Gesico una delle dodici città delle lumache con Santuario di Sant’Amatore
In questa tappa del nostro viaggio, da Suelli ci recheremo a Gesico una delle dodici città delle lumache italiane, che visiteremo con il suo centro nel quale si trova tra l’altro Santuario di Sant’Amatore, ed i suoi dintorni con la necropoli di Muttas Nieddas. La regione storica della TrexentaLa Trexenta è una regione storica della Sardegna situata nella parte settentrionale della Provincia del Sud Sardegna. La regione della Trexenta si trova interamente nella Provincia del Sud Sardegna ed i comuni che ne fanno parte sono Barrali, Gesico, Guamaggiore, Guasila, Mandas, Ortacesus, Pimentel, Sant’Andrea Frius, San Basilio, Selegas, Senorbì, Siurgus Donigala, Suelli. Il territorio è prevalentemente collinare nella parte orientale e più pianeggiante verso ovest. La zona della Trexenta è un susseguirsi di rigogliose campagne, dove i frutteti si alternano a vigne, oliveti e coltivazioni di cereali. Le sue condizioni climatiche, favorite anche dall’abbondanza d’acqua, determinano una rinomata produzione di vino, olio e grano. In viaggio verso GesicoDopo la devizaione a Siurgus Donigala, torniamo a Suelli, dove prendiamo verso nord la via provinciale, che seguiamo verso nord fino al Cimitero Comunale, che esce dall’abitato come SS128 Centrale Sarda. La seguiamo per quattro chilometri e trecento metri, poi svoltiamo a sinistra sulla SP30 che, in altri tre chilometri, ci porta all’interno dell’abitato di Gesico. Dal Municipio di Suelli a quello di Gesico si percorrono 8.2 chilometri. Il comune chiamato GesicoIl comune di Gesico (pronuncia Gèsico, nome in lingua sarda Gèsigu, altezza metri 300 sul livello del mare, abitanti 781 al 31 dicembre 2021) è un centro ad economia prevalentemente agropastorale che si estende nella parte settentrionale della Provincia del Sud Sardegna, a nord dei colli Trexenta, situato alle pendici del monte San Mauro. Di grande interesse le sue numerose e antiche Chiese ed i santuari che gli hanno meritato il nome di Paese delle sette Chiese, dato che la tradizione parla di ben sette edifici di culto dedicati a Santa Maria d’Itria, Santa Giusta, San Sebastiano, Sant’Amatore, San Mauro, Santa Lucia e San Rocco. L’abitato è raggiungibile con la SS128 Centrale Sarda, che dista soli tre chilometri dall’abitato. La linea ferroviaria che collega Cagliari con Isili ha uno scalo sul posto. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, dato che in esso si raggiungono i 501 metri di quota. Origine del nomeIl toponimo, di origine incerta, è ricondotto da qualche studioso alla voce fenicia Ges, nel significato di valle, fosso, luogo basso. Invece, secondo il linguista Massimo Pittau, sembra possibile che esso derivi dall’aggettivo latino Cessĭcus, con il singificato che si dà in cessione o concessione, e suppone che indichi un fondo dato in appalto o in subappalto da un latifondista romano a un suo concessionario, operazione giuridica ed economica molto ovvia in un territorio di cui Vittorio Angius dice che è lodato per una maravigliosa virtù produttiva. La sua economiaSi tratta di un comune collinare la cui economia si basa sull’agricoltura e sulla pastorizia. Il settore economico primario è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite e olivo, ed anche con l’allevamento di bovini, suini, ovini e avicoli. Il settore secondario è costituito da imprese che operano nei comparti alimentare ed edile. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva. Il paese è noto per la produzione delle lumache, tanto da essere considerata la capitale sarda della lumaca. È noto, inoltre, per i suoi murali e le sue sculture, opere eseguite dai maggiori artisti della Sardegna che qui trovano l’atmosfera più consona alle loro ispirazioni. Pur non figurando tra le mete turistiche più celebrate della zona, riveste comunque una certa importanza sotto il profilo archeologico, tanto da richiamare l’attenzione di numerosi appassionati di archeologia e arte. