Bonarcado con la basilica di Santa Maria ed il Santuario di Nostra Signora di Bonacatu
In questa tappa del nostro viaggio da Santu Lussurgiu ci recheremo a Bonarcado che visiteremo con il suo centro dove si trovano la basilica di Santa Maria diventata la parrocchia di San Romualdo ed il Santuario di Nostra Signora di Bonacatu ed i suoi dintorni con i siti archeologici e le cascate di Sos Molinos. La regione storica del MontiferruIl Montiferru è una regione della Sardegna che prende il nome dal massiccio di origine vulcanica Monte Ferru, che si trova a nord di Oristano. I comuni che ne fanno parte si trovano tutti in Provincia di Oristano e sono: Bonarcado, Cuglieri, Santu Lussurgiu, Scano di Montiferro, Seneghe e Sennariolo. Il complesso vulcanico, spento da più di un milione di anni, era caratterizzato da eruzioni la cui lava finì per creare nuove terre sia a est, con il vasto altopiano di Abbasanta, caratterizzato da terreni basaltici, sia a ovest fino alla fascia costiera. Si tratta di un’area coperta da fitti boschi, caratterizzata da formazioni rocciose come i basalti colonnari di Cuglieri, e dalla grande abbondanza di sorgenti. Si tratta di una zona agricola, abitata sin dalla preistoria, come dimostra la città di Cornus. La costa è caratterizzata da falesie calcaree come quelle di S’Archittu, e da scogliere di basalto. In viaggio verso BonarcadoDa Santu Lussurgiu prendiamo verso sud il viale Azuni, che esce dall’abitato come SP15 proveniente da Abbasanta e diretta verso Bonarcadoe poi Milis, la percorriamo per circa sei chilometri ed arriviamo all’interno dell’abitato di Bonarcado. Dal Municipio di Santu Lussurgiu a quello di Bonarcado si percorrono 6.6 chilometri. Il comune chiamato BonarcadoIl comune di Bonarcado (nome in lingua sarda Bonàrcadu, altezza metri 282 sul livello del mare, abitanti 1.503 al 31 dicembre 2021) è un paese situato alle pendici orientali del Monte Ferru e non lontano dal mare, che lega il suo nome e la sua fama a due gioielli dell’architettura romanica, il Santuario e la basilica di Nostra Signora di Bonaccattu. È stato un importante centro religioso, tanto che nel 1302 è stato sede di un Concilio. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate, e offre un patrimonio ricco di valori ambientali, tra cui il monte Armiddossu centro di emissione di lave basaltiche con la sue vette ricoperte di timo, la vallata del Pabarile con sugherete ginestre e lecci, le pietraie della Punta Acutzadorzu indicata nelle tavolette IGM con il nome di Punta Sa Jana, e la gola del Sos Molinos con la sua cascata considerata uno dei luoghi più belli e suggestivi del Montiferru. Origine del nomePer quanto riguarda l’origine del suo nome, il linguista Massimo Pittau ritiene che abbia avuto in epoca medievale le forme Bonarcanto, Bonarchanto, Bonarkanto, Bonarckanto, le quali riportano con sicurezza al greco bizantino Panáchrantos, ossia Tutta pura, Purissima, Immacolata, attributo della Vergine Maria, la quale era già venerata nel Santuario che si trova all’interno dell’abitato. Questa è una teoria formulata da linguisti, calata dall’alto dall’accademia, ma le prove documentali dimostrano che potrebbe essere l’invenzione del linguista, infatti questo termine non esiste sul Condaghe. Quindi questo vocabolo greco-bizantino non viene più accettato dai Sardi, ed oggi il suo nome viene interpretato come Bon'accattu, ossia Buon accatto o Buon ritrovamento, denominazione che si riferisce alla leggenda del rinvenimento del simulacro della Vergine in una grotta o fra i cespugli che circondano il Santuario. La sua economiaSi tratta di un comune di collina con un’economia basata prevalentemente sull’agricoltura e la pastorizia, condotte con sistemi tradizionali, affiancate da un modesto sviluppo industriale. Nel settore economico primario il perno dell’economia locale è l’agricoltura; si coltivano cereali, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutteti. Bonarcado in passato era conosciuto per la produzione delle ciliegie, i compratori arrivavano da tutta la Sardegna e per gli abitanti del posto questo rappresentava un’importante fonte di guadagno. Dopo un periodo di calo, oggi la produzione è in ripresa grazie soprattutto all’iniziativa dei singoli e alle cooperative costituite dai giovani. Considerevole è anche la produzione del miele. Sono in crescita le attività imprenditoriali, mentre rimangono limitate quelle artigianali. Si pratica anche l’allevamento di bovini, ovini, caprini, equini, e suini. Per il settore secondario l’industria è costituita da industrie che operano nei comparti alimentare, edile, dei materiali da costruzione e dell’industria metallurgica. Il terziario non assume dimensioni rilevanti. Nel suo territorio sono numerose le località che possono rappresentare mete ideali per tranquille passeggiate. Lo splendido ambiente che circonda l’abitato e il prezioso patrimonio archeologico costituiscono una ragione sufficiente per attirare un discreto flusso turistico sul posto. L’apparato ricettivo offre la sola possibilità di ristorazione, non di pernottamento. Tipico di Bonarcado è il pane moddizzosuUn pane tipico di Bonarcado è il Moddizzosu, realizzato con semola di grano duro e lievitazione naturale, con una sola cottura in forno a legna, e fa parte dei pani sardi morbidi, da mangiare freschi, che sono di solito associati al Campidano e alle zone di pianura o collina. Il nome Moddizzosu potrebbe essere dovuto alla sua morbidezza: infatti Moddi, in lingua sarda, significa proprio morbido. L’etimologia potrebbe essere simile a quella di mollica, che deriva da molle. Quindi in fin dei conti, in sardo, dire