Villa Sant’Antonio con nei dintorni numerosi menhir protoantropomorfi e l’importante necropoli di Genna Salixi
In questa tappa del nostro viaggio, da Ruinas ci recheremo a Villa Sant’Antonio che visiteremo con il suo centro ed i dintorni nei quali si trovano numerosi menhir protoantropomorfi, e con l’importante necropoli di Genna Salixi. La regione storica della MarmillaNella Sardegna centro meridionale, a cavallo del confine che separa la Provincia di Oristano da quella del Sud Sardegna, c’è una zona chiamata Marmilla della quale qui visiteremo la parte settentrionale. I comuni che fanno parte della Marmilla settentrionale, in Provincia di Oristano, sono: Albagiara, Ales, Assolo, Asuni, Baressa, Baradili, Curcuris, Gonnoscodina, Gonnosnò, Gonnostramatza, Masullas, Mogorella, Mogoro, Morgongiori, Nureci, Pau, Pompu, Ruinas, Senis, Simala, Sini, Siris, Usellus, Villa Sant’Antonio, Villa Verde. I comuni della Marmilla meridionale, in Provincia del Sud Sardegna, sono: Barumini, Collinas, Furtei, Genuri, Gesturi, las Plassas, lunamatrona, Pauli Arbarei, Sardara, Segariu, Setzu, Siddi, Tuili, Turri, Ussaramanna, Villamar, Villanovaforru, Villanovafranca. Nella Marmilla meridionale spicca incontrastato il colle di las Plassas, famoso per la sua forma mammellare, che a quanto pare avrebbe dato il nome al territorio circostante. Questo colle aveva in antichità al suo apice un capezzolo gigante attraverso il quale Madre Natura dava nutrimento a tutti i Sardi. Il paesaggio è prevalentemente collinare e comprende la Giara di Gesturi, la Giara di Siddi, la Giara di Serri, l’altopiano di Genoni ed il bacino del rio Mannu d’Isili. Le attività principali della zona sono l’agricoltura ed il turismo. In viaggio verso Villa Sant’AntonioDa Ruinas torniamo in direzione sud ovest sulla SP36 verso Mogorella, dopo circa cinque chilometri svoltiamo a sinistra sulla SP37 che, verso sud est, in quasi quattro chilometri ci fa raggiungere l’abitato di Villa Sant’Antonio. Dal Municipio di Ruinas a quello di Villa Sant’Antonio si percorrono 9.2 chilometri. Il comune chiamato Villa Sant’AntonioIl comune di Villa Sant’Antonio (nome in lingua sarda Santu Antoni Arruinas, altezza metri 265 sul livello del mare, abitanti 331 al 31 dicembre 2021) è un piccolo centro agropastorale di poco più di trecento abitanti, situato nell’Alta Marmilla, che sorge sulle colline delimitate a sud dalla Giara di Assolo, a est dal fiume Imbessu che segna il confine tra Villa Sant’Antonio Asuni e Ruinas, a nord dal Monte Grighine, e ad ovest dalla Bradaxiana di Usellus, in un territorio ricco di sorgenti. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, e offre un panorama di indiscutibile fascino. Pareti rocciose si alternano a fitti boschi, con squarci molto belli sulla tortuosa valle dell’Imbessu. La parte nord è costituita da vulcaniti ignimbritiche, con una vegetazione a sugherete e macchia, mentre quella sud dalla formazione marnosa e quella di est è chiusa dalla valle del rio Imbessu, che scorre in una profonda gola nella quale si aprono, nelle pareti rocciose, numerose grotte. Notevole è anche la zona di Cuccuru Turri, costituita da porfidi rossi, con spuntoni rocciosi e cocuzzoli che movimentano il panorama. Origine del nomeL’origine del nome del paese è legata alla tradizione, che racconta di alcuni boscaioli di Badess chea, arrivati nella zona per fare legna, hanno trovato nei pressi di un pozzo, nel sito dove adesso sorge la Chiesa parrocchiale, un’immagine di Sant’Antonio Abate. Ritenuto miracoloso il fatto, nel posto stato costruito un Oratorio ed alcune case. Il ritrovamento e l’inizio della costruzione dell’Oratorio risalirebbero, secondo Vittorio Angius, all’anno 1702. La sua economiaIl perno dell’economia locale è l’agricoltura, che rappresenta una fonte di sostentamento importante per la popolazione, e le coltivazioni più diffuse sono quelle di cereali, frumento, foraggi, vite, frutteti e olivo. Si pratica anche l’allevamento, in particolare di bovini, ovini, suini, equini e avicoli. Data l’esiguità numerica della popolazione, non vi è stato praticamente alcuno sviluppo industriale, fatta eccezione