Gavoi famosa per il suo Carnevale dove arriviamo dopo aver passato il lago di Gusana
In questa tappa del nostro viaggio da Ovodda, passato il lago di Gusana, seguiremo verso nord la SS128 e ci recheremo a visitare Gavoi una delle cittadine in Sardegna a cui il Touring Club Italiano ha assegnato la Bandiera Arancione ossia il marchio di qualità turistico ambientale, paese famoso per il suo Carnevale e per la produzione di alcuni tra i più antichi strumenti musicali della Sardegna. La regione storica della Barbagia di OllolaiLa Barbagia di Ollolai (nome in lingua sarda Barbàgia ’e Ollolai), chiamata anche Barbagia Superiore, è una regione storica della Sardegna centrale. Durante il periodo giudicale ha fatto parte del Giudicato d’Arborea, nellla Curatoria della Barbagia di Ollolai, è stata poi degli Aragonesi, quindi del Ducato di Mandas. Ne fanno parte i comuni: Austis, Fonni, Dorgali, Gavoi, lodine, Mamoiada, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgosolo, Ovodda, Teti e Tiana. Secondo molti, ed anche secondo noi, alla Barbagia di Ollolai apparterrebbe anche il comune di Dorgali, che durante il periodo nel quale la Sardegna era sotto il controllo dell’impero Bizantino e nel primo periodo del Giudicato di Arborea ne costituiva uno sbocco al mare, che è andato perduto a seguito dell’espansione, promossa dai Pisani, verso sud del Giudicato di Gallura. Secondo alcuni, alla Barbagia di Ollolai apparterebbero anche i comuni di Orani e Sarule, che noi attribuiamo, invece, al Nuorese, noto anche come Barbagia di Nuoro o Barbagia di Bitti. In viaggio verso GavoiProseguendo da Ovodda sulla SS128, la strada ci porta a costeggiare verso sud la costa occidentale del pittoresco lago di Gusana e, dopo una diecina di chilometri, dopo aver superato il ponte Aratu, la sua costa orientale. Il bacino artificiale di GusanaIl pittoresco Lago artificiale di Gusana è il primo dei tre invasi artificiali creati lungo il corso del fiume Taloro, ossia gli invasi di Gusana, di Cucchinadorza e di Benzone, e si trova nell’area Comunale di Gavoi, ed in parte in quella di lodine. Gli invasi sono stati realizzati con tre sbarramenti sul fiume Taloro, collegati tra loro mediante gallerie di adduzione delle acque. Il sistema è stato principalmente destinato alla produzione di energia elettrica ed ha consentito l’installazione di tre centrali idroelettriche, e parte dell’acqua è stata destinata anche all’irrigazione. L’invaso di Gusana, importante meta turistica, ha un perimetro di 14 chilometri ed una capienza di 63milioni di metri cubi d’acqua, è circondato da boschi di lecci che avvolgono l’intero invaso, e dalla macchia mediterranea che rende il paesaggio unico nel suo genere. Sulle sue sponde sorgono diverse strutture ricettive per il turismo estivo. Nell’invaso del lago di Gusana rimangono i resti di un antico ponte romano. Le strutture turistiche sul lago di GusanaSubito dopo il ponte Aratu, si trova alla destra della strada l’Hotel Taloru. Procedendo lungo la SS128, risaliamo lungo la costa dirigendoci verso nord e, dopo un paio di chilometri, superiamo il secondo ponte sul lago. Risalendo lungo la costa orientale del lago, a un chilometro e mezzo dal secondo ponte sul lago troviamo una deviazione sulla sinistra. Seguendo le indicazioni, dopo poco meno di un chilometro, arriviamo su una penisola sulla quale si trova l’Hotel Gusana, con le sue strutture turistiche. La diga del lago di GusanaPercorsi, da Ovodda, poco meno di quattordici chilometri e mezzo sulla SS128, troviamo la deviazione sulla sinistra che, seguendo le indicazioni, ci porta in due chilometri alla Diga del lago di Gusana una diga del tipo a cupola, in calcestruzzo dell’altezza di 81 metri e mezzo, realizzata su progetto dell’ingegner Aldo Maffei negli anni che vanno dal 1959 al 1961. Si trova lungo il corso del Taloro, un fiume lungo 63 chilometri che nasce nel comune di Fonni dal gruppo del Gennargentu, attraversa la Provincia di Nuoro e la Provincia di Oristano, ed è uno dei principali fiumi della regione per