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciL’area nella quale sorge è stata abitata fino dall’epoca nuragica, come attestato dalla presenza nel territorio di alcuni Nuraghi. Nel medioevo il borgo appartiene al Giudicato di Càralis e fa parte della curatoria di Siurgus. Nel 1258, alla caduta del Giudicato, viene conquistato dai Pisani sotto il dominio della famiglia dei conti della Gherardesca e, in seguito, ad Antonio Butzano, per passare poi, intorno al 1324, agli Aragonesi. La villa, che aveva inviato i suoi rappresentanti al Parlamento convocato dal re d’Aragona Pietro IV il cerimonioso a Cagliari nel 1355, diviene, sotto gli Aragonesi, un feudo, che per un certo tempo viene posseduto dalla famiglia Carroz. Nel 1368 diviene feudo dei Puyalt, quindi dei d’Eril e dei Sanna e, nel diciottesimo secolo, viene compresa nel Marchesato di San Tomaso, feudo prima dei Cervellon, e poi dei Nin Zatrillas, ai quali è riscattato nel 1839 con la soppressione del sistema feudale e diviene un comune autonomo. resta nella Provincia di Cagliari fino alla riforma del 2016, quando il paese viene aggregato alla nuova Provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a GesicoA Gesico svolge la sua attività il Gruppo Folk Sant’Amadu, organizzato dalla Associazione oratorio don Giuseppe Atzori, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località dell’isola, nelle quali esibiscono il costume tradizionale del paese. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Gesico, si segnalano a metà di maggio, la Festa patronale di Santa Giusta e Sant’Isidoro; il 12 settembre, la Festa di San Mauro; dall’11 al 21 ottobre, la Sagra di Sant’Amatore ossia la Sagra di Sant’Amadu; in concomitanza con questa sagra, ad ottobre si svolge anche l’importante Sagra della lumaca, che raggiunge il suo culmine il terzo sabato del mese. La Sagra della lumacaOgni anno, in concomitanza con la Festa di Sant’Amatore, al centro del paese si svolge la Sagra della lumaca, della quale il giorno più importante è il terzo sabato di ottobre. Questa Sagra è nata nel 1993 ed è la prima iniziativa del genere in Sardegna, non a caso Gesico, durante il 26° Raduno nazionale Elicicoltori tenutosi a Cherasco in Provincia di Cuneo nel 1997, è stata nominata città delle lumache, entrando a far parte dell’intinerario tra una diecina di comuni italiani dove le lumache sono un tipico prodotto della produzione agricola, della gastronomia e del turismo. La Sagra della lumaca di Gesico costituisce oggi la più grande manifestazione di questo tipo in Europa per la quantità di lumache cucinate, e durante questa Sagra possono gustare svariate ricette di lumache, arrosto, con la fregola, gratinate, in umido. Visita del centro di GesicoL’abitato, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l’andamento altimetrico tipico delle località collinari. Arrivando da sud con la SP33, prima di entrare nel paese si arriva a un bivio, dove a sinistra prosegue la SP33 che passerà a sud del paese, mentre a destra parte la SP30 che attraverserà tutto il paese per uscire a nord in direzione di Mandas. Il MunicipioArrivati al bivio prima dell’ingresso nel paese, prendiamo a destra la SP30 che, passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato, assume il nome di via Sant’Amatore. Percorsi duecentocinquanta metri verso nord lungo la via Sant’Amatore, svoltiamo a sinistra in via Umberto I, e, dopo una settantina di matri, prendiamo a sinistra la via Vittorio Emanuele III. Seguita la via Vittorio Emanuele III per un centinaio di metri, vediamo alla destra della strada l’edificio che ospita il Municipio di Gesico, nel quale si trova la sua sede e si trovano gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. La chiesa parrocchiale di Santa Giusta Beata Vergine MartireEvitano la deviazione nella via Umbero I, proseguiamo verso nord lungo la via Sant’Amatore e, dopo un centinaio di metri, svoltiamo a sinistra nella via