San Vito con la frazione San Priamo ed i dintorni dove si trova il Nuraghe Asoru
In questa tappa del nostro viaggio, da Muravera, passato Capo Ferrato e lo stagno Colostrai, ci recheremo a San Vito che visiteremo con il suo centro, con la frazione San Priamo, e con i dintorni dove si trova il Nuraghe Basoru. Il Sarrabus nella regione storica del Sarrabus-GerreiIl Sarrabus-Gerrei è la regione storica della Sardegna sud orientale che anticamente, come territorio, apparteneva al Giudicato di Càralis, alle Curatorie di Sarrabus, Colostrai e Gerrei. Il Sarrabus-Gerrei viene distinto nei due territori del Gerrei all’interno, caratterizzato dalla pastorizia, e del Sarrabus, verso la costa e verso sud, agricolo e turistico. Il territorio del Sarrabus confina a nord con il Salto di Quirra e il massiccio del Cardiga, a ovest con il Gerrei, a est con il mar Tirreno a sud con il massiccio di Sette Fratelli, il monte Arbu, il monte Minniminni e Capo Carbonara. I comuni del territorio del Sarrabus sono Burcei, Castiadas, Muravera, San Vito, Villaputzu e Villasimius. Burcei si trova ai confini del Campidano di Cagliari con il Sarrabus, per cui da alcuni viene indicato come appartenente alla prima regione ma noi preferiamo attribuirlo alla seconda. Il territorio è occupato da punte come il massiccio dei Sette Fratelli, dalle quali si arriva rapidamente, attraverso valli boschive, a quote al livello del mare o con scarpate scoscese o con spiagge, stagni, piccole pianure alluvionali nelle quali si incontrano anche numerosi stagni di varia grandezza tra i quali il più importante è quello di Colostrai. Una deviazione a San VitoUsciti da Muravera, riprendiamo la SS125 Orientale Sarda verso nord. Dopo circa un chilometro svoltiamo a sinistra sulla SS387 del Gerrei, che verso nord ovest, in tre chilometri e mezzo, ci porta all’interno del paese San Vito. Dal Municipio di Muravera a qyello di San Vito si compiono 4.8 chilometri. Il comune chiamato San VitoIl comune chiamato San Vito (nome in lingua sarda Santu ’Idu, altezza metri 13 sul livello del mare, abitanti 3.436 al 31 dicembre 2021) è un borgo agricolo e pastorale che si estende nella parte centro orientale del territorio della Provincia del Sud Sardegna, nell’entroterra della costa, nella bassa valle del fiume Flumendosa. È grazioso ed in bella posizione, anche se distante sette chilometri dal mare, situato in una piana ai piedi della Serra Matta de Abramu, ed è facilmente raggiungibile dalla SS387 del Gerrei, che attraversa l’abitato. Il territorio Comunale, che è occupato dal Monte del Sarrabus e dal Monte dei Sette Fratelli, che caratterizzano il paesaggio, presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate, dato che si raggiungono i 1.016 metri di quota. A pochi chilometri da San Vito si trovano la foce del fiume Flumendosa e lo stagno di Sa Praia, patria di numerose specie vegetali ed animali e fondamentali per il sostentamento economico e il settore ittico e agricolo del Campidano. Origine del nomeIl suo nome, che è la traduzione italiana della denominazione sarda Santu Idu riflette quello del Patrono, San Vito, il cui culto risale a epoca lontanissima. Si è trattato di un Santo nato nel terzo secolo e martirizzato nel 303 sotto Diocleziano con i Santi Crescenzio e Modesto. La guarigione dalla corea di Sydenham del figlio di Diocleziano, che lo faceva sembrare posseduto dagli spiriti del male, legò a lui per sempre il nome popolare di quella malattia nervosa di origine infettiva, detta appunto Ballo di San Vito. San Vito era molto venerato dai Cristiani, per il motivo che, come ha scritto il glottologo e linguista Carlo Tagliavini, Cadendo la sua festa, il 15 giugno, questa venne a coincidere colle feste del solstizio estivo in cui si facevano grandi balli all’aperto (i cosiddetti balli di San Vito). La sua economiaSi tratta di un centro collinare nel quale la fertilità del terreno ha favorito un’intensa coltivazione di agrumi, e la vicinanza con la costa ha incentivato fortemente il turismo. Il settore primario è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutta, ed anche con l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Accanto alle tradizionali attività agro pastorali, ha sviluppato il tessuto industriale, ed il settore economico secondario è costituito da imprese che operano nei comparti alimentare, della pesca e della piscicoltura, dei laterizi, metallurgico, dei mobili ed edile. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva. Sebbene non figuri tra le mete turistiche più celebrate della zona, presenta, comunque, valide attrattive sia archeologiche che paesaggistiche. Uscendo dal centro abitato è possibile costeggiare il Flumendosa che scorre ai piedi colline granitiche tra cui spicca il monte lora. Degno di una visita è, inoltre, il piccolo villaggio di San Priamo, con casette tipiche e dalla cui chiesa, situata a ridosso di una rupe, è possibile ammirare un vasto paesaggio che domina la piana del rio Picocca. Le strutture ricettive, che comprendono un agriturismo, offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno. Brevi cenni storiciIl territorio di San Vito è ricco di testimonianze del periodo prenuragico e nuragico come le domus de janas e i Nuraghi in esso presenti. Si trovano, inoltre, tracce puniche e romane. Nel Medioevo fa parte del Giudicato di Càralis, nella curatoria del Sarrabus. Nel 1258 passa ai Visconti di Gallura, per poi essere annesso nel 1303 ai territori d’oltremare del