola, per vie pacifiche, se possibile, o altrimenti con la forza. Egli manda un’ambasciata a Leonardo Cubello, invitandolo a convocare i maggiorenti del Giudicato ad una riunione, da tenersi in Oristano il 26 ottobre, che, però, non si tiene. Poi, nel dicembre 1408, il Cubello comunica al re che il visconte di Narbona è sbarcato in Sardegna, e che, pertanto, non gli sembra corretto proseguire personalmente le trattative. Leonardo Cubello lascia, quindi, la reggenza a favore del visconte di Narbona, che l’8 dicembre 1408 giunge nell’isola e viene incoronato con il nome di Guglielmo II d’Arborea ad Oristano il 13 gennaio 1409, cui aggiunge i titoli di conte del Goceano e visconte de Bas. Sbarca nel porto di Frixiano, presso Castelsardo, al comando di un esercito composto da oltre 18mila uomini, e si trasferisce a Sanluri, unica fortezza tra Cagliari ed Oristano in grado di sbarrare il passo al nemico. Dopo svariati tentativi di trovare un accordo diplomatico, la guerra diviene inevitabile. Guglielmo II riprende il conflitto contro gli Aragona, ma è uno straniero, e non riesce, quindi, a sostituire nell’immaginario collettivo dei Sardi i suoi predecessori, che avevano incarnato lo scontro contro gli Aragona, tanto che quando ordina alla popolazione del villaggio il restauro delle mura della fortezza e lo svuotamento del fossato, la gente del posto, dopo essersi riunita in assemblea, decide di non fare alcun lavoro gratuitamente, dato che la corte d’Arborea può farlo a proprie spese. I primi scontri avvengono in mare, quando, il primo giugno 1409, nel golfo dell’Asinara, la flotta catalano aragonese distrugge sei galere genovesi mandate in aiuto agli Arborensi. alla testa degli Aragonesi, Pietro Torrelles assedia Villa di chiesa, oggi Iglesias, che si era ribellata, mentre Berengario Carroz parte alla conquista dell’Ogliastra. Il 26 giugno re Martino, dopo aver affidato ai suoi consiglieri l’amministrazione del Castello di Cagliari, in modo da conservare il controllo del porto ed in caso di sconfitta avere libera la via della fuga, a capo di un esercito composto da ottomila fanti e tremila cavalieri siciliani, aragonesi, valenzani e balearini, parte da Cagliari diretto a Sanluri. Concentra le truppe presso la foce del Flumini Mannu, poi, costeggiando il corso d’acqua, risale per Villasor, Serramanna e Samassi, fino a Sanluri, dove arriva la sera del 29. All’alba di domenica 30 giugno l’esercito aragonese lascia l’accampamento e si porta nei pressi di Sanluri. L’avanguardia è guidata da Pietro Torrelles e precede il grosso dell’esercito con a capo re Martino. Improvvisamente viene affrontato dall’esercito giudicale comandato da Guglielmo II, composto da 17mila fanti arborensi, duemila cavalieri francesi e mille balestrieri Genovesi. I due eserciti si scontrano nella battaglia di Sanluri, vicino a una collina a oriente da Sanluri, che oggi viene chiamata Su Bruncu de Sa Battalla, ossia il poggio della battaglia. Le forze aragonesi, meglio armate ed organizzate, riescono a dividere in due tronconi l’esercito sardo, il più numeroso dei quali, composto da oltre 7mila uomini, nel disperato tentativo di opporre un’ultima resistenza, viene accerchiato ed annientato in un luogo che ancora oggi è chiamato S’occidroxiu, ossia il macello. L’altro troncone si divide ancora in due parti, la più numerosa, con a capo Guglielmo II, raggiunge il Castello di Monreale riuscendo a mettersi in salvo; mentre gli altri si rifugiano nel borgo fortificato di Sanluri, che però viene espugnato e raso al suolo dalla fanteria catalana. All’interno di Sanluri vengono trucidati senza pietà più di mille uomini. Le principali feste e sagre che si svolgono a SanluriA Sanluri sono attivi il Gruppo Folkloristico Musicale Marmilla 76 di Sanluri, ed il Gruppo Polifonico Folkloristico Sanluri. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Sanluri vanno citate, l’11 maggio, la Festa di Sant’Ignazio da Laconi; il 31 maggio, la Festa patronale di Nostra Signora delle Grazie; a fine giugno, degli anni dispari, si svolge Sa Battalla: rievocazione storica della battaglia di Sanluri, con convegni, mostre e manifestazioni; il 10 agosto, si celebra la Festa di San Lorenzo, con l’evento del Palio; la prima domenica di settembre, la Festa in onore di Santa Maria, nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù della frazione Sanluri Stato; a fine settembre, si rievoca per un giorno l’atmosfera storica del borgo con la Festa del Borgo, nella quale si possono vedere artigiani all’opera con strumenti tradizionali e si possono gustare antiche i piatti tipici sanluresi; il 4 ottobre, la Festa di San Francesco, celebrata nel convento dei Cappuccini; l’11 novembre, la Festa di San Martino con la Sagra delle fave e dei prodotti della gastronomia locale. Visita del centro di SanluriL’abitato di Sanluri, interessato da una forte crescita edilizia, mostra l’andamento altimetrico tipico delle località pianeggianti. Arriviamo a Sanluri provenendo da San Gavino Monreale con la SS197 di San Gavino e del Flumini e, superato lo svincolo con la SS131 di Carlo Felice, trecento metri dopo l’indicazione del chilometro 23, troviamo il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, passato il quale la strada statale assumerà il nome di viale Giacomo Matteotti. Prima di entare nell’abitato si incontra il Cimitero Comunale di SanluriPercorsi circa duecento metri dall’indicazione del chilometro 23, prima di arrivare al cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, si vede alla destra della strada statale il muro di cinta con i diversi cancelli di ingresso del Cimitero Comunale di Sanluri, realizzato in sostituzione degli antichi cimiteri che si trovava intorno alle Chiese del paese. Il Cimitero di San Martino aveva accolto molte vittime della grande epidemia di peste che aveva colpito tutto il territorio isolano, poi, terminata l’ondata di peste, venuto meno il rischio di contagio, questo Cimitero era stato risistemato e delimitato da mura, e i corpi tornano ad essere seppelliti all’interno delle mura, nella chiesa di Sant’Anna. Nel 1781 l’arcivescovo di Cagliari ordina di rimettere in ordine e benedire il Cimitero attiguo alla chiesa di San Pietro. Un altro Cimitero presso la chiesa di San Rocco nel 1842 era ancora attivo. Arriviamo alla piazza porta Nuova con il Monumento ai CadutiPassato il cartello segnaletico che indica l’ingresso nel paese, la via Giacomo Matteotti arriva a una rotonda, passata la quale entra all’interno dell’abitato. Percorsi seicentocinquanta metri, arriviamo alla bella Piazza porta Nuova dove si trovava una delle quattro porte storiche della cinta muraria del borgo fortificato medioevale. Si tratta di una piazza triangolare arrivando alla quale si vede un monumento in pietra con una croce. Da questa piazza partono, a destra, la via San Martino e il viale Trieste, mentre alla sinistra della piazza la prosecuzione della via Giacomo Matteotti prende il nome di via Giuseppe Garibaldi. In questa piazza, sull’altro lato rispetto a dove siamo arrivati, si trova il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale un monumento a cippo realizzato nel 1924. È costituito da un alto cippo in pietra, su una un base quadrata di circa un metro e mezzo per lato, sormontato da una statua in marmo con la figura di un soldato di fanteria. alla base del monumento, che ha un’altezza di circa cinque metri, sul frontale si trova una lapide con la frase di commemorazione, mentre sui lati e sul retro del monumeto sono presenti tre lapidi con i nomi dei caduti di Sanluri durante la grande guerra. La chiesa di San MartinoDalla piazza porta Nuova, prendiamo verso destra la via San Martino, che si dirige verso sud ovest in direzione di Samassi, e che ogni sabato ospita il mercato. Percorsi circa duecento metri, passato l’incrocio con la via Andrea Doria, si vede sulla destra, tra questa strada e la prosecuzione della via San Martino, la chiesa di San Martino. Non si hanno notizie certe sulla sua fondazione, ma dalle sue fattezze estetiche si può far risalire la sua edificazione all’epoca medievale, dodicesimo o tredicesimo secolo, in quanto ancora oggi presenta il portale della facciata lunettato e l’abside semicircolare, due chiari esempi dello stile romanico dell’epoca. In seguito ha subito una radicale ristrutturazione, quando all’inizio del dicassettesimo secolo è stato costruito il loggiato, periodo del quale si conserva la campana che è del 1609. Attorno a questa chiesa che si trovava alla periferia dell’antico abitato, come era usanza, si trovava un piccolo Cimitero, che aveva accolto molte vittime di una grande epidemia di peste che aveva colpito tutto il territorio isolano. Terminata l’ondata di peste, venuto meno il rischio di contagio, questo Cimitero è stato risistemato e delimitato da mura, ed i corpi tornano ad essere seppelliti