Seneghe dove è viva la tradizione del canto a tenore con la chiesa di Santa Maria della Rosa o della Visitazione
In questa tappa del nostro viaggio da Bonarcado ci recheremo a Seneghe dove è viva la tradizione del canto a tenore, che visiteremo con la chiesa parrocchiale di Santa Maria Immacolata e la chiesa di Santa Maria della Rosa o della Visitazione, ed i dintorni dove si trovano numerosi siti archeologici. La regione storica del MontiferruIl Montiferru è una regione della Sardegna che prende il nome dal massiccio di origine vulcanica Monte Ferru, che si trova a nord di Oristano. I comuni che ne fanno parte si trovano tutti in Provincia di Oristano e sono: Bonarcado, Cuglieri, Santu Lussurgiu, Scano di Montiferro, Seneghe e Sennariolo. Il complesso vulcanico, spento da più di un milione di anni, era caratterizzato da eruzioni la cui lava finì per creare nuove terre sia a est, con il vasto altopiano di Abbasanta, caratterizzato da terreni basaltici, sia a ovest fino alla fascia costiera. Si tratta di un’area coperta da fitti boschi, caratterizzata da formazioni rocciose come i basalti colonnari di Cuglieri, e dalla grande abbondanza di sorgenti. Si tratta di una zona agricola, abitata sin dalla preistoria, come dimostra la città di Cornus. La costa è caratterizzata da falesie calcaree come quelle di S’Archittu, e da scogliere di basalto. In viaggio verso SenegheDal centro di Bonarcado prendiamo verso sud il corso Italia, poi deviamo a destra nella via Europa che esce dall’abitato come SP11 e si dirige verso Narbolia, e dopo circa quattro chilometri arriviamo all’interno dell’abitato di Seneghe. Dal Municipio di Bonarcado a quello di Seneghe si percorrono 5.4 chilometri. Il comune chiamato SenegheIl comune di Seneghe (nome in lingua sarda S’neghe, altezza metri 305 sul livello del mare, abitanti 1.676 al 31 dicembre 2021) è un paese ad economia pastorale situato sul versante orientale del Monte Ferru. Seneghe è conosciuto per il suo olio d’oliva e per il miele che vi si produce, vincitore di vari premi a livello nazionale, e per la ricchezza di siti archeologici. Vanta inoltre un interessante centro storico e un ricco patrimonio di tradizioni. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate, che vanno da un minimo di 26 a un massimo di 806 metri sul livello del mare, offre un panorama di indiscutibile fascino, ed è ricco di siti archeologici ed è possibile fare passeggiate rilassanti nell’area boschiva circostante. Origine del nomeIn sardo logudorese e campidanese il termine Sèneghe ha il significato di vecchio o antico, derivante dal termine latino Senex, mentre invece uno degli studiosi di Seneghe e della sua storia, Mario Cubeddu, afferma che il termine sarebbe collegato a S’Ena, ovvero la vena d’acqua di cui il territorio è ricco. La sua economiaPer quanto riguarda il settore economico primario, trovandosi in una zona collinosa e di passaggio tra il Campidano ed il Montiferru, ha sviluppato una cultura composta da elementi appartenenti ad entrambe le due aree, per cui presenta un’economia fortemente agricola e al contempo pastorale. il perno dell’economia locale è l’agricoltura, che rappresenta una fonte di sostentamento importante per la popolazione locale. Le coltivazioni più diffuse sono quelle di cereali, frumento, foraggi, vite, olivo e frutteti. Gran parte della sua produzione agricola era destinata al sostegno dell’allevamento bovino, dato che si pratica anche l’allevamento, in particolare di bovini, ovini, caprini, equini, suini e avicoli. Il settore secondario ossia industriale risulta ancora di dimensioni modeste, tuttavia, si registrano aziende che operano nei comparti della produzione alimentare e dell’edilizia. Il terziario non assume dimensioni rilevanti. Considerata una delle porte del Montiferru, del quale ne possiede una vasta parte, non costituisce, tuttavia, una meta di significativo richiamo turistico. L’apparato ricettivo, comprendente un agriturismo, offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Questo paese fa parte dell’Associazione nazionale delle città dell’OlioQuesto paese fa parte dell’Associazione nazionale città dell’Olio, che ha tra i suoi compiti principali quello di divulgare la cultura dell’olivo e dell’olio di oliva di qualità, tutelare e promuovere l’ambiente ed il paesaggio olivicolo, diffondere la storia dell’olivicoltura, e garantire il consumatore attraverso le denominazioni di origine. Le città dell’Olio in Sardegna sono ad oggi Alghero, Berchidda, Bolotana, Bosa, Cuglieri, Dolianova, Escolca, Genuri, Gergei, Giba, Gonnosfanadiga, Ilbono, Ittiri, Masainas, Olbia, Oliena, Orgosolo, Orosei, Osini, Riola Sardo, Samatzai, Santadi, Seneghe, Serrenti, Siddi, Sini, Uri, Usini, Ussaramanna, Vallermosa, Villacidro, Villamassargia. Brevi cenni storiciNel periodo preistorico vi è un gran fiorire di costruzioni: Protonuraghi, Nuraghi, fortificazioni, di cui resta un impressionante numero di testimonianze nel territorio, a cui sono da aggiungere le numerosissime tombe a cumulo, tombe dei giganti, Dolmen, menhir, betili. Del periodo fenicio si trova intatto in alcuni punti il