Moddizzosu è un pò come dire mollicoso in italiano. Lo si può riconoscere dalla forma tondeggiante e irregolare e dalla crosta spessa, scura e rugosa, attraversata talvolta da profondi solchi. Solitamente si vende in pezzature da un chilo o poco meno, e ciò che lo rende unico è il suo essere croccante all’esterno ed incredibilmente soffice e candido all’interno. Brevi cenni storiciIl fertile suolo vulcanico unito alla presenza dell’acqua fanno sì che la zona attorno a Bonarcado venga abitata sin da tempi remoti, come testimoniano le tombe dei giganti, rimaneggiate per vari scopi e in diversi periodi, ed i numerosi Nuraghi. In particolare a Bonarcado si ha la più alta concentrazione in Sardegna di Nuraghe del tipo a corridoio. La presenza romana è attestata dai ritrovamenti, durante i lavori di restauro del Santuario di Bonacatu, di un tratto di pavimentazione a mosaico che anticiperebbe quindi la costruzione del Santuario di almeno due secoli, portandolo al 400 dopo Cristo. Il paese ha notevole importanza durante l’alto medioevo, quando appartiene al Giudicato di Arborea facendo parte della curatoria di Parte Milis. è nel Medioevo che l’abitato raggiunge il massimo splendore. La sua prima menzione si ha nella seconda metà dell’anno Mille, quando il giudice Mariano I d’Arborea dona al monastero di montecassino la chiesa di San Giorgio in Bonarcado, che non corrisponde però a nessuna delle Chiese oggi presenti. Da allora il borgo diviene strategico nel Giudicato, diventando sede di un convento che vede il passaggio di diversi ordini monastici. Attorno all’anno 1100 il giudice Costantino I d’Arborea fa edificare il Santuario di Nostra Signora di Bonacatu, che dona e pone sotto l’autorità dell’Abbazia camaldolese di San Zenone a Pisa, anziche del monastero di San Vittore di Marsiglia, che è la grande potenza monastica che si era diffusa nel rivale Giudicato di Càralis. Fà, inoltre, iniziare, nel 1110, la costruzione della chiesa romanica di Santa Maria di Bonarcado, che verrà consacrata successivamente nel 1147, durante il regno di Barisone I d’Arborea, alla presenza dell’arcivescovo di Pisa Villano, legato pontificio, di diversi presuli sardi, dello stesso Barisone e degli altri tre Giudici sardi. La chiesa ha molte donazioni da parte del giudice di Arborea e in essa nel 1237 il giudice Pietro II presta giuramento di fedeltà e vassallaggio al Pontefice. Nel 1253 vi si tiene un sinodo, al quale parteciparono i vescovi sardi e l’abate di Saccargia, e nel 1302 un concilio di vescovi presieduto dal Vescovo di Torres. alla caduta del Giudicato di Arborea fa parte del Marchesato di Oristano, e sconfitti definitivamente nel 1478 gli Arborensi diienne un feudo sotto gli Aragonesi. A questo periodo di splendore segue la decadenza. Nel 1652 viene colpito dalla grande peste, cui sopravvivono solo un centinaio di persone che si rifugiano nella parte alta del territorio Comunale, in località su Querchedu. Nel diciottesimo secolo viene incorporato nel Marchesato di Arcais, feudo dei Flores Nurra, ai quali è riscattato nel 1839 con l’abolizione del sistema feudale e diviene un comune amministrato da un consiglio Comunale. Il comune di Bonarcado nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene trasferito dalla Provincia di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella di Oristano. Le principali feste e sagre che si svolgono a BonarcadoA Bonarcado è attivo il Coro Bonarcado, il coro polifonico diretto dal maestro Michele Turnu che è nato nel 2018 dall’unione dei due cori maschili fino ad allora presenti a Bonarcado, il Coro su Condaghe e il Coro Bonacatu. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Bonarcado vanno citate, il 19 e 20 gennaio la Festa di San Sebastiano, con processione a cavallo e pariglie lungo le strade del centro; il 7 febbraio la Festa patronale di San Romualdo; a fine febbraio i festaggiamenti per il Carnevale; seguono poi le cerimonie della Settimana Santa; l’1 maggio la Festa di San Cristoforo patrono degli automobilisti, con benedizione delle autovetture; la prima o la seconda domenica di maggio la Festa di Santa Cristina nella sua chiesa campestre; la prima domenica di giugno la Sagra de Sa Cariasa Bonarcadesa, ossia la Sagra delle Ciliegie; il 24 giugno la Festa di San Giovanni Battista, con la benedizione di cavalli e Ardia intorno alla chiesa di San Sebastiano; a inizio agosto la Sagra del Bovino; il 18 settembre la Festa della Madonna di Bonacatu ed il 19 l’anniversario della proclamazione del titolo di basilica, e con eventi folcloristici e culturali; l’ultima domenica di settembre la Festa de Sa Limba Sarda Ufitziale. La Festa de Sa Limba Sarda UfitzialeBonarcado è un paese in cui, nella lingua parlata, prevale spesso l’uso della varietà locale della lingua sarda sull’italiano. Il Comune è sempre stato sensibile alle questioni inerenti alla propria identità storico-Culturale; infatti ha aderito già dal 2004 a un progetto a livello regionale che, facendo riferimento alla normativa per la tutela della lingua sarda, si propone di creare nelle varie comunità aderenti uno strumento che vada a incidere concretamente sulla controversa tematica della lingua sarda e sulla sua diffusione ai diversi livelli sociali e generazionali. E per questo a Bonarcado ogni anno si svolge la Festa de Sa Limba Sarda Ufitziale, che non è una festa bonarcadese, ma è stato un evento istituzionale promosso dal Coordinamentu pro Su Sardu Ufitziale, organizzazione sostenitrice della modernizzazione del Sardo e de Sa Limba Sarda Comuna, in occasione della Giornata Europea delle lingue promossa per il 26 settembre dall’Unione