all’interno delle mura, nella chiesa di Sant’Anna. Il Cimitero di San Martino oggi non è più attivo, ma la chiesa, seppur abbandonata temporaneamente, è stata recentemente restaurata dalla comunità del quartiere. La chiesa di San Martino si presenta, oggi, con un semplice impianto architettonico ad una sola navata, ha un abside semicircolare, una copertura a capriate, ed è dotata di un campanile a vela sormontato da una croce. Un dipinto probabilmente della fine del cinquecento proveniente da questa chiesa, oggi custodito nella parrocchiale di Nostra Signora delle Grazie, documenta con estremo realismo la situazione drammatica vissuta dal paese nel periodo della peste. Vi sono raffigurati la Vergine col Bambino, i Santi Martino, Rocco e Rosalia che venivano invocati in occasione delle epidemie, il committente in preghiera, le Anime Purganti e, in basso, un piccolo scorcio di Sanluri nel quale è possibile individuare la chiesa di San Martino a sinistra, senza porticato, circondata da un basso muretto, verso la quale si dirige il carro trainato da buoi, che trascina, legate per i piedi, due vittime della peste. Altri due cadaveri si trovano attorno alla chiesa. Il dipinto è stato con molta probabilità donato alla chiesa di San Martino dal devoto sanlurese forse scampato all’epidemia che è raffigurato inginocchiato in preghiera ai piedi della Vergine e dei tre Santi intercessori. L’opera di scarso valore artistico ha però un grande valore storico in quanto si può ritenere la più antica immagine del villaggio di Sanluri. La chiesa di San Martino viene aperta al pubblico l’11 novembre, in occasione della Festa di San Martino, per la quale, dopo un triduo di preparazione, il giorno della celebrazione si svolge la processione con il simulacro del Santo dalla sua chiesa alla parrocchiale, nella quale si celebra le messa solenne, seguita da una processione che riporta il Santo nella sua chiesa. Si procede poi all’accensione del grande falò, Su fogadoi. In concomitanza con la festa, si svolge la tradizionale Sagra delle fave e dei prodotti della gastronomia locale, per la quale ai molti visitatori vengono offerte gustose fave, di cui, secondo la tradizione, i sanluresi sarebbero grandi mangiatori, bollite con le cotiche di maiale, ed i Malloreddus cucinati alla campidanese. Il tutto in un’atmosfera di musica, di Festa e di allegria. La Stazione ferroviaria di Sanluri ComplementariDalla piazza porta Nuova, prendiamo verso destra il viale Trieste, che si dirige verso sud est e, in trecentocinquanta metri, sbocca sulla via Bologna, proprio di fronte all’edificio che ospitava la Stazione ferroviaria di Sanluri o Sanluri Complementari. Nel passato a Sanluri erano presenti, oltre alla stazione delle Ferrovie dello Stato situata a sud dell’abitato e denominata Sanluri Stato, che descriveremo più avanti, altre due stazioni entrambe servite dalla linea delle Ferrovie Complementari della Sardegna attiva dal 1914 al 1956 che collegava Isili con Villacidro. Una era la stazione delle Ferrovie Complementari della Sardegna di Sanluri Stato, situata di fronte a quella del gruppo delle Ferrovie dello Stato, ed è stata in seguito demolita. L’altra, situata nel centro dell’abitato, era quella che vediamo adesso e che portava il nome di Stazione ferroviaria di Sanluri o Sanluri Complementari, situata tra la stazione di Furtei e quella di Sanluri Stato, che era la più importante della linea, essendo l’unica qualificata come stazione di prima classe, come dimostra il fabbricato viaggiatori di dimensioni più ampie rispetto a quelli delle altre stazioni. E, presso questa stazione aveva sede la direzione dell’esercizio delle Ferrovie Complementari della Sardegna, prima che queste incorporassero le Strade Ferrate Secondarie della Sardegna nel gennaio 1921. Dopo la chiusura della ferrovia, è stata riconvertita quale sede degli uffici dell’ARST per il trasporto passeggeri su autobus del servizio sostitutivo, con il relativo piazzale interno utilizzato come area di transito e parcheggio delle corriere. Il fabbricato viaggiatori si presenta in ottime condizioni in quanto è stato recentemente sottoposto a lavori di restauro. La chiesa di San Pietro ApostoloDalla piazza porta Nuova, prendiamo verso sinistra la via Giuseppe Garibaldi che è la prosecuzione della via Giacomo Matteotti e si dirige verso nord est. Percorsi circa duecento metri, prendiamo tutto a destra la via Carlo Felice, e vediamo subito, alla sinistra della strada, l’ampia piazza San Pietro, sulla quale si affaccia la chiesa di San Pietro Apostolo. Secondo alcuni sarebbe stata edificata al di fuori della cinta muraria che cingeva il borgo fortificato di Sanluri da Mariano IV di Arborea, che la avrebbe fatta costruire in segno di riconoscenza verso i sanluresi, per la devozione a lui dimostrata quando, dopo un assedio durato tre mesi, aveva conquistato nel gennaio 1366 la fortezza ed il borgo. La semplice facciata è sovrastata da un campaniletto a vela la cui campana è stata collocata nel 1577 dal canonico prebendato di Sanluri don Giovanni Ferrer, che vi officiò dal 1561 al 1591, come testimonia l’iscrizione e sulla quale sono schematizzati pure lo stemma dei Ferrer, tre ferri di cavallo, e la figura di S.Pietro con le chiavi della chiesa. Sulla facciata si aprono i due portali di accesso alle navate, e sopra il portale destro era inserita un’epigrafe attestante la consacrazione della chiesa nel 1377. L’iscrizione, custodita attualmente all’interno dell’edificio, in lingua sarda, fa il nome di Giremeo de Serra podestà del tempo, e testimonia l’esistenza di Sanluri come autonomo comune rurale, in quanto la chiesa venne costruita per volontà del popolo riunito in assemblea. All’interno attualmente si presenta articolata in due navate coperte a capriate, terminanti in cappelle voltate a crociera costruite nel diciassettesimo secolo in seguito alla demolizione delle antiche absidi, dedicate la Cappella maggiore a San Pietro, e la Cappella a destra alla Vergine della Pietà, mentre sul lato sinistro della navata maggiore si apre la Cappella voltata a botte dedicata al Cristo Crocefisso. Dopo un lungo periodo di abbandono e alterne vicende di restauri, la chiesa è stata recentemente riaperta al culto e abbellita internamente da alcuni degli arredi originari, ossia nella Cappella della navata destra un altare in legno dorato databile all’inizio del settecento, alcune tele settecentesche ed un simulacro ligneo del Santo titolare. Nel 1929 la sovraintendenza di Cagliari ha prelevato dall’allora fatiscente chiesa di San Pietro il grande e prezioso retablo di Sant’Eligio, per sottoporlo a restauro, e l’opera, che oggi fa bella mostra nei saloni della Pinacoteca della Cittadella dei Musei di Cagliari, non ha mai più fatto ritorno a Sanluri. Si tratta di un retablo di un autore ignoto convenzionalmente chiamato il Maestro di Sanluri, ed è stato dipinto tra il 1505 ed il 1515. Si tratta di un doppio trittico in tempera su tavola con fondo in oro, che misura circa quattro metri e mezzo per cinque metri e mezzo. Ciò che balza all’occhio immediatamente è lo stato di degrado, ed il restauro dell’opera non ha potuto porre rimedio alla caduta di colore che interessa la parte superiore del retablo. Ha dovuto, quindi, limitarsi ad un intervento di tipo conservativo, e pertanto oggi non sono più leggibili i pannelli superiori centrale e laterale sinistro. Negli scomparti centrali di questo retablo si vede Sant’Eligio in cattedra, e sopra di esso era presente la Madonna, negli scomparti laterali a sinistra San Lorenzo e sotto di esso il Santo Vescovo, a destra San Leonardo e sotto di esso Sant’Antonio da Padova. Nella predella Cristo in pietà fra storie di Sant’Eligio. Nel polvarolo a sinistra San Giuliano, sopra di esso San Nicola di Bari e ancora sopra Davide, in alto al centro il Calice eucaristico fra una coppia di centauri, poi a destra Isaia, sotto di esso Malachia, Sant’Antonio Abate, San Sabastiano. Il Municipio di SanluriDalla piazza porta Nuova, abbiamo preso verso sinistra la via Giuseppe Garibaldi che è la prosecuzione della via Giacomo Matteotti e si dirige verso nord est. Percorsi circa duecento metri, vediamo a destra la via Carlo Felice che porta alla chiesa di San Pietro Apostolo, la evitiamo e proseguiamo dritti fino a vedere, dopo appena poche decine di metri, alla sinistra della strada, al civico numero 201 della via Carlo Felice, l’edificio che ospita il Municipio di Sanluri, con la sua sede e gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese, ossia il Servizio Affari Generali, i Servizi Demografici, il Servizio Economico Finanziario, il Servizio Socio Culturale, il Servizio Tecnico, il Servizio Vigilanza e Attività Produttive, ed il Servizio Tributi e altre entrate. La chiesa parrocchiale di Nostra Signora delle GrazieGuardando la facciata del Municipio, alla