selciato di una strada che portava da Cornus al villaggio proto-sardo di Serrelizzos, località sita intorno alla superba reggia ciclopica di Mesone Majore, strada molto importante da un punto di vista strategico, in quanto garantiva il trasporto delle proprie merci dal mare ai monti del Montiferru, in quel tempo chiamati Monti Menomeni. Anche della dominazione romana rimangono numerose tracce. Dopo l’anno Mille il paese è citato nel condaghe di Santa Maria di Bonarcado nel quale i monaci registravano i confini dei loro possedimenti, e nel 1191 la chiesa di Santa Maria viene dichiarata come facente parte della circoscrizione religiosa della mitria arborense, sotto Pietro, primo arcivescovo di Oristano. Seneghe appartiene alla curatoria di Parte Milis, del Giudicato di Arborea. Nell’atto solenne di pace firmato tra Eleonora d’Arborea e il re Giovanni I d’Aragona, il 24 gennaio 1388, vi sono nominati otto rappresentanti di Seneghe tra cui il maggiore Troisco Manca e altri giurati. Nel 1419, alla caduta del Giudicato, entra a far parte del Marchesato di Oristano, e alla definitiva sconfitta degli arborensi passa sotto il dominio aragonese, ove diviene un feudo. Le cronache del tempo ci raccontano che nel 1692 muoiono oltre cinquecento abitanti a causa di una pestilenza, che cessa grazie all’intercessione di San Sebastiano, Santo che viene scelto dalla popolazione come compatrono in segno di gratitudine, mentre la chiesa rimane intitolata all’Immacolata Concezione. Tra il diciassettesimo ed il diciottesimo secolo si sviluppa l’odierna urbanistica del Paese, che, intorno al 1767, entra a far parte del Marchesato di Arcais, feudo dei Flores Nurra, ai quali viene riscattato nel 1839 con la soppressione del sistema feudale, divevendo un comune autonomo. Dalla metà del diciottesimo secolo, grazie anche all’azione della chiesa, unica istituzione per la promozione sociale attiva sul territorio, a Seneghe molti abitanti vengono avviati agli studi, anche grazie al contributo del convitto nazionale di Cagliari. Il comune di Seneghe nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene trasferito dalla Provincia di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella di Oristano. Le principali feste e sagre che si svolgono a SenegheA Seneghe è attivo il gruppo folk dell’Associazione Turistica Pro Loco di Seneghe che si esibisce nelle feste che si svolgono nel comune ed in altre località dell’Isola, e nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale di Seneghe. Sono inoltre attivi diversi cori polifonici, il coro maschile dell’Associazione Culturale monteferru, ed il Coro Polifonico Ars Antiqua che è un coro polifonico misto. Ma a Seneghe è soprattutto viva la tradizione del canto a tenore, che prende il nome di Cuntrattu, generato dall’unione di quattro voci maschili che prendono il nome di Pesadoe o Boghe che è la voce solista, Mesa 'oghe ossia la mezza voce, Contra che è il contralto, Bassu ossa il basso. I principali cori di canto a tenore di Seneghe che vantano esibizioni non solo nel paese ma anche nella penisola e all’estero, sono Su Cuntrattu de Seneghe di Antonio Maria Cubadda, Su Cuntrattu Seneghesu, e Su Cuntrattu de Vincenzo Uda. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Seneghe e richiamano visitatori dai dintorni, meritano di essere segnalate il 20 gennaio si festeggia il copatrono nella Festa di San Sebastiano con l’accensione del falò in onore del Santo, ed iniziano Sos Ballos in Sa Pratza i quali proseguono fino al martedì grasso; a febbraio si festeggia il Carrasegae Seneghesu ossia il Carnevale, con balli in piazza e corse di cavalli; a maggio il concorso nazionale Montiferru per la qualità dell’olio di oliva; il 13 giugno la Festa di Sant’Antonio di Padova; il 29 giugno la Festa di San Pietro con la tradizionale corsa de S'Ardia de Santu Perdu, seguita il 2 luglio dalla Festa Santa Maria della Rosa, ed il 3 luglio, la Festa di Sant’Elisabetta; il 31 agosto la Festa di San Raimondo Nonnato e l’1 settembre La Festa di San Basilio; in estate viene organizzato un evento soprattutto musicale, che prende il nome di Alter Day Fest; i primi giorni di settembre l’associazione Perda Sonadora organizza l’importante festival di poesia, letteratura e arte in genere, chiamato Cabudanne de sos poetas; l’ultima domenica di novembre si tiene la manifestazione Prentzas Apertas, la Festa dell’olio, nella quale i vecchi frantoi presenti nel paese vengono aperti ai visitatori, e in ognuno di essi vengono esposti i prodotti e creato intrattenimento con musica, canti, proiezioni e mostre. La Settimana Santa a SenegheA Seneghe sono particolarmente suggestivi anche i riti della Settimana Santa ed in particolare del Venerdì quando la Vergine esce vestita a lutto e percorre le vie del paese nella tradizionale Via Crucis, a cui fa seguito S'Incravamentu quando il grande Crocifisso viene portato dalla chiesa di Santa Maria alla parrocchiale dove viene innalzato. La sera, dopo la funzione liturgica accompagnata dal canto de Su Cuntrattu, seguendo l’invito del predicatore, due confratelli, rappresentanti i discepoli, depongono