I dintorni della città di Oristano con le sue frazioni e le aree umide presenti nel suo territorio
In questa tappa del nostro viaggio, dopo aver visitato il centro storico di Oristano, visiteremo i dintorni di Oristano, con le sue frazioni. Ci recheremo poi a Marina di Torre Grande per vedere lo sbocco sul mare di Oristano ed infine le aree umide nei dintorni, con lo stagno di Mistas e le sue pescherie. La regione storica del Campidano di OristanoIl Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell’angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all’irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l’agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. In particolare, il Campidano di Oristano è una regione della Sardegna occidentale il cui territorio apparteneva anticamente al Giudicato d’Arborea. Si sviluppa interamente nella Provincia di Oristano, e comprende i comuni di Arborea, Baratili San Pietro, Bauladu, Cabras, Marrubiu, Milis, Narbolia, Nurachi, Ollastra, Oristano, Palmas Arborea, Riola Sardo, San Nicolò d’Arcidano, San Vero Milis, Santa Giusta, Siamaggiore, Siamanna, Siapiccia, Simaxis, Solarussa, Terralba, Tramatza, Uras, Villaurbana, Zeddiani e Zerfaliu. È un territorio caratterizzato dalla presenza di zone umide di altissimo interesse naturalistico, con specie faunistiche rare. Visita dei dintorni della città di OristanoVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Oristano, sono stati portati alla luce i resti dei Nuraghi semplici Costa Pisu, Figu, Montigu Mannu, Santuccinu, su de Busachi, su de Is Casus, su Sattu ’e Serra; del Nuraghe complesso Nuracraba; dei Nuraghi San Petronilla, Tiria, tutti di tipologia indefinita; mentre non resta più nulla dei Nuraghi Nuracinigellu ossia del Nuraghe dalle pietre nere, e del Nuraghe Pala Mestia, che si trova in un’area nella quale i rinvenimenti di reperti sono probabilmente riferibili a un insediamento con Nuraghe. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato di Oristano che abbiamo descritto nella pagina precedente. Visita della frazione Oristano denominata SiliUsciamo dal centro di Oristano verso nord est lungo la via Ricovero, che diventa via Vandalino Casu, e poi, fuori dall’abitato, assume il nome di SP55, che più avanti diventerà la SS388 del Tirso e del Mandrolisai del Tirso e del Mandrolisai e si dirigerà verso Simaxis. Lungo la strada da Oristano a Silì si trova il portale dell’oliveto CabitzaA circa duecento metri dal cartello segnaletico che indica l’uscita dall’abitato di Oristano, alla sinistra della strada provinciale si vede il monumentale Portale dell’oliveto Cabitza, dal quale un tempo si accedeva a uno dei maggiori possedimenti terrieri dei signori del luogo. Non si hanno datazioni certe su questo portale, ma si presume che frà Antonio Cano, alunno del Canova, abbia tenuto fede ai canoni del neoclassicismo facendolo edificare secondo quegli schemi. Da un ampio stilobate si elevano quattro paratse, due per lato, lievemente rastremate, che danno un senso di altezza a questo portale. È stato fatto eseguire da un provetto progettista, come si può notare dal cancello in ferro battuto a due ante, decorate fino al sommo dell’arco con un fastosi merletto ferrigno. Raggiungiamo la frazione SilìDopo aver superato il portale dell’oliveto Cabitza, proseguiamo lungo SP55 per un paio di chilometri, ed arriviamo all’interno della frazione Oristano denominata Silì (nome in lingua sarda Sìbì, altezza metri 10, distanza in linea d’aria circa 3.5 chilometri dal Municipio di Oristano sul livello del mare, abitanti circa 2.183). La sua ubicazione geografica è sicuramente da mettere in relazione soprattutto con la prossimità del fiume Tirso, il quale scorre subito a nord dell’abitato, fiume che arricchiva le campagne circostanti con le sue periodiche alluvioni e rendeva quindi il territorio estremamente fertile. Silì è stato un comune autonomo fino al regio Decreto del 1922, attuato nel 1926, che ha configurato il paese come una semplice frazione Oristano. Origine del nomeÈ possibile che questo nome derivi dalla locuzione latina (villa) Silini, ossia tenuta di Silino, un proprietario romano Silinus che è realmente documentato sia pure non in Sardegna. Siccome siamo in una zona campidanese, che talvolta rafforza la liquida -L- e lascia cadere la -N- intervocalica nasalizzando la vocale vicina, è evidente che Silì può presupporre una forma precedente Silini, ed infatti il canonico Giovanni Spano cita Silinu come villaggio distrutto della diocesi di Tharros. Brevi cenni storiciDurante il dominio romano, il territorio di Silì è stato interessato dalla colonizzazione agraria dei Romani. La strada principale dell’Isola, che congiungeva Porto Torres con Cagliari, transitava ad est dell’attuale abitato per raggiungere Othoca, ossia Santa Giusta. L’abitato di Silì dovrebbe risalire almeno all’età bizantina, dato che nel secolo scorso è stata individuata una tomba contenente orecchini d’argento a globo mammellato, caratteristici della produzione bizantina del sesto-settimo secolo. Durante il periodo giudicale, Silì appartiene al Giudicato d’Arborea, ricadendo nella curatoria del Campidano di Oristano. Nel 1420, alla caduta del Giudicato, entra a far parte del Marchesato di Oristano. Nel 1478, alla definitiva sconfitta degli Arborensi, passa sotto il dominio aragonese e diviene un feudo assegnato alla famiglia dei Carroz. Intorno al 1767, in epoca sabauda, viene incorporato nel Marchesato d’Arcais, feudo dei Flores Nurra, ai quali è riscattato nel 1839 con la soppressione del sistema feudale, per cui diviene un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio Comunale. Silì è stato un comune autonomo fino al regio Decreto del 1922, attuato nel 1926, che ha configurato il paese come una semplice frazione Oristano. La frazione Silì faceva parte del territorio della Provincia di Cagliari, ma con l’istituzione nel 1974 della nuova Provincia di Oristano, entra a far parte del territorio della nuova provincia. La sua economiaL’economia agropastorale della frazione si basa principalmente sulla coltivazione dell’ulivo che consente la produzione di un olio di grande pregio, che ha conosciuto la sua massima importanza tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, e sull’industria lattiero casearia con la produzione del pecorino romano, che ospita nel suo territorio lo stabilimento della Cooperativa Allevatori Ovini ossia della CAO Formaggi. Un tempo era molto attiva anche la tradizionale industria artigianale delle tegole, oggi scomparsa ma ancora ben viva nei ricordi della popolazione adulta, sembrano indizi sufficienti a piegare un insediamento in questa località, soprattutto considerando che la materia prima adoperata per la costruzione delle tegole, ossia un particolare tipo di argilla, veniva fornita dai terreni di Golena. In più, si nota come il territorio di Silì, in confronto a territori circostanti, ha sempre fornito numerosi pozzi di acqua potabile. Principali feste e sagre che si svolgono a SilìLe principali feste e sagre che si svolgono a Silì sono, l’8 maggio ed il 29 settembre, la Festa di San Michele Arcangelo; il 9 maggio, la Festa di San Daniele; il 28 e 29 giugno, la Festa patronale di San Pietro, titolare della parrocchia; il 16 luglio, la Festa della Madonna del Carmelo. La chiesa ed il convento di Santa Maria MaddalenaEntriamo nel centro abitato lungo la via Nazionale, che attraversa tutto l’abitato da sud ovest a nord est. Entrati nell’abitato con la via Nazionale, dopo un centinaio di metri vediamo alla sinistra della strada il cancello di ingresso con il cancello che portano al complesso costituito dalla chiesa e dal convento di Santa Maria Maddalena. Passato il cancello, si vede il retro della chiesa di Santa Maria Maddalena, la cui prima menzione si trova nel testamento di Ugone II d’Arbirea, del 1335. Edificata in conci di pietra calcarea e vulcanica di media pezzatura, è databile agli inizi del quattordicesimo secolo, ed è stata edificata in uno stile che risulta interessante per via delle sue forme gotico italiane che espressero le Chiese oristanesi di San Martino e Santa Chiara, ancora molto vicine a quelle della tradizione romanica. All’interno dispone di un’unica navata, con tribuna quadrata, mentre l’abside, a pianta quadrata, ha una volta a crociera costolonata. L’impianto dell’edificio era caratterizzato da un alto soffitto con travature e copertura lignea, sorrette da dieci mensoloni a forme sia umane che animali, sostegni che sono stati recentemente restaurati e ricollocati, anche se a quota differente, nella loro originaria posizione. Annesso alla chiesa, alla sua destra, sorge il convento della Maddalena costruito nel 1459, che ha ospitato i frati Minori Osservanti dell’Ordine dei Francescani. In seguito all’incameramento dei beni ecclesiastici da parte del regno sabaudo, la chiesa e il convento cadono in grave stato di abbandono e vengono utilizzati come rifugio per il bestiame, finche, nei primi del novecento, vengono restaurati ed ospitano alcune classi ginnasiali dirette dai Padri Scolopi. Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’edificio viene adibito a presidio militare, e successivamente fornisce asilo e ricovero per i poveri emarginati. Dal 1967, dopo anni di ulteriori restauri, la struttura ospita le suore della redenzion, che si dedicano al recupero spirituale e umano delle ex prostitute, all’assistenza a detenuti ed ex detenuti, tossicodipendenti e madri nubili e ad altre opere di prevenzione e promozione umana. La chiesa parrocchiale di San Pietro ApostoloProseguendo lungo la via Nazionale per un altro centinaio di metri, svoltiamo leggermente a sinistra nella via Martiri del Congo, che dopo settecento metri prosegue dritta sulla via Adua, la seguiamo per duecentocinquanta metri poi svoltiamo a destra e prendiamo la via San Pietro. Seguita per una cinquantina di metri, alla destra della strada, al civico numero 4, si vede la facciata della chiesa dedicata a San Pietro Apostolo, che è la parrocchiale della frazione Silì. Si è propensi a ritenere che la chiesa potesse risalire all’età giudicale, o forse addirittura al periodo altomedievale. L’attuale struttura è, comunque, assai successiva, giustificata dalla sua ricostruzione in età spagnola. A quest'ultima fase riportano le belle statue lignee policrome, riccamente dorate, presenti in essa, che rappresentano una San Pietro e l’altra la cosiddetta Nostra Signora de les Arecomanadas, ossia delle Raccomandate, cioè delle preghiere e raccomandazioni rivolte ad essa dai fedeli. Quest'ultima segue il modello iconografico d’origine medioevale, con la Vergine che copre con il mantello una folla di devoti che si accalca in preghiera ai suoi piedi. A Silì il 29 giugno si svolge la Festa patronale di San Pietro Apostolo, che è il Santo titolare della parrocchia, che dura due giorni dalla vigilia al giorno festivo, con la processione per le strade della frazione, seguita dalle cerimonie religiose e da manifestazioni civili. La chiesa di San Michele ArcangeloRitornati sulla via Adua, da dove avevamo preso la via San Pietro proseguiamo per una ventina di metri, poi svoltiamo a sinistra nella via San Michele che dopo centocinquanta metri porta nella piazza San Michele, nella zona più a nord dell’abitato. Nella piazza si affaccia la chiesa di San Michele Arcangelo, che potrebbe anch’essa risalire all’età giudicale, se non al periodo altomedievale. Comunque, pure in questa chiesa, l’attuale struttura è assai tardive, riflettendo opere di ricostruzione dell’età spagnola. La Festa di San Michele Arcangelo, organizzata dall’omonimo Comitato, si svolge a Silì due volte l’anno, l’8 maggio ed il 29 settembre, con una processione che muove dalla chiesa parrocchiale fino alla chiesa di San Michele, riti religiosi e manifestazioni civili. L’antivigilia sono in programma gli ultimi giorni di novena, poi la vigilia le celebrazioni entrano nel vivo con la messa solenne, ed in serata il vespro solenne nella chiesa di San Michele. Il giorno della festa, la mattina si tiene la messa nella chiesa di San Michele, poi prende il via la processione del comitato e dei confratelli verso la chiesa parrocchiale di San Pietro dove si tiene la messa solenne. I festeggiamenti civili iniziano anch’essi l’antiviglia, e proseguono la vigilia ed il gitrno della festa. Gli impianti sportivi di SilìProseguendo lungo la via Adua da dove avevamo preso la via San Michele, dopo poco meno di trecento metri, dove arriva da sinistra la via Simaxis, si vedono alla sinistra della via Adua gli impianti sportivi di Silì. Questi impianti sportivi dispongono di un Campo da Calcio a undici, con terreno di gioco in sabbia e terra, dotato di tribune a gradinate in grado di ospitare 600 spettatori. Dall’ingresso del complesso sportivo, prima del Campo da Calcio, sono presenti un Primo Campo da Tennis con pavimentazione in bitume, ed un Secondo Campo da Tennis che è però attualmente completamente inagibile. Prima dell’uscita dall’abitato si trova il Cimitero di SilìPrima di uscire dall’abitato di Silì, oltre agli impianti sportivi, si trova anche il Cimitero di questa frazione. Per raggiungerlo, proseguiamo lungo la via Adua per altri centocinquanta metri e, poco prima di uscire dall’abitato, alla destra della strada si vede il muro di cinta con il portale ed il cancello di ingresso del Cimitero della frazione Silì del comune di Oristano. Si tratta di un Cimitero abbastanza grande date le dimensioni della frazione, dal momento che era attivo già quando Silì, invece di un frazione Oristano, era un comune autonomo. In località Perda lada si trova l’industria lattiero casearia CAO FormaggiIl terrritorio della frazione Oristano denominata Silì si sviluppa verso sud est ed in essi si trovano diverse attività. Usciamo dal centro di Oristano verso nord est lungo la via Ricovero, percorsi seicentocinquanta metri svoltiamo a destra in via Guglielmo Marconi, che esce dall’abitato in direzione est assumendo il nome di SP70. Percorsi circa tre chilometri, arrivati in località Perda lada, raggiungiamo uno svincolo, nel quale prendiamo a sinistra la SP57 che procede in direzione nord ovest e si dirige verso la frazione Silì del comune di Oristano. Percorse poche decine di metri si trova, alla destra della strada, lo stabilimento dell’industria lattiero casearia Cooperativa Allevatori Ovini ossia della CAO Formaggi. La Cooperativa Allevatori Ovini chiamata anche CAO Formaggi è una cooperativa fondata nel 1966 allo scopo di aggregare diversi allevatori per trasformare industrialmente il latte prodotto nelle loro aziende zootecniche e creare un’alternativa alla trasformazione industriale privata. Inizialmente lo stabilimento di produzione era situato a Siamanna, per poi passare nel nuovo stabilimento che si trova in Provincia di Oristano. Dotato delle tecnologie più avanzate del settore caseario, con 12.500 metri quadrati di coperto su un’area di circa 50.000 metri quadrati, questo stabilimento possiede una capacità produttiva che supera i 180.000 litri giornalieri e i 22.000.000 litri annui. La cooperativa produce una grande varietà di pecorini differenti per gusto e stagionatura, ossia Pecorini DOP a pasta molle, semi stagionata e a lunga maturazione, ma anche derivati come ricotta, formaggi fusi e grattugiati. L’intera produzione è data esclusivamente dalla trasformazione del latte ovino. |
In località Feno su si trova l’aeroporto di Oristano intitolato ad Ernesto CampanelliUsciamo dal centro di Oristano verso nord est lungo la via Ricovero, percorsi seicentocinquanta metri svoltiamo a destra in via Guglielmo Marconi, che esce dall’abitato in direzione est assumendo il nome di SP70. Percorsi circa tre chilometri, arrivati in località Perda lada, raggiungiamo uno svincolo, nel quale prendiamo a destra la SP57 che procede in direzione sud est e si dirige verso la frazione Tiria del comune di Palmas Arborea. Percorsi seicento metri, arrivati in località Fenosu, si trova alla destra della strada principale la deviazione che porta all’Aeroporto di Oristano Fenosu, il quale dista circa 5.3 chilometri dal Municipio di Oristano. Nato come Aeroporto militare nel 1930, è stato in seguito abbandonato, finche, intorno agli anni settanta del novecento, inizia la propria attività l’Aeroclub di Oristano. Nel 1981 si ha l’apertura al traffico aereo civile, ma limitatamente all’attività dell’Aeroclub stesso. Nel luglio 2005 l’Aeroporto viene aperto al traffico dell’aviazione generale, esclusi però i voli finalizzati al trasporto di persone e cose a titolo oneroso, ed in seguito, nel luglio 2006, a seguito di alcuni lavori di adeguamento della pista di volo, si è avuta una classificazione superiore con l’apertura al traffico aereo civile. Nel novembre 2007 l’Aeroporto di Oristano Feno su è stato intitolato al trasvolatore oristanese Ernesto Campanelli. A breve la gestione dovrebbe essere ceduta a privati, così da permettere il rilancio dell’aeroporto, con l’immediato utilizzo della struttura come hub regionale delle merci, voli charters, protezione civile, servizi antincendio, aviazione generale e forze militari, quali Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza. Essendo lambito dalla principale arteria sarda, la SS131 di Carlo Felice, e trovandosi in posizione strategicamente baricentrica rispetto al resto dell’Isola, renderebbe facilmente raggiungibili tutte le principali città e i più importanti luoghi di interesse turistico della Sardegna. La borgata San QuiricoPassata la deviazione per l’aeroporto di Oristano, proseguiamo verso sud est lungo la SP57, dopo quasi due chilometri arriviamo a uno svincolo dove prendiamo a sinistra la SP67, percorsi circa duecentocinquanta metri svoltiamo a destra dirgendoci verso la località San Quirico, che raggiungiamo in circa settecento metri. La Borgata San Quirico nasce a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso, in seguito alla realizzazione della Riforma Fondiaria e Agraria in Sardegna, un importante periodo storico che, attraverso una redistribuzione fondiaria e programmi di trasformazione agraria, intendeva riconoscere all’agricoltura un ruolo centrale nella crescita economica dell’Isola. Era necessario dotare queste borgate, caratterizzate da tanti piccoli poderi e case coloniche distribuite in un vasto territorio, di servizi importanti quali le scuole, centri di aggregazione, la chiesa. La chiesa di San QuiricoFino a poco tempo fa, comunque, la borgata di San Quirico, con i suoi 400 residenti, era la frazione Oristano più abbandonata da parte dell’amministrazione Comunale. Le scuole sono chiuse da tempo, così come lo era la chiesa, non esisteva un locale pubblico dove la comunità della borgata potesse ritrovarsi, neanche un bar. La chiesa dedicata a San Quirico, chiusa ormai dal 2016, rischiava anche di crollare a causa delle precarie condizioni del tetto e, dopo la rottura di alcuni vetri, i banchi ed il pavimento erano ricoperti da escrementi di piccione. I residenti hanno lanciato un appello alle autorità per salvare sia la chiesa che la casa parrocchiale, ed i lavori di restauro da parte dell’amministrazione Comunale hanno dato i loro primi effetti. Il Campo Sportivo della borgata San QuiricoNella piazza centrale della borgata, alla sinistra della chiesa, si trova il Campo Sportivo della borgata San Quirico. Si tratta di un Campo da Calcio che era dotato di un fondo in terra battura ed erba, e che non è dotato di tribune per ospitare il pubblico. Visita della frazione Oristano denominata Donigala FenugheduUscendo da Oristano lungo la SP54bis verso nord ovest arriviamo nella località denominata Rimedio della frazione Oristano denominata Donigala Fenughedu, a 2.7 chilometri dal comune di Oristano, dove si trova il Santuario di Nostra Signora del Rimedio. Qui dalla SP54bis si muove verso ovest la SP1 in direzione di Torre Grande e verso est in direzione di Nuraxinieddu. Da questo svincolo, proseguendo verso nord ovest, la SS292 Nord Occidentale Sarda in circa un chilometro e mezzoci porta all’interno dalla frazione Donigala Fenughedu (nome in lingua sarda Donigala, altezza metri 8, distanza in linea d’aria circa 4.4 chilometri dal Municipio di Oristano sul livello del mare, abitanti circa 1.275), situata verso nord oltre il fiume Tirso. Donigala Fenughedu è stato un comune autonomo fino al 1927, quando è stato configurato il paese come una semplice frazione Oristano. Origine del nomeIl nome del paese Donigala deriva dal sardo medioevale Donnicàlia, il quale a sua volta deriva dal latino Dominicalia, termine che veniva usato nel Medioevo per indicare ciò che formava un insieme economico dipendente direttamente dal signore, un possedimento, dunque, con abitazioni e servitù, che sarebbe stato concesso dai giudici all’Opera di Santa Maria di Pisa per esercitarvi la mercatura. Il nome del paese Fenughedu fa riferimento sicuramente al finocchio selvatico, anche se il vocabolo per intero attualmente non rimanda a nessun significato specifico in sardo, e rimanda ad un abitato scomparso, spopolatosi alla fine del diciassettesimo secolo. Brevi cenni storiciIl territorio è stato abitato già in epoca nuragica, come attestato dei resti rinvenuti. In periodo medioevale appariene al Giudicato di Arborea e fà parte della