sua destra parte la via Alberto Riva Villasanta, la seguiamo per una sessantina di metri, poi prendiamo a destra la via del Castello, alla cui destra si affaccia la chiesa di Nostra Signora delle Grazie Cresia De Nostra Sennora de Is Gratzias, che è la parrocchiale di Sanluri. Questa chiesa è stata edificata tra il 1781 e il 1786 sui resti di una chiesa risalente al sedicesimo secolo, di cui è rimasto soltanto la parte inferiore del campanile, incorporata nella ristrutturazione avvenuta a fine settecento, ristrutturazione di cui fu incaricato, nel 1776, l’architetto Carlo Maino, al quale fu appunto affidato il compito di ampliare la chiesa, ormai troppo piccola e vecchia per una popolazione in continuo aumento, e per farvici sede di diocesi, quindi cattedrale. Di tipo tardo barocco, la chiesa è ultimata tra il 1792 ed il 1794, su disegni e calcoli del regio misuratore Gerolamo Massei, che apporta ulteriori trasformazioni ed ampliamenti. Nella parte inferiore dell’imponente facciata, fra quattro coppie di paraste con capitelli ionici e motivi decorativi tipicamente piemontesi, trovano posto il grande portale centrale, con timpano ad ali spezzate sorretto da colonne, e altre due porte laterali, incorniciate da delicate modanature e sovrastate da nicchie vuote. Una cornice aggettante divide il primo dal secondo ordine nel quale, in corrispondenza col portale centrale, si inserisce una semplice finestra sormontata da fastigio sormontato da una mensola sporgente. In cima alla facciata spiccano tre edicole, di cui quella centrale, più alta e delimitata ai lati da volute, si conclude con un timpano. La torre campanaria, a pianta quadrata, si eleva sul lato destro, leggermente arretrata rispetto al prospetto. Nella parte originaria di tipo gotico catalano, le aperture ogivali sono sormontate da archetti pensili mentre la sovrastante cella campanaria, tardo barocca, è conclusa da un cupolino ottagonale. La struttura della chiesa è a pianta longitudinale divisa in tre navate e transetto, alle cui testate si aprono due ampie cappelle dedicate a Sant’Antonio da Padova e San Sebastiano. All’incrocio dei bracci,su un alto tamburo poligonale, è impostata la cupola. Lo scultore Francesco Cucchiari, in collaborazione con il socio Michele Fiaschi, ha realizzato i due altari per i bracci del transetto, probabilmente conclusi nel 1830 quando Raffaele Aruj ha realizzato le due pale da collocarvisi, e l’altare maggiore a tempietto con baldacchino, per il quale ha scolpito le tre statue della Madonna col Bambino e i Santi Cosma e Damiano, sicuramente concluso nel 1834. All’interno, ricco di marmi di grande valore artistico, si trovano parecchi quadri di diversi pittori sardi. Nella Cappella del Cristo si conserva un crocifisso ligneo del sedicesimo secolo di Scuola catalana, paragonato al crocifisso detto del Nicodemo, conservato nel convento di San Francesco di Oristano. Ma l’opera più significativa è il retablo di Sant’Anna, uno splendido retablo a doppio trittico con predella dipinto a tempera su tavola, suddiviso in sette scomparti e polvaroli da pilastrini modanati, con cornici intagliate e dorate. Si tratta di un’opera capolavoro dall’arte sarda attribuita a tre pittori di difficile collocazione, appartenenti forse alla bottega di Antioco Mainas e datato 1576. Il pannello centrale mancante, in origine ospitava la figura della Vergine in trono col bambino, negli altri scomparti sono raffigurati in alto la Crocifissione, ed inoltre sono presenti alcune figure di Santi, la nascita di Maria e l’incontro alla porta Aurea. Nella predella, l’Assunzione della Vergine, l’Adorazione dei Magi, la resurrezione, l’Adorazione dei Pastori, il Profeta Elia e l’Annunciazione. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua in legno della Madonna con vestito dorato e un mantello azzurro conservata la suo interno, nella quale la Vergine è raffigurata con i tipici segni della gravidanza. Ogni anno a Sanluri si svolge la Festa patronale di Nostra Signora delle Grazie. Sebbene la chiesa cattolica non disponga di una Festa specifica per la Madonna delle Grazie, questa viene sempre festeggiata in affiancamento ad altre ricorrenze mariane, ed a Sanluri la si festeggia il 31 maggio, Festa della Visitazione di Maria a Elisabetta, ed in questa occasione ci si riunisce attorno alla Santa Patrona per ringraziarla dei doni ricevuti e per innalzarle invocazioni e preghiere per sé e per i propri cari. La chiesa di San SebastianoPassata la chiesa parrocchiale, prendiamo a sinistra e proseguiamo lungo la via del Castello che, dopo meno di duecento metri, arriva a un bivio, dove a destra la strada porta appunto al Castello, mentre prendiamo a sinistra la via Nino Villasanta, e, subito a sinistra, si vede la facciata della chiesa di San Sebastiano recentemente restaurata con il contributo del Rotary Club di Sanluri e del Medio Campidano. Non è possibile stabilire con certezza quando è stata edificata, perché della struttura originaria rimane ben poco e non esistono, per ora, documenti d’archivio relativi alla sua costruzione. Tuttavia, in occasione di recenti restauri, l’asportazione degli intonaci esterni ha reso visibile, in facciata, una iscrizione che attesta l’erezione o la consacrazione della chiesa nell’anno 1518, ma non è da escludere possa riferirsi ad un intervento di restauro. La chiesa di San Sebastiano viene visitata dall’arcivescovo di Cagliari nel 1599. Ulteriori notizie di archivio sulla chiesa di San Sebastiano, documentano soprattutto le vicende relative agli interventi di ristrutturazione, particolarmente numerosi nel diciottesimo secolo, come la costruzione della sacrestia, dopo il 1782. Oggi la chiesa si presenta strutturata in una navata a cui si addossa, sulla destra, la sacrestia. Nella semplice facciata a capanna si apre al centro un portale centinato, a destra del quale è visibile l’iscrizione di cui abbiamo parlato. Sul campaniletto ricostruito in occasione degli ultimi restauri, c'è la campana proveniente dalla chiesa di San Rocco. Agli inizi del diciassettesimo secolo, questa chesa è stata presa a modello, per le sue dimensioni, nella costruzione della chiesa campestre di Sant’Antioco vecchio. Il devoto sanlurese che, nel suo testamento, ordinava si costruisse a sue spese, in località Bruncu de Melas, la chiesa in onore di Sant’Antioco, voleva infatti che fosse De largaria y ampliaria tant com iglesia del glorioso S. Sebastian de la present villa. La chiesa di Sant’AnnaDi fronte alla chiesa di San Sebastiano parte la via San Sebastiano, che dopo un’ottantina di metri prosegue sulla via Sant’Anna e, dopo una cinquantina di metri, vediamo sulla destra il cancello di ingresso che porta alla chiesa di Sant’Anna, sede della Confraternita del Carmine. Dell’origine di questa chiesa, sita all’interno del centro storico del paese, si sa ben poco. In seguito a ricerche d’archivio è stato possibile constatare che già esisteva nel sedicesimo secolo, sato che viene citata in una relazione compilata nel 1599 in occasione della visita pastorale dell’arcivescovo di Cagliari. Dalla lettura di questi documenti risulta inoltre che, vicino alla chiesa, si trovava l’area cimiteriale, dato che i defunti sanluresi venivano seppelliti, oltre che all’interno della parrocchiale e nel Cimitero ad essa attiguo, anche presso il Cimitero di Sant’Anna. I lavori più rilevanti riguardanti i restauri della chiesa vengono realizzati nel corso del diciottesimo secolo, e interessano tutto l’edificio, che viene ampliato e in gran parte ricostruito. Non mancano tuttavia interventi di questo tipo anche in epoche più recenti, come la costruzione di una nuova cappella, nel 1923, di un cancello in ferro, nel 1925, e di una nuova sacrestia nel 1928. La chiesa di San LorenzoDi fronte alla chiesa di San Sebastiano è partita la via San Sebastiano, e dopo un’ottantina di metri, dove la strada prosegue con la via Sant’Anna, invece svoltiamo a sinistra nella prosecuzione della via San Sebastiano che, dopo una settantina di metri, svolta leggermente a sinistra e diventa la via San Lorenzo che, in un centinaio di metri, ci porta a vedere sulla sinistra la chiesa di San Lorenzo. Nel medioevo, la chiesa di San Lorenzo è stata la parrocchia del piccolo borgo. Edificata presumibilmente agli inizi del quttordicesimo secolo in stile tardo romanico, aveva inizialmente una sola navata; ed è stata in seguito ampliata con l’aggiunta della navatella destra e sottoposta a notevoli rifacimenti. Gli interventi più rilevanti sono stati effettuati nel diciassettesimo secolo, quando sono stati ricostruiti il tetto e le cappelle di San Lorenzo e della Vergine d’Itria e innalzato il loggiato in facciata, ma non sono mancati altri restauri successivi. Oggi la chiesa si presenta in buono stato di conservazione, grazie ai restauri cui è stata recentemente sottoposta. Delle strutture