Europea. Visita del centro di BonarcadoL’abitato, interessato da una forte crescita edilizia, ha l’andamento altimetrico tipico delle località collinari. Nell’assetto urbanistico del centro, caratterizzato da belle abitazioni in pietra mista, spiccano opere di pregio come il Santuario della Madonna di Bonacatu, adiacente al quale è possibile ammirare la parrocchiale romanica di Santa Maria di Bonacatu che ospita la parrocchia di San Romualdo ed è stata proclamata basilica minore nel 2011. Arriviamo a Bonarcado provenendo da Santu Lussurgiu da nord con la SP15. Lungo la strada non troviamo il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato, ma ci entriamo dopo aver incontato, subito dopo aver visto arrivare da destra della via Gennargentu, il cartello che indica i riferimenti del Corpo Forestale. Il Municipio di Bonarcado e a breve distanza l’Anfiteatro ComunaleEntrati nell’abitato, la strada provinciale assume il nome di corso Italia, percorriamo circa duecento metri e, alla sinistra del corso Italia, si vede la scalinata che porta in discesa al civico numero 140, dove è l’ingresso dell’edifico che ospita il Municipio di Bonarcado, con la sua sede e con all’interno gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Passato l’edificio, una trentina di metri più avanti parte alla sinistra del corso Italia la via Enrico Berlinguer. Presa la via Enrico Berlinguer, percorriamo un centinaio di metri e vediamo, alla sinistra della strada, l’Anfiteatro Comunale, nel quale si tengono numerose manifestazioni e si svolgono diversi eventi folkloristici che si svolgono a Bonarcado. Le fontane verso la piazza che ospita il complesso religioso di BonarcadoProseguendo lungo il corso Italia, un’altra ventina di metri dopo la via Enrico Berlinguer parte alla sinistra la via Coccu Ortu, di fronte alla quale, alla destra del corso Italia, si vede la bella Funtana Inza. Percorso un’altra trentina di metri lungo il corso Italia dopo la bella Funtana Inza, vediamo alla destra della strada una scalinata in salita, che è uno degli accessi all’ampia e deliziosa piazza sopraelevata nella quale sono ospitati due edifici che formano il complesso religioso, e che sono sedi del più antico culto mariano dell’Isola. Salita la scalinata, poco più avanti si vede alla destra la fonte Su Cantaru ’etzu, nella quale l’acqua viene raccolta in un grosso bacile neolitico, oggi ombelico dello spiazzo antistante la rinomata piccola chiesa di Santa Maria di Bonarcado, presso l’antico monastero e la bellissima basilica romanica. Acqua che, secondo la tradizione del paese, proverrebbe dal Nuraghe Nardzos. Il complesso religioso di BonarcadoIl Complesso monumentale di Bonarcado attualmente comprende il Santuario, la basilica ed i resti del monastero camaldolese. Sull’origine del complesso religioso, ricordiamo che attorno all’anno 1100 il giudice Costantino I d’Arborea fà edificare il Santuario di Nostra Signora di Bonacatu, che dona e pone sotto l’autorità dell’Abbazia camaldolese di San Zenone a Pisa, anziche del monastero di San Vittore di Marsiglia, che è la grande potenza monastica che si era diffusa nel rivale Giudicato di Càralis. Egli fà, inoltre, iniziare nel 1110 la costruzione della chiesa romanica di Santa Maria di Bonarcado o Santa Maria de Bonaccattu, che verrà consacrata successivamente nel 1147, durante il regno di Barisone I d’Arborea, alla presenza dell’arcivescovo di Pisa Villano, legato pontificio, di diversi presuli sardi, dello stesso Barisone e degli altri tre Giudici sardi. Le rovine dell’antico monastero camaldoleseDopo aver salito la scalnata che ha portato alla piazza sopraelevata nella quale sono ospitati i due edifici che formano il complesso religioso di Bonarcadu, passata la fonte Su Cantaru ’etzu, sempre alla destra si trova l’ampio salone che un tempo ospitava il refettorio del monastero, sul retro del quale sono presenti le Rovine dell’antico monastero camaldolese di Bonarcado. L’abate doveva destinare al Santuario un adeguato numero di monaci Camaldolesi che risiedevano nel monastero, ed essi dovevano impegnarsi a migliorare la produzione e i metodi lavoro agricoli, ad aumentare l’estensione dei terreni coltivati dissodandoli e bonificandoli, a moltiplicare i tipi di cultura, piantando frutteti. Nell’ambito dell’Abbazia monastica è stato redatto nel dodicesimo o tredicesimo secolo il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, uno dei più antichi documenti in lingua sarda, che riporta notizie storiche ed economico-sociali, in un periodo di floridezza del borgo, sotto il Giudicato d’Arborea. Nell’ottocento una serie di condaghi entrano a far parte della collezione di manoscritti, documenti, stampe e libri relativi alla Sardegna, dei fratelli Simon di Alghero. Successivamente la collezione viene acquisita a titolo ereditario dal barone Matteo Maria Guillot. Nel novecento l’esistenza di questi manoscritti viene resa nota, e la Biblioteca universitaria di Cagliari ne delibera l’acquisto, che si perfeziona nel 1936. La basilica di Santa Maria diventata la parrocchia di San Romualdo eretta a Santuario diocesanoA breve distanza dalle rovine dell’antico monastero camaldolese si trova la chiesa di Santa Maria, che è divenuta la chiesa parrocchiale del paese intestata a San Romualdo Abate, ed elevata alla dignità di basilica minore nel 2011. Si tratta di una grande costruzione romanica in scuro basalto con interpolazioni di conci tufacei rossastri, presenti, in particolar modo, quale coronamento del portale principale, nella facciata tripartita con alte arcate cieche, che guarda ad ovest, realizzata secondo i modi consueti al tipico romanico