il Cristo morto dalla Croce nella cerimonia de S'Iscravamentu, per poi avviarsi in processione alla stessa chiesa di Santa Maria sempre accompagnati dal canto de Su Cuntrattu. La mattina di Pasqua si svolge S'Incontru, ossia l’incontro del Cristo risorto con la Madonna. Visita del centro di SenegheL’abitato, interessato da una forte crescita edilizia, ha l’andamento altimetrico tipico delle località collinari. Nel centro storico si conservano numerosi esempi di ornati popolareschi sulle finestre e sulle porte delle abitazioni, scolpiti nel tufo. interessanti le costruzioni in basalto che conservano elementi architettonici aragonesi. Arriviamo nell’abitato da nord est con la SP11 provenendo da Bonarcado e, subito prima che parta a destra la via Efisio Pischedda, si vede il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato, passato il quale la strada provinciale assume il nome di corso Umberto. Il Monumento ai CadutiIl corso Umberto attraversa tutto il paese da est ad ovest e, percorsi poco più di cinquecento metri da dove abbiamo iniziato a percorrerlo, si vede alla destra della strada uno spiazzo attrezzato con panchine ed alberi, il quale assume il nome di piazza Sant’Agostino. La piazza assume questo nome in ricordo della chiesa di Sant’Agostino, che è stata presente nel centro di Seneghe fino alla sua demolizione avvenuta dell’ottocento, Al centro della piazza Sant’Agostino è presente il Monumento ai Caduti della prima e seconda guerra mondiale. Si tratta di un monumento realizzato in pietra e bronzo tra il 1935 ed il 1945, costituito da un obelisco sormontato da stella, che sul prospetto contiene una lapide con l’elenco dei nominativi dei caduti di Seneghe nelle due grandi guerre. L’oratorio del Santissimo RosarioPassata la piazza Sant’Agostino, proseguiamo verso ovest con il corso Umberto e, dopo circa centocinquanta metri, vediamo alla sinistra della strada la facciata dell’oratorio del Santissimo Rosario, sede dell’omonima Confraternita. L’oratorio è stato edificato a partire dal 1647, utilizzando pietra locale. La facciata, timpanata e con conci a vista, presenta paraste laterali e portale architravato sormontato da un arco a tutto sesto. Sul lato posteriore sinistro si erge il piccolo campanile, una torre a pianta quadrata di circa dieci metri di altezza. Interventi di ristrutturazione vengono eseguiti nell’ottocento, durante i quali avviene anche la sostituzione del precedente altare con quello in marmo tuttora presente. La principale caratteristica dell’oratorio è un dipinto sulla volta rappresentante la battaglia di Lepanto, opera del pittore milanese Giovanni Dancardi, che ha operato a Sassari nella seconda metà dell’ottocento. Il Municipio di SemeghePassato l’oratorio del Santissimo Rosario, proseguiamo lungo il corso Umberto verso ovest per un centinaio di metri, poi prendiamo a sinistra la via Giovanni Maira Angioy e, dopo appena una ventina di metri, di nuovo a sinistra arriviamo nella piazza Giovanni Antonio Deriu, nella quale si affaccia anche la chiesa parrocchiale di Santa Maria Immacolata. Subito alla sinistra nella piazza, al civico numero 1 della piazza Deriu, di vede l’edificio che ospita il Municipio di Seneghe, nel quale si trova la sua sede e si trovano i diversi uffici in grado di fornire i loro servizi agli abitanti del paese, ossia l’Ufficio tecnico, l’Ufficio di staff e segreteria con la gestione giuridica del personale, l’Ufficio affari generali, l’Ufficio ragioneria e tributi, l’Ufficio polizia locale, e l’Ufficio servizi alla persona. La fontata ottocentesca di piazza DeriuDavanti a questo edificio che ospita il Municpio, al centro della piazza Giovanni Antonio Deriu, è presente la bella Fontana ottocentesca realizzata nel 1866 grazie a un progetto giovanile dell’architetto Domenico Pili. realizzata in pietra basaltica finemente lavorata, la fontana presenta quattro ippocampi nei quattro lati ed altrettante bocche di Leone anch’esse ai lati, e dagli ippocampi e dalla bocche di Leone sgorga l’acqua pura e cristallina che connota il paese. Una volta, come ricordano gli abitanti, era in funzione anche uno ulteriore zampillo, posto sulla sommità della colonna centrale, che in seguito è stato dismesso, e che dava luogo a suggestivi giochi d’acqua. La chiesa parrocchiale di Santa Maria Immacolata dedicata anche al copatrono San SebastianoNella piazza Giovanni Antonio Deriu è possibile visitare la chiesa parrocchiale di Santa Maria Immacolata, dedicata all’Immacolata ed al copatrono San Sebastiano. È stata costruita, a partire dagli ultimi anni del settecento, da maestranze sarde con capimastri di Cuglieri, Oristano, Santulussurgiu e Seneghe. Essa sostituisce una chiesa più antica di origini altomedievali, situato al centro dell’attuale abitato. In base a quanto scritto dal parroco monsignor Giovanni Antonio Deriu nelle sue Memorie di Seneghe, durante la posa in opera delle fondamenta del transetto, si sono rinvenute tracce di un mura megalitiche, testimonianza di un precedente luogo di culto preistorico. In seguito, poiché si tende a costruire edifici destinati al culto religioso laddove ne