per una piccola impresa dedita alla lavorazione del legno. Il terziario non assume dimensioni rilevanti. Villa Sant’Antonio non costituisce meta di significativo richiamo turistico, pur offrendo a quanti vi si rechino la possibilità di godere delle bellezze dell’ambiente naturale, di gustare i semplici ma genuini prodotti locali ed effettuare interessanti escursioni nei dintorni. L’apparato ricettivo offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciIn realtà la località nella quale sorge il paese era abitata sin dai tempi più remoti, come attestato dal fatto che nelle campagne si ha una notevole e preziosa concentrazione di resti neolitici, che per qualità e quantità ha poche rivali nell’Isola. L’area viene abitata anche in epoca nuragica e romana, come dimostra la presenza sul territorio di alcuni Nuraghi e di alcune tombe di epoca romana. Nel medioevo il territorio appartiene al Giudicato di Arborea e fa parte dell’antoca curatoria di Brabaxiana-Valenza che è oggi denominata Alta Marmilla. Il piccolo centro è d’impianto recente e viene denominato storicamente, dal 1720, Villa Sant’Antonio de Funtana Coberta, dato che in un manoscritto conservato nell’archivio parrocchiale esistono testimonianze ottocentesche, di un’antica fontana, nell’area dove oggi sorge la Chiesa parrocchiale di Sant’Antonio Abate, detta Funtana Coberta, ad indicare una sorgente coperta da un’opera muraria. Queste testimonianze fanno pensare ad un possibile insediamento nuragico con persistenza in età romana. Il primo documento che lo cita è l’atto di vallassaggio tra gli abitanti e la Baronia di Senis, feudo dei Nin Zatrillas, alla quale il paese viene incorporato, che porta la data del 9 giugno 1720. In seguito, nel 1800 il paese cambia la propria denominazione in Villanova Sant’Antonio, finché nel 1839, con la soppressione del sistema feudale, il paese viene riscattato ai Nin Zatrillas e diviene un comune autonomo. Nel 1863 la denominazione del paese viene mutata in Sant’Antonio Ruinas per la sua vicinanza con il paese Ruinas. Nel 1928, i comuni di Ruinas, Mogorella e Sant’Antonio Ruinas, vengono accorpati in un unico comune con sede a Mogorella, poi nel 1950 Sant’Antonio Ruinas viene separato dal comune di Ruinas, e soltanto nel 1953, i tre comuni si scindono e Sant’Antonio Ruinas torna ad essere autonomo. Il comune di Sant’Antonio Ruinas nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene trasferito dalla Provincia di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella di Oristano. Negli anni Ottanta il desiderio della popolazione di avere un nome che rappresenti la propria autonomia prende corpo con l’invio di una petizione alle autorità regionali, richiesta che viene accolta e nel 1985 viene promulgato il decreto, ed autonomamente la popolazione sceglie per il paese un nome dal sapore antico, quello di Villa Sant’Antonio. Le principali feste e sagre che si svolgono a Villa Sant’AntonioData l’esiguità numerica della popolazione, nel paese non è presenta alcun gruppo folk particolarmente significativo. Per quanto riguarda le principali feste e sagre che si svolgono a Villa Sant’Antonio, non vi si svolgono particolari manifestazioni folcloristiche o religiose che potrebbero allietare il paese e richiamare visitatori dai dintorni, fatta eccezione per la Festa patronale in onore di Sant’Antonio Abate, che si celebra il 17 gennaio preceduta la sera della vigilia dall’accensione del falò in onore del Santo, che scese all’inferno e lì rubò una scintilla per donarla a tutta l’umanità della Terra, portando così la luce ed il calore necessari per il sostentamento dell’agricoltura e della pastorizia; in seguito il 29 aprile, si celebra la Festa di San Giovanni Bosco, al quale la popolazione di Villa Sant’Antonio è particolarmente devota; il 21 giugno, alcuni anni si svolge una Passeggiata Arteologica nella necropoli di Genna Salixi, con musica, danza e altre performance artistiche per celebrare il solstizio d’estate, che presenta per l’intera giornata la manifestazione d’arte contemporanea S'Oru; il 6 luglio, la Festa di Santa Maria Goretti, una Festa antica che si era persa e che è