Villacidro dove ha trascorso l’adolescenza Giuseppe Dessì con la cascata della Spendula cantata da Gabriele D’Annunzio
In questa tappa del nostro viaggio, da Gonnosfanagiga ci recheremo a Villacidro dove è nato Giuseppe Dessì, che visiteremo con il suo centro ed i dintorni dove si trova la cascata della Spendula che è stata a suo tempo cantata da Gabriele D’annunzio e si trovano le altre cascate di Villacidro. Nel Monreale o Campidano di SanluriIl Monreale detto anche Campidano di Sanluri è una regione della Sardegna sud occidentale. anticamente il territorio del Monreale apparteneva al Giudicato d’Arborea di cui occupava la parte meridionale della Curatoria di Bonorzuli. I comuni che ne fanno parte sono Arbus, Gonnosfanadiga, Guspini, Pabillonis, Samassi, San Gavino Monreale, Sanluri, Serramanna, Serrenti, Vallermosa, Villacidro. I comuni di Serramanna e Serrenti sono ai confini tra il Monreale ed il Campidano di Cagliari, per cui possono essere conderati anche appartenenti a quest'ultimo. Il territorio del Monreale è prevalentemente pianeggiante, con diverse aree collinari. Nel territorio del Monreale esistono testimonianze prenuragiche, nuragiche, fenicio puniche e romane. Il territorio rientra totalmente nella Provincia del Sud Sardegna. In viaggio verso VillacidroDa Gonnosfanadiga, riprendiamo la SS196 e percorriamo verso sud est per circa otto chilometri, poi svoltiamo a destra e rendiamo la SP61 che, in circa tre chilometri, ci porta all’interno dell’abitato di Villacidro. Dal Municipio di Gonnosfanadiga a quello di Villacidro si percorrono 12.4 chilometri. Il comune chiamato VillacidroIl comune chiamato Villacidro (nome in lingua sarda Biddacidru, altezza metri 267 sul livello del mare, abitanti 13.216 al 31 dicembre 2021) è un grosso centro agricolo situato alla base di bellissime rocce granitiche, che si estende nella parte centro occidentale della provincia, nella piana del Campidano. E' probabile che in origine Villacidro constasse di due villaggi autonomi, il più antico denominato Bixinàu de sùsu si estendeva nella zona collinare, e la sua popolazione era quasi tutta dedita all’allevamento delle capre, aveva la sua chiesa, che era l’odierna chiesa di Santa Barbara, e la sua zona cimiteriale, le strade erano poco più che viottoli e il dislivello, conseguente al pendio della collina, veniva addolcito con scalette. Il villaggio più recente denominato Bixinàu de bàsciu, si estendeva nella zona più pianeggiante, gli abitanti erano per lo più agricoltori ed artigiani, le abitazioni sono grandi, con ampi cortili e Lòllas, adatte ad ospitare attrezzi agricoli ed animali da lavoro, ed anch’esso aveva un luogo di culto, la chiesa di Sant’ Antonio, sul cui sagrato c'’era il Cimitero. In seguito i due villaggi si sono uniti con il vicinato di Mesu bidda, ossia a metà paese, creando un unico centro, che oggi è raggiungibile con la SS196 di Villacidro, la strada statale omonima che ne attraversa il territorio. Villacidro ha un patrimonio boschivo tra i più ricchi della Sardegna, e le foreste ubicate nelle zone di Monti Mannu, di Narti e villascema, sono ricche di flora e fauna. Tra gli anni sessanta e novanta del novecento si è proceduto con un’imponente opera edilizia ad interrare il rio Fluminera, fiume che attraversa tutto il centro abitato, da Castangias sino all’ex Mattatoio. I dintorni del paese offrono un vasto paesaggio agricolo, caratterizzato dalle colture di agrumi, ciliegi, olivi, ecc. Il territorio Comunale, che comprende l’area speciale dell’Invaso sul rio leni, è sormontato da alcune montagne, ossia i Monti linas, Santu Miali e Anzeddu, e presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate. Il comune fa parte dell’Associazione nazionale delle città della Terra Cruda ...Questo paese fa parte dell’Associazione nazionale delle città della Terra Cruda, nata per promuovere il recupero delle tradizioni e del patrimonio edilizio, naturalistico, artistico e storico delle comunità. Questa associazione comprende, in Sardegna, i comuni di Decimoputzu, donori, Fluminimaggiore, Furtei, Gonnosfanadiga, Guspini, Musei, Nuraminis, Pabillonis, Samassi, Samatzai, San Gavino Monreale, San Sperate, Sardara, Segariu, Selargius, Serramanna, Serrenti, Settimo San Pietro, Solarussa, Soleminis, Ussana, Ussaramanna, Vallermosa, Villa San Pietro, Villacidro, Villamassargia, Villasor. ... E dell’Associazione nazionale delle città dell’OlioQuesto paese fa parte dell’Associazione nazionale città dell’Olio, che ha tra i suoi compiti principali quello di divulgare la cultura dell’olivo e dell’olio di oliva di qualità, tutelare e promuovere l’ambiente ed il paesaggio olivicolo, diffondere la storia dell’olivicoltura, e garantire il consumatore attraverso le denominazioni di origine. Le città dell’Olio in Sardegna sono ad oggi Alghero, Berchidda, Bolotana, Bosa, Cuglieri, Dolianova, Escolca, Genuri, Gergei, Giba, Gonnosfanadiga, Ilbono, Ittiri, Masainas, Olbia, Oliena, Orgosolo, Orosei, Osini, Riola Sardo, Samatzai, Santadi, Seneghe, Serrenti, Siddi, Sini, Uri, Usini, Ussaramanna, Vallermosa, Villacidro, Villamassargia. Origine del nomeIl nome viene ricordato, nella seconda metà del tredicesimo secolo, come Orto de Cidro, e nel 1388 come Villaxidro. Si tratta della traduzione parzialmente errata della forma sarda Biddaxirdu, che è il composto dei due termini Bidda ossia villa, e Xirdu ossia cedro, derivante dal latino Cidrus, ed il nome sta ad indicare quindi la villa dei cedri. Ma il nome sardo si sarebbe dovuto tradurre Villacedro, dato che in italiano cidro o sidro non è un albero né un frutto, bensì una bevanda... La sua economiaSi tratta di una cittadina collinare la cui economia si basa su tutti i settori produttivi. L’agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, uva, olivo, agrumi e frutta, per la quale è notevole la produzione di mandorle, pesche e ciliegie. Si pratica anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L’industria è costituita da imprese che operano nei comparti alimentare, tra cui il lattiero caseario, della lavorazione e conservazione della frutta, tessile, dell’abbigliamento, del legno, dell’editoria, della stampa, della chimica, della fabbricazione di plastica, del vetro, dei materiali da costruzione, dei laterizi, metallurgico, elettrico, cantieristico, dei mobili, della gioielleria e oreficeria, della consulenza informatica e dell’edilizia. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva e dell’insieme dei servizi. Villacidro è diventato un importante centro turistico, circondato da pinete, in un territorio caratterizzato da maestosi complessi montuosi e diversi corsi d’acqua che generano ruscelli e cascate. Le strutture ricettive, che comprendono un agriturismo, offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno. Brevi cenni storiciIl territorio di Villacidro viene abitato fino dalla preistoria, come attestato dai ritrovamenti databili al neolitico e all’età del rame nelsuo territorio. La civiltà nuragica ha lasciato numerose tracce come il villaggio di Cottega e diversi Nuraghi. In epoca romana il territorio appare intensamente popolato come dimostrano una necropoli e i resti di due terme, testimonianze dell’origine antica dell’abitato. Si ritiene che il centro abitato sia sorto forse in questo periodo per via della fertilità del suolo, ed un altro centro abitato nelle vicinanze era quello di leni. Tra l’ottavo ed il nono secolo, sono numerosi gli insediamenti nella zona, di monaci eremiti bizantini, che edificano cappelle e Chiese nei dintorni. A essi si aggiungono i monaci Vittorini, i Benedettini Marsigliesi, i Frati dell’Ordine di Altopascio, i Minori Osservanti e i Mercedari. Nel medioevo Villacidro è nota come Decimoedri de lenI e fa parte del Giudicato di Càralis, nella curatoria di Gippi. alla caduta del Giudicato nel 1258, passa sotto il dominio pisano, e, secondo il registro delle decime che la Sardegna pagava alla Santa Sede, nei secoli tredicesimo e quattordicesimo, si chiamava Gipini o Gippi ’e Susu. La dominazione pisana si conclude con il passaggio alla corona d’Aragona nel 1328, quando appare nei documenti come Villacidro de leeni. Sia leni che Villacidro risultano spopolati all’inizio del qundicesimo secolo, ma si riprendono nei decenni successivi. Il paese in epoca aragonese e spagnola passa sotto il controllo di diverse famiglie di feudatari tra cui i Civiller ed i Gerp. Nel 1690, sotto il dominio spagnolo, viene compresa nel Marchesato di Villacidro, concesso in feudo ai Brondo, dai quali passa per linea femminile ai Bon Crespi di Valdaura. Nel 1720 subentrano i piemontesi, e, da quel momento, grazie a Monsignor Pilo, Villacidro diviene una località di soggiorno estivo dei vescovi della diocesi di Ales. Dal 1807 al 1821, Villacidro è sede di una delle 15 prefetture istituite in Sardegna dal governo Sabaudo. Ai Bon Crespi di Valdaura viene riscattata nel 1839 con la soppressione del sistema feudale, per cui diviene un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio Comunale. Del comune di Villacidro nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella nuova del Medio Campidano, della quale costituiva insieme a Sanluri uno dei due capoluoghi, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova Provincia del Sud Sardegna. Personaggi nati ed altri vissuti a VillacidroA Villacidro sono nati gli esponenti di due casati che hanno dato i natali a importanti personaggi della storia