erano sorti altri in precedenza, durante lo spianamento del terreno per la costruzione della sacrestia, Deriu rinviene i resti delle fondamema dell’abside semicircolare di una chiesa antichissima, probabilmeme anteriore all’anno Mille, costruita in pozzolana e pietre. L’antica chiesa doveva avere un orientamento diverso dall’impianto attuale. La facciata doveva essere rivolta a oriente, verso l’attuale via Zoccheddu, ed un viottolo la separava dall’oratorio del Rosario, di fronte al quale sorgeva il campanile e dinanzi alla cui porta principale si apriva un piccolo sagrato. L’intero antico impianto era circondato dal recinto del Cimitero, e sorgeva, con ignota collocazione, ma certamente in adiacenza alla parrocchiale, anche un piccolo oratorio dedicato alle anime del Purgatorio. L’attuale costruzione è iniziata a partire dal 1798, e la nuova chiesa, di notevoli dimensioni appena meno ampia della cattedrale di Oristano, viene inaugurata il giorno della Festa di San Giovanni Battista il 24 giugno 1893, per quanto ancora non del tutto terminata. La chiesa ha la facciata timpanata, segnata da sette paraste. Nello specchio centrale è presente il grande portale sormontato da un finestrone arcuato, decorato con vetrate artistiche. Sul retro, al centro, spicca la cupola a base ottagonale. L’edificio ha pianta a croce latina e presenta una navata unica coperta a botte, rinforzata da tre arcate. Il presbiterio, circoscritto da una balaustra in marmo, risulta sollevato di circa un metro e cinquanta rispetto al piano della chiesa. La chiesa è interamente intonacata, le decorazioni di volte ed archi sono realizzate dal pittore Gaetano Albertelli di Piacenza, gli evangelsiti della cupola dal pittore Emilio Scherer di Parma e le altre pitture da Giuseppe Scanu di Cagliari. Al suo interno si possono osservare un crocefisso del sedicesimo secolo, statue lignee di Santi, e la Cappella del Santissimo Sacramento è stata decorata nel 1926 da Giovanni Ciusa Romagna e Carmelo Floris. Presso questa chiesa ogni anno il 20 gennaio si celebra la Festa di San Sebastiano, elevato a compatrono del paese a seguito della sua intercessione a favore degli abitanti che lo invocavano durante la peste di fine seicento. La Festa viene preceduta dalle cosiddette Quarant’ore di San Sebastiano, tre giorni in cui viene esposto il Santissimo Sacramento per l’adorazione dei fedeli. alla vigilia della festa, il 19 gennaio, i seneghesi rinnovano la loro invocazione al Santo suonando ogni sera da finestre e balconi Su Grongu, la conchiglia tradizionalmente usata durante la raccolta della legna per il falò, seguita dall’accensione del falò in onore del Santo. Ed prima del falò iniziano Sos Ballos in Sa Pratza i quali proseguiranno fino al martedì grasso nella piazza Mannu, nota come piazza dei balli, ossia Pratz'è sos ballos. La chiesa di Santa Maria della Rosa o della VisitazioneDa dove seguendo il corso Umberto avevamo preso a sinistra la via Giovanni Maira Angioy che ci aveva portati alla piazza Giovanni Antonio Deriu, riprendiamo a percorrere verso ovest il corso Umberto, e, dopo duecentocinquanta metri, si apre alla sinistra della strada la piazza, sulla quale si affaccia la chiesa di Santa Maria della Rosa così detta per via dei fiori che tiene in mano, o Di Santa Maria della Visitazione dato che ospita la statua della Madonna in visita a Santa Elisabetta. Un tempo era ubicata al di fuori del centro abitato, ma è attualmente incorporata nello stesso, ed è sede della Confraternita della Santa Croce o dello Spirito Santo. La parte più antica della chiesa risale probabilmente al dodicesimo secolo, ed è stata ricostruita nelle forme attuali nel quattrocento. Nel corso dei secoli ha mantenuto le sue caratteristiche originali nonostante alcuni interventi successivi e aggiunte in stile neoclassico. La facciata è semplice, intonacata ad eccezione degli elementi angolari in basalto, ed è intonacato anche in retro della chiesa. Il portale e la finestra a mezzaluna sovrastante sono incorniciati da elementi in basalto, un timpano intonacato racchiuso da una semplice cornice completa il prospetto in sommità. All’interno la chiesa è a navata unica ed ha la forma di croce commissa, ossia di croce a T, con in fondo l’altare maggiore e con ai lati due cappelle, quella a sinistra di chi guarda il presbiterio è attualmente dedicata al Crocefisso. Nella stessa Cappella venivano sepolte le salme dei confratelli e vi era un pozzo, detto Il pozzo di Santa Severa, la cui acqua godeva fama di virtù terapeutiche, tanto da richiamare gli ammalati anche da zone lontane, ma attualmente il pozzo è scomparso. Nell’altare maggiore, oltre alla Madonna in visitazione a Santa Elisabetta, si trovano la Statua del Cristo Risorto e quella di San Giovanni Battista, sul lato destro è ubicata la sacrestia, mentre sul lato sinistro, in comunicazione con la cappella, si trova la cosiddetta Stanza del Pellegrino o dell’Eremita. La navata e il transetto sono coperti a botte mentre il presbiterio ha una copertura a crociera con costoloni. L’aula è scandita da tre coppie di paraste e tre archi a tutto sesto in