comune di Pisa. Conquistato dagli Aragonesi nel 1324, segue le vicende del Regno di Sardegna aragonese. Nel 1363 gli Aragonesi incorporano il paese nella conte di Quirra, data in feudo dal re d’Aragona Pietro IV il Cerimonioso a Berengario Carroz. La conte viene trasformata in Marchesato nel 1603, e San Vito ne fa parte. Il Marchesato è feudo prima dei Centelles, poi degli Osorio de la Cueva, ai quali viene riscattato nel 1839 con la soppressione del sistema feudale e diviene un comune autonomo. A partire dalla seconda metà dell’ottocento, lungo il filone argentifero del Sarrabus-Gerrei, che costituiva la seconda area per estensione del parco Geominerario della Sardegna, inizia l’attività estrattiva, e si realizza una decina i siti minerari che costituivano la Via dell’Argento. Agli inizi del ventesimo secolo ci lavoravano complessivamente più di 1500 minatori, due terzi nella sola miniera di Monte Narba. All’interno del palazzo Civico sanvitese, il Museo La via dell’Argento documenta storia e vita mineraria attraverso fonti orali, documenti, fotografie e oggetti di lavoro. Nel 2016 viene cambiata la Provincia alla quale appartiene, passando dalla Provincia di Cagliari alla nuova Provincia del Sud Sardegna. A San Vito ha sede l’Accademia delle launeddasUna Festa folkloristica sarda non è tale se non c’è ad accompagnarla la musica, e tra gli strumenti musicali tipici ci sono le Launeddas, uno strumento a fiato formato da tre canne di diverse misure e spessore, con in cima la Cabitzina dove è ricavata l’ancia. La canna più lunga, chiamata Basciu o Tumbu, ossia basso, è priva di fori e produce i suoni bassi e fornisce una sola nota, quella della tonica su cui è intonato l’intero strumento; la canna intermedia, chiamata Mancosa manna, produce le note dell’accompagnamento e viene legata con spago impeciato al basso; la canna più corta, chiamata Mancosedda, è una canna libera, che ha la funzione di produrre le note della melodia. A San Vito ha sede l’Accademia delle launeddas. I principali personaggi che sono nati a San VitoA San Vito sono nati, tra gli altri, l’editore e venditore di libri Antonio Cuccu ed il suonatore di launeddas Luigi lai. A San Vito è nato nel 1921 Antonio Cuccu, noto come Tziu Antoni, che è stato un editore e venditore di libri. Era un appassionato di poesia sarda e per questo motivo, visto che nessuno lo faceva, aveva deciso di fare l’editore per poter pubblicare le poesie sarde, che, come ha scritto lui stesso, lo hanno Aiutato a comprendere la vita. Ha pubblicato piccoli libri con gare poetiche antiche, che poi vendeva. Fa riflettere il fatto che, per poterle raccogliere, Tziu Antoni le ha anche trascritte. Ciò che pubblicava lo vendeva direttamente girando per i paesi dell’intera Isola, con una valigia e un lenzuolo che metteva in terra per poggiare i libretti. Così lui ha contribuito a far conoscere la poesia sarda degli improvvisatori, che cantavano Un bolu. Con questi preziosi libretti ci ha tramandato gare e ottave che diversamente sarebbero state perse per sempre. A lui è stata intestata la Biblioteca Comunale di Villa Verde in Provincia di Oristano che, in occasione del centenario della sua nascita, ha pubblicato il video che qui pubblichiamo. |
A San Vito è nato nel 1932 il famoso musicista Luigi lai, il quale sino da bambino si avvicina al mondo delle launeddas, frequentando grandi maestri del vicino paese di Villaputzu, ma questo strumento non è l’unico della sua formazione, suona, infatti, anche il sassofono presso l’Accademia musicale di Zurigo, dove approfondisce lo studio degli strumenti a fiato. Nel 1997 scrive, sia in italiano che in inglese, il Metodo per le launeddas, cercando così di trasmettere questa antica e tradizionale cultura alle nuove generazioni, secondo canoni specifici della musica folkloristica. Nel 2017 diviene anche insegnante di Conservato a Cagliari. Maestro del Folklore dal 1985, viene nominato Cavaliere della repubblica nel 1988, per essere poi insignito, nel 2014, del titolo di Ufficiale della repubblica. |
Le principali feste e sagre che si svolgono a San VitoA San Vito sono attivi due gruppi folkloristici, ossia l’Associazione Culturale Tradizioni Popolari San Vito ed il Gruppo Folk Santa Barbara di San Vito, nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale del luogo. Tra le principali feste e sagre che allietano il borgo e contribuiscono a richiamare visitatori dai dintorni si segnalano, la terza domenica di maggio, la Festa di San Giorgio, presso la sua chiesa campestre; il 15 giugno, la Festa di San Vito, che è la Festa patronale; a fine luglio, la Sagra di Sa Pratzida e de Sa Pezza de Craba; la prima domenica di agosto, la Festa di Santa Barbara; la penultima domenica di agosto, la Festa di San Lussorio; la terza decade di agosto, a San Priamo, la Sagra de su Pisci, ossia la Sagra del Pesce; sempre a fine agosto, in paese, Sa Cursa a su Coccoi, manifestazione in cui rientra anche il Palio degli Asinelli; la terza domenica di ottobre, si svolge la Festa di Santa Maria. La Sagra di Sa Pratzida e de Sa Pezza de CrabaA fine luglio si svolge la Sagra di Sa Pratzida e de Sa Pezza de Craba. Si tratta di un evento dedicato alla degustazione di uno dei piatti tipici del paese e della zona, Sa Pratzida, che è una sorta di focaccia tipica del paese, ripiena di melanzane, pomodori e cipolle, e questa focaccia viene accompagnato da Sa Pezza de Craba, ossia pezzi di carne di capra, e da bicchieri di buon vino. Ogni anno