Il Giudicato di Gallura che si sviluppa nella parte nord orientale dell’Isola
In questa pagina vedremo una breve storia del Giudicato di Gallura che si trovava nel nord orientale dell’Isola, ed ha avuto come capitale Civita, ossia Olbia. L’epopea dei GiudicatiIl piccolo Giudicato di Gallura si sviluppa nella parte nord orientale dell’Isola. Lo stemma del Giudicato era l’effige di un gallo. Questo Giudicato confina a ovest con il Giudicato di Torres o del Logudoro, a sud con il Giudicato di Càralis, e separato dal Giudicato di Arborea dall’enclave logudorese di Orgosolo. Si estende sul territorio delle regioni storiche della Gallura, in parte in quella del Monteacuto ed in parte in quella delle Baronie. L’epopea dei Giudicati è il più piccolo ed il più povero dei quattro Giudicati sardi, il suo territorio è montuoso e sterile, con poche zone coltivabili attorno alle odierne Orosei, Posada ed Olbia. Le sue Curatorie sono quelle di: Balaniana, Barbagia di Bitti, Canahim, Fundimonte, Gemini, Montanea, Orfili, Orosei e Galtellì, Posada, Taras, Unali. La sua capitale è ubicata a Civita ricostruita sui ruderi dell’antica città romana di Olbia, che all’epoca conta comunque solo su poche centinaia di abitanti, ed anche per questo la corte giudicale si sposta spesso tra i maggiori centri delle varie Curatorie del regno. Sono, infatti, residenze giudicali sia il Castello di re Baldo che il Castello di Balaiana, i quali si trovano nei pressi di Luogosanto. Nel regno vi erano due sedi vescovile, uno a Civita e l’altro a Galtellì, questi centri furono dapprima sotto la giurisdizione papale e dal 1138 furono sottoposti al’arcivescovo di Pisa. Quanto dura il GiudicatoLe notizie storiche sul Giudicato di Gallura partono dal 1038. Viene governato prima da giudici della dinastia di Torres, successivamente da diverse famiglie locali, ed alla fine dalla dinastia pisana dei Visconti. Per la sua posizione e per la scarsità di risorse, il Giudicato viene ben presto controllato dalla repubblica marinara di Pisa, che, nel 1288, scacciano il giudice Nino Visconti, occupano il Giudicato di Gallura, decretando appunto la fine di questo Giudicato nel 1288. Secondo altri, la fine ufficiale del Giudicato viene datata al 1296 quando muore Nino Visconti, ed i suoi territori vengono inglobati dal comune di Pisa. Infine nel 1447 Filippo Maria Visconti cede formalmente e definitivamente i diritti sul Giudicato di Gallura ad Alfonso V d’Aragona. Qualche scarsa notizia sui primi giudici della GalluraLa storia conosciuta dei Giudicati inizia nel 687 anno nel quale Giustiniano II trasferisce lo Judex provinciae da Furum Traiani, oggi Fordongianus, a Cagliari, e dal quale abbiamo notizia di chi governa le quattro regioni. Poco sappiamo dei primi giudici della Galllura dal 687 al 1038. Tentiamo di ricostruirne il governo in base ad alcune testimonianze. Sappiamo che già, durante il dominio bizantino, nel 687 governa in Gallura un certo Inerio che può essere visto come il primo giudice, almeno di fatto anche se non ancora di diritto, dato che vi è ancora un unico Judex provinciae ad avere, per lo meno formalmente, autorità su tutta l’isola. Verso il 740, governa un certo Giovanni e successivamente un certo Simone. Verso l’ottocento governa un certo Dertone ed in seguito un certo Lirco. L’indipendenza dal governo bizantinoLa ormai notevole distanza del governo bizantino, porta, tra l’851 e l’864, i luogotenenti dipendenti da Càralis che governano le quattro Partes nella quale è divisa la Sardegna romana, ad organizzarsi autonomamente. Si proclamano autonomi, staccandosi dal potere centrale rappresentato dallo Judex provinciae che risiede a Càralis, e diventano gli Judex delle quattro Partes. Le fonti più importanti in merito a questo periodo storico sono, ancora, le epistole papali. Le fonti più importanti in merito a questo periodo storico sono le epistole papali. Nel 864 papa Niccolò I scrive una missiva per stigmatizzare i matrimoni fra consanguinei, che intercorrono ormai da anni tra gli Judices sardi, e nella missiva usa il plurale Judices, il che sta ad indicare che sono già nati i Giudicati. La liberazione della Sardegna dai SaraceniNel 1015 i Saraceni, condotti da Mujahid al: amiri al-Muwaffaq noto in Italia come Museto che, dopo essersi impadronitei di Denia, d’Algesiras e delle Baleari delle quali Museto si dichiara Emiro, assalgono la Sardegna, e la disperata difesa dei Sardi non riesce questa volta a fermare gli invasori. Nello stesso anno, sollecitate da papa Benedetto ottavo le repubbliche marinare di Pisa e Genova si alleano, nel 1016 intervengono in Sardegna con una prima spedizione militare. Nel 1044 i Pisani e i Sardi uniti sferrano un mortale attacco congiunto e sconfiggono l’esercito di Mujāhid. La Sardegna viene liberata dai Saraceni, ma le due repubbliche marinare scoprono l’isola solitaria e i suoi quattro regni e cominciano ad interessarsi ad essa e ad interferire nel suo governo. I Giudicati divengono, quindi, meta di mercanti Pisani e Genovesi che, col tempo, diventano i veri padroni dell’economia dei quattro regni isolani. I giudici della dinastia de Lacon-Gunale che governano Torres, Arborea e la GalluraIl Giudicato di Torres sarebbe stato il primo a distaccarsi da Cagliari tra l’854 e l’864, seguito, entro la fine del nono secolo, dagli altri due Giudicati di Gallura e di Arborea. È solo dal 1015 che abbiamo la certezza storica sui giudici della Gallura, e sappiamo che i primi giudici appartengono alla dinastia de Lacon-Gunale. In questo modo apparirebbe logico, o almeno non desterebbe meraviglia, che il giudice Gonnario Comita potesse essere, secondo il primo studioso che si è occupato delle origini dei Giudicati Giovanni Francesco Fara, re utriusque loci ossia dei diversi luoghi, quindi Torres, Gallura ed Arborea. Il governo di Gonnario de Salanis intronizzato come Gonnario Comita de Lacon-GunaleIl primo sovrano del quale si hanno notizie certe è il logudorese Gonnario o Gunnario de Salanis della dinastia dei Lacon-Gunale. Non esistono dati certi sulla sua nascita, ma si sa che, dopo lunghi periodi anarchia nei quali regnan sos donnos, si giunge all’elezione di un giudice con un mandato annuale. Gonnario, considerato da tutti Unu bonu homine, viene intronizzato dalla Corona de Logu come giudice di Torres, Gallura ed Arborea con il nome di Gonnario Comita de Lacon-Gunale, chiamato nel ritratto Comita I Magnus Iustus Turrex, ed è il primo al quale viene prorogata la carica a vita. Gli studi condotti da Francesco Cesare Casula lo individuano come il Comita I di Torres citato dal Condaghe di Santa Maria di Bonarcado. Egli sposa una certa Tocode o Tocoele, che gli dà un figlio chiamato Il governo di Dorgodorio o Torchitorio che gli succederà sul trono. Egli governa nella capitale del Giudicato, ossia a Torres l’odierna Porto Torres, nel periodo nel quale la Sardegna viene occupata dai pirati saraceni di Museto, che dal 1015 la assalgono. Il governo di Dorgodorio o Torchitorio intronizzato come Torchitorio Barisone o Barisone I di TorresNel 1038 alla morte di Gonnario Comita il figlio Dordodorio o Torchitorio della dinastia dei Lacon-Gunale viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Torchitorio Barisone de Lacon-Gunale, indicato a volte come Barisone I di Torres che regna fino alla morte verso il 1073. Egli, chiamato nel ritratto Dorgodorius Ferrus III Turrex, sposa Maria de Serra, di una delle famiglia più importanti del Giudicato, che gli dà il primo figlio Andrea Tanca; poi contrae un secondo matrimonio, con una nobildonna sconosciuta della famiglia de Zori detta anche de Thori, che gli dà il secondo figlio Mariano. Nel 1044, i Pisani ed i Sardi uniti sferrano un mortale attacco congiunto a Cala Bona, la roccaforte nella periferia sud di Alghero, dove si era rifugiato il pirata saraceno Museto, sconfiggendo il suo esercito. Durante il suo regno, Barisone favorisce l’immigrazione monastica nell’isola, per sostituire il rito romano a quello greco ortodosso, sia pure in aperto contrasto alla posizione dei vescovi locali, che si opponevano alla diffusione del monachesimo e alle pretese di Roma.Barisone governa la Gallura fino al 1052, quando inizia ad essere amministrata da un giudice