pietra a vista, con una cornice che corre lungo il perimetro a raccordare i capitelli. Le campiture murarie sono intonacate e chiare mentre il presbiterio, sollevato di un gradino rispetto al piano di calpestio dell’aula, è decorato con pitture. Nella corte della chiesa di Santa Maria della rosa vengono celebrate molte delle feste tradizionali e identitarie del paese, ossia le ricorrenze religiose dedicate alla Madonna e a specifici Santi con Ardie e falò cerimoniali. Tra queste, significativa è il 29 giugno la Festa di San Pietro. Dopo la processione, la messa e la novena in onore di Santa Maria, il comitato organizzatore procede a Sa dittadura de Sa bandiera, un rituale suggestivo che prevede la messa all’asta di una bandiera in broccato che viene consegnata al miglior offerente, il quale sarà il prossimo presidente della Festa in onore di Santa Maria e Santa Elisabetta, ed avrà diritto di portarla in processione a cavallo fino al sagrato della chiesa di Santa Maria, dove i cavalli si schierano e, ricevuta dal parroco la benedizione, si lanciano nella tradizionale corsa de S'Ardia de Santu Perdu, per la quale la modalità della corsa riprende un rituale antichissimo, che forse, in comune con le altre Ardie, ha soltanto il ricordo della vittoria dell’imperatore Costantino sull’esercito di Massenzio. La corsa si svolge in uno spazio angusto e la bravura dei cavalieri consiste nel saper governare i cavalli lanciati al galoppo, senza farli uscire dalla traiettoria costantemente curvata e per questo con un grande indice di difficoltà. In seguito dall’1 al 3 luglio si svolge la Festa di Santa Maria de Sa Rosa e Santa Elisabetta. La sera dell’1 con l’accensione del falò cerimoniale iniziano i festeggiamenti religiosi, che prevedono la messa dedicata a Santa Maria della Rosa il 2 ed a Santa Elisabetta il 3. Il giorno più solenne e suggestivo è il 2, quando, a seguito della processione a cui partecipano anche i cavalieri con le bandiere, i comitati e le confraternite, celebrata la messa solenne, si ritorna in processione nella chiesa di Santa Maria dove, con profonda devozione e trasporto interiore, i presenti intonano i Gosos in onore della Madonna. Al termine di queste laudi, i cavalieri si dispongono allo stesso modo in cui si erano disposti qualche giorno prima nella Festa di San Pietro e, ricevuta la benedizione, tornano nuovamente a correre S'Ardia de Santa Maria de Sa Rosa. La Casa Aragonese sede della Biblioteca ComunaleDa dove seguendo il corso Umberto avevamo preso a sinistra la via Giovanni Maira Angioy che ci aveva portati alla piazza Giovanni Antonio Deriu, riprendiamo a percorrere verso ovest il corso Umberto, e, dopo appena una settantina di metri, prendiamo tutto a sinistra la via Roma, la seguiamo per una quarantina di metri e vediamo alla destra della strada, al civico numero 10 della via Roma, la Casa Aragonese, un edificio senza dubbio degno di nota per le dimensioni ma anche per la cura dei particolari e l’architettura. Si tratta di un edificio risalente alla fine del seicento di proprietà del canonico Pietro Spano, che è divuta anche la residenza estiva degli arcivescovi della diocesi di Arborea. realizzata in stile gotico-Catalano, è divenuta oggi la sede della Biblioteca Comunale. Nella piazza Mannu si trova la Casa Pili sede della Pro LocoDa dove seguendo il corso Umberto avevamo preso a sinistra la via Giovanni Maira Angioy che ci aveva portati alla piazza Giovanni Antonio Deriu, proseguiamo lungo la via Giovanni Maria Angioy per poco più di una diecina di metri e svoltiamo a sinistra nella via Cardinale Agostino Pippia e, dopo una settantina di metri, vediamo alla sinistra della strada la piazza Mannu. Al civico numero 9 della piazza Mannu si trova la Casa Pili, una casa padronale seneghese donata all’Amministrazione Comunale dalla famiglia Pili, che è divenuta oggi la sede della Pro Loco. Nel punto in cui sorge questa casa nel 1947, durante l’ampliamento dello stabile, sono stati rinvenuti i resti di un Nuraghe che era presenta all’interno dell’abitato. La piazza Mannu è nota come Piazza dei balli, ossia Pratz'è sos ballos, cuore pulsante del paese, soprattutto nel periodo del carnevale, quando viene investita da una vitalità incontenibile. Nelle domeniche intermedie del carnevale hanno luogo in questa piazza tutte le sere i balli tradizionali, rispettando tacitamente un ordine preciso nella disposizione delle coppie, che al ritmo della fisarmonica o della poesia De sos cuntrattos animano la piazza sotto lo sguardo attento dei presenti. La mattina del martedì grasso, nella stessa piazza, viene eseguito esclusivamente un ballo chiamato Sas andanzas, il ballo tradizionale de Su Martis de Coa che si pratica esclusivamente in questo giorno dell’anno,.caratterizzato da una coreografia molto suggestiva e dinamica e definita unica nel suo genere. La chiesa di Sant’Antonio da PadovaPassata la piazza Mannu, procediamo lungo la via Cardinale Agostino Pippia, dopo centoventi metri svoltiamo a destra in via del Rosario e dopo un centinaio di metri a sinistra in via Camillo Benso di Cavour, percorsa una cinquantina di