Le scorrerie dei pirati saraceni, il conseguente distacco dell’isola da Bisanzio, con l’inizio dell’epopea dei Giudicati
In questa pagina vedremo le scorrerie dei pirati saraceni, con la Sardegna che si trova sempre più isolata da Bisanzio, i contatti vengono troncati e nessun rifornimento e aiuto può più arrivare nell’isola, che rimane abbandonata a se stessa, il che determina l’inizio dell’Epopea dei Giudicati sardi. La nascita dell’Islam e le prime scorrerie dei pirati saraceniLa nascita dell’Islam, fondato da Maometto nato a la Mecca, in Arabia Saudita, nel 570, e morto a Medina nel 632, allo scopo di riunire intorno a una nuova religione monoteistica le tribù arabe allora disperse, è forse il principale evento della storia mondiale dopo la caduta dell’impero Romano. Egli è il fondatore ed il profeta dell’Islam e viene considerato dai Musulmani l’ultimo di una lunga serie di profeti, tra i quali egli avrebbe occupato una posizione di assoluto rilievo, in quanto messaggero di Dio, che viene chiamato allah, e Sigillo della Profezia, incaricato da Dio stesso, attraverso l’Arcangelo Gabriele, di divulgare il suo verbo tra gli Arabi. I seguaci di questa religione verranno chiamati Saraceni dal nome di una popolazione del Sinai che verrà usato per indicare tutti i popoli arabi. In periodo medioevale non compare ancora, né il termine Arabo né quello Musulmano. Lo sbarco dell’Islam in EuropaI Saraceni, in poco più di ottantaanni, conquistano un immenso impero, e la dinastia califfale degli Abbasidi che governa dal 632 al 661 il mondo saraceno dalla sua sede di Baghdad, sviluppa notevoli flotte ed inizia la conquista delle isole più vicine a Bisanzio. Nel 642 i Saraceni iniziano la conquista dell’Africa bizantina. Tra il 661 e il 750 governa la comunità saracena la dinastia araba degli Omayyadi agendo dalla capitale Damasco, tanto che arrivano, dal 669 al 673, ad assediare la stessa città di Bisanzio. E nel 698, dopo diverse scorrerie nel Mediterraneo, portano a termine la conquista di tutto l’Esarcato d’Africa. Nel 703, con Lo sbarco dell’Islam in Europa iniziano le incursioni dei pirati saraceni provenienti dal nord Africa e dalla Spagna. Sono aggressioni inizialmente compiute solo per effettuare razzie, e successivamente a scopo espansionistico. Gli attacchi saraceni tendono a distruggere la potenza navaIe bizantina, mentre gli Ommeyadi, consapevoli dell’invincibilità araba, in terraferma conducono un’espansione lungo tutte le coste meridionali del Mediterraneo. La vita dei paesi del Mediterraneo viene sconvolta dall’espansione saracena, che nel 711 conquistano la Spagna bizantina. Una espansione ben poco contrastata da Bisanzio, che deve preoccuparsi della propria sopravvivenza e non può provvedere a difendere i territori più lontani. La conquista longobarda dell’ItaliaIn Italia, frattanto, è avvenuta la conquista di quasi tutto il territorio che apparteneva all’impero bizantino da parte del re dei longobardi Rotari ariano, nato a Brescia, che regna in Italia dal 636 al 652. Successivamente, grazie ai buoni rapporti con il re dei Franchi Carlo Martello, si afferma il nuovo re dei longobardi Liutprando cattolico, che regna in Italia dal 712 al 744, e che ne completa la conquista. Liutprando prosegue con il suo conflitto con i Bizantini, ai quali toglie gran parte dei territori che erano da loro amministrati, e si viene spesso a trovare in contrastto con il papa, il quale teme un ulteriore rafforzamento della potenza dei longobardi. Nel 726 liutprando sfrutta le agitazioni causate dalla politica iconoclasta dell’Imperatore bizantino Leone III per intraprendere una nuova campagna. Bisanzio aveva appesantito la pressione fiscale, e per reazione erano divampate rivolte contro l’Impero bizantino in diverse città. Liutprando, approfittando del clima infuocato, attraversa il fiume Po ed invade l’Italia occupando Bologna e minacciando Ravenna. In seguito nel 728 conquista la città di Sutri, nell’alto lazio, con il suo Castello, togliendola alle milizie dell’impero bizantino. Il papa Gregorio II gli chiede, ed ottiene sia pure con notevoli sforzi, la sua rinuncia all’occupazione dei territori già conquistati. Però liutprando, invece di rinunciare a favore dei Bizantini, dona ai Beatissimi Apostoli Pietro e Paolo il solo Castello di Sutri. Con l’acquisizione del Castello di Sutri, la Chiesa di Roma dà inizio alla costituzione di un suo stato territoriale, che segnerà profondamente il suo futuro, e sancirà la definitiva separazione della Chiesa di Roma dalla Chiesa orientale di rito bizantino ortodosso. La perdita dei contatti con BisanzioCon lo sbarco dell’Islam in Europa e con la conquista longobarda dell’Italia, la Sardegna inizia a Perdere i contatti commerciali e politici con Bisanzio e quindi a restare isolata. Inizia a trovarsi sempre più isolata da Bisanzio, i contatti vengono troncati e nessun rifornimento e aiuto può più arrivare nell’Isola, che rimane abbandonata a sé stessa, ed è sempre più in balia degli attacchi sempre più frequenti dei pirati saraceni. L’epopea dei GiudicatiI Sardi, quindi, abbandonati da Bisanzio, devono darsi Una organizzazione politica autonoma. Non potendo più contare sull’aiuto bizantino, per difendersi dai primi attacchi dei pirati saraceni, gli amministratori dell’Isola, poco a poco, devono organizzare in proprio le loro difese. L’esercito bizantino stanziato nell’interno della Sardegna, viene trasferito nelle zone costiere per far fronte agli attacchi saraceni. Lo Judex Provinciae assume anche la carica di comandante militare, per meglio organizzare la difesa in un momento di estremo pericolo, diventando di fatto il vero padrone dell’Isola. Ne consegue che la Sardegna, tra l’ottavo ed il nono secolo, deve necessariamente rendersi autonoma economicamente, producendo nel suo territorio tutti i generi alimentari di largo consumo, ma le condizioni di estrema povertà portano addirittura a dover reintrodurre il baratto nell’economia dell’Isola. Si tratta di una situazione tragica, che porta il popolo ad una condizione di estrema povertà, considerando anche le vessazioni dei nobili che, nonostante la crisi, non rinunciano ai loro privilegi. Dal 687 abbiamo i nomi dei governatori delle quattro Partes nelle quali è divisa l’isolaI Lociservatores, ossia i luogotenenti nominati dallo Judex Provinciae, vengono dislocati nelle zone strategiche dell’isola per la difesa delle coste. Questi luogotenenti vengono, probabilmente, investiti anche dalla carica di comandanti delle forze militari, per poter agire nel modo migliore contro gli attacchi dei Saraceni. Risalgono al 687 anno nel quale Giustiniano II trasferisce lo Judex