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Santa Giusta con i rinvenimenti della necropoli e dei resti della città fenicia di Othoca e con il suo stagnoIn questa tappa del nostro viaggio, da Arborea ci recheremo a Santa Giusta che visiteremo con il suo centro nei quali sono stato rinvenuti la necropoli ed i resti della città fenicia di Othoca,e con i dintorni nei quali si trova tra l’altro anche lo stagno di Santa Giusta. La regione storica del Campidano di OristanoIl Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell’angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all’irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l’agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. In particolare, il Campidano di Oristano è una regione della Sardegna occidentale il cui territorio apparteneva anticamente al Giudicato d’Arborea. Si sviluppa interamente nella Provincia di Oristano, e comprende i comuni di Arborea, Baratili San Pietro, Bauladu, Cabras, Marrubiu, Milis, Narbolia, Nurachi, Ollastra, Oristano, Palmas Arborea, Riola Sardo, San Nicolò d’Arcidano, San Vero Milis, Santa Giusta, Siamaggiore, Siamanna, Siapiccia, Simaxis, Solarussa, Terralba, Tramatza, Uras, Villaurbana, Zeddiani e Zerfaliu. È un territorio caratterizzato dalla presenza di zone umide di altissimo interesse naturalistico, con specie faunistiche rare. In viaggio verso Santa GiustaDal centro di Arborea prendiamo verso nord la via Roma che esce dall’abitato come SP49, proseguiamo verso nord in direzione di Oristano e, dopo quasi dodici chilometri, arriviamo nell’abitato di Santa Giusta. Dal Municipio di Arborea a quello di Santa Giusta si percorrono 13.5 chilometri. Il comune chiamato Santa GiustaIl comune di Santa Giusta (nome in lingua sarda Santa Justa, altezza metri 10 sul livello del mare, abitanti 4.649 al 31 dicembre 2021) è un paese anticamente denominato Othoca e situato al centro del Campidano di Oristano. Si tratta di un centro rivierasco, di origine incerta, che alle tradizionali attività agricole ha affiancato un buon tessuto industriale. L’abitato è costituito da un insieme di case rustiche variopinte ai due lati della SS131 di Carlo Felice, cha passa accanto ad esso, si trova subito a sud della zona industriale di Oristano, e si sviluppa in prossimità del limite nord orientale del vasto stagno di Santa Giusta, ricco di anguille, le cui acque raggiungono il mare alla foce del fiume Tirso. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate, dato che si raggiungono i 775 metri di quota. Origine del nomeIl nome del paese ha origine dalla denominazione di una Santa, appunto Santa Giusta, cui è intitolata la sua cattedrale. La sua economiarelativamente al settore economico primario, il perno dell’economia locale è l’agricoltura, che rappresenta una fonte di sostentamento importante per la popolazione, e le coltivazioni più diffuse sono quelle di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, frutteti e agrumi. Si pratica anche l’allevamento, in particolare di bovini, ovini, equini, suini e avicoli. Il settore economico secondario risulta in forte crescita, dato che si registrano aziende che operano nei comparti della pesca, della piscicoltura, della produzione alimentare, dei laterizi, della fabbricazione di macchine per l’agricoltura, della metallurgia, della carta, della chimica, dell’industria estrattiva, del legno e dell’edilizia. L’artigianto si esprime soprattutto con la cestineria, la tessitura de il ricamo. Il terziario non assume dimensioni rilevanti. Santa Giusta, rinomata per la sua cattedrale, per le sue splendide spiagge e l’inestimabile risorsa rappresentata dallo stagno omonimo, attira un notevole flusso turistico sul posto. L’apparato ricettivo, comprendente vari agriturismi, offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciIl territorio è stato abitato già in epoca nuragica, come dimostrano i vari Nuraghi sparsi nel territorio. Si ritiene che il borgo sia stato fondato dai Fenici nella seconda metà dell’ottavo secolo avanti Cristo con il nome di Othoca, secondo quanto emerso dagli scavi condotti negli anni novanta del novecento sull’altura della cattedrale di Santa Giusta, dove aveva sede il suo abitato. Le ricerche nella cripta e nel settore sud del sagrato della cattedrale hanno, infatti, restituito importanti dati sulla facies arcaica dell’insediamento, che risulta sovrapposto alle strutture di un precedente centro nuragico. In età punica la città decade, ma non esistono per il periodo punico dati sufficienti per ricostruire la topografia del centro. Passato ai Romani con tutta la Sardegna e la Corsica, diviene un centro della Cristianità, tanto che nell’anno 130, sotto l’impero di Adriano, vengono martirizzate Giusta, Giustina ed Enedina, che verranno santificate. L’urbanistica della città romana non è nota, ma il rinvenimento di intonaci colorati e di tessere di mosaico negli scavi della cattedrale, e il materiale di spoglio riutilizzato all’interno di questa, lasciano ipotizzare l’esistenza di edifici romani con prospetti caratterizzati da colonne e portici. A seguito della caduta dell’impero romano d’Occidente, Othoca viene progressivamente abbandonata. Nel medioevo la popolazione si sposta nei pressi della chiesa romanica di Santa Giusta, edificata nella metà del dodicesimo secolo. Il villaggio di Santa Giusta fa parte del Giudicato di Arborea, nella curatoria del Campidano di Simaxis, e l’antico villaggio di Othoca assume questa nuova denominazione. In quel periodo il villaggio era ancora potente in termini politici ed economici, come dimostra il fatto che diviene il capoluogo di una diocesi, quella di Santa Giusta appunto. Nel 1164 il vescovo Ugo viene inviato dal giudice Barisone I d’Arborea a Pavia, presso Federico Barbarossa, per ottenere dall’imperatore l’investitura a re di Sardegna. Nel 1226 vi si tiene un importante sinodo della chiesa sarda per l’applicazione delle riforme decretate dal quarto concilio lateranense. Nel 1410, alla caduta del Giudicato, entra a far parte del marchesato di Oristano, fino a ad essere inglobato nel Regno di Sardegna aragonese a partire dal 1478, dopo la sconfitta di Leonardo Alagon, ultimo marchese di Oristano. Nel 1503 il paese poi si spopola per le continue incursioni barbaresche, dovute alla vicinanza al mare, che portano a frequenti assalti e saccheggi. La sede vescovile nell’anno 1502 viene accorpata dal papa Alessandro VI alla diocesi di Arborea, viene poi soppressa nel 1503 da papa Giulio II con la bolla Aequum reputamus, e confermata da un’altra bolla papale del 1515, che ne sancisce l’unione con l’arcidiocesi di Oristano. Nel 1637 a Santa Giusta, dopo la beffa dei soldati dalle brache gialle, vengono sconfitti i Francesi che, guidati dall’arcivescovo di Bordeaux, avevano occupato Oristano. Nel 1767, in epoca sabauda, il paese viene annesso dal re Carlo Emanuele III al marchesato d’Arcais, feudo dei Flores Nurra, ai quali viene riscattato nel 1839 con la soppressione del sistema feudale. Il comune di Santa Giusta nel 1927 viene aggregato al comune di Oristano, dal quale nel 1947 viene nuovamente separato. La diocesi di Santa Giusta viene di nuovo istituita nel 1968 come sede vescovile titolare, ossia come sede che continua a essere assegnata a un vescovo al quale però non si conferisce alcuna giurisdizione sul territorio che una volta le apparteneva. Del comune di Santa Giusta nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella di Oristano. La beffa dei soldati dalle brache gialleDurante la guerra dei Trent’anni, guerra di religione tra protestanti francesi e cattolici spagnoli che si prolunga dal 1618 al 1648, nell’inverno del 1637 sull’orizzonte del golfo di Oristano giunge una potente flotta francese costituita da 47 galeoni, che bombarda la torre costiera di Torregrande mettendo in fuga le due persone di vedetta, i quali danno l’allarme e permettono agli abitanti di lasciare la città. Sulle mure della torre, nella parte alta, sono