del paese, i Cogotti ed i Cadoni. Successivamente, a Villacidro trascorre una difficile e inquieta adolescenza lo scrittore e pittore Giuseppe Dessì, e ci vive anche il pittore Dino Marchionni. I Cogotti erano un influente casato di Villacidro, ed a loro apparteneva la casa che oggi ospita il Caffè letterario. Tra la fine dell’ottocento e la prima metà del novecento due suoi esponenti sono al centro della vita politica della cittadina. A questa famiglia appartiene Luigi Cogotti che è stato sindaco per molti anni di Villacidro, dal 1884 al 1889 e dal 1892 al 1894, ed al cui impegno si deve la progettazione e la realizzazione del lavatoio pubblico inaugurato nel 1893, del quale in seguito erroneamente si attribuisce la costruzione al sindaco Giuseppe Pinna Curreli, il quale però verrà eletto soltanto nel 1895. Suo figlio Antonio Vincenzo Ignazio Cogotti, più detto Ignazio Cogotti nato nel 1868 morto nel 1946, è sindaco di Villacidro per molti anni, dal 1908 al 1920. Oltre che avvocato ed abile politico, è anche un umorista fine, ironico, spesso graffiante, talora melanconico, apprezzato poeta in lingua italiana e sarda campidanese, dove dà il meglio di sé come autore di gustosissimi sonetti nei quali descrive la vita di Cagliari, città in cui studia ed esercita la professione di avvocato, e quella del suo paese natio, Villacidro. Nella lingua madre raggiunge un eccelso grado di espressività, ma la sua produzione in lingua sarda campidanese è ancora parzialmente inedita. |
Anche i Cadoni erano una delle famiglie maggiorenti di Villacidro, proprietaria tra l’altro del Mulino Cadoni, adiacente al lavatoio, e le loro case si affacciavano sulla piazza principale del paese, che alla loro famiglia era dedicata. A questa famiglia apparteneva Luigi Cadoni nato nel 1884, settimo dei quattordici figli di Maria Cogotti, sorella di Ignazio. Diplomato al ginnasio, parte militare come finanziere, poi tornato a Villacidro si ammala di una malattia incurabile che lo porta alla morte nel 1917, all’età di solo 33 anni. Egli lascia un’impronta importante nella vita della comunità per le sue doti non solo poetiche, ma anche di polemista e di operatore culturale. La sua produzione poetica comprende prima in italiano Fantasmagorie del 1904; in seguito in lingua sarda campidanese, il suo capolavoro Favolas ed atteras poesias umoristicas in dialettu sardu: campidanesu del 1909, in cui si firma con lo pseudonimo di Bernardu de linas, che sono traduzioni dialettali delle favole di Esopo e Fedro interpretate però con lo spirito campidanese dove il protagonista è l’uomo con le sue debolezze; e poi i poemetti Cosas de arriri: chantecler sardu o siat Sa riconciliazioni de su caboni e de su margiani del 1910; Unu brutt’animali del 1911; S ’egua Ghiani, andato perso; Concu Franciscu Elènu, poemetto in 82 strofette del 1917, inedito e pubblicato postumo nel 1988. Egli collabora, inoltre, negli anni della grande guerra, al settimanale cattolico La Voce del Popolo. |
A Cagliari nasce nel 1909 lo scrittore e pittore Giuseppe Dessì che trascorre a Villacidro una difficile ed inquieta adolescenza. Soffrendo per le assenze del padre ufficiale di carriera, viene bocciato agli esami di licenza ginnasiale. Si ritira dalle scuole regolari, ma scopre dietro un muro della casa del nonno la Biblioteca lasciata da un prozio giacobino che i parenti avevano prudentemente murato. Inviato al liceo Dettori di Cagliari, vive con disagio i suoi vent’anni in più rispetto ai compagni di classe sedicenni. Dopo la laurea all’Università di Pisa, diviene insegnante e poi ispettore del Ministero della Pubblica Istruzione. Protagonista dei suoi racconti è la Sardegna. Esordisce come scrittore nel 1939 con La sposa in città, raccolta di racconti, e il romanzo San Silvano. Nel 1942 pubblica Michele Boschino, la storia di un contadino solitario e chiuso. Ancora una raccolta di racconti è Racconti vecchi e nuovi del 1945. Nel 1949 pubblica L’isola dell’angelo e nel 1950 La frana. Con I passeri (1953) Dessì fa entrare il mondo violento della storia nel mondo antico e immutato della Sardegna. Seguono due volumi di racconti, La ballerina di carta del 1957, e Racconti drammatici del 1959. Del 1959 è l’Introduzione alla vita di Giacomo Scarbo, primo romanzo esplicitamente dedicato a quell’Alter ego che sarà una costante presenza nella narrativa di Dessì. Del 1961 è Il disertore, ambientato durante la Prima Guerra Mondiale. Nel 1972 pubblica Paese d’ombre, ambientato nell’antica piazza intorno alla quale si è formato Villacidro, che vince il premio Strega. Giuseppe Dessì realizza anche alcuni quadri, che gli danno fama anche come uno dei principali pittori sardi del ventesimo secolo. Di seguito vediamo alcune tra le sue opere. Con la Sardegna, dopo la Pisa della giovinezza, altre città hanno avuto un’incidenza determinante nella sua opera, la Ferrara degli anni Quaranta, e soprattutto Roma, dove vive per oltre un ventennio, fino alla morte che avviene nel 1977. |
A Urbino nasce nel 1932 Dino Marchionni che dal 1954 si trasferisce a Villacidro, dove insegna educazione artistica per trent’anni. Dalla metà degli anni sessanta inizia un periodo prolifico, nel quale si avvicina a tecniche quali l’acquerello ed il graffito. La tecnica del graffito richiede un’attenzione particolare, e il conseguente lavoro minuzioso e lento, consente a Marchionni di ottenere, in quaranta anni, una produzione di opere, che non supera i cento pezzi. Dalla fine degli anni sessanta, e per tutti gli anni settanta, la sua attività si concentra prevalentemente sull’acquerello. Negli anni ottanta Marchionni, raggiunta la piena maturità artistica, alterna la produzione di acquerelli con quella dei graffiti. Dal quel momento in poi, e fino alla sua scomparsa a Villacidro lnel 1994, la produzione artistica si fa più intensa e variegata. Le mostre personali si alternano più frequentemente, numerose sono anche le partecipazioni ad esposizioni nazionali ed internazionali. Le sue opere si trovano sia in collezioni private che pubbliche. |
Le principali feste e sagre che si svolgono a VillacidroA Villacidro sono attivi il Gruppo Folkloristico città di Villacidro ed il Gruppo Folk Gippi di Villacidro, nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale del paese. Tra le principali principali feste e sagre che si svolgono a Villacidro vanno citate, il 17 gennaio la Festa di Sant’Antonio Abate, definito anche Sant’Antoni ’e su fogu, che la sera precedente è basata sull’accensione di un grande falò detto Su Fogadone, poi il pomeriggio del giorno della Festa si svolge la processione religiosa a seguito del Santo, per le vie cittadine, che si conclude sul sagrato della chiesa parrocchiale, dove vengono benedetti gli animali dato che Sant’Antonio è il protettore degli animali, e dopo la celebrazione solenne della messa, il Comitato organizzatore distribuisce alla popolazione il pane benedetto che ognuno porta a casa; durante la Pasqua le cerimonie della Settimana Santa; ad aprile, la manifestazione ViviVerde, una manifestazione ideata per promuovere il territorio di Villacidro e le sue peculiarità, con lo scopo di valorizzare le risorse di cui il paese dispone; a fine maggio o inizio giugno, la Festa di Sant’Isidoro, patrono degli agricoltori, che ha avuto sempre come suo punto di riferimento la chiesa di Sant’Antonio; l’indomani della Pentecoste, la Festa di San Giuseppe nella sua chiesa campestre; la prima domenica di giugno, la Sagra delle Ciliegie; l’ultima domenica di giugno, la Festa di San Pietro presso la sua chiesa campestre; il 16 luglio, la Festa della Madonna del Carmelo, che dura quindici giorni nella chiesa campestre a lei dedicata; la prima domenica di agosto, la Festa di San Sisinnio, nella sua chiesa campestre, con celebrazioni che inizano il venerdì e proseguono fino al lunedì successivo; al termine della terza o della quarta settimana di agosto, la Festa di Sant’Ignazio da Laconi, nella chiesa a lui dedicata; la prima domenica di ottobre, la Festa della Madonna del Rosario; ad ottobre, si tiene anche il Premio nazionale di letteratura Giuseppe Dessì; il 4 dicembre, si celebra la Patrona nella Festa di Santa Barbara; il 16 novembre, la Festa di Santa Cecilia, patrona dei musicisti, presso la chiesa di Sant’Antonio; il 31 dicembre, la Festa de Su trigu cottu e Sa candelaria, il grano cotto e il pane, una antica usanza per la quale i ragazzini vanno a bussare di porta in porta nelle abitazioni chiedendo una ciotola di grano bollito e una tazza di latte appena munto, con la speranza di buo auspicio per l’anno che verrà. I riti della Settimana Santa a VillacidroLe Cerimonie della Settimana Santa a Villacidro iniziano la Domenica delle Palme, il giorno in cui si ricorda l’ingresso trionfante di Gesù a Gerusalemme. Si svolge una breve processione dalla chiesa ed oratorio delle Anime Purganti alla parrocchiale di Santa Barbara dove, dopo la messa, vengono benedette le palme e i rami d’ulivo portati dai fedeli. Il Giovedì Santo è giorno in cui si ricorda nella parrocchiale l’ultima cena di Gesù con gli apostoli, e in cui si tramanda la lavanda dei piedi in segno di umiltà e di servizio. Le statue vengono tutte coperte con un telo e l’altare resta disadorno in segno di lutto. Il Venerdì Santo, al mattino, inizia la via Crucis, nella quale una lunga croce viene portata in spalla da un uomo vestito con un saio nero e il volto coperto in segno di penitenza o di