toscano. Attraverso il Condaghe di Santa Maria di Bonarcado sappiamo della fondazione, attorno al 1100, per volontà del giudice d’Arborea Costantino I de Lacon-Gunale, di un monastero camaldolese affiliato all’Abbazia pisana di San Zeno, ampliamente dotato in Chiese, terre, uomini e bestiame. La chiesa è stata conclusa nel 1146 e consacrata nel 1147. La chiesa aveva una lunghezza di circa trenta metri ed una pianta a croce commissa ossia a -T-. Del braccio sud del transetto rimane l’attuale primo ordine della torre campanaria, mentre il braccio nord è scomparso, così come l’abside originaria. Del primo impianto ad una sola navata, rimangono quasi solamente la facciata a triplice arcata ed il portale incorniciato da un curioso arco romanico a tutto sesto in pietra nera e rossa, e la prima parte dell’aula per poco meno di venti metri. Viene ampliata da costruttori arabi provenienti dalla Spagna, e un’iscrizione nella parasta all’angolo sud del prospetto est data al 1242 l’inizio dell’ampliamento, ultimato alla consacrazione nel 1268. La pianta viene allungata e vengono inseriti nell’abside motivi moreschi. L’edificio ha subito altri rimaneggiamenti, nel settecento vengono aggiunte le cappelle laterali e una seconda navata, nell’ottocento viene costruita la parte superiore del campanile. A seguito delle due fasi edilizie, la chiesa ha oggi pianta longitudinale di circa cinquanta metri. La sobria facciata è caratterizzata da alte arcate a tutto sesto, che producono un forte slancio verticale alleggerendo l’imponente massa di scuro basalto. Maggiori concessioni all’elemento decorativo si notano nel prospetto absidale, dove lesene a soffietto partiscono le superfici, ed i terminali sono decorati con archetti lobati su peducci allungati. Discendente di una famiglia nobile, nato a Ravenna verso il 952, Romualdo diviene eremita e, dopo dieci anni in Spagna nell’Abbazia di San Michele di Cuxa, inizia una serie di peregrinazioni lungo l’Appennino con lo scopo di riformare monasteri ed eremi sul modello degli antichi cenobi dell’Oriente. La sua fama e il suo carisma lo mettono più volte in contatto con i potenti, principi e prelati. Converte il giovane imperatore Ottone III che lo nomina abate di Sant’Apollinare in Classe, carica che Romualdo rifiuta clamorosamente dopo un anno rifugiandosi a montecassino dove porta il suo rigore ascetico. Riprende le sue peregrinazioni fondando numerosi eremi, l’ultimo dei quali è quello di Camaldoli. È il promotore tra il 1024 e il 1025 della Congregazione monastica camaldolese dell’Ordine di San Benedetto. muore a Val di Castro il 19 giugno 1027, viene beatificato appena cinque anni dopo la morte e dichiarato Santo nel 1595 da papa Clemente VIII. |
Con decreto del 5 novembre 1987, l’allora arcivescovo di Oristano, Monsignor Piergiuliano Tiddia, ha dichiarato la chiesa parrocchiale di Bonarcado Santuario diocesano, ossia un luogo ritenuto sacro dall’Ordinario diocesano. Ogni anno nel mese di settembre si svolgono le celebrazioni della Festa della Madonna di Bonacatu, che hanno inizio con la novena dal 9 al 17 settembre, e culminano il 18 settembre con le celebrazioni solenni; segue il 19 la cerimonia ed i festeggiamenti per ricordare l’anniversario della proclamazione del titolo di basilica Minore; dal 20 1l 28 si svolge la seconda novena, ed il 28 settembre si celebrano le funzioni religiose che chiudono le celebrazioni in basilica e nella chiesa di San Sebastiano. Accanto a queste cerimonie religiose si tengono numerose manifestazioni civili. Il Santuario di Nostra Signora di BonacatuNelle immediate vicinanze della chiesa di Santa Maria, si trova il Santuario di Nostra Signora di Bonacatu di origine bizantina che rappresenta uno dei più antichi e rinomati luoghi di culto dell’intera Isola. Si tratta di uno dei primi edifici Cristiani dell’Isola, il primo impianto è forse del quinto secolo, successivi interventi risalgono al settimo e all’ottavo secolo, quando probabilmente si è già insediato il primo nucleo abitativo vicino ad esso. Così come hanno mostrato gli ultimi interventi di restauro, il Santuario è stato edificato su un preesistente luogo di culto nuragico, a cui si è sovrapposta, verosimilmente, una stazione di posta romana. Di un precedente complesso di età romana tardoimperiale, viene mantenuto un ambiente con vasca, che diviene il braccio est della chiesa a croce libera. Nel pavimento si mantengono tratti di cocciopesto risalenti alla fase romana, e mosaici tardoantichi. Preesistente all’imponente impianto basilicale che, per tale ragione, viene definito nei documenti del Condaghe di Santa Maria di Bonarcado come Clesia Nuova, è stato un luogo di antichissima antropizzazione. Nel 1110, come attestato da Condaghe di Santa Maria, il Santuario viene ceduto ai Monaci camaldolesi che fondano in questi luoghi un monastero e una nuova chiesa, l’attuale parrocchiale di Santa Maria, più grande dell’antico Santuario. La chiesa è caratterizzato da una pianta a croce greca, con abside semicircolare rivolta a nord est, con quattro bracci, tutti di lunghezze diverse, che presentano volta a botte, i quali all’incrocio creano uno spazio quadrato coperto da una cupola visibile solo dall’interno poichché all’esterno è nascosta entro un tiburio quadrangolare con copertura piramidale, coperto da spioventi nel quale si aprono quattro varchi rettangolari che contribuiscono all’illuminazione dell’interno. alla struttura originaria del tempio che era a croce commisa viene implementato, tra il 1242 e il 1268, un corpo a tre navate in stile arabeggiante, stessa impronta presa poi dalla facciata e dal braccio orientale della