migliaia di visitatori affollano la piazza e le vie dove si tiene la sagra, per degustare questi piatti ed assistere agli eventi collaterali che vengono organizzati, come le sfilate dei gruppi folkloristici, le mostre, gli spettacoli di ballo, spettacoli musicali e concerti, accompagnati dal suono delle launeddas. È presente anche una e mostra mercato di prodotti tipici. La Sagra de su PisciNella terza decade di agosto si svolge, nella frazione San Priamo del comune di San Vito, la Sagra de su Pisci, ossia la Sagra del Pesce, una manifestazione che è resa possibile grazie al fondamentale impegno ed alla passione di soci e collaboratori. Vengono proposte le degustazioni gratuite di orate, spigole e muggini arrosto, cucinate sapientemente in maniera semplice e tradizionale, dove i sapori vengono esaltati e valorizzati, soddisfando anche i palati più fini ed esigenti. Ed il tutto viene accompagnato da un bicchiere di buon vino e dalla musica delle launeddas, della fisarmonica, dell’organetto ed altri strumenti musicali che fanno da cornice allo spettacolo folk. Sa Cursa a su CoccoiSempre a fine agosto, in paese, va in scena Sa Cursa a su Coccoi, un’esibizione equestre, ma anche una gara in cui i cavalieri devono percorrere la pista in velocità e infilzare con una spada di legno Su Coccoi, il pane tipico del Sarrabus simile ad una corona con al centro un buco di pochi centimetri. Alle diverse discese dei cavalieri, si intervallano le esibizioni delle Parillas, dove abili fantini danno vita a degli esercizi e figure acrobatiche in sella ai loro cavalli. Nella manifestazione trova spazio anche il Palio degli Asinelli, nel quale gareggiano in una corsa ad eliminazione asinelli di pura razza sarda, dando vita a uno spettacolo divertentissimo che coinvolge tutto il pubblico, ma soprattutto i bambini. Visita del centro di San VitoL’abitato, che non mostra segni di crescita edilizia, ha l’andamento altimetrico tipico delle località collinari. Il centro storico si caratterizza per le abitazioni dalla struttura antica, con ampi cortili chiusi all’esterno da grandi portali in legno. Entriamo nel paese provenendo da Muravera con la SS387 del Gerrei che arriva da sud est, e che, appena passato il segnale del chilometro 88, entrando nell’abitato, assume il nome di via Nazionale. Gli impianti sportivi in località su IdiliPassato il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, presa la via Nazionale, percorriamo circa una sessantina di metri, e svoltiamo a sinistra in via delle Ortensie. Dopo poco più di un centinaio di metri, alla sinistra della strada, si vede l’ingresso degli impianti sportivi situati in località su Idili. All’interno di questi impianti sportivii, sono presenti i due Campi da Tennis comunali, dotati di tribune in grado di ospitare una cinquantina di spettatori. Accanto ai campi da Tennis, sono presenti anche due Campi da bocce. Il Campo da Calcio ComunalePassato il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, presa la via Nazionale, percorriamo circa duecento metri, e svoltiamo a sinistra in via monte Narba. Dopo quattrocentocinquanta metri, si vede, alla sinistra della strada, l’ingresso del Campo da Calcio Comunale. Il Campo da Calcio, di proprietà del comune di San Vito, con fondo in erba naturale, è dotato di tribune in grado di ospitare 440 spettatori. In questo campo gioca le sue partite casalinghe la squadra del Gruppo sportivo calcio San Vito, al quale ne è affidata anche la gestione, squadra che partecipa al campionato di calcio di Seconda Categoria, nel Girone D in Sardegna. Il Campo da Calcetto in località Genna UreuProseguiamo lungo la via Nazionale e, a trecentocinquanta metri dal cartello segnaletico che ha indicato l’ingresso nell’abitato, subito dopo aver passato il ponte sul fiume Uri, affluente di destra dei fiume Flumendosa, che fa passare dal suo lato destro a quello di sinistra, svoltiamo a sinistra e prendiamo il viale Emanuele Pili. Percorsa per poco più di duecento metri, svoltiamo a sinistra e passiamo un altro ponte sul fiume Uri, che questa volta fa passare dal suo lato sinisto a quello di destra. Subito dopo essere scesi dal ponte, svoltiamo a sinistra in via dei Gelsomini, la seguiamo per una settantina di metri ed arriviamo a un bivio, dove la via dei Gelsomini prosegue verso sinistra, mentre noi prendiamo a destra e, dopo circa duecento metri, vediamo, alla destra della strada, l’ingresso del Campo da Calcetto in località Genna Ureu. Il Campo da Calcetto, ossia di calcio a cinque, di proprietà del comune di San Vito, gestito dall’Associazione Sportiva Dilettantesca San Vito Football’Club, con fondo in erba sintetica, è dotato di tribune in grado di ospitare 150 spettatori. La Palestra delle Scuole MedieLungo la via Nazionale, a trecentocinquanta metri dal cartello segnaletico che ha indicato l’ingresso nell’abitato, subito dopo aver passato il ponte sul fiume Uri, proseguiamo dritti sulla via Nazionale, che a questo punto attraversa l’abitato da sud a nord. Dopo duecento metri, svoltiamo a destra e prendiamo la via delle Rondini, percorso poco più di un centinaio di metri, svoltiamo a destra in via degli Ulivi, e, dopo una cinquantine di metri, vediamo, alla sinistra della strada, il cancello di ingresso delle Scuole Medie, all’interno delle quali si trova la Palestra di via degli Ulivi. All’interno di questa Palestra, di proprietà del comune di San Vito, dotata di tribune in grado di ospitare 160 spettatori, si possono praticare