promessa. Il parroco della chiesa di Santa Barbara si reca al sepolcro, rappresentato dalla chiesa ed oratorio delle Anime Purganti, scalzo e strisciando per la strada. Nella chiesa di Nostra Signora del Rosario viene sistemata la Madonna Addolorata vestita di nero, che sul petto conserva un pugnale che simbolicamente le trafisse il cuore e sul polso una cavalletta d’argento detta Su Pibirizzibi in ricordo di un antico miracolo fatto da questa Madonna. E nella chiesa delle Anime Purganti viene collocata la statua di Gesù flagellato alla colonna. Queste due statue, poi, vengono portate nella via Crucis. La sera del Venerdì Santo avviene la cerimonia de Su Scravamentu, durante la quale Gesù viene tolto dalla croce e riposto in un letto che ricorda il sepolcro. La mattina della Domenica di Pasqua, a piazza Frontera si svolge la cerimonia de S’Incontru, il momento più alto dei riti della Settimana Santa. La Madonna con il velo nero, in segno di lutto, arriva da via Garibaldi, mentre il Cristo risorto appare dalla via Roma, e si incontrano al centro della piazza. Insieme poi, al suono delle campane finalmente sciolte, al suono della banda musicale, e con tutti i fedeli in festa, si dirigono verso la chiesa parrocchiale di Santa Barbara, dove viene celebrata la solenne messa. Visita del centro di VillacidroL’abitato di Villacidro, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, è circondato da verdi pinete. Arriviamo a Villacidro da Gonnosfanadiga con la SP61 e, passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato, la strada entra nel paese da nord est assumendo il nome di via San Gavino. Il nuovo impianto sportivo Corte RisoniEntrati nell’abitato, inizieremo visitando il quartiere Corte Risoni caratteristico per le sue nuove palazzine, prima di recarci nel centro storico della cittadina. Presa la via San Gavino, dopo appena centocinquanta metri dal cartello segnaletico che ha indicato l’ingresso nell’abitato, svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Rosa luxemburg, la seguiamo per quattrocento metri, poi svoltiamo a sinistra nella via Giuseppe di Vittorio e, dopo appena una cinquantina di metri, vediamo sulla destra della strada il cancello di ingresso del nuovo Impianto sportivo Corte Risoni realizzato in località Pru Corterisoni di Villacidro. All’interno di questoimpianto sportivo è presente un Campo da Calcio con fondo in erba sintetica, un poco più piccolo del Campo da Calcio con fondo in erba naturale presente all’interno del Campo Sportivo Comunale di via della Stazione, che per il momento non è ancora dotato di tribune. Intorno al Campo da Calcio è presente una Pista di atletica, che era un sogno che si attendeva da almeno 20 anni. E’ dotata di doppia pedana del lungo, di pedana per il salto in alto e di quella per il salto con l’asta, è presente anche la fossa per la corsa con le siepi. Il Cimitero Monumentale di VillacidroEvitando la deviazione in via Rosa luxemburg, proseguiamo lungo la via San Gavino e, percorsi seicentocinquanta metri arriviamo a un incrocio con al centro una rotonda, dove da sinistra arriva la via Nazionale, ed a destra parte la via Gonnosfanadiga. Passato l’incrocio, la prosecuzione della via San Gavino è la via della parrocchia, la seguiamo per trecentocinquanta metri, e vediamo partire a destra la via San Nicolò, proprio all’inizio della quale si vede, alla destra della strada, in uno spazio alberato, il vialetto di accesso al Cimitero Monumentale di Villacidro. Sorge nell’area di Pardu de Campsantu, progettato da Gaetano Cima sotto l’influsso dell’Editto napoleonico di Saint: cloud del 1804, le cui norme prevedevano le sepolture fuori dalle mura per esigenze igienico sanitarie, la sua costruzione è iniziata nel 1836 ed è stato inaugurato nel 1842. Il Cimitero ha una pianta rettangolare, circondato da una cinta muraria con la fronte principale scandita da un ingresso timpanato e due aperture laterali. Il Campo Sportivo ComunalePassata la via San Nicolò, proseguiamo lungo la via della parrocchia, dopo un centinaio di metri svoltiamo tutto a sinsitra e prendiamo la via della Stazione, che porta all’interno del quartiere Corte Risoni. Dopo circa duecento metri si vede, alla sinistra della strada, il cancello di ingresso del Campo Sportivo Comunale di via della Stazione. All’interno di questo impianto sportivo si trova un Campo da Calcio con fondo in erba naturale, dotato di tribune in grado di ospitare 1600 spettatori. La squadra di calcio più importante di Villacidro è la Società Sportiva Villacidrese, arrivata a militare in lega Pro Seconda Divisione, quarta categoria del campionato italiano di calcio, per due volte. Nel 2011 a causa di problemi finanziari è costretta a ripartire dalla Terza Categoria, e la prima squadra calcistica del paese allora diventa la Società Sportive Riunite Villacidro, militante in Eccellenza, ma nel 2012 anche questa fallisce, facendo tornare la Villacidrese prima squadra della città. La Villacidrese attualmente milita nel campionato di Promozione e gioca le sue partite casalinghe aAll’interno di questo Campo da Calcio. La chiesa parrocchiale della Madonna del RosarioProseguiamo lungo la via della Stazione per centocinquanta metri e prendiamo a destra la via Francesco Ciusa, dopo un centinaio di metri, passati gli impianti sportivi parrocchiali, si vede, alla sinistra della strada, la chiesa della Madonna del Rosario una nuova parrocchiale di recente costruzione. Nel 1974 don Angelo Pittau, primo parroco della Madonna del Rosario, istituita per servire gli abitanti del nuovo quartiere sorto in località Corte Risoni, preso atto della mancanza di locali adatti, comincia ad operare usando come sede dapprima una casa privata, poi una casermetta di via della parrocchia, ed infine, dal 1981, la nuova chiesa della Madonna del Rosario, in cemento armato, opera dell’ingegnere Ferdinando Spada. Sebbene il materiale di costruzione sia cemento armato, la particolare forma slanciata e arrotondata, ma al contempo austera, del campanile richiama subito alcune strutture della città di fondazione. Si tratta di un’opera moderna con forme futuriste. Presso questa chiesa ogni anno, la prima domenica di ottobre, si svolge la Festa della Madonna del Rosario, che prevede, oltre alle cerimonie religiose, anche la processione con il simulacro della Vergine per le vie del paese, accompagnata dalle associazioni parrocchiali e dai membri della Confraternita della Beata Vergine del Rosario. Ma questa non è la Festa pricipale che viene organizzata dalla chiesa della Madonna del Rosario, dato che più importante è la Festa di Sant’Ignazio da Laconi, che viene organizzata al termine della terza o della quarta settimana di agosto, e prevede, tra l’altro, la processione con il simulacro del Santo da questa chiesa parrocchiale fino alla chiesa campestre dedicata al Santo, che si trova nella zona industriale del paese. I resti della Stazione ferroviaria dismessa di VillacidroEvitando la deviazione in via Francesco Ciusa, proseguiamo lungo la via della Stazione, dopo un’ottantina di metri arriviamo all’incrocio con la via Nazionale, passato in quale la strada diventa la via Giuseppe di Vittorio, la seguiamo per poco meno di un centinaio di metri, poi svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Corterisoni. Dopo una trentina di metri, vediamo alla sinistra della strada la Ex Stazione ferroviaria di Villacidro che originariamente era stata edificata a breve distanza a est di quello che era allora l’abitato del paese. Si trattava di una stazione delle Ferrovie Complementari della Sardegna realizzata lungo la linea ferroviaria che collegava Villacidro con Isili, dopo la stazione di Sanluri Stato, che era entrata in esercizio nel 1915, e che, con alterne vicende, resterà in funzione fino al 1956. L’edificio viaggiatori esiste tuttora, unitamente al deposito merci affiancato sul lato nord, ed entrambi si presentano in ottime condizioni, essendo stati restaurati e ripristinati nelle forme originarie. La stazione al giorno d’oggi è destinata a sede degli uffici delle Ferrovie di Sardegna per il servizio di trasporto passeggeri sulle autolinee. A breve distanza della stazione, in direzione sud, si trova l’area dove era posta la rimessa locomotive, con la vicina cantoniera, che viene utilizzata per il parcheggio degli autobus ARST. Parte dell’ex tracciato ferroviario è ricalcato dall’attuale via Stazione. Il centro storicoDa dove la via San Gavino era diventata la via della parrocchia, percorsi settecento metri arriviamo a un incrocio con al centro una rotonda, dove da sinistra arriva la via Giuseppe Dessì ed a destra parte la via Giovanni XXIII. Passato l’incrocio, la via della parrocchia ci porta nel caratteristico Centro storico di Villacidro, con antiche stradine tortuose, pittoresche scalette e splendidi angoli dal sapore antico capaci di suscitare indimenticabili suggestioni ricche di fascino letterario e di vita vissuta. Passeggiare per le sue strade, ripercorrendo le pagine di Paese d’ombre, de Il disertore, di San Silvano, alcune delle opere principali dello scrittore Giuseppe Dessì, può essere un modo accattivante e singolare per scoprirne gli angoli più suggestivi, percepirne il valore intrinseco, umano e letterario, ritrovando le atmosfere respirate nei romanzi. Il nucleo originario del paese nasce nei pressi del rio Fluminera che divideva in due parti il centro abitato. Sono tuttora ben visibili le