portata media annua, di 6 metri cubi al secondo. Raggiungiamo il paese chiamato GavoiDopo circa sedici chilometri da dove avevamo preso la SS128, raggiungiamo il paese chiamato Gavoi. Dal Municipio di Ovodda a quello di Gavoi abbiamo percorso 16,6 chilometri. Il comune chiamato GavoiIl comune chiamato Gavoi (altezza metri 790 sul livello del mare, abitanti 2.492 al 31 dicembre 2021) è il nono paese più alto della Sardegna, un centro agropastorale importante per il commercio, per il turismo estivo, per l’artigianato dei tessuti di orbace e per i finimenti per i cavalli. Sorge in una bella posizione tra frutteti e querceti. Situata nella parte centrale della Provincia di Nuoro, nella Barbagia Ollolai, alle pendici del monte Basilio, è facilmente raggiungibile dalla SS128 Centrale Sarda, che ne attraversa il territorio Comunale. Il territorio nel quale sorge l’abitato comprende l’area del bacino del lago di Gusana, ha variazioni altimetriche molto accentuate, che vanno dai 470 ai 1.117 metri di altezza. Si tratta di uno dei paesi dove la speranza di vita è più alta rispetto alla media mondialeIl comune appartiene ad una delle zone blu dove la speranza di vita è più alta rispetto alla media mondiale. Il termine Zone blu, in inglese Blue Zones, viene usato per identificare le aree demografiche o geografiche del mondo in cui la speranza di vita è notevolmente più alta rispetto alla media mondiale. Il concetto è nato quando gli studiosi Gianni Pes e Michel Poulain hanno pubblicato su Experimental Gerontology il loro studio demografico sulla longevità umana, che identifica la Provincia di Nuoro, in Sardegna, come l’area con la maggiore concentrazione di centenari al mondo. Gli studiosi, per procedere nel lavoro, tracciavano sulla mappa delle serie di cerchi concentrici blu che indicavano le zone con la più alta longevità, da qui il termine Zona blu. I paesi appartenenti alle zone blu in Sardegna sono Arzana, Baunei, Fonni, Gavoi, Mamoiada, Oliena, Ollolai, Orgosolo, Ovodda, Perdasdefogu, Seulo, Talana, Tiana, Ulassai, Urzulei, Villagrande Strisaili. Il comune ha ottenuto il riconoscimento della Bandiera ArancioneIl 22 luglio 2005 questo è uno dei paesi che vengono insigniti del riconoscimento della Bandiera Arancione, ossia il marchio di qualità turistico ambientale, da parte del Touring Club Italiano. Si tratta di un riconoscimento che viene attribuito ai paesi che si sono distinti per un’offerta di eccellenza e un’accoglienza di qualità. Sono cinque le località eccellenti della Sardegna coinvolte, ossia Aggius, Galtellì, Gavoi, Laconi e Sardara. Si tratta di località che si trovano nella parte settentrionale e centrale della Sardegna, dal Sassarese e dall’Oristanese al Nuorese. Origine del nomeIl nome della cittana è di origine oscura, verosimilmente legato a una serie di nomi locali protosardi. Il nome del paese è attestato dal 1341 nelle forme Gavi e Gauoy, e secondo gli studiosi la sua etimologia sarebbe da rintracciare nella base prelatina Gava o Gaba, ad indicare una località piena di orti, oppure indicativa di comunità, recinto di bestiame. Ma potrebbe anche essere di etimologia non arcaica, ma latina, se derivasse da Gabinus, ossia Gavino, con esito di desinenza in -oi ad indicare un accrescitivo maschile, dunque sarebbe come l’italiano Gavinone. La sua economiaIl comune è ad economia agropastorale, ed il settore primario è presente con la coltivazione di ortaggi, foraggi, ulivi e frutteti, ed anche con l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L’industria è costituita da piccole imprese che operano nei comparti tessile, della lavorazione del legno, manifatturiero soprattutto gioielleria e oreficeria, della produzione e distribuzione di energia elettrica ed edile. Il terziario si compone di una buona rete commerciale. Gavoi è meta di un significativo afflusso turistico sia invernale sia estivo, il suo clima, infatti, e le numerose bellezze naturali dei suoi dintorni, quali l’altopiano di Pratobello, la valle del rio Talora ed il lago di Gusana, circondato