curatoria del Campidano di Oristano. Nel 1410, alla caduta del Giudicato, donigala fa parte del Marchesato di Oristano, e nel 1478, alla definitiva sconfitta degli Arborensi, diviene un feudo aragonese. Il preesistente ed adiacente villaggio di Fenughedu viene abbandonato nel diciassettesimo secolo, dato che nel 1647 è documentata una invasione di cavallette che provoca ingenti danni all’agricoltura, e nel 1652 l’abitato viene colpito dalla peste. Come le altre ville infeudate della Sardegna, il primo embrione del suo Municipio sorge nel diciottesimo secolo, quando nell’Isola vengono istituiti i Consigli comunitativi, prima forma di rappresentanza municipale, e sempre nel diciottesimo secolo donigala viene incorporato nel Marchesato d’Arcais, feudo dei Flores Nurra, ai quali è riscattato nel 1839 con la soppressione del sistema feudale, per cui diviene un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio Comunale. Nel 1848, in seguito alla fusione dei territori insulari del Regno di Sardegna con quelli peninsulari, per i quali era stata decretata la riforma della legge Comunale e provinciale, donigàla viene riconosciuto come ente autonomo. La successiva legge Rattazzi del 1859 dà un nuovo assetto territoriale al regno, e nel 1865 l’ente assume la struttura politico amministrativa propria del comune moderno. Fino al 1862 l’abitato è conosciuto come Donnigala d’Arborea, o semplicemente Donigala, mentre la denominazione di Fenughedu, in riferimento all’abitato scomparso alla fine del diciassettesimo secolo ed i cui territori vengono acquisiti da Donigala, viene applicata al suo nome con un regio Decreto del 1862, dato che, con la formazione del regno d’Italia, la si è voluta distinguere dall’omonima Siurgus Donigala, situata in Provincia di Cagliari. La frazione Donigala Fenughedu faceva parte del territorio della Provincia di Cagliari, ma con l’istituzione nel 1974 della nuova Provincia di Oristano, entra a far parte del territorio della nuova provincia. La sua economiaL’economia agropastorale della frazione si basa principalmente sulla coltivazione dell’uva, dalla quale vengono prodotti i pregiati vini della Cantina Sociale della Vernaccia, e sulla coltivazione dell’ulivo che consente la produzione di un olio di grande pregio, che ha conosciuto la sua massima importanza tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo. Donigala Feneghedu, località adagiata subito a nord del fiume Tirso, è circondata da diverse attrazioni naturalistiche, tra cui lo stagno di Cabras, lo stagno di Mistras e lo stagno di Santa Giusta, attualmente abitati da rara avifauna, tra cui anche fenicotteri rosa. Immancabile per i turisti, è una visita alla spiaggia di Is Arenas, con la sua florida pineta, alla spiaggia di Torregrande, a Maimoni, alla spiaggia di Mari Ermi e a Is Arutas. Altre piccole cale e spiagge, altrettanto degne di menzione, sono presenti nell’area, tra queste vi sono Abarossa, Funtana Meiga, Sa Rocca Tunda, la spiaggia di San Giovanni del Sinis e Porto Suaedda. I portali monumentali nell’abitato e nei dintorniAll’interno dell’abitato e nel territorio circostante è presente un gran numero di portali monumentali, generalmente risalenti al diciottesimo secolo. La loro costruzione è in stretta relazione con la coltura dell’ulivo, il cui sviluppo è stato visto, sia dal governo spagnolo che da quello sabaudo, come fondamentale per la rivitalizzazione dell’agricoltura sarda, e, grazie ai profitti dati dalla coltura degli ulivi, nasce un nuovo ceto privilegiato, che adotta l’abitudine di erigere un portale all’ingresso dei propri poderi come simbolo della sua nuova posizione sociale. Nel testo che segue vengono descritti tutti i principali portali monumentali nell’abitato e nei dintorni. Principali feste e sagre che si svolgono a Donigala FenugheduTra le principali feste e sagre che si svolgono a Donigala Fenughedu vanno citate, il 10 maggio la Festa patronale di Sant’Antonino Vescovo, con riti religiosi e manifestazioni civili; il 31 maggio la Festa di Santa Petronilla, con cerimonie religiose nella piccola chiesa campestre e spettacoli vari; nei intorni dell’abitato presso il Santuario dedicato a Nostra Signora del Rimedio, si svolge la Festa di Nostra Signora del Rimedio, con le celebrazione religiose che iniziano con la novena, e vivono il momento culminante l’8 settembre, quando le messe si succedono ininterrottamente per tutta la giornata in modo da far fronte alle riChieste delle migliaia di fedeli che arrivano da tutta l’isola. La Cantina della Vernaccia con due vini inseriti nella guida 5StarWines di VinitalyDallo svincolo, prendiamo verso nord ovest la SS292 Nord Occidentale Sarda in direzione di Cuglieri, che assume il nome di via Oristano, e subito dopo il cartello segnaletico che indica l’ingresso nella frazione, al civico numero 6a si trova l’ingresso agli edifici che ospitano la Cantina della Vernaccia di Oristano, presso la cui enoteca interna è possibile acquistare direttamente i vini. La valorizzazione della Vernaccia di Oristano in campo nazionale ed internazionale è merito della Cantina della Vernaccia, una Cantina Sociale fondata nel 1953 e che oggi costituisce una delle realtà vitivinicole più interessanti. Tecniche e impianti all’avanguardia, unite all’elevata qualità delle uve conferite dai soci, posizionano la Cantina della Vernaccia ai vertici della produzione enologica, dato che la passione, la capacità e l’esperienza nella coltivazione delle uve hanno portato alla consacrazione della Vernaccia di Oristano in campo nazionale ed internazionale. Seguendo questa tradizione di crescita ed attenzione verso le peculiarità del territorio, si è creato nel corso degli anni un panorama di vigneti dedicati, nella maggior parte, alla coltivazione e valorizzazione delle qualità autoctone. La Cantina Sociale, che si trova in località Rimedio, continua a raccogliere consensi in tutta Europa per la qualità dei propri prodotti, e presso l’enoteca interna è possibile acquistare direttamente i vini. Il vino Vernaccia di Oristano Doc Riserva Judikes 2008, il vino Valle Del Tirso Igt Bianco Terresinis 2021, ed il vino Vernaccia di Oristano Doc Superiore Juighissa 2013 sono stati inseriti nella 5StarWines del 2023 di Vinitaly. Il vino Vernaccia di Oristano Doc Riserva Judikes 2008 si classifica al primo posto nella 5StarWines del 2023 di Vinitaly con 97 punti su 100. |
Passiamo il portale PassinoPercorsi trecentocinquanta metri lungo la via Oristano, si vede alla destra della strada il Portale dell’oliveto Passino, che presentava una loggia molto profonda probabilmente con struttura lignea in travi, come si evince dalle cavità di alloggiamento delle travi. È costituito da due setti murari paralleli in laterizi rossi di cui quello del prospetto principale più grosso, con un arco a tutto sesto sul fronte e un ampio arco ribassato sul retro, mentre l’altro setto murario presenta un arco a tutto sesto di spessore più contenuto. Il profilo del portale è inclinato alle ali che terminano nel coronamento lobato centrale con un elemento floreale di decoro centrale. Sono evidenti le tracce di intonaco che ricopriva tutta la muratura. Si tratta di un sito di pessime condizioni, che necessiterebbe di un’ opera di riqualificazione e valorizzazione. Ci rechiamo a visitare la chiesa parrocchiale di Sant’Antonino VescovoProseguendo per altri quattrocentocinquanta metri arriviamo a un bivio, dove la via Oristano prosegue verso sinistra, mentre a destra parte la via Sant’Antonino che in un’ottantina di metri ci conduce in piazza della chiesa, dove si affaccia, sulla destra, la chiesa di Sant’Antonino Vescovo che è la chiesa parrocchiale di Donigala Fenughedu. La chiesa originaria viene edificata nei primi decenni del 1800, poi a seguito di demolizione, la chiesa viene ricostruita nel 1929 a spese del popolo. La canonica viene edificata tra il 1927 e il 1929, anno in cui è benedetta contemporaneamente alla chiesa. Nel 1970 viene realizzata una nuova Cappella sul lato sud simile nelle forme alle cappelle adiacenti. Vengono successivamente realizzati una serie di lavori di restauro generale. Presso questa chiesa, ogni anno il 10 maggio si celebra la Festa patronale di Sant’Antonino Vescovo, con riti religiosi e manifestazioni civili. Si tratta di una Festa che si ripete dopo pochi giorni, il 31 maggio. Passiamo il portale loffredoalla sinistra della chiesa parrocchiale di Sant’Antonino Vescovo si sviluppa il viale dei Cipressi, lungo il quale, subito all’inizio sulla sinistra, si trova il Portale dell’oliveto loffredo, che viene classificato come il portale più suggestivo dell’Oristanese escludendo quello di Vittu Sotto che ha una storia a sé. Il loffredo, suo primo proprietario, lo ha in seguito ceduto ai Cugusi. Costruito in laterizi, con inserti in basalto alla base e conci dell’arco in arenaria; questo portale a loggia presenta un arco di prospetto a tutto sesto e un ampio arco ribassato su retro. Due snelle lesene inquadrano l’arco d’ingresso e reggono una delicata cornice su cui poggia un timpano curvilineo con due volute laterali. L’effetto complessivo è quello di una accentuata verticalità ma di una poco spiccata plasticità, le decorazioni sono infatti appena accennate e rese con l’intonaco. Il portale si sviluppa in modo armonico, con un’ampia fornice chiusa da un arco che racchiude un bellissimo cancello oggi in ferro battuto, ma si presume originariamente fosse in legno. Ci rechiamo visitare il CimiteroDalla piazza della chiesa dove si trova la chiesa parrocchiale di Sant’Antonino Vescovo prendiamo il viale dei Cipressi, passiamo il portale monumentale dell’oliveto loffredo, e seguiamo questo viale per quasi quattrocento metri, fino ad arrivare a vedere, alla destra della strada, il muro di cinta con i diversi cancelli di accesso al Cimitero della frazione Donigala Fenughedu di Oristano. Si tratta di un Cimitero abbastanza grande date le dimensioni della frazione, dal momento che era attivo già quando Donigala Fenughedu, invece di un frazione Oristano, era un comune autonomo. Passiamo il portale Pisanu chiamato pure portale de su Colonnellu ed usciamo dall’abitato verso NurachiRitorniamo sulla via Oristano, al bivio dove parte a destra la via Sant’Antonino che in un’ottantina di metri ci conduce in piazza della chiesa, mentre a sinistra prosegue la via Oristano, che porterà all’uscita dalla frazione Donigala Fenughedu con la SS292 Nord Occidentale Sarda in direzione di Nurachi. Al bivio prendiamo a sinistra la prosecuzione della via Oristano e, in trecentocinquanta metri, prima dell’uscita dall’abitato, vediamo subito dopo l’incrocio con la via Nurachi sulla