Sindia in Planargia dove si trova l’importante Abbazia cistercense di Cabuabbas o Santuario di Nostra Signora di Corte
In questa tappa del nostro viaggio, da Macomer ci recheremo verso ovest fino a rientrare nella regione storica della Planargia, e raggiungeremo Sindia l’unico paese della Planargia passata nella Provincia di Oristano che ha deciso invece di tornare in quella di Nuoro, e la visiteremo insiema all’Abbazia cistercense di Cabuabbas o Santuario di Nostra Signora di Corte. La regione storica della PlanargiaLa Planargia è una piccola regione sulla costa occidentale della Sardegna. Si tratta di un vasto e fertile altopiano vulcanico che si estende dal Marghine fino al mare, fra i territori di Villanova a nord ed il Montiferru a sud, attraversato dalla valle del fiume Temo. Il nome deriva dall’andamento pianeggiante della sua conformazione geografica. La Planargia si trova interamente in Provincia di Oristano ed i comuni che ne fanno parte sono Bosa, Flussio, Magomadas, Modolo, Montresta, Sagama, Sindia, Suni, Tinnura e TresNuraghes. regione fortunata per la sua posizione geografica e per il clima mite tutto l’anno, la Planargia occupa un posto rilevante nella produzione vitivinicola della Sardegna, grazie soprattutto alla malvasia di Bosa. La Planargia si sviluppava interamente nella Provincia di Nuoro, ma, dopo la nascita della nuove province della Sardegna, tutta la sua zona costiera è stata portata all’interno della Provincia di Oristano. In viaggio verso SindiaDal centro di Macomer, in corso Umberto I I, usciamo dall’abitato verso ovest con la SS129bis Trasversale Sarda, in direzione di Bosa e quindi della zona costiera della regione della Planargia, che ci porta appunto dal Marghine alla Planargia. La seguiamo per una diecina di chilometri, e, a metà strada tra Macomer e Bosa, entriamo nell’abitato di Sindia. Dal Municipio di Macomer a quello di Sindia abbiamo percorso 13 chilometri. Visita del paese chiamata SindiaAll’incrocio delle regioni del Marghine, della Planargia e del Basso Meilogu, nella Sardegna occidentale, sorge il comune chiamato Sindia (nome in lingua Sindìa, altezza metri 510 sul livello del mare, abitanti 1.605 al 31 dicembre 2021). Si tratta di un paese situato nella parte centro occidentale della Provincia di Nuoro, a confine con quelle di Sassari e di Oristano, a ovest dell’altopiano di Campeda, ed è facilmente raggiungibile dalla SS129bis Trasversale Sarda, che ne attraversa il territorio. La sua economia è basata sull’allevamento del bestiame, e la sua storia è strettamente legata alla costruzione della prima Abbazia cistercense della Sardegna, l’Abbazia di Santa Maria di Corte. Gli abitanti vivono per la totalità nel capoluogo Comunale. Il territorio presenta un profilo geometrico irregolare, con accentuate variazioni che vanno da un minimo di 272 a un massimo di 718 metri sul livello del mare. Origine del nomeIl suo nome è di etimologia assai oscura, e le origini del nome del paese vanno, probabilmente, rintracciate nello strato linguistico preromano. Il nome Sindia è attestato per la prima volta nel Condaghe di San Nicola di Trullas, viene citata anche nel Liber o Libellus Iudicum Turritanorum, dove viene raccontata la donazione dell’azienda o curtis di Capuabbas ai monaci cistercensi da parte del giudice Gonario II di Torres. La sua economiaComune collinare, ha un’economia basata sul settore primario e su una modesta produzione industriale. Il settore primario conserva, ancora oggi, un posto rilevante, dato che si coltivano cereali, frumento, ortaggi, foraggi e vite. Accanto al lavoro dei campi si pratica l’allevamento di bovini, suini, ovini, equini e avicoli. Sindia è un paese dalla lunga tradizione equestre. L’industria, di modeste dimensioni, è costituita da aziende che operano nei comparti alimentare ed edile. Modesta è anche la presenza del terziario. L’apparato ricettivo offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Il bel paesaggio che la circonda e la