Nuragus con nei dintorni i Nuraghi Santu Millanu e Valenza e con il pozzo sacro di Coni
In questa tappa del nostro viaggio, da Nurallao ci recheremo a Nuragus che visiteremo con il suo centro ed i dintorni con i Nuraghi Santu Millanu e Valenza e con il pozzo sacro di Coni nel quale è stata rinvenuta la statuetta nota come la Matriarca in preghiera. La regione storica del SarcidanoIl Sarcidano è una regione della Sardegna che si estende tra il territorio del Campidano e quello della Barbagia. Si sviluppa tra la Provincia di Oristano e la Provincia del Sud Sardegna. Elemento morfologico dominante è l’altopiano de Laconi, il più grande tavolato calcareo della Sardegna. Al suo interno si estendono i due laghi artificiali del Mulargia e del Flumendosa. In Provincia di Oristano ne fa parte il solo comune di Laconi, mentre in Provincia del Sud Sardegna ne fanno parte Escolca, Genoni, Gergei, Isili, Nuragus, Nurallao, Nurri, Orroli, Serri, Villanova Tulo. Vi è diffusa la quercia, ma non mancano anche foreste di castagno. Il territorio del Sarcidano è costellato di numerose testimonianze archeologiche, prevalentemente nuragiche. Una deviazione verso NuragusPrendiamo dal centro di Nurallao, verso sud, la via Aldo Moro, ed usciamo dall’abitato con la SS128 Centrale Sarda, dalla quale allo svincolo prendiamo verso destra, ossia verso ovest, la SS197 di San Gavino e del Flumini, che si dirige verso il vicino paese di Nuragus. Dopo aver costeggiato a sinistra la Zona Industriale, dopo tre chilometri e duecento metri entriamo nell’abitato di Nuragus. Dal Municipio di Nurallao a quello di Nuragus si percorrono 4.3 chilometri. Il comune chiamato NuragusIl comune Nuragus (altezza metri 359 sul livello del mare, abitanti 841 al 31 dicembre 2021) è situato nella parte settentrionale della Provincia del Sud Sardegna, a sud ovest dell’altopiano del Sarcidano, ed a nord est rispetto alla Giara di Gesturi. L’abitato è facilmente raggiungibile dalla SS197 di San Gavino e del Flumini, che lo attraversa. Il territorio Comunale, per maggior parte pianeggiante, che comprende anche una piccola porzione delle pendici orientali della Giara di Gesturi, ha un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, che vanno da un minimo di 319 a un massimo di 574 metri sul livello del mare. Origine del nomeIl nome è di facile spiegazione, si tratta infatti di un plurale campidanese, il quale fa riferimento ai numerosi Nuraghi che si trovano nel suo territorio, circa 30 Nuraghi tra cui il Nuraghe Valenza, un rarissimo Nuraghe esalobato, che dimostrano l’importanza della zona. La sua economiaSi tratta di un comune collinare, che ha un’economia basata sulle tradizionali attività agricole e zootecniche. Il settore primario è presente con la produzione dei cereali, frumento, ortaggi, foraggi, olive, uva e altra frutta. Accanto al lavoro dei campi si pratica anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini ed equini. A Nuragus si contano circa quaranta aziende ovine, e i capi sono stati selezionati geneticamente decenni prima del resto d’Italia, dal che deriva una razza forte e capace di produrre mediamente più latte rispetto alla media delle altre razze ovine presenti nella penisola. Non molto sviluppato il settore industriale, costituito da poche imprese che operano solamente nei comparti lattiero caseario ed edile. Il terziario non assume dimensioni rilevanti. Sebbene non figuri tra le mete di maggior afflusso turistico della zona, offre a quanti vi si rechino la possibilità di effettuare delle piacevoli escursioni nei suoi dintorni. Di particolare attrazione sono i numerosi siti nuragici sparsi sul suo territorio e nel suo circondario, tra cui quelli di Corrazzu, Milanu, Putzu e Aras. Dal punto di vista naturalistico interessante è il corso del vicino rio Mannu. L’apparato ricettivo offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciIl territorio è abitata sino dall’età preistorica, come dimostra la presenza nel territorio di alcune necropoli e di numerosi Nuraghi. In seguito, viene sottoposto alla dominazione romana. In epoca medievale, e precisamente nell’undicesimo secolo, viene compreso nella curatoria di Parte Valenza, nel Giudicato d’Arborea. Una testimonianza sulla presenza del paese ci viene data da un decreto di papa Onorio III del 1224, con il quale venivano concessi all’arcivescovo di Oristano Torgotorio Demuro dei privilegi per varie parrocchie, tra le quali quella di Nuragus con la chiesa di Santo Stefano. Il paese venne in possesso degli Aragonesi dopo la vittoria di Martino I d’Aragona contro gli Arborensi e i loro alleati Genovesi nella battaglia di Sanluri del 1409. Sotto gli Aragonesi il paese viene incorporato nella conte di Sanluri, creata nella prima metà del quindicesimo secolo e data in feudo a Giovanni De Sena. Successivamente passa in possesso di Enrico di Enriquez, zio del re d’Aragona Ferdinando II. Dagli Enriquez il feudo è venduto ai Castelvì, e da questi passa agli Aymerich, sotto i quali viene incorporato nel Marchesato di Laconi, del quale segue le vicende storiche. Il paese fu riscattato agli