della chiesa. Percorsa appena una trentina di metri, vediamo, alla sinistra della strada, la chiesa di Santa Giusta Beata Vergine Martire che è la parrocchiale di Gesico ubicata nell’antico rione di Gesigu Mannu. Edificata probabilmente nel tredicesimo secolo in stile romanico gotico: il pisano, è stata rimaneggiata nella metà del sedicesimo secolo in stile gotico-aragonese. Il prospetto presenta un parametro murario, ed un coronamento con merlatura lanceolata. La facciata in stile romanico ha un rosone centrale, un architrave racchiude il portale d’ingresso, realizzato nel diciassettesimo secolo secondo il gusto rinascimentale. All’esterno, la chiesa è dotata di un alto campanile in stile pisano a base quadrata. L’interno, realizzato in stile gotico aragonese, presenta otto cappelle con otto altari, oltre a quello maggiore, ed ha il presbiterio più basso e stretto. La chiesa custodisce un retablo raffigurante le anime del Purgatorio opera del pittore campano Giulio Adato, altari barocchi in marmo policromo, ed un raro crocifisso ligneo del sedicesimo secolo della Scuola di Nicodemo che rappresenta la statua del Cristo Nero. Nella Cappella dedicata a Sant’Amatore è presente un sarcofago romano del terzo secolo dopo Cristo, sino a pochi anni fa custodito nel Santuario di Sant’Amatore ed utilizzato come mensa d’altare, in seguito custodito nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari sino al 1977, e che attualmente si trova in questa chiesa, con la teca di Sant’Amatore e con un reliquiario seicentesco in argento nel quale è presente in cranio del Santo, recuperato nel 1621, come è testimoniato da un atto notarile custodito dell’Archivio di Stato di Cagliari. Durante gli ultimi lavori di riqualificazione è stata rinvenuta un’abside bizantina a testimonianza della presenza di un impianto preesistente. Ogni anno, a metà maggio, presso la chiesa parrocchiale di Gesico si svolge la Festa patronale di Santa Giusta e Sant’Isidoro. Santa Giusta è la patrona del paese, che è subentrata a quella precedente che era Santa Maria d’Itria, ed il 14 maggio è il giorno della sua ricorrenza, mentre il 15 maggio è la ricorrenza di Sant’Isidoro, patrono degli agricoltori. Il paese festeggia questa ricorrenza come la più importante dell’anno, sia dal punto di vista religioso che dal punto di vista civile. I simulacri dei due Santi vengono portati in processione per le vie del paese, ed alla processione seguono le cerimonie religiose. Le solenni celebrazioni religiose sono accompagnate da diverse manifestazioni di carattere civile. Il complesso nuragico di San SebastianoLungo la via della chiesa, di fronte alla chiesa parrocchiale, all’altro lato della strada, alla destra, si trova il cartello indicatore, che fa imboccare un vicolo che porta ai resti del Complesso nuragico di San Sebastiano un rarissimo esempio di Nuraghe sito all’interno di un centro abitato, ai suoi margini settentrionali, evidenziandone la sua continuità abitativa, e collocando, quindi, Gesico tra i comuni più antichi di tutta la Sardegna. Si tratta di un Nuraghe di tipologia indefinita, probabilmente un multilobato edificato a 300 metri di altezza, che ha preso il nome della piccola chiesa campestre edificata sopra i resti dell’antico insediamento archeologico. Il complesso nuragico si ritiene sia composto da ben nove torri, un mastio, tre torri facenti parte della struttura interna, e le altre sei connesse mediante cortine che rappresentavano la robusta cinta muraria esterna, arma difensiva contro eventuali attacchi a protezione del complesso. Sulla piccola collina che ospita il complesso nuragico di San Sebastiano, sono inoltre visibili testimonianze risalenti al periodo punico. Dal 2003 al 2006 l’area è stata oggetto di due campagne di scavo dirette dalla Soprintendenza per le province di Cagliari e Oristano. Attualmente, il complesso è chiuso al pubblico, dato che sono ripresi scavi archeologici e interventi di messa in sicurezza, a cura