da folti boschi di lecci, costituiscono delle forti attrazioni per numerosi visitatori. Gavoi e la produzione di alcuni tra i più antichi strumenti musicali della SardegnaA Gavoi si costruiscono e si suonano alcuni tra i più antichi strumenti musicali della Sardegna. Si tratta soprattutto di Su tumbarinu, il tamburo bipelle, costruito interamente a mano con pelli capra e asino, in passato anche con pelle di cane. Poi Su pipiolu, il flauto, costruito con un unico pezzo di canna comune, che presenta quattro fori sulla parte anteriore. Ed anche Su triangulu, il triangolo, realizzato con una sbarretta tonda d’acciaio a forma di triangolo aperto da un lato, che viene percosso con una bacchetta metallica. Brevi cenni storiciIl territorio dove sorge Gavoi è stato abitato sino dall’età preistorica, come attestato dai numerosi resti nuragici e da alcune domus de janas rinvenuti. In periodo medioevale, nell’undicesimo secolo, il borgo viene compreso nel Giudicato d’Arborea, nella curatoria di Ollolai. Nel primo decennio del quindicesimo secolo appartiene al Marchesato di Oristano, per essere in seguito conquistato dagli Aragonesi. Nel 1604 viene incorporato nel Ducato di Mandas e ceduto in feudo alla famiglia dei Maza. Gli ultimi feudatari sono i Tellez Giron d’Alcantara, che la governano fino al 1839, anno dell’abolizione del sistema feudale. Durante il regno d’Italia, del comune di Gavoi, nel 1927, dopo la creazione della Provincia di Nuoro, viene cambiata la provincia, da quella di Sassari, alla quale precedentemente apparteneva, alla neonata Provincia di Nuoro. Nel 1928 gli viene annesso come frazione il piccolo borgo agricolo di lodine, che però torna ad ottenere piena indipendenza amministrativa e territoriale in periodo repubblicano, nel 1988. Le principali principali feste e sagre che si svolgono a GavoiA Gavoi sono attivi il Gruppo Folk Pro Loco, i tenores Sos Zillonarjos, ed il Coro Polifonico Gusana, e durante le loro manifestazioni è possibile ammirare i caratteristici costumi tradizionali. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Gavoi figura, la sera del 16 ed il 17 gennaio, la Festa di Sant’Antonio Abate; la Festa del Carnevale Gavoese; la terza domenica dopo Pasqua la Festa di Sant’Antioco; il 24 giugno la Festa di San Giovanni Battista; l’ultima domenica di luglio la suggestiva Festa di Sa Itria, ossia la Festa della Madonna d’Itria, presso l’omonimo Santuario, con le famose gare ippiche Su Palu; tra la fine di giugno e inizio luglio il festival letterario della Sardegna L’isola delle Storie; il 25 ottobre la Festa del Santo patrono del paese, che è la Festa di San Gavino; a Gavoi si tiene anche, in agosto ed in inverno, il Festival del cinema italiano chiamato Premio Tumbarinu d’Argento. Il Carnevale di Gavoi con Sa Sortilla ’e Tumbarinos ed il rogo di Zizzarrone e Marianna FrigonzaIl Carnevale Gavoese è molto caratteristico, ha origini antichissime, deriva probabilmente da riti in onore di Dionisio, il dio della natura che ha insegnato agli uomini l’arte di ottenere il vino, e conserva l’ancestrale valore rigenerativo determinato dal suono, che vuole risvegliare la natura dal letargo invernale, allontanare gli influssi negativi e propiziare l’abbondanza. Le festività iniziano il giovedì grasso, detto il Giovia ’e lardaiola, così chiamato perché in questa occasione si preparavano le fave con il lardo, con Sa Sortilla ’e Tumbarinos, l’uscita dei tamburini. I suonatori, diverse centinaia, invadono con una lunga sfilata tutte le vie del paese, accompagnata dal suono assordante e ripetitivo dei tamburi, suonati da donne, uomini e bambini che sfilano per le vie del paese. Essi indossano l’abito di velluto maschile dei pastori, le scarpe chiamate Sos Cosinzos e Sos Cambales, oppure l’abito femminile delle vedove, con il viso rigorosamente dipinto di nero. Anche nel caso del vestito vale l’inversione dei ruoli. Gli strumenti sono interamente costruiti a mano, con pelli di capra e di pecora, mentre une volta si usavano anche pelli di cane o