Aymerich nel 1839 con l’abolizione del sistema feudale. Del comune di Nuragus nel 1927, dopo la creazione della Provincia di Nuoro, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, alla neonata Provincia di Nuoro. Successivamente nel 2003, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la Provincia da quella di Nuoro nuovamente a quella di Cagliari, della quale fa parte fino alla successiva riforma del 2016, quando il paese viene aggregato alla nuova Provincia del Sud Sardegna. L’antica città romana di ValenzaValenza, ossia Valentia, era un’antica piazzaforte durante l’epoca romana, importante punto di riferimento per il controllo della strada interna che collegava Càralis, l’odierna Cagliari, con Olbia. I suoi abitanti, i Valentini, sono citati da Plinio il Vecchio, nella sua opera Naturalis Historia, e da Tolomeo, che nell’Itinerario ricorda la Statio di Valentia. Nascono le leggende, in questa parte della Sardegna che a detta di storici è la linea di demarcazione tra la romanizzata Marmilla e la Civitas Barbariae, un confine tra la pianura e la montagna. Dice una leggenda che, dopo la distruzione di Valenza da parte dei Vandali, nelle sue vicinanze si sarebbe formato un borgo chiamato Ruinas. Poi viene la peste, portata dalla Musca macedda, il terribile insetto della tradizione popolare sarda, rinchiuso in antichissime arche e che una volta liberato provoca solo devastazione, fame, guerra, e la pestilenza. Siamo nel Medio Evo in Sardegna mentre altrove si è già entrati nel Rinascimento. Ruinas fa parte della curatoria di Valenza, nell’antico Giudicato di Arborea. Si scatena la pestilenza e i sopravvissuti di Ruinas sono costretti ad abbandonare il villaggio, parte emigra a Barumini e parte fonda un nuovo paese intorno alla collina dominata dal Nuraghe Santu Stevuni, distrutto durante la costruzione della Scuola elementare, creando così il primo nucleo del paese, che mantiene ancora la denominazione di Su Pinnatzu, dove viene edificata la chiEsa di Santo Stefano anch’essa oggi distrutta. Personaggi nati a NuragusA Nuragus è nato il canonico Luigi Matta, parroco di Gergei. A Nuragus nasce nel 1851 il canonico Luigi Matta, chiamato comunemente Luisu Matta, oratore e poeta in lingua sarda, al quale è dedicata la Biblioteca Comunale. Dopo le Scuole Elementari non può per ragioni di famiglia proseguire gli studi e si dedica alla lettura dei classici in lingua sarda. La passione per la poesia sarda lo porta a comporre, a venticinque anni, la sua prima canzone dedicata alla Vergine di Bonaria, ed inizia a sentire il richiamo degli altari. Accettato in seminario, ordinato sacerdote nel 1884, diviene parroco di Gergei nel 1886, viene nominato canonico ordinario nel 1910, e rimane a Gergei per ventisette anni, sino alla morte dopo lunga malattia nel 1913. Scrittore di varie opere religiose come gosos e laudes, autore di diverse canzoni, di una piccola commedia dal titolo L’Orfanella. L’opera più importante che ci ha lasciato è la commedia in versi sardi Sa coja de Pitanu, ossia Il matrimonio di Pitanu, pubblicata per la prima volta nel 1910 e rappresentata l’ultima volta a Nuragus nel 1945, che è seguita dalla più breve farsa Briga e riconciliazioni, ossia Rissa e riconciliazione. |
Le principali feste e sagre che si svolgono a NuragusA Nuragus sono attivi il Gruppo Folk Valenza di Nuragus, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località, e la Corale Santa Maria Maddalena, specializzata in canti religiosi e in particolare canti polifonici a quattro voci. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Nuragus si segnalano, il 20 gennaio, la Festa di San Sebastiano, ossia Santu Srebestianu, protettore gli allevatori; ad aprile, la Mostra mercato degli ovini di razza sarda, che ha ormai assunto rilievo in campo nazionale; il 15 maggio la Festa di San Isidoro, ossia Santu Sidoru, protettore degli agricoltori; a metà maggio, la Sagra de Is Tallarinus, che è la Sagra del piatto tipico di Nuragus; dal 5 al 7 luglio, la Festa di Sant’Elia Profeta, ossia Sant’Allias, che è la Festa principale di Nuragus, nella sua chiesa campestre; il 22 luglio, la Festa di Santa Maria Maddalena, ossia Santa Maria Madalleni, patrona di Nuragus; a settembre, la importante rassegna eno gastronomica Il Nuragus a Nuragus; a novembre, la Sagra de su Turroni de cixiri, che è la Sagra del dolce tipico di Nuragus. La Festa di San SebastianoA Nuragus, ogni anno il 20 gennaio si svolge la Festa di San Sebastiano, ossia Santu Srebestianu, che un tempo si svolgeva nella chiesa di San Sebastiano, oggi scomparsa. Anche se al Santo sono devoti tutti i Nuraghesi, viene venerato in modo particolare dagli allevatori che, per l’occasione, versano una quota per contribuire al programma, che prevede la raccolta della legna, quella delle arance, e l’accensione del falò. Per i festeggiamenti religiosi, il simulacro del Santo viene portato in processione per le vie del paese. La raccolta delle arance è una usanza che, rispetto ai paesi limitrofi, si tramanda da secoli solo a Nuragus, dove l’usanza fa riferimento al fatto che San Sebastiano fu