Provinciae da Forum Traiani, ossia Fordongianus, a Càraliss, ossia Cagliari, le prime notizie, anche se non storicamente accertate, sui Lociservatores sardi che iniziano a rendersi indipendenti. Conosciamo, infatti, i nomi di chi governa, in quell’anno, le quattro Partes nelle quali è divisa l’isola. Si tratta di Nicola a Torres, Inerio in Gallura, Gialeto a Cagliari e Torcotore ad Arborea, che alcuni ritengono siano stati già i primi giudici, almeno di fatto anche se non ancora di diritto, dei Giudicati sardi. La perdita dei contatti della Sardegna da Bisanzio e le prime occupazioni saraceneNel 705 La Sardegna subisce un primo improvviso, inatteso e significativo attacco saraceno, che semina il panico tra la popolazione locale. Il governo bizantino non riesce a difendere in alcun modo le sue coste ed i suoi centri abitati. Dopo il 720 La pressione dei Saraceni aumenta e la città di Cagliari viene occupata sia pure per un breve periodo. È durante questa occupazione, che il re longobardo liutprando recupera in Sardegna le spoglie di Sant’Agostino, per evitare il pericolo di profanazione da parte dei pirati saraceni, e le porta in salvo dalla Sardegna a Pavia, dove da allora sono custodite nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro. A Cagliari restano solo i paramenti del Santo. All’indomani della cacciata dei Vandali, i Bizantini avevano deciso di stanziarsi definitivamente nell’Isola, con dei presidi militari stabili e con i porti nei quali le navi non corressero pericoli. A Càralis i Bizantini avevano sfruttato il vecchio porto fenicio, facendo attraccare navi nella laguna di Santa Gilla, protetto da una imboccatura molto stretta, facilmente difendibile. E successivamente, con l’inizio delle occupazioni saracene, la Càralis bizantina viene del tutto abbandonata e cade in assoluta rovina, con un trasferimento graduale, ma definitivo, della popolazione nei pressi della laguna di Santa Gilla, dove fondano la città di Santa Igia, mentre l’area dell’antica Civitas, ormai tutt’uno con l’antico suburbio, diventa periurbana. L’occupazione dell’isola da parte dei SaraceniLa situazione per l’isola peggiora in modo sensibile dopo il 732 quando si svolge la battaglia di Poitiers tra l’esercito Saraceno di Al: andalus, e quello dei Franchi di Carlo Martello, maggiordomo di palazzo ossia capo dell’esecutivo e dell’esercito dei re merovingi. In questa battaglia i Saraceni vengono battuti e costretti a rinunciare alla conquista dell’Europa centrale, ed inizano a rivolgere le loro mire esclusivamente verso le terre mediterranee. I centri costieri vengono continuamente saccheggiati, gli abitanti catturati e venduti come schiavi. Inizia lo spopolamento delle città e dei villaggi sulla costa, le popolazioni si spostano all’interno alla ricerca di luoghi più sicuri. In seguito, però, dal 752 cessate le scorrerie improvvise, i Saraceni si riorganizzano e dall’Africa sbarca un vero e proprio esercito che, con stragi e violenze, inizia a vincere la resistenza dei Sardi. E gli abitanti vengono costretti a pagare il tributo della Giziah collettiva, cioè dell’indennità di guerra ed il riscatto cumulativo delle persone e degli averi dei vinti, anche se non specificano per quanto tempo. Questo permette loro di prosperare, ma li obbliga a fornire basi operative alla flotta saracena. Segue un periodo di circa cinquant’anni nel quale non si ha notizia di incursioni. All’inizio dell’ottavo secolo le aggressiono riprendono, e, nell’821 le fortificazioni sarde resistono a diversi attacchi saraceni. Successivamente, i Saraceni riescono ad occupare tutta la parte meridionale dell’Isola, ma la popolazione sarda resiste, e, non riuscendo a vincere del tutto la sua resistenza, nell’880 i Saraceni si ritirano dall’Isola. La Sardegna continua ad essere governata, per lo meno formalmente, da un unico Judex ProvinciaeIn ogni caso è sicuro che, fino alla metà del nono secolo, vi sia ancora un unico Judex Provinciae ad avere, per lo meno formalmente, autorità su tutta l’isola. Tanto che si possono rintracciare tre missive di papa Leone IV che scrive ad un Arconte o Ipatos, che accorpa le funzioni del Praeses e del Dux militare. Il papa gli scrive, nell’815, per informarlo riguardo ad alcune questioni di diritto canonico e per chiedergli aiuto militare. E nel 851, tra l’altro, gli chiede l’invio di un reparto militare a Roma per aiutarlo nella difesa della città dalle invasioni dei pirati saraceni, dato che nell’821 le fortificazioni sarde avevano resistito ai diversi attacchi saraceni. Nella missiva chiede, inoltre, la fornitura della seta di mare, il Bisso, per la confezione degli indumenti pontifici. A ciò si aggiunga che, nell’840, il geografo arabo Ibn Khurdadhbih riferisce della presenza in Sardegna di un Batrìq, ossia di un Console della Sardegna, della Corsica e delle Baleari. I luogotenenti che governano le quattro partes si organizzano autonomamenteLa gravità della situazione e la ormai notevole distanza del governo bizantino, portano i Lociservatores, ossia i luogotenenti che governano le quattro Partes nella quale è divisa la Sardegna romana, ad organizzarsi autonomamente. Prendono, quindi, coscienza di agire, di fatto, più per proprio conto che per conto di soggetti esterni. Ed è, forse, a causa della improvvisa indipendenza di questi luogotenenti, che si proclamano autonomi, staccandosi dal potere centrale rappresentato dallo Judex Provinciae che risiede a Càralis, la prima causa della formazione dei Giudicati. Dopo la conquista della Sicilia, nell’827, da parte dei Saraceni, il territorio sardo si ritrova, infatti, diviso in quattro entità autonome che prendono la fisionomia di quattro regni indipendenti. Ciascuno dei luogotenenti che governano le quattro Partes della Sardegna, si organizza autonomamente, e si nomina Judex: sono i re giudici dei quattro Giudicati. L’origine storica dei regni sardi medievali risiederebbe, quindi, nell’evoluzione delle antiche circoscrizioni bizantine, che si trasformano in entità sovrane autonome. Le fonti più importanti in merito a questo periodo storico sono, ancora, le epistole papali. È nel 864 che papa Niccolò I scrive una missiva, il cui scopo è quello di stigmatizzare le unioni di natura incestuosa, ossia i matrimoni fra consanguinei, che intercorronoanni tra gli Judices sardi, secondo un sistema in uso per non disperdere i propri patrimoni. Nella missiva usa il plurale Judices, il che sta ad indicare che sono già nati i Giudicati. Sulla base del contenuto di questa missiva, la datazione storica della nascita dei Giudicati va quindi considerata antecedente l’864, data della missiva di Niccolò I. A Niccolò I