originarie rimangono solo il portale lunettato ed il rosone in facciata, oltre ad una monofora nella parete laterale. Nella semplice facciata, animata da un piccolo rosone e da un campaniletto a vela a due luci sul quale sono ancora visibili le due campane originarie datate rispettivamente 1320 e 1434, si aprono i due portali d’ingresso e si addossa il caratteristico porticato, costruito successivamente alla chiesa. All’interno le due navate sono separate da arconi a sesto acuto e coperte a capriate, terminanti in cappelle voltate a crociera, e conserva un eccellente soffitto ligneo con teste di leoni e draghi. Sullo sfondo delle navate vi sono due altari con ancone in legno dorato di grandissimo valore artistico, mentre sull’altare ligneo di destra, troviamo la statua della Madonna d’Itria, verso la quale in Sanluri vi fu un culto antichissimo. Caratteristici sono i numerosi ex voto esposti nel suo interno, che i Sanluresi nel corso degli anni dedicarono al Santo che è stato il patrono quando la chiesa era la parrocchiale del borgo. Ogni anno la settimana del 10 agosto si celebra la Festa di San Lorenzo, la manifestazione più antica e attesa di Sanluri, con bancarelle disseminate per il centro storico, e con spettacoli di tutti i tipi. Il paese è fortemente legato al Santo spagnolo Lorenzo, tanto da dedicargli un ricco calendario di manifestazioni religiose e civili che per qualche giorno invadono letteralmente il centro storico. A cominciare della processione della statua del Santo per le vie del paese, trainata da una coppia di buoi dalle lunghe corna ornate di fiori e nastri, e scortata da diversi gruppi folcloristici dalla parrocchiale di Nostra Signora delle Grazie, nei pressi del Castello di Arborea, alla chiesa di San Lorenzo. Il programma comprende oltre alle cerimonie religise anche visite guidate ai musei di Sanluri, giochi per bambini, una sfilata in costumi medievali, concerti e cabaret, una rassegna di danze e canti popolari e una lotteria che mette in Palio prodotti tipici, buoni acquisto ed altro. La fortificazione con Sa Porta de su CastedduPassata la chiesa parrocchiale, avevamo proseguito lungo la via del Castello che, dopo meno di duecento metri, arriva a un bivio, dove a sinistra la via Nino Villasanta ci aveva portati a visitare le Chiese, mentre prendiamo a destra la via Nino Villasanta, che porta appunto al Castello. Percorsa una trentina di metri, si passa sotto un arco che costituiva Sa Porta de su Casteddu, la porta del Castello. Circa l’origine di questa porta, si ricorda che l’11 luglio 1355 viene firmato a Sanluri, fra Pietro IV il Cerimonioso re dell’Aragona, e Mariano IV giudice di Arborea, un trattato di pace, a seguito del quale il sovrano aragonese vuole la costruzione di una fortificazione, completata in soli 27 giorni, intorno al Castello, nella quale trasferire fanti e cavalieri dalle residenze di Cagliari e Iglesias. I lavori iniziano nel 1364, e non sono ancora terminati quando, nell’ottobre 1365, Mariano IV la assedia conquistandola nel gennaio 1366. La fortificazione aveva la forma di un poligono di dieci lati, una superficie interna di sedici ettari, e comprendeva una muraglia del perimetro di oltre millecinquecento metri, alta quattro metri e mezzo, e una larga fra un metro e venti e un metro e sessanta. Era, inoltre, sormontata da quindici torri, delle quali le quattro principali, alte dodici metri, erano erette sulle porte, disposte come i venti principali, ossia la porta per Monreale verso il maestrale, la porta per Sardara verso il grecale, la porta detta Portaleddu verso lo scirocco, e la porta Nuova verso il libeccio. La fortezza incorporava nel proprio territorio il Castello, che distava dalle mura circa venti metri. Oggi della fortificazione esiste poco, e sopravvive la porta d’ingresso provenendo da Sardara, la più vicina al Castello, che aveva un altezza di dodici metri, e veniva chiusa da un portone a due ante ed una saracinesca alta quasi cinque metri. Come le altre porte, era stata costruita arretrata rispetto alla strada di circonvallazione per consentire una migliore difesa laterale. Il Castello di SanluriPassata la porta del Castello, alla destra della strada, al civico numero 1 della via Nino Villasanta, si trova il cancello di ingresso del cortile che ospita il Castello di Sanluri. È l’unico ancora abitabile di 88 castelli medievali sardi, diventato affascinante Museo, e conserva forme risalenti alla meta del quattordicesimo secolo. Si è propensi a ritenere che il primo impianto dell’edificio sia sorto alla fine del dodicesimo secolo, in età giudicale, edificato Fra i Giudicati di Cagliari ed Arborea, ai margini del Campidano e sotto le colline della Marmilla, luogo di passaggio della maggior via di comunicazione dell’isola. L’ipotesi che va per la maggiore è che sia stato edificato dai giudici di Cagliari, in quanto il territorio di Sanluri apparteneva alla curatoria di Nuraminis e quindi faceva parte di quel Giudicato, per difendere il borgo dagli assalti del Giudicato d’Arborea, quindi sebbene venga comunemente detto di Eleonora d’Arborea, non è storicamente certo che la giudicessa vi abbia soggiornato. Questa ipotesi è contestata, in base a uno studio sulla struttura del Castello, dall’attuale proprietario il conte Alberto Villasanta come risulta dall’intervista sopra riportata, che sostiene sia stato edificato durante il regno nel Giudicato di Arborea di Pietro I di Lacon-Serra, fra il 1188 ed il 1195 per difendere il Giudicato dagli assalti di quello di Cagliari. Passato agli Aragonesi, secondo un documento del 1355, Pietro IV d’Aragona costruisce la fortificazione che abbiamo già descritta. Successivamente Sanluri diviene centro di scontri tra la Corona aragonese ed il Giudicato di Arborea, e scenario nel 1409 dello scontro cruento e decisivo nella battaglia di Sanluri fra truppe arborensi e spagnole, che conquistano definitivamente la residenza fortificata. Il Castello viene ampliato dagli Aragonesi nel 1436, con l’aggiunta di quattro torri angolari merlate riunite da un camminamento di ronda. In seguito la sua funzione militare termina, e il Castello diviene una dimora di proprietà di varie famiglie nobili spagnole, prima dei De Sena, poi degli Henriquez, degli Aymerich, fino, nel 1920, quando passa ai conti Villasanta, che sono gli attuali proprietari. Rimane impressa la possente struttura a pianta quadrangolare, con lati di ventisei metri, e le quattro torri angolari merlate e raccordate da mura alte dodici metri e spesse due. Dall’ingresso si accede alla corte d’onore, dove si trova una coreografica scalinata che porta al primo piano. Nel ventesimo secolo, il generale Nino Villasanta ha ristrutturato la fortezza e la ha adibita ad abitazione-Museo, opera poi proseguita dai suoi due figli. Il Museo risorgimentale Duca d’AostaOggi il Castello ospita al suo interno il Museo risorgimentale Duca d’Aosta istituito nel 1927 dal generale conte Nino Villasanta con il patrocinio del Duca d’Aosta in memoria dei Sardi caduti in tutte le guerre, che è ripartito in quattro ambienti museali. Due conservano cimeli e documenti di guerre mondiali, campagne d’Africa e fascismo. Nel terzo è esposta la Collezione delle Cere, costituita da più di Trecento pezzi con ritratti, sculture di ogni genere, realizzati in una cera particolare da artisti tra il cinquecento e l’ottocento, alcuni sono bozzetti di monumenti, altri cammei. Si tratta della maggiore raccolta d’Europa. Il quarto si identifica nel quartiere feudale con arredi, dipinti e sculture che spaziano dal rinascimento al risorgimento. Al piano terra, nel salone delle milizie ospita il Museo risorgimentale, nel quale si vedono armi, equipaggiamenti e bandiere, donati nel 1927 dal Duca d’Aosta Emmanuele Filiberto di Savoia all’amico fidato Nino Villasanta, e qui trasferiti dalla reggia di Capodimonte. Alcuni cimeli sono d’importanza nazionale, tra i quali l’epistolario di Gabriele d’Annunzio, il tricolore della Vittoria che dalla Torre di San Giusto consacrò Trieste all’Italia il 3 novembre 1918, e il bollettino della Vittoria, originale sottoscritto dal maresciallo d’Italia Armando Diaz. Mediamente il Museo è visitato da 20mila persone ogni anno. La piazza che ricorda i moti del 7 agosto 1881Passato l’ingresso del Castello, la via Nino Villasanta sbocca sulla traversale via Carlo Felice e, proprio di fronte, si apre una piazza che ricorda Su Trumbullu, il tumulto, così sono chiamati I moti del 7 agosto 1881 giorno in cui la popolazione di Sanluri, stanca dell’opprimente carico fiscale, si dirige nella piazza de su Pottabeddu per chiedere la sospensione del pagamento della sovrimposta, e ne seguono tafferugli con i gendarmi che, nella concitazione, uccidono una donna. Gli animi si fanno più infuocati e l’ex sindaco Murru, condotto nella piazza del monte Frumentario probabilmente per