martirizzato proprio legato a una pianta di arance e qui trafitto da diverse frecce. La Sagra de Is TallarinusIs Tallarinus, un tempo cucinati quasi esclusivamente nel giorno di Pasqua, rappresentano l’anima agropastorale della comunità. Si tratta di un tipico piatto Nuraghese, un’espressione della cosidetta cucina povera dei pastori e dei contadini, composto da sottilissimi spaghetti messi a bollire nel brodo di carne e conditi con Su ca su axedu, tipico formaggio acido di pecora della zona, insieme a strutto e zafferano, per poi essere infornati ultimando la cottura di questo sostanzioso piatto tipico. La pasta un tempo era prodotta nel vecchio mulino, e lo zafferano è coltivato ancora oggi nei giardini di tante case del paese. A Nuragus c'è la consuetudine di offrire ad aprile questo piatto tipico ai turisti durante la Mostra mercato degli ovini di razza sarda, ed a metà maggio, in concomitanza con la Festa di Sant’Isidoro, si svolge la Sagra de Is Tallarinus. La rassegna eno gastronomina Il Nuragus a Nuragus Nuragus è nota per essere stato il luogo d’origine di un vitigno un tempo coltivato in quantità, che veniva esportato soprattutto nel Campidano a seguito delle pesti che avevano distrutto le produzioni viticole, e da questo ha avuto origine il nome del vitigno, che fino ad allora era conosciuto come Axina Burda, molto resistente e prolifico. Con il nome Nuragus viene indicato, quindi, il vitigno molto coltivato nella zona, una varietà di uva bianca che dà origine all’omonimo vino di colore giallo paglierino, in onore del quale nel paese si tiene a settembre la importante rassegna eno gastronomica Il Nuragus a Nuragus, con in programma degustazioni di vini e prodotti gastronomici, ma anche momenti di svago, cultura, arte, sport e divertimento. La Sagra de su Turroni de cixiriIl giorno della vigilia della Festa di tutti i Santi, in Sardegna vi era una tradizionale questua rituale dei bambini che veniva fatta di casa in casa, e che a Nuragus veniva chiamata Is Candelleris. A novembre, in occasione della Festa di OgnisSanti, a Nuragus si svolge la Sagra de su Turroni de cixiri, che è la Sagra del torrone di ceci. Questa varietà di torrone viene fatta ponendoci all’interno ceci, uva passa, noci e mandorle. Il torrone di ceci era e è ancora oggi il dolce tipico di Nuragus, ed una bella tradizione era quella di condividere questo dolce con i vicini di casa. Ed anche per questa Festa i bambini avevano un ruolo importante, dato che erano loro che portavano il dolce di casa in casa. Visita del centro di NuragusL’abitato di Nuragus, interessato da una forte espansione edilizia, si estende in un vasto avvallamento tra la Giara di Gesturi ed il Sarcidano. Entriamo nel paese con la SS197 di San Gavino e del Flumini che, all’interno dell’abitato, assume il nome di via Roma, e che lo attraversa tutto da nord est a sud ovest. Nell’abitato, degne di nota sono le tipiche abitazioni medievali, edificate nel caratteristico stile sardo spagnolo. Passato il cartello seganeltico che indica l’ingresso a Nuragus, la via Roma ci porta nel centro dell’abitato. I resti della Stazione ferroviaria dismessa di Nuragus che oggi ospita la Biblioteca Comunale luisu MattaPercorsi quattrocento metri lungo la via Roma, si prende verso destra il viale della Stazione, lungo la quale, dopo circa centocinquanta metri, si vede, alla destra della strada, l’edificio che un tempo ospitava la Stazione ferroviaria di Nuragus delle Ferrovie Complementari Sarde, sulla linea che collegava Isili con Villacidro, tra la stazione di Sarcidano e quella di Gesturi. Questa stazione, il cui percorso era previsto attraversasse anche l’abitato di Nuragus, attivata nel 1915, costituiva dopo la creazione della Provincia di Nuoro l’ultima tappa del percorso ferroviario all’interno del territorio nuorese. La stazione è stata chiusa nel 1956, e di essa rimane il fabbricato viaggiatori, assieme al piccolo magazzino merci affiancato sul lato est della medesima, mentre non è più presente nell’area il piccolo fabbricato che ospitava i servizi igienici durante gli anni di attività ferroviaria. Dopo la chiusura della Stazione ferroviaria, il fabbricato viaggiatori e il magazzino merci sono stati ristrutturati e si presentano oggi in buone condizioni di conservazione. I loro locali sono stati destinati a ospitare la Biblioteca Comunale di Nuragus, che è stata dedicata al canonico luisu Matta, nato nel 1851 a Nuragus, parroco di Gergei, oratore e poeta in lingua sarda. L’ingresso nella Biblioteca si trova nell’altro lato della stazione, al civico numero 1 della via Aldo Moro, la quale è una parallela al viale della Stazione, che si può prendere dalla via Roma dirigendosi sempre verso destra, poche decine di metri prima del viale della Stazione. Tra la via Aldo Moro e il viale della Stazione è stato realizzato un largo spazio alberato, con panchine e con una fontana, al termine del quale, subito prima dell’edificio che ospita la Biblioteca Comunale, è stato realizzato uno spazio di giochi attrezzato per i bambini. In piazza Giulio Trudu si trovava la chiesa di Santo StefanoIl