destra e la via Evaristo Madeddu sulla sinistra, il Portale dell’oliveto Pisanu chiamato pure Portale de su Colonnellu, del quale non si è mai saputo il vero nome, ma si ritiene che inzialmente fosse chiamato De su Colonnellu, e solo successivamente Pisanu. È costruito alla base con elementi lapidei in arenaria e in alzato da elementi in cotto intonacati. Dal punto di vista compositivo è costituito da un muro con basamento sporgente e bugnato agli estremi. Due edicole scanalate con profilo superiore polilobato fungono da base d’appoggio per le volute superiori: esse incorniciano l’ampio forcipe ad arco ribassato e delle campitura intonacate con grande lobo centrale. Il portale è terminato superiormente da una cornice a linee miste curve e rette. Pur essendo mal conservato, si distingue come uno dei più sfarzosi portali a loggia dell’Oristanese. Si tratta di un portale che sfortunatamente ha perso il cancello originale, e quello che si vede oggi è successivo. Gli impianti sportivi della frazione Donigala FenugheduVediamo ora che cosa si trova subito accanto all’abitato della frazione, dagli impianti sportivi alla chiesa campestre di Santa Petronilla Vergine Martire, e descriveremo poi più avanti il Santuario di Nostra Signora del Rimedio. Arrivati alla frazione Donigala Fenughedu, seguiamo la via Oristano fino al bivio dove questa strada prosegue verso sinistra, mentre a destra parte la via Sant’Antonino che in un’ottantina di metri ci conduce in piazza della chiesa. Quando la via Oristano arriva al bivio, prendiamo a sinistra la deviazione nella via Cabras, la seguiamo per circa duecento metri e, usciti dall’abitato, svoltiamo leggermente a destra in via Sant’Antonino. Percorso un centinaio di metri lungo la via Sant’Antonino, vediamo alla destra della strada il cancello di ingresso che permette di raggiungere gli impianti sportivi della frazione, che sono generalmente chiamati impianti dell’Istituto Evaristiani Calcio Tennis. All’interno di questo complesso sportivo è presente un Campo da Calcio, con fondo in erba naturale, privo di tribune per il pubblico, e davanti a questo campo si trovano due Campi da Tennis, anch’essi senza tribune. La chiesa campestre di Santa Petronilla Vergine MartireDa dove avevamo preso la via Sant’Antonino, la seguiamo per settecentocinquanta metri, e nell’ultimo tratto, la strada costeggia il Parco di Santa Petronilla, un’area attrezzata per pic nic con annesso parco giochi che si trova alla sinistra della strada. alla sua conclusione, prendiamo sulla destra la deviazione che ci porta nella piazza Santa Petronilla. Qui si trova la chiesa campestre di Santa Petronilla Vergine Martire, un edificio di origine medievale che, in mancanza di documenti certi, si può far risalire al tredicesimo o quattordicesimo secolo, sebbene le sue caratteristiche originarie siano state stravolte da successivi restauri e rifacimenti. Di origine romanica, documentata già nel 1341, è probabile che appartenesse al villaggio giudicale di Nurechi, che si trovava nella zona disseminata di antiche vestigia di abitazioni e tombe. Di recente, sotto alcune lastre in basalto della pavimentazione, che secondo la tradizione ospiterebbe un antico luogo di culto cristiano sotterraneo, sono state rinvenute alcune sepolture medievali. restaurata nel 2010. La piccola chiesa ha la facciata intonacata ad eccezione di alcuni conci lapidei lasciati a vista, ha un semplice portale ed un piccolo oculo disassato, il tetto a due spioventi ed un campanile a vela al centro privo di campana, sormontato da una piccola croce in pietra. La scarsa illuminazione è assicurata dal piccolo oculo sulla facciata, che probabilmente conteneva una croce in pietra, ora sostituita da una in legno. All’interno si presenta con un impianto ad aula unica con copertura a capanna e con presbiterio semplicemente rialzato di un gradino. Ha delle semplici pareti intonacate e dipinte di bianco, con i recenti restauri i pilastri, parzialmente aggettanti dai muri, sono stati rivestiti con pietra locale. Conserva antichi simulacri lignei della Santa titolare della chiesa. La romana Petronilla è stata una Martire cristiana, identificata dalla tradizione come figlia spirituale di San Pietro Apostolo e venerata come Santa dalla chiesa cattolica. Come molti Santi dei primi tempi della chiesa, poco o nulla si conosce di questa persona, le sole informazioni sicure, riguardanti il suo nome e il fatto che fosse una martire, sono scritte su di un affresco del Iquarto secolo, il più antico affresco della Cristianità, presente della basilica sotterranea della catacomba di Domitilla a Roma, nel quale appare la scritta Petronella Mart. Il sarcofago, che custodisce le spoglie della Santa, viene traslato nella basilica vaticana da papa Paolo I nel 757, ed è tuttora presente nella chiesa di San Pietro. Il culto per la martire romana, figlia spirituale di San Pietro, si sviluppa in Sardegna fino dall’epoca bizantina. |
La Festa di Santa Petronilla si svolge il 31 maggio nella piccola chiesa campestre, a circa un chilometro dall’abitato, in direzione di Cabras ed è organizzata dalle ragazze. La mattina, il simulacro viene trasferito dalla parrocchia della frazione Donigala Fenughedu ed all’arrivo è celebrata la messa. In serata, il rientro della statua nella chiesa parrocchiale. Assai suggestiva è la processione notturna, alla quale partecipano tutti gli abitanti di donigala, gruppi folk e numerosi cavalieri in costume tradizionale. La Casa Madre della Compagnia Evaristiani del Sacro CuoreProseguendo lungo la deviazione che ci ha portati dalla via Sant’Antonino alla piazza Santa Petronilla, dopo un centinaio di metri questa strada sbocca sulla via Evaristo Madeddu. Questra strada parte da dove la via Oristano esce del paese a nord prima di prendere la strada statale, subito dopo l’incrocio con la via Nurachi sulla destra, e appunto sulla sinistra parte la via Evaristo Madeddu. Presa dalla via Oristano verso ovest la via Evaristo Madeddu, la si segue per seicentocinquanta metri e si arriva al punto dove arriva da sinistra la deviazione dalla piazza Santa Petronilla. Proseguendo per un altro centinaio di metri si vede, alla destra della strada, il portale di accesso alla Casa Madre della Compagnia Evaristiani del Sacro Cuore, ente ecclesiastico laicale fondato nel 1925 da Evaristo Madeddu con tre giovani seguaci a Mandas, piccolo paese della Provincia di Cagliari, della casa madre della Compagnia, così chiamata perché posta sotto la protezione di Sant’Evaristo papa. Successivamente, se pur fra mille difficoltà, la Compagnia ha un grosso slancio che gli permette di fondare già dopo pochi anni, nel 1930 le sede di Cagliari presso la sede della Confraternita di San Giovanni, nel 1931 la sede di Siurgus Donigala, e nel 1932 quella di Guamaggiore. Nel 1934 la Compagnia riceve in dono un podere a Donigala Fenughedu ed Evaristo con i confratelli decidono di trasferire li, dove si trova tutt'oggi, la loro Casa Madre. Notevole è stata l’importanza degli Evaristiani nella storia di Donigala Fenughedu, dove al civico numero 28 della via Oristano è presente il loro orfanotrofio, e dove hanno fondato gli impianti sportivi che abbiamo già descritto.. Lungo la strada verso Nurachi si trovano i due portali dell’oliveto SotgiuDa dove la via Oristano, passato l’incrocio con la via Nurachi sulla destra e la via Evaristo Madeddu sulla sinistra, esce dall’abitato verso nord diventando la SS292 Nord Occidentale Sarda in direzione di Nurachi, percorriamo seicentocinquanta metri e vediamo, alla sinistra della strada statale, il Secondo portale dell’oliveto Sotgiu. Si tratta di un portale a loggia con prospetto rettangolare e copertura a una falda. La struttura è in mattoni rossi intonacata, mattoni per la loggia e travetti con incannucciato e coppi per la copertura. Nel prospetto presenta un arco a tutto sesto dalla cui imposta parte una cornice che bipartisce orizzontalmente il prospetto in due specchiature. Superiormente una cornice poco agettante conclude la facciata. Percorrendo appena centoventi metri verso nord, vediamo, alla sinistra della strada statale, il Primo portale dell’oliveto Sotgiu. La base è in materiale lapideo, arenaria mista a basalto, con l’elevato in laterizio intonacato, mentre il coronamento presenta una muratura eterogenea con inserti in basalto. La composizione neoclassica presenta lesene doriche binate su basamento che reggono una cornice orizzontale sovrastante l’arco a tutto sesto con il concio in chiave ben evidente. Il coronamento è agli estremi orizzontale e termina con un timpano arcuato con al centro un ottagono incavato. Il portale presenta evidenti tracce di intonaco celeste un po’ ovunque tranne che nelle lesene. Lungo la strada verso Nuraxinieddu si trova il portale dell’oliveto Tolu chiamato in seguito CadoniArrivati alla frazione Donigala Fenughedu, seguiamo la via Oristano fino al bivio dove questa strada prosegue verso sinistra, mentre a destra parte la via Sant’Antonino che in un’ottantina di metri ci conduce in piazza della chiesa. Quando la via Oristano arriva al bivio, prendiamo a destra la via Nuraxinieddu che conduce verso questa frazione Oristano. Arrivati a metà strada, percorsi novecento metri da dove abbiamo imboccato questa strada, prendiamo a destra una stradina di campagna poco frequentata e molto dissestata, la seguiamo per poco più di duecento metri, e vediamo alla destra di questa stradina il Portale dell’oliveto Tolu, chiamato in seguito Oliveto Cadoni. Si tratta di un portale a loggia, costruito in laterizio per le murature della loggia, con la struttura superiore in travetti in legno, canne e manto in coppi alla sarda. L’arco a tutto sesto ha conci in arenaria. L’intera composizione del fronte è semplice e geometrica, con l’arco d’ingresso inquadrato in una struttura muraria intonacata rettangolare, con lesene prive di basamento di ordine dorico, doppia cornice e coronamento superiore liscio. Il portale è il più rovinato e necessiterebbe di un restauro conservativo. Il Santuario di Nostra Signora del RimedioUscendo da Oristano lungo la SP54bis verso nord ovest, eravamo arrivati nella località denominata Rimedio della frazione Oristano denominata Donigala Fenughedu, a 2.7 chilometri dal comune di Oristano, dove dalla SP54bis si muove verso ovest la SP1 in direzione di Torre Grande. Presa quest'ultima, la seguiamo per un centinaio di metri, poi prendiamo a destra la via Santa Maria Bambina e, in circa un altro centinaio di metri, vediamo a destra il Santuario di Nostra Signora del Rimedio. La devozione alla Madonna del Rimedio è molto antica dato che con ogni probabilità si deve far risalire a San Giovanni de Matha, provenzale, che, mentre stava dicendo la sua prima messa, ebbe la visione di un angelo con una croce rossa e blu sul petto e le sue mani sulle teste di due prigionieri. Giovanni de Matha ha fondato nel 1198 l’Ordine dell’Ospedaliere della Santissima Trinità e dei prigionieri, comunemente chiamati Trinitari, con lo scopo di liberare i prigionieri di guerra, specialmente i Cristiani che si trovavano in catene presso i Musulmani. Sul loro abiti ha messo la croce che aveva visto sull’angelo e, ha scelto come patrona la Madonna del Buon Rimedio, una devozione popolare nella sua patria provenzale, tanto che si rivolgeva sempre a Maria del Buon Rimedio per ottenere aiuto nella sua attività di liberazione degli schiavi cristiani. |