di asino. Per la realizzazione dei tamburi si utilizzano Sos Malùnes, i setacci per la farina, o le forme in legno per il pecorino, o i vecchi secchi di sughero usati per la mungitura e per cagliare il formaggio; si utilizzano anche Sos majos, i grandi contenitori per conservare il grano. Insieme ai tamburi essi suonano Su Pipiolu, il flauto di canna, Su Triangulu, il triangolo di ferro battuto, Su Tumborro, uno strumento realizzato da una vescica di animale essiccata e rigonfiata come cassa di risonanza, che viene fatta vibrare da una corda come se fosse un violino. Per cinque giorni si svolgono feste di piazza con musica, balli, maschere, sfilate di carri allegorici e gruppi mascherati, e la Festa è accompagnata da cibi locali abbondantemente innaffiati di vino e birra. Come in tutta la Barbagia, anche a Gavoi il Carnevale conserva la liturgia drammatica del sacrificio di una vittima, Su Mortu de Harrasehàre, il morto del Carnevale, che qui viene rappresentato da un fantoccio chiamato Zizzarrone che viene fatto girare per il paese in groppa ad un asino o sulle spalle di una persona insieme a sua moglie Marianna Frigonza. alla conclusione dei festeggiamenti del Carnevale, la sera del martedì grasso, si assiste allo straordinario spettacolo del rogo del Carnevale, nel quale vengono bruciati i fantocci di Zizzarrone e Marianna Frigonza. Con il carbone che rimane dopo il rogo, la mattina del mercoledì i giovani del paese, chiamati Sos Intinghidores, fanno il segno della croce sul viso alle persone che incontrano per la strada. Il Festival letterario della Sardegna l’isola delle StorieNelle piazze e nelle case di Gavoi, tra la fine di giugno e inizio luglio, si tiene il Festival letterario della Sardegna L’isola delle Storie. Il festival è organizzato in due sezioni, una per gli adulti e una per i ragazzi. In tre giorni, prevede una serie di incontri quotidiani con scrittori, illustratori, editori, giornalisti e autori che lavorano nel mondo della letteratura, dell’arte e del cinema. Nato nel 2004 dall’incontro di alcuni scrittori con alcuni appassionati di lettura di Gavoi, il Festival è cresciuto negli anni conquistando un pubblico sempre più vasto, viaggiatori, turisti curiosi, che per un intenso fine settimana animano il suggestivo centro storico e le strade del paese. Nell’edizione del 2013 la piazza Sant’Antriocu ha registrato la presenze di circa 1500 persone durante gli incontri serali e oltre 1000 persone negli incontri di mezzogiorno, mentre le altre piazze hanno tenuto una media tra le 500 e le 900 presenze. Il Festival del Cinema Italiano con il premio Tumbarinu d’argentoIl Festival del Cinema ItalianO è dedicato al cinema italiano d’impegno sociale e civile, e l’intento degli organizzatori è quello di creare a Gavoi un’enclave del buon cinema, un appuntamento consueto con il grande schermo che crei un varco tra la piccola comunità gavoese e il mondo circostante, rendendo Gavoi meta di cineasti e attori di alto profilo. Ogni anno, a partire dal 2000, in agosto premia con il Tumbarinu d’argento il cinema meno visibile d’impegno sociale e civile. Il Festival, che comprende anche una Rassegna nella stagione invernale, ha visto l’adesione di attori e registi come Fabio Olmi, Luigi lo Cascio, Salvatore Mereu, Valeria Golino, Raz Degan. Visita del centro di GavoiEntriamo in Gavoi da sud provenendo da Ovodda con la SS128 che, all’interno del centro, assume il nome di via Roma e lo percorre tutto da sud a nord. L’abitato ha caratteristiche di tipo collinare, una tipica conformazione ad anfiteatro, e non mostra segni di grande espansione edilizia. Conserva, nel suo antico centro storico originario, diverse abitazioni rustiche con granito a vista, caratterizzati dai tipici balconcini in legno o in ferro battuto. Il Cimitero di GavoiPercorsi quattrocentocinquanta metri dal cartello segnaletico sulla via Roma, prendiamo tutto a sinistra la via Piave e, dopo una settantina di metri, continuiamo sulla via Cagliari. In poco più di duecento metri, arriviamo di fronte