Visita dell’abitato di Dorgali il cui centro storico è stato edificato sopra il suo Castro medioevaleIn questa tappa del nostro viaggio inizieremo la visita del centro storico di Dorgali, edificato sopra il Castro medioevale, e del resto del centro dell’abitato della capitale dell’artigianato e del turismo estivo in Barbagia. Visita del centro di DorgaliPer una visita del centro storico, provenendo con la SS125 Orientale Sarda da nord, ossia da Orosei, entriamo verso il centro da via Alfonso la Marmora. Se, invece, proveniamo con la SS125 Orientale Sarda da sud, ossia da Baunei, possiamo prendere la circonvallazione di valle, ossia il viale John Fitzgerald Kennedy, oppure la circonvallazione di monte, ossia la via Enrico Fermi, ed arriviamo anche in questo caso all’incrocio con la via Alfonso la Marmora. All’interno dell’abitato di Dorgali sono presenti ben nove Chiese. L’Hotel Il Querceto nel quale ci siamo fermati molte volteImboccata da nord, ossia da Orosei, la SS125 Orientale Sarda che nell’abitato assume il nome di via Alfonso la Marmora, prima dell’ingresso all’interno del paese, si trova sulla destra della strada l’ingresso dell’Hotel Il Querceto nel quale abbiamo soggiornato spesso nelle nostre permanenze a Dorgali. L’Hotel Il Querceto che si trova a Dorgali, a circa otto chilometri dalla baia di Cala Gonone, immerso in un parco naturale di querce, è l’ideale per chi vuole alternare momenti di mare e sole a momenti di riposo e relax. Gestito e diretto da 25 anni dalla stessa famiglia di proprietari, è caratterizzato dalle sue misurate dimensioni e dagli ambienti caldi ed accoglienti, più comuni ad una dimora che ad un albergo, e presenta anche un buon ristorante. Gli arredi sono stati realizzati da artigiani della zona, e all’interno dei diversi ambienti sono presenti numerose opere d’arte di artisti regionali contemporanei. Dispone di una terrazza panoramica con una vista mozzafiato sulle montagne, e di un bel parco, luogo in cui rilassarti dopo una giornata di avventure. |
Il Campo Sportivo ComunalePassato l’ingresso dell’Hotel, percorsi poco più di cinquecento metri arriviamo a un bivio, dove la via Alfonso lamarmora prosegue verso destra, mentre a sinistra si prende la via Enrico Fermi. Imbocchiamo quest'ultima e, dopo una settantina di metri, svoltiamo a sinistra in via Beata Maria Gariella, dopo centocinquanta metri svoltiamo a sinistra in via Valentino Mazzola, e, percorsi poco più di cento metri, troviamo alla destra della strada, al civico numero 8, il Campo Sportivo Comunale. All’interno di questi impianti sportivi si trova un Campo da Calcio, con superficie in erba artificiale; ed intorno al Campo da Calcio è presente una Pista da atletica leggera. Il Campo Sportivo e la pista da atletica sono dotati di tribune in grado di ospitare 600 spettatori. A Dorgali sono presenti due squadre di calcio, la più antica è la Polisportiva Dorgalese, fondata nel 1945, che milita nel campionato di Promozione, e la più recente Polisportiva Bardia, fondata nel 2007, che milita nel campionato di seconda categoria. Entrambe giocano nel Campo Sportivo Osolai. La Cooperativa Dorgali PastoriProseguiamo lungo la via Enrico Fermi. Percorsi poco più di duecento metri, prendiamo a sinistra la via Thomes, che, in un centinaio di metri, ci porta alla Cooperativa Dorgali Pastori. In piena Barbagia, dove convivono ambienti di montagna, collina, pianura e mare, in questa varietà di paesaggi e di pascoli, operano da secoli i Pastori Dorgalesi. Ad essi, al latte delle pecore e capre di razza sarda, ed alla gamma vastissima di essenze prative ed arbustive si deve l’irripetibile unione di sapori e aromi che contraddistinguono la produzione della Cooperativa Dorgali Pastori operante dal 1972 nel tradizionale rispetto di bontà e genuinità. La sua ricca gamma di prodotti va dai pregiati stagionati, dal sapore deciso, ai classici semistagionati, ai freschi per i palati più delicati e ai freschissimi, vere e proprie perle di bontà, impossibili da non provare. Prodotti diversi ma accomunati da un unico scopo, trasmettere la qualità e il gusto della Sardegna. |
La Cantina di Dorgali con un vino inserito nella guida 5StarWines di VinitalyRitornati al bivio, proseguiamo verso destra e, percorsi quattrocentocinquanta metri sulla via Alfonso la Marmora, prendiamo a sinistra la via Piemonte, che in centocinquanta metri, porta all’ingresso della Cantina di Dorgali. Nel lontano 1953, nella costa orientale della Sardegna, un gruppo di agricoltori dorgalesi fonda la Cantina di Dorgali, una Cantina Sociale che, grazie ad una costante crescita, è da oltre mezzo secolo una delle realtà più importanti del mondo vitivinicolo sardo. La Cantina lavora al 90 per cento uve Cannonau provenienti da 600 ettari di vigneti nella zona di Dorgali, in Barbagia e nelle Baronie. Circa 65 ettari di vigneti si trovano nella vallata di Isalle, da cui prende il nome il Cannonau di Sardegna Doc Vallata di Isalle, vino di qualità prodotto in regioni determinate ossia Vqprd. La Cantina produce un vino Doc di Sardegna soprattutto Cannonau, ed altri vini di qualità come il rosso Fuili, rosso Noriolo, rosso Drugal, rosso Filieri, rosato Drugal, rosso novello Santa Caterina, rosato Filieri, bianco Drugal, bianco Cala Luna. Grande apprezzamento sta avendo il rosato Filieri, noto anche come aperitivo e premiato nel 2002 a Vinitaly come miglior vino da pesce d’Italia. Oggi la Cantina affronta una nuova sfida, ossia la realizzazione di un progetto che riqualifichi le produzioni passando per la valorizzazione della cultura, della storia e delle tradizioni del territorio. Il vino Isola Dei Nuraghi Igt Rosso Hortos 2016 è stato inserito nella 5StarWines del 2023 di Vinitaly. |