Le prime testrimonianze storiche di questa chiesa risalgono alla seconda metà del seicento, quando per la prima volta si nomina la chiesa parrocchiale di Nuracraba, villaggio sorto probabilmente assieme Donigala ed a Fenughedda in epoca medioevale, e scomparso per le alluvioni e la pestilenza dopo il 1727. Nuracraba non risorge, ma la sua modesta chiesa a croce latina, forse l’unica costruzione risparmiata dalle inondazioni, non viene abbandonata, dato che ormai è meta di pellegrini, attratti dal consolante titolo con cui la Madre del Signore viene presso questa chiesa invocata. Sono della fine del settecento i primi interventi diretti alla conservazione e all’ampliamento del piccolo tempio, nel 1806 viene eretto l’altare maggiore, pregevole opera in marmi intarsiati e policromi di bottega sardo lombarda, mentre gli interventi più significativi sono della seconda metà dell’ottocento, quando la chiesa viene interamente ristrutturata ed elevata al titolo di Santuario. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua in legno dipinto di pregevole fattura con l’effigie della Madonna che con il braccio destro regge il Bambino Gesù seduto sopra un globo. Gesù è rappresentato mentre benedice con la mano destra e sostiene due scapolari. Presso il Santuario dedicato alla Madonna del Rimedio, si svolge la Festa di Nostra Signora del Rimedio, con le celebrazione religiose che iniziano con la novena, e vivono il momento culminante l’8 settembre, quando le messe si succedono ininterrottamente per tutta la giornata in modo da far fronte alle riChieste delle migliaia di fedeli che arrivano da tutta l’isola. La parte religiosa della Festa è affiancata dalle tante le iniziative che hanno luogo nei pressi della chiesa, dove, oltre alle bancarelle, trovano spazio anche gli stands per la degustazione dei tipici prodotti della eno gastronomia locale, come muggini, anguille, maialetti, mustaccioli, e vini. La Festa di Nostra Signora del Rimedio si svolge l’8 settembre in varie località della Sardegna, fra cui, oltre ad Oristano, anche a Siapiccia, Giba, Orosei, Tinnura. In località Rimedio sono stati rinvenuti i resti del Nuraghe complesso NuracrabaSu circa quaranta Pintaderas nuragiche finora rinvenute in Sardegna, ben sette esemplari provengono dai resti del Nuraghe complesso Nuracraba, così chiamato dal nome della località in cui si trovava. Si trattava di un Nuraghe complesso, costituito da almeno due torri con il muro che le raccorda, costruito in basalto a 10 metri di altezza, con tracce di un insediamento abitativo nei dintorni. Le sue tracce sono riemerse inaspettatamente nel 1983 presso il Santuario di Nostra Signora del Rimedio, in occasione dei lavori per la realizzazione degli svincoli che attualmente raccordano la SP56 con la SP1 per Torre Grande e la SS292 Nord Occidentale Sarda in direzione di Cuglieri. Del complesso nuragico sono stati rinvenuti solo pochi resti della torre centrale e delle torri antemurali, che è difficile distinguere sul terreno. Le ceramiche che vi sono state rinvenute, comprese le sette pintadere, sono attualmente conservate al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Il Santuario di Nostra Signora del Rimedio è stata costruito proprio sul sito nel quale era un tempo presente il Nuraghe. Vicino alla località Rimedio si trova l’importante portale dell’oliveto di Vitu SottoPassato il Santuario di Nostra Signora del Rimedio, proseguiamo lungo la via Santa Maria Bambina che si dirige verso la SP5 la quale porta in direzione di Solanas frazione Cabras. Percorsi appena trecento metri, si vede alla sinistra della strada l’importante Portale dell’oliveto di Vitu Sotto. Il portale è stato concepito secondo il gusto barocco piemontese, probabilmente dallo stesso architetto Giuseppe Viana, autore della chiesa e monastero del Carmine e del palazzo Arcais di Oristano. La struttura funge da limite di un podere adibito alla coltura dell’ulivo, nella fattispecie l’oliveto di Vitu Sotto, facoltoso possidente di Oristano che lo ha donato alla consorte nel 1780. Dal punto di vista architettonico è l’unico portale che non deve essere come opera monumentale minore, infatti viene definito dall’architetto Vico Mossa l’Opera di architettura civile barocca senza spazio interno più bella di tutti i tempi. L’arco predomina grazie alla sua maestosità, con un’altezza di otto metri, che non stona con il paesaggio che lo circonda, anzi viene perfettamente amalgamato. Tutta la struttura è costruito da conci di arenaria, arricchito da elementi scultorei di grande pregio in basalto e trachite rossa. L’ampia luce ad arco ribassato è inquadrata da lesene lisce e bugnate; alle estremità del portale sono due ampie volute, con elementi scultorei d’apice che inquadrano il felice coronamento a profilo reniforme, inquadrante uno stemma con l’aquila, sormontato da una croce. Altri elementi decorativi sono i candelabri, i busti femminili e gli stemmi che sovrastano il fornice. Questo portale ha il cancello in ferro battuto opera dello stesso progettista. Visita della frazione Oristano denominata NuraxiniedduUscendo da Oristano lungo la SP56 verso nord ovest, arriviamo nella località denominata Rimedio della frazione Donigala Fenughedu, a 2.7 chilometri dal comune di Oristano. Arrivati in questa località prendiamo verso nord est la SS292 Nord Occidentale Sarda in direzione di Nuraxinieddu, che percorre una zona esente da alluvioni nella quale gli Ordini religiosi avevano costruito le loro case di campagna con frantoi e locali agricoli vari. Lungo la strada dalla località Rimedio verso Nuraxinieddu si trova il portale dei CarmelitaniPercorsi quattrocento metri lungo la SS292 Nord Occidentale Sarda in direzione di Nuraxinieddu, si vede alla sinistra della strada statale il Portale dei Carmelitani, passato poi in successione a Damiano Nurra, ricco possidente di Oristano, col titolo di marchese d’Arcais. Si sviluppa verticalmente, coronato in cima da una croce in ferro battuto. Da una base liscia si possono vedere quattro paraste rastremate, dove poi erge un fregio gradonato racchiuso da una vasta cornice, dal quale si sviluppa un arco arioso sormontato appunto da una croce. Sotto l’arco è presente un ottagono vuoto, destinato sicuramente ad accogliere una statua della Vergine del Carmelo. Al centro del portale è visibile un’ampia fornice a tutto sesto, con una ricca cornice, nella quale è la chiave mediana del centro dell’ingresso. Tutto questo racchiude un grande cancello in ferro battuto opera dei fabbri locali del tempo. Più avanti verso Nuraxinieddu si trova il portale degli ScolopiDal portale dei Carmelitani, proseguiamo per seicentocinquanta metri verso Nuraxinieddu, ed alla sinistra della strada statale si vede il Portale degli Scolopi, i quali erano un Ordine religioso che per un certo periodo storico è stato il proprietario dell’intera zona nella quale sorge attualmente l’abitato e dell’area circostante, area che in quei tempi veniva chiamata Is Scolapius. Queso territorio successivamente è stato confiscato a questo Ordine religioso ed assegnato alla famiglia dei Boy di Oristano. Il monumentale portale è caratterizzato dai suoi conci lapidei disposti a ventaglio, al di sopra del quale i trova una piccola nicchia, che doveva contenera il origine la statua di un Santo dell’Ordine. Analizzando il retro del portale si può notare che si differenzia dagli altri per la presenza di una scalnata, punto di osservazione per il controllo del territorio. Anche il portale degli Scolopi è intonacato con sagome di pietra di arenaria, ed in esso si vede ancora oggi un’anta dell’originario cancello in ferro battuto. Raggiungiamo la frazione NuraxiniedduDalla località Rimedio della frazione Donigala Fenughedu, presa verso nord est la SS292 Nord Occidentale Sarda, in circa un chilometro e mezzo arriviamo nella frazione Oristano denominata Nuraxinieddu (pronuncia corretta Nurasgìnieddu con l’accento sulla prima ì, altezza metri 7, distanza in linea d’aria circa 5.3 chilometri dal Municipio di Oristano sul livello del mare, abitanti circa 1.160). La si può raggiungere anche dalla frazione Donigala Fenughedu, seguendo la via Oristano fino al bivio dove questa strada prosegue verso sinistra, mentre a destra parte la via Sant’Antonino che in un’ottantina di metri ci conduce in piazza della chiesa, poi quando la via Oristano arriva al bivio, prendiamo a destra la via Nuraxinieddu che conduce verso questa frazione Oristano in circa un chilometro ed ottocento metri. Origine del nomeIl nome si sarebbe dovuto scrivere meglio Nuraxi Nieddu, ossia Nuraghe nero, Quasi certamente chiamato in questo modo perché costruito con massi di trachite nera. Non ci risulta che di questo Nuraghe resti qualche traccia, ma questo fatto non deve recare stupore perché da lunga data i Nuraghi sono stati usati come cave di pietre da adoperare per la costruzione delle abitazioni private, particolarm quelli vicini ai villaggi. È però ignota la sua localizzazione, anche se si ritiene che il Nuraghe sorgessesu una bassa collina denominata Su Cuccuru de Santa Vittoria, vicino all’antica area cimiteriale, situato all’immediata periferia meridionale del paese, dove sono affiorati diversi blocchi di basalto. Brevi cenni storiciL’abitato di Nuraxinieddu, o Nuraghinieddu come appare nei documenti medievali, viene fondato insieme a Masone de Capras, ossia Cabras, nell’undicesimo secolo, come Domus o Demestiga de rennu, da donna Nibata, moglie del giudice di Arborea Orzocco, lo stesso giudice cui è stato attribuito il trasferimento, nel 1070, della capitale giudicale da Tharros a Oristano. Costituisce, inizialmente, un aggregato rurale di proprietà dei giudici o dei suoi familiari, acquisendo in seguito, forse nel dodicesimo secolo, la fisionomia giuridica di Villa. Fa parte, con altri diciannove villaggi molti dei quali ormai scomparsi, del Giudicato