attività ginnico motorie, calcio, calcetto ossia calcio a cinque, Ginnastica, pallacanestro, pallacanestro, Mini basket e pallavolo. La chiesa di Santa BarbaraLungo la via Nazionale, proseguiamo verso nord dopo aver incontato la deviazione a destra in via delle Rondini, percorriamo un’ottantina di metri, e arriviamo a un incrocio dove da destra arriva la via Funtana Iri, mentre noi prendiamo a sinistra la via Martini, la seguiamo per un centinaio di metri e, al prossimo incrocio, prendiamo a sinistra la via Leonardo da Vinci. Seguiamo la via Leonardo da Vinci per una settantina di metri, fino a vedere, alla sinistra, ad angolo con la via Milano, l’ingresso della chiesa Santa Barbara. Di recente realizzazione, è stata infatti eretta nel 1984, presenta una struttura moderna ed essenziale sia esternamente che al suo interno.La facciata, che presenta un piatto terminale, è caratterizzata da un liscio paramento, ed in essa si apre un ligneo portale, che risulta sormontato da una semplice e sporgente tettoia, ed affiancato, sulla sinistra, da una finestra di forma rettangolare chiusa da un’inferriata. Sul lato destro dell’edificio si innalza il moderno campanile a pianta quadrata, alleggerito da una stilizzata croce e da un’allungata apertura finestrata che corre per gran parte di un angolo dello stesso, che presenta una piatta copertura. L’interno è ad aula rettangolare. Il Municipio di San VitoLungo la via Nazionale, proseguiamo verso nord dopo aver incontato la deviazione a destra in via delle Rondini, percorriamo un centinaio di metri, e svoltiamo leggermente a sinistra per prendere la via Galileo Galilei. La seguiamo per centocinquanta metri, poi svoltiamo a sinistra ed arriviamo in piazza Municipio, la piazza all’interno della quale, al civico numero 3, si trova l’edificio che ospita il Municipio di San Vito, nel quale si trovano la sua sede ed anche gli uffici che forniscono i loro servizi ai cittadini. Si tratta di un edificio storico dichiarato di interesse culturale storico artistico, nel 2014 dal Ministero dei Beni e delle attività Culturali e del Turismo. Il Museo la via dell’ArgentoA seguito di un’importante opera di ristrutturazione dell’edificio che ospita il Monicipio, sono rinati i locali che raccolgono parte della storia del paese, e che un tempo sono stati adibiti a Caserma dei regi Carabinieri, di cui ancora si distinguono le vecchie celle, poi ad aule scolastiche, ad ambulatorio del medico condotto, a regie poste. Oggi i sotterranei dell’edificio sede del Municipio Comunale ospitano la mostra permanente La via dell’Argento un Museo nel quale è documentato il passato minerario del paese, famoso per la miniera d’argento di Monte Narba. Il Museo, descrivendo la storia della comunità mineraria attraverso fonti orali, oggetti legati al lavoro e alla vita in miniera, documenti scritti e fotografie, si propone l’importante compito di restituire al territorio del Sarrabus un grande patrimonio culturale che avrebbe rischiato di perdersi. La chiesa parrocchiale di San Vito MartireEvitando la deviazione in via Galileo Galilei, che ci ha portati a visitare il Municipio di San Vito, proseguiamo, invece, lungo la via Nazionale, e, dopo centotrenta metri, svoltiamo leggermente a destra e prendiamo la via la Marmora, la seguiamo per trecento metri, ed arriviamo in uno slargo con al centro una rotonda, e qui vediamo, alla destra dello slargo, la chiesa di San Vito Martire che è la parrocchiale di San Vito. Edificata durante la dominazione spagnola dell’Isola, probabilmente nel 1761, ed in seguito restaurata, ha la facciata caratterizzata da un liscio paramento, presenta un terminale piatto arricchito da merlature che culmina centralmente con un’area timpanata. Su quest'ultima è presente la scritta DOM e una croce scolpita. In asse con la stessa si apre il portale ligneo che risulta incorniciato, strombato e lunettato, nonché sormontato da un’ampia vetrata di forma rettangolare. L’edificio è contraddistinto da due torri diseguali. Il primo, costruito nel 1840, si innalza a sinistra del prospetto e risulta in parte inglobato nella muratura. Spartito da cornici marcapiano, risulta cuspidato. Nella parte superiore troviamo delle monofore ad arco a sesto acuto e un semplice orologio sovrastate da un tamburo che risulta caratterizzato da bifore a tutto sesto. Sulla destra dell’edificio si innalza il secondo campanile, che è stato costruito insieme alla chiesa. Si presenta ugualmente a pianta quadrata, spartito orizzontalmente da cornici anche se più alto e alleggerito lungo tutta la struttura, anziché nella sola parte superiore, da monofore e bifore. L’interno presenta un’aula a navata unica caratterizzata da una copertura lignea. Sono presenti cappelle laterali. Ogni anno, il 15 giugno si tiene la Festa di San Vito Martire, che è la Festa in onore del Santo Patrono di cui porta il nome, con cerimonie religiose che hanno per protagonista la statua di San Vito portata in processione per le strade cittadine, accompagnata dai Cavalieri di San Vito Martire e dalle traccas, i tipici buoi addobbati. Agli immancabili riti religiosi, si associano manifestazioni folkloristiche ed enogastronomiche. Al termine della processione, si svolge la Festa dei Contadini, che si tiene prima del raccolto, a cui partecipano anche cavalieri in costume e traccas, e poi si dà il via a balli e canti sfrenati, grazie ai suonatori di launeddas ed ai diversi gruppi folkloristici che si esibiscono in veri e propri spettacoli