articolazioni in più rioni che dalla piazza centrale, piazza Santa Barbara, si diramano nelle diverse direzioni. Nel rione Castangias, che rappresenta la parte più antica del paese, si concentrano gli edifici e le costruzioni più caratteristiche del centro storico, con stradine strette in acciottolato, piccole case in pietra, stretti vicoli e numerose scalette che con un continuo altalenare tra i vari livelli collegano viuzze e case. Antiche croci custodiscono l’accesso ai rioni e accolgono chiunque entri a Villacidro come segno di saluto e di augurio. Il Palazzo vescovileArrivati con la via della parrocchia all’incrocio con la via Giuseppe Dessì e la via Giovanni XXIII, entriamo nella rotonda e prendiamo la seconda uscita, che è la via delle Carceri, la seguiamo per circa duecento metri e troviamo, a destra la via Vittorio Emanuele II, proprio all’inizio dela quale, alla destra, al civico numero 15, si vede l’ingresso dell’edificio che ha ospitato il Palazzo vescovile di Villacidro. Un tempo dimora dei Marchesi Brondo, signori di Villacidro dal 1594 al 1694, il Palazzo ha avuto numerose destinazioni e rimaneggiamenti. La salubrità del paese, ispira Mosignor Giuseppe Maria Pilo, Vescovo della diocesi di Ales, che nel 1767 lo acquista per farne una residenza estiva in grado di consentire di sfuggire alla malaria che imperversa nei paesi pianeggianti. Tra il 1807 i1 il 1814, quando Villacidro è capoluogo di Provincia, la struttura viene destinata a Prefettura, ed è dotata di un carcere utilizzato fino alla metà del secolo scorso. Nel 1932 diviene, infine, Seminario vescovile, e tuttora mantiene tale funzione. La sua imponenza, alcuni dettagli architettonici, la fontana della corte interna, gli affreschi di alcune sale e dell’androne e gli ampi giardini ricchi di alberi e la sua centralità, ne fanno ancora oggi un punto di riferimento importante. Nonostante il suo attuale, ridotto utilizzo, la grande strutture è un fondamentale punto di riferimento per chiunque visiti la cittadina. Al piano terra del Palazzo è possibile visitare il Magmma, ossia il Museo d’Arte Grafica del Mediterraneo Marchionni, che ospita anche la collezione arte contemporanea degli artisti che hanno partecipato al Premio internazionale Marchionni. Il lavatoio pubblico in stile libertyArrivati con la via della parrocchia all’incrocio con la via Giuseppe Dessì e la via Giovanni XXIII, entriamo nella rotonda e prendiamo la quarta uscita, che è la via Giuseppe Dessì alla sinistra della quale si trovano i Giardini pubblici, la seguiamo per poco più di un centinaio di metri ed arriviamo a una rotonda, passata la quale si apre la piazza Giuseppe Dessì, una delle piazze centrali di Villacidro, che porta in piazza del lavatoio, nella quale si trova il Lavatoio pubblico costruito in stile liberty ed inaugurato nel 1893. Voluto dal sindaco Luigi Cogotti e progettato dall’ingegnere Enrico Pani, viene iniziato in occasione della sistemazione e dell’imbrigliamento del rio Fluminera, dopo la demolizione, nella piazza antistante, di abbeveratoio, logge e macello, ed è oggi ad un livello più basso rispetto a quello originario. Ad esso si può arrivare anche direttamente dal Palazzo vescovile, che è collegato al lavatoio da un’antica scala in acciottolato che conduce davanti ad uno stretto viottolo, anch’esso in acciottolato, che conduce all’interno del lavatoio dopo aver costeggiato la massiccia struttura del Mulino Cadoni. La costruzione del lavatoio è ricordata da Giuseppe Dessì nel romanzo Paese d’ombre, che però ne attribuisce erroneamente il merito della costruzione al sindaco che chiama Angelo Uras, che va identificato in Giuseppe Pinna Curreli, il quale però sarà eletto soltanto nel 1895. Il lavatoio presenta caratteristiche strutturali riscontrabili in pochissime altre strutture in Sardegna, come il mercato vecchio di Cagliari demolito negli anni cinquanta del novecento, ed è costituito da una grande copertura in lamiera sorretta da ventidue colonne in ghisa, e sotto questa copertura si trovano trentasei vasche rivestite in trachite, con capacità, ciascuna, di un quarto di metro cubo. Nel prospetto principale è presente una fontana artistica abbellita da alcune sculture marmoree tra cui due sirene, un Leone e una Leonessa, andati trafugati nel periodo post bellico, e alcuni volti d’angelo. La Distilleria Murgia e l’antico Mulino CadoniSul retro del lavatoio si trova la zona industriale, che era stata realizzata lungo la sponda del rio Fluminera, il quale è stato interrato tra gli anni sessanta e novanta del novecento, e che oggi affiora solo in corrispondenza del lavatoio che abbiamo appena visto e della fontana in piazza Zampillo che vedremo più avanti. Sul retro del lavatoio, alla destra, si trova l’ingresso principale della Distilleria Murgia dove ancora oggi viene prodotto il famoso liquore inventato nel 1882 dal farmacista Gennaro Murgia, Per rispondere alla riChiesta di distillati che in quegli anni aumentava notevolmente a causa della fillossera, insetto giunto dal continente americano intorno al 1870 e che distruggeva gran parte dei vigneti europei, ma risparmiando temporaneamente la Sardegna grazie al suo isolamento territoriale. Viene impiantata nel grande fabbricato vicino al rio Fluminera, in una zona ricca di falde idriche, una distilleria continua a vapore, costruiti grossi vasconi interrati per lo stoccaggio del vino acquistato in tutta la Sardegna, mentre in un altro magazzino, sulla sponda opposta del torrente, in una zona a nord particolarmente fresca, il distillato viene invecchiato in enormi botti di rovere, per produrre un brandy che competeva con i migliori cognac francesi in tutte le più importanti Fiere d’Europa riportando sempre grandi onori. Sempre sul retro del lavatoio, alla sinistra, si trova l’ingresso del Mulino Cadoni di proprietà della famiglia omonima, che fino a pochi decenni fa era il più importante di Villacidro. La sua imponente struttura ha conservato la sua antica funzione fino agli anni successivi al secondo dopoguerra, ospitando un moderno mulino dove veniva portato il grano per la macinazione. L’edificio, della fine del diciannovesimo secolo, conserva intatta la sua eleganza e la sua ampiezza. All’esterno sono visibili eleganti decori, mentre all’interno un grande portale consente di accedere al cortile in acciottolato da cui una bella veranda introduce alla struttura che, articolata su tre livelli, è interamente pavimentata con robuste assi di legno e ricoperta da soffitti lignei. Acquisito dall’amministrazione Comunale, oggi l’ex mulino ospita il Museo di Paese d’ombre che, attraverso l’uso della scenografia e di moderne tecniche di allestimento, propone al visitatore un viaggio attraverso le suggestioni evocate dalla rilettura delle opere di Giuseppe Dessì. Lungo il percorso, personaggi, luoghi, oggetti, ambientazioni guidano il visitatore-Lettore alla scoperta di un mondo letterario e umano ricco di profonde emozioni. La chiesa parrocchiale di Santa BarbaraArrivati con la via della parrocchia all’incrocio con la via Giuseppe Dessì e la via Giovanni XXIII, entriamo nella rotonda e prendiamo la terza uscita, che è la prosecuzione della via della parrocchia, dopo duecento metri arriva da destra la via Vittorio Emanuele II proveniente dal Palazzo vescovile, dopo un’altra trentina di metri arriva da sinistra la via del lavatorio che proviene dalla piazza omonima, e dopo pochi altri metri arriviamo in uno slargo solitamente indicato come piazza Santa Barbara, alla sinistra del quale si affaccia la chiesa di Santa Barbara che è la principale parrocchiale di Villacidro, edificata nel tredicesimo secolo in stile romanico, che serviva il quartiere chiamato Vicinato Cresia. La chiesa è stata rimaneggiata in stile gotico catalano nel sedicesimo secolo, con il rifacimento della facciata e di buona parte dell’interno, con la Capilla mayor dalla volta stellare, ed anche con l’aggiunta del campanile. In seguito il primitivo impianto mononavato senza transetto e con copertura lignea, evolve attraverso forme tardo manieriste, assunte per adattare l’edificio ai precetti della Controriforma, con la sostituzione dal 1776 al 1780 della copertura lignea con una volta a botte in muratura. La semplice facciata, oggi caratterizzata da un coronamento curvilineo con il classico profilo A lucerna di carabiniere, caratteristico di numerose Chiese sarde del diciassettesimo e diciottesimo secolo, nella quale unici elementi decorativi sono il portale centrale con timpano semicircolare spezzato e stemma inserito nell’interruzione del timpano e una sovrastante apertura rettangolare. Nel 1992 la facciata viene abbellita da un portale bronzeo in sostituzione di quello ligneo. A destra della facciata si trova la torre campanaria costruita su pianta quadrata dal 1640 al 1668, e che è stata poi arricchita con l’aggiunta di un cupolino ottagonale ravvivato da tegole smaltate disposte a forma di ventaglio. Il risultato dei vari interventi avvenuti nel tempo è una chiesa che, oggi, presenta una pianta longitudinale con una navata centrale con volta a botte e quattro cappelle per lato tra loro comunicanti, presbiterio leggermente rialzato e coro. Nel diciottesimo secolo, sotto l’influenza barocca, la chiesa viene arricchita di opere come l’altare maggiore in marmo policromo intarsiato, opera raffinata di Giovanni Battista Spazzi, appartenente alle famiglie dei marmorari giunti in Sardegna dalla Val