d’Arborea, nella curatoria del Campidano Maggiore. Nel dodicesimo secolo, come ricordato nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, la villa ospita diverse Corone de logu, le assemblee composte per lo più da curatori in cui il giudice, o un suo rappresentante, amministrava la giustizia. Con la fine del Giudicato di Arborea, nel 1410, Nuraxinieddu è compreso nel Marchesato di Oristano, a sua volta incorporato, nel 1479, tra i beni della Corona di Spagna, dopo la sconfitta di Leonardo Alagòn avvenuta nel 1478. Nel 1655 la popolazione viene decimata dalla peste e nel 1681, a causa di una terribile carestia, vi rimangonosolo solo sette famiglie. Seppure lentamente, il piccolo centro ricomincia a ripopolarsi nel settecento, e, nel 1767, viene infeudata dal re di Sardegna, Carlo Emanuele III, a Damiano Nurra, ricco possidente di Oristano, col titolo di marchese d’Arcais. In seguito, con l’istituzione del catasto nel 1851, si creano le premesse per la creazione di un comune autonomo, ma, con regio decreto del 1927, Nuraxinieddu viene aggregato al comune di Oristano, del quale ancora oggi continua ad essere una frazione. La frazione Nuraxinieddu faceva parte del territorio della Provincia di Cagliari, ma con l’istituzione nel 1974 della nuova Provincia di Oristano, entra a far parte del territorio della nuova provincia. La sua economiaLa frazione Nuraxinieddu ha un’economia di tipo agricolo soprattutto con la coltivazione dell’ulivo che consente la produzione di un olio di grande pregio, ed un’economia di tipo pastorale. Nei dintorni dell’abitato in località Palloni è attiva la Associazione Provinciale Allevatori.. Principali feste e sagre che si svolgono a NuraxiniedduTra le principali feste e sagre che si svolgono a Nuraxinieddu, il 14 maggio si svolge la Festa di Santa Vittoria; il 13 giugno la Festa di Sant’Antonio da Padova; il 25 luglio si svolge la Festa patronale di San Giacomo il Maggiore Apostolo. La chiesa parrocchiale dedicata a San Giacomo Maggiore ApostoloDalla SS292 Nord Occidentale Sarda, passato il chilometro 129.2, raggiungiamo una rotonda dopo la quale si entra all’interno dell’abitato della frazione con la via del Rimedio. Percorsi circa duecento metri, prendiamo a destra la via San Giacomo, la seguiamo per duecentocinquanta metri fino a che ci porta, al civico numero 36 della via San Giacomo, di fronte alla facciata della nuova chiesa parrocchiale dedicata a San Giacomo Apostolo, ossia a San Giacomo Maggiore. La nuova chiesa parrocchiale, con patrono San Giacomo apostolo, è stata costruita probabilmente nel sedicesimo secolo e demolita alla fine dell’ottocento in quanto pericolante, per essere riedificata nel 1899 nella forma attuale. Presso questa chiesa, ogni anno, il 25 luglio, si svolge la Festa patronale di San Giacomo Apostolo, organizzata dal Comitato San Giacomo di Nuraxinieddu, con riti religiosi e diverse manifestazioni civili. Al termine della cerimonia religiosa, la statua del Santo, seguita dalle autorità religiose e civili e dai responsabili del comitato, prima di rientrare nella chiesa di San Giacomo, percorre le vie del paese, abbellite con fiori a addobbi, stavolta accompagnata dalla tradizionale e allegra musica sarda, un invito alla coesione sociale e a riscoprire i valori religiosi e quelli fortemente identitari. Il cippo in ricordo di dove sorgeva la primitiva chiesa parrocchialeDalla via del Rimedio, presa a destra la via San Giacomo la seguiamo per appena centocinquanta metri, svoltiamo a sinistra nella via Bologna, che arriva fino all’estremo nord orientale dell’abitato. Percorsa la via Bologna per poco più di duecentocinquanta metri, arriviamo dove parte a sinistra la via della Croce, e ad angolo tra le due strade si trova Un cippo sovrastato da una croce, nel luogo dove era edificata la primitiva chiesa parrocchiale, citata in un documento del 1221, ed intitolata a San Pantaleo;. Alcune parti superstiti dell’edificio erano ancora visibili fino al secolo scorso sull’attuale via Bologna. La chiesa probabilmente è andata in rovina durante lo stesso periodo medievale, e a perpetuarne la memoria è stato eretto nel seicento un cippo sovrastato da una croce. Nel 1989, quasi nessuno aveva battuto ciglio a Nuraxinieddu quando gli operai dell’impresa che stava realizzando la nuova strada per Massama avevano abbattuto il cippo seicentesco che segnava il confine del paese. Il cippo, ricostruito ex novo da artigiani del luogo, è stato riposizionato nello stesso luogo e inaugurato in occasione dei festeggiamenti per San Giacomo nel 2013. Presso l’antica area cimiteriale si trova la Cappella di Santa VittoriaDalla via del Rimedio, presa a destra la via San Giacomo la seguiamo per appena centocinquanta metri, svoltiamo a destra la via Bologna, e, dopo centocinquanta metri, arriviamo a sud del paese, dove vediamo, sulla sinistra, una bassa collina denominata Su Cuccuru de Santa Vittoria, Nella campagna circostante, all’inizio del sentiero che conduce a Zeddiani. Qui era presente l’Antica area cimiteriale di Nuraxinieddu, le cui origini non sono note, ma della quale si hanno testimonianze scritte già a partire dalla metà del seicento. Nel settecento il vecchio Cimitero viene restaurato, con l’annessa Cappella di Santa Vittoria. La Cappella di Santa Vittoria, il più importante monumento che ancora il paese conservi del suo passato, esiste ancora oggi, ed è tornata molto bella grazie ai lavori di restauro effettuati nel 2008. L’impianto della piccola chiesa che era dedicata a Santa Margherita, come attesta un documento del 1341. In seguito vengono restaurati il Cimitero e l’annessa Cappella di Santa Vittoria, che potrebbe risalire, sulla base dei suoi elementi stilistici, alla fine del cinquecento o alla prima metà del seicento. La Cappella viene citata per la prima volta nel 1646 in due atti notarili del convento di San Francesco di Oristano, in seguito successive attestazioni si hanno dal 1765 al 1854 nei registri dell’amministrazione della parrocchiale. Essendo inserita all’interno di un’area cimiteriale, l’unico utilizzo ipotizzabile era relativo a funzioni religiose in suffragio dei defunti. Si tratta di un edificio a pianta rettangolare con copertura a doppia falda. Sul prospetto si apre una grande arcata opinale in conci di arenaria. Sul lato destro del minuscolo edificio, all’interno, si apre una nicchia quadrata. A Nuraxinieddu, il 14 maggio, si svolge la Festa di Santa Vittoria, che ha concorso a rivitalizzare una antica tradizione. Alle celebrazioni di carattere religioso, dopo un’interruzione di oltre un decennio, si sono uniti nuovamente dal 2000, per iniziativa delle donne del Comitato di Santa Vittoria, i festeggiamenti civili che si svolgono nei pressi della cappella. La Cappella sorge sui probabili resti del Nuraghe Nuracinigellu ossia del Nuraghe dalle pietre nereLa Cappella di Santa Vittoria poggia saldamente sopra pietre di basalto e arenaria che, probabilmente, sono i resti di una costruzione sorta nello stesso punto nel periodo nuragico. A livello di ipotesi potrebbe trattarsi del Nuraghe Nuracinigellu vale a dire il Nuraghe dalle pietre nere di basalto, da cui trae origine il nome dell’attuale paese. Un Nuraghe che comunque non dovrebbe essere di tipo evoluto, ma presentare aspetti più arcaici, se si considera che l’insediamento di cui fa parte si colloca agli inizi della civiltà nuragica. Nell’area circostante il Cimitero sono stati rinvenuti ben 523 oggetti in pietra, tra cui punte di freccia e di giavellotto e lame, che portano ad ascrivere il villaggio alla cultura Bonnanaro, che si è sviluppata secondo la cronologia calibrata tra il 2200 ed il 1300 avanti Cristo, e secondo una datazione più tradizionale tra il 1900 ed il 1300 avanti Cristo. Il nuovo CimiteroDalla SS292 Nord Occidentale Sarda, passato il chilometro 129.2, raggiungiamo una rotonda dopo la quale si entra all’interno dell’abitato della frazione con la via del Rimedio, che percorre tutto il paese da sud ovest a nord est, fino all’uscita in direzione della vicina frazione Massama. Percorsi circa seicento metri, proprio all’uscita dall’abitato, alla sinistra della strada si vede il muro di cinta con il cancello di ingresso del nuovo piccolo Cimitero di Nuraxinieddu. L’antico Cimitero è stato abbandonato nel 1934, e sostituito da quello attuale, posto lungo la via del Rimedio, che usciti dall’abitato riprenderà il nome di SS292 Nord Occidentale Sarda. L’insediamento nuragico di su Cungiau ’e FuntàSul retro del nuovo Cimitero comunle si trovava, l’Insediamento nuragico di su Cungiau ’e Funtà, un’area di frammenti fittili nel luogo di un insediamento nuragico dell’Età del Ferro. Le ricerche di superficie condotte negli anni settanta del novecento hanno documentato un sito frequentato dalla preistoria al medioevo, che è stato però ormai distrutto da lavori agricoli. Allo studio delle fasi nuragiche, già edito da tempo, si aggiunge ora quello delle età successive, ed in particolare delle fasi punica, romana, tardo-antica e altomedievale. Di particolare importanza risulta la frequentazione precoloniale documentata dalla presenza di anfore di tipo Sant’Imbenia, destinate a contenere vino. Per la fase punica, è stata documentata una fornace pirometallurgica, destinata alla lavorazione del rame. Il Campo Sportivo di NuraxiniedduDalla via del Rimedio, presa a destra la via San Giacomo la avevamo seguita per appena centocinquanta metri, poi avevamo svoltato a sinistra nella via Bologna, e dopo poco più di duecentocinquanta metri, eravamo arrivati dove parte a sinistra la via della Croce ed avevamo visto il cippo in ricordo di dove sorgeva la primitiva chiesa parrocchiale. Qui prendiamo, invece, a destra la SP91, la seguiamo per quattrocento metri e vediamo, alla destra della strada provinciale, l’ingresso del Campo Sportivo di Nuraxinieddu. All’interno di questo complesso sportivo è presente un Campo da Calcio e da rugby, non dotato di tribune per gli spettatori, nel quale fino a qualche anno fa si allenava e giocava le sue partite l’Asd Rugby Oristano. Poi il rugby si è trasferito a Torangius, e a Nuraxinieddu c'era il progetto di rimettere in piedi la Nembo, squadra di calcio che negli anni passati rappresentava il paese nelle competizioni regionali, ma le difficoltà hanno sormontato la buona volontà e il progetto era rimasto solo sulla carta. Oltre al Campo da Calcio, è presente un Campo da Calcetto, ossia da Calcio a cinque, anch’esso senza tribune per gli spettatori. La frazione Oristano denominata MassamaProseguiamo lungo la SS292 Nord Occidentale Sarda verso nord, e, dopo poche centinaia di metri, arriviamo alla frazione Oristano