possibilità di effettuare piacevoli escursioni nel verde, costituiscono una ragione sufficiente per attirare un discreto flusso turistico, che deriva soprattutto, comunque, dalla volontà di visitare l’antica Abbazia di Santa Maria di Corte. La pietanza caratterizzante la cucina del paese è Sa Suppa Faltza, che un tempo veniva preparata dalle famiglie meno abbienti per recuperare il pane raffermo, poi facilmente adottata da quelle più ricche con l’integrazione di ingredienti più costosi o aumentando le quantità del condimento. Nalla sua versione base viene confezionata con salsiccia, cipolla, acqua e pane tipico sindiese, ovvero il pane russu, e lardo. La variante ricca non si discosta molto, viene semplicemente aggiunto solo il latte di pecora che anticamente non tutti potevano permettersi. Gli ingredienti utilizzati fanno capire che si tratta di un piatto tipicamente invernale, ma i turisti e i buon gustai non la disdegnano anche d’estate. Brevi cenni storiciIl suo territorio è stato abitato fino dalla preistoria, come dimostrano gli oltre 4 dolmen, 42 Nuraghi, 5 Tombe di giganti e una fonte nuragica.Tracce di ceramiche e sepolture sono state rinvenute presso i Nuraghi Sa Mandra, Sant’Arvara e Corizanas. Anche in epoca romana, Sindia ha una posizione di notevole importanza strategica, dato che il suo territorio è attraversato da vari tratti di strade romane secondarie e dai resti di due ponti romani. In epoca medievale appartiene al Giudicato del Logudoro, nella curatoria della Planargia. L’abitato di Sindia nasce intorno alla chiesa medievale di San Pietro, costruita dai Frati Cistercensi e dai servi che lavoravano nella Grangia, che era un’azienda agricola legata alla chiesa di Santa Maria di Corte. L’arrivo dei Cistercensi a Sindia è conseguenza dell’incontro di Gonnario II di Torres, al rientro da un pellegrinaggio in Terra Santa, con San Bernardo di Citeaux, ossia di Chiaravalle. Sindia viene citata da Pietro Sella nelle sue Rationes Decimarum Sardiniae, e da Dionigi Scano nelle relazioni tra la Santa Sede e la Sardegna. Viene inoltre citata nel Codice di San Pietro di Sorres. alla caduta del Giudicato del Logudoro, intorno al 1272, diviene uno dei possedimenti privati dei Malaspina, nel 1308 venne perfezionato l’acquisto della Planargia e di Bosa Nuova da parte di Mariano III e Andreotto de Bas, giudici d’Arborea. Dopo la caduta del Giudicato ed il passaggio al Regno di Sardegna e Corsica, viene concessa in feudo nel 1430 a Guglielmo Raimondo de Moncada, ma nel 1453 Sindia ed il feudo vengono confiscati dalla Corona. Nel 1469 Sindia, passa in possesso di Giovanni de Villamarì, ma alla metà del secolo successivo ritorna alla Corona. Nel 1629 il re spagnolo vende il feudo della Planargia al cagliaritano Antonio Brondo, a cui viene però confiscato nel 1670. Nel 1698 è Giuseppe Olives ad acquistare il feudo. Entrata a far parte dei possedimenti sabaudi, viene concessa, nel 1756, in qualità di feudo ad Antonio Ignazio Palliaccio, e da allora il marchese della Planargia assume anche il titolo di conte di Sindia. alla fine del settecento anche Sindia si schiera contro i feudatari, e Giovanni Maria Angioy, protetto dagli abitanti, trascorre una notte nell’accampamento dei suoi fedelissimi, situato nelle località di Corte e nella località boschiva di Matta Sindia. Nel 1839 anche il feudo della Planargia viene riscattato e liberato dal fardello feudale. Del comune di Sindia nel 1927, dopo la creazione della Provincia di Nuoro, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, alla neonata Provincia di Nuoro. Nel 2004 Sindia sceglie di tornare nella Provincia di Nuoro, staccandosi dopo secoli dal resto della Planargia, che ha scelto invece il proprio passaggio nella Provincia di Oristano. Il 1 settembre 2010 il Consiglio Comunale delibera che il nome del paese, in lingua sarda, è Sindìa con l’accento sulla seconda I. Le principali feste e sagre che si svolgono a SindiaA Sindia è attivo il Gruppo Folk Sindiese, costituito a Sindia per far rivivere le tradizioni e gli abiti tradizionali del paese e anche per offrire un alternativa ed una possibilità di socializzazione e scambio culturali alla comunità sindiese, il quale porta avanti le tradizioni locali, partecipando alle numerose rassegne folkloristiche dell’isola, come la Cavalcata Sarda di Sassari e il redentore di Nuoro, con indosso il costume tipico del paese. A Sindia è attivo anche il Gruppo Folk Ballerinas Sindiesas, un gruppo folk tutto al femminile. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Sindia si segnalano il 16 gennaio la Festa di Sant’Antonio Abate, con l’accensione del grande falò nella piazza San Giorgio; il Carnevale con la sfilata delle maschere e con Sa Cursa a Sa Pudda, rispolverata alcuni anni fa dopo un lungo periodo di assenza, per la quale in passato i cavalieri, in sella ai cavalli in corsa, dovevano agguantare per il collo le galline che venivano sistemate lungo il percorso, ed a fine gara le galline finivano in pentola, mentre oggi al loro posto ci sono le galline di pezza; la terza domenica dopo Pasqua, la Festa dei Santi Giorgio, Raffaele ed Isidoro, la prima e l’ultima nella chiesa di San Giorgio, mentre la Festa di San Raffaele si svolge nella chiesa parrocchiale Abbaziale; in concomitanza con queste feste, si svolge anche l’Ardia di Sindia, una delle corse più spettacolari in Sardegna, con quattro giorni di spettacolari corse a cavallo seguite da intrattenimenti musicali con balli e canti in piazza; a metà aprile, nella chiesa parrocchiale Abbaziale si svolge la Messa in onore di Sant’Espedito Martire; tra fine luglio e metà agosto, si svolge la manifestazione Trazzos de Cadena, il carnevale estivo organizzato dall’associazione Sos Traigolzos, ed abbinato all’iniziativa anche la Sagra dell’asinello e musica per tutti in piazza, ma la vera attrazione della giornata è la sfilata delle maschere etniche provenienti da tutte le parti della Sardegna che animano le vie principali del paese con il coinvolgimento di tutti; l’8 settembre si svolge la Festa patronale in onore di Santa Maria di Corte; il 17 ottobre la Festa di San Demetrio; a luglio e durante le festività natalizie si svolge la Sagra de Sa Suppa Faltza, una festa in onore alla pietanza caratterizzante la cucina del paese. Il Carnevale di SindiaIl Carnevale di Sindia prevede la sfilata delle maschere che rappresentano Sos Tarigolzos. Nell’infinito carosello degli esseri fantastici sardi, un posto spetta alla leggendaria figura de Su Traigolzu di Sindia, una figura mitica, usata analogamente a tante sue colleghe come spauracchio per i più piccoli. Narra il mito che, nella notte tra il 14 e il 15 agosto, Su Traigolzu emergesse dalle acque liberandosi delle sue possenti catene, per poi venire nuovamente imprigionato nella notte immediatamente successiva. Sempre secondo la leggenda, egli passava questa giornata di agognata libertà alla ricerca di anime da trascinare con s al ritorno nelle profondità marine. Motivo, questo, per cui il 15 agosto era considerato estremamente pericoloso fare il bagno in mare, data la presenza del mostro pronto ad afferrare chiunque fosse tanto coraggioso da nuotarvi. Non soddisfatto, la sera era altrettanto rischioso avventurarsi per le vie della città, dove Su Traigolzu amava passare le ore notturne in cerca di anime da sacrificare, rumoreggiando con le sue pesanti catene. Visita del centro di SindiaL’abitato di Sindia, interessato da forte espansione edilizia, si estende ai piedi del monte Rughe, ed il suo andamento altimetrico è tipico collinare. Provenendo da Macomer, arriviamo nell’abitato da ovest, con la SS129bis Trasversale Sarda. Il Cimitero di SindiaGeograficamente il suo centro abitato è posto sull’altopiano di Campeda, mentre parti del territorio Comunale ricadono nelle subregioni storiche di Planargia, Marghine e Montiferru. Arrivati a Sindia percorrendo la SS129bis Trasversale Sarda in direzione di Bosa, e quindi della zona costiera della