itineranti per le vie del paese. Il Cimitero di San VitoArrivati allo slargo dove si trova la chiesa parrocchiale di San Vito Martire, usciamo dalla rotonda e prendiamo la via della chiesa che si dirige verso sud est, dopo una settantina di metri arriviamo a un bivio, dove svoltiamo a sinistra e proseguiamo per un centinaio di metri, fino a vedere, alla sinistra della strada, il muro di cinta con al centro il cancello di ingresso del Cimitero di San Vito. La piazza SardegnaLungo la via Nazionale, passato il punto dove parte a destra la via la Marmora che ci ha portati alla chiesa parrocchiale, proseguiamo verso nord per circa cinquecentocinquanta metri, fino ad arrivare nella parte alta dell’abitato, dove vediamo partire verso destra la via degli Oleandri, che, in una sessantina di metri, sbocca sulla Piazza Sardegna una grande piazza alberata con ampi spazi liberi, all’interno della quale si svolgono tutti i principali eventi nel corso delle diverse manifestazioni religiose e civili che si tengono a San Vito. La chiesa di Santa Maria di OrreaProseguendo per una cinquantina di metri lungo la via Nazionale, vediamo, alla sinistra, partire la via Santa Maria, e, ad angolo tra la via Nazionale e questa strada, si apre la piazza Santa Maria, nella quale si affaccia la chiesa dedicata a Santa Maria che in origine era situata nel villaggio di Orrea, antichissimo villaggio spopolato e scomparso nella prima metà del quindicesimo secolo, la cui area è stata raggiunta dall’espandersi del centro abitato di San Vito. La facciata della chiesa presenta una copertura a salienti, risulta spartita in tre specchiature da paraste angolari e lesene in piccoli mattoncini rossi, le quali, insieme alla teoria di archetti pensili su peducci che seguono l’andamento degli spioventi del tetto, sono in leggero aggetto rispetto al paramento liscio di base del prospetto. Il portale, incorniciato e lunettato, risulta sormontato da un oculo. L’interno della chiesa è caratterizzato da un’unica navata con volta a capriate lignee, spartita in campate da archi a tutto sesto, uno dei quali introduce anche all’area presbiteriale che risulta rialzata di qualche gradino rispetto alla pavimentazione del resto dell’aula. Delle aperture finestrate sono poste lungo i muri perimetrali dell’aula. La copertura a falde inclinate si presenta lignea con orditura a vista lungo la navata. L’area presbiteriale è invece contraddistinta da una volta a botte. La chiesa dedicata a Santa Maria, di probabili origini bizantine, è stata restaurata nel 1738, grazie alle offerte della popolazione, e successivamente, a causa delle sue condizioni di degrado, è stata riedificata nel 1890, grazie anche all’intervento dei minatori e della società mineraria che gestiva la miniera d’argento di Monte Narba. Ogni anno, la terza domenica di ottobre, nella chiesa si celebra la Festa di Santa Maria, che è la più sentita festività religiosa della comunità sanvitese, organizzata dal Comitato di Santa Maria. Quattro giorni di Festa religiosa e tre di Festa civile scandiscono le giornate. Per quanto riguarda il programma religioso, si inizia il sabato pomeriggio, con la messa e la processione De S’Arziada. La domenica ci sono le Messe della mattina, ma l’appuntamento più suggestivo è il pomeriggio, quando alla messa segue la processione con il simulacro della Santa che all’imbrunire viene portato per le vie del paese. Il lunedì nuova processione in Orrea, seguita dalla messa a Santa Maria, e si conclude il martedì mattina, con la processione de Sa Torrada, alla quale segue la messa. La chiesa di San Lussorio MartireProcedendo in direzione nord lungo la via Nazionale, dopo meno di duecento metri svoltiamo a sinistra e prendiamo la via San Lussorio. La seguiamo per altri centottanta metri, poi svoltiamo a destra in via Grazia Deledda, dopo una cinquantina di metri prendiamo a sinistra la strada in leggera salita che, in meno di un centianio di metri, ci porta a vedere, alla sinistra, la scalinata che porta in alto alla chiesa medievale di San Lussorio Martire che iera situata anch’essa nel villaggio scomparso di Orrea, in una posizione periferica del paese di San Vito. La chiesa dedicata a San Lussorio, localmente denominato Santu lixoriu, è stata con grande probabilità la parrocchiale di quest'area, che col passare del tempo, si è notevolmente ampliata. Il primo impianto dell’edificio sacro in questione, risalirebbe al dodicesimo secolo, in periodo medievale, ed in seguito, nel corso del quattordicesimo secolo, avrebbe assunto l’attuale strutturazione. Questa chiesa presenta un prospetto caratterizzato da un tetto a capanna, nonché da possenti contrafforti. Presenta una semplice facciata, sormontata da un campanil e a vela a due luci con doppia campana, ed il portale ligneo, di forma rettangolare, si apre in asse con il campanile a vela. Sul fianco sinistro si trova un loggiato, aggiunto in epoca successiva, posto in corrispondenza dell’ingresso laterale alla chiesa. L’interno è caratterizzato da un’aula ad unica navata con copertura a capriate lignee, mentre l’area presbiteriale, di forma quadrata, risulta con volta a botte. alla fine del ventesimo secolo la Sovrintendenza ai Beni Culturali ha effettuato il completo restauro di questa chiesa. Presso di essa, la penultima domenica di agosto, si celebra la Festa di San Lussorio, organizzata dal Comitato, con messa serale e processione che porta il simulacro del Santo per le vie del paese. E, poi, musica, spettacoli, e