di un’equipe guidata dall’archeologa donatella Cocco della Soprintendenza archeologica di Cagliari e Oristano. I ruderi della chiesa di San SebastianoSopra i resti del mastio del Nuraghe è stata costruita e consacrata, intorno alla metà del seicento, la chiesa di San Sebastiano che è stata eretta sfruttando le strutture nuragiche sottostanti, dopo che si era deciso di abbattere alcune torri, utilizzandone le pietre per altre costruzioni, e per creare una base dove edificare questo edificio sacro. Inizialmente l’edificio viene dato in uso alla nascente Confraternita del Sacro Rosario, ma la tradizione, seppur osteggiata e perseguitata, delle danze e dei festeggiamenti che si effettuavano da sempre nel cortile del Nuraghe stesso, continuò a perpetrarsi. Gli scavi effettuati all’interno dell’edificio sacro, hanno restituito undici sepolture. Chiaro esempio di sincretismo religioso, della chiesa di San Sebastiano oggi restano visibili solamente i ruderi dei muri perimetrali. I ruderi della chiesa di Santa LuciaSi dice che la chiesa di Santa Lucia fosse la parrocchiale del rione di Gesigheddu, rione che era separato da quello di Gesigu Mannu, che è il centro dell’attuale abitato di Gesico, tramite il fiume rio Mannu, chiamato per tale motivo su rio de Mesu Bidda. Nella prima metà del seicento, compare nelle fonti relative alle commissioni di opere d’arte per gli abbellimenti degli arredi liturgici delle Chiese di Santa Giusta e Santa Lucia, che vengono dotate di importanti retabli. Per raggiungere i suoi ruderi, proseguiamo lungo la via della chiesa che ci ha portati alla chiesa parrocchiale. La via della chiesa curva leggermante a sinistra e prosegue passando davanti alla chiesa parrocchiale, dopo poco più di cento metri sbocca sulla via Umberto I, che prendiamo verso destra, la seguiamo per quattrocentocinquanta metri, poi prendiamo a destra la via Sebastiano Satta, e, dopo una cinquantina di metri, alla sinistra della strada, ormai quasi del tutto inglobata nel tessuto insediativo di un quartiere dalla recente urbanizzazione, si vedono i suoi resti ormai del tutto abbandonati. Dove si trovava la chiesa di San RoccoPer quanto riguarda la chiesa di San Rocco il suo culto è quasi del tutto scomparso dalla memoria culturale del paese, ed infatti nell’ottocento Vittorio Angius non segnala neppure l’esistenza di questo edificio, dato che scrive che le Chiese del paese erano in totale sei. Lo stesso autore, dice che la chiesa di Santa Lucia era molto vicina a quella di San Sebastiano, ma le due Chiese sono distanti e ubicate nei due distinti rioni che al suo tempo erano divisi. Per raggiungere il luogo dove probabilmente sorgeva la chiesa di San Rocco, dalla via della chiesa presa verso destra la via Umberto I, la si segue per appena trecentocinquanta metri, poi si prende a sinistra la via Stretta che si dirige verso la via Sassari, la si segue per una cinquantina di metri ed alla sua destra si vede il luogo dove si trovava la chiesa. E infatti, se l’ubicazione di San Rocco fosse effettivamente stata questa, l’informazione riferita da Vittorio Angius acquisterebbe un nuovo significato, considerata la brevissima distanza tra essa e l’ubicazione della chiesa di Santa Lucia, sarebbero state allora queste le due Chiese effettivamente vicine tra loro. La chiesa di Santa Maria d’ItriaPassata la deviazione in via della chiesa, ritorniamo lungo la via Sant’Amatore, proseguiamo verso nord per quattrocentocinquanta metri, e vediamo, alla destra della strada, la facciata della chiesa di Santa Maria d’Itria che è situata nella parte settentrionale del paese. Edificata nel tredicesimo secolo in stile romanico pisano, risulta documentata già nel 1215 e viene citata nelle fonti come la prima chiesa parrocchiale di Gesico. Originariamente era costruita con un campanile a vela sovrastante l’intera facciata arricchita da una campana bronzea, che è stata successivamente trasferita nella chiesa parrocchiale di Santa Giusta, ma