chiesa. La facciata sul lato sud viene realizzata in stile romanico, ed in essa si apre un portale architravato con capitelli aggettanti, e con larghe paraste angolari che rinserrano la superficie. Lungo gli spioventi corre una serie di archetti pensili arabeggianti, aperti al colmo in un minuscolo lobo, ed al di sopra si notano le sedi per i bacini ceramici, reintegrati nei restauri moderni. All’interno, nel braccio orientale, è presente una vasca risalente al precedente insediamento romano, probabilmente di un edificio termale. Nel braccio sud è presente il presbiterio, chiuso da una cancellata in ferro battuto. In seguito, nel 1933, è stata aggiunta alla chiesa una seconda facciata, in stile neoromanico, nel braccio occidentale che aveva presentato fino ad allora un secondo abside, attraverso la quale oggi si accede all’interno del Santuario. Comunque successivi interventi della Soprintendenza hanno garantito il ritorno alle forme originarie della chiesa, nonostante i numerosi lavori di restauro e modifiche effettuati precedentemente. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla terracotta policroma presente sull’altare maggiore che raffigura la Madonna col Bambino, una Madonna malinconicamnete turbata nei suoi rapporti col Bambino dalla previsione del tragico futuro, una costante nell’opera di donatello presente anche nelle opere di uno dei suoi seguaci più brillanti, Michelozzo, al quale viene attribuita questa terracotta, che viene riferita agli anni del suo periodo padovano che va dal 1430 al 1450. Nel parco Ortu Mannu si trova il Monumento ai Caduti della prima e seconda guerra mondialeRitorniamo sul corso Italia e, da dove avevamo visto alla destra partire la via Coccu Ortu, proseguiamo verso sud per poche decine di metri. Arrivati subito prima del civico numero 4, parte alla destra una breve strada che porta a un cancello, passato il quale si raggiunge il Parco Ortu Mannu, un parco giochi per i bambini, nel quale si svolgono numerosi eventi e manifestazioni tra le quali ad esempio la Sagra del Bovino. All’interno di questo parco è presente il Monumento ai Caduti della prima e seconda guerra mondiale di Bonarcado. Si tratta di un monumento a stele alto quattro metri, realizzato tra il 1975 ed il 1999, costituito da un cippo in pietra sormontato da gruppo scultoreo in bronzo che rappresenta la morte del soldato, con ai lati l’elenco dei nomi dei caduti. I campi da bocce comunaliAll’interno del parco Ortu Mannu, un poco più avanti rispetto al Monumento ai Caduti, si trovano anche i due Campi da bocce comunali, si tratta di campi nei quali è possibile praticare il gioco delle bocce, che non sono dotati di tribune per gli spettatori. La Palestra ComunaleProseguiamo lungo il corso Italia dopo la strada che ci aveva portati al parco Ortu Mannu, lo seguiamo per quattrocentocinquanta metri finché il corso Italia termina proseguendo sulla via Segni. Dove in corso Italia termina, prendiamo a destra la via Europa, nel quale dopo un centinaio di metri si vede alla destra il cancello di ingresso dell’Istituto Comprensivo di Bonarcado, con le Scuole Elementari e le Scuole Medie. All’interno di questo complesso scolastico è presente la Palestra comunali, non dotata di tribune per gli spettatori, nella quale esercitare come discipline le Attività ginnico motorie, la pallacanestro, la pallavolo, ed inoltre lotta, Judo, Karate e Danza sportiva. La chiesa di San Sebastiano un tempo chiamata chiesa de Santa RugheRiprendiamo il corso Italia dalla strada che ci aveva portati al parco Ortu Mannu, percorriamo verso sud Duecentosettanta metri, poi svoltiamo a sinistra nella via Roma, uno degli assi storici del paese, ed ancora oggi, centro del sistema urbano nonchché luogo dei più importanti percorsi processionali. Lungo la via Roma, dopo un centinaio di metri, vediamo alla sinistra la facciata della chiesa di San Sebastiano, vero baricentro del tessuto storico Bonarcadese. La chiesa risale al settecento, ed un tempo veniva chiamata chiesa de Santa Rughe, dalla nome della confraternita della Santa Croce, che fino ai primi del secolo scorso gestiva l’edificio religioso. Caduta in abbandono, intorno al 1972 è stata oggetto di un intervento complesso di ristrutturazione che le ha restituita l’antica bellezza. I prospetti che si affacciano sulla via Roma ed i prospetti laterali sono il risultato dell’intervento del 1972. La muratura perimetrale è interamente in pietrame basaltico, tranne gli elementi d’angolo, gli stipiti e gli architravi delle aperture realizzate con il consueto tufo chiaro. All’interno presenta due navate. La navata centrale è scandita da tre arcate in tufo bianco, di cui uno a tutto sesto i restanti a sesto acuto, e termina con un abside a pianta quadrata, sulla quale è impostato un arco a tutto sesto sempre in tufo chiaro. La navata laterale è impostata su tre arcate più basse in tufo chiaro a vista. La copertura è realizzata con una doppia falda su tetto ligneo e manto di coppi tradizionali. Presso questa chiesa ogni anno il 24 giugno si svolge la Festa di San Giovanni Battista, nella quale un tempo era ospitata la confraternita della Santa Croce. La sera della vigilia nella chiesa di San Sebastiano si tengono i vespri e poi, dopo la messa Abba Muda, si assiste alla consegna delle bandiere che accompagneranno lo svolgimento degli eventi. Il giorno della festa, ossia il 24, la messa è seguita dalla processione che parte dalla chiesa di San Sebastiano con il simulacro del Santo e le bandiere, e giunge in basilica dove la messa è seguita dalla benedizione dei cavalli. Si svolge poi la processione che ritorna alla chiesa di San