regione della Planargia, a trecento metri dal cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato di Sindia, all’altezza del chilometro 12 della strada statale, troviamo, sulla destra strada, la facciata del Cimitero di Sindia. Passato il Cimitero, la SS129bis prosegue in direzione del centro del paese, ed arrivati prende il nome di corso Umberto I, la via principale del paese, attorno alla quale si dispone tutto l’abitato. Il Municipio di SindiaPercorsi circa quattrocentocinquanta metri dal Cimitero, in corso Umberto I, alla sinistra della strada al civico numero 27, si vede l’edificio nel quale si trova il Municipio di Sindia, che ospita la sua sede e gli uffici in grado di fornire i loro servizi agli abitanti del paese. Si tratta degli uffici del Servizio Finanziario; del Servizio Tecnico, che comprende Edilizia Pubblica, ed Edilizia Privata; del Servizio Tributi; ed anche del Sevzio Amministrativo. La piazza della resistenza con il bel muraleDopo un’ottantina di metri, alla destra della strada si trova la bella piazza della resistenza, e lungo la facciata dell’edificio tra il corso Umberto I al civico numero 26 e la piazza, affacciato sulla piazza si può ammirare un bel murale di Pina Monne, nel quale sono rappresentate figure maschili ed una figura femminile a cavallo, con San Giorgio, San Raffaele, Sant’Isidoro, sovrastate dalla riproduzione del gonfalone di Sindia. Nella piazza della resistenza si trova il Monumento ai CadutiNella piazza della resistenza si trova il Monumento ai Caduti di Sindia nelle diverse guerre, costituito da parallelepipedi verticali in marmo, con delle lapidi sulle quali sono riportati i nomi dei Caduti. Sul retro del Monumento, affacciato sulla via della resistenza al civico numero 1, si trova l’edificio che ospita la sede dell’Istituto Comprensivo Gonario di Torres, che è la scuola primaria e secondaria del paese. Gli impianti sportivi della scuola secondariaSul retro della scuola secondaria sono presenti gli impianti sportivi della scuola secondaria, all’interno dei quali è presente un Campo polivalente dotato di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori, nel quale si possono praticare come discipline il calcetto ossia calcio a cinque, ed il tennis. È presente anche una Pista da atletica leggera, nella quale praticare le corse su pista. La chiesa di Nostra Signora del Rosario chiamata oggi parrocchia Abbaziale di Nostra Signora di CorteLungo il corso Umberto I, Duecentosettanta metri più avanti del Municipio, alla destra della strada si trova la chiesa di Nostra Signora del Rosario che è la chiesa parrocchiale del paese. La chiesa, di probabile origine cinquecentesca, è stata oggetto di successivi rimaneggiamenti, e l’aspetto attuale risale all’ultimo restauro del 1929. Nel 1984, durante il pontificato di papa Giovanni Paolo II, con decreto della Congregazione del Clero, le viene attribuito il titolo di parrocchia Abbaziale, fondamentale riconoscimento dello stretto legame tra Sindia e l’Abbazia di Nostra Signora di Corte. Per questo stesso motivo, nel 1989, si è sostituita l’intestazione di parrocchia del Rosario, con quella attuale, che è parrocchia Abbaziale di Nostra Signora di Corte. La facciata, che prospetta su una piccola piazza, è di gusto neoclassico e risale alla metà dell’Ottocento. L’ordine inferiore è scandito da quattro lesene. La facciata termina con un frontone di gusto barocco. Sulla destra della chiesa, si erge il campanile a canna quadrata, diviso in due ordini, dei quali quello inferiore è in pietra a vista, come le lesene in facciata e la decorazione del portale. La chiesa, orientata verso nord, ha impianto ad aula con cappelle laterali. Internamente, l’aula è voltata a botte con archi trasversi. Le cappelle laterali sono ricavate tra i contrafforti degli archi. La zona presbiteriale è rialzata rispetto al resto dell’aula ed è cinta da balaustra. L’8 settembre a Sindia si svolge la Festa patronale in onore di Nostra Signora di Corte. La