rinfresco nel sagrato di San Lussorio fino a notte fonda. Visita dei dintorni di San VitoVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di San Vito, sono stati portati alla luce i resti della necropoli di Pranu Narbonis; delle Tombe di giganti Bruncu Perdalba, Sa Spadula, Sant’Aleni; del Protonuraghe Cuile Vargiolu; dei Nuraghi semplici Antoni Usai, Peppi Floris, Sa Figu; dei Nuraghi complessi Asoru detto anche Basoru, Miura; ed anche dei Nuraghi Accu ’e Nius, Arcu S’Arena, Arcu S’Istoris, Arcu Tamasu, Arridelaxiu, Cannevrau, Cardaxiu, Cerbinu, Comideddu, Cuili ledda, Cungiau Casulla, de Muru, Forada Procaxius, Fottiano, Giogadroxiu, Miali Pili, di Monte Arbu, di Monte Idda, di Monte Narbeddu, Nuraxeddu, Orridroxiu, Orridroxiu II, Perdu lodde, Pibilia, Piraemei, Pirastu, Piricoccu, Pranu Is Abis, Priamo Orru, S’Achiloni, Sa Pala, San Priamo, San Priamo II, Sant’Aleni, Santoru, Scrocca, Serra de S’Arrizzoni, Serra Is Abis, Spucciu, su linnamini, su Presoni, su Pressiu, su Tasuru, su Tasuru II, su Tasuru III, Tronu, tutti di tipologia indefinita. Il campo di tiro a voloDal centro di San Vito, prendiamo verso nord la via Nazionale, che esce dell’abitato come SS387 del Gerrei per Villasalto e Ballao, la seguiamo per quattro chilometri e duecento metri, poi, all’altezza del chilometro 83.1, prendiamo la deviazione a destra per la località Brecca, e, dopo trecento metri, troviamo a destra la strada bianca che ci porta all’ingresso del Campo di tiro a volo di San Vito. La chiesa campestre di San Giorgio VescovoProseguiamo lungo la SS387 del Gerrei per Villasalto e Ballao, il cui suggestivo percorso panoramico costeggia il Flumendosa, che è il secondo fiume della Sardegna. Percorsi circa tre chilometri e settecento metri, poco prima del chilometro 79.3,su un rialzo alla sinistra della strada si trova la chiesa campestre di San Giorgio Vescovo. Alle spalle della chiesa si staglia la conformazione granitica del monte lora, che sembra raffigurare la sagoma di un profilo femminile. L’antica chiesa costruita dopo il 1600, dedicata a Santu decimoroxi, ossia a San Giorgio, sorgeva nei pressi dell’abbandonato villaggio di S’Orrue, in località Arcu de Santu Giorgi, e, non essendo stata menzionata dallo storico Vittorio Angius, nell’ottocento doveva essere già scomparsa. Nel 1950, grazie ad un gruppo di volontari e alle generose contribuzioni dei Sanvitesi, viene riedificata a breve distanza da dove sorgeva l’antica chiesa, in un altro sito, ai piedi del monte lora, e viene aperta e benedetta nel 1952. L’aula ad unica navata è movimentata da due pilastri posti a sostegno della copertura a doppia spiovenza. La pavimentazione è in battuto di cemento armato ed in prossimità della parete di fondo, è collocato l’altare. L’esterno è caratterizzato dalla medesima semplicità che troviamo all’interno: la facciata ha un portale rettangolare a due battenti, una piccola finestra circolare ed una modesta croce metallica issata al culmine del tetto. Sul retro, nel bordo inferiore della falda destra, un campaniletto a torretta con fenditure triangolari e copertura piramidale, che ha sostituito il vecchio a vela, che si trovava collocato sulla facciata. In prossimità dell’ingresso si trova una monumentale mensa d’altare, utilizzata per le celebrazioni all’aperto. Il simulacro ligneo del titolare è stato realizzato dallo scultore in legno Giuseppe Stuflesser di Ortisei, sul disegno del pittore e scultore don Egidio Manca di Tertenia. Presso questa chiesa campestre, la terza domenica di maggio si svolge la Festa di San Giorgio Vescovo. alla vigilia la statua del Santo, che è normalmente custodita nella chiesa parrocchiale, viene portata in processione alla sua piccola chiesa, per essere riportata nella parrocchia al termine dei festeggiamenti. La necropoli di Pranu NarbonisUsciamo dall’abitato con la via dei Gelsomini che ci aveva portati a visitare il Campo da Calcetto in località Genna Ureu. Percorsi trecento metri lungo la via dei Gelsomini, seguendo le indicazioni, prendiamo una deviazione sulla destra e, in meno di un centinaio di metri, troviamo sulla sinistra una sterrata che ci porta alla Necropoli di Pranu Narbonis. La necropoli è composta da tre domus de janas scavate nella roccia granitica dalla popolazioni della Cultura di Ozieri nella seconda metà del quarto millennio avanti Cristo. La prima tomba sorge proprio accanto alla strada bianca, la seconda si trova a qualche metro di distanza, mentre la terza dista qualche decina di metri dalla seconda ed è la tomba ipogeica della tipologia più semplice fra quelle presenti nella piccola necropoli ipogeica di Pranu Narbonis. La necropoli di Pranu Narbonis si trova non lontana dai resti di un villaggio ascrivibile al Neolitico finale. Il sito viene, in sguito, utilizzato anche nel tardo calcolitico e nella prima Età del Bronzo, dalle genti della cultura del Vaso Campaniforme e della Cultura di Bonnanaro. La miniera di Monte NarbaUsciamo dall’abitato con la via monte Narba, che ci aveva portati a visitare il Campo da Calcio Comunale. Dall’inizio di questa strada, percorriamo due chilometri e mezzo, poi svoltiamo a sinistra in una strada che, dopo settecento metri, termina e ci porta a vedere i ruderi della abbandonata Miniera di Monte Narba. Già conosciuto nel settecento, a partire dalla metà dell’ottocento quello di Monte Narba diviene uno dei principali giacimenti di piombo e argento d’Italia. Il villaggio è costruito nel 1864, quando la