di origine pisana. Rimane giudice d’Arborea fino al 1060, quando, per impegnarsi maggiormente nell’amministrazione di Torres, cede questa carica al figlio minore Mariano de Zori, che darà origine alla casata del Lacon-Zori. Inoltre nel 1064 Barisone I decide di condividere il governo del Giudicato di Torres con il figlio maggiore, Andrea Tanca, che regna con lui fino alla sua morte verso il 1073. Breve governo di una dinastia pisana forse dei della GherardescaSi è a lungo ritenuto che i pirati Saraceni abbiano occupato il Giudicato di Gallura nel 1050, dato che la Breviarium Pisanae Historiae riporta di questo ulteriore attacco di Museto, ed in essa si dice che il papa rinnova i privilegi attribuiti a Pisa. In effetti, questo ulteriore attacco non si è verificato, e viene probabilmente riportato per sostenere le pretese pisane sull’isola, che possono in base ad esso affermare che i Saraceni sarebbero stati scacciati dal suo territorio nel 1052 a seguito del suo intervento. E quindi Pisa inizia ad insediarsi nel Giudicato ed a governarlo con suoi rappresentanti. Il governo di Manfredi Gallura probabilmente membro della nobile famiglia pisana dei della GherardescaIl primo giudice solo della Gallura del quale si hanno notizie certe è Manfredi della Gherardesca, indicato in documenti del tempo come Manfredus Pisanus, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Manfredi Gallura. Abbiamo notizie che governa la Gallura verso il 1052, e si ritiene che il govrno duri fino verso il 1058. Probabilmente si tratta di un membro della nobile famiglia della Gherardesca, originaria della repubblica di Pisa, sottolineando i forti legami del Giudicato con la città toscana. Di lui non è rimasto il ricordo di alcun atto politico o militare. Il governo di Ubaldo I di Gallura che fa edificare il Castello di re BaldoVerso il 1058 a Manfredi succede Ubaldo della Gherardesca che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Ubaldo I di Gallura detto Baldo anch’egli pisano e probabilmente figlio di Manfredi. Abbiamo notizie che governa la Gallura verso il 1065, ed il suo governo prosegue fino al 1072. Per contrastare il Giudicato di Torres fa costruire il Castello di re Baldo nei dintorni di Luogosanto, ed in questo stabilisce la propria dimora per allontanarsi dalla costa orientale, essendo situata in località più interna e perciò al riparo dalle incursioni dei pirati saraceni residenti nelle Baleari. Ed inoltre, per contrastare il Giudicato di Càlaris, probabimente al 1070 come risulta dai resti di una fortificazione romana che risulta inglobata nelle fondamenta del Castello, si è soliti far risalire a lui anche la costruzione del Castello di Pontes a Galtellì, ma si hanno poche notizie relative alla storia di questo Castello. Durante il suo governo, egli deve affrontare una guerra contro il Giudicato di Torres, nella quale affronta Georgia La sorella di Gonnario Comita di Torres che lo ha sostituito al governo del Giudicato come reggente, dalla quale viene sconfitto nel 1072 e portato prigioniero in Ardara, capitale del Giudicato di Torres. Il governo di Costantino I di Gallura che fa edificare il Castello di BalaianaVerso il 1072 a Ubaldo succede un giudice chiamato Costantino probabilmente appartenete anch’egli alla famiglia della Gherardesca, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Costantino I di Gallura. Abbiamo notizie che egli è al governo della Gallura verso il 1073, e si ritiene che il suo governo duri fino al 1089. Egli è il primo giudice di Gallura di cui ci è arrivato anche il nome e non solo quello della famiglia di appartenenza, si sposa con una donna della quale si ignora il nome, e mette al mondo un figlio di nome Comita. Secondo una leggenda locale sarebbe anche il padre di Francesca Chica, che sposa Enrico di Cinarca, potente nobiluomo della Corsica. Costantino fa edificare, sempre a Luogosanto, il Castello di Balaiana il quale probabilmente rappresenta una residenza giudicale estiva, ed è un piccolo edificio che verrà distrutto dopo circa quattro secoli dagli Aragonesi. Durante il regno di Costantino I la Chiesa cattolica è attraversata della riforma gregorianaCostantino I regna durante il periodo nel quale la Chiesa cattolica è attraversata dalla riforma gregoriana. Gregorio VII è il più importante fra i papi dell’undicesimo secolo, noto anche per il ruolo svolto nella lotta per le investiture che lo pone in contrasto con l’Imperatore Enrico IV. Egli mette in atto una profonda riforma della Chiesa cattolica, promossa in Sardegna dall’arcidiocesi di Pisa, con l’intento di prevenire nell’isola le conseguenze dello scisma del 1054, che ha determinato la definitiva separazione tra Chiesa d’Oriente e Chiesa d’Occidente. La Sardegna, essendo stata a lungo una Provincia bizantina, aveva una religiosità più vicina alla cultura greca che a quella latina, e i preti locali propendevano per quel culto ma il papa pretende che anche i giudici sardi appoggino l’insediamento di monaci della Chiesa romana a discapito di quelli ortodossi. Come molti altri giudici sardi dell’epoca, con la fondazione del Priorato di Gallura anche Costantino favorisce la presenza dei monaci Vittorini, i Benedettini provenienti dall’Abbazia di San Vittore di Marsiglia, inviati dal papa in Sardegna. Il 14 ottobre 1073 papa Gregorio VII invia una missiva, diretta a lui Costantino I che viene chiamato Costantinus Gallurensis, ed agli altri tre giudici sardi, Mariano I di Torres, Orzocco I d’Arborea e Torchitorio I di Cagliari, nella quale riafferma la supremazia pontificia sui quattro Giudicati sardi, e consiglia o, piuttosto, ordina loro di sottomettersi alla Chiesa di Roma, pena gravi pericoli per la Libertà dei loro Stati. Tra l’altro, segue una seconda epistola del 1080 che impone ai monaci di radersi la barba com’è costume nel resto d’Europa e ad occuparsi delle loro Chiese, che in essa sono definite Neglette. Il governo del Giudicato da parte di giudici di origine localeSecondo alcuni, dopo Costantino I sarebbe cessata l’autorità dei giudici pisani e verrebbe restituito il diritto al governo del Giudicato a giudici di origine locale, forse anche a causa di una rivolta della popolazione contro i Pisani. Il governo di Torchitorio de Zori detto Torchitorio di Gallura che appoggia l’Imperatore e viene scomunicatoContro il diritto di successione di Comita, figlio di Costantino I, che sarebbe stato il suo erede naturale, nel 1089 Torchitorio de Zori, appartenente ad una delle principali famiglie del Giudicato, viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Torchitorio di Gallura. Egli, che in alcuni documenti viene chiemato Tirchitorio de Zori, è uno dei primi giudici galluresi conosciuto con certezza grazie a fonti a lui contemporanee, che prende in sposa Padulesa de Gunale, imparentata con i Lacon-Gunale che erano altri giudici sardi. Prima del matrimonio tra Torchitorio e Padulesa, le loro rispettive famiglie, la de Zori e la de Gunale, risultavano aspre nemiche, ed il matrimonio serve probabilmente a concludere il conflitto e a stipulare un’alleanza dinastica. Si Sa che egli assume posizioni filoimperiali schierandosi con l’Imperatore Enrico IV del Sacro Romano Impero, in netto contrasto con la Chiesa di Roma per la nomina dei vescovi. Ed appoggia anche il clero locale, di tradizione orientale ortodossa, che si oppone alla diffusione del monachesimo e alle pretese della Chiesa di Roma. Tutto questo gli vale nel 1092 la Scomunica da parte di papa Urbano II. A questo proposito il monaco Giovanni scrive, in una lettera diretta al cardinal Riccardo, abate di San Vittore di Marsiglia, «Il signor papa anatematizzò il giudice Torquitore e tutta la sua regione, cosicche niun cristiano gli dia consiglio o bacio di pace, e nessuno ardisca salutarlo». Dopo la scomunica, per la resistenza dei monaci di obbedire ai suoi ordini di celebrare egualmente i loro uffizi anche se ordinati da un sovrano scomunicato, egli dapprima minaccia di confiscare i loro beni, e successivamente li espelle dal Giudicato. Il governo di Saltaro de Zori-Gunale detto Saltaro di Gallura che si avvicina alla repubblica di PisaDopo la morte di Torchitorio de Zori, a lui succede Saltaro de Zori-Gunale