stata ripresa recentemente. Visita del centro di Villa Sant’AntonioL’abitato ha l’andamento altimetrico tipico delle località collinari. Arrivando a Villa Sant’Antonio provenendo con la SP37 da Mogorella, passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, la strada princiale entra all’interno della'abitato. La Chiesa parrocchiale di Sant’Antonio AbateEntrati nell’abitato, dopo circa duecento metri la strada provinciale si immette sulla via Felice Cau, la prendiamo verso destra e la seguiamo per centoventimetri, poi svoltiamo a sinistra nella via della parrocchia che, dopo un centinaio di metri, si immette sulla via Sant’Antonio. Si tratta di una strada che circonda una sopraelevazione lungo la quale, subito a destra, si trova la scalinata che porta di fronte alla Chiesa di Sant’Antonio Abate, che è la parrocchiale di Villa Sant’Antonio, e si trova sulla sopraelevazione. L’ingresso della Chiesa parrocchiale si trova la civico numero 17 della via Sant’Antonio. La Chiesa è stata edificata in piena campagna nei primi anni del settecento per consacrare il luogo di rinvenimento di un simulacro di Sant’Antonio Abate da parte di alcuni abitanti di Baressa, e col tempo si è formata intorno ad essa la comunità che ha dato infine luogo all’attuale centro urbano. La facciata della Chiesa è improntata a grande semplicità, è intonacata e il suo andamento altimetrico rende leggibile l’alta parte centrale corrispondente alla navata e le ali laterali più basse in corrispondenza delle cappelle. Il portale è lineare ed è incorniciato da elementi lapidei sobriamente modanati, così come la cornice della finestra reniforme posta in asse col portone. Il campanile è complanare alla facciata della quale fa parte integrante, ed è posto sulla sinistra. L’interno è a navata unica con tre cappelle per lato ed è voltata a botte. Grandi archi a tutto sesto con intradosso in pietra a vista suddividono la navata dalle cappelle, anche l’arco di trionfo e l’arco che anticipa la zona del coro sono a tutto sesto in conci a vista. La strutture sono intonacate e bianche ad eccezione di alcune cornici lapidee. Il presbiterio, anch’esso voltato a botte, è su tre gradini, il coro è semicircolare. Presso questa Chiesa parrocchiale, ogni anno il 17 gennaio si celebra la Festa patronale in onore di Sant’Antonio Abate, preceduta la sera della vigilia dall’accensione del falò in onore del Santo, che scese all’inferno e lì rubò una scintilla per donarla a tutta l’umanità della Terra, portando così la luce ed il calore necessari per il sostentamento dell’agricoltura e della pastorizia. La Festa è caratterizzata dalle cerimonie religioseche si svolgono il giorno 17, e da diverse manifestazioni civili. I resti dell’antico Oratorio di Sant’Antonio AbateGuardando la facciata della Chiesa parrocchiale di Sant’Antonio Abate, alla sua destra si vedono i resti dell’antico Oratorio di Sant’Antonio Abate, che risalirebbero, secondo Vittorio Angius, all’anno 1702. Il ritrovamento di materiali archeologici nei pressi dell’antico Oratorio, e testimonianze tratte da un manoscrtitto conservato nell’archivio parrocchiale che parlano di un’antica fontana situata nell’area della Chiesa e chiamata Funtana Coberta, ad indicare una sorgente coperta da un’opera muraria, le quali fanno pensare ad un possibile insediamento nuragico sopravvissuto in età romana. La Palestra ComunaleTorniamo a dove dalla via Felice Cau avevamo preso la via della parrocchia, e proseguiamo verso sud lungo la via Felice Cau, dopo duecentotrenta metri svoltiamo a destra e prendiamo la via dei Caduti in Guerra. Percosa un’ottantina di metri si vede, alla destra della strada, l’edificio che ospita le Scuole Elementari di Villa Sant’Antonio, che si trova al civico numero 4 della via dei Caduti in Guerra. All’interno di questa scuola, è presenta la Palestra Comunale, nella quale praticare diverse attività compreso il gioco delle bocce. Il Municipio di Villa Sant’AntonioLungo la via Felice Cau, evitando la deviazione nella via dei Caduti in Guerra, prendiamo la successiva deviazione sempre verso destra, che è la via Maria Doro. Seguiamo la via Maria Doro per una