Civico Museo ArcheologicoPercorsi ancora poco più di cento metri sulla via Alfonso la Marmora, troviamo alla destra della strada l’edificio che ospita la Scuola elementare. Sul lato sinistro della scuola, all’inizio della via Vittorio Emanuele, si trova l’ingresso del Civico Museo Archeologico di Dorgali, inaugurato nel 1980 in una sede provvisoria, e che è, dal 1987, ubicato appunto nel seminterrato della Scuola elementare di Dorgali. Il Museo si sviluppa in tre sale allestite secondo un ordine cronologico, e che pertanto vanno visitate in sequenza in senso antiorario. Nel Museo, che contiene testimonianze archeologiche provenienti da varie località del territorio, sono esposti materiali rinvenuti nel villaggio nuragico di Serra Orrios, come matrici di fusione in steatite, lucerne, vasi in terracotta, ed importanti sono anche i monili d’argento, di pasta vitrea e bronzo di età fenicia, ritrovati nell’abisso delle vergini della grotta di Ispinigoli. Vi sono anche anfore, ancore in piombo, elementi di fasciame di nave, lingotti di piombo rinvenuti lungo il litorale e provenienti da navi romane, ed una copia del diploma in bronzo del mercenario sardo Tunila, che combatte nell’esercito imperiale. Abbiamo fotografato l’interno del Museo ed alcuni reperti esclusi quelli ancora non pubblicati. La casa natale della Beata Maria GabriellaProcedendo per duecentocinquanta metri sulla via Alfonso la Marmora, subito dopo il civico numero 133 prendiamo sulla sinistra la via Mannu, che porta alla parte alta del paese. Seguiamo la via Mannu e poi svoltiamo nella prima a destra che è la via Adigrat, lungo la quale si trovano le prime indicazioni che permettono di raggiungere la casa natale della Beata Maria Gabriella. Nata nel 1914 da una famiglia di pastori con il nome di Maria Sagheddu, nel 1937 diviene suor Maria Gabriella, monaca cistercense della stretta osservanza, ossia trappista. muore nel 1939, e viene beatificata da Giovanni Paolo II nel 1983. Il suo corpo è stato trovato intatto in occasione di una ricognizione nel 1957, e riposa ora in una Cappella adiacente al monastero di Vitorchiano, presso Viterbo. Sul retro della casa natale, si trova l’ingresso dove si organizzano visite guidate alla casa. Ogni anno il 23 aprile, nell’anniversario della data della sua morte, si svolge la Festa in onore della Beata Maria Gabriella, una festa molto importante sia per la chiesa che per la diocesi dorgalese. In occasione di questa festa viene messa a punto una serie di celebrazioni religiose, che si svolgono sia a Dorgali che a Nuoro, che è l’altra città nella quale esiste una chiesa dedicata alla Beata Maria Gabriella. Alle celebrazioni religiose ed alla processione che si svolge per le vie del paese con la partecipazione di gruppi folcloristici, seguono manifestazioni civili di contorno, come il rinfresco offerto a tutti i partecipanti, la serata musicale ed il concerto conclusivo. La festa è organizzata dai Fedales della leva dei cinquantenni. Percorriamo fino in fondo la via Alfonso la MarmoraPercorriamo fino in fondo via Alfonso la Marmora, la via principale del paese lungo la quale si svolge la passeggiata e sulla quale si affacciano le tante botteghe di artigianato locale. La via Alfonso la Marmora termina in un quadrivio, detto Su Ponte, dove si immette dalla sinistra via Mare, proveniente dalla parte alta del paese, ed a destra parte corso Umberto, un lungo viale in discesa lungo il quale si svolgono le corse dei cavalli durante le manifestazioni del ferragosto. Verso la fine di via Alfonso la Marmora, sul lato destro della strada, subito prima del quadrivio si trova il bar Carpe Diem. Un tempo facevamo ogni anno una simpatica tappa in questo caratteristico bar che, in base alla fede calcistica del suo proprietario, era frequentato dai giovani e da numerosi tifosi della squadra di calcio della Roma, stranamente presenti qui in Barbagia. Le foto sono del 2001, l’anno in cui la squadra della Roma ha vinto lo scudetto. Oggi il bar, con i suoi tavolini direttamente nella passeggiata del paese, ha cambiato gestione ed è stato trasformato in un bar normale, mentre il proprietario, Francesco Carpinelli, si è trasferito al Garden Bar di Cala Gonone. |
I pannelli di ceramica e le botteghe del centro storicoTra le attività artigianali per le quali Dorgali è conosciuta, una delle principali è la lavorazione della ceramica. La Scuola dorgalese di ceramica moderna, fondata da Ciriaco Piras, è stata portata avanti da Simeone lai e successivamente rinnovata da Salvatore Fancello. Caratteristica del paese sono, quindi, nel suo centro storrico, non tanto i murali come negli altri paesi della Barbagia, quanto i numerosi pannelli di ceramica, con scene che descrivono momenti della vita barbaricina. Le vie del paese, soprattutto via Alfonso la Marmora e corso Umberto, con i numerosi vicoli che da loro si dipartono, sono caratterizzate dalla tipiche Botteghe e negozi di artigianato. Importante infatti a Dorgali è l’artigianato: i tipici lavori in filigrana d’oro e d’argento, manufatti in pelle ed i classici zainetti chiamati Tascheddas, ceramiche decorate come piatti decorati e vasi, tappeti tipici sardi e quelli esclusivi di Dorgali con nodo di tipo