è stata in seguito molto rimaneggiata. È realizzata interamente in conci di trachite e arenaria di media pezzatura, ben squadrati, lasciati a vista. Nell’ultimo restauro degli anni ’80 i muri laterali sono stati intonacati e tinteggiati. Ricostruita nella metà superiore con conci di pietra di trachite rosa, ha perso nel tempo il campanile a vela di cui era munita, e la sua campana bronzea attualmente è alloggiata nel campanile della chiesa parrocchiale. La facciata è ripartita in tre parti da lesene poste sui lati del portale d’ingresso. Il portale d’ingresso sormontato da un architrave, che reca incisa la data 1305, evidenzia al di sopra un arco di scarico semicircolare. I prospetti laterali evidenziano un susseguirsi di archetti pensili poggianti su peducci, elementi architettonici propri dell’architettura romanica. Il retro evidenzia l’ampia abside semicircolare, con una piccola monofora strombata verso l’interno, coronata da una serie di archetti pensili a tutto sesto poggianti su peducci. Internamente è caratterizzata da un’unica navata, con presbiterio sopraelevato di un gradino rispetto al pavimento dell’aula e da un’abside semicircolare. Il nome d’Itria è la contrazione di Odigitria, parola che significa Mostra la Via. Veniva così chiamato il tempio che si trovava a Costantinopoli, eretto per custodire ed onorare un quadro che raffigurava la Madonna. Non si sa come la venerazione della Madonna d’Itria sia giunta in Italia, ma si ritiene che il suo culto possa essere legato a un quadro della Vergine dipinto da San Luca Evangelista. Il culto della Vergine d’Itria a Portoscuso sembra risalire al periodo dell’attività della tonnara, ed è attestato fino dal 1630, ed il sito attuale nel quale sorge la chiesa dovrebbe corrispondere a quello, dove, nel 1655, il marchese Vivaldi Pasqua fece costruire una piccola chiesa col medesimo titolo. Il quadro raffigurante la Madonna d’Itria, secondo una tradizione popolare, era stato portato nella chiesa dove, durante un’incursione saracena, venne colpito da alcuni proietili. Dopo molti anni, il proprietario della tonnara lo portò a Genova per farlo restaurare, ma da dove il quadro non fece più ritorno a Portoscuso, ed in sua sostituzione, vi venne portato il simulacro che riproduceva la Santa. |
Il Santuario di Sant’Amatore VescovoPassata la chiesa di Santa Maria d’Itria, proseguiamo verso nord lungo la via Sant’Amatore, e, dopo altri duecento metri, vediamo alla destra della strada il vialetto che conduce al Santuario di Sant’Amatore Vescovo ubicato su un’altura in un ampio piazzale alla periferia del paese confinante con il Cimitero di Gesico, sulla strada per Mandas. Questa chiesa è stata inserita fra i santuari Cristiani d’Italia censiti nel 1999 con un progetto elaborato da vari Istituti culturali ed Università, e dedicata ad Amatore, Vescovo africano, oggi compatrono di Gesico assieme a Santa Giusta. La chiesa è stata edificata nel dodicesimo secolo in stile romanico. L’edificio giunto sino a noi, nei secoli sottoposto a diverse modifiche architettoniche e strutturali, risale nelle forme attuali al sedicesimo secolo. La facciata, molto semplice, presenta una successione di spioventi posti a differenti altezze, è arricchita dall’effigie del Santo scolpita sulla pietra e di gusto popolaresco, ed è dotata di un campanile a vela. L’interno è a navata unica e con un unico ingresso, ripartita in tre spazi delineata da una serie di pilastri sovrastati da archi. Negli anni settanta del novecento è stato istituito un comitato per il restauro della chiesa a causa del cedimento del tetto, sciolto nel 1985. Uno dei più importanti risultati di quel comitato è stato il recupero di un sarcofago romano del terzo secolo dopo Cristo, sino a pochi anni fa custodito nella chiesa ed utilizzato come mensa d’altare, in seguito custodito nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari sino al 1977, e che attualmente si trova nella parrocchiale di Santa Giusta, nella