all’ingresso del Cimitero di Gavoi. La chiesa di Sant’AntiocoTornati indietro lungo la via Cagliari, dopo poco più di duecento metri arriviamo a un bivio, dove evitiamo la deviazione a destra in via Piave, mentre proseguiamo a sinistra sulla via Cagliari. Percorsi circa centocinquanta metri, svoltiamo a sinistra verso la via Sant’Antioco, prendiamo questa strada e, dopo un centinaio di metri, arriviamo in piazza Sant’Antioco. Siamo nella parte alta del paese, ai piedi del rione Su Craru, luogo in cui si dominava la vallata di Gusana e di Aratu. Qui troviamo la duecentesca chiesa di Sant’Antioco in stile gotico, restaurata di recente, con una facciata molto semplice, ora intonacata. Il luogo è stato forse il primo Cimitero del paese, dato il ritrovamento di scheletri umani, che sono oggi debitamente custoditi, ai lati dell’altare maggiore. L’interno, a navata unica con cinque arcate di trachite finemente lavorata, ha ancora la copertura duecentesca. Il campanile, a vela a doppia campana, è l’unico elemento della struttura originale visibile all’esterno. L’altare maggiore dedicato a Sant’Antioco è in marmo, rifatto di recente, come lo sono alcuni affreschi rifatti sul lato sinistro dell’altare, mentre quelli del lato destro sono originali e risalgono al 1701. Sul lato destro della chiesa si trova l’altare dedicato al Crocifisso, provieniente dalla chiesa della Santa Croce, che sorgeva dove ora si trova il palazzo del Municipio di Gavoi, e di cui conserva il nome la piazzetta antistante ad esso. recentemente ai piedi dell’altare, all’interno di una teca, è stata collocata una reliquia del Santo proveniente dall’isola di Sant’Antioco. della antica provenienza religiosa rimane intatto il culto di Sant’Antioco, uno dei primi Santi cui si riferivano le comunità ebraiche, che poi, per ovvi motivi di opportunità, si convertivano al Cristianesimo. La Festa di Sant’Antioco si celebra la terza domenica dopo la Pasqua, e dura tre giorni. Per tradizione è la Festa dei Sos Zillonarjos, e in occasione di questa si svolgono manifestazioni folcloristiche e processioni a cavallo. Il palazzo Porcu Satta che ospita il Museo EtnograficoRiprendiamo la via Roma da dove la avevamo lasciata per prendere tutto a sinistra la via Piave, e seguiamo ancora verso nord e poi verso est. Percorsi duecentocinquanta metri, troviamo alla sinistra della strada il Palazzo Porcu Satta una tipica casa padronale signorile costruita nel 1901 dal dottor Giovanni Porcu, medico condotto di Gavoi e Ollolai, nella quale notevoli esempi di artigianato di inizio secolo sono i portali e il balcone, tutti con caratteristici disegni in stile liberty, già inseriti nel catalogo regionale dei beni culturali. Le stanze del primo e del secondo piano del palazzo sono state affrescate dal pittore decoratore Molinari, e di particolare rilievo è il complesso artistico dell’Assunzione della Madonna. Molto importante è la Stanza Ciusa, dove si trovano mobili in perfetto stile sardo, interamente progettata dallo scultore nuorese Francesco Ciusa. Il palazzo ospita il Museo Etnografico casa Porcu Satta realizzato con lo scopo di raccogliere i diversi oggetti ai quali è legata la storia locale. Le collezioni presenti, consentono di non dimenticare e di riflettere su ciò che ha caratterizzato il passato. Gli oggetti esposti sono un importante tramite tra l’antica storia delle comunità agricole e pastorali, ed il presente, caratterizzato da continue evoluzioni tecnologiche. Il Municipio di GavoiPercorso un centinaio di metri, prendiamo a sinistra la via Mannu che ci porta in una ventina di metri nella piazza Santa Croce, dove si trovava un tempo la chiesa della Santa Croce, e dove, al civico numero 1, si affacia l’edificio nel quale si trovano la sede e gli uffici del Municipio di Gavoi. La chiesa parrocchiale di San GavinoPercorso un cententinaio di metri sulla via Mannu, si apre sulla sinistra della strada la piazza San Gavino, sulla quale si affaccia la chiesa di San Gavino che è la chiesa parrocchiale di Gavoi. La sua