far si che sollecitasse i funzionari del Monte Granatico ad erogare i sussidi anche ai più bisognosi, che per i suoi modi altezzosi e inurbani viene ucciso a bastonate. Arriva in serata la gendarmeria, e gli scontri si concludono con numerosi morti e feriti e con l’arresto di ottantadue persone, delle quali sedici verranno condannate ai lavori forzati a vita. Così finiva quella giornata di sangue, che traeva in carcere il fiore della gioventù Sanlurese, solamente perchché quella povera gente aveva avuto il coraggio di gridare: ABBIAMO FAME. Nella piazza si affaccia l’ex MontegranaticoSulla piazza, proprio di fronte alla via Nino Villasanta, si affaccia l’edificio che dal 1800 ha ospitato il Montegranatico che era stato istituito già nel 1761. Il monte passa indenne attraverso la crisi che nel diciannovesimo secolo porta alla decadenza dei Monti frumentari, tanto che nel 1901 viene costruita una nuova ala a due piani da addossare a quella preesistente. Nell’attuale configurazione, si presenta dunque come aggregato di due distinti corpi di fabbrica, dei quali il più antico è impostato su pianta rettangolare. Con due piani in elevato, il piano terra scandito da una teoria di archi sorretti da pilastri cruciformi, mentre il piano superiore consta di un ampio salone. A questo ramo originario si affianca, con prospetto sulla piazza, l’ampliamento anch’esso di due piani, con pianta rettangolare posta trasversalmente rispetto al nucleo antico. Mostra copertura a doppio spiovente, prospetto principale sulla piazza con il portone d’ingresso come fulcro centrale e grandi finestroni al piano terra, lesene d’angolo e corpo centrale leggermente aggettante, Sulla sommità si trova l’orologio pubblico. Palazzo storico espressione dell’edilizla civile di Sanluri, l’edificio, ristrutturato dal Comune, è adibito a sede di enti pubblici e utilizzato, anche da privati, come sede di manifestazioni, feste, cerimonie, convegni. Nel 2006 è stato dichiarato Bene di interesse culturale, ed è momentaneamente chiuso al pubblico in attesa di avviare la realizzazione del Museo e Centro di documentazione della Sardegna giudicale, in collaborazione con la regione Autonoma della Sardegna e con il Comune di Oristano. In via Sant’Antioco si trova il ristorante Coxinendi al quale la Guida Michelin ha attribuito il Bib GourmandGuardando la facciata dell’ex Montegranatico, un poco più a sinistra della via San Rocco che lo costeggia, parte la via Sant’Antioco, che si dirige verso nord ovest. Affacciato sulla piazza, al civico numero 1 della via Sant’Antioco, si affaccia il ristorante Coxinendi, uno dei sei ristoranti sardi ai quali la Guida Michelin ha attribuito il riconoscimento Bib Gourmand. Nel centro dl paese si trova il ristorante Coxinendi, che viene consigliato dalla Guida Michelin 2023 ed indicato come Bib Gourmand per il suo ottimo rapporto tra la qualità ed il prezzo. Il nome del ristorante, Coxinendi che in lingua sarda vuol dire cucinando, indica il locale di un talentuoso chef con importanti esperienze alle spalle, Davide Atzeni che qui riesce a far rivivere la più autentica espressione di cucina sarda, ancestrale e primitiva. L’impegno di Davide Atzeni per i prossimi anni è ridurre l’impatto sul pianeta. Via la plastica dalla cucina per preparare alimenti sottovuoto, via le cotture lunghissime a bassa temperatura che consumano energia e aumentano i costi, via libera a nuovi prodotti ma solo del territorio. A Coxinendi l’attenzione all’ambiente è sempre stata al centro dell’attività, ma ora lo chef è ancora più deciso, e tutto ciò che entra in cucina deve avere un’impronta ecologica più bassa possibile. Davide ha imparato al Fradis Minoris di Nora a cucinare pesci poveri, e anche nel suo ristorante non entrano aragoste, salmoni e pesci a rischio di estinzione come la cernia, il pesce spada e il tonno rosso. Lo chef continua a cucinare i piatti della tradizione sarda, anche le lumache, davvero in chiave moderna, dando nuovo valore anche a erbe e aromi per tanti anni trascurati. |
La chiesa dedicata a San Francesco di Assisi con il convento dei Padri CappucciniGuardando la facciata dell’ex Montegranatico, alla sua sinistra parte la via San Rocco che costeggia il suo corpo di fabbrica più antico e si dirige in salita sul colle. Seguita per un’ottantina di metri, parte alla sinistra la via Padri Cappuccini, un bel viale piastrellato ombroso di pini che in circa centocinquanta metri porta a una piazzetta sulla quale si affaccia la chiesa dedicata a San Francesco di Assisi, edificata assieme al convento dei Padri Cappuccini tra il 1608 e il 1609 grazie all’interessamento ed al contributo finanziario del marchese di Laconi. Si trova su uno dei colli più alti del comune, permette così una vista panoramica di buona parte della città e dei suoi edifici, tra cui la parrocchia e il Castello. Oggi,su un’area di circa sei ettari di terreno, uno è occupato dagli immobili e gli altri cinque sono destinati un pò a vigna, un pò ad orto ed un pò a giardino, nel quale si trovano pini, lecci, rovere, eucaliptus, mimose, acacie bianche e vari tipi di palme. La chiesa dedicata a San Francesco di Assisi e il convento sono stati edificati seguendo il sobrio stile delle costruzioni cappuccine dell’epoca ma, nel corso dei secoli, sono stati sottoposti a restauri e ampliamenti che ne hanno modificato parzialmente l’aspetto originario. L’edificio di culto aveva in origine una facciata con terminale piatto e merlato, e portale centrale architravato sovrastato da oculo. Internamente la chiesa era costituita da una semplice aula rettangolare voltata a botte, con due o tre cappelle sul lato sinistro costruite in tempi diversi. Come nelle altre Chiese cappuccine, il presbiterio, coperto da volta a crociera, era separato dal retrostante coro ma comunicante tramite alcune aperture. La chiesa, parzialmente demolita e ricostruita tra il 1936 ed il 1940, e recentemente sottoposta ad ulteriori restauri, si presenta attualmente articolata in tre navate, coperta da volte a botte la navata centrale, e a crociera le navate laterali. Il presbiterio ed il coro, separati da semplice tramezzo ligneo, hanno volta a crociera il primo ed a botte il secondo. Nella navatella sinistra si susseguono tre cappelle, dedicate rispettivamente all’Immacolata, a Sant’Elisabetta, a San Giuseppe; nella navatella destra troviamo invece le cappelle di Sant’Antonio da Padova, di Sant’Ignazio da Laconi, del Sacro Cuore. Le cappelle di destra, frutto dell’ampliamento del 1939 che ha avuto come conseguenza la riduzione dell’antico chiostro adiacente. Dell’antico edificio si conserva soltanto la prima Cappella a sinistra di chi entra. Tra gli arredi della chiesa, la maggior parte dei quali recento come il simulacro in cartapesta d’Assisi che abbraccia il Cristo in croce, spiccano la settecentesca statua della Vergine Immacolata detta anche Madonna degli Angeli, in legno intagliato e dipinto, e, soprattutto, il bel tabernacolo in legno intagliato dell’altare maggiore, databile tra la fine del seicento e gli inizi del settecento, proveniente dalla chiesa cappuccina di Sant’Antonio a Cagliari, che presenta la caratteristica forma a tempietto e reca, su tavolette dipinte nelle nicchie laterali, le immagini dei Santi dell’Ordine, ossia Benedetto, Antonio da Padova, Francesco d’Assisi e Felice da Cantalice. A Cagliari invece è custodito il tabernacolo proveniente dalla chiesa cappuccina di Sanluri. Al coro della chiesa è collegato il convento dei Padri Cappuccini che è addossato al suo lato destro ed è caratterizzato dal chiostro quadrangolare, con arco a tutto sesto e pozzo centrale, spesso usato come Cimitero per i religiosi. Tre ali del chiostro sono delimitate dai muri perimetrali interni del convento, il quarto dalla chiesa. Il complesso conventuale è articolato su due livelli, il piano terra comprende tutti i locali destinati all’accoglienza ed ai servizi religiosi, al piano superiore del convento, invece, si trovano le celle per i frati. In seguito alle leggi emanate dal Governo Sabaudo nel 1866, i frati vengono espulsi dal convento, che viene offerto gratuitamente al comune. Messo all’asta, nel 1874 viene acquistato a rate dal sanlurese Stefano Demuro, il quale lo ricede in proprietà ai frati nella persona di padre Luigi Maria Agus da Ghilarza, che ne tornano quindi in possesso. Il convento di Sanluri è stato scelto come convento di noviziato, ossia luogo dove i nuovi frati iniziano il tirocinio della loro formazione alla vita religiosa, e fra gli altri vi ha fatto il suo noviziato anche nel 1914 fra Nicola da Gesturi. All’intero del convento è ospitato il Museo Storico Etnografico dei Padri Cappuccini che è composto da reperti provenienti da altri conventi Cappuccini della Sardegna e dalle collezioni raccolte dai Frati. Al primo piano si trovano documenti cartacei corali miniati, salteri