che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Saltaro di Gallura e governa il Giudicato fino verso il 1113. I suoi legami di parentela non sono chiarissimi, alcuni lo definiscono figlio di Torchitorio de Zori e Padulesa de Gunale. Di fatto il suo regno dura poco, di lui non è rimasto il ricordo di alcun atto politico o militare. In un documento del 1113 viene citata per la prima volta Civita che oggi è la città di Olbia. si sa che Saltaro si avvicina alla repubblica di Pisa, tanto da effettuare la donazione all’Arcidiocesi di Pisa, poi confermata nel 1116 da Ittocorre de Gunale, della corte ossia del borgo o casolare di Vitithe, di cui si ignora la localizzazione precisa ma si sa che si trovava nella Gallura inferiore ossia nella attuali Baronie. Negli atti di questa donazione si afferma che Saltaro risulta Encus mortuus est, idest sine haeredibus, ossia essendo già morto senza eredi. La riscossa cristiana nei confronti dell’Islam con la Corciata delle BaleariDurante il regno di Torchitorio e di Saltaro si sviluppa la riscossa cristiana nei confronti dell’Islam. La repubblica di Pisa partecipa attivamente alla Prima Crociata organizzata da papa Urbano II che si protrae dal 1096 al 1099. E sotto il pontificato del suo successore ossia del papa Pasquale II dietro le pressioni di Berengario III di Catalogna, la repubblica di Pisa organizza la Crociata delle Baleari effettuata tra il 1113 ed il 1116 per togliere ai Saraceni il possesso delle isole Baleari, con un esercito cristiano guidato dalla repubblica di Pisa e composto di forze italiane, catalane ed occitane, alla quale partecipano anche i Giudicati sardi, ma alla quale non partecipa la repubblica di Genova. La flotta, composta da 300 navi, imbarca anche un contingente sardo, comandato da Saltaro, figliastro di Costantino I di Torres, insieme a Torbeno, zio di Torghitorio II di Calàri. Lo storico Giuseppe Manno, nel suo volume Storia della Sardegna, parla delle loro imprese scrivendo «Anzi, se si deve prestar fede al poeta il quale cantò le vicende dei guerrieri Pisani in quella famosa campagna, non vana fu l’opera per essi di quei due illustri personaggi; dicendosi non meno noto Turbino per l’assennato consiglio che il giovine Saltaro per la destrezza sua nel maneggiar l’arco. Onde alla Sardegna tornò l’onore di aver in tale impresa inviato colà il Nestore ed il Filotette di quell’esercito». Una cronaca di questa crociata è riportata nel Liber Maiolichinus de gestis Pisanorum illustribus, poema pisano composto in occasione della vittoria sui Saraceni nella Crociata delle Baleari. Il governo di Ittocorre de Gunale detto Ittocorre di Gallura che prosegue con donazioni alla repubblica di PisaContro i diritti di successione vantati ancora da Comita figlio di Costantino I, e quelli vantati dagli eredi della famiglia de Zori,verso il 1113 sale al trono Ittocorre de Gunale, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Ittocorre di Gallura e che regna fino verso il 1116. Accede a quel trono con la violenza, e la consolida con la forza delle armi contro i diritti di Padulesa de Gunale vedova di Torchitorio de Zori, che aveva già donato la sua porzione delle loro proprietà, e della quale si ritiene che Ittocorre potesse essere un fratello o in ogni caso un congiunto. Essendo contrario alle pretese della famiglia de Zori, egli si mostra inizialmente avverso a Padulesa in quanto vedova di Torchitorio e quindi sostenitrice dei suoi eredi, ma poi verso il 1116 si rappacifica con lei. Dopo la sua breve apparizione nei documento in qualità di giudice, Ittocorre compare ancora con il titolo di Donnu, la seconda più alta carica dopo quella di giudice. Non è chiaro l’ordine dei giudici che gli succedettero, il primo probabilmente è Costantino Spanu che potrebbe essere stato suo figlio, e si sa che egli lascia anche una figlia di cui si ignora il nome. Il primo documento che menziona il suo nome è la conferma nel 1112 da parte di Padulesa de Gunale vedova di Torchitorio di Gallura, della donazione precedentemete fatta da Saltaro all’Arcidiocesi di Pisa, della corte ossia del borgo o casolare di Vitithe, di cui si ignora la localizzazione precisa ma si sa che si trovava nella Gallura inferiore ossia nella attuali Baronie. Da un altro documento pisano del 1116, sappiamo che Ittocorre si dimostra anch’egli amico dei Pisani, come dimostra la sua liberalità verso Opera di Santa Maria, alla quale concede le quattro Chiese di Torpeia, Toraie, Vignola e laratanos. Ittocorre compare anche in altri due documenti. Il primo è la conferma di altre donazioni all’arcidiocesi di Pisa, e l’altro è una dichiarazione della propria fedeltà alla medesima. Questa benevolenza nei confronti di Pisa determina il contrasto con la repubblica di Genova. Durante il regno di Ittocorre viene istituita la diocesi di Posada, che determina l’influenza di Posada sui vicini borghi del Siniscola, Torpè e Lodè, tanto che per molto tempo le vicende di questi paesi viaggeranno assieme. Si ritiene probabile che sia durante il suo regno inizi l’edificazione della Basilica di San Simplicio il cui primo impianto è databile dal 1113 a circa il 1125. Viene costruita al di fuori del borgo murato ed a una prudente distanza dal mare per proteggerla dalle incursioni dei pirati saraceni, su modello romanico simile a quello della Basilica di San Gavino a Porto Torres. Secondo i documenti riportati da Alberto Ferrero della Marmora, Itticorre che viene erroneamente chiamato Ottocorre, muore nel naufragio della sua barca nel mare di Orosei. Il governo di Costantino Spanu detto Costantino II che stipula un patto di alleanza con Pisa nella guerra contro GenovaProbabilmente nel 1116, a Ittocorre de Gunale succede Costantino Spanu, che forse è suo figlio o forse appartiene a una delle altre principali famiglie del Giudicato, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Costantino II di Gallura e regna fino verso il 1133. Di lui non si hanno notizie certe, si sa solo che il suo regno è dominato dalla guerra fra Genova e Pisa che dura dal 1119 al 1133. Le concessioni del pontefice all’arcivescovado pisano suscitano le invidie dei Genovesi, che presto si trasformano in competizione e in scontri. Nel 1119, i Genovesi assaltano delle galee pisane, dando origine ad una sanguinosa guerra, combattuta per mare e per terra, che dura fino al 1133, e che si conclude con la spartizione fra le due contendenti dell’influenza sui vescovadi corsi. Durante questa guerra, nel maggio del 1119 i Genovesi invadono la Gallura, la spogliano di tutte le ricchezze e portano come prigionieri a Genova numerosi Pisani. Si ripresentano, poi, sule coste sarde nel 1125, producendo altri gravi danni. Per contrastare tali invasioni, attorno al 1130 Comita Spanu, assieme ai giudici Gonnario II di Torres e Costantino I d’Arborea, fà un solenne giuramento di omaggio all’arcidiocesi di Pisa. Sappiamo che è lui ad utilizzare per la prima volta come stemma il gallo di Gallura, del quali ne riportiamo uno rinvenuto a Pisa, che diviene il simbolo di tutta la Gallura dopo il patto da lui stretto con i Pisani. Il governo di Comita Spanu detto Comita I di Gallura da molti ritenuto figlio di Costantino IIVerso il 1133 a Costantino Spanu succede Comita Spanu, da molti ritenuto suo figlio, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Comita I di Gallura e regna fino verso il 1146. Anche di lui non si hanno notizie certe, si sa, comunque, che proseguono durante il suo regno i contrasti tra le repubbliche marinare di Pisa e di Genova. Comita ha cinque figli, il primo dei quali è Costantino che dopo il matrimonio con Susanna figlia di Barisone I di Arborea, dal 1199 agisce come Giudice de facto con il nome di Costantino III d’Arborea. Gli altri figli sono Maria che muore circa nel 1173, Comita che muore dopo il 1185, Elena che muore circa nel 1159, e Furat. Attorno al 1130 Comita, assieme ai giudici Gonnario II di Torres e Costantino I d’Arborea, fa un solenne giuramento di omaggio all’arcidiocesi di Pisa. E di nuovo, nel 1132, Comita è presente ad Ardara, nel palazzo giudicale di Logudoro, per offrire i propri omaggi all’arcivescovo di Pisa, Ruggero ospitato in quel palazzo dal giudice Gonnario II di Torres, con l’impegno del pagamento annuo di una