comune è nato intorno alla collina che mantiene ancora la denominazione di Su Pinnatzu, dominata dal Nuraghe Santu Stevuni, dove viene edificata anche la prima chiesa nell’abitato, ossia la chiesa romanica di Santo Stefano. Questa chiesa è però ridotta in pessimo stato nel 1866, quando viene effettuata una ricognizione ad opera del vicario parrocchiale Gabrielle Devilla e dell’arcivescovo Paolo Serci Serra, che le fa mettere i sigilli. Risale al 1869 l’inaugurazione della nuova chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Maddalena. Nel 1873, l’arcivescovo Antonio Sotgiu, dopo aver visitato la nuova parrocchiale, scrive di aver visitato anche la chiesa di Santo Stefano ed avere ordinato che Si ripari sollecitamente il tetto, che si tenga cura del Cimitero che è attorno alla stessa chiesa. Lo stato della piccola chiesa di Santo Stefano peggiora, fino a quando, nel 1955, l’allora sindaco cavalier Enrico Melas, invece di provvedere a restaurare il Nuraghe e la chiesa ridotti molto male, li fa radere al suolo, ed al loro posto fa realizzare rispettivamente la Scuola Elementare e la piazza Santo Stefano, che verrà ribattezzata in seguito piazza Giulio Trudu. Il Municipio di NuragusDa dove la via Roma aveva incontrato il viale della Stazione, proseguiamo ancora lungo la via Roma verso sud ovest per un centinaio di metri, poi prendiamo a sinistra la via Valenza, la quale, in una cinquantina di metri, ci porta nella piazza 4 Novembre. Proprio nella piazza 4 Novembre, alla sinistra, si affaccia l’edificio che ospita il Municipio di Nuragus, nel quale è presente la sua sede, e sono presenti gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Gli uffici in esso presenti sono l’Ufficio Amministrativo, l’Ufficio Demografico, l’Ufficio Edilizia privata, l’Ufficio Finanziario, l’Ufitziu lingua sarda, l’ufficio dei Servizi Sociali, l’Ufficio Tecnico, l’Ufficio Tributi, ed anche la Polizia Municipale. La chiesa parrocchiale di Santa Maria MaddalenaDalla via Roma, dove avevamo preso a sinistra la via Valenza che ci aveva portati al Municipio, prendiamo, invece, a destra la vie della chiesa. Seguiamo la vie della chiesa e, dopo una sessantina di metri, arriviamo a un bivio, dove proseguiamo a destra con la continuazione della vie della chiesa. Questa strada costeggia il lato sinistro della chiesa, e, percorsa una quarantina di metri, si trova sulla sinistra un elegante arco a tutto sesto, attraversando il quale si accede all’interno di una piazza. Nella piazza si vede, alla sinistra, la facciata della chiesa di Santa Maria Maddalena che è la parrocchiale di Nuragus, intitolata alla Santa il cui culto, nato in oriente, si diffonde in occidente e in Sardegna nel dodicesimo secolo. La sua costruzione inizia nel 1867 e termina nel 1869, e viene realizzata in stile gotico aragonese attardato, anche se, nel corso del tempo, subisce numerosi interventi che ne modificano pesantemente la fisionomia. Viene, in particolare, sottoposta a consistenti lavori di restauro durante la seconda metà del novecento, quando si interviene radicalmente sul presbiterio edificando l’abside e modificando l’altare. Presenta un’ampia pianta longitudinale, ed un tetto a doppio spiovente con copertura in tegole. La facciata esterna presenta al centro il portone ligneo con cornice modanata, il cui terminale curvilineo, delimitato da una cornice orizzontale aggettante, ospita al centro un rosone circolare in vetri policromi. Sul lato sinistro dell’edificio si innalza l’alto campanile a canna quadrata edificato nel 1881, con monofore a tutto sesto. All’interno della chiesa sono custoditi pregevoli arredi sacri tra cui alcuni raffinati altari in legno di stile barocco del diciassettesimo secolo, il monumentale pulpito in marmo, con un raffinato baldacchino addossato al fianco sinistro della navata, e sono utilizzati ancora oggi strumenti liturgici del settecento di buon valore artistico, è inoltre di pregevole fattura la statua di Sant’Elia Profeta del diciottesimo secolo. Presso questa chiesa parrocchiale, ogni anno, il 22 luglio si svolge la Festa di Santa Maria Maddalena, ossia Santa Maria Madalleni, che è la Festa patronale di Nuragus. Il pomeriggio della vigilia, dopo la messa, si svolge una processione con il simulacro della Santa che attraversa le strade dell’abitato, ed in serata si tengono manifestazioni civili. Il giorno della festa, dopo una semplice messa la mattina, si celebra a metà giornata una messa solenne accompagnati dalla corale, ed anche in questa giornata si tengono manifestazioni civili, per concludere a fine giornata con competizioni di poesia estemporanea sarda, e con l’esecuzione di balli sardi ai quali partecipa tutta la cittadinanza. L’antica casa padronale dei podatari Carboni BoyRitorniamo sulla via Roma e, da dove avevamo preso la via della chiesa, proseguiamo verso sud ovest per centoquaranta metri, ed arriviamo a vedere, alla destra, al civico numero 49, l’ingresso della Casa padronale dei podatari Carboni Boy, potente famiglia che amministrava i feudi Gonnostramatza, Serri, Nuragus. Come gli Aymerich, Marchesi di