metri la via Camillo Benso di Cavour troviamo a destra il viale dei caduti, subito alla sinistra del quale si affaccia la chiesa di Sant’Antonio da Padova. Costruita a partire dal 1630 per iniziativa dei sacerdoti Sebastiano Cossa e Giovanni Antonio Dessì, aveva in passato un altare di legno dorato di cui restano poche tracce. L’antica chiesa romanica era stata chiusa al culto perché presentava alcune crepe nell’architrave posizionato sopra il portone d’ingresso, e nel 2020 è stata restituita al culto e ai fedeli dopo essere stata interessata a una serie di lavori di ristrutturazione, ed il 13 giugno, giorno che la comunità seneghese dedica al Santo, si sono svolte le celebrazioni liturgiche in suo onore. La chiesa presenta una facciata a capanna sormontata da un campanile a vela, ed all’interno è caratterizzata da un’unica navata centrale, con volta a botte e abside. A Seneghe l’1 giugno iniziano i festeggiamenti religiosi in onore di Sant’Antonio di Padova, con la tredicina celebrata ogni pomeriggio presso la chiesa seicentesca dedicata al Santo. Ogni giorno al termine della funzione la comunità si stringe insieme per cantare Sos gosos. Per onorare una promessa fatta al Santo o per grazia ricevuta, c’è chi al termine della novena offre il pane di Sant’Antonio, benedetto durante la funzione religiosa e distribuito a tutti i presenti, agli indigenti e agli anziani. La sera del 12, vigilia della festa, un gruppo di persone devote organizza i festeggiamenti civili che uniti a quelli religiosi si protraggono fino alla notte del 13. La mattina del 13 si svolge la Festa di Sant’Antonio di Padova, Festa partecipatissima soprattutto dagli uomini, per la quale si celebra la processione lungo le strade addobbate da S’arramadura e la messa in onore del Santo, al quale i seneghesi sono particolarmente devoti. Il Cimitero ComunaleDopo aver visto la chiesa di Sant’Antonio da Padova, che si trova all’inizio del viale dei caduti, il quale si dirige verso sud est fino al di fuori dell’abitato, proseguiamo lungo il viale dei caduti. Percorsi circa trecento metri, poco dopo l’uscita dall’abitato, si arriva a vedere, alla destra della strada, il muro di cinta con i diversi cancelli di ingresso del Cimitero Comunale di Seneghe. Il portale d’ingresso è costituito da un muro a faccia quadrata con pilastri angolari, su cui l’architrave porta un frontone curvilineo, l’apertura è arcuata, con il cancello in ferro. Il Cimitero è stato realizzato da maestranze locali, e nel cancello d’ingresso del Cimitero è riportata la data del 1911. La Palestra ComunaleDopo aver visitato il Cimitero Comunale, ci recheremo ora a visitare i diversi impianti sportivi di Seneghe, partendo dalla Palestra Comunale. Eravamo arrivati nell’abitato da nord est con la SP11 provenendo da Bonarcado e, appena passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato, prendiamo a destra la via Efisio Piscedda. Seguiamo la via Efisio Piscedda per trecento metri poi prendiamo leggermente a sinistra la via Parroco ligia che, dopo un’ottantina di metri, continua sulla via Ponti, questa dopo una sessantina di metri continua sulla via Cagliari e, in una trentina di metri, arriviamo in piazza Giovanni XXIII, nella quale alla destra si vedono gli edifici che ospitano le Scuole Medie di Seneghe. All’interno è presente la Palestra Comunale, dotata di tribune per il pubblico, che ospita i diversi tipi di discipline. Il Campo Sportivo ComunaleEravamo arrivati nell’abitato da nord est con la SP11 provenendo da Bonarcado e, appena passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato, proseguiamo dritti sulla strara provinciale che assume il nome di corso Europa. Dopo circa ottocento metri vediamo a sinistra la via Giovanni Maira Angioy che ci porta al Municipio ed alla chiesa parrocchiale, ma evitiamo la deviazione e proseguiamo dritti. Percorsi quattrocento metri arriviamo in piazza Montiferro, dove proseguiamo verso sinistra con la continuazione della strada provinciale che assume il nome di via Nazionale, la seguiamo per quattrocentocinquanta metri e, dove arriva da destra la via Sardegna, prendiamo a destra la deviazione che ci porta ai Campo Sportivo Comunale di Seneghe. All’interno di questo complesso sportivo sono presenti un Campo da Calcio, con fondo in erba naturale, senza tribune per gli spettatori; un Campo da Tennis, dotato di tribune per una trentina di spettatori; ed un Campo polivalente all’aperto, anch’esso con tribune per una trentina di spettatori, nel quale praticare cone discipline il calcio, il calcetto ossia calcio a cinque, e diverse attività ginnico motorie. Visita dei dintorni di SeneghePer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Seneghe, sono stati portati alla luce i resti delle Tombe di giganti Arriu Pitziu, Benandria, Cinimureddus, S’Omo e Sas Zanas I, S’Omo e Sas Zanas II, Sa Facch’e S’Altare; dei Protonuraghi Banzos, Campuliedda, Coa Perdosa, Cracheras, Narba, Pista II, Umbulos; dei Nuraghi semplici Achettores, Aide Muru, Aranzola, Aranzola II, Arriu Pitziu, Aurras, Banchiennargiu, Battazzeri, Brasu, Campu su laccu, Carrazzu