Nel Neolitico recente nasce la facies culturale di San Ciriaco alla quale risale la necropoli dei circoli di li Muri
In questa pagina proseguiremo la descrizione della preistoria in Sardegna. Parleremo del Neolitico recente, quando si sviluppa della facies culturale di San Ciriaco che era considerata una particolare espressione della Cultura di Bonu Ighinu, ma viene oggi considerata una fase culturale a sé stante. A questa cultura si fa risalire anche la necropoli dei circoli di li Muri ed altre necropoli simili rinvenute in altre località dell’Isola. Nel Neolitico recente, tra il 4200 ed il 4000 avanti Cristo, si sviluppa la facies culturale di San CiriacoViene chiamato il Neolitico recente il periodo che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 4200 ed il 4000 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 3400 ed il 3200 avanti Cristo, ed è il periodo nel quale si sviluppa la facies culturale di San Ciriaco. La cosiddetta facies culturale di San Ciriaco era stata, inizialmente, definita una particolare espressione della Cultura di Bonu Ighinu, ma viene oggi considerata una cultura a sé stante. Il suo nome deriva da quello del Villaggio nuragico di San Ciriaco, che si trova a Terralba, in Provincia di Oristano, nel quartiere che prende il nome dalla chiesa di San Ciriaco, la seconda chiesa di Terralba, dove sono stati trovati i suoi reperti. La facies culturale di San Ciriaco viene vista oggi come un momento di passaggio tra la Cultura di Bonu Ighinu del Neolitico Medio e la successiva Cultura di Ozieri del Neolitico Finale, e gran parte dei suoi reperti sono oggi conservati nel Museo Archeologico di Tharros. La struttura socialeEssendo una evoluzione della Cultura di Bonu Ighinu, riteniamo che la struttura sociale non si differenzi di molto da quella del periodo precedente. L’individuazione di questa fase culturale distinta, collocabile tra la Cultura di Bonu Ighinu del Neolitico Medio e quella di Ozieri del Neolitico Finale, si basa essenzialmente sulle caratteristiche delle ceramiche, e vengono, inoltre, individuati anche altri tratti materiali distintivi, nell’ambito dell’industria litica e delle lavorazioni su osso. L’economiaL’economia delle popolazioni di questa cultura, è ancora basata soprattutto sull’agricoltura, soprattutto la cerealicoltura, sull’allevamento del bestiame, la caccia e la raccolta dei molluschi. Preferiscono, inoltre, abitare vicino alle coste. Gli insediamenti abitativiAppartengono a questa cultura diversi insediamenti abitativi. Oltre all’insediamento di San Ciriaco a Terralba, anche l’insediamento di Cuccuru S’Arrius, rinvenuto già nel 1976 ed inizialmente attribuito alla Cultura di Bonu Ighinu, ed il vicino insediamento di Conca Illonis, entrambi situati presso lo stagno di Cabras, non lontano da Oristano. Con la facies culturale di San Ciriaco nascono, inoltre, i primi villaggi di capanne. A Cuccuru S’Arrius sono stati rinvenuti fondi capanne parzialmente interrati, realizzati con pali di legno ricoperti di argilla ed erbe palustri. Significativi anche l’insediamento abitativo situato in località Su Cungiau de Marcu nei pressi di Decumoputzu; ed inoltre quello di Torre di Foghe, presso TresNuraghes. Inoltre, analisi dettagliate sembrano individuare, in molti contesti noti ed attribuiti alla Cultura di Ozieri, elementi che indicano un substrato legato alla precedente facies culturale di San Ciriaco. La lavorazione della ceramicaLa facies culturale di San Ciriaco è caratterizzata soprattutto dalla produzione di ciotole carenate, scodelle, tazze, tazze attingitoi ed olle. Si trovano anche ceramiche di forma bassa e molto larga, forse utilizzate come tegami. E si trovano anche, sebbene più rari, bicchieri e vasi a collo. Sembrano appartenere a questa cultura anche alcuni frammenti, che si riferiscono a forme basse e molto larghe, forse utilizzate come tegami. Si trovano, inoltre, anche se in numero molto minore, alcuni bicchieri e vasi a collo. La produzione ceramica si caratterizza per il tipico profilo dei vasi prodotti in questa fase. della facies culturale di San Ciriaco sono stati rinvenuti due differenti tipi di ceramiche: una relativamente grossolana, e l’altra caratterizzata da una lavorazione assai accurara. Esiste una ceramica di fattura relativamente grossolana, con le superfici opache ed abbastanza ruvide. Sono vasi di dimensioni medio-grandi, soprattutto olle con due anse e due bugne. Gli elementi di presa, peraltro non numerosi, sono costituiti da anse verticali o da prese poco sporgenti, in genere a linguetta. Si trovano, successivamente, ceramiche caratterizzate per un’accurata lavorazione, Che produce vasi e pissidi a pareti sottili, con superfici perfettamente