Quirra anche se in un ruolo minore, i Carboni Boy rappresentavano un istituzione feudale temuta e rispettata, che governava un piccolo esercito tra dipendenti e servi. La casa viene stata aperta al pubblico per ospitare eventi, e nel 2019 per la prima volta gli eredi della famiglia, in occasione della manifestazione Il Nuragus a Nuragus, ne hanno permesso una visita guidata. Dopo che il feudalesimo è stato eliminato con l’editto nel 1834 da Carlo Alberto, il mondo lentamente si modernizza, e la famiglia Carboni Boy, che vanta nei suoi ranghi figure di rilievo, impianta una moderna azienda agraria. L’ultima importante discendente della famiglia, Rita Carboni Boy morta a 91 anni nel 2017, viene ricordata per essere stata la prima donna a candidarsi alla carica di sindaco di Cagliari per una coalizione di centro sinistra, e, nonostante gli impegni, ha tenuto aperta l’azienda, che, negli anni settanta del novecento, è stata la prima in Sardegna ad importare pregiati capi di bovini da carne Charolaise, e qualche anno dopo, a questa splendida razza, ha affiancato la limousine. I resti del mulino pastificio di proprietà dei Carboni BoyDi fronte alla casa, alla sinistra della via Roma, parte la via Chiusa, e subito, all’inizio di questa strada sulla destra, si trova quello che era il Mulino pastificio di proprietà dei Carboni Boy. La costruzione occupa un ampio spazio, ma, a causa di un lungo abbandono, è ridotto ad un rudere. Nel passato l’imponente costruzione era adibita all’industria più importante per il paese, vi si lavorava il grano locale ottenendone ottima farina e la pasta Nuragus commercializzata in tutto il centro Sardegna. La struttura muraria, risalente in parte al 1906 e in parte al 1920, rimane un esempio di costruzione liberty, forse unico nella zona. Il comune aveva in mente di ristrutturare il mulino Carboni così da farci un centro culturale. Il Cimitero ComunaleRiprendiamo la via Roma e proseguiamo fino a seguirla verso sud ovest arrivando a dove esce dall’abitato con il nome di SS197 di San Gavino e del Flumini, che si dirige verso Gesturi. Percorsi seicento metri lungo la via Roma dal punto dove è partita alla sinistra la via Chiusa e lungo la sua prosecuzione fuori dall’abitato, all’altezza del cartello che indica il chilometro 55 della Strada Statale, si vede, alla destra della strada, il muro di cinta ed al suo centro il cancello di accesso al Cimitero Comunale di Nuragus. Gli impianti sportiviPer visitare gli impianti sportivi di Nuragus, torniamo a dove eravamo arrivati nell’abitato con la SS197 di San Gavino e del Flumini provenendo da Nurallao, e, passato il cartello segnaletico che ha indicato l’ingresso nel paese, avevamo preso la via Roma. Percorsi centocinquanta metri lungo la via Roma, svoltiamo a destra sulla via Strada Circonvallazione, che costeggia a nord l’abitato, e che più avanti uscirà verso ovest con il nome di SP16 dirigendosi verso Genoni. Percorsi quattrocento metri, si vede, alla destra della strada, il cancello di ingresso degli impianti sportivi di Nuragus. In questi impianti si trova un Campo da Calcio con fondo in terra, dotato di tribine in grado di ospitare una cinquantina di spettatori. Vicino al Campo da Calcio, si trova un Campo da Calcetto, ossia da Calcio a cinque, senza tribune, con fondo in erba sintetica. É presente anche una Palestra, senza tribune, nella quale è possibile praticare, come discipline, il calcio, il calcetto ossia calcio a cinque, la pallacanestro, il tennis. A Nuragus è attiva la Associazione Sportiva Dilettantesca Polisportiva Valenza Nuragus, al quale appartiene la squadra Valenza Nuragus, partecipante al campionato di calcio di calcio a 5 in Serie D nel Girone A in Sardegna. Visita dei dintorni di NuragusVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Nuragus, sono stati portati alla luce i resti del pozzo sacro di Coni; quelli dei Nuraghi semplici Conca Tiddia, Montis, Pranu de Follas, San Giovanni, Sereigu, Tasonis, Truxiu, Turri, Ziu Truiscu; dei Nuraghi complessi Santu Milanu e Valenza; ed anche dei Nuraghi di Geroni, Matta, Valenza II, di tipologia indefinita. La frazione lixiusDal centro di Nuragus prendiamo la via Roma e proseguiamo fino a seguirla verso sud ovest arrivando a dove esce dall’abitato con il nome di SS197 di San Gavino e del Flumini, che si dirige verso Gesturi. Arrivati al muro di cinta del Cimitero Comunale, deviamo subito prima a destra, nella strada che costeggia il muro laterale del Cimitero. Percorso un chilometro e quattrocento metri, arriviamo a un bivio, dove parte una deviazione a destra, mentre noi proseguiamo leggermente a sinistra, seguiamo questa strada per novecento metri, poi svoltiamo a sinistra e, in duecento metri, raggiungiamo la frazione lixius (altezza 482 metri, distanza in linea d’aria 2.83 chilometri sul livello del mare, abitanti 16), che è l’unica frazione del comune di Nuragus, che si trova quasi al confine con l’area Comunale di Genoni, ed è vicino ai limiti nord orientali della Giara di Gesturi. La chiesa campestre di Sant’Elia ProfetaDal centro di Nuragus prendiamo verso destra, guardando