segue, come papa, Adriano II, e dopo di lui viene nominato papa Giovanni ottavo. La figura di questo papa è molto controversa, tanto che è stato ipotizato che si sia trattato di una donna inglese, educata a Magonza, che, per mezzo dei suoi travestimenti in abiti maschili, sarebbe riuscita a farsi monaco con il nome di Johannes Anglicus. Si sarebbe trattato, quindi, non di un papa ma di una papessa. Comunque, nell’872 Giovanni ottavo invia un’altra lettera, che è indirizzata ai Principes Sardiniae. Anche in questo caso, il plurale sta ad indicare che è già accettata la nascita dei Giudicati, e che i giudici vengono chiamati con il nome di principi, per cui forse la carica è già diventata ereditaria. Ogni funzionario, probabilmente, data la lontananza dalla madrepatria ed il mancato controllo di chi sta più in alto, agisce nel suo territorio come un sovrano, imponendo i propri tributi. Si ritiene, quindi, che ciascuno dei quattro governatori si sia nominato Judex, per amministrare una repubblica, che si trasformerà in seguito in regno. Il primo periodo giudicalePoco si conosce del Primo periodo giudicale dato che le tracce storiche partono solo dall’undicesimo secolo quando della Sardegna hanno iniziato ad interessarsi le repubbliche marinare di Pisa e Genova. Le poche fonti storiche tra l’ottocento ed il 1050 non consentono di ricostruire lo sviluppo e l’organizzazione originaria di questi regni autoctoni. Non si hanno notizie certe sullo sviluppo e sull’organizzazione originaria di questi quattro regni autoctoni, ma essi si affacciano a questo secolo con una struttura territoriale e amministrativa già abbastanza definita e con un sistema giuridico completo e riconosciuto sul territorio. Da parte di alcuni si è portati a ritenere, secondo una Tesi bizantina che tutti e quattro i giudici, inizialmente, appartengano alla potente famiglia dei Lacon-Gunale, la quale, secondo l’opinione dei più autorevoli storici del Medio Evo sardo, sarebbe stata, nell’ultimo periodo di presenza bizantina sull’Isola, la titolare dell’ufficio dell’Arconte lasciato in carica dall’Imperatore. Ed è verosimile che l’Arconte, tra l’851 e l’872 abbia diviso la Sardegna in quattro aree militari presiedute ciascuna da uno Judex Provinciae proveniente dalla propria famiglia. A noi sembra abbastanza inattendibile questa ricostruzione, che prevederebbe che, in 250 anni di elezione del giudice da parte della Corona de Logu, si sia sempre voluta privilegiare una famiglia, sia pure legata all’evoluzione delle antiche circoscrizioni bizantine in entità sovrane autonome. Preferiamo la Tesi autoctona di altri studiosi del periodo medioevale sardo, secondo cui i regni sardi sarebbero nati dalla loro conquista da parte di sardi autoctoni, che, approfittando della debolezza militare di Bisanzio, avrebbero invaso i territori precedentemente occupati dai Bizantini. Lacon e Gunale sarebbero stati i nomi di alcuni villaggi della Sardegna centrale, e alcuni nomi di giudici molto frequenti come Zerchis, Torchitorio, Ithoccor, Salusio, Othoccor, Orzocco, sarebbero da un punto di vista linguistico riconducibili ad un substrato sardo che probabilmente sarebbe riuscito a sopravvivere alla romanizzazione. Secondo un’altra Tesi esterna i riferimenti culturali merovingi e carolingi presenti negli usi e sigilli della cancelleria giudicale turritana, potrebbero far riferimento a fatti a noi non più noti che determinarono l’investitura monarchica a favore di qualche Dux turritano avvenuta ad opera dei franchi nel nono o decimo secolo, in occasione della difesa congiunta di Sardegna e Corsica dai Saraceni, mentre a Cagliari era presente un Praeses libero dall’influenza carolingia. Potrebbe essere comunque probabile anche una Tesi mista comprendente le tre precedenti, e che evidenzierebbe il rafforzamento di una dinastia di ceppo bizantino lasciata al potere dall’Impero, che si sarebbe apparentata e legata alle principali famiglie latifondiste sarde. Ciò forse in un processo di distacco dall’autorità centrale cagliaritana di qualche gruppo aristocratico che, probabilmente, serebbe riuscito a ottenere una legittimazione imperiale merovingia e carolingia durante l’isolamento e gli attacchi saraceni del nono e decimo secolo. Il forte antagonismo tra i quattro GiudicatiCol tempo si viene a verificare un forte antagonismo fra i quattro Giudicati, che diventa sempre più marcato, forse per la paura che ognuno voglia impadronirsi del territorio dell’altro. Si creano, così, dei confini rigidi ed insuperabili, che portano i regni sardi ad avere rapporti più con gli stranieri che tra se stessi. I giudici non sono, quindi, sovrani isolati e lontani dalle dinamiche internazionali. Partecipano, infatti, alle Crociate, sono fautori della diffusione del monachesimo, partecipano alla lotta tra impero e papato, e prendono parte ai traffici commerciali mediterranei. La ripresa degli attacchi SaraceniAll’inizio dell’undicesimo secolo riprendono gli attacchi dei pirati saraceni. Nel 1015, condotti da Mujahid al: amiri al-Muwaffaq noto in Italia come Museto che ha il sogno di costituire un potente stato marittimo. Dopo essersi impadronitei di Denia, d’Algesiras e delle Baleari, delle quali Museto si dichiara emiro, assalgono la Sardegna. Secondo alcune fonti storiche, i Saraceni della Spagna, nel loro tentativo di espansione mediterranea, preceduto dalle continue scorrerie che avevano interessato le coste laziali, toscane e liguri, scelgono come base per un attacco verso il continente italiano, proprio alcuni approdi situati nel Logudoro e nella Gallura. Da fonti pisane si sa che Mujāhid sbarca, presumibilmente, nel territorio del Giudicato di Torres, in una parte dell’isola raramente sotto attacco, e non incontra perciò molte difficoltà a saccheggiare gli sguarniti centri costieri. Vi arrivano con 120 navi e 1000 cavalieri, espugnano le principali fortezze, sconfiggono la resistenza sarda ed arrivano a riconquistare Cagliari. Lo scontro si finale si svolge nel Campidano di Cagliari, ed in esso perde la vita il giudice Malut, guida delle milizie sarde. La disperata difesa dei Sardi non riesce questa volta a fermare gli invasori al punto che si teme che l’isola sia destinata a cadere tutta in loro possesso. L’intervento delle repubbliche pisana e genoveseNello stesso anno, sollecitate da papa Benedetto ottavo le repubbliche marinare di Pisa e Genova si alleano e nel 1016 intervengono in Sardegna con una prima spedizione militare. Il loro intervento dura molti anni, ed è solo nel 1044, che i Pisani e i Sardi uniti riescono a sferrare un mortale attacco congiunto a Cala Bona, la roccaforte nella periferia sud di Alghero, dove