miniera viene concessa in gestione alla Società Lanusei, ed è una vera e propria piccoil paese, nella quale sono presenti il telefono, l’energia elettrica, le case per gli impiegati ed i dirigenti, un Ospedale, la falegnameria e l’officina meccanica. Gli edifici hanno, in seguito, subito molto crolli, e questo rende oggi difficile l’esplorazione degli interni, soprattutto per quanto riguarda la Villa Madama, il palazzo di tre piani dov ’era ospitato il direttore. A fine ottocento, a causa dell’impoverimento dei filoni e della concorrenza di altre miniere argentifere, la miniera entra in crisi, alcuni cantieri vengono chiusi, ma si continua con la ricerca nella speranza di scoprire altri filoni. In seguito la miniera passa di società in società, ma probabilmente la sua fine era già arrivata prima che il nuovo secolo avesse inizio. Nel 1935 viene revocata la concessione. Con la chiusura dell’attività mineraria, le vecchie discariche in parte vengono coltivate, ed ancora oggi vi si trovano piante di agrumi. Comunque, chiusa anche l’attività agricola, si verifica l’abbandono definitivo della vecchia miniera. La chiesa campestre di Sant’Antioco MartireUsciti da San Vito verso sud in direzione di Muravera, percorsi due chilometri ed seicento metri, subito prima della rotonda con a destra le indicazioni per Muravera e Cagliari ed a sinistra quelle per Villaputzu, seguendo le indicazioni, ci inseriamo nel primo stradello alla destra, procediamo per centocinquanta metri, sino ad una svolta ad angolo in una strada bianca sulla destra, proseguiamo per seicento metri passando sotto il cavalcavia della nuova statale SS125 Orientale Sarda, e saliamo sino a raggiungere la chiesa campestre di Sant’Antioco Martire che pur trovandosi in territorio del comune di San Vito, appartiene alla comunità di Muravera. Viene citata nel 1777 in buone condizioni e non governata da un eremitano, come erano solite essere in passato, le Chiese ubicate nell’agro. La chiesa si trova in territorio di San Vito ma da sempre è sotto la giurisdizione ecclesiastica della parrocchia di Muravera, la cui amministrazione Comunale l’ha salvata nel 2001 dal sicuro disfacimento, causato dal lungo abbandono in cui era stata costretta. Dunque l’impianto, ricostruito quasi totalmente, ha una facciata a capanna nella quale si apre centralmente un ingresso ad arco ed ai suoi lati due accessi minori, rettangolari; alla sommità della copertura, è inserito il campanile a vela a luce arcuata, sormontato da una modesta crocetta in metallo. Il lato destro è sostenuto da due contrafforti, corrispondenti ad altrettanti archi interni che separano l’unica aula, alla quale nella parete di fondo, è addossato un locale di servizio. La seconda domenica dopo Pasqua presso questa chiesa, a cura della comunità di Muravera, si svolge la Festa di Sant’Antioco Martire. I resti del Nuraghe complesso Asoru o BasoruUsciti da San Vito verso sud in direzione di Muravera, percorsi due chilometri ed seicento metri, arriviamo alla rotonda con a destra le indicazioni per Muravera e Cagliari ed a sinistra quelle per Villaputzu. Seguendo le indicazioni per Cagliari, imbocchiamo la nuova SS125 Orientale Sarda, la seguiamo per sette chilometri, poi prendiamo lo svincolo per Burcei che ci immettere sulla vecchia SS125 Orientale Sarda verso destra. Dopo trecento metri, al chilometro 59.9, vediamo sulla destra il Nuraghe Asoru situato in posizione perfetta per il controllo della pianura e dell’unico passaggio dal Sarrabus al Campidano. È un Nuraghe di tipo complesso costruito in porfido a 24 metri di altezza, che si trova in cattivo stato di conservazione. Il Nuraghe consiste di una torre centrale e dei bastioni addossati, con tre torri aggiunte. Incluse nella struttura dei bastioni, sono due celle e un cortile. La camera centrale della torre ha un volto a falsa cupola, ossia a tholos, ed è alta sette metri, svettata in punta, ma doveva misurare ben nove metri di altezza in origine. La torre all’esterno è alta sette metri e mezzo dal piano dei bastioni. La frazione San PriamoUsciti da San Vito verso sud in direzione di Muravera, percorsi due chilometri ed seicento metri, arriviamo alla rotonda con a destra le indicazioni per Muravera e Cagliari ed a sinistra quelle per Villaputzu. Seguendo le indicazioni per Cagliari, imbocchiamo la nuova SS125 Orientale Sarda, la seguiamo per sette chilometri e duecento metri, e, passato lo svincolo per Burcei, prendiamo lo svincolo per San Priamo, che ci immettere sulla vecchia SS125 Orientale Sarda verso sinistra. Dopo circa due chilometri e mezzo, all’altezza del cartello indicatore del chilometro 54, entriamo all’interno dell’abitato della frazione di San Priamo (altezza 9 metri, distanza in linea d’aria 9.65 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 130). L’intero villaggio, inserito in un contesto naturalistico di indescrivibile bellezza, addolcito dal silenzioso scorrere del Flumini Uri e reso armonioso da una sconfinata foresta di lecci e di querceti, è un borgo di case piccolissime, costruito negli anni trenta del ventesimo secolo per ospitare soprattutto gli operai chiamati a bonificare il territorio con il nome di Villaggio Giuriati, così chiamato per onorare Giovanni Giurati ministro dei lavori pubblici del governo di Benito Mussolini dal 1925 al 1930. In seguito, il nome è stato modificato con riferimento all’importante chiesa di San Priamo, situata vicino all’abitato. Per la sua posizione strategica lungo la