il Municipio, la via Sant’Elia. Seguiamo questa strada che esce dall’abitato verso est e, dopo due chilometri e trecento metri, troviamo una strada piastrellata sulla sinistra che ci portain duecento metri alla chiesa campestre di Sant’Elia Profeta. La chiesa, edificata in forme romanico pisane, risale all’undicesimo secolo, ma pesanti interventi di restauro eseguiti nei periodi successivi alla seconda guerra mondiale ne hanno compromesso l’aspetto originario e completamente occultato l’originario paramento murario in pietra. L’edificio presenta un’aula a tre navate con archi a tutto sesto e copertura in coppo sorretto da capriate. Attualmente la facciata presenta un ampio timpano, e tre portali aperti in corrispondenza delle tre navate della chiesa, e sormontati da archi a tutto sesto. A destra della facciata si trova il campanile a vela a doppia luce. Sull’altare è presente un dipinto raffigurante al centro lalbero della vita nellEden con ai piedi il serpente tentatore, con ai lati e SantElia, vestito da carmelitano, con spada e libro, insieme a SantEliseo. Nella prima settimana di luglio, nella sua chiesa campestre si svolge la Festa di Sant’Elia Profeta, ossia Sant’Allias, che è la Festa principale di Nuragus. In passato non esisteva una data fissa per la celebrazione, ma nel 1898 l’arcivescovo Francesco Giovanni Casula, su riChiesta del Consiglio Comunale, fissa la Festa nei giorni dal 24 al 26 agosto. Durante l’edizione dell’anno successivo, un incidente al cocchio che trasporta il Santo, interpretato come un segno del Santo, fa spostare la Festa nei giorni dal 5 al 7 luglio, durante i quali ancora oggi si celebra. La festa, religiosa nei suoi rituali, rimanda al periodo bizantino, durante il quale nell’Italia meridionale nasce il culto dei Santi di origine orientale. La processione alla chiesa campestre vede la partecipazione dei cavalieri delle confraternite, oltre che dei gruppi folk di Nuragus e dei paesi vicini. Dal Medio Evo all’ottocento la chiesa ha avuto una grande importanza religiosa, non solo per Nuragus, ma per tutto il territorio circostante. Intorno alla chiesa si improvvisava un grande mercato e per tre giorni la località diventava un centro religioso e commerciale di particolare rilievo. I festeggiamenti si concludono la sera del terzo giorno, nella piazza del paese, con spettacoli musicali, canti e balli della tradizione locale. I resti del Nuraghe complesso ValenzaUsciamo da Nuragus con la SS197 di San Gavino e del Flumini, che si dirige verso il vicino paese di Nurallao. Percorso un chilometro e seicento metri dal cartello segnaletico che indica l’uscita dall’abitato, si trovano le indicazioni per prendere, verso destra, la strada secondaria che conduce al pozzo sacro di Coni ed al Nuraghe Santu Millanu. Tra la Strada statale e questa strada secondaria, si trova un altopiano, sul quale sono presenti i resti del Nuraghe complesso Valenza. Si tratta di un grande Nuraghe, uno dei pochi esempi di Nuraghe pentalobato individuati dagli studiosi, situato a 357 metri di altezza, vicino al bordo della collina che domina l’area a nord est di Nuragus. La torre meglio conservata è quella orientale, che è conservata per oltre due metri di altezza. Il profilo di altre torri è anche chiaramente distinguibile, ad eccezione della torre settentrionale, che è parzialmente crollata lungo il pendio. L’area nel quale sorge il nuarghe è stata intensamente abitata dall’epoca nuragica a quella punica e successivamente a quella romana, quando è stata vicino al probabile sito nel quale si trovava la Valentia romana, come gli abbondantissimi reperti archeologici stanno a testimoniare. I ruderi della chiesa campestre di Santa Maria di ValenzaPresa la strada secondaria che conduce al pozzo sacro di Coni ed al Nuraghe Santu Millanu, percorsa in direzione sud per ottocento metri, si trova, alla destra della strada, il sentiero che conduce alle rovine della città romana di Valenza, con i Ruderi della chiesa campestre di Santa Maria di Valenza che è una testimonianza ben visibile dell’antica villa medioevale, naturale continuità abitativa di quella che fu la celebre colonia romana ricordata da Tolomeo nell’Itinerario. Si trattava ci una chiesa edificata in stile romanico, ad una sola navata, con abside, e conservava delle pietre incise probabilmente in lingua greca. Intorno, come in tutte le Chiese medioevali, vi era un antico Cimitero nel quale si inumavano i defunti. Al suo interno è stato rinvenuto il miliario, oggi perduto, di Valentiniano I e di Valente, che attestava lavori di restauro della strada interna che collegava Càralis, l’odierna Cagliari, con Olbia. Il pozzo sacro di Coni nel quale è stato rinvenuto il bronzetto della Matriarca in preghieraLa strada secondaria che conduce al pozzo sacro di Coni ed al Nuraghe Santu Millanu, percorsa in direzione sud per un chilometro e duecento metri, si immettesu una trasversale che collega il centro di Nuragus con la Tomba di giganti di Aiodda, la prendiamo verso destra ossia in direzione ovest e, dopo una sessantina di metri, arriviamo a vedere, alla destra