si era rifugiato Museto, e sconfiggono il suo esercito. L’emiro, sulla cui testa era stata posta una forte taglia, viene infine trovato da un sardo, e dopo essere stato riconosciuto venne trafitto e decapitato. La sua testa, secondo gli storici Pisani, viene issata sull’albero di maestra dell’ammiraglia della flotta sarda, poi gettata a mare nel punto più lontano dalla costa. Il forte radicamento storico delle generazioni giudicaliRisale al 14 ottobre 1073 l’epistola inviata da papa Gregorio VII che verrà successivamente santificato, ai quattro giudici di Sardegna, ossia a Mariano I di Torres, Costantino I di Gallura, Torchitorio I di Cagliari, e Orzocco I d’Arborea. In questa epistola, citando i loro Antiqui parentes, dimostra il forte radicamento storico delle generazioni giudicali. Come già detto, i regni giudicali, nel loro primo periodo,erano stati funestati dalle scorrerie saracene, con il conseguente abbandono da parte della popolazione delle città e paesi costieri, che hanno iniziato una inarrestabile decadenza. Càralis viene abbandonata a favore di Santa Igia, così come vengono abbandonate le città di Nora, Tharros, Turris Libisonis e decine di altri paesi che erano stati importanti in epoca romana e bizantina. L’ingerenza politica pisana e genovese si trasforma nel tempo in protettorato e poi in dominazioneLa Sardegna nel 1044 viene liberata dai Saraceni, ma le due repubbliche marinare, avendo scoperta l’isola solitaria e i suoi quattro regni, incominciano ad interessarsi ad essa e ad interferire nel suo governo. I Giudicati divengono, quindi, meta di mercanti Genovesi e pisani che, col tempo, diventano i veri padroni dell’economia dei quattro regni. L’ingerenza politica pisana e genovese sui re giudici dura dall’undicesimo al quattordicesimo secolo, trasformandosi lentamente prima in protettorato, poi in dominazione. A ciò si aggiunga che, nel 1165, l’intera Sardegna viene concessa in feudo al comune di Pisa da Federico III Hohenstaufen, noto anche come Federico I del Sacro Romano Impero, più noto con il nome di Barbarossa il quale in questa occasione revoca anche tutte le concessioni anteriori della medesima, da lui fatte, a qualunque altra città o persona. E la repubblica di Pisa approfitterà di questa concessione, per cercare di imporre il suo dominio su tutti i Giudicati sardi. L’organizzazione del GiudicatoIl periodo medioevale giudicale sardo è il periodo storico più luminoso e glorioso dell’Isola La quale, da sempre invasa ed occupata, soltanto dal nono al quindicesimo secolo riesce a rimanere libera e indipendente dalle varie dominazioni straniere. I Giudicati sardi sono regni indipendenti, ossia entità statuali autonome, che hanno il potere in Sardegna fra il nonno ed il decimo secolo, per poi subire dall’undicesimo secolo l’influenza delle repubbliche marinare di Pisa e Genova. Sono entità statuali del tutto diverse dalla forma vigente nell’Europa medievale, molto più vicine a quelle tipiche del mondo bizantino. Fondendo tradizioni autoctone, ossia gli usi e gli istituti di presumibile derivazione dalla civiltà nuragica e shardana, con gli istituti giuridici del diritto romano e bizantino, i quattro Giudicati si discostano dai contemporanei regni medievali, in quanto non sono sottoposti ad un regime privatistico come nella tradizione barbarica e feudale. I Giudicati come Stati sovrani perfetti, non patrimoniali ma subiettivi, e democraticiI Giudicati non erano stati feudali, ma stai eredi della concezione romana e bizantina. Sono sono stati sovrani perfetti, in quanto non soggetti ad altra potenza, ed in grado di dichiarare guerra o di stipulare alleanze. Sono, però, stati non patrimoniali ma subiettivi, o super individuali, perché il loro patrimonio non appariene al re, ma al popolo. Sono, inoltre, stati democratici, perché tutte le più importanti decisioni non spettano al sovrano, ma ai rappresentanti del popolo riuniti in Parlamento. Il territorio del GiudicatoIl Giudicato comprende un esteso territorio che viene chiamato Logu termine con il quale si indica, appunto, il territorio, o rennu ossia regno, ed è governato da un Giudice. É presente un sistema assai radicato ed estremamente efficace, di gestione del territorio, che dura per tutta l’epoca giudicale, e verrà meno solo nel corso del quattordicesimo e soprattutto del quindicesimo secolo, con l’imposizione del sistema feudale da parte degli Aragonesi. Le Curatorie, amministrate dal Curatore, di nomina regia, e la Corona de CuradoriaIl territorio del Giudicato è diviso in distretti amministrativi, elettorali e giurisdizionali, formati da centri urbani e ville rurali, dipendenti da un capoluogo. Si chiamano Curadorias o Curatorias ossia Curatorie, che potremmo assimilare alle odierne province. Le dimensioni di questi distretti, i più grandi ed i più piccoli, vengono definite in modo tale che la popolazione residente in ogni Curatoria sia approssimativamente uguale, ciò per una evidente parità politica. Se il numero di abitanti varia nel tempo, anche la Curatoria viene ridisegnata per rispettare questo principio. Da ciò consegue che i confini dei distretti sono variabile nel tempo, e dipendono dai diversi tassi di crescita demografica. Le Curatorie sono amministrate da un Curadore di nomina regia o comunque approvato dal giudice. Il curatore è un funzionario del Giudicato con mandato a tempo determinato, che ha autorità sull’esazione fiscale, sull’azione giudiziaria penale e civile, sugli organi di polizia, e sull’arruolamento dell’esercito. Egli rappresenta localmente l’autorità giudicale e cura il patrimonio pubblico, la sua attività è incentrata, infatti, soprattutto sul controllo e sul potenziamento della gestione rurale, fonte della ricchezza giudicale. Non sono ammesse, dal giudice, inadempienze nella conduzione della Curatoria, dato che secondo l’ordinamento giudicale il curatore è l’unico responsabile, in modo diretto, del progresso o dei ritardi della Curatoria, soprattutto in tema di sicurezza ed in tema di prevenzione degli incendi. Il curatore viene coadiuvato, soprattutto in materia giudiziaria, da un consiglio detto Corona de Curadoria. Come già evidenziato, le Curatorie sono anche distretti elettorali. Quindi gli uomini liberi di ogni Curatoria si riuniscono periodicamente, solitamente quattro volte all’anno, in assemblea, ed eleggono i propri rappresentanti presso la Corona de Curatoria, la quale elegge un proprio rappresentante nella Corona de Logu. Il termine Corona, che ricorre frequentemente nel sistema giudicale, deriva dalla similitudine tra la rotondità della Corona reale, e la sistemazione che assumono i partecipanti alle assemblee. Le