processione parte nel pomeriggio dell’8 settembre dall’Abbazia di Cabuabbas, e, preceduta da un centinaio di cavalieri in costume, la Madonna incoronata giunge nel paesesu un carro a buoi, attesa dalle Confraternite della Santa Croce e del Santo Rosario, dai rappresentanti di Associazioni, Comitati e Priorati, e dai gruppi folk. Il corteo si snoda lungo il corso Umberto I proseguendo per le vie imbandierate a Festa ed abbellite dai tappeti colorati esposti ai davanzali delle finestre spalancate, ed arriva nella chiesa del Rosario, accompagnato dal canto solenne dei Gosos. Per tale Festa accorrono a Sindia numerosi pellegrini. Inoltre, la terza domenica dopo Pasqua, in occasione della Festa dei Santi Giorgio, Raffaele ed Isidoro, la Festa di San Raffaele si svolge nella chiesa parrocchiale Abbaziale. La Stazione ferroviaria di SindiaProseguendo lungo il corso Umberto I, passata la chiesa parrocchiale di Nostra Signora del Rosario, alla sinistra del corso parte la via della Stazione, che, in un centinaio di metri, porta a vedere la Stazione ferroviaria di Sindia. L’impianto è nato nell’ultima parte dell’ottocento in coincidenza con la fase di realizzazione della ferrovia a scartamento ridotto tra Bosa e Macomer, portata avanti dalla Strade Ferrate Secondarie della Sardegna. L’inaugurazione di linea e stazione è datata 26 dicembre 1888, successivamente l’impianto è passato alla gestione delle Ferrovie Complementari della Sardegna nel 1921 e alle Ferrovie della Sardegna nel 1989. Sotto quest'ultima gestione nella stazione cessa la regolare attività a partire dal 16 giugno 1997, data alla quale l’intera linea tra Macomer e Bosa è stata destinata ad esclusivo uso turistico. Da allora l’impianto, passato nel 2010 all’ARST, viene utilizzato per le corse del Trenino Verde, effettuate principalmente in periodo estivo. La casa Virdis con il Nuraghe semplice GianbasileNel territorio di Sindia vi sono molte testimonianze nuragiche, tra le quale spicca per unicità il Nuraghe inglobato all’interno di una abitazione privata, la casa Virdis. A sinistra della chiesa parrocchiale, prendiamo la via del Rosario, poi, dopo una cinquantina di metri, svoltiamo a sinistra ed imbocchiamo il vico Vittorio Zedda, e, dopo una trentina di metri, prendiamo a destra la via Eleonora. Percorsa una settantina di metri, troviamo, alla destra della strada, la Casa Virdis, un palazzo nobiliare ottocentesco appartenente, appunto, alla famiglia Virdis. All’interno della casa Virdis, in particolare nel cortile della casa, si può ammirare il Nuraghe Virdis, conosciuto anche come Nuraghe Gianbasile, tra i Nuraghi più e meglio conservati di Sindia. Si tratta di un Nuraghe monotorre realizzato in materiale indeterminato 510 metri di altezza, con una scala interna, una nicchia d’andito, e la camera marginata da tre nicchie disposte a croce. La torre, di pianta circolare, si conserva per una altezza massima di quasi sei metri e di 10 filari. L’opera muraria è costituita da blocchi di medie e grandi dimensioni, soltanto sbozzati alla base e meglio rifiniti verso l’alto, disposti a file orizzontali. Lo spazio della camera è ampliato dalle tre nicchie che oggi sono state variamente rimaneggiate, e che vengono utilizzate come deposito di botti. L’avvenuto restauro del Nuraghe Gianbasile è noto fin dai tempi in cui l’archeologo di Antonio Taramelli scriveva che «il proprietario pensò di utilizzare la rovina, rimboccando la muratura e costruendo una soletta di cemento armato, a sostegno del soffitto, con lucernario». Oggi, che i resti del Nuraghe vengono adibiti a cantina della casa Virdis, va detto che il Nuraghe deve proprio all’uso improprio che ne è stato fatto il suo stato di conservazione, che si deve considerare discreto. La chiesa romanica di San Pietro ApostoloProseguendo per cinquanta metri sulla via Eleonora, prendiamo la prima a sinistra, che, dopo una ventina di metri, si immette sulla via San Pietro, che prendiamo verso destra, in direzione sud