Oes, Cavala, Chimbeina, Codinazza, Comida, Conou Piscamo, Crastu Ruiu, Crobecau, Cugurra, Cuil’e Marzu, Fiorosu, Fromigas, linn ’e Seneghe, littu, Masone Ferrainos, Meria ’e Fummu, Mollusu, Muradorzu, Muresorighe, Nughe, Oes, Oppianu, Ozzastru, Palloi, Pard ’e Jossu, Pira ’e Marzani, Pirone, pista, Pranispidda, Prei, Juanne, Prumosa, Pruna, Pruna II, Ruiu, S’Arredelu, S’Au e su Pirastru, S’Ena e Bobboi, S’Iscala ’e Antoi Cossa, S’Issizzu, Scala, Strampadorzu, su Idighinzu, Suerzu, Terraduni, Umbulos II, Zippiriu; dei Nuraghi complessi Arbios, Arburi, Campu, Cinimureddus, Codinas, Conca ’e Ozzastru, Funtanas, Maso Maiore, Molineddu, Mura ’e Accas, Prantalea, Pranu, Sa Murta, Santu Perdu, su Mortozzu, Zacca; dei Nuraghi Perdas Pintas, Pileddu, Pischina, Sa Forchidda, Sa Murta II, Sega Saccos di tipologia indefinita. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Passato l’ex Sanatorio arriviamo ai resti del Nuraghe semplice RujuArrivando da Bonarcado con la SP11, poco prima di entrare in Seneghe troviamo un bivio dove prendiamo la deviazione a destra sulla SP16 per S’Iscala, una strada che arriva fino ad oltre mille metri di quota. Percorsi cinque chilometri, arrivati in localtà S’Iscala, si vede alla sinistra della strada l’ex Sanatorio di Seneghe, conosciuto anche come Ospedaletto S’Iscala, che doveva essere un Ospedale per la cura delle malattie respiratorie, ma non è mai entrato in funzione. La costruzione risale addirittura agli anni sessanta del novecento, ma da allora l’edificio è stato lasciato andare allo stato di abbandono in cui si trova ancora oggi. Proseguendo lungo la strada che ci ha portati fino a qui, dopo tre chilometri si raggiunge l’area attrezzata del Nuraghe Ruju, una area di picnic che si trova alla destra della strada ed è a ridosso del Nuraghe omonimo. A trecento metri di distanza si raggiunge il Nuraghe Ruju, un Nuraghe monotorre costruito in basalto a 769 metri di altezza, così chiamato per la sua caratteristica colorazione rossastra. Si conserva ancora in buone condizioni, è un Nuraghe a tholos ed all’interno della camera presenta almeno una nicchia. I resti delle due Tombe di giganti S’Omo e Sas ZanasDal Municipio di Seneghe, prendiamo il corso Umberto che si dirige verso nord ovest e, dopo quattrocento metri, raggiungiamo la piazza Montiferru, dopo la quale il corso prosegue con il nome di via Nazionale. Dalla piazza Montiferru, prendiamo verso destra la strada che conduce nella località Muntighe Pardighi, la seguiamo per cinquecento metri ed arriviamo a un bivio dove svoltiamo a sinistra, proseguiamo per un chilometro ed arriviamo nel punto dove si possono vedere alla sinistra della strada a una cinquantina di metri di distanza i pochi resti della Tomba di giganti S’Omo e Sas Zanas II, costruita in blocchi di basalto a 294 metri di altezza, che è ridotta molto male. Proseguiamo lungo la strada che abbiamo seguito fin qui, duecento metri più avanti si trovano, alla sinistra della strada, i meglio conservati resti della Tomba di giganti S’Omo e Sas Zanas I, costruita anch’essa in blocchi di basalto a 289 metri di altezza. Il corridoio funerario è in buone condizioni ed è formato da massi disposti ad aggetto e da una copertura formata da lastroni. L’esedra è in parte visibile. I resti del Nuraghe Coa PerdosaDalla piazza Montiferru, avevamo preso verso destra la strada che conduce nella località Muntighe Pardighi, la avevamo seguiamo per cinquecento metri ed eravamo arriati a un bivio dove avevamo svoltato a sinistra. Proseguendoo per un chilometro aravamo arrivati nel punto dove si trovano alla sinistra della strada a una cinquantina di metri di distanza i pochi resti della Tomba di giganti S’Omo e Sas Zanas II, e duecento metri più avanti si trovano, alla sinistra della strada, i meglio conservati resti della Tomba di giganti S’Omo e Sas Zanas I. Tra le due Tombe di giganti, alla destra della strada, a una distanza di circa duecento metri a nord rispetto alla prima tomba, si trovano i resti del Nuraghe Coa Perdosa, costruito in basalto a 325 metri di altezza sul livello del mare. Dato che ne rimangono pochi resti, è difficile riconoscerne univocamente la struttura. Secondo la maggior parte degli studiosi, si tratterebbe probabilmente di Protonuraghe a corridoio a pianta ellittica. Altri studiosi, invece, lo ritengono un Nuraghe complesso di tipo misto, di forma rettangolare con quattro torri edificate accanto all’originario Protonuraghe centrale, ritenendolo molto probabilmente un Nuraghe di tipo arcaico, che però secondo Alessandro Usai non sarebbe stato mai ultimato. La planimetria riportata si riferisce a questa ipotesi, ed è opera di Paolo Melis. I resti dello splendido Nuraghe semplice littuPassate le due Tombe di giganti S’Omo e Sas Zanas, prosguiamo per un chilometro e mezzo ed arriviamo a un bivio, dove prendiamo a sinistra e proseguiamo per un altro chilometro e seicento metri, fino a vedere alla sinistra della strada, subito prima di un cancello, un sentiero che i quattrocento metri porta ai resti dello splendido Nuraghe littu. Si tratta di un Nuraghe semplice monotorre, costruito in basalto a 365 metri