Ville, rette dal Maiore de villa, nominato dal Curatore, ed il loro territorio detto FundamentuLe Curatorie sono formate da più villaggi, chiamati Sas Biddas chiamate anche le Ville. I villaggi erano in origine 800 e più nell’intera Isola, poi ridottisi, dopo il quattordicesimo secolo a seguito della peste, della guerra sardo catalana, e dell’assorbimento urbano legato alla crescita dei centri principali, a 360 circa nel secolo successivo. Il curatore nomina, per ogni villa del suo territorio, il Maiore de villa ossia il capo dei villaggio, l’equivalente dell’attuale sindaco, che è competente alle investigazioni giudiziarie, e con il quale amministra la giustizia, comunque sempre su delega del giudice, per i reati minori. I reati più gravi vengono trattati in prima persona dal curatore. Del territorio della villa, che viene chiamato Fundamentu solo la parte più vicina al villaggio viene recintata e coltivata da singoli proprietari. Il resto del territorio è proprietà di tutta la collettività ed è diviso in due parti che vengono destinate, adanni alterni, alla semina, che costituisce la parte chiamata Vidazzone ed al pascolo, che costituisce la parte chiamata Pabarile. La parte del territorio che si trova più lontana del villaggio è anch’essa di proprietà comune. In questa gestione collettiva dei beni di interesse della collettività e nella difesa comune del territorio, si riconosce un’eredità della cultura nuragica. La Corona de Logu e l’elezione del giudiceIl popolo elegge i propri rappresentanti nelle Coronas de Curadorias, le quali scelgono i propri componenti nel Parlamento, detto Corona de Logu del Giudicato, che costituisce l’assemblea dei notabili, prelati, funzionari delle città e dei villaggi. La Corona de Logu nomina il proprio monarca, il giudice, il quale non ha però il possesso del territorio, ma ne è solo il depositario della sovranità, che rimane in mano alla Corona de Logu. È questa che lo nomina e gli conferisce la somma potestà, mantenendo tuttavia il potere di ratificare gli atti e gli accordi che riguardino l’intero regno. Il governo del GiudicatoLa Corona de Logu intronizza, ossia elegge al trono, un Giudice detto pure regolo o Donnu dal latino Dominus, con poteri legislativo, giudiziario, esecutivo e militare sovrani, secondo il principio Superiorem non recognoscens, ossia che non riconosce alcun potere a lui superiore. Il giudice nomina, inoltre, i funzionari che debbono porre in atto le sue disposizioni. Nei sigilli sulle pergamene giudicali viene scritto il nome del giudice seguito dal titolo di rex, tuttavia il giudice non è un sovrano assoluto di tipo feudale, almeno nella forma. I figli del giudice vengono chiamati Donnikellos ed i parenti più stretti Donnos. Questo tipo di elezione avviene solo inizialmente, dato che poi la carica diventerà pressoché ereditaria. Si tratta, quindi, di una particolare forma di monarchia, mista tra quella ereditaria e quella elettiva, per cui il nuovo giudice viene generalmente scelto nella famiglia del defunto, secondo le proprie regole di successione, ma la sua scelta viene formalmente effettuata dalla Corona de Logu. Il principio di successione include anche le donne, seguendo, però, il più possibile la linea maschile della casata regnante originaria. Solo in mancanza di immediati eredi maschi, diretti o indiretti, vengono prese in considerazione le donne della famiglia, ma soltanto come portatrici di titolo per i figli, o per il marito, esercitando il ruolo di giudicesse reggenti durante l’assenza o la minore età del giudice titolare. Il giudice, ai quale la Corona de Logu assegna lo scettro, chiamato Baculum regale, governa sulla base di un patto col popolo detto Bannus consensus. Egli non può dichiarare guerra, firmare trattati di pace o disporre del patrimonio del Giudicato senza l’assenso della Corona de Logu. Se il patto con il popolo viene meno, o quando il sovrano abbia compiuto atti di tirannide, può venire detronizzato da una insurrezione popolare, che si conclude con la sua messa a morte da parte del popolo medesimo, senza, però, che questo incida in alcun modo sulla trasmissione ereditaria del titolo all’interno della dinastia regnante. È storicamente attestato che ciò è avvenuto sia nel Giudicato del Logudoro, nel 1236 con la messa a morte di Barisone III, che in quello d’Arborea, nel 1304 con l’uccisione di Giovanni d’Arborea, detto Chiano, e nel 1383, con quella di Ugone III d’Arborea. La cerimonia di investitura, detta Su Collectu è estremamente solenne: nell’assemblea i partecipanti si dispongono in circolo, da dove deriva il termine Corona de Logu, con al centro colui che la presiede. La Corona definisce le attribuzioni e l’ambito del potere del giudice, ovvero la sua attività di governo, quella giuridica e quella militare. In assenza del giudice legittimo, o quando non può assumere la pienezza dei poteri a causa della minore età, subentra nel governo un alter ego, detto Giudice de facto, ossia giudice reggente, o giudice di fatto. Il giudice dimora in un palazzo, protetto da una Guardia armata detta Kita de Buiakesos, e nel governo del regno viene assistito dal Cancelliere statale, in genere un Vescovo o comunque un alto esponente della Chiesa, e da altri funzionari denominati Maiores, tra i quali il più importante è il Maiore de Camera. Assai decisa è la separazione tra il patrimonio privato del giudice, e quello del Giudicato. Accanto al giudice, tra i funzionari di maggior rango, ci sono, infatti, un Armentariu de pegugiare, che si occupava del Pegugiare che era il patrimonio privato del giudice, ossia dei beni mobili ed immobili di sua proprietà, e un Armentariu de rennu, al quale spettano le cure del rennu che era il patrimonio dello stato, ossia dei dei beni del demanio pubblico. La figura del giudice è simile a quella di un sovrano europeo che dal suo palazzo governa assistito da funzionali laici ed ecclesiastici, mentre amministra la giustizia. Questa è regolata da un insieme di leggi, civili e penali, tramandate oralmente. La corte giudicale, pur risiedendo nella capitale, è sostanzialmente itinerante, spostandosi dalla capitale nei vari territori curatoriali, anche se si hanno comunque sedi residenza privilegiata. Essa redige gli atti di governo, trascrivendoli su pergamena, nei luoghi ove si trova nel momento, dato che non esiste ancora la moderna cancelleria, deputata alla raccolta delle leggi e dei decreti reali. L’insieme di leggi, civili e penali, tramandate oralmente, verranno trasferite in forma scritta nella Carta de logu iniziata da Mariano IV d’Arborea, e completata, nel 1392, da Eleonora d’Arborea, che la redige sotto la guida di