d’Intelvi, e la scalinata d’accesso al presbiterio, anch’essa di marmo. Al 1871 risalgono il fonte battesimale e il pulpito, ancora in marmo policromo. Di particolare interesse è il settecentesco organo a canne, recentemente restaurato. Ogni anno presso questa chiesa, il 4 dicembre, si celebra la Festa di Santa Barbara. Un tempo il programma dei festeggiamenti era molto suggestivo, come racconta Giuseppe Dessì in Paese d’ombre, con l’albero della cuccagna, pariglie, canti popolari, e usanze contadine come l’uccisione del maiale da parte delle famiglie che la avevano allevato. Oggi i festeggiamenti si limitano prevalentemente alla celebrazione della messa, allietata da Is goggius, ovvero le lodi in onore della Santa Martire, a cui segue la processione con la statua portata in spalla, durante la quale tutto il paese sfila in preghiera. Si svolgono anche manifestazioni civili, con l’allestimento dei tendoni dove vengono venduti i dolci tipici. Durante la festa, che dura un paio di giorni, nella piazza della chiesa viene inoltre esposto lo stendardo con l’immagine della Santa, e non mancano alla sua conclusione i fuochi d’artificio. L’oratorio delle Anime PurgantiGuardando la chiesa parrocchiale, alla sua sinistra, separata solo dalla via della parrocchia, si trova l’oratorio delle Anime Purganti conosciuto come Sa Cresia de Is Animas. La sua edificazione risale agli anni tra il 1724 ed il 1728, come risulta da documenti conservati nell’Archivio Storico Diocesano di Ales, per ospitare la Confraternita delle Anime, nei cui statuti compaiono trascrizioni di documenti, risalenti alla fine del sedicesimo e all’inizio del diciassettesimo secolo, che ne attestano l’affiliazione alla Arciconfraternita della Beata Maria del Suffragio, officiante a Roma nella chiesa di Santa Maria in via lata. Prima che la Confraternita disponesse di una propria sede, è verosimile che si riunisse nella Cappella dedicata alle Anime Purganti nella chiesa di Santa Barbara. L’oratorio è caratterizzato da una semplice facciata sormontata da un cornicione curvilineo di gusto barocco, con un campanile a vela nel lato sinistro. All’interno, l’altare presenta un raro tronetto o espositorio eucaristico in legno, che culmina con una cornice barocca caratterizzata da una cromia azzurra e dorata, con volute e colonne tortili di ispirazione berniniana. Al centro è inserito un dipinto ad olio su tela attribuito al pittore napoletano Domenico Tonelli, databile alla seconda metà del settecento. Nel medaglione centrale del coronamento è raffigurato il redentore. Ai due lati dell’altare, in due nicchie lignee incassate entro cavità presenti nelle pareti laterali, l’oratorio ospitala a destra la statua lignea policroma del Cristo alla colonna, di un ignoto scultore del diciottesimo secolo, affine alle opere di Giuseppe Antonio Lonis, ed alla sinistra la statua lignea del redentore, anch’essa del diciottesimo secolo. Sulla parete laterale sinistra è collocato un Crocifisso, di recente realizzazione, con le braccia snodabili impiegato per la cerimonia de Su Iscravamentu, e nella controfacciata dell’oratorio sono ospitate una croce processionale con strumenti e simboli della Passione, e la grande croce utilizzata in questa cerimonia. L’ex oratorio di Nostra Signora del Rosario che oggi ospita il Museo parrocchiale di Santa BarbaraDi fronte alla chiesa parrocchiale di Santa Barbara si trova l’Ex oratorio di Nostra Signora del Rosario conosciuto come Sa cresia de Nostra Signora. Edificato nel diciassettesimo secolo e più volte rimaneggiato e ampliato, che per circa Trecento anni è stato la sede della Confraternita del Santo Rosario, nata ai primi del seicento con lo scopo di assistere i poveri e favorire la diffusione del culto mariano, e tuttora attiva. L’edificio odierno conserva però ben poco dell’antica struttura, che un tempo sicuramente era di minori dimensioni. L’oratorio è caratterizzato da un grazioso loggiato addossato alla facciata, ricostruito negli anni novanta del secolo scorso per sostituire quello antico, che era crollato nel 1960 a causa della neve. Il presbiterio è sovrastato da un’importante cupola ottagonale risalente alla metà del diciottesimo secolo, realizzata su modello di quella della cattedrale di Cagliari. L’interno è coperto da volta a botte sostenuta da archi a tutto sesto e cupola ottagonale nel presbiterio, a sinistra c'è un vano laterale che veniva utilizzato in passato come sacrestia. Dal 1998 l’oratorio ospita il Museo parrocchiale di Santa Barbara nel quale si trova una raccolta che permette di ricostruire il clima socio culturale di Villacidro dal sedicesimo secolo fino a oggi, e che rivela una committenza attenta agli esiti artistici sia sardi che extrainsulari. Il Museo accoglie manufatti e suppellettili appartenuti alla Confraternita del Rosario, ma anche opere di rilevante pregio artistico provenienti dalla parrocchiale di Santa Barbara e dall’oratorio delle Anime. Sono presenti arredi liturgici e altri legati alla pietà popolare, in particolare manufatti in argento e simulacri lignei. Molto significativo anche il secchiello per l’acqua benedetta. Tra le statue lignee non si possono dimenticare i due Crocefissi del quindicesimo e del sedicesimo secolo, la statua di Sant’Antioco del diciassettesimo secolo, quella di San Giuseppe anch’essa del diciassettesimo secolo, e due statue di Giuseppe Antonio Lonis del diciottesimo secolo che rappresentano la Vergine del Rosario e San Raffaele Arcangelo. La piazza ventesimo Settembre nota come piazza Zampillo con la statua della Vergine Immacolataalla sinistra dell’oratorio di Nostra Signora del Rosario si sviluppa un’ampia piazza che è da sempre il cuore della cittadina, e che per tutto l’ottocento veniva chiamata Piazza Cadoni per via delle costruzioni che,su un intero lato, appartenevano all’omonima famiglia, e che in seguito verrà ribattezzata Piazza ventesimo Settembre nonostante una delibera Comunale del 1902 la volesse chiamare piazza del Popolo. Sulla piazza Zampillo si affacciano la costruzione settecentesca del Monte Granatico e le abitazioni di due casati villacidresi che hanno dato i natali a importanti personaggi della storia del paese, i Cadoni ed i Cogotti. Nel 1893, in un progetto di opere pubbliche promosso dal sindaco Luigi Cogotti e comprendenti anche il lavatoio e il mattatoio, la piazza viene dotata di un’elegante fontana con zampillo, costruita in trachite nera di Serrenti come il frontale del lavatoio, e fino da allora gli abitanti hanno iniziato a chiamarla Piazza Zampillo. Dal 1954, nell’anno del centenario dalla definizione del dogma dell’Immacolata Concezione, in luogo dell’originale zampillo, sopra la fontana viene collocata la statua della Vergine Immacolata, opera dello scultore Pietro Tagliazucchi di Carrara, sopra un basamento in cemento dal quale si originano quattro nuovi zampilli d’acqua. L’ex Monte Granatico che oggi ospita il Museo Archeologico Villa leniEntrando nella piazza Zampillo dall’oratorio di Nostra Signora del Rosario, si vede subito alla destra, affiancato al termine della struttura dell’oratorio, al civico numero 1, l’edificio che ospitava il Monte Granatico. La sua costruzione risale al 1767, allorché, sotto il governo dei Savoia, il ministro per la Sardegna Bogino, nell’intento di rilanciare l’asfittica agricoltura sarda, ne decide l’istituzione in ogni villaggio del regno. Lo scopo è quello di debellare il fenomeno del prestito ad usura, praticato dai grandi proprietari e dal clero, nei confronti dei contadini più poveri. In ogni villaggio viene individuato un appezzamento di terreno, che viene coltivato obbligatoriamente e gratuitamente dai braccianti e dai possessori di gioghi di buoi. Il raccolto viene ammassato in queste strutture e messo a disposizione di chi ne avesse bisogno per l’anno successivo, in prestito, a tassi di interesse bassissimi o nulli. Dal 2003 la struttura dell’ex Monte Granatico, ospita il Civico Museo Archeologico Villa leni che è uno spazio espositivo dove sono raccolti numerosi e originali reperti provenienti dalle località archeologiche più rilevanti della zona. Dal territorio di Villacidro provengono la gran parte dei reperti che abbracciano un arco di tempo che va dall’età preistorica, precisamente dal Neolitico recente al periodo della dominazione fenicia e punica, a quella romana, fino all’Alto Medioevo. Sono presenti oggetti tra i più vari, ceramiche preistoriche della Cultura di Ozieri, modellini di Nuraghi, ripostigli e bottoni bronzei d’età nuragica, statuine, vasellame, ed altri oggetti che raccontano l’antica storia di questi luoghi attraverso un breve ma singolare percorso museale. La ex Casa Cogotti che oggi ospita il Caffè letterarioalla sinistra dell’ex Monte Granatico, si trova, al civico numeroi 6 della suggestiva piazza Zampillo, l’ingresso di quella che è stata a fine ottocento la Casa Cogotti ossia la storica abitazione nella quale viveva la famiglia Cogotti, influente casato di Villacidro. Si tratta di un edificio nel quale oggi è ospitato il Caffè letterario di Villacidro. Racconta Giuseppe Dessì che La piazza che poi in omaggio fu chiamata piazza Cadoni allora era semplicemente la piazza dei giochi e apparteneva a tutti i ragazzi del paese. E qui è nato il Caffé letterario, che ha il desiderio, l’entusiasmo e la volontà di far sì che la piazza torni ad essere centro d’aggregazione, fucina di idee, sviluppo delle arti, gioia di vivere il centro