Cappella dedicata a Sant’Amatore. All’interno sono presenti alcune tombe a fossa resti dell’antica necropoli sulla quale è stato impostato l’edificio sacro. All’interno della chiesa sono conservate le acquasantiere di forma esagonale lavorate con motivi scultorei, il simulacro ligneo del Santo, e la cosidetta Mola de Santu Amadu, nella quale secondo la leggenda sarebbe stato macinato il corpo del Santo Martire africano fatta eccezione per la testa, e per questo a chi soffre di mal di testa, poggiando il capo al suo interno, sembra di sentire il rumore della macina in azione, e si ritene possa quindi beneficiare della guarigione. La tradizione e la chiesa sarda ritengono Sant’Amatore uno dei vescovi africani esiliati in Sardegna, per motivi religiosi, sul finire del quinto secolo. Giunto sull’Isola, allora Provincia del regno vandalico, fu verosimilmente inviato in missione per evangelizzare i territori abitati dalle Civitates barbarie, da identificare nell’attuale Alta Trexenta e nelle prime propaggini del Sarcidano, ancora dedite a culti pagani, e da essi sarebbe stato martirizzato. Presso la tomba del Santo sorge, verosimilmente già in età tardo antica o alto medievale, un Santuario, divenuto presto luogo di venerazione e pellegrinaggio, del quale, però, non sono rimaste tracce visibili. I documenti lo ricordano con diversi nomi, nel 1183 come Ecclesia Sancti Amasi che all’epoca apparteneva all’ordine monastico di San Vittore di Marsiglia, nel 1560 come chiesa rurale ossia Hermita dedicata a St. Amadori. |
La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per l’avvenuto rinvenimento al suo interno, nel 1621, delle reliquie ossee del Santo, oggi conservate in una teca d’argento ed oggetto di culto dei fedeli presso la parrocchiale di Santa Giusta. Da oltre 350 anni, la terza domenica di ottobre presso questa chiesa si celebra la Festa di Sant’Amatore, che prevede i riti e le celebrazioni in onore del Santo Vescovo martirizzato a Gesico agli inizi del sesto secolo. La chiesa è regolarmente aperta al culto ogni giovedì e durante i quattro giorni di celebrazioni religiose e civili, che culminano la terza domenica di ottobre. I festeggiamenti si aprono il venerdì con il trasferimento processionale della teca contenente le reliquie di Sant’Amatore e del suo simulacro, dalla parrocchiale sino al Santuario. La giornata conclusiva, il lunedì, è invece vissuta come la Festa dei Gesichesi, ed ha una connotazione più intima, essendo prevalentemente frequentata dai devoti del paese. La fiera in memoria della sua morte è uno dei più tradizionali culti popolari e avvolge una varietà di manifestazioni, eventi e spettacoli, incluse presentazioni di libri e concerti e si conclude con l’esibizione di giochi piritecnici. alla Festa religiosa si affianca una ricca ed articolata fiera di prodotti tipici e nel corso della settimana si svolge la Sagra della lumaca, manifestazione gastronomica di grande richiamo. Tra i vari appuntamenti, va citata la rassegna di gruppi canori, denominata Premio di Sant’Amadu. La Festa di Sant’Amatore è anche dedicata agli innamorati, e le coppie approfittano dell’evento per acquistare il loro corredo e l’occorrente per la loro casa visitando le Cumbessias, ossia le botteghe situate intorno alla chiesa, dove trovano un assortimento infinito di oggetti e prodotti. Il Cimitero ComunaleSubito dopo aver passato il vialetto che conduce al Santuario di Sant’Amatore Vescovo, proseguiamo verso nord lungo la via Sant’Amatore, e, dopo appena un’altra ottantina di metri, appena una ventina di metri prima del cartello segnaletico che indica l’uscita dall’abitato, vediamo alla destra della strada, il muro di cinta con i cancelli di ingresso del Cimitero Comunale di Gesico, che confina appena più a nord con l’area occupata dalla chiesa. Il Campo SportivoPer recarci a visitare il Campo Sportivo di Gesico, dobbiamo tornare a dove dalla via Sant’Amatore abbiamo preso a sinistra la via della chiesa, per