un importante funzionario giudicale della famiglia, il giurista sardo Filippo Mameli, appartenente all’ordine ecclesiastico e dottore in legge esperto di diritto canonico e di diritto civile, di cui nella Cattedrale di Oristano si conserva l’epigrafe funeraria scritta in sardo. L’origine del sistema giudicale e le sue analogie con quello nuragico e barbaricinoNel medioevo sardo i Giudicati, regni sovrani perfetti, non patrimoniali ma subiettivi, e democratici, sono all’avanguardia, quando nel resto dell’Europa si affermava un periodo medioevale feudale, nel quale l’uomo e la sua dignità non contano, come non contano le esigenze del popolo, che vengono sacrificate sull’altare del dispotismo dei potenti. L’organizzazione amministrativa e politica dei Giudicati stupisce gli studiosi del periodo medioevale sardo, che non sono riusciti a capire come queste particolari istituzioni, che non hanno avuto e non hanno eguali nel mondo, possano essere state inventate. Troviamo, infatti, i regni giudicali con una divisione amministrativa e un sistema elettivo identico. In tutti e quattro si ritrovano la Corona de Logu, il Giudice, le Curatorie, la nomina dei grandi elettori nella Corona de Curatoria, delegati all’elezione del loro rappresentante nella Corona de Logu che nomina il Giudice, le Ville, il Majore de villa. Si tratta di un sistema complesso, adottato improvvisamente e contemporaneamente nei quattro regni, nonostante la diffidenza di un giudice verso l’altro, tanto che i confini dei territori sono talmente chiusi che neppure le idee riescono a passare dall’uno all’altro. Come è possibile che sia avvenuta questa analogia? Va, a questo proposito, notato come i territori barbaricini si trovino compresi in tutti i quattro Giudicati, incorporati quindi senza alcuna apparente resistenza. Ma non sembra possibile che un popolo, che aveva resistito ai Fenici, ai Cartaginesi, ai Romani, ai Vandali e agli stessi Bizantini, abbia ceduto la propria indipendenza a dei giudici, peraltro in un periodo di piena crisi, con eserciti improvvisati e impreparati, tesi più alla difesa del proprio territorio dai Saraceni, che a quella del territorio stesso. Alcuni avanzano l’ipotesi che possano essere stati, invece, proprio i barbaricini a prendere l’iniziativa, e siano scesi dalle montagne, avendo ragione in breve tempo degli invasori. Ciò giustificherebbe, non solo l’assenza di fonti scritte almeno fino all’anno mille, ma anche la forma del governo giudicale, che deriverebbe da quello barbaricino. Quello delle Coronas è, infatti, un governo assembleare, che affonda le sue radici nelle antiche tradizioni sarde. In esso rivive lo spirito del consiglio del villaggio nuragico, composto dagli anziani o dai maggiorenti, e presieduto dal capo del cantone. Il consiglio si riuniva per discutere le questioni riguardanti la comunità, e per amministrare la giustizia. Questo sistema di governo assembleare sarebbe sopravvissuto all’interno dell’Isola, e si sarebbe ritrovato, dopo duemila anni, nello spirito delle Coronas giudicali. E le Curatorie avrebbero ricalcato la grandezza e la forma di quelli che in epoca nuragica erano stati i cantoni. È facile vedere, qindi, un Collegamento del sistema giudicale con quello nuragico che nei secoli avrebbe resistito tra le montagne della Barbagia. Quindi, secondo questa ipotesi, i Giudicati, potrebbero essere configurati come gli eredi del sistema amministrativo ed elettivo nuragico, e di quello barbaricino. La struttura socialeLa società giudicale è divisa in classi secondo una divisione derivata dall’assetto della società del tardo impero Romano. Le classi sono tre-Iberti, colliberti e servi. Su 330.000 abitanti stimati in quel periodo, i Liberti ed i Colliberti sono circa 120mila. Sono divisi tra grandi liberti, proprietari terrieri con grandi latifondi, i liberti medi, con piccole proprietà; i piccoli liberti, ossia coloro che, pur essendo liberi, non possiedono nulla. Sono liberti anche i funzionari, i piccoli proprietari terrieri, gli artigiani ed i mercanti. Ed i colliberti sono servi liberati, che mantengono però alcuni obblighi nei confronti dei loro signori. I Servi sono la maggioranza, stimati in 220mila persone, ma non hanno la condizione di schiavi, in quanto debbono fornire obbligatoriamente il lavoro, ma non la persona, che possiede tutti i diritti civili. Tra i servi vi sono coloro che lavorano per tutto il giorno per un unico padrone, altri per più padroni per ore diverse. Essi dipendono dal padrone per il lavoro e non possono di conseguenza abbandonare il fondo al quale sono legati, sul piano personale sono però liberi, possono sposarsi o avere un cognome. Vivono in condizioni di gran lunga migliori di quelle dei servi della gleba della società feudale, dato che devono lavorare per il padrone per tre o quattro giorni la settimana, mentre gli altri giorni possono lavorare per sè e per la propria famiglia. In condizione particolare si trovano poi gli artigiani, detti Liberos de paniliu perché possono lasciare il fondo a cui sono legati per compiere il proprio lavoro altrove. Nel solo Giudicato d’Arborea, nell’anno 1353, il giudice Mariano IV abolisce la classe della servitù. L’economiaL’Economia è basata sull’agricoltura, sull’allevamento del bestiame e sul commercio, oltre ad una modesta attività mineraria e di estrazione del sale. I tributi sono dovuti in base al reddito prodotto da ciascuno, per cui il povero non pagava, mentre i ricchi sostenevano in gran parte le spese statali, e vengono versati normalmente in natura, non esistendo monete giudicali ma possono, in alcuni casi, essere pagati anche col lavoro nelle terre statali. Non esiste la moneta come strumento di scambio ma si continua ad utilizzare il baratto. Dall’inizio del periodo giudicale la popolazione della Sardegna inizia ad aumentare, segno di un miglioramento delle condizioni di vita. La popolazione torna ad abitare le campagne e nascono molti nuovi villaggi. Dalla fine del periodo giudicale, invece, la tendenza demografica si inverte, molte ville vengono abbandonate e la popolazione torna a concentrarsi nelle città. L’esercito giudicaleEstremamente significativo è il sistema di arruolamento militare. Gli abitanti dei villaggi, abili alle armi, vengono divisi in tre parti, chiamate Mute. La prima muta si reca al fronte; la seconda si mette in viaggio per sostituire la prima in caso di necessità; la terza rimane, invece, sul posto, per non abbandonare l’attività agricola e pastorale, che costituiscono l’unica riserva per il sostentamento della popolazione del villaggio. La linguaNel periodo dei Giudicati, nella lingua della popolazione viene sostituito