di uso fratesco, decreti papali datati dal sedicesimo secolo in poi; reliquie, statue di Santi, tabernacoli e ostensori. un’altra sezione è dedicata alla pittura con dipinti a partire dal sedicesimo secolo e alla collezione di reperti archeologici, che spaziano dall‘epoca neolitica a quella paleocristiana e bizantina. Un altro settore contiene invece materiale etnografico ed è dedicato alla ricostruzione della vita quotidiana dei frati Cappuccini all‘interno del convento. L’antica chiesa di San RoccoProseguendo per un centinaio di metri lungo la via San Rocco, si vede alla sinistra della strada la chiesa di San Rocco La quale si affaccia sulla strada che conduce al convento dei Cappuccini, nel colle omonimo. Si riteneva fosse stata costruita nel cinquecento, in segno di ringraziamento per una scampata epidemia, ma in realtà è stata edificata nella seconda metà del seicento, in seguito alla grave pestilenza che ha colpito il paese tra il 1652 ed il 1653, della quale le vittime del contagio sono state a Sanluri 2500. Il Santo titolare, originario di Montpellier, è vissuto nel quattordicesimo secolo dedicandosi alla cura degli appestat, egli stesso si è ammalato di peste, guarendo però dal morbo. Per questo è stato invocato, soprattutto in passato, contro le pestilenze, è di solito viene raffigurato accompagnato da un cane, col bastone da pellegrino e la bisaccia, nell’atto di scoprire la gamba per mostrare un bubbone. Così appare anche nel prospetto principale della chiesa sanlurese a lui dedicata, scolpito in rilievo accanto al Cristo in croce e a San Sebastiano, protettore anch’egli contro le epidemie. Il rilievo è ben visibile, sopra il portale d’ingresso, al centro della lunetta. La facciata della chiesa, col suo campaniletto a vela, il portale archiacuto ed il rosoncino, ripropone, lo schema tipico delle Chiese sarde di stile gotico catalano. L’interno, con una sola monavata, è invece di gusto rinascimentale. Attualmente l’edificio, ormai sconsacrato, si presenta in discreto stato di conservazione, grazie ai recenti restauri, ma con l’interno privo dei suoi antichi arredi, e viene utilizzato in occasione di mostre e convegni. Il complesso sportivo San MartinoDal Municipio prendiamo verso sud ovest la via Giuseppe Garibaldi, che porta in piazza porta Nuova, una delle quattro porte storiche della cinta muraria del borgo fortificato medioevale, e poi da qui la via San Martino, che si dirige verso sud ovest in direzione di Samassi, e che ogni sabato ospita il mercato. Percorsi circa duecento metri, passato l’incrocio con la via Andrea Doria, si vede sulla destra la chiesa di San Martino che abbiamo già descritta. Percorsi ancora centottanta metri lungo la via San Martino, vediamo alla destra della strada il cartello che indica il Complesso Sportivo San Martino. All’interno di questo complesso, si trova un Campo da Calcio con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare 200 spettatori. Accanto al Campo da Calcio, sono i Campi da bocce, che non sono dotati di tribune. Il complesso sportivo Campu NouDal Municipio prendiamo verso nord est la via Carlo Felice che, dopo un centinaio di metri, arriva nella piazza dove si trovava la porta detta Portaleddu, un’altra delle quattro porte storiche della cinta muraria del borgo fortificato medioevale, dove prendiamo la via Domenico Alberto Azuni, che prosegue verso nord est e, dopo duecentocinquanta metri, continua ancora verso nord est come via Antonio Gramsci dirigendosi come SP48 verso lunamatrona. Percorsi ottocento metri, dopo aver costeggiato gli impianti sportivi, si trova alla sinistra il cancello di ingresso del Complesso Sportivo Campu Nou. All’interno di questo complesso, si trova un Campo da Calcio con fondo in erba naturale, con intorno una Pista da atletica anulare, nella quale praticare corse su pista e competizioni di atletica leggera. Il Campo da Calcio e la pista sono dotati di tribune in grado di ospitare un migliaio di spettatori. Nello stadio Campu Nou gioca le sue partite interne la squadra di calcio dell’Atletico Sanluri, nato nel 2011, che milita in Prima Categoria. Nel complesso sportivo sono presenti anche un Campo da Tennis, ed un Campo polivalente all’aperto nel quale praticare pallavolo e pallacanestro, che sono dotati di tribune per 200 spettatori. È presente anche un Campo da Calcetto, ossia da Calcio a cinque, con fondo in erba artificiale, dotato di tribune per 250 spettatori. Accanto agli impianti sportivi all’aperto, è presente anche una Palestra coperta, nata come Palestra dell’Istituto Tecnico Padre Francesco Colli Vignarelli, che non è dotata di tribune, nella quale particare calcio, calcetto, tennis, pallavolo e pallacanestro. In questa Palestra svolge le sue attività la squadra della società Pallavolo Sanluri, che attualmente milita nel campionato di Serie C. La Cantina Su'Entu con tre vini inseriti nella guida 5StarWines di Vinitaly ed un vino premiato dal Gambero RossoPassato l’ingresso del Complesso Sportivo Campu Nou, proseguiamo con la via Antonio Gramsci che esce dall’abitato verso nord come SP48 in direzione di lunamtrona. Percorso circa un chilometro, all’altezza del chilometro 1.8, vediamo alla sinistra della strada il cancello di ingresso della tenuta all’interno della quale si trova la Cantina Su’Entu. La Cantina Su'Entu, che in sardo significa il vento, è una Cantina giovane, ma con una grande storia, perchché la storia non è solo passato, ma è anche presente e futuro. La tradizione inaugurata quattro generazioni fa, oggi è tornata in vita grazie a due giovani donne che hanno trasformato un sogno in un’idea, e poi in una passione. Nei vini della famiglia Pilloni c’è tutta la tenacia della terra sarda e della sua gente. Immersa in ottanta ettari di terreno, di cui trentadue coltivati a vite, la Cantina Su’ Entu è un autentico viaggio nella tradizione sarda, che traccia un itinerario a partire dal processo di vinifcazione, ma lascia costantemente lo sguardo aperto sul territorio. I suoi ambienti sono stati pensati per vivere un percorso di conoscenza, condivisione e piacere. Il vino Marmilla Igt Bovale Su’Diterra 2020, il vino Vermentino di Sardegna Doc Su’Orma 2019, ed il vino Cannonau di Sardegna Doc Su’Anima 2020 sono stati inseriti nella 5StarWines del 2023 di Vinitaly; e con il vino Su'Nico Bovale 2020 La Cantina ha ottenuto il riconoscimento dei Tre Bicchieri dalla guida Vini d’Italia 2023 del Gambero Rosso. |
La frazione Sanluri StatoDalla piazza porta Nuova prendiamo verso sud est la via Giacomo Matteotti e, dopo quattrocento metri, svoltiamo a sinistra nella via Sanluri Stato, che esce dall’abitato come SP59 che è la strada provinciale per Sanluri Stato. Percorsi poco più di cinque chilometri, troviamo le indicazioni per proseguire dritti verso la stazione, o prendere a sinistra per Sanluri Stato. La frazione Sanluri Stato denominata in lingua sarda Stani, che significa in italiano Stagno, è una delle due frazioni di Sanluri di cui è la più popolosa avendo una popolazione di 411 abitanti, e comprende, oltre a numerosi poderi, anche il centro abitato di Strovina, che si trova a 6.3 chilometri da Sanluri. La sua economiaL’economia della frazione Sanluri Stato è prevalentemente agropastorale. Infatti in questa zona quasi tutte le case sono anche adibite a fattorie, e le famiglie ricavano i prodotti dalle proprie terre. Brevi cenni storiciLa frazione Sanluri Stato viene istituita con il nome di Villaggio Mussolini, quando, per disposizione di Mussolini, nella zona di Strovina dove si trovava un insieme di stagni e paludi, nei quali si poteva anche prendere la malaria, viene bonificata l’area dell’antico stagno Sabazus di Sanluri. Si è trattato di una bonifica idraulica, agraria con il miglioramento fondiario ad opera del governo fascista tramite l’Opera nazionale Combattenti. In un calendario realizzato dagli abitanti in occasione dell’alluvione del 2013 si legge: Nel 1928 si diede inizio all’insediamento colonico vero e proprio e si costruirono 5 grandi case coloniche: Podere Grappa, Podere montello, Podere Italia, Podere Piave, Podere Pasubio. Le prime famiglie coloniche che si insediarono nei poderi dell’Azienda tra il 1928 e 1938 provenivano dal Veneto. Queste venivano scelte secondo requisiti morali e politici e tenendo soprattutto conto del nucleo, infatti, considerate dal regime “materiale umano”, le famiglie erano in genere costituite da 10-20 persone. Venne loro proposto un contratto di mezzadria, per questo motivo la scelta ricadde sulle famiglie provenienti da zone agrarie più progredite tecnologicamente dove c’era già la mezzadria e dove la crisi economica era fortissima. Il contratto di mezzadria prevedeva la divisione a metà del raccolto, e nel 1938 il rapporto tra veneti e sardi era di 17 a 4. Sempre nel calendario si legge: gli arrivi di nuovi coloni continuarono anche negli