della strada, il sentiero che porta ai resti del pozzo sacro. A questi resti si poteva arrivare anche direttamente dal centro di Nuragus, dove si può prendere verso destra, guardando il Municipio, la via Sant’Elia, dopo Duecentosettanta metri svoltare a sinistra sulla strada per la Tomba di giganti di Aiodda che, in un chilometro e trecento metri, porta a vedere, alla sinistra della strada, il sentiero che porta ai resti del pozzo sacro. Il pozzo sacro di Coni che probabilmente prende nome dal toponimo di un villaggio sorto nell’area in epoca medievale, è posizionato in un ideale triangolo, formato da esso, dal Nuraghe Valenza e dal Nuraghe Santu Millanu. Scoperto casualmente nel 1912, nel corso di lavori agricoli, è un pozzo di piccole dimensioni di fattura raffinata, realizzato con i blocchi di basalto regolarmente squadrati e leggermente aggettanti, il che fa intuire l’originaria esistenza di una tholos, di cui non si riscontravano però tracce al momento della scoperta. Benché privo del vestibolo, ripete il classico schema architettonico dei pozzi nuragici, ed è costituito da una scala discendente protetta da un corridoio lungo due metri e sessanta, e da una camera sotterranea che custodisce la vena sorgiva. Il vano del pozzo, che in origine era cupolato, si presenta raffinato ed elegante nell’esecuzione, grazie all’impiego di pietre perfettamente squadrate, e nelle proporzioni. Il vano della scala, di pianta e sezione trapezoidale con larghezza che passa da un metro al livello del suolo a settanta centimetri nella camera sotterranea, coperto in origine da lastroni disposti a gradinata, comprende cinque scalini. Nella scala dalla base del pozzo verso l’esterno, è possibile osservare l’usura della superficie dei gradini che denota un utilizzo frequente e prolungato del monumento ben oltre l’età nuragica. della camera priva della copertura, restano oggi cinque filari di conci in aggetto e l’anello di fondazione. All’esterno il lastricato reca evidenti tracce di restauri e integrazioni antiche, i cui segni restano evidenti nell’impiego di cemento tra i blocchi, originariamente posati a secco. In primo piano la scala che conduce alla base del pozzo. Antonio Taramelli, che per primo lo ha studiato, ha descritto il probabile utilizzo di questo monumento con le parole: Anche alla fonte di Coni, dove sgorgava un tenue filo di acqua limpida, non priva forse di qualità o di attributi salutiferi, accorreva devotamente la gente del piano valentino, degli attigui altipiani, accolta all’ombra della bella mole nuragica di Santu Millanu. Anche qui il sacerdote o la sacerdotessa, scendendo dalla stretta scaletta alla penombra misteriosa del pozzo, attingeva il liquido elemento, prezioso nel suo valore nutritivo e fecondatore, ma ancora più prezioso, come lo attestava la squisitezza del lavoro architettonico, per un valore soprannaturale, ad esso attribuito dalla mente dell’antico popolo, ancora immerso nell’immaginosa esplicazione delle forze e dei misteri della vita. Anche qui a questa fonte, sgorgante dalle viscere della terra ed investita, nella fantasia dei primitivi abitatori, di virtù emananti da potenze sotterranee soprannaturali, si saranno forse compiute quelle cerimonie di giudizi con la prova dell’acqua che, secondo l’attestazione degli scrittori di età romana, erano gli infallibili e sovrumani detentori di controversie supreme che in altro modo non potevano essere risolte. La superficie intorno al pozzo era pavimentata in lastre di arenaria, al di sotto delle quali era presente un lastricato più antico, databile ad età romana per il ritrovamento di una moneta di Claudio il Gotico, che attesta la frequentazione duratura di questo sito. Al momento della scoperta, l’unico oggetto rinvenuto all’interno del pozzo, insieme a pochi vaghi in pasta vitrea, è stata una statuetta in bronzo raffigurante una figura femminile in preghiera con una lunga gonna svasata ed un ampio mantello, soprannominata dall’archeologo Giovanni Lilliu come la Matriarca in preghiera importante testimonianza dell’abilità scultorea della civiltà nuragica, che oggi è esposta nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. I resti del Nuraghe complesso Santu MillanuProseguendo verso est lungo la strada per la Tomba di giganti di Aiodda, percorsi duecento metri da dove parte sulla sinistra il sentiero che porta ai resti del pozzo sacro, troviamo alla destra il sentiero che porta al Nuraghe complesso Santu Millanu situato anch’esso nella zona di Coni, in un’area ricca di emergenze archeologiche. Per le dimensioni e per lo stato di conservazione è senza dubbio il Nuraghe più importante che si può trovare nelle campagne di Nuragus. Si tratta di un Nuraghe complesso quadrilobato realizzato con blocchi di calcare a 362 metri di altezza, costituito da una torre centrale che conserva un buon elevato, e di un rifascio retto curvilineo, ossia un bastione, appena individuabile sul terreno, con quattro torri angolari, le quali sono però ancora individuabili sul terreno. È impossibile, allo stato attuale, un’esatta lettura della stesura planimetrica