costruzione, iniziata nel quattrocento, è stata portata a termine, dopo vari rimaneggiamenti, nel diciassettesimo secolo. È una delle principali Chiese della Barbagia, con l’interno in tardo stile gotico aragonese, con una navata unica e tre cappelle laterali a volta ogivale, con i costoloni in vulcanite rossa, simile ad altre Chiese della zona, come Nostra Signora del Carmelo sempre a Gavoi e come la parrocchiale di Fonni. Nel 1932 sono stati eseguiti lavori di restauro e pulitura della struttura, levando l’intonaco di calce dai medaglioni delle chiavi di volta e recuperando importanti rilievi. Al suo interno si possono ammirare le belle volte delle cappelle e del presbiterio e la navata in stile gotico-aragonese, con opere d’arte di particolare interesse, quali il fonte battesimale in legno finemente lavorato, a forma poligonale con decorazioni ad intaglio risalente al 1706, sorretto da un bacile di marmo, che porta la firma di Juan Maria Peddio e dei suoi fratelli. Dello stesso periodo sono il pulpito in legno in stile barocco, anch’esso finemente lavorato e intarsiato ad opera di Giovanni Battista Nonnis, e due confessionali. Dietro l’altare si trova un imponente coro in legno della metà del settecento. All’esterno il portale rinascimentale in stile barocco è decorato con colonne ed altri motivi classici, ed è sovrastato da un rosone in vulcanite rossa, di tre metri di diametro, realizzato in stile gotico. Il campanile, a pianta quadrangolare, è alto trenta metri, molto solido, e nella parte superiore è caratterizzato da archetti gotici. Le vecchie campane della chiesa, che oggi sono conservate al suo interno, portano le date del 1586 e 1591, mentre l’antico orologio che si trovava sulla torre è, oggi, conservato presso il palazzo del Municipio di Gavoi. La Festa di San Gavino si celebra ogni anno il 25 ottobre, organizzata dai ragazzi e dalle ragazze della leva. Dura tre giorni, con celebrazioni religiose e manifestazioni folcloristiche, e con balli in piazza. La chiesa di Nostra Signora del CarmeloDalla piazza San Gavino, prendiamo di fronte alla chiesa, alla sua sinistra, la via Eleonora d’Arborea, la seguiamo per una settantina di metri, poi prendiamo verso destra seguendo le indicazioni per la chiesa di San Giovanni, e subito a sinistra la via Martini. In un centinaio di metri arriviamo nella zona centrale dell’abitato di Gavoi, dove troviamo, alla destra della strada, una piazzetta che funge da sagrato per la chiesa di Nostra Signora del Carmelo. Edificata nel 1643 in stile gotico aragonese, si tratta di una chiesa di piccole dimensioni ad una sola navata, con il presbiterio voltato a crociera a costoloni, ed aveva il tetto formato da un palco di legno sul quale erano state collegate le tegole. Sulla parete dell’altare, è stata costruita una volta ogivale, intersecata da costoloni che S’incrociano nel centro, dove si trova la chiave della volta, con una parte pensile terminante a forma di medaglione nel cui centro c’è per stemma una pianeta in latino. Sulla volta, divisa in quattro sezioni, si trovano preziosi affreschi del 1600. All’esterno la facciata della chiesa è conclusa da un frontone curvo che incorpora il campanile a vela, ed ha un semplice portale architravato sormontato da una finestra circolare. La chiesa di Nostra Signora del Carmelo, dopo due secoli di vita, è crollata, restando in piedi solo parte dell’altare. Nel 1909 ne è iniziata la ricostruzione, che è stata portata a termine nei primi mesi del 1912, quando è stata consacrata e riaperta al culto. Oggi la chiesa del Carmelo è stata inserita dall’Amministrazione Comunale nell’elenco dei monumenti da conservare. La chiesa di San Giovanni BattistaCosteggiamo il lato sinistro della chiesa, poi svoltiamo a destra e prendiamo una strada che ci porta sulla via San Giovanni. La prendiamo verso est e, dopo un centinaio di metri, troviamo a sinistra la piazza San Giovanni, sulla quale si affaccia la chiesa di San Giovanni Battista ubicata a monte dell’abitato, nel rione omonimo che da essa prende il