lucidate, ed hanno colorazione che va dal rosso: bruno al grigio, al color cuoio ed al nero lucido. Le ceramiche sono quasi sempre inornate, ma alcuni frammenti presentano delle incisioni molto semplici, che ne sottolineano la carena; ed anche motivi incisi, graffiti o impressi, costituiti da linee, cerchi concentrici, piccoLi Punti racchiusi entro triangoli. Nell’area sulcitana, si trovano anche motivi ad anse o a meandro, ottenuti con la tecnica ad escisisione, ossia incidendo l’argilla prima di cuocerla e riempiendo le cavità ottenute con pasta colorata. É stata rinvenuta anche, nella necropoli di tombe a circolo megalitico di Li Muri, presso Arzachena, una piccola tazza in steatite verde, in principio attribuita alla Cultura di Ozieri, ma che viene oggi riferita alla facies culturale di San Ciriaco. L’industria liticaPer quanto riguarda le armi, il materiale utilizzato per la fabbricazione delle punte di freccia, delle lame e delle accette continua ad essere la pietra, la selce e l’ossidiana. L’insediamento di San Ciriaco si trova a solo quattro chilometri dal Monte Arci, il che ci fa ritenere che queste popolazioni fossero dedite all’estrazione ed alla commercializzazione dell’ossidiana, e attente al controllo del territorio verso l’interno lungo il corso del rio Mogoro. Il culto dei mortiPer quanto riguarda il culto dei morti, vicino al villaggio di Cuccuru Is Arrius sono state rinvenute piccole grotte artificiali funerarie scavate nell’arenaria, con i defunti rannicchiati ed accanto è stato ritrovato il loro corredo funebre. La necropoli del villaggio è costituita da 19 tombe, è la più antica di tutta la Sardegna e tra tra le più importanti, soprattutto per i corredi ritrovati al suo interno. È costituita da tombe, in prevalenza ipogeiche, con camera monocellulonare ed un pozzetto di accesso. I defunti venivano seppelliti ciascuno in una tomba, in posizione più o meno contratta, ma in due delle tombe a pozzetto si sono ritrovati i resti di due scheletri per ogni tomba. grotte funerarie simili sono state trovate anche nei pressi del villaggio Su Cungiau de Marcu. La religiosità con i sempre più belli idoletti volumetriciDai vari ritrovamenti, emerge chiaramente la credenza in una seconda vita dopo la morte. Anche in questa cultura, nelle tombe ipogeiche, il defunto è sempre accompagnato da una statuina femminile, ed in alcuni casi da due statuine. Tra i reperti più significativi ritrovati nelle grotte funerarie attribuite alla facies culturale di San Ciriaco, ci sono bellissimi idoletti volumetrici, ossia statuette di figura femminile in forma estremamente adiposa, probabili statuette rappresentanti la Dea Madre. Tra gli idoletti volumentrici, i più belli sono quelli rinvenuti nell’insediamento di Cuccuru Is Arrius, che è situato a Cabras vicino ad Oristano, ed anche in quello di Su Cungiau de Marcu, che si trova nei dintorni di Decimoputzu. La facies culturale di San Ciriaco scava le prime domus de janas e forse realizza i primi menhir e forse i primi DolmenÈ in questa fase che vengono scavate le prime domus de janas, le tipiche tombe a grotticella artificiale; ed, oltre alle tombe a circolo megalitico, vengono realizzati i primi menhir e forse i primi Dolmen. alla facies culturale di San Ciriaco si fa risalire la necropoli dei circoli di li Muri ed altre necropoli simili in altre parti dell’IsolaLa Necropoli di li Muri è stata scoperta nel 1939 vicino ad Arzachena, ed è stata considerata per molto tempo l’unica testimonianza di quella che era stata chiamata Cultura dei Circoli di Arzachena, e che oggi, invece, viene ricondotta dalla maggior parte degli archeologi alla facies culturale di San Ciriaco. Descrizione della necropoliLa necropoli è realizzata su una serie di collinette ed è formata da cinque tombe, quattro delle quali del tipo a circolo con i perimetri di base tangenti l’uno all’altro, ed una del tipo a corridoio, ossia di quelle chiamate Allèe couverte, senz'altro successiva. Le tombe a circolo avevano al centro una cisti funeraria, ossia una cassetta di pietra di forma quadrangolare, realizzato con lastre di pietra infisse verticalmente nel terreno e coperte da un lastrone orizzontale di copertura, dei quali però nessuno è arrivata intatto fino a noi. La cassetta è circondata da diversi circoli concentrici di pietre, che costituiscono ciò che resta dell’originario tumulo che copriva la tomba e le dava la forma di una collinetta. Il diametro dei circoli va dagli 8,5 metri del più grande ai 5,3 metri del più piccolo. Secondo l’archeologo Giovanni Lilliu, il defunto veniva collocato all’interno del circolo perché le sue membra fossero scarnificate dall’azione degli agenti atmosferici una volta scarnificate, le