libra d’oro per la durata di dieci anni consecutivi ed a cedere la metà dell’argento estratto in Gallura. Probabilmente è presente anche Comita II d’Arborea che conferma inizialmente le intenzioni del padre Costantino I, ma che successivamente sposterà la sua fedeltà verso Genova. Questo atto porta ad affermarsi, per un certo tempo, la supremazia del Giudicato di Torres sull’Isola, grazie anche all’appoggio pisano. Nel 1133, per dirimere i contrasti tra Pisa e Genova sui loro possedimenti in Corsica, papa Innocenzo II eleva Genova ad arcivescovado, ed assegna ad essa le diocesi di Mariana, Nebbio e Accia, situate nel nord della Corsica, mentre Pisa mantiene, sempre in Corsica, il controllo di quelle Aleria, Aiaccio e Sagona. A compensazione delle perdite in Corsica, nel 1138, vengono concesse all’arcivescovo di Pisa in Gallura le diocesi di Civita e Galtellì, le quali inizialmente dipendevano direttamente dalla Santa Sede. Il governo di Costantino III di Gallura che crea la zona franca di Girifai e consolida i rapporti con PisaDopo Comita Spanu, nel 1146 prende il potere Costantino de Lacon-Gunale, probabilmente parente e forse figlio di Ittocorre de Gunale, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Costantino III di Gallura che regna fino probabilmente al 1171, quando lui e la sua famiglia sono costretti a trovare rifugio in Arborea a causa di una congiura di palazzo. Egli viene descritto come una persona dall’animo nobile, e viene ricordato per essere il primo giudice gallurese ad imparentarsi con la potente famiglia Lacon, che governava altri Giudicati e che aveva avviato la dinastia dei Lacon-Gunale. Costantino prende infatti in sposa Elena de Lacon, figlia del giudice Comita III d’Arborea, che aveva portato in dote al Giudicato di Gallura il territorio che comprendeva il monastero di San Felice di Vada nel territorio di Girifai. In seguito alla morte di Elena Costantino si sposa di nuovo con una certa Sardinia e da lei nasce il figlio Barisone che secondo alcuni gli succederà. Alcuni ritengono che sotto il suo regno sia stata ampliata e completata la Basilica di San Simplicio a Olbia. Nel 1146 Comita III d’Arborea organizza il Convegno di Bonarcado, nel quale fa incontrare i quattro giudici per risolvere una controversia sorta tra il giudice Costantino III di Gallura ed i figli del suo predecessore Comita Spanu per il possesso del Castello di Balaiana, e Salusio III di Cagliari interviene, con gli altri giudici al Collectu, l’assemblea generale convocata per dirimere la controversia. Nel 1147 in occasione della consacrazione della Chiesa di Santa Maria di Bonarcado Barisone II d’Arborea convoca i Pisani e gli altri giudici sardi per una conferenza di pace, occasione che vede riuniti tutti i giudici sardi, ossia Gonnario II di Torres, Costantino III di Gallura, Salusio III di Cagliari e Barisone II d’Arborea, e che riesce a evitare la guerra per ben quindici anni. Nel 1160 Costantino si reca a Pisa, dove viene incaricato d’un atto solenne di concessione da fare in Costantinopoli, e viene portato in Palestina a venerarsi il Santo Sepolcro. Successivamente, nel 1165 Costantino III si reca, con Barisone II di Torres e con Torchitorio III di Cagliari, a Pisa, dove giura fedeltà ai Pisani, garantisce di tenere la Gallura in feudo per il comune di Pisa, e assume l’impegno di concedere alla repubblica 6mila lire, e di pagare ogni anno 100 lire e dodici paia di falconi. Concede loro inoltre, col consenso della moglie, il monastero cistercense di San Felice di Vada. Che cosa era la zona franca estragiudicale di GirifaiIl territorio di Girifai che si trova in posizione strategica al confine meridionale del Giudicato gallurese, in una zona di confine tra la Gallura, il Giudicato di Cagliari e l’Arborea, era delimitato dal Monte Ortobene vicino a Nuoro e dal Golfo di Orosei a nord, e da Dorgali a sud. Aveva sbocco al mare ed era una piccola enclave monastica già dall’antichità, nella quale si erano formati prima monasteri greco-ortodossi e dopo la riforma gregoriana si erano installati diversi ordini della chiea romana come i Cistercensi, i Benedettini e gli Ospitalieri di San Giovanni. Questi conventi erano strettamente collegati ad altri presenti sulla penisola italiana e sull’isola del Giglio, creando un importante ponte economico e commerciale. Costantino III decide di creare qui la Zona franca di Girifai, la cui bandiera contiene la croce cistercense che presenta al centro il fiordaliso araldico o giglio di Francia detto anche Fleur de lys, che formava di fatto uno stato indipendente legato per vassalaggio alla Gallura, ma che permetteva una certa autonomia amministrativa e tributaria. Da qui infatti si poteva commerciare con tutta l’Europa, in particolare ad opera degli Ospitalieri di San Giovanni a Malta e dei Templari. La zona franca sopravviverà al resto del Giudicato, ma verrà attaccata dai Pisani alla fine del tredicesimo secolo, che ne divideranno il territorio e consegneranno le pertinenze monastiche sempre ad esponenti ecclesiastici, ma di influenza pisana, come il Vescovo di Galtelì che otterrà il titolo di barone. Nonostante questo, il territorio rimarrà comunque controllato dagli ordini monastici, ed ancora oggi molte terre in quel territorio sono pubbliche e di uso Civico, come ad esempio il Monte Ortobene. Nell’area del Girifai un vero e proprio retaggio del periodo medioevale è Il villaggio di Lollove, frazione di Nuoro, l’unico tra i piccoli centri del Girifai ad aver varcato l’epoca moderna senza scomparire o senza essere assorbito da un centro limitrofo più grande. La discesa in Italia di Federico I del Sacro Romano Impero più noto con il nome di BarbarossaQuando nel 1154 l’Imperatore Federico III Hohenstaufen divenuto Federico I del Sacro Romano Impero, più noto con il nome di Barbarossa scende in Italia per contrastare il potere dei comuni italiani. Pisa concede il proprio appoggio incondizionato all’Imperatore che, nel 1162, le concede notevoli privilegi, determinando una ripresa delle ostilità con la repubblica di Genova. La pace verrà raggiunta nel 1175 con il ritorno dell’Imperatore del Sacro Romano Impero in Italia, e l’accordo favorirà Genova, che vedrà espandersi i propri territori d’oltremare. Nel 1162, allo scoppio della guerra tra Pisa e Genova, gli equilibri politici tra le due repubbliche marinare e i regni sardi si incrinano, ed, infatti, il suo governo è caratterizzato dalla guerra tra i Pisani ed i Genovesi. Nel 1163, Barisone II di Torres, filopisano, deve ostacolare le mire egemoniche di Barisone II d’Arborea, alleato allora con i Genovesi, che, nel 1162, aveva dichiarato guerra a Pisa, e lo deve combattere lungamente, resistendo comunque a diversi suoi attacchi militari. Sostiene il fratello Pietro, divenuto giudice di Cagliari con il nome di Torchitorio III di Cagliari, e quando questi nel 1163 deve fuggire da Cagliari, spodestato da Barisone II d’Arborea, lo accoglie presso di se. Ma l’anno successivo, nel 1164, Barisone II d’Arborea si reca a Pavia per venire incoronato, nella Cattedrale di San Siro, re di Sardegna, titolo comprato da Federico I del Sacro Romano Impero. Allora Barisone II di Torres ed il fratello Torchitorio III di Cagliari, approfittando dell’assenza del sovrano, per vendicarsi, cercano di invadere il Giudicato d’Arborea, però senza successo. Successivamente, comunque, sempre nel 1164, con il sostegno del fratello Barisone II di Torres e delle forze pisane, Torchitorio III torna trionfante a regnare a Cagliari. Nello stesso anno Barisone II d’Arborea stipula una obbligazione con la repubblica di Genova, e la sua consorte, la regina Agalbursa, promette di far osservare tale accordo al nipote Ugo De Bas, che le sarebbe succeduto in caso di morte, prima di prendere possesso di tutta l’Isola, compreso quindi il regno di Gallura. È però certo che Ugo De Bas non le succede, e non entra mai in possesso della Gallura. Nel 1165 l’intera isola di Sardegna viene Concessa in feudo al comune di Pisa dallo stesso Federico Barbarossa, il quale in questa occasione revoca anche tutte le concessioni anteriori della medesima, da lui fatte, a qualunque altra città o persona. Barisone si reca, con gli altri giudici, a Pisa a giurare