orientale, scialli ricamati, e molto altro. Il corso Umberto con la caratteristica Funtana MannaDa via Alfonso la Marmora prendiamo sulla destra il corso Umberto, lungo la quale si svolgono le corse dei cavalli durante le manifestazioni del ferragosto. Il corso Umberto è lungo settecento metri, e, dirigendosi verso ovest, andrà a sboccare sulla circonvallazione di valle del paese. Percorsi circa centoventi metri sul corso Umberto, vediamo, sulla sinistra della strada, la caratteristica Funtana Manna alla destra della quale si trova l’edificio che ospita la Biblioteca Comunale Giovanni Mulas. La piazza Caduti sul lavoro con la scultura Il Teatro della VitaPiù avanti, si apre alla sinistra della strada una piazzetta, chiamata piazza dei Caduti sul lavoro, nella quale è presente una bella Scultura commemorativa dei Caduti sul lavoro realizzata da dell’artista dorgalese Antonio Fancello, che porta il nome Il Teatro della Vita. Nel centro dell’opera artistica che è composta da due colonne, una scultura e una struttura lineare in ferro, è presente una targa che recita la spiegazione dell’opera collegata all’onore di coloro che sono caduti sul lavoro, con le parole di Michele Piruddu «L’immane sforzo, la bontà infinita / è giusto premio al sacrificio loro / oh, dorgalesi, caduti sul lavoro! / Per voi “il teatro della vita” / a meditar, riflettere c’invita / e al dovuto rispetto. Non sol l’alloro, / ma la prece costante per costoro / e una lacrima calda al cuor sfuggita. / Il tempo, la mano, la memoria / integro conservi com’è nei cuori / il ricordo di chi la vita diede / per il lavoro ed in sua mercede. / Oh Dorgali! Nel libro dei valori / rilega questa pagina di storia». Altri due elementi presenti sono le due opere in ceramica colorata e leggermente in rilievo, che si trovano appese a due pareti della piazza. Il Municipio di DorgaliPercorsi centocinquanta metri dalla Funtana Manna, al civico numero 37 di corso Umberto, si trova la Casa Dore, lo storico edificio che il Municipio, con la sua sede e gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti di Dorgali. Sono gli uffici che si occupano di Servizi Demografici, Affari Generali, Pubblica Istruzione, Polizia Municipale, Cultura e servizi sociali, Area Finanziaria, Attività Produttive e Turismo, Area Tecnica llPP e Urbanistica. Al Municipio si accede da una piazza che precede l’edificio. Il Civico Museo Salvatore FancelloNella piazza dalla quale si accede al palazzo del Municipio, sul lato sinistro, si trova l’ingresso del Civico Museo Salvatore Fancello che attualmente è ospitato in un ambiente nella sede della Polizia Municipale di Dorgali, nel corso Umberto. Il Museo accoglie alcune opere del ceramista che è passato come una meteora nel mondo culturale, dato che è morto in guerra quando non aveva ancora compiuto i venticinque anni, e non conserva che una piccola parte della sua produzione. Tra le opere esposte, alcune ceramiche e numerosi bozzetti preparatori, ma anche il cosiddetto Disegno ininterrotto, realizzato a china e aquerello su un rotolo di carta da telescrivente lungo quasi sette metri, che regalò per le nozze a Costantino Nivola, l’amico di Orani, ne giustifica una visita. Lo abbiamo fotografato in diverse parti, e, nonostante i riflessi della luce sui vetri che lo ricoprivano, l’immagine ricomposta può dare un’idea del suo fascino e della sua bellezza. La chiesa di Nostra Signora d’Itria con i resti del monastero annessoIn corso Umberto, a poco più di metà della strada tra la Funtana Manna ed il palazzo del Municipio, subito prima della piazza dei Caduti sul lavoro, prendiamo sulla sinistra la via Vittorio Emanuele, che seguiamo per centottanta metri, poi troviamo sulla sinistra la via d’Itria, sulla quale si affaccia la chiesa di Nostra Signora d’Itria chiamata Nuestra Senora de Orito in periodo spagnolo, che si trovava nel quartiere di Gorito. La chiesa è composta da un’unica navata centrale con tre campate, e con volta a botte. Edificata, probabilmente, nel quattrocento, la chiesa era stata ristrutturata nel seicento, ed è stata di recente sottoposta ad alcuni importati interventi di restauro. In essa sono custoditi i simulacri di Sant’Anna, Sant’Efisio, Santu Gristos, nome con il quale viene chiamato il Cristo Salvatore, e Santo Stefano. Era nata inizialmente come chiesa di un monastero di frati, arrivati nel quattordicesimo secolo per introdurre la Cristianizzazione. Le celle dei Frati del convento, che è stato smembrato nell’ottocento, si trovavano nella sezione sovrastante il presbiterio della stessa chiesa, al quale si accede da una scalinata. Oggi, dopo il restauro, sono state riaperte le due uniche celle che si sono salvate dalla distruzione. Il nome d’Itria è la contrazione di Odigitria, parola che significa Mostra la Via. Veniva così chiamato il tempio che si trovava a Costantinopoli, eretto per custodire ed onorare un quadro che raffigurava la Madonna. Non si sa come la venerazione della Madonna d’Itria sia giunta in Italia, ma si ritiene che il suo culto possa essere legato a un quadro della Vergine dipinto da San Luca Evangelista. Il culto della Vergine d’Itria a Portoscuso sembra risalire al periodo dell’attività della tonnara, ed è attestato fino dal 1630, ed il sito attuale nel quale sorge la chiesa dovrebbe corrispondere a quello, dove, nel 1655, il marchese Vivaldi Pasqua fece costruire una piccola chiesa col medesimo titolo. Il quadro raffigurante la Madonna d’Itria, secondo una tradizione popolare, era stato portato nella chiesa dove, durante un’incursione saracena, venne colpito da alcuni proietili. Dopo molti anni, il proprietario della tonnara lo portò a Genova per farlo restaurare, ma da dove il quadro non fece più ritorno a Portoscuso, ed in sua sostituzione, vi venne portato il simulacro che riproduceva la Santa. |