anni ’40 e ’50, in particolare ci fu l’introduzione di numerose famiglie mezzadrili sarde in sostituzione dei coloni continentali, che decisero di rientrare nelle regioni di appartenenza. Oggi la zona dell’ex stagno di Sanluri corrisponde a un’area di 23 chilometri quadrati lavorati, e l’agro è abitato da persone in prevalenza sarde, ma anche venete e friulane, di nascita ed origine. A Sanluri Stato oggi non c'è alcuna Scuola attiva, dato che in passato era presente una Scuola elementare, ma la bassa quantità di alunni l’aveva resa ingestibile. Personaggi nati a Sanluri StatoA Sanluri Stato è nato il carabiniere Giuseppe Demontis, ucciso a Torino in uno scontro a fuoco nel 1980. Il 24 marzo del 1980, alle 7 del mattino, una banda composta dal palermitano Calogero Consales con il fratello Nunzio e altri quattro balordi, divisa in due auto, abborda la corriera Torino: barge, che trasporta valori postali. Un’auto la blocca tagliandole la strada sulla tangenziale sud di Torino, un’altra si ferma subito dietro. Ma i malviventi non sanno che a bordo di quel pullman, camuffati da passeggeri, ci sono tre militari dell’Arma, che avevano preparato una trappola, perchché avvertiti del colpo da un confidente. Quando i malviventi salgono a bordo del pullman con i volti mascherati e le pistole in pugno, i tre militari tentano di intervenire, ma nello scontro a fuoco che scaturisce, la ferocia e la rapidità della banda li sorprende. Una gragnola di colpi di pistola li raggiunge. Nunzio Consales uccide sul colpo i due brigadieri Paolo Centroni e Sergio Petruccelli ed il carabiniere Giuseppe Demontis, dell’allora legione Carabinieri di Torino. Una strage al massacro dei tre eroi, uno dei capitoli più neri della criminalità di Torino. |
I resti della Stazione ferroviaria dismessa di Sanluri ScaloPercorsi poco più di cinque chilometri da Sanluri sulla SP59 che è la strada provinciale per Sanluri Stato, troviamo le indicazioni per proseguire dritti verso la stazione. Percorsi circa quattrocento metri, svoltiamo a destra e, dopo quasi un centinaio di metri, vediamo a destra la Ex Stazione ferroviaria di Sanluri Stato già Stazione di Sanluri ed in seguito Stazione di Sanluri reali. Si tratta di una Stazione ferroviaria definita di categoria silver posta sulla Dorsale Sarda dopo la stazione di Samassi e Serrenti e prima di quella di San Gavino, al servizio del comune di Sanluri. Edificata nella seconda metà dell’ottocento, quando la Compagnia reale delle Ferrovie Sarde da il via ai lavori di realizzazione della rete ferroviaria pubblica a scartamento ordinario della Sardegna, che prevede il passaggio della linea nel territorio di Sanluri, sebbene non nel centro abitato ma a qualche chilometro a sud di esso. Così l’impianto viene costruito ed inaugurato nel 1871 congiuntamente al secondo tronco ferroviario, tra la stazione di Villasor e la vecchia stazione di San Gavino Monreale. Lo scalo viene identificato col solo nome del paese, fino a quando, all’inizio del novecento, viene realizzata a cura delle Ferrovie Complementari della Sardegna la ferrovia a scartamento ridotto che collega Isili con Villacidro, che attraversa l’abitato di Sanluri, con la realizzazione di una stazione nel nucleo urbano denominata Sanluri Complementari, e che verrà chiusa nel 1956. Lo scalo, diventato di Sanluri Stato, situato tra la stazione di Sanluri Complementari e quella di Villacidro, è dotato di un fabbricato viaggiatori a pianta rettangolare a due piani, di cui solo quello a livello stradale è impiegato per l’attività ferroviaria. Nella seconda metà degli anni duemiI lavori, collegati al raddoppio del binario tra Decimomannu e San Gavino Monreale, vengono eseguiti anche nella stazione di Sanluri Stato, ma, nonostante l’ammodernamento, la stazione ospita un limitato movimento, e quindi dal 2014 si arriva alla sua disattivazione per il traffico passeggeri, che vengono dirottati nella stazione di San Gavino. La chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di GesùPercorsi poco più di cinque chilometri da Sanluri sulla SP59 che è la strada provinciale per Sanluri Stato, troviamo le indicazioni che ci fanno prendere la deviazione a sinistra per Sanluri Stato. Seguiamo questa strada che passa sopraelevata superando la linea ferrata, e percorso circa un chilometro troviamo le deviazioni a sinistra, che portano all’interno del centro abitato di Strovina (altezza metri 60, distanza 6.96 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 221). Presa a sinistra la strada 5, in circa duecento metri vediamo, alla destra della strada, la piazza Giuseppe Demontis, sulla quale si affaccia la chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù, un moderno edificio situato all’interno dell’abitato del borgo Strovina. La parrocchia è stata fondata nel 1945 da don Pinna, negli anni cinquanta è stato costruito il salone parrocchiale, poi nel 1959 sono iniziati i lavori per la costruzione dell’attuale chiesa del Sacro Cuore di Gesù, finanziata dalla Cassa del Mezzogiorno. La chiesa parrocchiale è stata benedetta dall’arcivescovo il 31 maggio 1963, in occasione delle cresime, ed in seguito vi è stato il suo riconoscimento civile. La facciata della chiesa si articola su differenti livelli, i due lati infatti risultano di medesima altezza, inferiore rispetto alla parte centrale, aggettante rispetto ad essi che, caratterizzati da un piatto terminale, culminano con lanternini, uno per parte. Un lanternino di dimensioni maggiori si ritrova anche centralmente. Sull’intero prospetto sono presenti cinque ingressi, che portano all’interno della chiesa, anch’essi di dimensioni differenti, sopra i quali si trovano bei mosaichi. Ogni anno, nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù della frazione Sanluri Stato, l’8 settembre, in occasione della celebrazione della natività della Beata Vergine Maria, si svolge la Festa in onore di Santa Maria, preceduta da alcuni giorni di cerimonie religiose e manifestazioni civili. Gli impianti sportivi di Sanluri StatoEvitando la deviazione a sinistra nella strada 5, proseguiamo dritti sulla SP59 e, dopo duecento metri, prima che la strada svolti verso sinistra, troviamo le indicazioni a destra per il Campo Sportivo. Prendiamo questa deviazione, dopo un centinaio di metri svoltiamo ancora a destra, e raggiungiamo gli impianti sportivi di Sanluri Stato. In questo complesso sportivo si trova un Campo da Calcio chiamato Strovina Stadium, con fondo in erba naturale assai poco curato, che non è dotato di tribune per gli spettatori. La seconda squadra di calcio di Sanluri è la Strovina calcio, con sede a Sanluri Stato, fondata nel 2012, che disputa le partite interne allo Strovina Stadium e milita nel campionato amatori UISP Cagliari. Nel complesso sportivo sono presenti anche un Campo da Calcetto, ossia da Calcio a cinque, con fondo in terra battuta assai poco curato, che non è dotato di tribune; e due Campi da bocce, anch’essi senza tribune. Il piccolo Cimitero di Sanluri StatoEvitando la deviazione a sinistra nella strada 5, proseguiamo dritti e, dopo duecento metri, troviamo le indicazioni a destra per il Campo Sportivo. Prendiamo questa deviazione, dopo duecentocinquanta metri svoltiamo a destra e, in circa altri duecentocinquanta metri, vediamo alla destra della strada il muro di cinta con l’ingresso del piccolo Cimitero di Sanluri Stato. Visita dei dintorni di SanluriVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Sanluri, sono stati portati alla luce i resti dell’ipogeo di Padru Jossu, della necropoli di Bidd ’e Cresia, e dei villaggi di Corti Beccia e Corti de Crà; i resti dei Nuraghi semplici Bruncu ’e Cresia, Bruncu de Melas, Bruncu Masoni Baccas, Candela, Cuccuru de su Ca su Moiau, Fenu, Gattus, Perda Bogada, Predi Ara, Puxeddu, Sant’Antioco; quelli dei Nuraghi complessi Corti Sa Perda e Geni. A sud della frazione Sanluri Stato si trova la più piccola frazione San MichelePassata la frazione Sanluri Stato, proseguiamo verso sud ovest con la SP59 e, in circa quattro chilometri e mezzo, raggiungiamo la più piccola frazione San Michele (altezza metri 69, distanza 11.63 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 17), che è la seconda frazione Sanluri di cui è la meno popolosa. La chiesa mai ultimata di Sant’Antigu nou ossia di Sant’Antioco nuovaNei dintorni di Sanluri si trovano due Chiese dedicate a Sant’Antioco martire sulcitano, ed entrambe si trovano in stato di totale abbandono. Si tratta della chiesa mai ultimata di Sant’Antioco nuovo, e dei ruderi della chiesa di Sant’Antioco vecchio. In località Funtana Noa, sulla sinistra della SP48, che è la strada per lunamatrona, passati appena quattrocentocinquanta metri dal cancello di ingresso del complesso sportivo Campu Nou, si scorge alla sinistra della strada, nei campi, quella che è conosciuta come chiesa di Sant’Antiogu nou ossia