fedeltà alla repubblica. Ma i Pisani, forti di questa concessione, tendono ad inserirsi sempre maggiormente nell’economia e nella politica del Giudicato. Quindi, in seguito, nel 1166, Barisone II di Torres, come già aveva fatto il fratello Torchitorio III di Cagliari, si rende conto delle loro eccessive ingerenze negli affari interni, e quindi cambia strategia ed inizia ad aprirsi ai Genovesi, arrivando a far sposare la figlia Susanna al console genovese Andrea Doria e ad espellere, con l’aiuto dei Doria, i Pisani dal Giudicato. Per ritorsione, Barisone II d’Arborea, divenuto filopisano, spinto dai Pisani lo attacca, ma la reazione militare, organizzata con troppa fretta, non ha successo. Si ottiene, comunque, una successiva riconciliazione tra i due Barisone, di Torres e d’Arborea. Il governo di Barisone I di GalluraQuando probabilmente nel 1171 Costantino III lascia trono, il Giudicato viene governato da Barisone de Lacon-Gunale, che da alcuni si ritiene fosse suo figlio, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Barisone I di Gallura. Sono ignote le vicende del Giudicato sino all’anno 1203, anno della sua morte. Barisone sposa una certa Odolina de Lacon, dalla quale nasce una figlia, Elena de Lacon, che sarà la sua unica erede. In un documento ecclesiatico del 1173 compare per la prima volta il nome Templum di Tempio Pausania, documento nel quale l’operaio di Santa Maria di Pisa, alla presenza di Barisone I di Gallura, cede al Vescovo di Civita, Bernardo, alcuni servizi in cambio della concessione di terre. È probabile che, in seguito, ci siano stati moti in Gallura a danno di Barisone, che potrebbe aver determinato la sua estromissione dal potere. Prima della morte, la situazione dinastia è delicata, così Barisone nomina il papa Innocenzo III come tutore e custode del regno di Elena fino alla sua maggiore età o al matrimonio in caso di sua morte prematura. Il papa dovrebbe garantire sicurezza al regno da minacce esterne e trovare un marito consono per Elena. Di fatto fa ciò che, in Sicilia, solo pochi anni prima, l’imperatrice Costanza d’Altavilla, aveva fatto per il figlio Federico II di Svevia affidandolo alle cure del pontefice. alla sua morte scoppia, comunque, un conflitto tra vari potentati, per assicurarsi il controllo della Gallura a discapito della figlia Elena. La dinastia pisana dei Viscontialla morte di Barisone I di Gallura, erede è la figlia Elena de Lacon, la quale sposa lamberto Visconti dando, così, origine alla dinastia pisana dei Visconti come giudici della Gallura. La reggenza di Odolina de Lacon a nome di Elena di Gallura che ha ereditato il titoloNel 1203 alla morte di Barisone I eredita il titolo la figlia tredicenne, la Donnikella Elena de Lacon, nata a Civita nel 1190 e che morirà nel 1218. Ella viene intronizzata dalla Corona de Logu con il nome di Elena di Gallura. Essendo ancora minorenne, il suo regno rimane sotto la tutela della madre Odolina de Lacon che diviene reggente, ossia Giudicessa de facto, fino a quando Elena si sposerà. Nel 1203 il giudice Salusio IV di Cagliari, della casata dei Lacon-Massa, il più spietato sovrano dell’epoca giudicale, tenta di penetrare in Gallura, forse per impadronirsene data la mancanza di un re di diritto, ma viene fermato dal papa Innocenzo III. La legittimità di Elena come erede viene contestata essendo il primo caso di una donna in Sardegna, ed una delle prime in Europa, ad essere erede diretta ed a regnare per diritto e non per la degenza del marito o per matrimonio. Questa situazione non viene accettata facilmente, e la sovrana deve affrontare una guerra per riprendere possesso dei suoi domini. Gli aspiranti al matrimonio con Elena di GalluraNel tentativo di impadronirsi del Giudicato, Elena de Lacon che stata intronizzata dalla Corona de Logu nel 1203 con il nome di Elena di Gallura viene corteggiata da numerosi pretendenti inviati dai Giudicati vicini, dalle potenze straniere di Pisa e di Genova, e dal papa Innocenzo III che nomina un prelato, Biagio arcivescovo di Torres, per proteggere la ragazza da mire matrimoniali indesiderate e scoraggiare eventuali tentativi di annessione forzata sfruttando la debolezza politica della Gallura, guidata da due donne. Tra i pretendenti vi sono Guglielmo Malaspina cognato di Guglielmo I di Cagliari, che non piace ai giudici né al papa perché avrebbe rafforzato Pisa, Ittocorre de Gunale fratello di Comita di Torres, e lamberto Visconti figlio di Eldizio podestà di Pisa e di una figlia di Torchitorio III di Cagliari. Ma il papa non concede a nessuno di loro la mano di Elena, ed intima ad Odolina di non accettare pretendenti a lui non graditi. A quel punto i giudici confinanti cercano di invaderne il terriorio. Allora il papa propone come consorte un suo cugino, Trasamondo conte di Segni, tanto più che gli sono arrivate voci sulla possibile convergenza degli altri giudici sulla figura di Ittocorre de Gunale. E nel 1206, raggiunta la maggiore età, Elena prende per marito Trasamondo conte di Segni, nipote del papa Innocenzo III, di cui il Giudicato era divenuto vassallo a seguito della cessione effettuata dal giudice Barisone I. Subito dopo il matrimo io, però, Elena e Trasamondo si separano. Il papa Innocenzo III allora scrive al Vescovo di Firenze affinché li costringano a riconciliarsi, ma senza successo. Il pisano lamberto Visconti che sposa Elena diviene giudice con il nome di lambero di Gallura ma vengono scomunicatiE tra i pretendenti alla mano di Elena de Lacon-Serra, alla fine, ha la meglio la repubblica di Pisa, che ben consigliata dalla madre decise si sposare nel 1207 il più maturo e potente lamberto Visconti, figlio di Eldizio di un’antica e nobile famiglia di Pisa appartenente alla fazione guelfa, quasi sempre in contrapposizione con i ghibellini della Gherardesca, che fino dalla metà del dodicesimo secolo aspiravano alla supremazia sul comune. Egli è il primo di questa dinastia a governare in Sardegna, si insedia stabilmente la sua famiglia sull’Isola, dove rimane protagonista per circa un secolo. Lamberto Visconti viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Lamberto di Gallura e regnerà fino alla morte nel 1225. Per questo affronto alla volontà del papa, vengono, comunque, entrambi Scomunicati dal papa Innocenzo III, ma riescono a resistere. E dal loro matrimonio nasce un figlio chiamato Ubaldo Visconti, che è l’ultimo dei Lacon a diventare giudice di Gallura. I Visconti aggiungono il gallo al simbolo loro casata, ed Elena lascia al marito le redini del governo della Gallura. andando a risiedere soprattutto nel palazzo giudicale di Civita, ed anche in residenze estive quali i castelli di Balaiana e di Baldu a Luogosanto. All’inizio del tredicesimo secolo i monaci Francescani erano giunti in Gallura, e qui avevano edificato a Luogosanto uno dei loro primi Monasteri. Prima del 1218, durante la reggenza di lamberto Visconti in nome della moglie Elena di Gallura, essi concludono la costruzione della Basilica di Nostra Signora di Luogosanto edificata in forme romaniche, ma interamente ricostruita nel settecento, tanto che della struttura iniziale non restano altro che poche tracce. Tre anni dopo il matrimonio con Benedetta di Cagliari, nel 1223 lamberto Visconti muore e gli succede sul trono di Gallura il figlio Ubaldo Visconti. L’occupazione di Civita da parte di Comita II di TorresIl più preoccupato per il controllo di Pisa, non solo su Cagliari e indirettamente sull’Arborea, ma ora anche sulla Gallura, è il giudice Comita II di Torres, della casata de Lacon-Gunale, che è direttamente coinvolto dato che il Giudicato di Gallura confina con il suo. Essendosi alleato con i Genovesi, decide di affrontare i Visconti. Nel 1209, Comita II di Torres Occupa Civita costringendo lamberto Visconti a fuggire e per breve tempo controlla parte del territorio del Giudicato di Gallura. Viene spinto a ciò anche dal papa Innocenzo III, che gli scrive nel 1212 perché provveda, insieme agli altri giudici, affinche i Pisani, dopo l’affronto che gli hanno fatto con il matrimonio di Elena, non rientrino nell’isola, e poi aggiunge: «Intorno alla terra di Gallura che tieni non presumerei di far alcun patto nè coi Pisani, nè con altri qualunque, senza nostro special