storico di una Villacidro che ha bisogno di nuova linfa. Il Municipio di VillacidroArriviamo in piazza Zampillo dalla via della parrocchia, dopo aver visto sulla sinistra la facciata della chiesa parrocchiale di Santa Barbara e sulla destra quella dell’oratorio di Nostra Signora del Rosario. Passiamo la piazza costaggiando sulla sinistra della strada gli edifici che ospitavano le antiche abitazioni della famiglia Cadoni, arriviamo ad una rotonda dove prendiamo a sinistra la via Roma, la seguiamo per un’ottantina di metri, ed arriviamo a uno slargo dove parte a destra la via Garibaldi. Qui, alla destra dello slargo, prima della via Garibaldi, si trova l’ampia gradinata che conduce fino alla piazza Municipio, nella quale, al civico numero 1, si trova l’edificio che ospita il Municipio di Villacidro. Il palazzo Comunale, costruito nel 1874, ospita la sua sede e gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti di Villacidro. La Casa Museo dello scrittore sede della Fondazione Giuseppe DessìDalla rotonda in piazza Zampillo prendiamo la via Roma e, percorsi centocinquanta metri, alla destra della strada al civico numero 65, si trova la Casa Museo dello scrittore Giuseppe Dessì, sede della Fondazione Giuseppe Dessì. La sua costruzione risale alla prima metà del diciannovesimo secolo, e costituisce un tipico esempio di abitazione signorile dell’epoca, della quale conserva tutte le caratteristiche originarie, dal grande portale di legno all’ampio cortile con i loggiati. Si accede all’interno della zona di residenza attraverso una piccola scalinata di granito ornata da una ringhiera di ferro, unico elemento che movimenta la semplicità della facciata. Nel corso degli anni la Casa Dessì ospita alcune importanti famiglie della borghesia villacidrese e cagliaritana, tra le quali va ricordato Antioco loru, ricco proprietario di appezzamenti terrieri e di allevamenti bovini che diviene, nel corso di una brillante carriera, avvocato, professore di Diritto all’Università di Cagliari, e senatore del regno dal 1883 al 1898, ed al quale è dedicato uno degli istituti scolastici di Villacidro. La Casa, al termine della Grande Guerra, viene acquistata dal generale Francesco Dessì, padre dello scrittore, e Giuseppe Dessì vi trascorre l’infanzia e la giovinezza. Fortemente legato alla Casa, lo scrittore non ha mai inteso staccarsene completamente tanto che, ormai stabilitosi a Roma, si ritaglia, nell’edificio ormai affittato ad altri inquilini, un piccolo appartamento che occupa nel corso dei suoi soggiorni villacidresi. La Casa Dessì, custodisce nei suoi locali l’unica Biblioteca d’autore attualmente esistente in Sardegna, con diversi volumi piuttosto rari e antichi nonchché numerosi manoscritti, e dispone di un patrimonio librario di oltre ventimila volumi. Fanno inoltre parte degli arredi la macchina da scrivere dello scrittore con il suo studio. La Casa Dessì è cuore pulsante e sede del Premio letterario Giuseppe Dessì, e al suo interno ospita manifestazioni di altissimo valore culturale e artistico. La Casa Pasolini ex Caserma dei Carabinieri a cavalloPercorsi altri centosettanta metri verso est lungo la via Roma, alla sinistra della strada al civico numero 146, si trova la Casa Pasolini edificio storico di proprietà della Famiglia Pasolini situato al centro dell’abitato, che rappresenta uno degli edifici più importanti per la Villacidro del novecento. Essa venne costruita all’inizio del secolo scorso in uno degli isolati interessati dai grandi lavori tardo ottocenteschi di rettifica urbana della via Roma, anche in seguito alla realizzazione della strada provinciale che collegava Deciìmomannu con Marrubiu, e che oggi è diventata la via Nazionale. La grande casa a corte Pasolini, oggi abitazione civile, nonostante qualche recente sistemazione presenta ancora riconoscibili molti segni di quando, dal 1924 al 1956, è stata la storica sede dei Carabinieri, ed in seguito quando è stata sede degli uffici dell’illustre notaio Pasolini. La chiesa parrocchiale di Sant’Antonio da PadovaDalla rotonda in piazza Zampillo prendiamo la via Roma e, percorsi Duecentoventi metri, prendiamo a destra la via Sassari, la seguiamo per quattrocento metri, e vediamo, alla destra della strada, il piazzale sul quale si affaccia la chiesa di Sant’Antonio da Padova che è eretta a parrocchia. La chiesa, caratterizzata da un semplice impianto architettonico, viene edificata alla fine del seicento, ma le prime informazioni storiche certe risalgono solo alla seconda metà del settecento, quando, in alcuni documenti del tempo, si legge che il Vescovo di Ales, Monsignor Giuseppe Maria Pilo, avendo constatato che la chiesa di Santa Barbara è distante per un gran numero di case, si pone in animo di costruire una nuova chiesa, come succursale della maggiore. Esaminata perciò la chiesa di Sant’Antonio, strategica per la sua posizione, la sceglie per l’amministrazione del culto, e nel 1769 vengono portati in questa chiesa l’eucaristia e gli olii Santi. Nelle vicinanze della chiesa c'’era una fontanella pubblica, che erogava acqua potabile. Dopo tale data iniziano importanti lavori di completamento e rimaneggiamento, come la costruzione della volta a botte e della sagrestia. Questa chiesa, nel 1947 viene eretta a parrocchia per servire gli abitanti del quartiere denominato Vicinato Sant’Antoi. La chiesa ha subito numerosi interventi che ne hanno snaturato la precedente identità. esternamente al corpo centrale si affiancava sulla destra una torre campanaria con orologio non più esistente, sull’altro lato una torre finta faceva da simmetria. L’interno si presenta essenziale, con un’unica navata affiancata da quattro cappelle per lato, intercomunicanti. I numerosi e ampi finestroni circolari e le due lunette perimetrali assicurano una grande luminosità. Non sono più presenti l’ambone in legno e l’antico altare marmoreo. A Villacidro ogni anno, a fine maggio o inizio giugno, si svolge la Festa di Sant’Isidoro, che ha sempre avuto come punto di riferimento la chiesa di Sant’Antonio. Questa Festa rappresenta un’occasione per gli agricoltori e i lavoratori dei campi, per impetrare la protezione sulle colture agricole delle improvvise e rovinose tempeste, carestie, siccità, dato che Sant’Isidoro è il patrono della gente dei campi. Oggi si svolge la processione per le vie del centro, con il simulacro del Santo, accompagnato dal suono delle launeddas, dai gruppi folk, da trattori, traccas e cavalieri. Un tempo prevalevano i buoicioè bardati a festa, accompagnati dai bovari che impugnavano Il pungolo rivestito con una fettuccia colorata e con i fiori. Con gli anni Sessanta, quando sono state introdotte le macchine agricole e con la progressiva scomparsa dei buoi, la processione ha avuto una sua inevitabile evoluzione, per cui la sfilata degli animali è stata sostituita da quella dei trattori. E sempre ogni anno, il 16 novembre, si svolge presso la chiesa parrocchiale di Sant’Antonio da Padova anche la Festa di Santa Cecilia, patrona dei musicisti, con la partecipazione della Banda Musicale Santa Cecilia e del Coro Polifonico città di Villacidro. Visita dei dintorni di VillacidroVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Villacidro, sono stati portati alla luce i resti del Nuraghe semplice Cuccurdoni Mannu; e quelli dei Nuraghi Bidda Scema, Cuccuru Muntoni, Is Eremilis, su Nuraxi di tipologia indefinita. Il Crossodromo di VillacidroArrivando a Villacidro da Gonnosfanadiga con la SS186, a due chilometri e mezzo dal raccordo con la SP61, all’altezza del chilometro 32.1 della strada statale, si trovano le indicazioni sulla destra per Villacidro, che fanno imboccare la deviazione verso sud per il Crossodromo e per la cascata Sa Spendula. Percorso circa un chilometro, seguendo le indicazioni prendiamo una strada bianca sulla destra che, in circa settecento metri, ci porta in località Craccuris al cancello di ingresso del Crossodromo di Villacidro. Nel Crossodromo è presente una Pista di motocross, che consiste in un impianto per sport motociclistici nel quale praticare, come disciplina, il motociclismo sportivo su fondo naturale. Si trarra di uno dei migliori della Sardegna, composto da terra rossa argillosa, dossi per la maggiore naturali, e con forti dislivelli lungo il tracciato. Ospita anche gare di discreto interesse durante l’anno ed è gestito da una associazione motociclistica. La cascata Sa Spendula resa celebre da Gabriele D’annunzioLe cascate di Villacidro ed il paesaggio che le circonda rappresentano uno dei più grandi spettacoli che la natura possa offrire in Sardegna. Da dove, dalla SP186, abbiamo imboccato la deviazione verso sud per il Crossodromo e per la cascata Sa Spendula. Percorso circa un chilometro e ottocento metri, troviamo le indicazioni che fanno prendere a destra la via Sa Spendula, che, in circa ottocento metri, porta in una profonda gola alla splendida cascata Sa Spendula. La cascata, di oltre 60 metri di altezza per un totale di tre salti di cui, il più maestoso, sfocia in una suggestiva gola di particolare pregio naturalistico, dominata da un’alta guglia rocciosa detta Campanas de Sisinni Conti, è formata dal torrente Coxinas, che trae origine dalle vette di Santu Miali sul Monte linas, e che prenderà poi il nome di rio Seddanus. È una meta molto frequentata nel periodo estivo in quanto poco distante dal centro abitato. Spendula in lingua sarda significa cascata, Sa Spendula è quindi la