Sebastiano, attorno alla quale si tiene l’Ardia. Oltre a queste cerimonie religiose, si svolgono numerose manifestazioni civili nell’Anfiteatro Comunale e nel parco Ortu Mannu, dove al termine avviene l’elezione del presidente del comitato Sab Giovanni, che ogni anno organizza l’evento. Il Cimitero Comunale vecchio di BonarcadoDopo aver visitato la chiesa di San Sebastiano, riprendiamo la via Roma e proseguiamo in direzione sud. Percorsa appena un’ottantina di metri, svoltiamo a sinistra per rimanere sulla via Roma, e proseguiamo per un’altra settantina di metri, poi svoltiamo leggermente a destra in via Nieddu e la seguiamo per appena un centinaio di metri, fino dove la via Nieddu incrocia la via Sassari. Passato l’incrocio con la via Sassari, la prosecuzione della via Nieddu è la via Tirso e, dopo circa duecentosettanta metri, e vediamo, alla destra della strada, il muro di cinta con al centro il cancello di ingresso del Cimitero Comunale vecchio di Bonarcado. Il Campo Sportivo ComunaleDopo aver visitato la chiesa di San Sebastiano, riprendiamo la via Roma e proseguiamo in direzione sud. Percorsa appena un’ottantina di metri, svoltiamo a sinistra per rimanere sulla via Roma, proseguiamo per una settantina di metri, evitiamo la deviazione a destra in via Nieddu e proseguiamo con la via Roma, dopo Duecentotrenta metri arriviamo a uno svincolo dove prendiamo verso sinistra la via Superga e, percorsi duecentocinquanta metri, vediamo alla destra della strada i cancelli di ingresso del Campo Sportivo Comunale. All’interno del Campo Sportivo Comunale sono presenti un Campo da Calcio, con fondo in erba, dotato di tribune in grado di ospitare 200 spettatori; un Campo da Calcetto, ossia da Calcio a cinque, con fondo in erba sitetica, con tribune per una trentina di spettatori; ed un Campo da Tennis, anch’esso con fondo in erba sintetica, e con tribune per una trentina di spettatori. Visita dei dintorni di BonarcadoNei dintorni di Bonarcado fertilità e abbondanza d’acqua hanno attirato insediamenti stabili sino dal Neolitico, e sono state portate alla luce i resti di una probabile fonte nuragica costruita in basalto chiamata Scovera; delle Tombe di giganti Bau Codinas, Bena Izi, Bena Sinis, Cadone, e Serra Crastula; dei Protonuraghi Aurras, Cannarza, Crastu, Sa Cunzada, Sa Perdera, Temannu, e Zenna Uda; dei Nuraghi complessi di tipo misto Cuau in località Bau Codinas, e Scovera detto anche Scova Era; dei Nuraghi complessi Bruncu, Livrandu, Loriosa, Muschiu indicato nella carta IGM come Nuraghe Serra Crastula I, e Nardzos; dei Nuraghi semplici Bantine Mura, Bulare Prunas, Campanile ’e Pranos, Campu Scudu, Canale Crebinu, Funtana ’e Sones, Funtana Crecu, Funtana Enturzu, Larenzu Nieddu, Marzacche o Martzache, Mura ’e Bardia, Mura ’e Figu, Mura de Procos, Mura e Lizzos, Palagotta, Perda Caddos, Perda Pertusa, Pojolos, Ruiu, S’Arzaodetta, Sa Sorighina, Serra Bisonzos, Serra Crastula II, Serra Crastula III, Serra Tirias I, Serra Tirias II, Su Lare, Terrabianca, Tzilighertu, ed Ungrone; mentre non resta più nulla del Nuraghe Prunischedda de Leo che è scomparso. La maggior parte dei Nuraghi è sita nell’altopiano verso il vicino comune di Paulilatino, e qui, immersi in boschi di querce, spuntano anche la valle e la cascata di Sos Molinos, uno dei luoghi più spettacolari del Montiferru, vicina alla sorgente di Pranos, rinomata per la sua acqua minerale. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Subito fuori dall’abitato si trova il Cimitero Comunale nuovo di BonarcadoDal Municipio di Bonarcado prediamo verso sud il corso Italia, lo seguiamo per seicento metri finché il corso Italia termina proseguendo sulla via Segni, arrivati a questo punto proseguiamo lungo la via Segni che si immetterà sulla SP15 ed uscirà dall’abitato in direzione di Milis. Percorsi novecento metri lungo la via Segni, vediamo alla destra della strada il muro di cinta con il cancello di accesso al nuovo Cimitero Comunale nuovo di Bonarcado. Questo Cimitero è stato realizzato per ospitare i defunti dopo l’avvenuto quasi completamento del Cimitero vecchio, ed è per ora in fase di completamento ed ampliamento. I resti del Nuraghe misto Cuau in localtà Bau Coddinas e della Tomba di giganti omonimaDal centro di Bonarcado usciamo verso sud est con la via Roma che, dopo l’incrocio con la SP15, esce dall’abitato come SP11 e si dirige verso Paulilatino. Dall’incrocio con la SP15 percorriamo circa cinquecento metri sulla SP11, ed arriviamo a un successivo incrocio, dove svoltiamo a destra in una strada bianca che seguiamo per un chilometro e quattrocento metri, fino a vedere alla destra un cancello, passato il quale, in circa trecento metri, si raggiungoni i resti del Nuraghe complesso Cuau situato in località Bau Coddinas. Si tratta di un Nuraghe complesso di tipo misto, costituito da una torre principale, con camera interna parzialmente crollata, da una seconda torre sul lato sud ovest, e da un imponente corpo attraversato da un corridoio che sembrerebbe culminare con un cortiletto nel quale è presente una ulteriore torretta. L’ingresso alla torre principale è collocato a sud est, e presenta un architrave costituito da un piccolo monolite vagamente ad arco. Dalla sommità è possibile vedere la camera interna con la parte finale della tholos crollata, sono visibili due nicchie e si notano delle pietre piatte poste quasi a formare una sorta di sedile addossato alla parete. Gli ingressi alla parte più antica, quella a corridoio, si notano posizionati a sud est e a nord ovest, ma sono entrambi non percorribili a causa dei crolli. Tutto il complesso è realizzato in blocchi poligonali di basalto