mandato». Ben presto, però, lamberto e i suoi alleati Pisani scacciano Comita II di Torres, viene ristabilita la pace, Comita si ritira dai territori occupati, e lamberto Visconti può rientrare a Civita. Tra il 1210 ed il 1215, con il supporto della repubblica di Pisa, lamberto cerca di attaccare, a più riprese, i Giudicati di Logudoro e d’Arborea, senza riuscire, però, ad entrarne in possesso. I Visconti con il podestà Ubaldo I iniziano ad introdursi anche nel Giudicato di CàralisNel 1214, alla morte senza eredi Salusio IV di Cagliari, questo Giudicato con una parte di quello d’Arborea vanno alla sua figlia Benedetta di Massa ed al marito Barisone de Lacon-Serra, figlio del giudice Pietro I d’Arborea, che diventa giudice di Cagliari con il nome di Torchitorio IV. Sostenuto dal fratello lamberto Visconti, marito di Elena di Gallura, nel 1215 il podestà di Pisa Ubaldo Visconti anch’egli figlio di Eldizio, si reca con una vasta flotta nel Giudicato di Càralis, dove nel 1218 ottiene dal giudice Torchitorio IV l’autorizzazione a costruire, per conto dei mercanti Pisani, che da lì possono meglio controllare i loro traffici, una rocca sulla collina, che viene chiamata Castel di Castro che è il Castello di Cagliari. Si ritiene che la richiesta non sia, per così dire, diplomatica, ma che sia sostenuta da minacce, e da soldati schierati per imporgli di concederla. alla morte del marito Torchitorio IV, diviene reggente, ossia Giudicessa de facto in nome del figlio Guglielmo di pochi mesi, Benedetta di Cagliari, che cerca inutilmente di ritirare quella concessione. Riunite ingenti truppe in Castel di Castro, Ubaldo Visconti, con l’aiuto di Rodolfo di Capraia e sostenuto da nobili Pisani, costringe Benedetta a giurare fedeltà a Pisa. Nella guerra contro i Visconti, nel 1218 Mariano II di Torres si arma nuovamente, con l’appoggio del papa e con la speranza di aiuti dai Milanesi, ma nel 1219 viene sconfitto, e viene messa fine alla guerra con il trattato di pace di Noracalbo. Viene, quindi, costretto a far sposare la figlia Adelasia de Lacon-Gunale, che risiede nel Castello di Burgos, con il figlio di lamberto Visconti, il tredicenne Ubaldo Visconti, che diventerà giudice con il nome di Ubaldo II di Gallura. Dopo la morte di Elena di Gallura il marito lamberto sposa Benedetta di Cagliari e diviene reggente di questo GiudicatoNel 1218 Elena muore sicuramente di parto all’età di 28 anni, e viene tumulata nella Cripta della Basilica di Nostra Signora di Luogosanto, che era stata costruita di recente e veniva utilizzata per significative cerimonie giudicali. Dopo la sua morte, per Lamberto Visconti rimasto vedovo e diventato giudice di Gallura, nel 1220 viene combinato da suo fratello Ubaldo un nuovo matrimonio con Benedetta di Cagliari ed egli diventa, quindi, reggente del Giudicato di Càralis, ossia Giudice de facto, in attesa che il figliastro Guglielmo diventi maggiorenne. Viene, quindi, ad essere contemporaneamente giudice di Gallura e reggente del Giudicato di Càralis, che amministra attraverso il fratello Ubaldo. In questa maniera, i due fratelli giungono a dominare quasi metà della Sardegna, dato che lamberto domina da solo la Gallura mentre Ubaldo ormai controlla il Giudicato di Càralis. I primi anni del governo di Ubaldo Visconti detto Ubaldo II sotto la reggenza dello zio Ubaldo di EldizioNel 1223, alla morte di lamberto Visconti, gli succede il figlio Ubaldo Visconti, nato a Civita nel 1207 da lui e da Elena di Gallura, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Ubaldo II di Gallura rimane sotto la reggenza dello zio fino al 1125, e regna fino al 1238. In base al trattato di pace di Noracalbo, stipulato nel novembre del 1218 tra il padre lamberto Visconti e Mariano II di Torres, Ubaldo ancora dodicenne aveva sposato la coetanea Adelasia de Lacon-Gunale che era la figlia maggiore di Mariano, ed il matrimonio si era tenuto nella Basilica della Santissima Trinità di Saccargia all’interno dei territori della sposa, contro il volere papale che non gradiva l’espandersi dell’influenza pisana e la possibile alleanza dei due regnI. Appena celebrato il matrimonio nel 1219, il papa Onorio III avverso ai Pisani, aveva inviato il suo cappellano Bartolomeo per annullarlo, ma la sua missione era fallita. Egli ha la sua dimora ufficiale nel palazzo giudicale di Civita, l’attuale Olbia, mentre i castelli di Baldu e di Balaiana a Luogosanto, e di Monteacuto a Berchidda, sono le sue residenze estive. Egli è l’ultimo giudice della dinastia dei Lacon-Gunale, dato che dal matrimonio di Ubaldo con Adelasia non nascono figli maschi in grado di ereditarne il titolo. Ubaldo II occupa per breve tempo Cagliari e diviene anche giudice del LogudoroUbaldo Visconti è un sovrano che cerca di inserirsi negli interessi degli altri Giudicati, con il disegno recondito di avere un’influenza determinante presso gli altri giudici. Nel 1230, dopo la morte dell’omonimo zio Ubaldo Visconti di Eldizio, il quale aveva controllato il Giudicato di Càralis, il giudice Ubaldo II di Gallura, aiutato da Rodolfo di Capraia, guelfo dichiarato, invade il Giudicato di Càralis, per assicurare anche in quella zona la continuità dell’influenza della sua famiglia e di Pisa. Viene, però, scacciato dai conti della Gherardesca, ghibellini dichiarati, che appoggiano la dinastia cagliaritana di Massa. Per questo tentativo di invasione viene Scomunicato da papa Onorio III, assieme a Pietro II d’Arborea, che è stato costretto ad appoggiarlo. In seguito, lo stesso Rodolfo di Capraia, nel 1234 e 1236, fornisce denari e sussidi a Ubaldo II, che, durante il regno di Mariano II di Torres, tenta senza successo l’invasione del Logudoro. alla morte di Mariano II di Torres nel 1232, il figlio Barisone III non arriva al trono, viene, infatti, assassinato nel 1234, forse da alcuni sicari assoldati da Ubaldo Visconti, bramoso di impadronirsi del Giudicato di Torres. muore a solo quindici anni, ed il titolo viene dato, dalla Corona de Logu, alla sorella maggiore Adelasia de Lacon-Gunale, prima figlia di Mariano II, ed al di lei marito Ubaldo II di Gallura, che si trova quindi ad essere contemporaneamente giudice di Gallura e del Logudoro. Nel 1237 papa Gregorio IX invia il suo legato, Alessandro di Torres, a chiedere il riconoscimento formale del vassallaggio di Adelasia alla Santa Sede, cosa che la giudicessa accetta, ottenendo dalla revoca della scomunica. In cambio deve cedergli il Castello di Monte Acuto, e deve sottoporre il Giudicato di Torres e le terre da lei possedute in Corsica, Pisa e Massa al dominio dei pontefici. Ma suo marito Ubaldo II non riconosce la cessione della Gallura, ribadendo solamente l’antica precedente autorità dell’arcidiocesi di Pisa. Ubaldo muore di febbre nel 1238, ma un anno prima della morte aveva redatto a Silki un testamento, secondo il quale era stato designato a succedergli nel Giudicato suo cugino, Giovanni Visconti, figlio del suo omonimo zio podestà di Pisa. Secondo la tradizione viene sepolto nella Cripta della Basilica di Nostra Signora di Luogosanto, dove già riposava la madre. Il matrimonio di Adelasia con Enzo Hohenstaufen di SveviaNel 1238, dopo la morte di Ubaldo II di Gallura, la trentunenne vedova Adelasia de Lacon-Gunale si risposerà con il diciottenne Enzo Hohenstaufen di Svevia che si assicura così il governo di Gallura, ed ai due nuovi sposi venne assegnato da parte dell’Imperatore Federico II di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero, ad Enzo il titolo platonico di re ed Adelasia quello di regina di Sardegna. Nel 1238 il Giudicato di Torres viene unito a quello di Gallura sotto re Enzo di Hohenstaufen, e con Enzo inizia la dinastia Hohenstaufen, che è però solo simbolica e che dura solo per il periodo del suo regno. Molto più giovane di Adelasia, Enzo resta in Sardegna solo un anno, poi lascia l’isola e si unisce al padre nella lotta contro il papato e le fazioni guelfe. Adelasia si garantisce formalmente il possesso della Gallura e rimane giudichessa di questo regno fino alla morte nel 1259. Ed Enzo, da parte sua, si comporta fino alla morte a dispetto della lontananza, della prigionia e del divorzio da Adelasia, come re di Torres e di Gallura, con l’emanazione di norme, la nomina