tuttora visibili i grossi proiettili sferici infissi. Erano gli invasori protestanti francesi, gli Ugonotti riconoscibili dalle rigonfie branche gialle, Is Sordaus Grogus, guidati da Enrico di lorena, conte d’Harcourt, e da Henri d’Escoubleau de Sourdis, arcivescovo di Bordeaux. Entrano nella città in numero secondo le fonti tra i 5 e i 10mila, senza incontrare alcuna resistenza e la saccheggiano. Il colonnello sardo Nieddu, capito di non poter fronteggiare un nemico così numeroso senza prima assicurarsi l’arrivo di rinforzi, si dirige a Santa Giusta, dove raduna i soldati e la cavalleria sul colle della basilica, in attesa di aiuti. Erano i giorni di carnevale della Sartiglia, e nelle case degli oristanesi non mancavano dolci e vernaccia. Le strade prima deserte si riempiono di un esercito di Ugonotti ubriachi, ed è in questa occasione che l’ufficiale sardo Diego Masones, travestitosi da soldato ugonotto, riesce a penetrare nella città per rendersi conto della situazione e per studiare una strategia di difesa contro i nemici francesi. Lo stesso Diego Masones, insieme al colonnello Nieddu, mettono in atto la strategia della beffa, nella quale la cattedrale di Santa Giusta, situata in un colle alto rispetto alla città, è provvidenziale per la sua posizione geografica. La strategia consisteva nel ripetere più volte i giri dei miliziani a cavallo attorno al poggio della cattedrale di Santa Giusta in attesa dei rinforzi, e sollevando un gran polverone per mascherare l’esiguità delle truppe, evento che viene ricordato come Sa Benida è Is Sordaus Grogus. I Francesi, allarmati, credono a un massiccio assembramento di truppe e decidono di abbandonare la città. Ed i miliziani spagnoli e sardi, guidati dal governatore di Cagliari e tenente generale dei due Capi, Diego de Aragall, iniziano la controffensiva. Nieddu, Masones e le truppe giunte dal Capo di Sotto partono dal colle della basilica e, con uno scatto fulmineo a ventaglio, riescono a sferrare, vicino al Tirso, un micidiale attacco. La ritirata francese si trasforma in una rovinosa fuga, tanto che il conte d’Harcourt viene ferito e l’arcivescovo di Bordeaux costretto ad abbandonare il campo. Le principali feste e sagre che si svolgono a Santa GiustaA Santa Giusta svolge la sua attività il Gruppo Folk Mindizzu di Santa Giusta, un gruppo di piccoli ballerini nelle cui esibizioni sia nel paese che in altre località è possibile ammirare il costume tradizionale del posto. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Santa Giusta vanno segnalate in occasione della Pasqua, i riti della Settimana Santa per la quale il giovedì si svolge la funzione in coena domini, ossia l’ultima cena, con il rito della lavanda dei piedi a dodici membri delle confraternite dello Spirito Santo e del Rosario, il Venerdì si svolge il rito de Su Scravamentu, lo schiodamento, ovvero la deposizione di Gesù morto dalla croce, e la domenica di Pasqua il rito de S’Incontru, con l’incontro della processione con il Cristo seguito dagli uomini, l’altra con la Vergine seguita dalle donne, fino all’incontro nella piazzetta di Sa Panga, dove diventano un unico flusso proseguendo verso la basilica; il 15 giugno, nella borgata rurale Cirras, si celebra la Festa di Sant’Antonio da Padova; il 24 giugno, nel quartiere Is Concias, si celebra la Festa di San Giovanni Battista; il 14 maggio, la Festa patronale di Santa Giusta; ad agosto, la regata de Is Fassonis; la terza domenica di settembre, la Festa di Santa Severa, preceduta in piazza Othoca dalla manifestazione Malloreddando, la tradizionale Sagra dei Malloreddus, caratterizzata dalla degustazione dei malloreddus alla compidanese. La regata de Is FassoisDal 1978 a Santa Giusta, nel mese di luglio o di agosto, si ripete la tradizionale regata de Is Fassois, una manifestazione popolare che si svolge nelle sponde della laguna, la quale oltre ad arricchire di elementi storici e culturali l’ambiente lagunare, assume un alto valore di qualità ed esalta le doti di abilità e di antagonismo dei partecipanti. In occasione della regata, si svolgono numerose altre manifestazioni folcloristiche in grado di coinvolgere tutti i partecipanti, come ad esempio la Sagra della pasta e profumi di laguna, la Sagra del pesce arrosto, ed anche una Rievocazione storica del periodo nuragico. Is Fassois è il nome sardo delle primitive imbarcazioni utilizzate come strumento di lavoro dalle popolazioni nuragiche, fenicie e romane, costruite con fieno palustre abilmente intrecciato in modo da rendere appuntita la prua e tronca la poppa. Erano lunghe circa quattro metri, larghe una novantina di centimetri, con uno spessore del fondo di una trentina di centimetri. Originariamente i pescatori disponevano di una lunga asta chiamata Su Cantoni, che poggiavano sul fondo dello stagno per imprimere all’imbarcazione la spinta necessaria a scivolare nell’acqua, ed aveva anche la funzione di timone. Tali imbarcazioni hanno subito nel tempo una continua evoluzione, fino ad arrivare alla conformazione degli attuali Fassonis, più snelli ed agili, costruiti con l’estremità piegata verso l’alto. Nel nostro viaggio in Sardegna, visitando Baratili San Pietro che si trova anch’esso nel Campidano un poco più a nord di Oristano, ci eravamo recati nell’abitazione di un artigiano che ancora oggi costruisce Is Fassonis, e li abbiamo fotografati e abbondantemente descritti. Visita del centro di Santa GiustaL’abitato risulta seguire i canoni classici di impianto rurale, con l’andamento altimetrico tipico delle località di pianura, ed inoltre negli ultimi decenni è stato interessato da una forte crescita edilizia. Arriviamo a Santa Giusta da sud con la SP49 e, percorsi undici chilometri e duecento metri dal cartello segnaletico che indica l’uscita da Arborea, si inconta il sovrappasso sopra il rio Merd ’e Cani, al termine del quale si vede, alla destra della strada, il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato. I resti del Ponte romano di Santa GiustaSubito prima del sovrappasso sopra il rio Merd ’e Cani, alla sinistra della strada si vedono i resti del Ponte romano di Santa Giusta. In età romana, Othoca si era sviluppata come nodo di traffici, dato che nel suo territorio si unificavano due grandi arterie stradali, la centrale sarda a Karalis Turrem, che da Cagliari raggiungeva la moderna città di Porto Torres corrispondente più o meno all’attuale SS131 di Carlo Felice, che si unificava con la litoranea occidentale a Tibulas Sulcis proprio all’altezza del paese. A circa metà del percorso, questa strada si trovava stretta tra il Monte Arci ad est e un ampio territorio di stagni e paludi ad ovest. All’altezza della città di Othoca, per permettere l’attraversamento del rio Merd ’e Cani, che è lo sbocco dello stagno di Pauli Majori nello stagno di Santa Giusta, è stato costruito in epoca romana un ponte a più fornici, che è stato utilizzato per il passaggio di uomini e mezzi fino agli anni sessanta del novecento, quando è stato sostituito, in occasione dell’apertura del nuovo canale, dal moderno sovrappasso in cemento armato che gli corre a pochi metri di distanza. Ad oggi del ponte si conserva il fornice centrale e un passaggio più piccolo nel lato sud, mentre nella parte settentrionale è stato completamente distrutto dall’apertura del canale moderno che ne ha troncato l’estremità e il punto di aggancio con la riva nord. La struttura è costruita in trachite rossa di Fordongianus, e al di sotto dell’arcata maggiore presenta una pavimentazione fatta con basoli e una banchina realizzata con blocchi legati da grappe a farfalla, alcune delle quali in legno di rovere. Il ponte nella parte superiore ha subito alcune ristutturazioni e aggiunte, anche in cemento armato, mentre i paramenti e tutto il basamento non sembra abbiano avuto rimaneggiamenti significativi. A sud del ponte è ancora presente un tratto di basolato stradale. Il bronzetto nuragico rinvenuto nell’area del ponte romanoNel corso del 2012, uno dei dieci disoccupati