ovest. Dopo una ventina di metri troviamo alla destra, al civico numero 21, il cortile di un Istituto di Suore, all’interno del quale si trova la piccola chiesa romanica di San Pietro Apostolo, la seconda chiesa più antica di Sindia, che si trova a poche centinaia di metri dalla chiesa Abbaziale del Rosario e a pochissimi metri dalla cappella di Santa Croce a Sindia, inglobata nell’asilo parrocchiale. Di questa chiesa non sono state finora rintracciate attestazioni documentarie sulla data di erezione, ma si ritiene sia stata fondata dai Monaci Cistercensi della vicina abbazia di Santa Maria di Corte. L’appartenenza della chiesa alla Corte Cistercense è documentata esclusivamente attraverso la tradizione orale, e dalla tecnica costruttiva e dai caratteri tipici dello stile edificatorio e decorativo dei Monaci. L’edificio è costruito con pietra di trachite bruna, roccia di origine magmatica effusiva, costituisce la tessitura muraria in conci della chiesa. L’utilizzo della pietra è evidente anche negli elementi decorativi presenti all’esterno dell’abside, ornata da archetti pensili poggianti su peducci, e nei fianchi dell’edificio su cui corre una cornice modanata. La chiesa è caratterizzata da una facciata essenziale, a spioventi, alla sommità della quale si trova un campanile a vela. Al centro della facciata si apre il portale architravato, sovrastato da arco di scarico a sesto rialzato, mentre nella parte alta si apre una finestra cruciforme, presente anche nel frontone dell’abside. L’abside termina con una teoria di archetti su peducci decorati, mentre nei fianchi della chiesa corre una cornice anch’essa scolpita. L’interno si compone di un’aula a pianta rettangolare, ad una sola navata, absidata, con copertura a quarto di sfera, mentre l’aula è coperta da una volta a botte ogivale e tetto a capanna con coperta di coppi. L’illuminazione degli interni è fornita da due monofore laterali e da quella absidale doppiamente strombate, e dalle finestre cruciformi poste sulla facciata e sul frontone ad est, al di sopra della copertura dell’abside. Una continua opera di manutenzione viene svolta dalla popolazione dei fedeli ed ha fatto sì che, caso alquanto raro, la costruzione giungesse fino a noi nella sua forma originale senza modifiche di sorta. Attualmente la chiesa viene officiata in occasione della festa del Santo o in poche altre particolari occasioni. La chiesa di San Giorgio MartirePassato l’ingresso del cortile che orta alla chiesa di San Pietro Apostolo, procediamo verso sud ovest lungo la via San Pietro, dopo una ventina di metri svoltiamo a destra nella via Giovanni Maria Chessa, la seguiamo per poco più di centocinqunta metri poi prendiamo a destra la via la Maddalena. La prendiamo verso destra e la seguiamo, la strada continua sulla via San Giorgio, e, dopo duecentocinquanta metri, ci porta, nella parte alta del paese, nella grande piazza San Giorgio. In questa piazza si trova l’antica chiesa di San Giorgio Martire, che domina dall’alto l’intero centro storico e gode di una vista sulle campagne circostanti. La chiesa risale al periodo aragonese, edificata in stile gotico, e nel corso dei secoli ha subito certamente numerose trasformazioni, ma si sa per certo, che già essa esisteva quando sorse l’Abbazia cistercense di Cabuabbas. Come fosse la chiesa di San Giorgio nel dodicesimo secolo non possiamo saperlo, ma la bell’abside rimessa in luce negli ultimi restauri potrebbe anche risalire a quel periodo, come si potrebbe arguire dalla monofora centrale ancora ben visibile. Il campanile, che è stato aggiunto dopo la fine della costruzione della chiesa, si presenta a forma di torre. In passato presentava una copertura piramidale, poi demolita per alleggerire le strutture murarie danneggiate da un fulmine negli anni trenta del Novecento. Fino alla fine dell’ottocento la chiesa di San Giorgio è stata la parrocchiale del paese, poi è divenuta insufficiente alle esigenze della popolazione, tanto che in un documento