di altezza. È uno dei Nuraghi monotorre meglio conservati del territorio di Seneghe con la camera interna marginata da due nicchie, perfettamente conservato, al quale i licheni hanno dato, più ancora del Nuraghe Ruju, un caldo colore arancione. Intorno al Nuraghe rimangono tracce di un insediamento abitativo. I resti del Nuraghe complesso Maso Maiore o Mesone MajoreDal centro di Seneghe, prendiamo il corso Umberto che si dirige verso nord ovest e raggiungiamo la piazza Montiferru, qui prendiamo verso sinistra la via Nazionale, che esce dall’abitato come SP11 in direzione di Narbolia. Da dove avevamo incontrato la deviazione per il Campo Sportivo Comunale, proseguiamo per seicentocinquanta metri poi svoltiamo a destra e, dopo un’ottantina di metri, di nuovo a sinistra. Proseguendo per circa ottocento metri, si trova strada bianca sulla sinistra che porta al Nuraghe Maso Maiore o Mesone Majore. È un Nuraghe complesso, di tipo quadrilobato, con un mastio centrale e quattro torri latarali circondate da un bastione. Costruito in basalto a 218 metri di altezza, raggiunge un’altezza di più di dieci metri e il piano terreno si presenta ben conservato con la camera della torre principale marginata da una nicchia, mentre del piano superiore manca la copertura. Dall’alto del Nuraghe si domina tutta la pianura del Campidano. Intorno al Nuraghe rimagnono racce di un insediamento abitativo. Sono stati eseguiti recentemente scavi nella zona del Nuraghe sotto la guida dell’archeologo Giuseppe Maisola. I resti della Tomba di giganti di Sa Fach’e S’Altare o Sa Facch’e S’ArtareNelle vicinanze del Nuraghe complesso Maso Maiore un sentiero, che passa in mezzo ai pascoli dirigendosi verso sud ovest, porta in poche centinaio di metri alla Tomba di giganti di Sa Fach’e S’Altare o Sa Facch’e S’Artare, ancora in buono stato di conservazione. Si tratta di una sepoltura a corridoio costruita in basalto a 228 metri di altezza. La sepoltura è composta da una stele, centrale all’esedra a ortostati, centinata in due parti delle quali quella inferiore è ancora sul posto, che in opera originaria doveva somigliare alla famosissima stele della sepoltura di Capichera o su Coddu Ecchiu di Arzachena. La particolarità di questa tomba si trova nel corridoio funerario che curva verso destra in prossimità dell’abside, e allo stato attuale conserva solo un lastrone di copertura. Il muro contenitivo è composto da conci di diverse misure, sbozzati e disposti in filari. L’intero corridoio funerario si distingue, in prossimità della stele, per i conci lavorati alla martellina in postura isodoma. Attualmente il monumento è ricoperto in gran parte da arbusti, che ne rendono complicata la ricostruzione planimetrica. Nell’elenco dei siti archeologici steso da Torquato Taramelli questa Tomba di giganti è stata scambiata per una domus de janas. La chiesa campestre di San Pietro in Vincoli di Milis PiccinnuLa chiesa si trova in territorio di Seneghe a circa due chilometri dall’abitato ma appartiene alla comunità ecclesiastica di Milis. Dal centro di Seneghe, prendiamo il corso Umberto che si dirige verso nord ovest e raggiungiamo la piazza Montiferru, qui prendiamo verso sinistra la via Nazionale, che esce dall’abitato come SP11 in direzione di Narbolia. Da dove avevamo incontrato la deviazione per il Campo Sportivo Comunale, proseguiamo per seicentocinquanta metri, evitiamo la deviazione che ci ha portati al Nuraghe complesso Maso Maiore e proseguiamo invece dritti lungo la SP11, dopo un chilometro e seicento metri evitiamo la deviazione a destra e proseguiamo dritti, e dopo due chilometri e seicento metri si trova, alla sinistra della strada a trecento metri di distanza, la chiesa campestre di San Pietro in Vincoli di Milis Piccinnu, edificata a circa 1300 metri di altezza e raggiungibile solo a piedi. Si tratta di una chiesa romanica a navata unica, esistente sino dall’alto medioevo, dato che dalla scheda numero 1 del Condaghe di Santa Maria di Bonarcado risulta che l’edificio ecclesiastico dedicato a San Pietro era stato ricostruito da donna Tocoele, moglie del giudice Gonnario Comita de Salanis, regnante attorno al 1065, pertanto l’esistenza di un luogo di culto potrebbe risalire già al periodo altomedievale. È tuttora in forme romaniche, sebbene in parte rimaneggiato e restaurato in età moderna e contemporanea. Dell’edificio romanico si conservano, costruiti in conci di arenaria, la facciata e tratti dei fianchi, mentre la parte posteriore dell’edificio è stata realizzata in epoca moderna a seguito della demolizione dell’abside orientata. La facciata è munita di un campanile a vela con luce ogivale, sul paramento si può osservare una bifora parietale e si apre il portale architravato e lunettato, i cui stipiti sono in roccia basaltica, forse di spoglio da un vicino Nuraghe. Il Santo si festeggiava, fino agli anni ottanta, la prima domenica di settembre. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Seneghe ci recheremo a Narbolia che visiteremo con i suoi resti archeologici e con la sua costiera dove si trovano la grande pineta e la vastissima spiaggia di Is Arenas. |