di Santa Giusta impegnati nel cantiere sulle rive dello stagno assieme a due detenuti della Casa circondariale di Oristano e agli archeologi della Soprintendenza di Cagliari e Oristano e dell’Università di Sassari, mentre setacciava la terra appena rimossa, ha rinvenuto il bronzetto rinvenuto durante lo scavo del Ponte romano di Santa Giusta. alla responsabile del cantiere, al direttore dello scavo e agli archeologi Raimondo Zucca e Paolo Bernardini, la natura e il valore della scoperta sono apparsi subito chiari. Si tratta di un bronzetto di epoca nuragica che rappresenta una figura umana, forse un sacerdote, in posizione seduta, risalente alla prima Età del Ferro e quindi all’ottavo secolo avanti Cristo. Il bronzettosi riiene sia stato prodotto nella bottega di una comunità nuragica che aveva stretti contatti con le popolazioni levantine, fenicie, siriache arameiche, cipriote e altre del Mediterraneo orientale. Le altre particolarità sono le dimensioni e la tipologia della statuetta. Con i suoi diciassette centimetri, il bronzetto di Santa Giusta è considerato un gigante della categoria, e tra i seicento bronzetti conosciuti e studiati fino a un mese fa ce n'erano solo altri tre che rappresentavano una figura umana seduta. Secondo gli archeologi, il fatto che sia stato trovato tra le fondamenta del Ponte romano non deve meravigliare perché, quasi certamente, quelle fondamenta sono state costruite anche con le pietre sottratte a un Santuario nuragico, forse un pozzo sacro, che doveva sorgere non molto lontano, e nel quale si ritiene la statuina fosse custodita assieme ad altre, compresa quella della divinità. Il Campo Sportivo presso l’ENAPAppena passati i resti del ponte romano, si incontra il sovrappasso sopra il rio Merd ’e Cani e subito dopo si vede, alla destra della strada, il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato, passato il quale la strada provinciale entra nel paese con il nome di via Giovanni XXIII. Percorsi cinquecento metri, passata la sede dell’ENAP ossia dell’Ente Nazionale di Addestramento Professionale che si trova al civico numero 377 della via Giovanni XXIII, arriviamo a una rotonda, dove prendiamo la terza uscita e, alla sinistra della strada, vediamo l’ingresso del Campo Sportivo presso l’ENAP, nel quale è presente un campo da Calcio a undici, con fondo in terra battuta, che non è dotato di tribune per gli spettatori. Il Campo da Tennis DarsenaArrivati alla rotonda e presa la terza uscita, proseguiamo per un centinaio di metri ed arriviamo a un’altra rotonda, passata la quale proseguiamo dritti sulla via Darsena per circa centocinquanta metri e vediamo, alla sinistra della strada, l’accesso al Campo da Tennis Darsena. Si tratta di un campo da gioco, con fondo in materiali cementizi o asfaltoidi, che non è dotato di tribune per gli spettatori. Lo stagno di Santa GiustaPassato il Campo da Tennis, proseguiamo dritti sulla via Darsena, dopo duecento metri svoltiamo a sinistra nella strada che, in un centinaio di metri, ci porta in piazza Othoca, affaciata appunto sulla darsena dello stagno di Santa Giusta. L’abitato di Santa Giusta sorge, infatti, vicino al grande e pescoso stagno di Santa Giusta, con una superficie di ottocentotrentanove ettari e con una forma arrotondata, poco profondo, in media dai quaranta ai centoventi centimetri. L’origine dello stagno di Santa Giusta deriva dallo sbarramento, ad opera di dune litoranee, di avvallamenti naturali presenti nella pianura costiera, depressioni che sono state inizialmente colmate dalle acque dei corsi d’acqua che confluivano nel golfo, più in particolare dal fiume Tirso. Lo stagno di Santa Giusta, Sito di Interesse Comunitario, è per dimensioni il terzo stagno della Sardegna, ed in esso si pescano principalmente muggini, anguille, arselle, granchi, vongole, orate e spigole, che vengono utilizzati per realizzare prelibate pietanze tipiche del paese, come i muggini e le anguille arrosto, le anguille a scambecciu e incasada, la pasta cun cavuru cioè con il sugo di granchi. La pesca viene effettuata con reti da posta e bertovelli. È sempre stato uno stagno molto produttivo, vista l’elevata presenza di nutrienti, ma la produzione è diminuita negli ultimi anni. Lo stagno di Santa Giusta ha le acque dolci, è pescoso, ed ha una notevole avifauna. Gli afflussi di acque dolci provengono dal rio Pauli Figu, dal rio Pauli Majori e dal rio Merd ’e Cani, oltre alle acque di drenaggio di diversi canali di bonifica, ma i residui agricoli, urbani e industriali hanno notevolmente compromesso l’equilibrio dello stagno. Ad esso sono collegati, mediante stretti canali, alcuni altri piccoli bacini secondari chiamati Pauli, tra i quali il Pauli Majori ed il Pauli Figu situati sul suo lato orientale. In particolare, lo stagno di Pauli Majori, che si trova in prossimità di Palmas Arborea, da dove può essere raggiunto a piedi, ha una superficie di circa duecento ettari, è alimentato da acque dolci e da acque salmastre che vengono dal vicino stagno di Santa Giusta, ed è importante per i suoi canneti. Lo stagno di Santa Giusta comunica con il mare, come vedremo più avanti. In origine, la comunicazione dello stagno di Santa Giusta con il mare, si realizzava mediante la foce del fiume Tirso, e successivamente, nella seconda meta degli anni cinquanta del novecento, è stato scavato il Canale di Pesària, lungo circa tre chilometri, che permette la comunicazione diretta delle acque dello stagno con quelle del golfo di Oristano e sfocia in prossimità della foce del Fiume Tirso, dove è stato realizzato un moderno lavoriero, con struttura in cemento e griglie in pvc. Una seconda bocca, costituita dal canale del Porto Industriale, è stata aperta durante i lavori per la costruzione del porto di Oristano, mettendo in comunicazione la zona occidentale del bacino, con lo stesso Porto Industriale. Nel complesso il grado di salinità non raggiunge mai valori elevati. La testa di satiro in terracotta a stampo rinvenuta nello stagno di Santa GiustaNel corso del 2009 una équipe guidata da Ignazio Sanna, che ha condotto uno scavo subacqueo nello stagno di Santa Giusta, ha rinvenuto una testa in terracotta a stampo, solitamente indicata come la testa del Satiro di Othoca, che aggiunge un importante tassello alla conoscenza della scultura fittile circolante in Sardegna, e pone, al contempo, necessari interrogativi sui rapporti tra il centro di Othoca ed i rinvenimenti effettuati all’interno dello stagno, anche a notevole distanza dalla linea di riva. La testa si caratterizza per una elevata qualità tecnica e artistica, resa percepibile grazie all’ottimo stato di conservazione del reperto e alla freschezza della matrice utilizzata, apparentemente nuova e predisposta con ogni evidenza per una produzione non seriale di oggetti. Le dimensioni della testa sono a due terzi del vero. La testa rivela immediati e marcati caratteri negroidi, dato che i capelli circondano la fronte in file irregolari di ricci grossolanamente abbozzati, mentre la parte superiore della fronte e del capo risultano lisci e non completati, evidentemente in funzione della collocazione di un elemento decorativo del capo, da identificarsi con un corona o una fascia al centro della fronte, dove le file di ricci si trovano interrotte. L’elemento decorativo, in materiale differente, doveva forse essere saldato al capo attraverso un perno il cui alloggiamento dovrebbe essere identificato in un piccolo foro collocato al centro della parte sbozzata della testa. Dal punto di vista stilistico la testa si caratterizza per un accentuato realismo, spinto fino al dettaglio in alcuni particolari quali la sovrapposizione della pelle al contorno degli occhi, la minuziosa descrizione delle sacche lacrimali, l’accenno della chiostra dei denti all’interno delle labbra schiuse. Per quanto riguarda la cronologia di produzione del nostro esemplare, si sottolinea come soggetti caratterizzati da marcati caratteri negroidi risultino documentati diffusamente