di vicari, e, nel testamento, di successori, in quei territori. Egli lotta per una diecina di anni con tutte le forze contro il papato e contro la fazione guelfa. Durante l’ultima battaglia, il 26 maggio 1249 a Fossalta, viene catturato ed Imprigionato a vita a Bologna, nel palazzo adiacente la piazza Maggiore, detto per questo palazzo re Enzo. E, dopo ventitré anni di prigionia, Enzo di Svevia muore a Bologna il 14 marzo 1272, e viene sepolto nella Basilica di San Domenico. Quindi da altri studiosi, il 1272 che è l’anno della morte di re Enzo Hohenstaufen di Svevia, viene indicato come la data ufficiale della fine del regno giudicale di Torres o del Logudoro. Il governo di Giovanni Visconti di Gallura che annette parte del Giudicato di Càralis e di TorresNel 1238, alla morte di Ubaldo Visconti detto Ubaldo II di Gallura senza eredi maschi, il titolo di giudice passa al cugino Giovanni Visconti, figlio di quell’altro Ubaldo Visconti che era stato podestà di Pisa e che aveva fatto edificare a Cagliari la rocca di Caste di Castro. Egli viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Giovanni di Gallura. Il regno di Adelasia de Lacon-Gonale ed Enzo di Svevia è, infatti, estremamente breve, perché Giovanni riesce, in poco tempo, di riprendersi la sua eredità, e con Giovanni riprende a governare la dinastia Visconti. Giovanni sposa Dominicata, figlia di Aldobrandino Gualandi Cortevecchia, che però muore nel 1259. In seconde nozze, dopo la pacificazione con la famiglia rivale dei della Gherardesca, sposa una figlia del potente Ugolino della Gherardesca conte di Donoratico, forse Chiara, e da lei nasce il suo erede Ugolino Visconti, detto Nino, amico di Dante Alighieri, che gli succederà nell’amministrazione del Giudicato. Egli ha una forte cultura pisana, anche se conosce bene la realtà gallurese, e vive il travagliato periodo della lotta tra guelfi e ghibellini, che divide il comune pisano. Nel 1254 Giovanni si allea con la repubblica di Pisa, ed, assieme al giudice d’Arborea Guglielmo di Capraia, anch’egli guelfo pisano, dichiara guerra a Torchitorio V di Cagliari detto Chiano, che si è alleato con Genova. A seguito della vittoria, nel 1258, il Giudicato di Càralis viene smembrato, ed il Giudicato di Gallura viene portato alla sua Massima espansione annettendovi la parte orientale di quello di Cagliari, ossia le Barbagie, l’Ogliastra e il Sarrabus. In seguito, nel 1259, alla morte della giudicessa Adelasia di Torres, annette anche l’Anglona e il Monteacuto. Sempre molto legato a Pisa, Giovanni rientra in questa città per partecipare, dalla parte guelfa, allo scontro tra guelfi e ghibellini che divide il comune pisano. Egli è uno dei pochi ad appoggiare il suocero, il potente Ugolino della Gherardesca conte di Donoratico passato dalla parte ghibellina alla parte guelfa, nelle lotte interne che in quel periodo affliggono Pisa. Giovanni, in seguito, rimane per lo più nella penisola italiana, per partecipare al fianco di Pisa alle guerre tra guelfi e ghibellini. Ma nel 1273, preso il potere a Pisa la parte ghibellina, in quanto guelfo, Giovanni viene bandito dal comune di Pisa insieme al suocero Ugolino, ed insieme entrambi ritornano in Sardegna. Però in Sardegna, sempre nel 1273, Giovanni viene sconfitto dalle truppe pisane guidate da Anselmo di Capraia, e nel 1274 gli vengono confiscati tutti i beni che passano in mano al comune di Pisa. Giovanni Visconti muore in battaglia in Toscana, nel 1275, un anno prima che Pisa firmi il trattato di pace con la lega guelfa, riammettendo in città i suoi componenti. E sempre nel 1275, accompagnato dai figli, Ugolino lascia Pisa e si rifugiòa a lucca come ribelle, unendosi ad altri fuoriusciti, dei quali diventa il leader dopo la scomparsa di Giovanni Visconti e del suo primogenito lapo. I castelli edificati dai Visconti in GalluraI Visconti si fanno promotori di un’intensa attività relativa alle fortificazioni in tutta la Gallura. Fortificano i borghi di Civita, Posada e Orosei. Nel periodo dei Visconti si continua ad utliizzare il Castello di Pontes a Galtellì, dove spesso risiedeva Nino Visconti, ed è del periodo dei Visconti, e probabilmente opera di Nino Visconti, non ben datato ma eretto di sicuro a difesa del Giudicato di Gallura dal confinante Logudoro, il Castel Pedreso nei dintorni di Olbia. C’è chi ritiene che, più o meno contemporaneamente, sia stato eretto anche il Castello della Fava a Posada, che, edificato di fronte al mare, non poteva costituire un presidio militare, per cui molti convengono che potesse trattarsi di una residenza dei giudici di Gallura, che avrebbero alternato la loro residenza fra Civita e Posada. Il governo di Ugolino Visconti di Gallura detto NinoUgolino Visconti figlio di Giovanni Visconti da giovane vive in Sardegna tra Civita e i castelli estivi di luogo Santo, Tempio e Posada. Il padre era morto l’anno precedente e lui nel 1275, ancora minorenne di appena una diecina di anni, diviene giudice di Gallura con il nome di Ugolino di Gallura detto Nino titolo che porterà per ventuno anni, fino alla morte. Nino sposa Beatrice d’Este della casata d’Este signora di Ferrara, Modena e reggio Emilia, una nobildonna italiana che diventerà giudicessa di Gallura per il primo matrimonio, e dopo la morte di Nino signora di Milano con il suo secondo matrimonio con Galeazzo I Visconti. Dal matrimonio di Nino con Beatrice nasce una figlia chiamata Giovanna. Per tutta la durata del suo governo, Nino alterna la permanenza a Pisa con quella in Gallura. A Tempio Pausania è ancora presente un’abitazione che viene chiamata la Casa di Nino di Gallura. Nel 1276, con il trattato di pace tra il comune di Pisa e la lega guelfa, Nino Visconti con il conte Ugolino vengono riammessi in patria, lasciano la Sardegna e rientrano a Pisa. Nino, rappresentante degli Obertenghi, a capo della fazione guelfa in questa regione, a Pisa e lucca in particolare, riprende ad occuparsi delle vicende pisane appoggiando il nonno. Ma dal 1282 al 1284 Genova e Pisa tornano a combattersi duramente. L’episodio decisivo di quegli scontri si registra nella battaglia navale del 6 agosto 1284. Le flotte pisane e Genovesi si scontrano per tutta la giornata nella battaglia della Meloria nella quale Pisa viene severamente sconfitta dai Genovesi. alla battaglia parteciparono anche il conte Ugolino e suo figlio lotto, catturato dai nemici. Cronache pisane del Trecento, probabilmente influenzate da Dante, accusano il conte di aver abbandonato la battaglia, provocando lo scompiglio tra i suoi alleati, in seguito facilmente sconfitti. L’esito della battaglia della Meloria influisce sulle vicende politiche dell’Isola. I protagonisti della lotta in Sardegna, in questi anni, sono Ugolino della Gherardesca conte di Donoratico, signore della sesta parte del Giudicato di Càralis, al quale verrà in seguito addebitata la responsabilità della sconfitta della Meloria, Nino Visconti di Gallura e Mariano II d’Arborea. Nino segue nella disgrazia il nonno Ugolino della GherardescaSuccessivamente alla battaglia della Meloria, è nata una sorta di lega antipisana, che vede alleate Genova, Firenze e lucca. Di fronte ad un pericolo di tale portata, il conte Ugolino viene scelto come podestà del Popolo nel 1285, con una conferma dell’ufficio per dieci anni che gli conferisce anche pieni poteri militari come capitano di guerra, mentre suo figlio Gaddo riceve il titolo di capitano del Popolo. Anche l’attività politica di Nino si svolge prevalentemente a Pisa, e quando si reca nei suoi frequenti viaggi a Pisa, Nino lascia come suo vicario in Gallura il sardo Frate Gomita. I due collaborano a lungo, ma il frate commette abbondanti malversazioni fin quando libera per denaro i nemici del suo signore avuti in custodia come prigionieri, viene accusato quindi corruzione, crimine per il quale Nino lo fa impiccare. È conosciuto principalmente come personaggio della Divina Commedia di Dante Alighieri, dov'è menzionato nel decimododicesimo canto dell’Inferno, nella quinta bolgia dell’ottavo cerchio, tra i barattieri colpevoli di aver usato le loro cariche pubbliche per arricchirsi attraverso la compravendita di provvedimenti, permessi e privilegi. Egli in realtà non viene incontrato direttamente, ma