Il Monumento ai Caduti in GuerraDal Municipio di Dorgali, proseguiamo per circa duecento metri in direzione ovest lungo il corso Umberto I, e vediamo alla sinistra della strada la piazza Caduti in Guerra, una piazza alberata al centro della quale si trova il Monumento ai Caduti in Guerra. Il monumento è stato commissionato dall’Amministrazione Comunale negli anni sessanta del novecento, ma è rimasto in un deposito all’aperto per più di un decennio, per essere finalmente collocato nella Piazza dei Caduti nel 1975. Si tratta di un Imponente monumento a obelisco alto ben sei metri, nel quale quattro scalini portano alla base troncopiramidale, sulla quale si innestano due elementi a parallelepipedo con modanature rigidamente geometriche. Finalmente si sviluppa l’obelisco coronato da una cuspide, al cui interno è una lampada votiva animata da una lunghissima fiamma ricurva. Sulle fronti dell’obelisco sono le lapidi con l’elenco dei soldati caduti nella Grande Guerra, nelle guerre d’Africa orientale, di Spagna e nella seconda guerra mondiale. Al di sopra delle quattro lapidi sono delle formelle scolpite a rilievo, che raffigurano nella fronte principale la bandiera italiana, in quella opposta un sommergibile, nella fronte destra un elmo con pugnale, nella fronte sinistra un aeroplano. Sulla base, oltre i gradini, si trova una piccola figura di soldato riverso su un fianco mentre abbraccia la bandiera e stringe una bomba a mano, ed inoltre un trofeo militare in bronzo, e una lampada votiva riccamente decorata. La piazza Santa CroceTornati in corso Umberto, prendiamo la via Vittorio Emanuele sulla destra, che seguiamo per sessanta metri poi, dopo aver passato l’incrocio con la via Roma, troviamo alla sinistra della strada la piazza Santa Croce, nel quartiere di Sa Porta che indicava la porta principale dell’abitato, rivolta a est, la quale era il principale accesso al castro fortificato ed era collocata nelle prossimità dell’attuale via Vittorio Emanuele. Prima di arrivare alla piazza, era presente la chiesa del Rosario, che era la sede dell’omonima confraternita, eretta nel diciottesimo secolo, rasa al suolo negli anni sessanta del novecento per farci parcheggi, in ricordo della quale è stata posizionata una targa dove c’erano le vecchie mura. E nella piazza Santa Croce si trovava la chiesa della Santa Croce, che era la sede dell’omonima confraternita, eretta nel diciassettesimo secolo, che è stata demolita nel ventesimo secolo, della quale non rimane che una lapide commemorativa nel pavimento, al centro della piazza Santa Croce. La chiesa parrocchiale di Santa Caterina d’AlessandriaProseguendo verso sinistra, dalla piazza Santa Croce arriviamo nella piazza Santa Caterina, dove troviamo sulla destra la facciata della chiesa di Santa Caterina d’Alessandria ultimata nel giugno del 1745, anno della solenne inaugurazione, la cui attuale configurazione è dovuta ai rimaneggiamenti ottocenteschi. La chiesa è stata edificata nel quartiere di Sa Serra come chiesa parrocchiale, che andava a sostituire l’abbandonata parrocchiale medioevale dedicata ai Santi Cornelio e Cipriano, che con il passare dei secoli si era rivelata inadatta alle crescente popolazione di Dorgali. La costruzione della nuova parrocchiale e dei locali rettorali annessi, caratterizzati entrambi dalle notevoli dimensioni rispetto alle Chiese del circondario, avevano fatto di Dorgali una possibile sede della ricostituenda Diocesi di Galtellì abolita nel 1495, ma l’omicidio di Monsignor Francesco Cao, inviato del vescovo di Cagliari, ha fatto tramontare definitivamente la candidatura di Dorgali come sede della nuova diocesi in Barbagia e nelle Baronie. Proprio allora ha preso piede la candidatura di Nuoro e la ricostituzione della diocesi si è avuta lì nel 1779. Nei pressi della chiesa, in periodo medioevale, era situato un Cimitero. La facciata della chiesa, divisa in due ordini è in stile neoclassico, e dà su un sagrato munita di sedili in granito. Intonacata di rosa è movimentata da sei lesene bianche le quali incorniciano i tre portali, ed al di sopra del più grande, al centro, si osserva un frontone con ampio cornicione, ed una finestrella a semiluna poggiante sul marcapiano e racchiusa all’interno di due lesene. Sul lato sinistro un ponte in muratura collega la chiesa alla casa rettorale. Sulla piazzetta rettorale dà anche il retro del transetto sinistro la cui parete forma un’abside irregolare. La chiesa possiede tre navate con pianta a croce, cappelle laterali e transetto, si presenta come una massiccia costruzione per l’avvenuta aggiunta in epoche successive di alcuni ambienti per uso della parrocchia. Sormontata da una cupola a base ottagonale mentre sulla destra svetta un campanile a canna quadra con orologio. L’interno è caratterizzato dalla notevole altezza rispetto alla profondità delle navate, le campate della navata centrale sono tre, con volta a botte e tre cappelle laterali per parte anch’esse con volte a botte come il presbiterio e i transetti, mentre le navate laterali hanno volte a vela crociera. La struttura poggia su grossi pilastri a sezione quadrata. Al