denominata Massama (altezza metri 9, distanza in linea d’aria circa 5.7 chilometri dal Municipio di Oristano sul livello del mare, abitanti circa 532), del cui nome la pronuncia corretta è Màssama, con l’accento sulla prima -A-, come nella parola italiana Màssima. Se usciamo dalla frazione Nuraxinieddu, subito dopo le ultime abitazioni di questa località, si vedono le prime di Massama, nella quale la prosecuzione della via Bologna di Nuraxinieddu assume il nome di via Carlo Emanuele. Il paese di Massama è situato nel Campidano settentrionale, al limite della zona di esondazione del fiume Tirso che scorre a circa due chilometri dall’abitato. Il territorio Comunale è pianeggiante, con rari rilievi, sono presenti alcuni Torrenti. Origine del nomeIl nome del paese Marsima, documentato dal 1357 al 1359, potrebbe essere di origine punica, e denominerebbe l’insediamento cartaginese i cui resti sono stati individuati presso il sagrato nell’oratorio delle Anime, ma è più probabile che il suo nome derivi da quello di una Statio romana, che sorgeva lungo la Via Maxima, l’antica strada massima o principale rispetto ad altre secondarie vicine, che congiungeva Tharros a Forum Traiani, ossia Fordongianus. Brevi cenni storiciI primi insediamenti umani risalgono al periodo preistorico, gli studiosi localizzano uno stanziamento nuragico che avrebbe ospitato un Nuraghe monotorre poi demolito, ed in seguito presso la zona denominata Montigu mannu un insediamento eneolitico. Massama ha origini romane e trae il nome da una Statio che sorgeva lungo la Via Maxima, l’antica strada che congiungeva Tharros a Forum Traiani ossia Fordongianus. Nel medioevo la villa giudicale di Massama entra a far parte del Giudicato d’Arborea ed è compresa nella curatoria del Campidano Maggiore. Nel 1410 entra a far parte del Marchesato di Oristano e vi rimane fino al 1477, quando il grande feudo viene sequestrato a Leonardo de Alagon e amministrato da funzionari reali. Nel 1652 si verifica un’epidemia di peste. Nel 1767 le sue rendite civili entrano a far parte del Marchesato d’Arcais, feudo dei Nurra. Nel 1821 è inclusa nella Provincia di Oristano, e finalmente nel 1836 viene liberata dalla dipendenza feudale. Nel 1848 sono abolite le province, e Massama entra a far parte della divisione amministrativa di Cagliari, e nel 1859 della omonima rinnovata provincia. Nella notte tra 8 e 9 febbraio 1917 una esondazione del fiume Tirso, dopo giorni di piogge, provoca il crollo di 34 abitazioni e l’allagamento di quasi tutte le restanti. In seguito, nel 1927, Massama venne inserita nel comune di Oristano come sua frazione. La frazione Massama faceva parte del territorio della Provincia di Cagliari, ma con l’istituzione nel 1974 della nuova Provincia di Oristano, entra a far parte del territorio della nuova provincia. La sua economiaLa frazione Massama ha un’economia di tipo agropastorale ed il paese è situato in una campagna particolarmente fertile e verde, data la prossimità del fiume Tirso. Il terreno è fertile ed adatto alle coltivazioni orticole nella zona verso il fiume Tirso e ai cereali, vigneti, oliveti e frutteti nella parte restante. Principali feste e sagre che si svolgono a MassamaTra le principali feste e sagre che si svolgono a Massama vanno citate, il 27 aprile la Festa di Santa Mariedda, che è la Vergine di Monserrat; il 15 agosto, la Festa di Santa Maria Assunta, patrona del paese, che è la festività principale; il 6 dicembre la Festa di San Nicola, il Santo al quale era intitolata la vecchia piccola chiesa campestre; nonostante la ricorrenza ufficiale di Santa Vittoria sia il 23 dicembre, l’ultima domenica di agosto si tiene la Festa di Santa Vittoria, che gli abitanti del paese considerano la patrona dei ragazzi scapoli, detti Is Bagadius, e delle ragazze nubili, dette Is Bagadias, e sono proprio questi ad organizzare i festeggiamenti religiosi e civili, coordinati da una giovane donna nubile detta Sa Priorissa. Il rudere della chiesa di San Nicola VecchioPercorsi sulla SS292 Nord Occidentale Sarda due chilometri e duecento metri dallo svincolo in località Rimedio, si trova alla destra della strada il Rudere della chiesa di San Nicola Vecchio che era stata edificata in epoca medioevale e probabilmente tardo romanica. Presso questa vecchia piccola chiesa campestre si celebrava, fino all’anno 1868, la Festa di San Nicola, ma in seguito la statua del Santo viene spostata nel paese, e in questa chiesa campestre si iniziano a seppellire i morti, facendola quindi divenire un Cimitero. Questo fino al 1928, quando viene inaugurato quello che è l’attuale Cimitero di Massama, e, nel corso degli anni, i morti vengono, quindi, spostati dalla chiesa di San Nicola Vecchio nell’ossario del nuovo Cimitero. Ma gli anziani del paese ricordano che, ancora negli anni quaranta del novecento, nella vecchia chiesa ormai abbandonata affioravano ossa e cumuli di teschi. L’accesso al sito nel quale si trovano i ruderi di questa chiesa campestre è di fatto impossibile perché risulta chiuso su un lato dalla SS292 Nord Occidentale Sarda, e sull’altro da terreni privati. La opertura della chesa è crollata, e la vegetazione selvaggia la sta inghiottendo. La chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Vergine AssuntaPassato il rudere della chiesa di San Nicola Vecchio, proseguiamo altri trecentocinquanta metri ed arriviamo a prendere a destra la via Casalini. Dopo poco più di duecento metri, troviamo, alla destra della strada, la piazza della chiesa, sulla quale si affaccia la chiesa dedicata a Santa Maria Vergine Assunta che è la chiesa parrocchiale della frazione, edificata nel quindicesimo secolo. La si può raggiungere anche dall’abitato di Nuraxinieddu, dove proseguiamo lungo la via Bologna che diventa la via Carlo Emanuele, e dopo seicento metri arriviamo nella piazza della chiesa, nella quale sulla destra di affaccia la chiesa parrocchiale. La chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta di Massama è una delle più belle di Oristano. Si tratta di un complesso architettonico che presenta una serie di motivi di varia fattura. Nella chiesa si mischiano infatti vari stili, da quello gotico catalano, a quello rinascimentale ed a quello barocco. La facciata, è arricchita dall’unica parte rimasta originale, il particolare portale del 1750, scolpito in trachite rossa, mentre all’interno sono presenti la fonte battesimale, vari marmi intarsiati e numerosi dipinti lignei. Presso questa chiesa si svolge il 15 agosto la Festa patronale di Santa Maria Assunta, che è la patrona del paese, la quale è la festività principale della frazione Massama, che si svolge con i suoi riti religiosi e con diverse manifestazioni civili. L’oratorio delle Anime nell’antica chiesa dedicata a San NicolaSulla piazza Santa Maria, alla sinistra della chiesa parrocchiale, si trova l’oratorio delle Anime che è l’antica chiesa di San Nicola. Il suo primo impianto risalirebbe all’epoca altomediovale, si ipotizza sia antecedente all’anno mille, mentre gli interventi successivi sono di epoca romanica, probabilmente della prima metà del tredicesimo secolo. L’attribuzione altomedievale della chiesa è data, oltre che dall’antica dedica al vescovo di Mira, dalle sue caratteristiche architettoniche, è, infatti, un piccolo edificio a croce greca. L’edificio, realizzato in conci di calcare e pietra vulcanica, ha pianta cruciforme, nel quale il braccio est è sostituito da un’ampia abside, caratterizzata dal profilo a ferro di cavallo, sia in pianta che in alzato. All’incrocio dei bracci si innalza un tiburio ottagonale, che nasconde quasi interamente la cupola. La facciata a spioventi presenta un paramento liscio privo di finestre o parti aggettanti, nel quale l’unica interruzione nella muratura in conci di arenaria e basalto di media pezzatura è rappresentata dal portale d’accesso, estremamente semplice. Il campanile non è dello stesso materiale della facciata, ma in mattoni cotti, fatto che induce a ritenere che sia stato aggiunto successivamente. Oggi la Festa di San Nicola si celebra il 6 dicembre, partendo dalla chiesa parrocchiale e si svolge all’interno dell’abitato. Il Campo Sportivo di MassamaRitorniamo lungo la SS292 Nord Occidentale Sarda e, passati i ruderi della chiesa di San Nicola Vecchio, proseguiamo verso nord est. Percorsi Duecentotrenta metri, svoltiamo a destra nella via Carlo Felice, la seguiamo per settecentotrenta metri e vediamo, alla sinistra della strada, il Campo Sportivo di Massama. Si tratta di un Campo da Calcio con fondo in erba naturale, che non è dotato di tribune in grado di ospitare il pubblico. La casa circondariale di MassamaRitorniamo lungo la SS292 Nord Occidentale Sarda e, passati i ruderi della chiesa di San Nicola Vecchio, proseguiamo verso nord est. Percorsi trecentocinquanta metri, arriviamo dove parte a destra la via Casalini, la seguiamo per poco più di duecento metri ed arriviamo nella piazza della chiesa, passata la quale la strada esce dall’abitato come SP9. Seguiamo la SP9 per quattrocento metri, poi svoltiamo a destra in una strada a traffico limitato che ci porta in località su Pedriaxiu. Percorsi settecentocinquanta metri lungo questa strada a traffico limitato, vediamo sulla sinistra l’ingresso della Casa circondariale di Massama, che è il carcere di Oristano aperto nel 2012. La struttura si compone di diversi fabbricati posti all’esterno del muro di cinta, che sono gli edifici della caserma e della direzione, un caseggiato a cui sono assegnati i detenuti in regime di semilibertà. Inglobate nel muro di cinta si trovano i locali portineria, armeria, sala regia, e l’area rilascio colloqui. Il Cimitero di MassamaRitorniamo lungo la SS292 Nord Occidentale Sarda e, passati i ruderi della chiesa di San Nicola Vecchio, proseguiamo verso nord est. Percorsi trecentocinquanta metri, arriviamo dove parte a destra la via Casalini, passata questa deviazione proseguiamo lungo la strada statale e, dopo poco più di duecento metri, vediamo alla sinistra della strada il muro di cinta con l’ingresso del Cimitero della frazione Massama. È questo il nuovo Cimitero, inaugurato nel 1928, nel quale, nel corso degli anni, i resti dei precedenti morti sono stati spostati dalla chiesa di San Nicola Vecchio nell’ossario del nuovo Cimitero. La frazione Torre Grande con lo sbocco sul mare di OristanoUscendo da Oristano lungo la SP56 verso nord ovest, arriviamo nella località denominata Rimedio della frazione Donigala Fenughedu, a 2.7 chilometri dal comune di Oristano. Allo svincolo prendiamo verso ovest la SP1, la quale, dopo sei chilometri, ci porta all’interno della frazione Oristano denominata Torre