il Latino ed è certo che il Sardo diviene la lingua più parlata nell’Isola. Il sardo, nelle sue due varianti logudorese e campidanese, durante il periodo medioevale costituisce la lingua ufficiale dei Giudicati. Non è la lingua attuale, dato che presenta, ovviamente, un maggior numero di arcaismi e latinismi rispetto al sardo parlato oggi, e presenta, inoltre, l’utilizzo di caratteri che sono oggi entrati in disuso. La religioneDal punto di vista religioso, permane nel periodo giudicale una organizzazione ecclesiastica nella quale la Chiesa nominalmente è quella romana, ma sostanzialmente è di Rito bizantino ortodosso con il clero dalla folta barba ed il battesimo per immersione. La Chiesa sarda, inoltre, è autocefala, ossia il suo Primate viene eletto da una assemblea di vescovi, che a loro volta sono nominati dal Primate. Si tratta di una sorta di indipendenza dalla Chiesa di Costantinopoli, che riconosce però il primato della Chiesa di Roma. Sappiamo che, nella seconda metà dell’undicesimo secolo, i giudici, ai fini di non mettersi in contrasto con la Chiesa romana, abbandonano il titolo di Arconti ed agevolano la venuta nell’isola del monachesimo, per sostituire il rito romano a quello greco ortodosso. La Sardegna giudicale diviene, quindi, la meta di diversi Ordini religiosi, chiamati dai giudici con l’intento di avvicinarsi alla Chiesa di Roma ed anche di importare nuove conoscenze. Questo avviene, però, in aperto contrasto con le posizioni assunte dai vescovi locali, che si oppongono alla diffusione del monachesimo e alle pretese di Roma. I monaci Benedettini da montecassino vengono chiamati più semplicemente Benedettini Cassinesi. Nel 529, all’inizio del regno di Giustiniano I di Bisanzio, San Benedetto da Norcia aveva fondato a montecassino il monachesimo occidentale, basato sul motto Ora et labora. La Congregazione Cassinese dell’ordine di San Benedetto sorge nel monastero di Santa Giustina in Padova dalla riforma dell’abate Ludovico Barbo, ed assume l’attuale nome con l’adesione dell’Abbazia di montecassino alla riforma. I monaci provenienti dall’Abbazia di San Vittore di Marsiglia vengono chiamati Vittorini di Marsiglia. La Congregazione di San Vittore era sorta nel monastero di San Vittore di Marsiglia, fondato da Guglielmo di Champeaux, che aveva abbandonato le sue cariche per abbracciare, con qualche discepolo, la vita eremitica. Con essi si da un nuovo impulso all’agricoltura, con l’uso di nuovi strumenti più adatti alla semina e al raccolto, e vengono svolte notevoli opere di bonifica dei territori malsani che risultano abbandonati. Infatti, lo scopo di questi Ordini religiosi, è la conversione della popolazione con il lavoro. Ed i monaci chiamati dai giudici in Sardegna riescono, anche, ad ottenere la concessione di Chiese per poter fondare i loro monasteri. È da segnalare, tra l’altro, l’opera dei Vittorini, che realizzano in Sardegna ben cinquanta Chiese e che portano, tra l’altro, a termine la Chiesa di San Saturno a Cagliari. In seguito, la Chiesa cattolica viene a sostituirsi alla Chiesa bizantina, e si diffonde in tutta l’isola, esclusa la gran parte della Barbagia dove non erano riusciti ad arrivare né i Fenici, né i Cartaginesi, e neppure i Romani e i Bizantini. La Chiesa si radica nel territorio e diviene influente, dopo essere ritornata sotto la sfera di Roma, abbandonando il rito orientale. È divisa in archidiocesi e diocesi, cui appartengono le parrocchiali. Qualche breve cenno storico sulla vita dei quattro GiudicatiSull’antica suddivisione amministrativa e territoriale bizantina, si vengono a formare i quattro Giudicati, dei quali diamo qui qualche breve cenno storico, rimandando alle pagine successive per una loro descrizione più dettagliata. Come già scritto, la storia conosciuta dei diversi Giudicati Inizia nel 687 anno nel quale Giustiniano II trasferisce lo Judex Provinciae da Furum Traiani a Cagliari, e nel quale abbiamo notizia di chi governa le regioni, ossia Nicola a Torres, Inerio in Gallura, Gialeto a Cagliari e Torcotore ad Arborea, che alcuni ritengono siano stati già i primi giudici, almeno di fatto anche se non ancora di diritto, dei Giudicati sardi. L’epopea dei GiudicatiIl Giudicato di Torres o del Logudoro il cui nome deriverebbe dalla contrazione del nome Logu de Torres, diventando appunto Logudoro, si sviluppa nella parte nord occidentale dell’Isola. Lo stemma del Giudicato è la torre merlata. Questo Giudicato confina a est con il Giudicato di Gallura, a sud con il Giudicato d’Arborea, e in piccola parte anche con il Giudicato di Càralis. Si estende sul territorio delle regioni storiche del Sassarese, della Nurra, della Romangia, dell’Anglona, del Meilogu, della Planargia, del Marghine, del Goceano, parte del Monteacuto e parte della Barbagia. Sappiamo per certo che la Cultura di questo regno giudicale è, nei costumi e negli usi diplomatici, vicina a quella carolingia, ed è basato su un’economia di tipo agropastorale. La sua capitale è, inizialmente, ubicata a Torres l’odierna Porto Torres; viene successivamente, nel corso dell’undicesimo secolo, trasferita ad Ardara dove rimarrà per la gran parte della storia del Giudicato, ed infine a Thathari l’attuale Sassari, che ne diventa la capitale definitiva. Le notizie storiche partono dal 1022. Viene governato quasi esclusivamente dalla dinastia de Lacon-Gunale, alla quale seguono, poi, le dinastie Visconti e Hohenstaufen. Il Giudicato si avvicina, prima, alla repubblica di Pisa, ed, in seguito, a quella di Genova. Viene, da molti, indicato come data della fine del Giudicato di Torres il 1259 quando muore Adelasia, l’ultima giudicessa designata dalla Corona de Logu. Secondo un’altra interpretazione, la sua fine viene datata al 1272 quando muore il suo ultimo sovrano, Enzo, figlio di Federico II di Svevia e marito di Adelasia. Il Giudicato rimane sotto la reggenza di Bianca Lancia e Michele Zanche, viene, quindi, conteso dai Bas-Serra d’Arborea e dai Doria, e viene, poi, suddiviso tra le potenti famiglie dei Doria e dei Malaspina, mentre Sassari si proclama comune, insieme con le Curatorie di Fluminargia e Romangia. Ed il Giudicato perde anche alcuni territori a favore del confinante Giudicato d’Arborea. L’epopea dei GiudicatiIl piccolo Giudicato di Gallura si sviluppa nella parte nord orientale dell’Isola. Lo stemma del Giudicato era l’effige di un gallo. Questo Giudicato confina a ovest con il Giudicato di Torres o del Logudoro, a sud con il Giudicato di Càralis, e separato dal Giudicato di Arborea dall’enclave logudorese di Orgosolo. Si estende sul territorio delle regioni storiche della Gallura, in parte in quella del Monteacuto ed in