del bastione. Il mastio, realizzato con blocchi di calcare di grandi dimensioni, sbozzati e disposti a filari regolari, svettsi alza per circa sei metri. L’ingresso, alquanto interrato, presenta all’interno, poco sopra l’architrave, una piccola cella che dà sul corridoio, e che si apre sulla fronte del Nuraghe. La camera centrale, quasi circolare, marginata da tre nicchie disposte a croce, presenta sulle pareti sei fori, funzionali al fissaggio delle travi di sostegno di un soppalco ligneo. Sulla parete d’ingresso, in corrispondenza della nicchia destra, si apre l’ingresso della scala che porta ad un piccolo vano sussidiario e che, probabilmente, in origine proseguiva verso la camera del piano superiore. Attorno, ma principalmente lungo il lato meridionale, sono visibili tracce del villaggio di capanne nuragiche con sovrapposizione di ambienti di epoca romana. Molti materiali archeologici mobili risalgono infatti proprio a quest'ultima. I pochi resti della chiesa campestre intitolata a Santu Millanu ossia a San GemilianoIl Nuraghe Santu Millani deve il suo nome alla piccola chiesa campestre di San Gemigliano ossia Di Santu Millanu che era situata a trecento metri di distanza in direzione sud est, intitolata appunto a Santu Millanu ossia a San Gemiliano, di cui oggi sopravvive solo una piccola parte delle fondazioni perimetrali. Si trovano sue notizie in documenti ufficiali solo sino al 1606, ma la chiesa probabilmente era già completamente distrutta nell’ottocento, infatti non ci sono osservazioni su di essa nei Decreti vescovili dell’epoca. Nel secolo scorso è stata rinvenuta parte di una campana di questa chiesa. I resti della Tomba di giganti di AioddaProseguendo lungo la strada per la Tomba di giganti, dopo un chilometro e mezzo arriviamo a dove arriva da sinistra la Strada Vicinale Sant’Elia, che provenie dalla SS197 di San Gavino e del Flumini. Per arrivare a questo punto, dal centro di Nuragus avremmo potuto prendere verso destra, ossia verso ovest, la SS197 di San Gavino e del Flumini, che, lasciando sulla destra la Zona Indistriale di Nuragus, si dirige verso il vicino paese di Nurallao. A due chilometri ed ottocento metri da Nuragus, seguendo le indicazioni avremmo potuto prendere verso destra in direzione sud la Strada Vicinale Sant’Elia che, dopo un chilometro ed ottocento metri, sbocca sulla trasversale che è la strada per la Tomba di giganti proveniente dal centro di Nuragus. Dal punto dove arriva la Strada Vicinale Sant’Elia, seguita per poco più di un centinaio di metri la strada per la Tomba di giganti proveniente dal centro di Nuragus, passati sotto la linea ferroviaria, risaliamo a sinistra la collina per circa trecento metri, fino a trovare la Tomba di giganti di Aiodda il monumento più importante del territorio, una delle più grandi del Mediterraneo, edificata a 444 metri di altezza sulla parte occidentale dell’altopiano calcareo di Pranu Is Ciaexìus. Scoperta nel corso di lavori agricoli e gravemente danneggiata durante lavori agricoli dalle ruspe, è stata oggetto di un successivo intervento di scavo archeologico nel 1979. Si trova nel terreno di un proprietario privato di Nurallao, nella località Aiodda, che è per l’ottanta per cento in agro del comune di Nuragus e per il venti per cento in quello di Nurallao. La tomba si trova su un piano infossato, e si presenta incassata nel declivio di una collina rivolta vrso est. La pianta del monumento è costituita da una camera a sezione trasversale ogivale, delimitata all’esterno dai resti del tumulo che la ricopriva. Il prospetto anteriore, edificato in una fase successiva, rispecchia quello classico delle Tombe di giganti, con l’esedra formata da lastroni infissi nel terreno, che, nella sua parte centrale, presenta ancora i resti di una stele centinata spezzata, della quale rimane la parte basale in cui si apre il portello di ingresso alla camera funeraria. Per la sua realizzazione sono state usate riutilizzate numerose statue menhir di epoca precedente, con stele figurate, che ripropongono i motivi simbolici delle statue del Sarcidano, nelle quali sono presenti i capovolti a candelabro, ed i pugnali a lame triangolari, doppi o semplici. Alcune di queste stele menhir sono ancora posizionate nei paramenti murari della tomba megalitica, altre si trovano per terra, nei pressi del monumento, mentre la maggior parte sono ora esposte al Museo nazionale Giovanni Antonio Sanna di Sassari. All’interno della tomba sono stati rinvenuti gli scheletri di circa venti corpi, oltre a frammenti ceramici, ed una quantità rilevante di spilloni a Losanga in rame e bronzo, reperti di notevole valore, in una zona celebre per i suoi depositi di bronzo, essenziali per la comprensione della metallotecnica nuragica. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Nuragus ci recheremo a visitare Genoni l’unico paese passato nel 2016 dalla Provincia di Oristano a quella del Sud Sardegna, che si sviluppa sulle falde settentrionali dell’altopiano della Giara di Gesturi, nella quale vivono indisturbati i cavallini selvatici e nel quale si effettua la loro marchiatura. |