nome. Edificata nel quattordicesimo secolo, ha un impianto ad una sola navata, con alcuni archi a sesto acuto e bassi, che dividono l’aula in cinque campate. L’arco trionfale e quello compreso tra la quarta e quinta campata sono di forma ogivale, con sott’archi in trachite rossa, mentre il primo, il secondo ed il terzo sono archi a tutto sesto semplicemente intonacati. Nel presbiterio sono presenti pregevoli opere lignee di fattura settecentesca, un crocifisso e tre statue, che sono inserite nell’altare ottocentesco baroccheggiante in stucco. L’originaria copertura con struttura portante in legno formata da tavolato e travicelli, è stata recentemente sostituita dall’attuale copertura con solaio in laterizi e cemento. La Festa di San Giovanni Battista si celebra il 24 giugno, ha una durata di tre giorni, con celebrazioni religiose e manifestazioni folcloristiche, e con processioni a cavallo. Il Campo da Calcio di GavoiRiprendiamo la via Roma, che è il nome che assume all’interno dell’abitato la SS128, da dove la avevamo lasciata per prendere a sinistra la via Mannu per recarci al Municipio di Gavoi. La seguiamo verso nord per quattrocento metri, ed arriviamo a una rotonda, alla quale prendiamo la terza uscita, ossia la via Settembrini, che è il nome che assume all’interno dell’abitato la SP30 in direzione di lodine. Dopo quattrocentocinquanta metri, prendiamo a sinistra la via Palmiro Togliatti, che in poco più di quattrocento metri, ci porta al Campo da Calcio di Gavoi. Visita dei dintorni di GavoiVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Gavoi, sono stati portati alla luce i resti delle necropoli di S’Iscritzola, e di quella di Uniai; dei menhir di Sa Perda longa; del Protonuraghe Istelazze; dei Nuraghi semplici Abba Mala, Arrana, Castrulongu, Dortheni, Golamidda, littoleri, Mucru, Nortza, Talaighe; del Nuraghe complesso Giorgi Floris; ed anche dei Nuraghi Ispotologhi, e su Demaniu, entrambi di tipologia indefinita. I resti della necropoli a domus de janas di S’Iscritzola o S’Iscrithola o S’IscrittolaLungo la SS128 che ci ha portato dal lago di Gusana a Gavoi, dopo l’ultimo ponte sul lago, prendiamo a destra portandoci verso il territorio di lodine. Dopo poche decine di metri, troviamo la Necropoli S’Iscritzola o S’Iscrithola o S’Iscrittola. È costituita da quattro domus de janas realizzate all’interno di grossi massi di granito molto vicine tra loro, ed una quinta un poco più ad ovest, scolpiti dagli elementi naturali. Sono monocellulari o bicellulari, con muri interni ben lavorati e portelli con riquadri esterni, anch’essi di forma regolare. La necropoli S’Iscritzola viene da molti attribuita al comune di lodine, ma appartiene, invece, a quello di Gavoi. Il Santuario dedicato alla Madonna d’Itria con i menhir di Sa Perda longaUsciamo da Gavoi verso nord est sulla SP30 in direzione di lodine, la seguiamo per sei chilometri e raggiungiamo il borgo di lodine, che descriveremo nella prossima tappa del nostro viaggio. Lo superiamo e proseguiamo sulla SP30 che, attraversato il territorio Comunale di lodine, torna verso est in quello di Gavoi in direzione di Mamoiada. Percorsi quasi cinque chilometri dopo l’attraversamento di lodine, troviamo l’indicazione che ci fa prendere una strada verso destra, che, dopo poco più di un chilometro, ci porta sull’altopiano di Pratobello al Santuario di Sa Itria o della Madonna d’Itria. Quello della Madonna d’Itria è un culto di origine bizantina che si conserva a Gavoi ed anche ad Orani, nato dalla venerazione di un quadro, attribuito a San Luca, donato da papa Silvestro a Costantino e trasferito a Costantinopoli. Qui, per accoglierlo, l’imperatrice Eudossia edificò una chiesa dedicata alla Madonna Odighetria, ossia della via della luce. Il nome d’Itria è la contrazione di Odigitria, parola che significa Mostra la Via. Veniva così chiamato il tempio che si trovava a Costantinopoli, eretto per custodire ed onorare un quadro che raffigurava la Madonna. Non si sa come la venerazione della Madonna d’Itria sia giunta in