citato da un suo compagno di pena, Ciampolo da Navarra, il quale parlando di Michele Zanche e frate Gomita dice di frate Gomita che «Barattier fu non picciol, ma sovrano», e lo stesso Dante dà misura del grave stato di corruzione vigente in Gallura in quel tempo, definendola «Vasel d’ogni froda», ossia ricettacolo di ogni frode. In ogni caso, quello di Nino e del conte Ugolino non è una convivenza facile al governo della città, poichché nonno e nipote sono tutt'altro che d’accordo, criticandosi a vicenda. Nel 1287 Nino si appropria del titolo di podestà di Pisa che era stato assegnato al conte, ed inizia a stringere accordi con i ghibellini e con il potente arcivescovo Ruggeri degli Ubaldini. Ma il conte Ugolino reagisce, riassume la carica, lo costringe nel 1288 alla fuga e all’esilio da Pisa. In seguito nel 1288 a Pisa prende il potere la parte ghibellina, ed il conte Ugolino della Gherardesca, guelfo, ritenuto responsabile della sconfitta della Meloria, viene rovesciato e messo al bando senza processo. Viene, successivamente, imprigionato, e Morirà di fame relegato nella Torre dei Gualandi, a Pisa, nel 1289, anche se una leggenda diffusa in Sardegna lo vedrebbe morire di fame nel Castello di Acquafredda, a Siliqua. Nel suo viaggio, Dante inconta il conte Ugolino nel decimodecimotredicesimo canto dell’Inferno nel nono cerchio dove sono puniti i traditori della patria e degli ospiti, e racconta l’incontro con le parole «La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a’capelli del capo ch’elli avea di retro guasto». Il conte racconta la sua prigionìa nella torre e dopo quattro giorni di sofferenze il primo figlio Gaddo «Quivi morì; e come tu mi vedi, vid’io cascar li tre ad uno ad uno tra ’l quinto dì e ’l sesto; ond’io mi diedi, già cieco, a brancolar sovra ciascuno, e due dì li chiamai, poi che fur morti. Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno». L’affermazione che più che il dolor poté il digiuno ha avuto una doppia interpretazione, in un caso il conte ormai impazzito si sarebbe cibato della sua progenie, nell’altro invece egli avrebbe resistito alla fame e lasciato che fosse la fame stessa a dare il colpo di grazia a un uomo già distrutto dal dolore per la perdita dei figli. É questa seconda, l’ipotesi ritenuta oggi più probabile. Dopo il suo impriogionamento, il comune di Pisa confisca tutti i possedimenti di Nino e Ugolino in Sardegna, e si assicura il dominio dell’ex Giudicato di Gallura e dei territori di Ugolino nell’Iglesiente, che diventano domini oltre mare di Pisa, decretando così la fine del Giudicato di Gallura nel 1288. La morte di Ubaldo Visconti detto NinoNel 1293 Ugolino Visconti viene nuovamente esiliato da Pisa, deve riparare nuovamente in Sardegna e, dai suoi possedimenti sardi, tenta di promuovere iniziative contro la Pisa ghibellina, alleandosi con i comuni di Genova, che aveva grandi interessi anche in Sardegna, di lucca e di Firenze, dove si ritiene sia nata la profonda amicizia tra Nino Visconti ed il giovane Dante Alighieri. E Nino Visconti viene ricordato da Dante Alighieri, nella Divina Commedia, nell’ottavo canto del Purgatorio, quando memore dell’antica amicizia che li aveva legati racconta il loro incontro nella valletta dei principi negligenti con i versi «Ver' me si fece, e io ver' lui mi fei: giudice Nin gentil, quanto mi piacque quando ti vidi non esser tra' rei! ...».E Nino quando scopre che il suo vecchio amico è ancora vivo non maschera lo stupore e chiama Corrado Malaspina a vedere tale miracolo, ed infine prima di congedarsi Nino chiede a Dante, una volta tornato dal suo viaggio nel regno dei morti, di sollecitare a figlia Giovanna affinchché preghi per lui, mentre per la moglie ormai non c’è più speranza dato che ha già sposato un altro uomo. Ritiratosi in Gallura, nel 1296 Nino Vosconti redige nel palazzo giudicale di Galtellì il proprio Testamento dopo di che muore lasciando la figlia Giovanna ancora bambina. Secondo alcuni studiosi del Medioevo sardo, la fine ufficiale del Giudicato viene datata al 1296 quando a 31 anni Nino Visconti muore, ed i suoi territori vengono inglobati dal comune di Pisa. Nonostante il suo amore per Pisa, chiede che il suo cuore venga conservato nella Basilica di San Francesco a lucca che era in mano guelfa. Il suo corpo è invece tumulato a Pisa, sempre sotto la protezione di San Francesco, insieme ai suoi parenti Visconti e della Gherardesca, compreso il nonno Ugolino con cui aveva avuto un rapporto burrascoso. I Visconti interrompono la tradizione gallurese della tumulazione a Luogosanto sostituendola con quella a Pisa. La fine del Giudicato di GalluraDopo la fine del Giudicato di Gallura, il titolo non si estingue ma passa alla figlia di Nino, Giovanna Visconti. Il passaggio del titolo da Giovanna ad Azzone Visconti di MilanoErede del Giudicato di Gallura e della terza parte del Giudicato di Calàri è Giovanna Visconti La figlia minorenne di Nino Visconti e Beatrice d’Este. La ragazza sarebbe stata la legittima sovrana di Gallura, ma quando era ancora piccola, alla morte di Nino, sua madre si risposa in seconde nozze con il signore di Milano, Galeazzo I Visconti. Una scelta che viene biasimata addirittura da Dante, che non rinuncia, nell’ottavo canto del Purgatorio, a lanciare strali contro la vedova che aveva deciso di tradire la memoria del Gallo di Gallura per unirsi alla Vipera milanese: «Non le farà sì bella sepultura la vipera che Melanesi accampa, com’avria fatto il gallo di Gallura». Giovanna lascia la Sardegna, per seguire sua madre in Lombardiala, cresce nella città lombarda e viene data in moglie a Rizzardo Il da Camino, signore di Treviso, per stringere alleanza con questa città. Infine, vedova del nuovo marito Rizzardo II da Camino signore di Treviso, nel 1337 Giovanna trasmette il titolo ed i propri diritti su quella terra al fratellastro Azzone Visconti figlio di Beatrice d’este e di Galeazzo I Visconti signore di Milano, che non ha legami né familiari né culturali o affettivi con i domini del nord Sardegna e, divenuto signore di Milano, non si occuperà mai dei possedimenti sardi, che vengono inglobati da Pisa e amministrati tramite dei vicari. Dai Visconti di Milano alla cessione dei diritti sul Giudicato di Gallura agli AragonesiNel 1339, alla morte di Azzone Visconti, il titolo passa al cugino Galeazzo II Visconti da lui al suo figlio Gian Galeazzo Visconti da Gian Galeazzo il titolo passa al figlio Filippo Maria Visconti. Nel 1323 era iniziata la conquista aragonese della Sardegna, e nel 1447 Filippo Maria Visconti, dal momento che la signoria di Milano non è una potenza marittima e non è quindi in grado di difenderlo, cede formalmente e definitivamente i diritti sul Giudicato di Gallura ad Alfonso V d’Aragona il quale ne determina l’estinzione e lo fonde nel Regno di Sardegna. Il Giudicato non rimane integro ma viene diviso tra Pisa e l’Arborea, che si era impadronito di molti possedimenti anche del Giudicato di Torres, che sta subendo un veloce declino nello stesso periodo, mentre altri territori vanno a consolidare la presenza genovese nella Sardegna occidentale, accrescendo la potenza dei Doria tra Tempio e Alghero. Da questo momento in poi la storia della Gallura si intecerà indissolubilmente con quella arborense, fino alla conquista aragonese e alla definitiva perdita di autonomia. Il territorio che era appartenuto al Giudicato di Gallura viene governato dagli Aragonesi dal 1323 al 1516, anche se la cessione formale del Giudicato avviene solo nel 1447, e dagli Spagnoli dal 1516 al 1713. Passa quindi all’Austria che lo governa dal 1713 al 1720 ed infine entra nel Regno di Sardegna e dal 1861 nel regno d’Italia. I ritratti dei Visconti di Milano riportati in questa pagina sono tratti da incisioni di leblanc Jean, tratti dell’opera di Paolo Giovio Le Vite de i Dodici Visconti che Signoreggiarono Milano pubblicata a Milano nel 1645. La prossima paginaNella prossima pagina vedremo una breve storia del Giudicato di Càralis che si trovava nella parte meridionale dell’isola ed ha avuto come capitale Santa Igia, che sorgeva sulle rive della laguna di Santa Gilla, e solo successivamente alla costruzione del Castel di Castro la capitale è stata portata a Cagliari. |