centro del presbiterio si vede la semplice cupola, a forma circolare con tre finestre, che insiste su pennacchi triangolari. Nella prima Cappella a destra si trova il fonte battesimale di marmo policromo tipico settecentesco. L’altare è stato fatto erigere nel 1814 in uno stile misto neoclassico e barocco, mentre il pulpito marmoreo risale al 1830. alla base della scala presbiteriale due leoni di marmo bianco sorreggono le balaustre. Sul fondo dell’abside è presente un grande affresco che rappresenta il Martirio di Santa Caterina, opera del pittore dorgalese Pietro Mele. Nel presbiterio al centro dell’altare c'è la nicchia con la statua settecentesca della Santa titolare che sostiene una spada nella mano destra e la palma del martirio ed un libro nella mano sinistra. La chiesa, all’interno, conserva due preziosi altari lignei in stile barocco spagnolo, di un tipo molto raro nel nuorese. L’altare più interessante è quello del transetto destro, costituito da una maestosa ancona di legno dorato su fondo verde di ispirazione spagnola, che costituisce la più interessante opera lignea di tutte le Chiese della Barbagia in stile barocco sardo, con cinque nicchie contenenti altrettante statue lignee forse di bottega napoletana e un dipinto centrale. Nel transetto sinistro è presente una notevole ancona lignea fatta costruire nel 1957, dalla famiglia Fancello Ungredda ad opera di artisti di Ortisei, su imitazione della settecentesca ancona del transetto destro, su legno dorato su fondo marron della vita di Santa Caterina, oltre all’incerta data di nascita e al fatto che fu sottoposta a martirio ad Alessandria d’Egitto, si sa poco ed è difficile distinguere la realtà storica dalle leggende popolari. Secondo la tradizione era una principessa egiziana che, in occasione dell’insediamento ad Alessandria del governatore Massimino Daia, venne invitata a palazzo e nel bel mezzo dei festeggiamenti con sacrifici di animali agli dei, rifiutò i sacrifici e chiese al governatore di riconoscere Gesù Cristo come redentore dell’umanità. Venne condannata a morte con il supplizio della ruota dentata che si ruppe e costrinse Massimino a far decapitare la Santa e, sempre secondo le varie leggende, il suo corpo sarebbe stato trasportato dagli angeli fino al Sinai. |
Da oltre duecentocinquantanni, il 25 novembre, a Dorgali si svolge la Festa di Santa Caterina d’Alessandria, che è la Santa patrona di Dorgali, una Festa particolarmente sentita dalla popolazione. La Festa comincia con la novena in onore della Santa patrona Martire, seguita dalle messe e dai vespri. Il giorno della Festa si svolge nel pomeriggio la processione, con il simulacro della Santa che fa il giro delle vie principali del paese, sulle spalle dei fedeli, prima di rientrare nella chiesa parrocchiale. Segue la celebrazione della messa, ed, al suo termine, i priori, che ogni anno vengono nominati dalla coppia uscente, offrono un rinfresco. In piazza Santa Caterina, la sera del 19 gennaio, si svolge la Festa di San Sebastiano, che è il Santo copatrono di Dorgali, che viene festeggiato con un fuoco analogo a quello previsto per la Festa di Sant’Antonio Abate che descriveremo più avanti. La festa originariamente era curata dai caprari che consideravano San Sebastiano il loro protettore. Anche in questo caso, festa e banchetto organizzato dal priore, offerta di dolci tipici e degustazione dei nuovi vini nelle cantine del rione intorno alla chiesa parrocchiale, vicino alla quale viene fatto il fuoco. Un’occasione da non perdere per un tuffo nella cultura e negli aspetti più arcaici e genuini della tradizione della Barbagia, a ridosso delle successive feste e manifestazioni del carnevale Barbaricino. La chiesa di Sant’Antonio AbatePassata la piazza Santa Caterina, seguiamo la strada verso la piazza rettorale, che si trova alla sinistra della chiesa parrocchiale, e sulla quale sono presenti diversi dipinti che raccontano la Beata Maria Gabriella. Dalla piazza rettorale prendiamo il vicolo che si dirige verso sinistra, lo seguiamo e, al bivio, prendiamo verso destra via Quintino Sella, che ci porta sulla via Giuseppe Garibaldi, mentre a sinistra parte la stretta via Cagliari in fondo alla quale sono ancora oggi presenti i resti del Palazzo del Balivo, ossia del responsabile dell’Ordine Ospedaliero Antonita, del tredicesimo secolo, che comprendono anche un breve tratto delle mura nella via Roma al quale sono addossati. Nei sotterranei del palazzo vi era una cella di sicurezza con una cavigliera, e da questo partiva un sottopassaggio per la chiesa di Sant’Antonio Abate. Arrivati con la via Quintino Sella alla via Giuseppe Garibaldi, a circa centocinquanta metri dalla piazza rettorale, ad angolo con la via Sant’Antonio, troviamo sulla destra la piazzetta Sant’Antonio, sulla quale si affaccia l’ingresso della chiesa di Sant’Antonio Abate, edificata nel seicento nel cuore del paese, e che è poco distante dalla chiesa parrocchiale di Santa Caterina d’Alessandria. Al’'interno presenta un’unica navata divisa in quattro campate, con volta di travi e tavolato di ginepro. La nicchia centrale del presbiterio accoglie due statue di Sant’Antonio Abate, più grande quella centrale e più piccola quella a destra, ed una statua della Madonna. Il 16 gennaio, alla vigilia della celebrazione del Santo, nella piccola piazza davanti alla chiesa si svolge a Festa di Sant’Antonio Abate. A Dorgali il fuoco di Sant’Antonio viene realizzato quasi interamente con frasche