Italia, ma si ritiene che il suo culto possa essere legato a un quadro della Vergine dipinto da San Luca Evangelista. Il culto della Vergine d’Itria a Portoscuso sembra risalire al periodo dell’attività della tonnara, ed è attestato fino dal 1630, ed il sito attuale nel quale sorge la chiesa dovrebbe corrispondere a quello, dove, nel 1655, il marchese Vivaldi Pasqua fece costruire una piccola chiesa col medesimo titolo. Il quadro raffigurante la Madonna d’Itria, secondo una tradizione popolare, era stato portato nella chiesa dove, durante un’incursione saracena, venne colpito da alcuni proietili. Dopo molti anni, il proprietario della tonnara lo portò a Genova per farlo restaurare, ma da dove il quadro non fece più ritorno a Portoscuso, ed in sua sostituzione, vi venne portato il simulacro che riproduceva la Santa. |
La chiesa, che del 1906, ha preso il posto di un’antica e venerata costruzione, che è stata demolita dopo la consacrazione di quella nuova. Nella memoria degli anziani che l’hanno conosciuta, la primitiva chiesa era piccola, coperta di edera, con un’abside dipinta con figure umane, e forse e stata testimone delle prime comunità cristiane dopo la conversione delle genti di Ospitone nel 595. La pianta primitiva era a croce greca ma è stata modificata in croce latina, modificazione ottenuta tramite l’allungamento del corpo centrale di circa sette metri nella porzione di edificio rivolto verso l’ingresso. Intorno alla chiesa, davanti ed alla sua sinistra, sono presenti numerose Cumbessias che ospitano i fedeli durante i festeggiamenti della Madonna d’Itria. Dentro il recinto del Santuario, alla sua destra, si trovano i superstiti di un gruppo di menhir del sito sacro del prenuragico. A pochi metri è presente il grande Menhir di Sa Perda longa alto tre metri e mezzo, e, poco distante, c'è un piccolo allineamento costituito da Due menhir che non superano il metro di altezza, a pochi metri dal menhir più grande. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli verso un gruppo d’altare con il simulacro della Madonna con Bambino in braccio e altre due figure di carattere laico rivolte alla Vergine in segno di supplica. Presso il Santuario, l’ultima domenica di luglio, si svolge la suggestiva Festa di Sa Itria, ossia della Madonna d’Itria, una delle più importanti della Barbagia, che richiama moltissimi pellegrini. Considerata la Festa dei pastori, vede cerimonie religiose, manifestazioni folcloristiche e gare equestri, come Sa Carrela, ossia la corsa, e Su Palu, ossia il Palio. La Festa si conclude con un pranzo a base di capra bollita con patate e di ricotta. alla fine dei festeggiamenti, il mercoledì, si celebra Sa Ghirada, ossia il rientro a cavallo dal Santuario al paese. I resti della necropoli di UniaiSeguendo la strada che ci ha portato al Santuario della Madonna d’Itria, e proseguendo alcuni chilometri dopo la chiesa verso sud ovest, troviamo la Necropoli di Uniai segnalate da un cartello, sulla destra della strada. A questo punto si può lasciare l’auto su una piazzola, subito dopo il cartello e si entra nella necropoli chiusa da un cancelletto di legno. La necropoli, tutt’ora in corso di scavo, da alcuni viene attribuita al comune di lodine ma si trova ancora in quello di Gavoi. È formata da numerose domus de janas ricavate all’interno di grandi massi erratici appoggiati sul terreno, anche a notevole distanza l’uno dall’altro. Questo la differenzia da altre necropoli che sono invece scavate all’interno di un unico grande banco roccioso. Le tombe, nel numero finora accertato di sette, sono tutte monocellulari, con le camere funerarie abbastanza piccole. I portelli di ingresso sono molto piccoli e accuratamente scolpiti. Si ritiene che la necropoli fosse collegata al vicino villaggio nuragico di Soroeni, che si trova, invece, nel comune di lodine. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio ripartiremo da Gavoi, da dove effettueremo una deviazione verso est fino al piccolo borgo agricolo di Lodine che visiteremo con i suoi dintorni. |