nella piccola plastica in terracotta di età ellenistica, con particolare riferimento alla produzione greco egizia. La chiesa di Santa SeveraPassata la rotonda che ci ha portati alla via Darsena, proseguiamo verso nord con la via Giovanni XXIII. A seicentocinquanta metri dal cartello segnaletico che ha indicato l’ingresso nell’abitato, si vede alla destra della strada la facciata della chiesa di Santa Severa, edificata nel seicento su un impianto preesistente di probabile origine medievale. Ma l’aspetto attuale non è quello originario, la chiesa ha infatti subito interventi di restauro nel 1985, per porre freno al processo di fatiscenza cui era soggetta. I lavori di restauro hanno determinato la revisione della copertura con fattura analoga all’esistente, compresa la sostituzione delle parti mancanti, con l’utilizzo di coppi alla romana ossia tegole in cotto, e con la rimozione dell’intonaco della facciata. Ciò ha consentito la messa in luce dei materiali utilizzati per la sua realizzazione che erano conci squadrati di arenaria chiara, probabilmente proveniente dalle cave del Sinis, mista a malta di cocciopesto. La facciata è costruita con grandi cantoni di arenaria tagliati e posti in opera con tecnica romanica. La facciata presenta un piccolo portale a doppia anta, con l’architrave in arenaria chiara e con una lunetta di scarico sormontata da un’apertura ottagonale. La copertura è a capanna sormontata da un piccolo campanile a vela. Gli ingressi sono tre, il principale affaccia sul fronte strada, altri due sui fianchi. Nel retro della chiesetta è visibile la piccola sagrestia di fattura moderna, prima metà del novecento, che si affaccia su un ampio piazzale. L’interno è improntato alla massima semplicità ed è privo di qualunque elemento decorativo. L’unica campata con copertura a botte, intonacata e dipinta di bianco, è tripartita da archi a tutto sesto con copertura a vela. Gli archi poggiano su lesene con funzione decorativa, e ad un’altezza di circa due metri e mezzo corre una modanatura che segue tutto il perimetro della chiesa escluso il lato d’ingresso. La zona presbiterale, coperta da una volta ogivale, è un esiguo spazio rettangolare sopraelevato di due gradini e anticipato da un arco a sesto acuto. L’unico elemento in aggetto è una cornice che corre all’imposta delle volte. Il presbiterio si collega attraverso una porticina posta sul lato destro alla sagrestia, accessibile anche dal lato esterno. La chiesa è illuminata dall’apertura ottagonale, sul fronte, e da quattro monofore presenti sulle pareti laterali. A Santa Giusta, la terza domenica di settembre si svolge la Festa di Santa Severa, preceduta da un triduo di preparazione, dedicato alla Santa con la celebrazione della messa, dal giovedì al sabato. La domenica le celebrazioni entrano nel vivo con processione a fine mattina per le vie del paese, anticipata da due funzioni religiose nella prima mattinata. Al termine della processione segue la messa con l’omelia, durante la quale canta il coro parrochiale di Santa Giusta. Grande spazio anche ai festeggiamenti civili, in piazza Othoca, dietro al Municipio. Si comincia il sabato, con la manifestazione Malloreddando, la Sagra dei malloreddus organizzata a cura della Pro Loco che offre a tutti i presenti i tradizionali malloreddus alla campidanese, il gustoso piatto di pasta tipica, accompagnato da abbondante vino locale. Seguono anche spettacoli musicali ed altre manifestazioni civili, ed alla sera della domenica si svolge lo spettacolo dei fuochi d’artificio. I resti della necropoli fenicio punica di OthocaLa chiesa di Santa Severa è stata edificata sopra l’importante necropoli meridionale dell’antico abitato di Othoca, una vasta necropoli utilizzata senza interruzioni a partire dall’epoca fenicia ossia dal settimo secolo avanti Cristo, fino alla prima età romana imperiale ossia al primo secolo dopo Cristo. Le prime indagini archeologiche su Othoca si devono a Giovanni Busachi, un antiquario che a partire dal 1861 ha effettuato ritrovamenti sull’altura dove sorge la chiesa, chiamata Is Forrixeddus ossia i piccoli forni, dove il sabbione alluvionale che costituiva la collina ha rivelato, a pochi centimetri dalla superficie, frantumi di carbone, ceneri e cocci di vasi. Liberata un’area sufficientemente ampia, il terreno è apparso costellato da fossette circolari ed ellittiche, colme di carboni antichissimi che erano serviti all’erosione dei cadaveri, secondo il principale rito funerario dei Fenici. Giovanni Busachi ha esplorato anche il sito che arriva al ponte romano, dove ha trovato alcune sepolture semplici dalle quali ha estratto vasetti e lucerne di terracotta di poca importanza, che sono stati i primi indizi della presenza di una necropoli. Attorno al 1892, l’avvocato Efisio Pischedda ottiene una concessione di scavo, incrementando in questo modo la propria collezione archeologica attualmente esposta nell’Antiquarium Arborense di Oristano. In seguito, la necropoli di Santa Giusta non viene più esplorata, finchché nel nostro secolo non vengono avviate opere di bonifica attorno allo stagno di Santa Giusta per evitare che le acque tracimino invadendo l’abitato, ed è così che nel 1910 si svolgono le ricerche di Antonio Taramelli e Filippo Nissardi, a seguito delle quali vengono rinvenute nuove tombe inviolate della medesima necropoli. Nel 1927 viene segnalata la scoperta, nel canale di Pesaria, che collega la laguna di Santa Giusta al Golfo di Oristano, di un’anfora, definita greca da Antonio Taramelli. In seguito, nel 1973, nei fondali della laguna di Santa Giusta vengono recuperate varie anfore fenicie e cartaginesi. Dal 1983 fino al 1992, le indagini riprendono a cura di Giuseppe Pau, Giovanni Tore e Raimondo Zucca, e riguardano la necropoli, il centro urbano e il porto lagunare. Infine recenti interventi di scavo del 2010 e 2011 si devono a Carla Del Vais e a Emerenziana Usai. La chiesa romanica di Santa Severa probabilmente copre ancora oggi alcune tombe antiche. Nella necropoli sono documentati i riti della cremazione, che è quella prevalente, ed anche il rito dell’inumazione. AI suo interno ha restituito varie tipologie di deposizioni, a partire dalle semplici fosse scavate nel terreno, ma anche a cassone con fossa rettangolare rivestita da lastre di arenaria, a sarcofago, a cista litica con urna fittile collocata all’interno di una cista quadrata in lastre di arenaria, ad enchytrismos con il corpo deposto all’interno di un vaso in terracotta in posizione rannicchiata, a fossa circolare, ellittica, rettangolare. Nel corso delle indagini scientifiche sono stati recuperati numerosi corredi funerari, che non raramente presentano vasi d’importazione greca ed etrusca, e documentano l’apertura commerciale dell’insediamento. La tomba a camera della necropoliÈ stata di eccezionale importanza la scoperta di una tomba a camera, riconducibile alla fine del settimo secolo avanti Cristo o alla prima metà del sesto secolo, formata da un cassone monumentale costruito con blocchi e lastre di arenaria del Sinis, lungo oltre due metri e profondo un metro e mezzo. Sul fondo della tomba giacevano due inumati, uno probabilmente di sesso maschile, l’altro femminile, con il capo rivolto a ovest e in posizione supina con le braccia lungo i fianchi. I due defunti erano coperti da resti evidenti di elementi lignei, attribuibili alle bare che dovevano proteggerne le spoglie. Presso il capo erano deposti alcuni vasi del ricco corredo ceramico, quali un’anfora da trasporto e altri contenitori solo in parte integri, mentre pochi altri manufatti si trovavano presso i piedi e sotto i corpi. Tra gli oggetti d’ornamento, va segnalato un diadema in argento ed oro, ancora posto attorno al capo della defunta. La tomba a camera rappresenta il pezzo più pregiato di tutta l’area di necropoli poiché di questi esemplari funerari risalenti al settimo secolo avanti Cristo esistono in tutto il Mediterraneo solo altri due esemplari, ubicati al sud della Spagna