recarci a visitare la chiesa parrocchiale di Santa Giusta. La via della chiesa curva leggermante a sinistra e prosegue passando davanti alla chiesa parrocchiale, mentre andando dritti si prosegue sulla via del Campo Sportivo, la seguiamo per duecentocinquanta metri e, alla destra della strada, si vede il Campo Sportivo di Gesico. Il Campo Sportivo è costituito da un Campo da Calcetto, ossia da Calcio a cinque, con fondo il erba sintetica, che è dotato di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori. Il complesso sportivo polivalenteProseguiamo lungo la via della chiesa che ci ha portati alla chiesa parrocchiale, la via della chiesa curva leggermante a sinistra e prosegue passando davanti alla chiesa parrocchiale, dopo poco più di cento metri sbocca sulla via Umberto I, che prendiamo verso destra, la seguiamo uscendo dall’abitato e, dopo novecento metri, vediamo alla sinistra della strada l’ingresso del Complesso Sportivo polivalente di Gesico. All’interno del complesso sportivo, si trovano un Campo da Calcio, con fondo il terra battuta, che non è dotato di tribune; ed un Campo polivalente, con fondo in materiali cementizi o asfaltoidi, anch’esso senza tribune, nel quale praticare come discipline calcio, calcetto ossia calcio a cinque, pallacanestro, pallavolo e tennis. Visita dei dintorni di GesicoVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Gesico, sono stati portati alla luce i resti delle tombe dei giganti di Muttas Niedda; dei Nuraghi semplici Bruncu Planu Mesa, Pettiou, Ruina Perdosa; dei Nuraghi complessi Nuratzolu, su Covunu; ed anche dei Nuraghi Battudisi, Berritta Furiada, Columbus, Cumbide Pinna, Muttas Nieddas, Posada, Ruina Sa Prunas, S’Arriu Sullinu, San Sebastiano, Sitzidirri, su linu, Suergiu, tutti di tipologia indefinita. I resti del Nuraghe complesso su CovunuUsciamo dal centro dell’abitato di Gesico verso ovest con la via Umberto I, che ci ha portato al complesso sportivo polivalente. Da qui percorriamo trecentocinquanta metri sulla prosecuzione della via Umbert I ed arriviamo a un bivio, dove prendiamo la strada sulla destra e, dopo un chilometro e seicento metri, si vedono alla sinistra della strada, a un centinaio di metri di distanza, i resti del Nuraghe complesso su Covunu, costruito in blocchi di marna, a 262 metri di altezza sul livello del mare. Si tratta di un Nuraghe complesso, la cui struttura consiste in due torri posizionate sull’asse da nord a sud, congiunte tra loro da muri, in modo da formare un piccolo cortile nel mezzo tra le due torri. La posizione del Nuraghe, qui indicata, non è, però, confermata dalla cartina IGM. La necropoli di Muttas Nieddas costituita da diverse Tombe di gigantiProseguendo per altri duecento metri lungo la strada che ci ha portati a vedere il Nuraghe su Covunu si vede, alla destra della strada, una collina sulla quale è stata rinvenuta la Necropoli di Muttas Nieddas costituita da diverse Tombe di giganti, ossia sepolture collettive a corridoio, tutte realizzate con lastre di calcare a filari aggettanti verso l’alto. La caratteristica che le rende particolarmente interessanti e pressoché uniche, è la totale mancanza, davanti all’ingresso, dell’esedra, ossia dello spazio semicircolare destinato ai cerimoniali, che di regola è sempre presente nelle Tombe di giganti. Le quattro tombe meglio osservabili, che distano poche decine di metri le une dalle altre, nel 2006 sono state oggetto di scavi sistematici diretti dalla Soprintendenza archeologica di Cagliari. In tale occasione sono state ripulite e messe in evidenza le camere sepolcrali, all’interno delle quali sono stati rinvenuti i resti ossei di vari inumati. La loro copertura assomigliava a una chiglia di nave rovesciata, una tipologia inusuale in Sardegna, ma che trova riscontri con le navetas, analoghi monumenti sepolcrali della civiltà talaiotica, una civiltà protostorica che si è sviluppata nelle isole Baleari, in particolare a Maiorca e Minorca, tra l’Età del