Grande (nome in lingua sarda Turri Manna, altezza metri 3, distanza in linea d’aria circa 10.9 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 436), la piccola borgata marina di Oristano, che costituisce il suo sbocco sul mare. Il paese, di origini moderne, si è sviluppato come centro residenziale estivo attorno intorno alla imponente torre costiera edificata in periodo aragonese, dalla quale prende il nome. É una località molto animata da locali e bar, concerti e spettacoli, ristoranti e sagre, mostre e mercatini. Origine del nomeLa frazione deve il nome alla piazza principale del piccolo centro turistico, fondato da agricoltori e pescatori, nel quale si erge l’omonima torre aragonese, la più grande della Sardegna, attorno alla quale è nata la frazione. Brevi cenni storiciCrocevia tra Cabras e Oristano, la frazione conosce da vicino il periodo dei grandi abusi edilizi costieri, con lo svilupparsi di una serie di baracche che collegavano l’abitato fino alla zona oggi adibita a porticciolo senza soluzione di continuità. Gli interventi recenti hanno portato al riordino del territorio occupato senza titolo ed alla quasi totale demolizione delle opere abusive. Inoltre la realizzazione del porticciolo e della sezione di Oristano dell’Istituto per l’ambiente marino costiero del Consiglio Nazionale delle Ricerche, hanno creato le premesse per un vero rilancio della frazione. La sua economiaIl primo nucleo di abitanti era dedito prevalentemente alla pesca e, in modo più marginale, all’agricoltura, mentre parallelamente aprono attività direttamente collegate alla pesca, tra le quali l’officina di un maestro d’ascia che è ancora oggi tra i pochissimi in attività in Italia. Principali feste e sagre che si svolgono a torre GrandeTra le principali feste e sagre che si svolgono a torre Grande va citata, il giorno di Ferragosto, la Festa patronale per l’Assunzione di Maria Vergine, con la processione a mare; manifestazioni folkloristiche, e fuochi d’artificio; in occasione di questa Festa si tiene anche, sul lungomare di Torre Grande, la Sartigliedda estiva, rievocazione della Sartiglia che è il torneo equestre di origine medievale, ossia una corsa alla stella che si corre l’ultima domenica e martedì di carnevale ad Oristano. La chiesa parrocchiale di Santa Maria Stella MarisPrima che la SP1 termini ed arrivi al mare, passato il cartello indicatore dell’abitato, si trova alla destra della strada il Campeggio di Torre Grande, passato il quale, a trecentocinquanta metri dal cartello segnaletico, sempre alla destra della strada si vede la facciata della chiesa di Santa Maria Stella Maris che è chiesa parrocchiale della frazione. La bolla di erezione della parrocchia è del 1955, ed il suo titolo è stato considerato molto adatto alla località marina, così come la scelta del 15 agosto come giorno della celebrazione della Festa patronale. La costruzione della chiesa inizia nel 1961 e si conclude nel 1963, quando la chiesa viene inaugurata. Il giorno di Ferragosto ricade la festività della Santa patrona della borgata marina di Torre Grande, ossia la Festa di Maria Stella Maris, che, come di consueto, viene onorata con i riti religiosi canonici che culminano con la processione a piedi dalla chiesa fino alla villa Alcyone, disegnato a propria immagine e somiglianza dall’oculista, poeta e benefattore oristanese Salvatore Baldino, che si trova nell’estremità del lungomare in direzione del porticciolo. Qui si celebra la messa al porticciolo turistico, e parte il corteo di barche per la spettacolare processione nelle acque del golfo di Oristano. In occasione della Festa patronale, si svolge anche la Sartigliedda estiva, rievocazione della Sartiglia che è il torneo equestre di origine medievale, eseguito sul lungomare di Torre Grande da mini cavalieri. La grande torre aragonese chiamata torre GrandeArrivata al mare, la SP1 termina nella bella piazza della torre, dalla quale prendiamo sulla destra la via Domenico Millelire. Percorsa per seicentocinquanta metri verso ovest, prendiamo a sinistra la trasversale via Napoli che, in un centinaio di metri, ci porta sul lungomare Eleonora d’Arborea, che fiancheggia la bella spiaggia di Torre Grande. Preso il lungomare verso sinistra, ossia in senso inverso verso est, lo seguiamo per seicentocinquanta metri, ed arriviamo di nuovo in piazza della torre, dove possiamo visitare la grande Torre, ossia la Torre Grande di Oristano, che è la maggiore delle quasi 105 torri costruite dagli Spagnoli nel sedicesimo secolo, edificata fra il 1542 ed il 1572 a difesa dell’approdo nel golfo di Oristano e per proteggere la foce del Tirso che poteva essere usato per raggiungere la città. Si tratta di una torre cilindrica che si trova di fronte alla spiaggia, a due metri sul mare. Costruita con blocchi lavici, è un’enorme struttura, con volta a cupola ed una scala interna alla muratura, che collega il terrazzo. La scala esterna ed un balconcino sopra l’ingresso, sono stati realizzati in un secondo momento. La spiaggia di Torre GrandeIl moderno borgo turistico di Torre Grande si sviluppa ai due lati della via Domenico Millelire, sia verso il mare che verso l’interno, e si trova alle spalle della lunga spiaggia di Torre Grande, la quale è stata formata dai depositi alluvionali del fiume Tirso, ed è la spiaggia preferita dagli Oristanesi. La spiaggia di Torre Grande, con un arenile della lunghezza di quasi tre chilometri, che si sviluppa lungo il lato meridionale del bel lungomare Eleonora d’Arborea, parallelo alla via Domenico Millelire, comincia, in direzione sud, subito sopra la foce del fiume Tirso, per terminare, in direzione nord, a ridosso del porticciolo turistico di Torre Grande, che verrà descritto un poco più avanti. La spiaggia di Torre Grande è caratterizzata dall’ampio arenile di una distesa di sabbia lunga circa tre chilometri, di colore tra il bianco e l’ambrato chiaro, con una granatura piuttosto fine e morbida al tatto, che si affaccia su un mare spesso poco trasparente, di un colore tra un azzurro chiaro cangiante ed il verde, con il fondale basso e sabbioso. Il mare è piuttosto calmo, grazie soprattutto alla particolare conformazione del Golfo di Oristano. La spiaggia è mediamente affollata anche in alta stagione, grazie alla vastità dell’arenile, ed in essa sono presenti diversi punti ristoro, con la possibilità di noleggiare attrezzature da spiaggia. Il litorale di Torre Grande è stato insignito anche per il 2018 della Bandiera Blu della Federazione Europea dell’Ambiente, che celebra non solo le migliori spiagge del nostro paese, ma anche quelle con i maggiori servizi sul territorio. Obiettivo principale del programma Bandiera Blu è quello di indirizzare la politica di gestione locale di numerose località rivierasche, verso un processo di sostenibilità ambientale. |
Alle spalle della spiaggia, si sviluppa l’abitato di Marina di Torre Grande, oltre ad una bellissima pineta, ed a varie strutture ricettive, con il market, l’edicola, ristoranti, pizzerie e altri locali notturni. Nelle sere d’estate, la località si anima di giovani provenienti da ogni parte della provincia, per andare ad affluire nei diversi locali e discoteche, per divertirsi nella vivace vita notturna oristanese. Nelle vicinanze sono presenti diversi campeggi e residence. Il porticciolo turistico di OristanoProseguendo oltre la spiaggia arriviamo al Porticciolo turistico di Oristano molto riparato, che si trova nella Marina di Torre Grande, al centro della costa occidentale della Sardegna. La struttura, grazie alla sua posizione, è meta ideale per visitare la parte ovest dell’isola con le sue spiagge e i suoi fondali ancora incontaminati. Il porticciolo turistico, in grado di ospitare circa 600 imbarcazioni, è gestito dalla società Marine Oristanesi, e si caratterizza anche per la presenza di numerosi servizi a terra, nautici e cantieristici. Il canale Scolmatore o canale di Pontis che porta alla peschiera di Mar ’e PontisDalla piazza nella quale si trova la torre, prendiamo verso nord est la via Cristoforo Colombo, la seguiamo per un chilometro e mezzo, ed incrociamo la SP6 che collega Cabras con San Salvatore del Sinis. La prendiamo verso sinistra, in direzione ovest, la seguiamo per un chilometro e duecento metri, poi prendiamo verso sinistra la strada che ci porta al Canale scolmatore ossia al Canale di Pontis che collega l’estremo inferiore dello stagno di Cabras con il mare e sbocca in prossimità del porticciolo turistico. Allo sbocco del canale nel mare, si trova la grande Peschiera di Mar’e Pontis dove si trova l’Ittiturismo Sa Pischera e Mar ’e Pontis. La peschiera, che è compresa all’interno di una fitta rete di canali che collegano lo stagno al mare, insieme alle altre dello stagno di Cabras, continua ad essere, come nel passato, una risorsa produttiva fondamentale per l’economia del paese. Al tempo del Giudicato d’Arborea, lo stagno e le sue peschiere fanno parte del demanio, e tali continuano a restare sotto il dominio aragonese e nei primi secoli della dominazione spagnola, fino a che, nel 1652, il re Filippo IV non vende i diritti di pesca a Girolamo Vivaldi, ed in seguiti, nel 1853, i Pasqua Vivaldi cedono gli stessi diritti alla famiglia Carta di Oristano. Dal 1982 lo stagno, acquisito dal demanio regionale, viene gestito da un consorzio di pescatori. Lo stagno laguna di Mistras con la sua peschieraProseguendo, la costa ha una ampia rientranza a formare una grande laguna salmastra. È lo stagno laguna di Mistras uno stagno che ha una forma stretta e allungata e si sviluppa parallelamente alla costa, e comunica col golfo di Oristano. Lo stagno ha una superficie di circa 600 ettari, è collegato direttamente con il mare da un’unica bocca, e non gode di apporti significativi di acqua dolce, come accade invece per lo stagno di Cabras. L’area stagnale presenta una profondità media di cinquanta centimetri, e risulta separata dal mare da depositi sabbiosi. Lo stagno abbonda di molluschi, ed in essa si trova un’altra importante peschiera, detta appunto la Peschiera di Mistas ed in corrispondenza del suo sbocco a mare vengono interrotti per trecento metri i depositi sabbiosi, il che assicura un discreto ricambio idrico, anche se durante i periodi estivi l’acqua marina stenta ad entrare dentro l’area stagnale con conseguente aumento della salinità. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio entreremo nel Guilcer e ci recheremo a visitare l’altopiano di Abbasanta, dove visiteremo Paulilatino e vedremo il villaggio nuragico ed il pozzo sacro di Santa Cristina, e ci recheremo poi a visitare i diversi siti archeologici in territorio di Paulilatino. |