di rosmarino, sistemate in una grande catasta conica realizzata attorno a su pinnone, un tronco d’albero che funge da sostegno della pira, ed in cima al quale viene collocata una croce, anch’essa fatta con frasche di rosmarino e decorata con le arance. Immediatamente prima dell’accensione, il prete benedice il fuoco ed impartisce la benedizione alla gente, compiendo con i priori e con i fedeli, tre giri propiziatori intorno alla catasta e recitando le preghiere al Santo. Subito dopo l’accensione del fuoco molti ragazzi salgono sulla sommità dello stesso po che ‘alare sos aranzos, ossia compiendo un rito di grande coraggio, che consiste nella scalata della catasta, ormai quasi totalmente avvolta dal fuoco, sino alla sommità dove sta la croce di rosmarino, staccare le arance benedette e lanciarle verso la gente che assiste allo spettacolo. Davanti al fuoco avviene una distribuzione di pani benedetti e piatti tradizionali a base di fave e dolci di sapa e miele, oltre al dolce della festa, ossia Su pistiddu, composto di due sfoglie di pasta con una marmellata derivata dal vincotto. Per l’occasione le cantine del rione si aprono per offrire ai partecipanti il primo vino Cannonau della stagione. Il fuoco brucia tutta la notte, ed il disegno del fumo suggerisce auspici e profezie. La chiesa delle Grazie o della Vergine AssuntaProseguendo per centocinquanta metri sulla via Giuseppe Garibaldi, arriviamo alla sinistra della strada in piazza delle Grazie, dove si trova la chiesa della Madonna delle Grazie, ossia Sa Cresia de Sas Grassias, chiamata anche chiesa dell’Assunta. In periodo medioevale era costituita solo da una piccola Cappella dedicata a Santa Maria, che si trovava ad ovest della parte fortificata del Castro di Dorgali. Era conformata a torre, ossia una chiesa torraia, e che era la chiesa della Guardia giudicale. La sua impostazione architettonica è riferibile ai templari, come attesta anche la sua dedicazione a Santa Maria, un retaggio bizantino confermato nella tradizione templare, con facciata rivolta ad ovest e le entrate laterali antiche, oggi murate, rivolte a nord e a sud. La presenza di quest’Ordine religioso era, forse, legato al traffico dell’argento delle miniere di Lula, ed anche la tradizione orafa dorgalese è nata con gli argentieri nel periodo medioevale. La chiesa è stata, poi, ampliata in periodo aragonese sull’edificio preesistente, tanto che sui muri a sud ed a nord si nota l’antica posizione delle porte e delle scale degli edifici medioevali, oggi murate. La chiesa delle Grazie è intonacata solo nella facciata, mentre lateralmente affiora la scura pietra basaltica, che ne esalta l’estetica. Fino al diciannovesimo secolo in questa chiesa si sono riuniti i gruppi di difesa civica, prima nel medioevo la Scolca del Castro di Dorgali, che era un gruppo di uomini armati con a capo un maiore, costituito per difendere un particolare territorio da offesa nemica, ed in ultimo, in epoca moderna, i barracelli. La chiesa è stata di recente sottoposta ad alcuni importanti interventi di restauro. A questa chiesa è dedicata la festa più` importante del paese, ossia la Festa dell’Assunzione del 15 di agosto, proprio il giorno in cui si ricorda la Madonna Assunta in cielo. Di fronte alla chiesa delle Grazie era ubicata la chiesa scomparsa dei Santi Cornelio e CiprianoNell’estremità ovest del Castro, di fronte alla chiesa delle Grazie, dove oggi si trova il vecchio Campo Sportivo di Dorgali, nel tredicesimo secolo era ubicato il Santuario territoriale scomparso costituito dalla grande chiesa dei Santi Cornelio e Cipriano, ossia di Santu Croneli e Cripiane. La chiesa, che era stata la parrocchiale di Dorgali dalla fine del quattordicesimo secolo fino a tutto il sedicesimo secolo, era dotata di un campanile di grandi dimensioni, e ad essa era annesso il vecchio Cimitero del paese. San Cipriano era il patrono di Cartagine, e la dedica ad esso di una chiesa testimonia l’antico legame commerciale e politico tra questa città africana e la costa dorgalese. La prima settimana di settembre di forte coinvolgimento è la Festa di San Cornelio e Cipriano, rispettivamente il copatrono di Dorgali e il papa che lo ha santificato, che oggi si svolge nel centro del paese, mentre una volta si svolgeva presso la chiesa, oggi scomparsa, a loro dedicata. Viene celebrata con funzioni religiose e processione in costume. Per una settimana, la sera, si balla il tradizionale ballo sardo davanti alla casa del priore. Il Palazzetto dello Sport chiamato anche complesso sportivo di Mes’AustuDa piazza delle Grazie proseguiamo verso sud ovest, ed arriviamo in via Roma, che prendiamo verso destra. La via Roma sbocca sul corso Umberto, che seguiamo fino a che questo arriva a una rotonda dove incrocia il viale John Fitzgerald Kennedy, che costituisce la circonvallazione di valle di Dorgali. Prendiamo il viale John Fitzgerald Kennedy verso destra, ossia verso nord, ed, in una settantina di metri, troviamo alla destra della strada il viottolo in salita, che ci porta sulla sommità della collina, dove si trova il Palazzetto dello Sport di Dorgali, inaugurato nel 2007, chiamato anche Complesso Sportivo di Mes’Austu dove si svolge gran parte delle manifestazioni del ferragosto dorgalese. Il palazzetto è affacciato sullo spiazzo che ospitava il vecchio Campo Sportivo, realizzato dove un tempo sorgeva la chiesa scomparsa dei Santi Cornelio e Cipriano, e nel quale si celebra gran parte delle manifestazioni