ossa del defunto vanivano deposte all’interno della cassetta collocata al centro del circolo. Accanto al cerchio di pietre più esterno, è posto, per ogni tomba, un menhir in pietra infisso nel terreno, ritenuto la sede della divinità. Sono presenti anche due menhir protoantropomorfi posizionati uno di fronte all’altro, uno dei quali femminile con tre concavità mammellari. In prossimità dei circoli e nello spazio compreso fra i loro punti di tangenza sono state trovate urne votive per le offerte ai defunti. Le tombe hanno restituito pochi resti di ossa, il che non consente di ricostruire il rituale funerario, anche se il rinvenimento di ciottoli con residui di ocra rossa ha fatto pensare a un colorante forse utilizzato sul corpo del defunto. Le ceramiche ed altri rinvenimentiPer quanto riguarda la ceramica, le ceramiche rinvenute all’interno della necropoli di li Muri appaiono come inornate e poco significative, mentre sono notevoli alcuni pomi sferoidi, lame in selce, piccole accette e, soprattutto, Elementi di collana. Nella tomba a circolo numero 1 della necropoli, quella che ha restituito il più ricco corredo funebre, è stata rinvenuta una Piccola tazza in steatite verde con anse a rocchetto, la cui forte somiglianza con le produzioni ceramiche relative alla facies culturale di San Ciriaco, porta a ritenere la necropoli, in principio attribuita alla Cultura di Ozieri, appartenente invece a questa fase del Neolitico recente. Necropoli simili in altre località dell’IsolaSi è per molto tempo ritenuto che la necropoli di Li Muri fosse l’unica testimonianza di quella che era stata chiamata cultura dei Circoli di Arzachena, ma in effetti esempi simili esistono in altre località della stessa Gallura, come ad esempio la necropoli di La Macciunitta, vicino ad Arzachena, e quella di Li Casalini vicino a Luogosanto. Anche in altre parti dell’isola si trovan esempi di sepolture di questo tipo, ed a volte anche più monumentali, come ad esempio la necropoli Su Corrazzu de Is Pillois, nel comune di Guspini, decisamente più monumentale rispetto a quella di Li Muri, dato che è costituita da circoli che hanno ben diciannove metri di diametro. Tracce di frequentazione rinvenute in Cala Villamarina nell’isola Santo StefanoTracce simili a quelle della facies culturale di su Carroppu erano state rinvenute da Giovanni Lilliu, già nel 1956, in Cala Villamarina, un’ampia insenatura sul lato sud occidentale dell’isola Santo Stefano, nell’arcipelago di la Maddalena, in una piccola grotta del tipo a tafone granitico a un centinaio di metri dal mare, molto vicina all’unica e abbondante sorgente d’acqua dell’Isola. Questi ritrovamenti portano a ritenere che in quest’isola si trovasse una importante base del commercio dell’ossidiana, non sappiamo da chi frequentata, ma sicuramente riferibile al quarto secolo avanti Cristo. reperti liticiVi è stato trovato un abbondante deposito di utensili, quasi duecento oggetti soprattutto in ossidiana, mentre gli altri sono di quarzo, granito, porfido. I reperti sono, oggi, conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. A Santo Stefano non si è rinvenuto alcun utensile di selce, segno evidente che essa era stata del tutto soppiantata dal nuovo materiale. Altri rinvenimentiA Cala Villamarina sono stati, inoltre, rinvenuti frammenti di ceramica dovuti a un’industria vascolare tipica della zona, oltre al resto di pasti consumati dai suoi abitanti. Lo stesso Lilliu ha trovato anche, a oriente di Punta Villamarina, frammenti di anfore realizzate in argilla rossa, talora con un rivestimento esterno in argilla bianca, presumibilmente di produzione africana tardo antica. Non dovrebbero essere collegati agli altri rinvenimenti, ma poteva trattarsi di residui di naufragi, oppure potrebbero essere un indizio di operazioni di scarico portuale, effettuato presso la cala. Culto dei morti e religiositàL’assenza di qualsiasi resto legato al culto dei morti, o di tipo religioso, nell’Arcipelago di la Maddalena, convalida l’ipotesi che il suo ruolo fosse quello di un semplice scalo di transito tra le due isole maggiori. La prossima paginaNella prossima pagina proseguiremo la descrizione della preistoria in Sardegna. Parleremo del Neolitico Finale, quando nasce la Cultura di Ozieri le cui espressioni si trovano uniformi in tutto il territorio dell’Isola. È durante questa fase che si sviluppa il fenomeno del Megalitismo nell’isola. Iniziano a innalzarsi menhir, costruirsi Dolmen ed altre strutture ciclopiche in pietra. In base alla più recente interpretazione, l’epoca nuragica avrebbe avuto inizio quando l’isola era abitata da una popolazione dai tratti negroidi, che ha raggiunto il suo massimo splendore con questa Cultura. |