di Sant’Antioco nuovo. Si tratta di una piccola chiesa mai utlimata, voluta da un particolare devoto, Francesco Podda Usai, il quale nel 1935, nel proprio testamento disponeva che fosse celebrato un novenario in parrocchia ed una Festa presso la nuova chiesa campestre, della quale lo stesso Francesco Podda aveva intrapreso l’opera di edificazione. Ma la chiesa non è mai stata portata a termine, a causa della mancanza di risorse economiche. La festa, invece, si è continuata a svolgere sino ai primi anni sessanta del novecento. L’antica chiesa di Sant’Antioco vecchiaGuardando la facciata dell’ex Montegranatico, un poco più a sinistra della via San Rocco parte la via Sant’Antioco, che si dirige verso nord ovest ed è la strada di penetrazione agraria che conduce a Villanovaforru. Percorsi poco più di cinque chilometri, in località Bruncu de Melas si vedono alla sinistra della strada i resti della chiesa di Sant’Antiogu becciu ossia di Sant’Antioco vecchio, che è un antico luogo di culto diroccato edificato in un’area collinare che in passato fu Teatro di due importanti battaglie. Il lungo Il culto per Sant’Antioco è molto antico a Sanluri, come riporta un inventario parrocchiale del 1607, nel quale è descritta una statua lignea raffigurante tale protettore. Nei Quinque libri, che costituiscono il registro dei defunti, leggiamo del lascito di Antonio Pibiri, che nel 1610 dispone di vendere una serie di beni e destinare il ricavato alla costruzione di una chiesa In onore del Glorioso Sant’Antioco, da realizzarsi nelle stesse forme e dimensioni della chiesa di San Sebastiano, che si trova ancor oggi, nelle vicinanze del Castello, e viene disposta anche la realizzazione di un retablo. L’idea dovette riscuotere particolare consenso, perché seguono lasciti dal altri sanluresi quell’anno e gli anni successivi. Questa chiesa è sempre stata pertinente alla parrocchia di Sanluri, e si trova all’interno della sua area Comunale benché i territori circostanti appartengano a proprietari di Villanovaforru. Alle cerimonie religiose che presso essa si svolgono ed alla Festa di Sant’Antioco, protomartire e patrono della Sardegna, per circa Trecento anni hanno partecipato anche gli abitanti di Villanovaforru, con una grande partecipazione di fedeli dei due comuni. Le proloco di Sanluri e Villanovaforru, nel 2014 hanno costituito un comitato denominato Amici di Sant’Antiogu becciu allo scopo di recuperare la chiesa ridotta a un rudere a causa dall’abbandono avvenuto negli anni della Prima Guerra Mondiale. Il comitato ha in pochi anni, con opere di volontariato, manifestazioni e donazioni, recuperato il tempio decadente che tra i crolli celava ancora la base dell’altare e la pavimentazione in pianelle di cotto. In occasione della festa, la seconda domenica dopo Pasqua del 2018, la chiesa, che conserva ancora la pavimentazione originale in cotto, è stata nuovamente benedetta. I resti dei villaggi di Corti Beccia e di Corti de Crà del periodo di Monte ClaroNell’Eneolitico recente che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 2700 ed il 2400 avanti Cristo, e, secondo una datazione più tradizionale, tra il 2400 ed il 2100 avanti Cristo, a Sanluri sono documentati resti della Cultura di Monte Claro. alla fase di Monte Claro appartenevano i villaggi di Corti Beccia e di Corti de Crà, e le arre funerarie di questi villaggi non dovevano essere lontane dai loro agglomerati urbani. In località Corti Beccia circa tre chilometri a sud dell’abitato di Sanluri, è stati individuato un villaggio nel quale si sono state rinvenuta ben 40 capanne, alcuni silos ed una stalla. Sono stati trovati anche i resti di almeno 38 individui di entrambi i sessi e di tutte le classi di età, dell’altezza media, riferita a soli quattro individui di sesso maschile, di circa 166 centimetri e mezzo, e in numerosi casi sono stati riscontrati indicatori di iponutrizione o malnutrizione. Ne risulta una popolazione costituita da persone mediamente alte e robuste, le cui fonti di sostentamento non erano sufficienti per un’adeguata nutrizione, rispecchiando una situazione comune anche ad altre popolazioni preistoriche e protostoriche. La dieta del gruppo è risultata poco ricca e sbilanciata a favore dei vegetali, ed in particolare dei cereali, rispetto alla carne. Le loro abitudini alimentari sembrano quindi ricalcare quelle delle popolazioni vissute durante l’Età del Rame e nel Bronzo medio. A Corti Beccia è stata, inoltre, individuata un’area funeraria non lontana dall’agglomerato urbano. La tomba ipogeica di Padru Jossu scavata nel periodo di Monte Claro e riutilizzata nel CampaniformeIn località Padru Jossu a est rispetto all’abitato di Sanluri, è stata individuata una tomba ipogeica scavata in un banco di arenaria, costituita da una sola camera irregolarmente rettangolare di 5.10 per 3.80 metri, con angoli arrotondati, nella quale vi sono due piccole nicchie. Il caratteristico bancone-altare, situato in corrispondenza di una della nicchie, è stato realizzato risparmiando un tratto di roccia e, tra le altre cose, è fornito di una canaletta per lo scolo dell’elemento liquido. La tomba ipogeica di Padru Jossu ha perso la sua copertura a causa della friabilità della roccia. Scavata durante la Fase culturale denominata monte Claro, durante questa fase le sepolture a inumazioni, venivano ricoperte da cumuli di pietre. La tomba è stata successivamente riutilizzata dalla Cultura del Vaso Campaniforme, che si sviluppa in Sardegna a partire dall’Eneolitico Finale, secondo la cronologia calibrata tra il 2400 ed il 2200 avanti Cristo, e secondo una datazione più tradizionale tra il 2100 ed il 1900 avanti Cristo. In questa fase è stato riadoperato l’ipogeo scavato e utilizzato durante la fase monte Claro. Durante questa fase, le prime tumulazioni sono state disperse e appoggiate nella parete nord su frammenti di vasi tipici della fase di Monte Claro. Le deposizioni venivano accompagnate da sacrifici di vittime animali, offerte in onore dei defunti. Il numero degli inumati è particolarmente nutrito, almeno 50, ancora deposti sul fianco sinistro. Solo diuno è stato recuperato lo scheletro intero. Circa 20 crani appartenenti al periodo del campaniforme permettono di stabilire che quella di Padru Jossu doveva essere una popolazione eterogenea, in cui convivevano circa tre quarti di elementi indigeni dolicomorfi, ossia con il cranio stretto e allungato, ed un quarto di brachimorfi, ossia con il cranio corto e largo, presumibilmente provenienti dall’esterno, riferibili ai portatori del vaso campaniforme che erano arrivati sull’isola dall’Europa continentale. In questa tomba ipogeica sono state rinvenute le testimonianze più numerose e scientificamente tra le più rilevanti nell’ambito dei contesti campaniformi della Sardegna. All’Eneolitico Finale, periodo del Campaniforme A, sono attribuiti resti di vasi decorati, mentre all’Età del Bronzo Antico, secondo la cronologia calibrata tra il 2200 ed il 1900 avanti Cristo, e secondo una datazione più tradizionale tra il 1900 ed il 1600 avanti Cristo, durante il quale si sviluppa la fase Campaniforme B, si riferiscono il brassard, salvapolso per arciere, le collane in vaghi, pendenti di conchiglie e valve di lumachine terrestri, denti e ossa di canidi, orsi e suini, avorio e argento. Tra queste spicca un esemplare davvero particolare, e alcuni pendenti cuoriformi in avorio di elefante. La sepoltura collettiva di Bidd ’e Cresia del periodo CampaniformeIn località Bidd ’e Cresia detta anche Bia Iglesias, circa quattro chilometri a sud est dall’attuale abitato di Sanluri, sorgeva la chiesa di Sant’Andrea, della quale non rimane alcuna traccia. In questa località sono state individuate una necropoli punica con 34 sepolture, e la succesiva necropoli romana in cui, nel corso di uno scavo regolare, sono state scavate 76 tombe di età romana. Di queste, 36 sono a incinerazione, si tratta, nei pochi casi non sconvolti da lavori agricoli, di fosse con resti di combustione ma contenenti urne, mentre in altri 6 casi si tratta soltanto di urne. Qualche decina di metri a nord rispetto ad esse sono stati rinvenuti i resti di una sepoltura collettiva della Cultura del Vaso Campaniforme, le cui tracce consistono in ossa appartenenti a diversi individui. In essa è stata rinvenuta anche una placchetta frammentaria in basalto, di forma rettangolare a lati lunghi concavi provvista di due fori prossimali al lato corto, che è identificabile come un Brassard ossia un salvapolso per arciere riferibile al Campaniforme B oppure alla fase successiva di Bonnannaro nel periodo del Bronzo Antico. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Sanluri ci recheremo a Serrenti che visiteremo con il suo centro ed i dintorni nei quali si trova il Protonuraghe monte Mannu all’interno del quale sono stati rinvenuti reperti della Cultura di Bonnanaro. |