del ferragosto. Il Cimitero Comunale di DorgaliPassata la rotonda all’incrocio con il viale John Fitzgerald Kennedy, proseguiamo lungo la prosecuzione del corso Umberto che ci porta al di fuori dell’abitato di Dorgali in direzione ovest. Percorsi circa duecento metri, vediamo alla sinistra della strada l’ingresso del grande Cimitero Comunale di Dorgali. Questo Cimitero è stato edificato dopo la demolizione dell’antico Cimitero, che era collocato nei pressi della chiesa dei Santi Cornelio e Cipriano, nel luogo dove, in seguito, è sorto il vecchio Campo Sportivo, e dove oggi si trova il palazzetto dello sport. Nel 2018 l’Amministrazione Comunale di Dorgali ha ritenuto importante onorare la memoria e contribuire a tenere vivo il ricordo di Salvatore Fancello, il cui talento è maturato lontano dall’Isola, circondato, sostenuto e molto amato da personalità di rilievo nel mondo dell’arte internazionale e oggi punto di riferimento e fonte di ispirazione per le nuove generazioni. L’artista viene commemorato con un monumento funerario realizzato nella zona riservata alle spoglie di personaggi che hanno dato lustro alla comunità dorgalese, nell’area verde sita ad est del camminamento retrostante la Cappella del Cimitero Comunale. La chiesa del Carmelo o della Madonna del CarminePrendendo il viale John Fitzgerald Kennedy verso sud, lo seguiamo per poco più di un chilometro, ed arriviamo allo svincolo con la SS125 Orientale Sarda, che, a destra, porta fuori dall’abitato in direzione di Cala Gonone e poi verso Baunei, mentre a sinistra diventa la via Enrico Fermi, che è la circonvallazione di Monte di Dorgali. Prendiamo quest’ultima e, dopo un centinaio di metri, troviamo sulla sinistra la strada che, in trecentocinquanta metri, sale sul colle dove sorge la piccola chiesa del Carmelo o della Madonna del Carmine. La chiesa si presenta come un Santuario, che conserva le cellette del convento dei Frati del quartiere di Gorito, e l’aspetto attuale dell’edificio è il risultato di ristrutturazioni che ne hanno modificato l’assetto originario. Dal piazzale antistante la piccola chiesa si ha una veduta del paese, splendida di giorno ed ancora più affascinante di notte, quando si accendono tutte le luci del paese sotto la volta stellata. La chiesa di San lucifero Vescovo e Santa Maria MaddalenaPercorsi ottanta metri sulla via Enrico Fermi, prendiamo sulla sinistra la via Giosuè Carducci, che, in duecentocinquanta metri, ci porta davanti alla chiesa di San lucifero Vescovo e Santa Maria Maddalena che si trova sulla piazza alla sinistra della strada, ed appartiene al quartiere di Sa Madalena ei Sa Chejedda. Costruita nel dodicesimo secolo, la parte medioevale più antica è quella posteriore, quando la chiesa era a metà lunghezza, dove era collocato il precedente frontale pisano del quale resta solo un pezzo conformato a contrafforte. La parte anteriore è stata aggiunta con l’ampliamento del 1645 in stile barocco sardo. All’interno, l’unica navata di tre campate ha la volta restaurata in muratura. L’altare è il più bello, tra tutti quelli delle piccole Chiese dorgalesi, e su di esso sono presenti il simulacro della Madonna dei Miracoli, e quelli di due Santi gesuiti, Sant’Ignazio di Loyola e San Francesco Saverio. Nella chiesa sono presenti, sui pilastri, due simboli grafici di probabile origine templare, con la croce con quattro cerchi, simili come impostazione ai quattro Mori, probabilmente ripresi dal verso del Croat, moneta catalana d’argento creata il 1285 da Pietro il Grande, che nel quattordicesimo secolo era utilizzata in Sardegna. All’esterno, sul lato sinistro la struttura è sostenuta da quattro contrafforti. La chiesa di San LussorioRitornati sulla via Enrico Fermi, proseguiamo per trecentocinquanta metri e prendiamo a sinistra la via Bardia che seguiamo per circa duecento metri, poi la strada sfocia sulla via Catte, che prendiamo verso sinistra, costeggia la fiancata e ci porta in piazza San Lussorio, sulla quale si affacccia la chiesa di San Lussorio che si trova nel quartiere di Gonare. Costruita nel diciassettesimo secolo, a pianta rettangolare con contrafforti, ha un interno a navata unica, con volta a travi che sembrano sostenere il solaio, che è stato rimodernato in muratura sostituendo l’antico tavolato. Il presbiterio è sopraelevato rispetto al pavimento e ha la volta a botte. Presso questa chiesa si celebra il 21 agosto la Festa di San Lussorio di Oroviddo. La chiesa dell’Angelo e della Madonna di Bonaria, detta anche della Madonna di GonareDalla piazza San Lussorio, prendiamo verso nord ovest la via San Lussorio, che sbocca sulla angusta piazza Gonare, dove si trova la chiesa dell’Angelo ossia Cresia de S’Anzelu, detta anche chiesa della Madonna di Bonaria che i locali chiamano chiesa della Madonna di Gonare dato che si trova nel quartiere Gonare. L’angelo al quale è dedicata può essere Raffaele, del quale c'è il simulacro con il piccolo discepolo Tobiolo o Tobia, o possono essere anche gli angeli Michele e Gabriele. La Madonna di Bonaria, ossia la spagnola Nuestra Senora del Buen Ayres, della quale c'è il simulacro, è detta anche Madonna del Natale, ossia la francese Notre Dame du Noel. Caratteristica di questa chiesa sono le antiche scalette di un vicolo parzialmente scomparso sul retro, ed i contrafforti posti sui lati. Vicino alla chiesa si trovano i resti del retrostante monastero, che era collocato nell’isolato a monte di questa chiesa. Presso questa chiesa ogni