cascata per antonomasia, resa celebre da Gabriele D’Annunzio che la ha cantata in una poesia scritta in occasione di una sua visita a Villacidro nel 1882. Egli, appena diciannovenne ma già giornalista affermato, aveva intrapreso un breve viaggio in Sardegna in compagnia dei poeti Cesare Pascarella ed Edoardo Scarfoglio, inviati nell’isola dalle riviste letterarie e satiriche Capitan Fracassa e Cronaca bizantina, con le quali collaboravano. Arrrivati a Villacidro, vengono accolti in compagnia di Ugo Ranieri, noto scrittore e giornalista, nel cuore del paese, nella casa del professor Giuseppe Todde. Dopo pranzo decidono di fare una passeggiata e di raggiungere la cascata, incuranti della pioggia incessante, che tuttavia conferisce al luogo un’aura misteriosa e affascinante. Al ritorno, la sera del il 17 maggio, Gabriele D’Annunzio insieme a Ugo Ranieri abbozzano una poesiola sulla cascata, che il poeta pescarese rimaneggerà sotto forma di sonetto con il titolo La Spendula, e che pubblicherà con lo pseudonimo Mario De Fiori il 21 maggio 1882 nella rivista Capitan Fracassa. Il soggiorno villacidrese, seppur breve, fu molto intenso non solo per D’Annunzio. Più tardi, infatti, da Roma Edoardo Scarfoglio scriverà queste parole: Villacidro, un pezzo di Svizzera sarda, un piccolo paradiso pieno di berrettoni neri e di saioni di pelle d’agnello e di caprari, accovacciato tra il Montiomo e il Cuccureddu. |
Nella zona industriale si trova la piccola chiesa di Sant’Ignazio da LaconiNegli anni Sessanta del novecento, lungo la SP61 che esce da Villacidro verso nord est per condurre verso San Gavino Monreale, nascono le prime industrie della zona. Col tempo ha origine il Consorzio per la Zona di Sviluppo Industriale di Villacidro che costruisce strade, fogne e tutti i servizi tecnologici primari, coordina gli sforzi per rendere l’area attrezzata all’Insediamento industriale di Villacidro. Nel posto si aggregano medie e piccole industrie, capannoni di artigiani, di commercianti, e, intorno, insediamenti umani. La zona industriale diviene quindi un piccolo borgo intensamente praticato, e nasce l’esigenza di dare alla comunità un luogo in cui praticare il culto, soprattutto nei giorni festivi. La chiesa parrocchiale della Madonna del Rosario, da cui dipende quel territorio, si attiva cercando i finanziamenti necessari, ed anche il comune di Villacidro fà la sua parte, concedendo gratuitamente per 99 anni il terreno in cui costruire una chiesa. Il 29 agosto 1993, in occasione della sua festa, si inaugura la piccola chiesa di Sant’Ignazio da Laconi in località Cannamenda, in cui c'’era una sorgente che costituiva l’antico ritrovo per i pastori con le loro greggi. La chiesa parrocchiale della Madonna del Rosario ogni anno organizza l’importante Festa di Sant’Ignazio da Laconi, che si svolge al termine della terza o della quarta settimana di agosto, e prevede, tra l’altro, la processione con il simulacro del Santo dalla chiesa parrocchiale fino alla picola chiesa dedicata al Santo, che si trova nella zona industriale del paese. La chiesa campestre di Nostra Signora dei CarmeloDalla piazza Zampillo, nel centro di Villacidro, prendiamo il viale don Bosco, lo seguiamo per trecentocinquanta metri poi svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Castangias, dopo centotrenta metri svoltiamo leggermente a sinistra in via del Carmine, dopo duecento metri svoltiamo tutto a destra e, in trecentocinquanta metri vediamo alla destra della strada, in una grande pineta, la chiesa campestre di Nostra Signora dei Carmelo o del Carmine, chiamata in lingua sarda Su Cramu. Lungo il percorso per raggiungere la piccola chiesa, che verso la fine diventa una strada bianca, si trovano le caratteristiche stazioni della Via Crucis, bassorilievi in trachite che rappresentano la Passione di Cristo, in un contesto popolare sardo. Si ritiene che questa chiesa campestre sia stata edificata nel diciassettesimo secolo, dato che un manoscritto scoperto recentemente negli archivi parrocchiali e datato 1686 dà notizia della presenza della chiesa e del culto di Nostra Signora del Carmine già in quei tempi. In seguito nel tempo la struttura ha subito numerose modifiche. Durante la seconda guerra mondiale la chiesa viene dissacrata ed utilizzata come Ospedale dai militari accampati nell’area, poi, terminato il conflitto, è stata nuovamente benedetta nel 1946. All’interno si entra da due ingressi, uno sulla fiancata sinistra e l’altro, quello principale, al quale si accede da una doppia scalinata laterale. Sopra di esso, sulla facciata piana, si apre una finestrella ottagonale, con in asse un piccolo campanile a vela. Sul lato destro della piccola chiesa è impressa su una lastra in marmo la poesia che il poeta Gavino leo, nel 1931, ha dedicato a questa chiesa campestre.. Un piccolo corpo di fabbrica, addossato sulla parte destra, serve da sagrestia. All’interno, la copertura è in legno, e l’aula, molto semplice, è scandita da due arcate sorrette da pilastri. Il presbiterio è rialzato da un gradino, e dietro l’altare si trova una modesta pala lignea di fattura popolare, con al centro il simulacro della Madonna del Carmelo. Intorno, nel verde della pineta è stata creata un’area attrezzata per un confortevole soggiorno, con numerose panche e tavoli di legno. Presso questa chiesa campestre, ogni anno il 16 luglio si svolge la Festa della Madonna del Carmelo, che dura quindici giorni. La Festa inizia il 15 luglio con la processione che accompagna il simulacro della Beata Vergine del Carmelo dalla parrocchiale alla chiesa campestre. Sino alla fine del mese uomini, donne e bambini confluiscono nella chiesa per assistere alle funzioni religiose, per poi girovagare sul colle, per apprezzare la brezza fresca all’ombra della pineta, per scrutare dall’alto il paese e ammirare il bel panorama. Si chiude dopo quindici giorni quando, subito dopo l’imbrunire, la Confraternita del Rosario riporta in spalla il simulacro in parrocchia, accompagnato da una fiaccolata. È questo uno dei momenti più affascinanti, con migliaia di lucine che si inseguono nei tornanti della stradina montana in un suggestivo corteo, poi la lunga coda di folla si disperde nelle piazze del paese. Si tratta di una Festa unica nel suo genere, senza bancarelle e musiche, è forse la sola, tra le grandi celebrazioni, che ha mantenuto un carattere esclusivamente religioso. La chiesa campestre di San Pietro di leniDalla piazza Giuseppe Dessì, nel centro di Villacidro, prendiamo la via della repubblica che si dirige verso est, dopo ottocento metri svoltiamo a destra e prendiamo la via Nazionale, che attraversa tutto l’abitato dirigendosi verso sud est. Percorsi due chilometri e duecento metri, si trova a destra la deviazione in direzione della Foresta Demaniale di Monti Mannu, la superiamo e, dopo seicento metri superiamo anche il viadotto sopra il rio leni. Percorsi altri novecento metri, si vede sulla sinistra una sterrata che porta alla chiesa campestre di San Pietro La quale viene solitamente indicata come San Pietro di leni. Infatti questa piccola chiesa sarebbe l’unica testimonianza dell’antica e ormai scomparsa villa medioevale di Leni, un piccolo villaggio di agricoltori che sorgeva lungo le sponde del rio omonimo. Secondo la tradizione, leni avrebbe dato i natali a San Sisinnio. Non si sa di preciso a quando risalga l’attuale piccola chiesa di San Pietro. Di certo si ha testimonianza di una chiesa dedicata a San Pietro nel Medioevo, per cui si ritiene sia stata edificata nell’undicesimo secolo, ed è certo che fosse già esistente nel 1365. Durante l’ultima guerra mondiale, gli americani demoliscono il tetto della chiesa, utilizzando il legname per la costruzione dei padiglioni delle loro caserme. In seguito la chiesa è stata restaurata. La semplicità della struttura, immersa nel verde, in prossimità del fiume, esprime in maniera esemplare la forte religiosità del luogo. Presso questa chiesa campestre, ogni anno l’ultima domenica di giugno si svolge la Festa di San Pietro. La Festa inizia il sabato, con la messa nella chiesa parrocchiale, seguita dalla processione che accompagna il simulacro del Santo dalla parrocchiale alla chiesa campestre, dove il giorno dell’ricorrenza si svolgono le principali celebrazioni religiose, seguite dalla processione inversa che riporta il Santo nella parrocchiale. Le cerimonie religiose sono accompagnate da diverse manifestazioni civili, sia la domenica che il lunedì successivo. L’Ippodromo Comunale di VillacidroPassata la chiesa di San Pietro, proseguiamo lungo la via Nazionale per un chilometro e cinquecento metri, fino a che questa strada va ad immettersi sulla SS196 di Villacidro, che prendiamo verso sud est in direzione di Villasor. Percorsi tre chilometri, all’altezza del chilometro 19.6, arriviamo a una rotonda, dalla quale usciamo a sinistra e prendiamo seguendo le indicazioni una deviazione in una strada bianca che, in quasi un chilometro, ci porta in località Trunconi all’ingresso dell’Ippodromo Comunale di Villacidro. In questo Ippodromo, dotato di una pista circolare in erba di 1450 metri con dirittura di 330 metri, sono presenti tribune in grado di ospitare un migliaio di spettatori, ed in esso si svolgono competizioni ippiche. Il Centro sportivo Comunale in località Coa PurdedduDalla nel centro di Villacidro, avevamo preso la via Nazionale, e, percorsi due chilometri e duecento metri, svoltiamo a destra in direzione