locale. La lettura del monumento è resa molto difficoltosa, sia dalla copertura vegetale che dal notevole interro, oltre che dalla tipologia inconsueta della stessa costruzione. Il Nuraghe Cuau è uno dei più rappresentativi nel territorio di Bonarcado, si tratta di un Nuraghe «la cui planimetria è molto complessa sia nel solo bastione antico sia nell’attuale disposizione, che mostra aggiunte nel lato orientale e sovrapposizioni al colmo». Vicino al Nuraghe, era presente la Tomba di giganti Bau Codinas, e l’esistenza del monumento, attualmente non rintracciabile, è attestata dalla presenza di un concio in basalto, finemente lavorato, inserito in un muretto a secco. La chiesa campestre di Santa CristinaDal centro di Bonarcado usciamo verso sud est con la via Roma che, dopo l’incrocio con la SP15, esce dall’abitato come SP11 e si dirige verso Paulilatino. Dall’incrocio con la SP15 percorriamo cinquecento metri sulla SP11 ed arriviamo al successivo incrocio, passato il quale percorriamo ancora novecento metri, e vediamo alla destra della strada la chiesa campestre di Santa Cristina. La costruzione della chiesa è iniziata nel 1915, ma i lavori, a causa della guerra, sono stati sospesi e la chiesa è portata a termine solo nel 1928. La struttura della chiesa è improntata alla massima semplicità. esternamente il paramento murario di basalto, ad opera incerta, è stato lasciato faccia a vista, mentre al suo interno è stato intonacato e dipinto di bianco. L’aula è a navata unica, scandita da archi a tutto sesto. L’altare e il pulpito, ancora presenti, sono realizzati in muratura. Ogni anno presso questa chiesa il 10 maggio si celebra la Festa di Santa Cristina, i cui festeggiamenti avvengono solitamente la seconda domenica di maggio preceduti da un triduo di preparazione. Si svolgono festeggiamenti civili e religiosi in onore della Santa, con processione per le vie del paese e celebrazione della Santa messa. La giornata è piacevolmente animata dalle antiche melodie della tradizione sarda. La cava dismessa di Zenna UdaPassata la chiesa campestre di Santa Cristina, proseguiamo per altri settecentocinquanta metri sulla SP11, superiamo il ponte sul rio Tzispiri che è un fiume perenne ricco di acque anche nella stagione estiva, e vediamo alla sinistra della strada un cancello con l’indicazione per l’Ittiturismo. Passato il cancello, prendiamo una strada che si dirige verso l’ex cava dismessa di Zenna Uda, sul rio Tzispiri, che raggiungiamo dopo poco meno di un paio di chilometri. Dall’area di Zenna Uda, circa due ettari, fino a qualche decennio fa si estraeva un tufo impiegato in edilizia. Poi, con l’introduzione di materiali di nuova generazione, più leggeri e più idonei alle mutate esigenze costruttive, i blocchi di Zenna Uda non sono stati più utilizzati e la cava è stata dismessa. Nelle vicinanze dell’ex cava c’è l’Ittiturismo, di proprietà di Angelo Accareddu, con annesse alcune vasche per l’allevamento delle trote. A poca distanza dalla zona in cui si trova l’ex cava sono presenti alcuni siti archeologici di grande importanza. I resti del Nuraghe complesso Muschiu indicato nella carta IGM come Nuraghe Serra Crastula ISopra un’altura, alla distanza in linea d’aria di circa cinquecento metri in direzione nord ovest, si trovano i resti del Nuraghe Muschiu, indicato nella carta IGM come Nuraghe Serra Crastula I. Si tratta di un Nuraghe complesso nel quale, a una torre centrale con la camera a tholos, è stata aggiunta una struttura di forma ellitica con tre ingressi che danno accesso a corridoi e camere, e all’ingresso della torre. La torre principale è ben leggibile e, delle altre due torri aggiunte, una è leggibile, sebbene coperta dalla vegetazione, l’altra solo intuibile sotto la fitta macchia. Tutto il complesso è fabbricato in blocchi poligonali di basalto locale a 264 metri di altezza. La torre principale si conserva in discrete condizioni, con la camera interna marginata da due nicchie, e presenta l’ingresso architravato orientato a sud est. Dall’ingresso si può accedere all’andito, sulla sinistra del quale si apre il vano della scala per poter accedere alla camera superiore, oggi crollata. Il vano scala non è praticabile in quanto si trova parzialmente occluso da materiali di crollo. L’archeologo Giuseppe Maisola nei dintorni del Nuraghe ha rinvenuto tracce di un insediamento abitativo. I resti del Nuraghe complesso di tipo misto Scovera o Scova Eraalla distanza di poco più di novecento metri in direzione nord est, collocato ai margini orientali di un ampio pianoro basaltico denominato Serra Crastula, ossia il Territorio delle pietre da cui viene il nome con cui ne fu data la prima notizia nella letteratura, si trovano i resti del Nuraghe complesso Scovera o Scova Era. Si tratta di un Nuraghe complesso di tipo misto edificato in basalto a 282 metri di altezza, composto da un Nuraghe arcaico di tipo a corridoio collegato a una torre circolare a tholos con camera. Il complesso, nell’insieme molto imponente, è formato da un grande edificio a pianta ellittica ossia sub quadrangolare con spigoli arrotondati, lungo circa ventidue metri e largo poco più di diciassette metri. Intorno al Nuraghe si trovano tracce di un insediamento abitativo nuragico. I resti della Fonte nuragica Scovera e della Tomba di giganti di Serra CrastulaNon molto distante, all’altezza di 279 metri, si trovava la probabile Fonte nuragica Scovera, costruita anch’essa in basalto. A nord ovest rispetto al Nuraghe si trova la foresta sempreverde di Serra Crastula, ed anche il sito archeologico costituito dalla Tomba dei giganti di Serra Crastula, costruita in basalto a 290 metri di