anno, il 29 del mese di settembre, si svolge la Festa chiamata dell’Angelo, che è la Festa dedicata agli angeli Raffaele, Michele e Gabriele. La chiesa di Santa Lucia con il monastero annessoPresa alla sinistra della chiesa dell’Angelo la via Gonare, la seguiamo per sessanta metri, poi prendiamo a sinistra la via Tola, dopo una sessantina di metri a destra la via Gorizia, e poi, subito, a sinistra la via Grazia Deledda. Qui, al civico numero 2, troviamo la chiesa di Santa Lucia con, sulla sinistra, l’annesso monastero benedettino delle suore di clausura, fondato nel 1964 nel quartiere di Gonare per continuare l’opera della Beata Maria Gabriella. All’interno del monastero sono ancora custoditi due antichi simulacri, quello di Santa Cecilia, del quattordicesimo o quindicesimo secolo, e quello di San lamberto di liegi, in lingua sarda Santu lumbertu, del quindicesimo secolo, che nella mano teneva la lancia del suo martirio, e sulla cui mitra è rappresentata la croce cistercense luminescente. La domus de janas di Pirisché o Sa Domu ’e su reTorniamo sulla via Enrico Fermi, da dove avevamo preso a sinistra la via Bardia, proseguiamo per trecentocinquanta metri, e prendiamo a destra, seguendo le indicazioni, una strada lastricata in salita. Possiamo arrivare a questa strada lastricata anche direttamente dalla chiesa di Santa Lucia, tornando indietro verso la via Gorizia, prendendo a sinistra la via Pirische, che ci porta sulla via Enrico Fermi un poco più avanti, torniamo indietro per una cinquantina di metri e troviamo sulla sinistra la strada lastricata in salita. Seguiamo per quattrocentocinquanta metri questa strada lastricata, poi svoltiamo tutto a sinistra e prendiamo la strada che, in meno di trecento metri, ci porta a una tra le numerose domus de janas del paese, la domus de janas di Pirisché detta anche Sa Domu ’e su re, che è situato sul ciglio della strada. Ricavata da una colata di roccia basaltica, è costituita da un portello rettangolare che immette in una piccola anticella in origine coperta. Segue un portello con quattro riseghe disposte a scaletta per il rincasso del chiusino. La tomba è composta da un unico vano sepolcrale di pianta rettangolare, diviso da una parete ambiente che, attraverso un tratto di parete, porta ad un piccolo vano. Le pareti sono lavorate con cura. Nella piccola anticella, in corrispondenza della parete destra e nel soffitto della sinistra, vi sono resti di ocra rossa che in origine doveva colorare tutto il vano. Da questa domus provengono materiali dell’età del rame appartenenti alla Cultura di Monte Claro, che si è sviluppate secondo la cronologia calibrata tra il 2700 ed il 2400 avanti Cristo, e, secondo una datazione più tradizionale, tra il 2400 ed il 2100 avanti Cristo. Gli altri resti archeologici rinvenuti nel territorio verranno illustrati più avanti, nella pagina che descrive i dintorni di Dorgali. Una fermata in un ottimo ristorante famoso per i piatti tipici della cucina barbaricinaNella visita a Dorgali ci sembra doverosa una fermata al ristorante Il Colibrì, un ristorante famoso per i piatti tipici della cucina dell’interno della Barbagia. Per arrivarci, torniamo sulla via Enrico Fermi e la seguiamo per un centinaio di metri verso nord ovest, poi, seguendo le indicazioni, prendiamo verso sinistra la via Antonio Gramsci, dove troviamo il ristorante al civico numero 14. C'è un grande parcheggio di fronte per lasciare l’auto, il che è molto utile. Il ristorante Il Colibrì di Dorgali è un locale specializzato nella cucina sarda, che viene servita in un ambiente semplice, e che propone una cucina casalinga fedele ai sapori e alle tradizioni della gastronomia tradizionale dorgalese, accompagnata dalla cordiale ospitalità dei gestori, soprattutto del titolare Alberto Mereu. Pur non trattandosi di un ristorante, ma essendo solo una trattoria a gestione familiare, è stata consigliata alcuni anni fa anche dalla Guida Michelin che aveva suggerito di visitarla per la sua ottima cucina tradizionale. Tra le specialità più invitanti del menu spicca soprattutto l’agnellino da latte in umido, chiamato Saccaju in lingua sarda. Appena entrati nel ristorante, proprio all’ingresso del locale, ci accolgono sul muro un ritratto di Sandro, figlio del titolare, in abito tradizionale dorgalese, ed alcune belle foto di Salvatore, fratello del titolare, che avevo conosciuto anni fa poco più che ventenne, e che ho scoperto essere diventato, dopo aver viaggiato qua e là per il mondo, un apprezzato fotografo professionista. In questo caratteristico ristorante abbiamo potuto apprezzare i piatti tipici della cucina barbaricina, dagli antipasti al pane frattau, dal porcetto, alla capra e alla pecora, dai formaggi ai dolci tradizionali, il tutto accompagnato dal piacevole Cannonau locale giovane, servito freddo nelle caratteristiche bottigliette. |
Con la visita di questo ristorante, abbiamo concluso la descrizione del centro del paese chiamata Dorgali. Ci recheremo, ora, a visitare la sua costiera con la frazione Cala Gonone, e poi gli importanti siti archeologici nei suoi dintorni. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, dopo aver visto la grotta di Ispinigoli, visiteremo le coste di Dorgali e la sua frazione marina Cala Gonone dalla quale possiamo raggiungere le diverse cale lungo la costa della riserva naturale marina per la protezione della Foca Monaca, che abbiamo già in parte visitato nell’ultima tappa del nostro viaggio in Ogliastra. |