vecchia SS125 Orientale Sarda, era un punto di sosta quasi obbligato per tutti coloro che provenienti da Cagliari e dal suo hinterland dovevano raggiungere le rinomate località balneari della costa sud orientale e i comuni dell’Ogliastra, ma la realizzazione della nuova Orientale Sarda, ha spazzato via i sogni e le attese future. Ogni anno, subito dopo ferragosto, a San Vito l’estate tocca il suo culmine con la Sagra de su Pisci, un appuntamento ormai storico che vede la comunità locale e i turisti italiani e stranieri riunirsi nella frazione San Priamo per gustare insieme le delizie di un mare generoso in una serata allegra, vivace e, naturalmente, sarda. La chiesa parrocchiale di Sant’Andrea ApostoloAll’interno dell’abitato si può visitare la chiesa dedicata a Sant’Andrea Apostolo che è la seconda parrocchia del comune di San Vito, e si trova in un’ampia piazza al centro della piccola frazione. L’alta facciata rettangolare con tetto a doppio spiovente è caratterizzata dalla presenza di tre alte arcate a tutto sesto, in corrispondenza delle quali si aprono il portone d’ingresso al centro, e due strette monofore in vetro decorato lateralmente. Sul lato sinistro dell’edificio di innalza l’alta torre campanaria a canna quadrata, alleggerita da quattro monofore ogivali in cui trovano posto le campane, e conclusa alla sommità da una cupoletta cuspidata con croce. La costruzione della chiesa risale agli anni trenta del ventesimo secolo, periodo nel quale è stato realizzato l’intero villaggio di San Priamo. Il Santuario di San Priamo MartirePrima di entrare nella frazione San Priamo, troviamo la deviazione a sinistra sulla strada Comunale con le indicazioni per il Santuario, e in quattrocento metri, ci fa raggiungere il Santuario di San Priamo Martire detto in lingua sarda campidanese Santu Pilimu, che sorge in una località dove durante il Medio Evo sorgeva un grosso borgo. La chiesa, pur trovandosi in territorio del comune di San Vito, da sempre è sotto la giurisdizione ecclesiastica della parrocchia di Muravera. L’edificazione di questo gioiello architettonico risale all’undicesimo secolo, mentre i successivi interventi sono collocabili tra il cinquecento ed il seicento, durante la dominazione spagnola, quando ha subito una ristrutturazione ed è stata aggiunta una seconda parte. Nell’Archivio Storico Diocesano di Cagliari, una fonte risalente agli inizi del seicento dal titolo Informaciò rebuda per orde de monseñor canonge Melchior Fença, contenuta in Varias informaciones sobre algunos milagros De San Priamo, ricorda che la chiesa era allora considerata sotto la Invocaciò de Sant Primo e FiLiciano, Santos romanos. L’oggetto di culto attuale è rappresentato dalla statua lignea del Santo. Di grande particolarità è l’unico ingresso della chiesa, che è posto lateralmente, in uno dei suoi lati lunghi, più precisamente quello rivolto là dove il sole sorge. La chiesa campestre cattura l’attenzione del visitatore per la presenza, al suo interno ed inglobata in una piccola Cappella di epoca medioevale, di una domus de janas. Nella parte più antica della piccola chiesa si apre una cavità da cui sgorga una sorgente, che la leggenda definisce miracolosa. Nel Dies natalis del Santo, e nei giorni ad esso prossimi, i devoti utilizzano queste acque per aspersioni sul corpo, fatte con la speranza di ottenere guarigioni o altre grazie. La sorgente era forse parte di un tempio neolitico dedicato al culto delle acque, frequentato in modo continuativo fin dalla preistoria, come testimonia la presenza di un Nuraghe posto ai piedi dell’edificio, e di alcune strutture, fra le quali è stata riconosciuta anche una Tomba di giganti. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua lignnea del Santo presente al suo interno. L’ultima domenica di maggio presso questo Santuario si svolge la Festa di San Priamo, che viene celebrata fin dai tempi passati, sempre a cura della comunità di Muravera. A questo Santuario avremmo potuto arrivare direttamente da Muravera, dalla quale dista appena un diecina di chilometri, prendendo la vecchia SS125 Orientale Sarda verso sud. Le frazioni Tuerra I e Tuerra IIDopo esserci immessi sulla vecchia SS125 Orientale Sarda verso sinistra, percorsi due chilometri e seicento metri entriamo nella frazione San Vito, proseguiamo per ancora duecento metri, poi svoltiamo a destra e prendiamo la SP20 in direzione di Villasimius. Percorsi tre chilometri e novecento metri, prendiamo a destra la via undicesimo Settembre 2001 che, in altri duecento metri, ci porta all’interno della frazione di Tuerra II (altezza 15 metri, distanza in linea d’aria circa 11.88 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 16). Evitando la deviazione per la frazione Tuerra II, proseguiamo per altri settecento metri lungo la SP20, poi prendiamo a destra la via dell’Erica, dopo duecento metri svoltiamo a sinistra e prendiamo la via del Mirto, che ci porta all’interno della frazione di Tuerra I (altezza 15 metri, distanza in linea d’aria circa 12.40 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 32). Il nome di queste frazioni corrisponde all’appellativo Tuèrra, che indica una terra piana, fresca, nera, molto adatta per impiantarvi orti, o anche secondo un’altra interpretazione un terreno acquitrinoso. La prossima tappa del nostro viaggioCon questa tappa abbiamo concluso la visita della Provincia del Sud Sardegna. Nella prossima tappa del nostro viaggio, inizieremo la visita della Provincia Nuoro. |