settantina di metri e vediamo, alla sinistra della strada, l’edificio che ospita il Municipio di Villa Sant’Antonio, nel quale sono presenti la sua sede e gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Si tratta degli uffici che appartengono all’Area Tecnica con gli uffici Urbanistica ed edilizia, Manutenzioni e Opere Pubbliche, Ufficio Espropriazioni; all’Area Finanziaria con gli uffici Bilancio e personale, Tributi, Economato; ed all’Area Amministrativa con l’Ufficio amministrativo e Affari generali, l’ufficio Demografico ed elettorale, l’ufficio Protocollo, e l’Ufficio Servizi Sociali. Il Campo Sportivo ComunalePassato il Municipio, procediamo in direzione sudovest sulla via Maria Doro che, dopo un centinaio di metri, si immette sulla via Argiolas. Svoltiamo leggermente a sinistra e prendiamo la via Argiolas lungo la quale, dopo duecento metri, si vede sulla sinistra l’ingresso del Campo Sportivo Comunale di Villa Sant’Antonio. All’interno di questo centro sportivo, è presente un Campo da Calcio, con fondo in erba naturale, che non è dotato di tribune in grado di ospitare gli spettatori; ed accanto ad esso è presente un Campo da Calcetto, ossia da Calcio a cinque, con fondo in erba sintetica, anch’esso senza tribune per gli spettatori. Il Cimitero ComunaleArrivati al Municipio di Villa Sant’Antonio, da qui torniamo indietro con la via Maria Doro e riprendiamo verso sud la via Felice Cau. Seguiamo la via Felice Cau fino alla periferia meridionale dell’abitato. Percorsi circa quattrocentocinquanta metri arriviamo in corrispondenza del cartello segnaletico che indica l’uscita dall’abitato, e qQui vediamo, alla destra della strada, il muro frontale del piccolo Cimitero Comunale di Villa Sant’Antonio, con il suo cancello di ingresso al quale si accede percorrendo un’ampia scalinata. Visita dei dintorni di Villa Sant’AntonioPer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Villa Sant’Antonio, l’area è stata abitata già in epoca prenuragica, nuragica e romana, come testimonia la presenza sul territorio di alcune necropoli di domus de janas e di menhir, di alcuni Nuraghi e di alcune tombe di epoca romana. Sono stati portati alla luce i resti di diversi menhir antropomorfi, come quello in località Cucurru Tundu che è il più imponente, solenne e inquietante al tempo stesso, quello di Brentoni, di rio Imbessu e di Monte Padrillonis; ed anche i resti di diverse necropoli con numerosi ipogei, di Is Forrus, Funtanossu, Is Padrillonis; quelli del Protonuraghe Spei; dei Nuraghi semplici Perra e su Mogoru; dei Nuraghi complessi Caiu, Crannaiou, Genna Sa Pira; ed inoltre dei Nuraghi Bruncu Mannu e Corungiu Au di tipologia indefinita. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Il menhir di Monte Corru TunduDal centro di Villa Sant’Antonio prendiamo verso nord la via Felice Cau, la seguimo fino a dove esce dall’abitato come SP37 in direzione di Mogorella. Evitiamo la deviazione sulla SP37 e proseguiamo lungo la via Felice Cau, una strada in discesa a destra, prima asfaltata poi bianca. Seguiamo l’andamento della carreggIata senza mai svoltare, fino ad arrivare alla fine della strada, dove si parcheggia nello spiazzo, in prossimità di un’azienda agricola che si trova sulla sinistra, dove un cartello indica il sentiero sulla destra, e si prosegue a piedi sulla strada romana. Percorsi poco più di seicento metri, si raggiunge il Menhir di Monte Corru Tundu, ubicato su un colle in prossimità della necropoll’di Is Forrus. Il menhir è scolpito in trachite ed è del tipo aniconico, con sezione semicircolare, rastremato verso l’alto. Ha un’altezza di 5,8 metri ed è probabilmente il più alto di tutta la Sardegna, ha una circonferenza alla base di tre metri e venti ed alla sommità di un metro e trenta. Ha la sommità sbrecciata, è caratterizzato da una sezione semicircolare, con faccia prospettica spianata, sulla quale si individuano tre coppelle circolari del diametro di 10 centimetri. La superficie si presenta ben lavorata e rifinita da una minuta percussione. Il menhlr, rinvenuto rovesciato, è stato rlsollevato nella sua posizione originaria. Accanto al menhir si trova una