in prossimità di Malaga ed in Tunisia, ma la tomba di Santa Severa è quella che si trova nel miglior stato di conservazione. La sua architettura rappresenta un esempio straordinario di architettura e di ingegneria presente in tutto il Mediterraneo, ed il suo prezioso corredo funerario un esempio stupendo di oggetti ceramici ed in vetro di enorme valore archeologico. Sono da poco iniziati i lavori di restauro e consolidamento statico della tomba a camera, e recentemente sono stati intrapresi dal Comune di Santa Giusta lavori di sistemazione di tutte le strutture venute alla luce per poterne permettere la conservazione e la fruizione pubblica, lavori che si sono concretizzali nella costruzione di una struttura finalizzata alla copertura generale dell’area. Il Monumento ai caduti di Santa GiustaPassata la chiesa di Santa Severa, proseguiamo verso nord lungo la via Giovanni XXIII e, dopo quattrocento metri, svoltiamo a sinistra nella piazza dei Martiri nella quale, alla destra, si vede il Monumento ai caduti di Santa Giusta. Si tratta di un monumento in marmo ad arco, sotto il quale è presente un cippo anch’esso in marmo, sovrastato da un quadricipide in bronzo, ed in bronzo è anche una corona posta su un fianco. Il Monumento ai caduti di Santa Giusta è stato inaugurato il 4 novembre 1960 davanti ad una numerosa folla di ex combattenti. La piazza dei Martiri è stata abbellita e trasformata negli anni novanta del novecento, e nella stessa piazza di recente sono stati posizionati, su dei piedistalli appositamente realizzati come da indicazioni della Soprintendenza ai Beni Culturali, due cannoni spagnoli in ferro del seicento di un paio di metri ciascuno, facenti parte del sistema difensivo allestito per fronteggiare le incursioni dei Francesi. Sino agli anni ottanta i cannoni erano rimasti sulle rive dello stagno di Santa Giusta nella zona dell’idroscalo, e venivano utilizzati dai pescatori per ancorare le barche. In seguito i cannoni sono stati recuperati e collocati presso il boschetto Comunale di fronte allo stagno, ma restavano ancora incustoditi, allora sono stati messi al sicuro dietro la cancellata del sagrato della basilica. Adesso, finalmente, completato il restauro, due dei tre cannoni sono già stati posizionati davanti al monumento ai caduti, ed appena sarà completato il terzo piedistallo, anche l’ultimo cannone sarà collocato insieme agli altri due. Il Municipio di Santa GiustaAll’altro lato della piazza dei Martiri rispetto alla via Giovanni XXIII, ossia alla sinistra, passa la via Giuseppe Garibaldi e, proprio di fronte alla piazza, al civico numero 84 della via Giuseppe Garibaldi, si vede l’edificio che ospita il Municipio di Santa Giusta, nel quale si trova la sua sede e si trovano gli uffici che forniscono i loro servizio agli abitanti del paese. Si tratta degli uffici che fanno parte del Servizio Amministrativo, ossia gli uffici di Sport, Pubblica Istruzione, locazione, Hardware, Software; della Cultura e Biblioteca; della Segreteria e Politiche Comunitarie; dell’Anagrafe, stato civile, elettorale; e del Protocollo. Degli uffici che fanno parte del Servizio Tecnico e vigilanza, ossia gli uffici dei lavori pubblici; dell’Edilizia Privata; e della Progettazione, gestione e manutenzione delle Opere Pubbliche comunali. Degli uffici che fanno parte del Servizio Finanziario, ossia gli uffici di Tributi, Catasto, Economato e Contratti; di Trattamento economico e previdenziale del personale; e della Contabilità. Ed anche degli uffici che fanno parte del Servizio Sociale. L’Anguilla di Marte di Salvatore GarauDi fronte al Muncipio, guardando la facciata alla sua sinistra, si trova l’enorme scultura dell’Anguilla di Marte, che è un’estrema sintesi della cultura di Santa Giusta. L’opera, di forte impatto visivo, in breve tempo è diventata la scultura più popolare di tutta la Sardegna. Nata quasi per gioco dalla mente visionaria di Salvatore Garau, pittore e artista nato nel 1953 a Santa Giusta e noto anche con lo pseudonimo di Sal, con i suoi dodici metri di altezza svetta elegante nella piazza davanti al Municipio. Le sei tonnellate di ferro battuto, non mostrano pesantezza, ma suggeriscono la svelta e sinuosa forma di un’anguilla, quasi fosse pronta a inabissarsi del tutto sotto la terra per raggiungere il vicino stagno. La scultura sembra piombata da Marte, ossia da un altro pianeta, per far visita ai suoi cugini più piccoli, e per ricordarci che l’Arte ha il compito di stupire e di creare dialogo. E circa undici anni dopo il posizionamento della coda dell’Anguilla di Marte, a Santa Giusta spunterà anche la sua testa. Salvatore Garau ha deciso di realizzarla tre anni fa, quando si è trovato di fronte alla ceramica del Giovane Satiro, di elevatissima qualità tecnica e artistica, con marcati caratteri negroidi e una rara eleganza formale. In quel momento è nata l’idea di completare la scultura. Ed afferma Garau che «la testa dell’anguilla ha vagato per undici anni sotto una terra ricca di storia e civiltà, ed adesso spunta nervosa, tenendo tra i denti tracce del nostro passato, quasi a voler metterci in faccia chi siamo stati e a ricordarci da dove veniamo. È stata, la nostra, una terra di commercio, di ricchezza e incontri di tanti popoli che si avvicendavano nel Mediterraneo. L’Anguilla di Marte è un’opera che ha il compito di rammentarci che dimenticare le nostre origini è un’offesa al nostro presente che sta già diventando futuro». Il luogo dove verrà posizionata la testa dell’Anguilla è ancora segreto, ma sappiamo che la bocca aperta addenta due riproduzioni di teste elleniche, perfette copie del Satiro scoperto sotto la laguna durante gli scavi del 2009 e che abbiamo già descritto. La bella cattedrale di Santa Giusta Vergine e MartireLungo la via Giovanni XXIII, da dove abbiamo visto alla sinistra la piazza dei Martiri, proseguiamo verso nord e, dopo quattrocento metri, si apre alla destra della strada l’ampia piazza Giovanni XXIII, nella quale,su un’elevazione alberata del terreno, in riva allo stagno, si leva l’imponente cattedrale di Santa Giusta Vergine e Martire, che costituisce una tra le maggiori espressioni del romanico in Sardegna. Nessun documento conserva memoria della data di costruzione, ma si ritiena sia stata edificata in conci di arenaria tra il 1135 ed il 1145 per conto dei giudici d’Arborea, ed è stata per quattrocento anni la sede della diocesi omonima. Nel 1164 il vescovo Ugo viene inviato dal giudice Barisone I d’Arborea a Pavia, presso Federico Barbarossa, per ottenere dall’imperatore l’investitura a re di Sardegna. Nel 1226 presso questa cattedrale si tiene un importante sinodo della chiesa sarda per l’applicazione delle riforme decretate dal quarto concilio lateranense. La sede vescovile nell’anno 1502 viene accorpata dal papa Alessandro VI alla diocesi di Arborea, viene poi soppressa nel 1503 da papa Giulio II con la bolla Aequum reputamus, e confermata da un’altra bolla papale del 1515, che ne sancisce l’unione con l’arcidiocesi di Oristano. La diocesi di Santa Giusta viene di nuovo istituita nel 1968 come sede vescovile titolare, ossia come sede che continua a essere assegnata a un vescovo al quale però non si conferisce alcuna giurisdizione sul territorio che una volta le apparteneva. L’edificio, lungo circa ventotto metri, largo quattordici ed alto ventuno, è stato edificato in gran parte con conci di pietra prelevati da case e palazzi dell’antica Tharros, che sorgeva poco distante, ed è stato preso ad esempio per la costruzione di numerose altre Chiese in Sardegna. realizzato con grandi conci di pietra arenaria locale a vista, l’impronta pisana si nota per le somiglianze col duomo di Pisa. Lo stile è romanico, con influssi pisani, mentre nella facciata si notano tracce lombarde e in qualche particolare uno stampo arabeggiante. La facciata, in conci d’arenaria chiara, è tripartita da una grande arcata che poggia su due lunghissime lesene che si raccordano con due arcate minori. Essa inquadra un bel