Bronzo e l’Età del Ferro. Il monte Corona o San Mauro con la chiesa campestre di San Mauro AbateUsciamo dall’abitato verso ovest con la via Umberto I che ci ha portato al complesso sportivo polivalente. Da qui percorriamo trecentocinquanta metri ed arriviamo a un bivio, dove prendiamo a destra, dopo settecento metri prendiamo una deviazione a destra, dopo altri cento metri di nuovo a destra, e dopo poco più di due chilometri e mezzo arriviamo sul Monte Corona, oggi chiamato Monte San Mauro, alto 504 metri, sulla cui sommità sono state ritrovate migliaia di frecce in ossidiana e silice risalenti all’età preistorica. In virtù di un riconosciuto pregio ambientale, il monte è oggetto di tutela come sito di importanza comunitaria sulla base della direttiva comunitaria Habitat, e fa parte della rete ecologica Natura 2000. Caratterizzato da una forma tronco conica, dominante un territorio di eccezionale importanza sotto il profilo fisico, ambientale e naturalistico, dalla sua sommità si dominano tutta la Trexenta e buona parte della Marmilla e del Campidano. Il monte Corona o San Mauro ospita, sulla vetta, la chiesa campestre di San Mauro edificata nel 1621su un impianto precedente risalente con molta probabilità al terzo secolo. L’edificio sorgesu un pianoro in cima all’omonimo monte eletto a luogo di culto già dal neolitico. Presso questa chiesa, nel mese di settembre, tra il 10 e il 12, si compie la vivace Festa di San Mauro, istituita nel 1629, che inizialmente si celebrava il primo giugno ed era abbinata ad una delle più imponenti fiere di bestiame del Campidano. Da secoli i gesichesi e le popolazioni del territorio si ritrovano in cima al pianoro per festeggiare e rendere omaggio al suggestivo spettacolo della natura. Oggi, la Festa di San Mauro, è più intima e più sentita per la popolazione di Gesico che ha preso parte ai vari appuntamenti organizzati da un Comitato, fatto esclusivamente di giovani, ed in occasione di essa si alternano riti religiosi a momenti ludici e di intrattenimento collettivo.La manifestazione prevede una processione fino alla chiesa di San Mauro, presso la quale, oltre alla messa, si organizza un pranzo sulle note di musica tradizionale e lo sfondo coreografico di antiche danze tradizionali. La Stazione ferroviaria di GesicoArrivando a Gesico da Suelli con la SS128 Centrale Sarda, la abbiamo seguita per quattro chilometri e trecento metri, poi abbiamo svoltato a sinistra sulla SP30 che, in altri tre chilometri, ci aveva portato all’interno dell’abitato di Gesico. Proprio dove dalla SS128 Centrale Sarda parte a sinistra la SP30, all’altro lato della Strada Statale, ossia alla sua destra, si vede la Stazione ferroviaria di Gesico situata lungo il tracciato della ferrovia che porta da Cagliari ad Isili. L’impianto, costruita dalle Strade Ferrate Secondarie della Sardegna, nasce a sud est di Gesico a fine ottocento, risultando attivo nel 1893, e funziona nei primi anni di attività come fermata a riChiesta. Nella prima metà del novecento, oltre al passaggio nel 1921 della struttura alla Ferrovie Complementari della Sardegna, l’impianto prende la doppia denominazione di Gesico-Seurgus, comprendendo anche il nome in sardo del vicino comune di Siurgus, che poi diventerà Siurgus Donigala. Questa denominazione resterà in uso sino a fine secolo, prima del riutilizzo della denominazione originaria. La stazione passa nel 1989 alle Ferrovie della Sardegna, durante la cui amministrazione cessa il servizio merci, e nel 1998 si arriva alla chiusura del fabbricato viaggiatori e all’impresenziamento della struttura. Nel 2010, la stazione passa sotto la gestione dell’ARST, con relazioni con termine a Monserrato a sud, e a Mandas ed Isili a nord. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima del nostro viaggio, da Gesico ci recheremo a Mandas il paese del Ducato e del trenino verde che visiteremo con il suo centro e con i suoi dintorni nei quali si trova il complesso nuragico di Su Angiu. |