pietra che ne costituiva la sommità, con la quale il monumento raggiungeva un’altezza che superava i sei metri. È attribuito al Neolitico finale, il periodo che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 3200 ed il 2800 avanti Cristo, e si ritiene sia stato realizzato dalla Cultura di San Michele di Ozieri. La necropoli di Is ForrusSempre alla Cultura di Ozieri sono attribuite anche le domus de janas della vicina Necropoli di Is Forrus, che sono Però di difficile individuazione e di trovano ad ovest rispetto al menhir, alla distanza da trecento a cinquecento metri. Si trovano in una vasta area di tavolati trachitici, e le tombe della necropoli sono distribuite in quattro gruppi distanti fra loro circa duecento metri. Il primo gruppo comprende cinque tombe, più a sud sono dislocati altri tre ipogei, e infine in posizione più appartata si trovano altreundici grotte scavate nella roccia, che però sono di difficile accesso a causa dell’abbondante vegetazione. Gli stipiti dei portelli sono danneggiati perché usati dai pastori per il ricovero degli animali. Le tombe sono protette dalla pioggia da solchi intagliati nella roccia che permettono il deflusso delle acque. Lo schema delle tombe prevede un vestibolo coperto, una anticella e una o più celle che comunicano fra loro attraverso delle finestrelle. La loro forma è rettangolare, quadrangolare, tondeggiante oppure ellittica. L’importante necropoli di Genna SalixiDal centro di Villa Sant’Antonio prendimo verso sud la via Felice Cau, che esce dall’abitato come SP37 in direzione di Senis. A novecento metri dal cartello segnaletico che indica l’uscita dall’abitato e dal Cimitero comunle troviamo sulla destra uno spiazzo per il parcheggio, dal quale si raggiunge l’importante Necropoli di Genna Salixi che è situata al confine tra la Marmilla e il Sarcidano, in un’area caratterizzata da suggestivi mammelloni e brevi rialzi vulcanici. La necropoli è realizzata su un grande banco roccioso, che ne è occupato in tutta la sua estensione, ed è costituita da quattordici domus de janas, considerate tra le più belle della Sardegna per la concezione architettonica particolarmente progredita. Dodici di esse sono aperte nella roccia in serie orizzontale, le altre due dirimpetto alle prime, una di fronte all’altra. I prospetti si impongono per la monumentalità e l’accuratezza della lavorazione: in particolare quello della tomba 3, superiormente scorniciato mediante un’incisione curvilinea. Un sistema di canalizzazione scavato nella roccia, tuttora visibile, preservava le sepolture dall’infiltrazione dell’acqua piovana. Le domus sono del tipo a proiezione orizzontale con sviluppo longitudinale, hanno l’ingresso variamente orientato da est a sud, preceduto da un corridoio d’accesso. Sei grotticelle presentano lo schema classico costituito da cella e anticella preceduta da un corridoio a spalle declinanti con vestibolo per lo più coperto, in altre sette è assente l’anticella, nella tomba 9 è assente il corridoio. In alcuni casi è presente o è manifesto il tentativo di scavo di una seconda camera. I corridoi hanno ampie proporzioni ed una pianta rettangolare o trapezoidale con spalle declinanti. Gli altri vani sono rettangolari, quadrangolari, rotondeggianti e ellittici. Le volte sono per lo più piane, raramente elevate verso il fondo. Diversi sono gli elementi che alludono alle offerte e ai rituali funebri praticati, come le nicchie per lo più scavate al piano del pavimento, una mensola nella parete di fondo della tomba 10, fossette scavate nel pavimento della cella della tomba 5 e delle anticelle delle tombe 5 e 7. Non si può formulare una datazione precisa degli ipogei, ma i confronti con altri contesti lasciano supporre una loro appartenenza al Neolitico finale, il periodo che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 3200 ed il 2800 avanti Cristo, e si ritiene sia stato realizzato dalla Cultura di San Michele di Ozieri. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Villa Sant’Antonio ci recheremo ad Asuni famosa per la Sagra del Gattou, con nei dintorni i menhir protoantropomorfi di Corongiu e la necropoli di Burdaga. |