della Foresta Demaniale di Monti Mannu, Qui prendiamo subito la prima deviazione a destra e, dopo un centinaio di metri, vediamo alla sinistra della strada il cancello di ingresso del Centro sportivo Comunale che si trova in località Coa Purdeddu. All’interno di questo centro sportivo, si trovano un Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, che non è dotato di tribune per gli spettatori; un Campo da Calcio secondario, anch’esso con fondo in terra battuta, e non dotato di tribune; due Campi da Tennis, dotati di tribune per una quarantina di spettatori. Accanto a questi impianti sportivi, è presente una Palestra polivalente, doitata di tribune per 500 spettatori, nella quale praticare pallacanescto, pallavolo, calcio e calcetto, ossia calcio a cinque. Vi è, inoltre, una Palestra di arti marziali, senza tribune, nella quale praticare Pugilato. La chiesa campestre di San Sisinnio MartireDal centro di Villacidro, dalla via Roma prendiamo a destra la via Nazionale, la seguiamo per seicentocinquanta metri poi svoltiamo leggermente a destra nella via Monti Mannu, che seguiamo per poco più di due chilometri, fino ad arrivare a una curva verso sinistra, in corrispondenza della quale parte a destra la strada secondaria che procede verso la diga sul rio leni. Noi proseguiamo, dopo seicento metri svoltiamo a destra seguendo l’indicazione del cartello San Sisinno, nel sentiero che, in poco più di cinquecento metri, ci porta all’interno del Parco di San Sisinnio, che costituisce un’area di sosta per una giornata tranquilla e svago per bambini. Si tratta della più importante aggregazione di grandi olivastri della Sardegna, alcuni esemplari raggiungono un’altezza di circa tredici metri e una circonferenza del fusto che supera i cinque metri. Con le loro esasperate forme offrono un suggestivo e magico scenario alle leggende tramandate da secoli su San Sisinnio, esorcista e cacciatore di streghe. Nel parco è presente la chiesa campestre di San Sisinnio Martire edificata probabilmente dopo il 1631, forsesu una preesistente chiesa dell’undicesimo o dodicesimo secolo, grazie al rinnovato zelo per il Santo dopo la donazione di una sua reliquia da parte dell’arcivescovo Francisco de Esquivel al canonico di Villacidro. L’aspetto attuale dell’edificio è quello fornito dal restauro del 1922, come ricorda una lapide all’interno della chiesa, in seguito a un incendio doloso che aveva distrotto l’altare ligneo riccamente lavorato in stile barocco, l’antica copertura in legno a capriate, preziosi arredi, dipinti e numerosi ex voto offerti al Santo dai devoti. Oggi si presenta con una volta a botte, circondata su tre lati da un loggiato secentesco fatto di canne intrecciate e sorretto da pilastri di pietra. All’interno, oltre all’effigie del Santo, ché ancora ammirabile un antico pulpito esagonale, riccamente lavorato e ornato di fregi e di simboli antropomorfi, che fino al 1740 era collocato nella parrocchiale di Santa Barbara. Le ampie dimensioni, le cappelle laterali, il loggiato esterno su tre lati, la differenziano dalla maggior parte delle Chiese campestri sarde, e le conferiscono uno stile architettonico non comune. Il culto di San Sisinnio si diffonde in Sardegna nel medioevo, così come attestano i Condaghi, tra i quali quello di Santa Maria di Bonarcado dove, più volte, viene citato il nome di Sisinnio. Secondo la tradizione sarebbe nato nel villaggio di leni nel 123 dopo Cristo, così come si evince dall’epigrafe ritrovata, nel 1615, nel Santuario ipogeo di San lucifero a Cagliari. Secondo la tradizione isolana, avrebbe avuto una voce bellissima tanto da essere paragonata al canto del cigno, che in dialetto villacidrese è detto Sisini. Instancabile predicatore della parola di Dio, era avversario delle superstizioni, delle streghe, Is cogas, e dei loro malefici, protettore dei deboli e degli oppressi. Per la sua fede sarebbe stato ucciso a bastonate da sicari inviati dall’Imperatore Commodo nel 185 all’età di 62 anni, e le sue reliquie sono custodite nel Duomo di Cagliari, tranne una costola, contenuta in una teca d’argento e donata agli abitanti di Villacidro, che è conservata nella chiesa parrocchiale di Santa Barbara. |
Il Santo vanta una grande venerazione fin dall’antichità, che ancora oggi non è venuta meno come attestano i festeggiamenti in suo onore. La Festa di San Sisinnio è una delle tradizioni del folklore villacidrese più sentita e celebrata dalla piccola comunità, e dai Villacidresi viene considerata Sa Festa Manna. Nella chiesa campestre, la Festa ha il suo culmine la prima domenica di agosto, ed i festeggiamenti incominciano il venerdì precedente e proseguono fino al lunedì succesivo. I Coggius, ossia le lodi, canti ed espressioni poetiche della religiosità popolare, lo ricordano come Iscongiuradori, esorcista, e Scacciacogas, cioè scacciastreghe. Il culto del Santo si diffuse ampiamente nel Campidano tanto che, una volta, gli abitanti di Serramanna tentarono di trafugare la reliquia, custodita a Villacidro, rivendicandone la paternità, da quel giorno e per lungo tempo la processione veiva accompagnata dai fucilieri locali. La ricorrenza è molto sentita e attesa anche degli emigrati, che tornano a Villacidro proprio per l’occasione della festa. La diga sul rio leni che genera il lago di MontimannuSeguendo la via Monti Mannu, arriviamo dopo poco più di due chilometri alla curva verso sinistra, in corrispondenza della quale parte a destra la strada secondaria che procede verso la diga sul rio leni. Percorriamo poco più di tre chilometri evitando le deviazioni, e vediamo, alla sinistra della strada, il cancello di ingresso della strada che passa sopra la Diga sul rio leni realizzata per scopi agricoli e idropotabili, che genera il Lago di Montimannu un bacino con un volume totale di invaso di 28.9 milioni di metri cubi. La diga, edificata tra il 1976 e il 1987 su progetto degli ingegneri Giuseppe Manca, Roberto Binaghi e Federico Castia e collaudata a inizio 2005, è del tipo in materiali sciolti con manto di tenuta di materiali artificiali. Ha un’altezza di quasi 55 metri, calcolata tra quota coronamento e punto più basso del piano di fondazione, e sviluppa un coronamento di 660 metri a circa 252 metri di altezza. La chiesa campestre di San GiuseppePassato l’accesso alla diga, proseguiamo per un chilometro e mezzo, finché la strada si immettesu una traversale, che a sinistra porta verso Monti Mannu e le cascate, mentre prendiamo a destra in direzione del parco di Villascema. Percorsi circa cinquecento metri, vediamo, alla destra della strada, la chiesa campestre di San Giuseppe a Villascema, costruita nel 1744 grazie a un lascito fatto dai coniugi Antonio Piras e Giuseppe Scano, che hanno avuo due figli, Martino e Maria Vincenza. L’edificio è ancora oggi privato, di proprietà degli eredi Martino Piras. Il Comitato per i festeggiamenti di San Giuseppe a più riprese ha restaurato la piccola chiesa, e nella primavera 1988 ha ricostruito secondo lo stile originario il loggiato preesistente. Ogni anno, l’indomani della Pentecoste, presso questa chiesa si svolge la Festa di San Giuseppe, la quale in tempi passati attirava numerosi partecipanti. Anche attualmente, in quel giorno, molti vanno a fare una scampagnata, e c'è un senso di allegria di primavera, ed anche una certa devozione con la partecipazione alla messa ed alla piccola processione. Dopo aver visitato questa chiesa, è possibile soggiornare nel vicino parco di Villascema, dove è presente una sorgente d’acqua, si trovano barbecue, e numerosi tavoli sotto l’ombra di secolari lecci. Le cascate del Muru Mannu, del rio linas e di Piscina IrgasArrivati al lago artificiale sul rio leni, lo costeggiamo seguendo le indicazioni per il parco di Monti Mannu fino ad arrivare, dopo qualche chilometro, all’ingresso dell’area protetta. Proseguiamo in auto lungo la strada principale dove troviamo anche la caserma della Forestale, e dopo alcuni alcuni chilometri raggiungiamo il punto dove iniziano i sentieri escursionistici. Non abbiamo compiuto il lungo percorso a piedi per raggiungere queste famose cascate, che peraltro in estate sono a secco, inoltre camminare in quel periodo non è consigliabile a nessuno, l’estate da queste parti è micidiale e non permette di fare lunghe escursioni. Comunque nell’escursione nella foresta demaniale di Monti Mannu, tra profondi canyon e boschi circondati da alte montagne, si può vedere dal monte Cuccurdoni Mannu, di 910 metri, poi si può passare vicino al ponte sospeso ai piedi Punta Magusu, utilizzato dai pastori durante le piene del rio Cannisoni. Lungo la strada verso la cascata di Muru Mannu si incontra una Pinnetta, la tipica capanna dei pastori sardi. Si arriva quindi alla Cascata di Piscina Irgas formata dal rio Oridda che nella zona della cascata scorre all’interno di un canyon con pareti alte oltre cento metri, che ha un salto di 40 metri. Poi la grande Cascata del Muru Mannu che si trova sul rio Muru ai confini dei territori comunali di Villacidro, Domusnovas e Gonnosfanadigacon, i suoi 70 metri la più alta di tutta la Sardegna, attiva però solo nei periodi gran pioggia. Infine la Cascatella del rio linas dopo la confluenza del rio Muru col rio linas, con un salto di 15 metri. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Villacidro ci recheremo a San Gavino Monreale che visiteremo con il suo centro dove si trova la chiesa di San Gavino Martire e con i suoi dintorni. |