altezza, che si presenta in stato di avanzata rovina, della quale si intuisce comunque l’originaria grandiosità, essendo lunga circa ventidue metri e larga sei metri. Sono presenti anche i resti della stele centinata. I resti del Nuraghe complesso Nardzos chiamato anche NargiusDal Municipio di Bonarcado prediamo verso nord il corso Italia, lo seguiamo finché esce dall’abitato come SP15 in direzione di Santu Lussurgiu. Percorsi circa ottocentocinquanta metri da dove avevamo incontrato la via Gennargentu ed eravamo entarti nell’abitato, si vede alla sinistra una strada che porta a fattorie, ed alla distanza di quasi un chilometro verso ovest si trovano i resti del Nuraghe complesso Nardzos, chiamato anche Nargius. Si tratta di un Nuraghe complesso del tipo a tancato, situato su un’altura a 472 metri di altezza, con la torre più antica fronteggiata da un corpo aggiunto di forma irregolarmente triangolare addossato circa a metà della torre. La torre antica, circolare, presenta l’ingresso con pietra di architrave, mentre il corridoio retrostante riceve sulla sinistra l’apertura della scala d’andito, della quale sono visibili alcuni gradini nel vano eliocoidale. L’andito sfocia nella camera, rotonda, articolata in tre cellette di pianta semiellittica disposte a croce. Il paramento esterno è in blocchi basaltici poliedrici di medie dimensioni, con interstizi riempiti d’argilla e di scaglie di pietra. Il corpo aggiunto è costituito da una torretta, opposta alla torre primitiva e ad essa collegata da due cortine curvilinee, che si espandono in due ali racchiudendo le strutture più antiche. Fra il mastio e la torretta aggiunta si trova un cortiletto scoperto, a cui si accede dalla cortina est, nel quale si aprono gli usci delle camere delle due torri. Circa a metà della cortina est si trova l’ingresso, la cui porta è sormontata da architrave, ed il breve corridoio retrostante consente l’accesso al cortile e presenta sulla destra di chi entra una garitta di pianta semiellittica. A poca distanza dalla torre aggiunta si trova un anello murario di due metri di diametro, con blocchi poliedrici di medie dimensioni, che si ritiene siano i resti di capanne costruite insieme al Nuraghe. Il Nuraghe è coperto dai rovi e non è visitabile. I resti del Nuraghe semplice Mura ’e FiguDal Municipio di Bonarcado prediamo verso nord il corso Italia, lo seguiamo finché esce dall’abitato come SP15 in direzione di Santu Lussurgiu. Percorsi circa settecento metri da dove avevamo incontrato la via Gennargentu ed eravamo entarti nell’abitato, subito dopo il cartello segnaletico che indica il chilometro, appena prima di una curva a sinistra si prende una sterrata in discesa sulla destra della strada. Seguendo questa sterrata per ottocento metri, si trovano a una certa verso nord i resti del Nuraghe Mura ’e Figu, che si trova appunto nascosto da grosso fico e non è visibile da lontano. Si tratta di un Nuraghe semplice, monotorre, costruito in basalto a 345 metri di altezza, con l’ingresso a sud est sormontato da un architrave con feritoia triangolare di scarico, che immette nell’andito retrostante strombato leggermente verso l’interno, con una nicchia semiellittica molto profonda sulla destra. Nella camera rotonda, eccentrica rispetto all’esterno, si apre sulla destra un’altra nicchia. Non vi è traccia di ulteriori vani o scale, perciò il Nuraghe deve considerarsi costituito dal solo piano terreno con terrazzo terminale. La cascata di Sos MolinosProseguendo lungo la SP15 in direzione di Santu Lussurgiu per poco più di tre chilometri, si vede alla destra della strada il parcheggio per la cascata, la quale dista circa trecento metri in direzione nord ovest. La Cascata di Sos Molinos si trova al confine con il territorio Comunale di Santu Lussurgiu, si sviluppa lungo il corso del rio Bau'e Mela, ed è attiva tutto l’anno, anche nei mesi più caldi, ma è in quelli invernali che fa sfoggio di tutta la sua portata. Si inizia a sentire il placido scroscio dell’acqua dal parcheggio a lato della strada, punto di partenza del percorso che conduce alla valle e alla cascata. è una mulattiera in discesa dove ogni tanto affiorano i resti di pavimentazione lastricata in pietra, ai suoi lati lecci, roverelle e ontani. Insieme agli alberi, si cede un’inifinità di piante di alloro, così rigogliose che la valle è stata dichiarata zona speciale per la sua conservazione. L’acqua della cascata precipita con per un totale di trenta metri compiendo vari salti consecutivi, dato che il ruscello che la genera cade da un’altezza di 440 metri, lungo il versante orientale dell’altopiano basaltico del Montiferru, dove le acque hanno scavato per millenni dando origine a una rigogliosa valle. I balzi dell’acqua sono cinque, il maggiore e più scenografico è l’ultimo, di qunidici metri. Il nome della località deriva dalla sua funzione in età preindustriale, quando il ripido corso d’acqua, la sua abbondante portata e i numerosi dislivelli hanno favorito l’uso delle risorsa idrica come motrice di numerosi mulini e gualchiere in pietra che si susseguivano lungo il torrente. Uno di essi è ancora lì, proprio di fianco al salto maggiore del corso d’acqua e arricchisce lo scenario fiabesco. La sua struttura e i materiali coi quali è costruito sono perfettamente armonizzati con la natura circostante. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio da Bonarcado ci recheremo a Seneghe dove è viva la tradizione del canto a tenore, che visiteremo con la chiesa parrocchiale di Santa Maria Immacolata e la chiesa di Santa Maria della Rosa o della Visitazione, ed i dintorni dove si trovano numerosi siti archeologici. |