ritrovato nell’archivio di stato di Cagliari viene riferito che per le funzioni della Settimana Santa, tutti gli anni scoppiavano delle risse per poter entrare in chiesa. Inoltre, la popolazione si era spostata più a valle, tanto che già dal 1930 si preferiva officiare nella chiesa di Nostra Signora del Rosario, che man mano veniva preparata a divenire parrocchia, realtà che si è concretizzata nel 1858. All’interno della chiesa vi è l’abside, di notevole interesse architettonico e quattro cappelle, delle quali tre presentano archi romanici a tutto sesto. Una, forse appartenente alla chiesa originaria, è costruita in pietra basaltica, un altra è in muratura intonacata, l’altra ancora è in trachite rossa, pare proveniente da una vicina cava. La quarta cappella, in stile gotico aragonese in trachite rossa, con volta a crociera molto ben rifinita è certamente del diciassettesimo secolo, e pare sia il luogo di sepoltura del cavaliere Gavino Pintor Serra, inquisitore generale dell’Isola di Sardegna. Fino all’ottocento in questa chiesa si seppellivano i defunti, nel presbiterio trovano sepoltura i sacerdoti, la cappella aragonese detta di San Sebastiano era riservata alla famiglia Pintor Serra, nelle altre fosse che sorgevano dislocate nei diversi punti della chiesa, gli altri defunti. Molti venivano seppelliti all’esterno, nel Cimitero, detto di San Giorgio, che sorgeva intorno alla chiesa. Tra il 1947 ed il 1948, è stato costruito un capace ossario sotto il vano della chiesa, in cui trovarono degna sepoltura, tutte le ossa esumate dentro la chiesa e nei dintorni. Negli anni cinquanta del novecento è sorto il grande edificio attiguo alla chiesa, in origine casa di riposo per anziani ed orfanotrofio per minori. In esso per molti anni è stata ospitata la scuola media, e successivamente è divenuto Collegio apostolico dei Carmelitani Scalzi. Nel piazzale che si trova davanti alla chiesa, la sera del 16 gennaio si accende un enorme falò che resta vivo per tutta la notte, per la Festa in onore di Sant’Antonio Abate. Durante la veglia, viene offerta la cena a tutti i partecipanti, e, ai balli tipici, si intervallano le recite dei rosari in onore del Santo. La chiesa viene aperta insieme a Santa Lucia e a Nostra Signora di Lourdes e per i riti della Settimana Santa. La Festa più importante che si svolge a Sindia è la Festa di San Giorgio, che viene festeggiato insieme ai Santi Raffaele ed Isidoro, festeggiamenti che durano quattro giorni e si concludono la terza domenica dopo Pasqua. Per l’occasione, oltre al la processione religiosa ed ai riti religiosi che si tengono nella chiesa di San Giorgio, si svolgono i tradizionali balli, canto a chitarra, ed altri spettacoli folcloristici. Ma l’elemento di maggior richiamo delle feste dei tre Santi è la tradizionale Ardia, nella quale i cavalieri del paese daranno prova di abilità e forza, con anche spettacolari pariglie a cavallo. Il Palazzetto dello Sport di SindiaDal Municipio, proseguendo lungo il corso Umberto I per centotrenta metri, prima di arrivare alla chiesa parrocchiale, seguendo il cartello per la caserma dei Carabinieri, prendiamo a sinistra la via Cuglieri, che diventa la via Cuccuru. Percorsi circa trecento metri, dopo il passaggio a livello, svoltiamo a sinistra, nella via San Demetrio, che ci porta alla periferia meridionale del paese. Proseguiamo per centottanta metri e vediamo, alla destra della strada, l’ingresso del Palazzetto dello Sport di Sindia. Il Palazzetto ospita una Palestra, che non è dotata di tribune per gli spettatori, nella quale è possibile praticare come discipline la pallacanestro, la pallavolo, ed il tennis. Il Palazzetto ospita, inoltre, dei Campi da bocce. La chiesa di San DemetrioDa dove avevamo presa la via San Demetrio, che ci porta alla periferia meridionale del paese, proseguiamo per duecentocinquanta metri, poi svoltiamo a destra nella strada per l’Agriturismo Pialza e dopo una quarantina di metri, vediamo alla sinistra della strada, la