portale pisano i cui stipiti sono sormontati da un Leone e una Leonessa scolpiti in marmo bianco, affrontati per le terga, che adunghiano cervi. Le due fiere si caratterizzano per il senso naturalistico, tanto da differenziarsi per il sesso. Sopra l’architrave si apre una grandiosa trifora che fa filtrare una luce diffusa nell’interno austero e solenne. All’esterno i paramenti murari in calcare accuratamente lavorato spiccano per elementi di originalità rispetto ad altre fabbriche romaniche dell’Isola. Nei fianchi della chiesa gli specchi sono scanditi da lesene fortemente aggettanti, raccordate da ampi archetti. Il campanile è stato quasi interamente rifatto nel 1908, così come gli altri ambienti addossati al fianco sinistro. La struttura della chiesa non ha subito rimaneggiamenti nei secoli. La cattedrale ha un interno articolato in tre navate, quella centrale absidata con due ordini di colonne di reimpiego, sette per parte, tutte differenti, così come diversi sono i capitelli, quasi tutti marmorei di epoca romana, riutilizzati talvolta con rilavorazioni. La copertura è lignea nella navata principale, a crociera nelle navate laterali che scaricano su colonne. Presenta l’abside semicircolare orientata a sud est, che ha una cupola emisferica, ed in esso le lesene lasciano il posto a semicolonne, sormontate da capitelli sui quali si impostano gli archetti. Il presbiterio è molto elevato in quanto al di sotto vi si trova una ampia Cripta Santuario, che si dice sia stato il luogo dove sarebbe stata martirizzata la Santa. La Cripta, l’unica del romanico sardo costruita per intero in muratura, è articolata in quattro navatelle voltate a crociera, ed occupa un terzo del corpo della chiesa. A Santa Giusta ogni anno, il 14 maggio, si svolge la Festa patronale di Santa Giusta. I preparativi iniziano molto tempo prima, quandi gli uomini divisi in compagnie si recano sul Monte Arci per tagliare la legna con la quale allestire vari carri che, in passato, venivano trainati da buoi e asinelli, ed ora quasi completamente sono sostituiti da vecchi trattori dei primi del novecento. Il falò viene acceso la sera della vigilia. Fino ai primi anni sessanta i festeggiamenti quali canti, balli, gare di poesia, falò e le varie bancarelle si svolgevano nel piazzale antistante la basilica. Il giorno della Festa della Santa in mattinata si svolge una lunga processione per le vie del paese, durante la quale si recita il Rosario cantato in lingua sarda. In seguito si celebra la Santa Messa solenne accompagnata da Is coggius, il canto che narra le gesta della Santa. Nel pomeriggio viene portata di casa in casa la palma benedetta, simbolo del martirio. Nel quartiere di Is Olionis sono stati rinvenuti i resti di una struttura muraria dell’antica OthocaPartiamo dove dalla via Giovanni XXIII eravamo arrivati nella piazza Giovanni XXIII. alla sinistra della cattedrale di Santa Giusta parte la via Alessandro Manzoni, la seguiamo per centocinquanta metri, poi prendiamo a sinistra la via Giovanni Pascoli che, dopo una cinquantina di metri, prosegue nella via Michelangelo. Percorsi centoquaranta metri lungo la via Michelangelo, svoltiamo a sinistra nella via Eugenio Montale che ci porta all’interno di un quartiere residenziale nato, negli anni ottanta del novecento, in località Is Olionis. Dopo una cinquantina di metri lungo la via Eugenio Montale, passata a destra la prima traversa che è la via Ugo Foscolo, vediamo alla destra della strada un giardinetto di proprietà Comunale adibito a parco giochi per bambini, che si sviluppa fino alla successiva traversa a destra che è la via Edmondo De Amicis. All’interno del giardinetto un cartello indica che qui sono stati rinvenutinel 2013 i resti della struttura muraria dell’antica Othoca. Dalla via Eugenio Montale, svoltando invece a sinistra nella via Vittorio Alfieri, questa strada prosegue per centocinquanta metri fino a sboccare sulla via Salvatore Quasimodo, e tra le due strade sono stati rinvenuti nel 2019 altre strutture murarie dell’antica Othoca. Si ritiene, quindi, che l’antico abitato di Othoca si sviluppassesu un tozzo promontorio proiettato sulla laguna di Santa Giusta, che allora doveva presentarsi come un vasto e profondo golfo completamente navigabile I rinvenimenti del 2013Nel 2013, in base ad una ricerca effettuata dall’Università di Sassari, nell’area del parco giochi di via Eugenio Montale è stata individuata un’area nella quale indagini stratigrafiche hanno evidenziato una fase di riempimento moderno, che ha restituito una discreta quantità di manufatti antichi. Tra gli altri, uno spillone e alcuni frammenti di ceramica nuragica, piatti fenici, frammenti di anfore puniche, coppe e lucerne attiche a vernice nera, ceramica comune per lo più di età punica, ossidiana con tracce di lavorazione, fondi, orli e pareti di ceramica da fuoco, scarsa ceramica medioevale di produzione oristanese. Ma soprattutto, al di sotto dei riempimenti, è emersa una prima struttura muraria, realizzata con pietre di medie dimensioni, legate con malta di fango, che si ritiene appartenesse con tutta probabilità a un edificio pubblico dell’antica città fenicia di Othoca, ed è stata attribuita al settimo o sesto secolo avanti Cristo. Elementi dell’indagine sembrano indicare una frequentazione antropica, presumibilmente continuativa, a partire dall’ottavo e settimo secolo avanti Cristo, confermando l’ipotesi di un antico insediativo fenicio in località Is Olionis, successivamente abbandonato in età tardo punica e romana, quando la città si svilupperà intorno al colle della cattedrale. I rinvenimenti del 2019In seguito nel 2019, una serie di interventi di scavo della Italgas, in corrispondenza del lato occidentale di via Vittorio Alfieri che guarda verso un piccolo parco giochi, poco distante dall’angolo con la via Salvatore Quasimodo, ha intercettato alcune strutture murarie residue relative a due ambienti contigui, probabilmente pertinenti a una stessa unità abitativa. Inoltre, ad una quota di circa quaranta centimetri al di sotto dell’attuale manto stradale, sono state documentate tre strutture murarie costruite in pietrame di medie dimensioni tenute insieme da malta di terra di cui la principale, conservata per una lunghezza di circa sette metri, e sul lato occidentale della stessa si appoggiano perpendicolarmente altri due setti murari, messi in luce entrambi per una lunghezza di circa due metri. Tutte le strutture mostrano un paramento murario di circa sessanta centimetri di spessore e si conservano per un’altezza media residua di circa novanta centimetri e, almeno per quanto riguarda i due setti murari minori evidenziati fino alla base, poggiano direttamente sul terreno, senza fondazioni. Le murature indagate delimitano due ambienti, e di entrambi solo una parte è stata messa in evidenza dalle indagini poiché le strutture sembrano svilupparsi oltre l’area esaminata sia al di sotto dell’attuale marciapiede e dell’adiacente abitazione moderna, sia al di sotto della sede stradale. Il Campo da Tennis OthocaDalla via Vittorio Alfieri, prendiamo a sinistra la via Salvatore Quasimodo e, dopo un centinaio di metri, vediamo alla destra della strada l’ingresso del Campo da Tennis Othoca, che si trova sempre in località Is Olionis. Il campo ha fondo in materiali sintetici vari, e non è dotato di tribune. La Palestra Comunale di via Giuseppe VerdiDa dove, dalla via Alessandro Manzoni, avevamo preso la via Giovanni Pascoli che, dopo una cinquantina di metri, prosegue con la via Michelangelo, percorsi centoquaranta metri avevamo visto partire a sinistra la via Eugenio Montale. Proseguiamo lungo la via Michelangelo per una settantina di metri, e svoltiamo a destra nella via Giotto che, dopo un centinaio di metri, va ad immettersi nella via Giuseppe Verdi. Svoltiamo a sinistra nella via Giuseppe Verdi lungo la quale, dopo un altro centinaio di metri, si vede alla destra della strada l’ingresso dell’edificio che ospita la Palestra Comunale di Santa