parte in quella delle Baronie. L’epopea dei Giudicati è il più piccolo ed il più povero dei quattro Giudicati sardi, il suo territorio è montuoso e sterile, con poche zone coltivabili attorno alle odierne Orosei, Posada ed Olbia. La sua capitale è ubicata a Civita ricostruita sui ruderi dell’antica città romana di Olbia, che all’epoca conta comunque solo su poche centinaia di abitanti, ed anche per quasto la corte giudicale si sposta spesso tra i maggiori centri delle varie Curatorie del regno. Sono, infatti, residenze giudicali sia il Castello di re Baldo che il Castello di Balaiana, i quali si trovano nei pressi di Luogosanto. Le notizie storiche partono dal 1038. Viene governato prima da un giudice della dinastia di Torres, successivamente da diverse famiglie locali, ed alla fine dalla dinastia pisana dei Visconti. Per la sua posizione e per la scarsità di risorse, il Giudicato viene ben presto controllato dalla repubblica marinara di Pisa, che, nel 1288, scacciano il giudice Nino Visconti, occupano il Giudicato di Gallura, decretando appunto la fine del Giudicato di Gallura nel 1288. Secondo altri, la fine ufficiale del Giudicato viene datata al 1296 quando muore Nino Visconti, ed i suoi territori vengono inglobati dal comune di Pisa. L’epopea dei GiudicatiNegli ultimi anni del governo bizantino, una delle quattro Partes nelle quali è divisa l’isola, la parte di Karalis o Càralis cambia la propria denominazione e diventa Càralis perdendo l’originale radice Car, forse per ragioni di pronuncia, oppure per un processo di mutamento fonetico per cui l’ordine di successione di due fonemi viene rovesciato. Il Giudicato di Càralis o di Pluminos nome col significato generico di Fiumi che sopravvive in numerosi toponimi dell’intera Sardegna, dato che in esso è riscontrabile la presenza di più corsi d’acqua, come il Flumini Mannu, il Cixerri ed il Flumendosa. Lo stemma del Giudicato di Càralis è sconosciuto, ma si ritiene che potesse essere rappresentato da un cavallo. Questo Giudicato, impropriamente chiamato Giudicato di Càralis, confina a nord ovest con il Giudicato d’Arborea, e in piccola parte anche con il Giudicato di Torres e con il Giudicato di Gallura. Si estende nella parte sud orientale dell’Isola, e si sviluppa sul territorio delle regioni storiche del Basso e Medio Campidano, del Sulcis Iglesiente, dell’Ogliastra, della Trexenta, della Parteòlla, del Gerrei Sarrabus, della Quirra, e parte della Barbagia e del Mandrolisai. È il Giudicato più esteso e più ricco, ed ha nel suo territorio il Campidano di Cagliari, costituito da terre fertili e produttive, oltre ad altre ricchezze come le attività minerarie dell’Iglesiente. Con l’indipendenza da Bisanzio il regno di Cagliari o Pluminus si consolida autonomamente, dando notevole impulso a Santa Igia che ne diventa la capitale. Santa Igia sorgeva sulle rive della laguna di Santa Gilla, dove era stata edificata in seguito alle incursioni arabe, e le sue rovine dovrebbero attualmente trovarsi sotto i quartieri occidentali della città di Cagliari. Solo successivamente alla costruzione del Castel di Castro, la capitale viene portata a Cagliari. Le notizie storiche partono prima del 1058. Viene governato dalle dinastie degli Ugunale e dei Lacon, poi, dopo un breve governo di un giudice di Torres, dalla dinastia dei Lacon-Massa, con una breve parentesi che segue all’infiltrazione della famiglia pisana dei Visconti. Esso ha buoni rapporti con la repubblica marinara di Pisa. I pisani, nel 1216, ottengono in concessione dal giudice di Cagliari, la collina di Castello, sulla quale costruiscono una rocca fortificata per meglio controllare i propri commerci. Ma quella concessione costerà ai giudici, che risiedono a Santa Igia, la distruzione del Giudicato. Diventati filo genovesi, nel 1258 vengono attaccati a sorpresa e sconfitti da una coalizione formata dai Pisani e dai Giudicati d’Arborea, Torres e Gallura, che ne conquistano senza grosse difficoltà l’intero territorio. La stessa Santa Igia viene distrutta ed il territorio del Giudicato viene diviso tra i vincitori. Finisce così, dopo tre secoli e mezzo, il Giudicato di Càralis, la cui fine è databile al 1258. L’epopea dei GiudicatiIl Giudicato d’Arborea chiamato dagli arborensi in lingua sarda rennu de Arbaree, dalla parola Arba che indica una zona paludosa, si sviluppa nella parte centro occidentale dell’Isola, dal Golfo di Oristano fino ai monti del Gennargentu, occupando tutta la fertile valle del fiume Tirso. Lo stemma del Giudicato d’Arborea è stato il Desdichado, ossia l’albero sradicato. Questo Giudicato confina a nord con il Giudicato di Torres, ad est e a sud con quello di Cagliari. Si estende sul territorio delle regioni storiche dell’Oristanese, della Planargia, del Montiferru, del Barigadu, del Sarcidano, della Marmilla e parte del Mandrolisai. Il Giudicato d’Arborea è basato soprattutto su un’economia agropastorale. La sua capitale è inizialmente Tharros e poi dal 1076 Oristano che prende il nome da Aurestanni, Oru ’e stanni, ossia Presso gli stagni. È il più longevo dei quattro Giudicati sardi, dato che dura più di cinquecento anni, dal 900 al 1420. Le notizie storiche partono prima del 1022. Viene governato dagli Arborea, il nome con il quale si fanno chiamare le dinastie dei Lacon-Gunale, dei Lacon-Serra, dei Bas-Serra, dei Cappai de Baux. Il Giudicato prospera sino al quattordicesimo secolo, quando deve affrontare le pretese sulla Sardegna del regno d’Aragona, a cui il papa Bonifacio III ha concesso una Licentia invadendi, ossia l’autorizzazione alla conquista dell’Isola. Significative sono le personalità dei giudici Mariano IV, che arriva a conquistare quasi tutta la Sardegna, e dell’eroica sua figlia, la giudicessa Eleonora d’Arborea, che governa come reggente in nome dei figli fino al 1402, data in cui prestumibilmente muore di peste. La lunga guerra tra il Giudicato d’Arborea ed il regno d’Aragona si prolunga fino al 1420 quando l’ultimo giudice d’Arborea, Guglielmo III di Narbona, cede quel che rimane dell’antico regno alla Corona aragonese per 100mila fiorini d’oro. È senza dubbio il Giudicato che riveste un ruolo di fondamentale importanza nella storia della Sardegna, con dei sovrani che, con costanza e coerenza politica, lottano per riunire tutta la Sardegna sotto un unico regno, lasciando al Giudicato d’Arborea il peso della guerra sanguinosa contro gli invasori aragonesi. La prossima paginaNella prossima pagina vedremo una breve storia del Giudicato di Torres o Del Logudoro che si trovava nel nord occidentale dell’Isola, ed ha avuto come capitale inizialmente Torres, poi Ardara ed infine Thathari, l’attuale Sassari. |