Giusta. Nella palestra, che è realizzata con fondo in materiali sintetici vari, ed è dotata di tribune in grado di ospitare 150 spettatori, è possibile praticare come discipline la ginnastica, la pallacanestro e la pallavolo. Gli impianti sportivi delle Scuole Elementari in via Dante Alighierialla sinistra della cattedrale di Santa Giusta parte la via Alessandro Manzoni che si dirige verso sud est, la seguiamo per cinquecento metri e poi svoltiamo a sinistra nella via Dante Alighieri. Seguiamo la via Dante Alighieri verso est per circa centosettanta metri, e vediamo, alla sinistra della strada, al civico numero 15, l’ingresso delle Scuole Elementari di Santa Giusta. All’interno di questo complesso scolastico è presente un Campo Sportivo polivalente, con fondo in materiali cementizi o asfaltoidi, che non è dotato di tribune per gli spettatori, e nel quale è possibile praticare come discipline il calcio, il calcetto ossia calcio a cinque, ed attività ginnico motorie varie. Gli impianti sportivi delle Scuole Medie in via Niccolò Copernicoalla sinistra della cattedrale di Santa Giusta parte la via Alessandro Manzoni che si dirige verso sud est, la seguiamo per duecentosessanta metri e poi svoltiamo a sinistra nella via Indipendenza. Percorso un centinaio di metri svoltiamo di nuovo a destra e prendiamo la via Niccolò Copernico, e vediamo dopo una sessantina di metri, alla sinistra della strada, l’ingresso delle Scuole Medie di Santa Giusta. All’interno di questo complesso scolastico sono presenti un Campo di basket e pallavolo, nel quale è possibile praticare come discipline la pallacanesto, la pallavolo, il pallatamburello, ed attività ginnico motorie varie; una Pista da atletica, nella quale praticare come discipline le corse su pista; una Pista per il salto in alto; ed una Pista per il salto in lungo. Il campo di basket e pallavolo e le piste sono dotati di fondo in materiali cementizi o asfaltoidi, e non sono dotati di tribune per gli spettatori. Il Cimitero Comunalealla sinistra della cattedrale di Santa Giusta parte la via Alessandro Manzoni che si dirige verso sud est, la seguiamo per duecentosessanta metri e poi svoltiamo a sinistra nella via Indipendenza. Percorsi trecentocinquanta metri, la via Indipendenza passa con un viadotto sopra la linea ferroviaria che si dirige verso Oristano. Proseguiamo per altri quasi trecento metri e, prima di uscire dall’abitato, svoltiamo a sinistra nella via del Cimitero, lungo la quale, dopo una novantina di metri, si vede alla sinistra il portale di ingresso del Cimitero Comunale di Santa Giusta. Proseguendo, la via del Cimitero costeggia tutta la facciata del complesso cimiteriale, poi svolta verso sinistra e passa accanto alla sua fiancata orientale. Il Campo Sportivo Comunale in localtà Is Concias e gli impianti sportivi di via Angioyalla sinistra della cattedrale di Santa Giusta parte la via Alessandro Manzoni che si dirige verso sud est, la seguiamo per duecentosessanta metri e poi svoltiamo a sinistra nella via Indipendenza. Percorsi trecentocinquanta metri, la via Indipendenza passa con un viadotto sopra la linea ferroviaria che si dirige verso Oristano. Proseguiamo lungo la via Indipendenza, alla sinistra della quale si sviluppa il quartiere residenziale Is Concias. Percorso altri quasi trecento metri e, prima di uscire dall’abitato, seguendo le indicazioni svoltiamo a destra nella strada che porta al Campo Sportivo Comunale del quartiere Is Concias. Il Campo Sportivo ospita il Campo da Calcio Comunale, con fondo in erba naturale, dotato di tribune in grado di ospitare fino a 600 spettatori. All’interno di questo campo da Calcio gioca le sue partite casalinghe la squadra del Santa Giusta Calcio, che è una squadra partecipante al campionato di calcio di Promozione, nel Girone B in Sardegna. Da dove la via Indipendenza è passata con un viadotto sopra la linea ferroviaria che si dirige verso Oristano, proseguiamo lungo la via Indipendenza, alla sinistra della quale si sviluppa il quartiere residenziale Is Concias e, dopo un centinaio di metri, svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Eleonora d’Arborea, percorriamo centocinquanta metri e poi prendiamo a sinistra la via Angioi, alla sinistra della quale, dopo centoquaranta metri, si vede l’edificio che ospita gli impianti sportivi di via Angioy. All’interno di questo complesso sportivo è presente la Palestra Comunale, con fondo in materiali cementizi o asfaltoidi, che però non è dotata di tribune per gli spettatori, di praticano come discipline il tennis, la pallatamburello, il tiro con l’arco, ed anche altre attività diverse. Accanto alla Palestra Comunale, nel complesso sportivo è presente anche un Campo da Calcetto, con fondo in erba sintetica, pure esso non dotato di tribune per gli spettatori, nel quale è possibile particare come discipline il calcio ed il calcetto, ossia calcio a cinque. La Cappella dedicata a San Giovanni Battista in localtà Is ConciasDa dove la via Indipendenza è passata con un viadotto sopra la linea ferroviaria che si dirige verso Oristano, proseguiamo lungo la via Indipendenza, alla sinistra della quale si sviluppa il quartiere residenziale Is Concias e, dopo un centinaio di metri, svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Eleonora d’Arborea, percorriamo duecentosessanta metri e vediamo, alla destra della strada, la piccola Cappella dedicata a San Giovanni Battista, eretta recentemente in onore del Santo. Ogni anno il 24 giugno, nel quartiere Is Concias, si celebra la Festa in onore di San Giovanni Battista, per la quale dalla basilica di Santa Giusta parte la processione che si reca direttamente nel quartiere, per fermarsi dinnanzi alla piccola Cappella eretta in onore del Santo. Dopo la processione si celebra la Santa Messa all’aperto e la notte si svolge la Sagra della pecora bollita chiamata anche la Sagra della pecora in cappotto, gestita dal Comitato che si occupa dell’organizzazione della festa. La notte della vigilia, ossia la tra il 23 e 24 giugno, si accendono piccoli fuochi in onore di San Giovanni Battista sui quali i giovani si divertono a saltare. Ciò avviene presumibilmente fin dal tempo della peste del seicento. I cadaveri ed il vestiario di chi veniva contaminato e gli animali morti venivano bruciati. Perciò con il rito di saltare il fuocherello e rimanere illesi, si scongiurava, secondo le credenze popolari, il contagio. Visita dei dintorni di Santa GiustaPer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Santa Giusta, sono stati portati alla luce i resti di un pozzo nuragico in località Ponte de Gecca, dove una pietra basaltica lavorata è indizio dell’esistenza di un pozzo nuragico nelle vicinanze; dei Nuraghi semplici Nuraciana, Nuragheddu, Sant’Elia con l’insediamento preistorico edificato nelle vicinanze; e del Nuraghe complesso di Santa Giusta. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Dal quartiere Is Concias raggiungiamo la frazione Corte Baccasalla fine della nostra visita all’abitato di Santa Giusta, ci eravamo recati nel quartiere Is Congias, dove avevamo visitato gli impianti sportivi e la Cappella dedicata a San Giovanni Battista. Da dove avevamo preso la via Eleonora d’Arborea, la seguiamo per trecento metri, poi svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Amsicora, che esce dall’abitato. Poco più di un chilometro, la via Amsicora arriva a un incrocio dove, prendendo leggermente a sinistra verso nord ovest, arriviamo al cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno della frazione Corte Baccas (altezza metri 8 sul livello del mare, distanza in linea d’aria circa 1.43 chilometri, abitanti circa 76). Si tratta di una piccola borgata rurale del comune di Santa Giusta, le cui prime abitazioni si trovano lungo la via Amsicora, circa duecentocinquanta metri più avanti. A Corte Baccas vediamo il Galoppatoio Pino SannaArrivando alla frazione Corte Baccas lungo la via Amsicora, all’incrocio subito prima del cartello segnaletico che indica l’ingresso nella frazione, prendiamo tutto a destra, ossia verso sud est, la strada bianca, alla sinistra della quale si trovano gli ingressi del Galoppatoio di Corte Baccas intestato a Pino Sanna, primo presidente dell’Associazione Cavalieri Sa Sartiglia. Si tratta di un’ampio spazio che costituisce la pista ad anello che viene utilizzata in diverse occasioni, per manifestazioni ed esibizioni ippiche, e viene utilizzata soprattutto come pista di allenamento dai cavalieri per la preparazione della Sartiglia di Oristano. Passata l’Area Artigianale di Santa Giusta raggiungiamo la frazione Cuccuru dè Portu con i suoi impianti sportiviDal centro di Santa Giusta, prendiamo la via Giovanni XXIII all’altezza della piazza del Martiri e la seguiamo verso nord dove, dopo circa ottocento metri, subito dopo che alla sinistra della strada sia presente il cartello di benvenuti a Santa Giusta, arriviamo a uno svincolo, dove a destra ossia verso est parte la via Eugenio Corrias. alla destra della via Eugenio Corrias, ossia verso sud, si sviluppa l’Area Artigianale di Santa Giusta, alla quale si accede con le doverse traverse presenti sulla destra della via Eugenio Corrias, mentre alla sinistra, ossia verso nord, si sviluppa la frazione di Santa Giusta chiamata Cuccuru dè Portu. Passato lo svincolo dal quale è partita la via Eugenio Corrias, proseguiamo verso nord per altri trecento metri, e poi svoltiamo a destra nella via Giacomo Puccini, che ci porta all’interno della frazione Cuccuru dè Portu (altezza metri 10 sul livello del mare, distanza in linea d’aria circa 1.30 chilometri, numero di abitanti indeterminato), che si sviluppa verso est fino alla via Gaetano Donizzetti, la quale dopo trecento metri, superata la linea ferroviaria, entra nell’abitato di Oristano con il nome di via Sa Sartiglia. All’interno della frazione, si sta erigendo la chiesa dedicata alla Madonna del Rosario. Da dove abbia preso la via Giacomo Puccini, la strada poco dopo svolta a destra e subito più avanti a sinistra riprende a dirigersi verso est. Percorsi centosettanta metri lungo la via Giacomo Puccini, prendiamo a destra la via Silesu alla sinistra della quale si trovano gli impianti sportivi di Cuccuru dè Portu. Subito si trova un primo cancello, poi, dopo un centinaio di metri, si trova il principale cancello di ingresso al complesso sportivo. All’interno di questo complesso sportivo sono presenti una Pista da pattinaggio, con fondo in materiali cementizi o asfaltoidi, nella quale è possibile praticare come discipline l’hockey ed il pattinaggio a rotelle; un Campo da Calcetto, con fondo in terra battuta, nel quale praticare calcio e calcetto, ossia calcio a cinque; ed un Campo da pallatamburello, anch’esso con fondo in terra battuta, nel quale praticare come disciplina la pallatamburello. Questi impianti sportivi non sono dotati di tribune per gli spettatori. I campi da Calcetto e da pallatamburello sono stati fotografati in un periodo di forte abbandono, coperti di erbacce. La borgata rurale Cirras con la Cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova ed i suoi impianti sportiviDal centro di Santa Giusta prendiamo verso sud la via Giovanni XXIII che, passato sovrappasso sopra il rio Merd ’e Cani, esce dall’abitato con il nome di SP49 e si dirige verso Arborea lasciando alla sua destra lo stagno di Santa Giusta. Seguiamo la SP49 per circa tre chilometri e mezzo e vediamo, alla sinistra della strada provinciale, il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno della borgata Cirras (altezza metri 10 sul livello del mare, distanza in linea d’aria circa 9 chilometri, abitanti circa 184), mentre alla destra della strada provinciale si trovano le spiagge di Santa Giusta. Ciras è una borgata rurale in cui abitato è fortemente distribuito, dato che è costituita da una diecina di poderi agricoli e numerose altre case sparse. Presa dalla SP49 la deviazione indicata dal cartello segnaletico che porta nella borgata Cirras, la seguiamo per trecentocinquanta metri, poi svoltiamo a destra e, dopo circa un chilometro, vediamo alla destra della strada un ampio parco, all’interno del quale si trova la piccola Cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova. Immersa nel mezzo della pineta, la chiesa è stata costruita negli anni cinquanta del novecento, grazie all’interessamento dell’Ente regionale di Sviluppo e Assistenza Tecnica in Agricoltura, e degli stessi abitanti della borgata Cirras. È in progetto una ristrutturazione della chiesa, che prevede anche il suo ampliamento. Ogni anno la domenica più vicina al 13 giugno, nella borgata rurale Cirras, si celebra la Festa di Sant’Antonio da Padova, per la quale si svolge la processione che percorre le strade della borgata, per fermarsi dinnanzi alla piccola Cappella eretta in onore del Santo. Dopo la processione si celebra la Santa Messa all’aperto. All’interno del parco in cui si trova la Cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova si trovano anche gli impianti sportivi della borgata Cirras, nei quali sono presenti un Campo da Calcetto, con fondo in erba sintetica, nel quale praticare calcio e calcetto, ossia calcio a cinque; un Campo da beach volley, anch’esso con fondo in erba sintetica, nel quale praticare pallavolo e beach volley; ed un Campo da Tennis, con fondo in materiali cementizi o asfaltoidi. Questi impianti sportivi non sono dotati di tribune per gli spettatori. Il campo da beach volley è stato fotografato in un periodo di forte abbandono, coperto di erbacce. Dalla Cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova e dagli impianti sportivi, proseguiamo verso sud con la strada che ci ha portati fino qui. La strada, dopo settecento metri, sbocca su una traversale che prendiamo verso sinistra, ossia in direzione est. Si tratta di una strada chiusa al traffico esclusi i veicoli autorizzati, che seguiamo per altri settecento metri e vediamo, alla sinistra, una strada bianca sterrata che porta al circuito del Crossodromo Cirras di Santa Giusta, dotato di una pista in terra e sabbia lunga quasi un chilometro e mezzo, nel quale è possibile praticare come disciplina il motocross. Il Porto industriale di Santa Giusta che costituisce il porto di OristanoDal centro di Santa Giusta prendiamo verso sud la via Giovanni XXIII che, passato sovrappasso sopra il rio Merd ’e Cani, esce dall’abitato con il nome di SP49 e si dirige verso Arborea lasciando alla sua destra lo stagno di Santa Giusta. Seguiamo la SP49 per circa tre chilometri e poi, seguendo le indicazioni per il porto indistriale, svoltiamo leggermente a destra e prendiamo la SP97. Seguiamo la SP97 e, dopo tre chilometri e duecento metri, seguendo le indicazioni per la Dogana, svoltiamo a sinistra e prendiamo la strada che, in circa un chilometro, ci porta al Porto industriale di Santa Giusta, che è il porto del Consorzio Industriale di Oristano, in quale si trova in località Cirras, nel territorio del comune di Santa Giusta. La spiaggia di Abba Rossa conosciuta anche come spiaggia di CirrasLungo la costa, a sud rispetto al Porto Industriale, si trova la spiaggia di Santa Giusta. Per raggiungerla il modo più semplice è, da dove abbiamo preso la SP97, seguirla per un chilometro e trecento metri, poi svoltare a sinistra nella strada che si dirige verso la costa. Dopo un chilometro e novecento metri, svoltare a sinistra e, dopo altri trecento metri, di nuovo a sinistra prendendo il lungomare Sassu, fino a raggiungere la spiaggia di Abba Rossa, conosciuta anche come spiaggia di Cirras. Il lungo arenile è delimitato a nord dal Porto Industriale, e a sud dallo stagno S’Ena Arrubia, che abbiamo già visto quando abbiamo visitato il paese chiamato Arborea. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Santa Giusta ci recheremo a Palmas Arborea che visiteremo con il suo centro ed i suoi dintorni nei quali si trovano lo stagno di Pauli Majori e la foresta di Sa Dispensa. | ||||
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