facciata della chiesa di San Demetrio. Edificata per iniziativa di un nobile ecclesiastico sindiese, il cavalier Gavino Pintor Serra, inquisitore generale dell’isola di Sardegna. Nella recente ristrutturazione della chiesa, è risultato che già esisteva una chiesa più antica e molto più piccola, orientata ad est, i cui stipiti delle porte erano in tufo bianco, che aveva un portico con le travi della copertura che poggiavano su dei pilastri di trachite. Questi ultimi sono stati, in seguito, riutilizzati nella realizzazione del sedile circolare lungo l’abside della nuova chiesa. La costruzione della chiesa è stata terminata nel 1668, data incisa in un blocco di trachite della facciata. La facciata è inquadrata da lesene angolari, e termina con un frontone timpanato. Sopra il portale è presente un bel rosone. È difficile indicare lo stile di questa bella costruzione, che mostra una interessante commistione di forme romaniche e gotiche, che si spiega con l’utilizzo nella costruzione di pietre squadrate dell’Abbazia di Corte, come gli archetti del campanile a vela, e, pare, lo stesso bel rosone della facciata. La chiesa conserva al suo interno un sontuoso retablo del 1688, di impianto classicheggiante, tecnica costruttiva provinciale popolare. Presenta tre piani sovrapposti con quattro colonne tortili ciascuno, separati da un fascio ornato da girali fitomorfici e testine d’angelo. Comprende in tutto sei dipinti e, nella nicchia centrale, la statua lignea dorata e policromata di San Demetrio, uno dei più importanti esempi di statuaria in estofado de oro in Sardegna, che consiste nella riproduzione in oro delle raffinate stoffe ispaniche damascate e dorate. Il 4 febbraio 2017 un incendio doloso ha devastato l’antica chiesa di San Demetrio e l’intervento tempestivo dei vigili del fuoco di Macomer non è bastato a impedire i danni ingenti causati dalle fiamme. La statua lignea del Santo del 1600 è ridotta a un tizzone annerito. L’altare ligneo e il retablo sempre del Seicento hanno riportato danni enormi. Nell’ottobre del 2020 è stato effettuato un importante passo in avanti per il pieno recupero della chiesa rimasta danneggiata dall’incendio doloso che ne aveva compromesso l’agibilità e decretato la chiusura al culto per diverso tempo. Per completare l’intervento mancano ora le quattro tele del retablo ligneo raffiguranti i Padri della chiesa. Presso questa chiesa il 17 ottobre si svolge la Festa in onore di San Demetrio, e, dopo i vespri della vigilia, nel piazzale antistante la chiesa, si tiene un veglione, per tutti i fedeli che vogliano partecipare. Il Campo PolivalenteProseguendo per un’altra ottantina di metri lungo la strada per l’Agriturismo Pialza, alla sinistra della strada si vede il Campo Polivalente di Sindia, dotato di tribune in grado di ospitare un’ottantina di spettatori, con fondo in erba sintetica, nel quale è possibile praticare come discipline in calcetto ossia calcio a cinqie, ed il tennis. Il Campo da calcio di SindiaProguendo per duecentocinquanta metri lungo la via San Demetrio, invece di svoltare a sinistra verso la chiesa di San Demetrio, svoltimo a sinistra nella via Giuseppino Sanna, e, dopo poco più di dieci metri, prendiamo a destra la via Antioco Manca che, in centocinquanta metri, ci porta al Campo da calcio di Sindia intestato a Orlando Pisanu, che si trova alla destra della strada. Dotato di fondo in terra battura, dispone di tribune in grado di ospitare 350 spettatori, ed accanto al Campo da calcio è presente una Pista da atletica leggera, nella quale è possibile praticare come discipline le corse su pista. I resti del Nuraghe semplice Sa Mandra de Sa GiuaDal corso Umberto I avevamo preso la via Cuglieri, che diventa la via Cuccuru. La seguiamo per trecento metri, dopo il passaggio a livello, evitiamo di deviare in via San Demetrio, ma proseguiamo dritti lungo la via Cuccuru. Percorsi quattrocento metri svoltiamo a sinistra nella via Antonio Gramsci, dopo una sessantina di metri svolta a sinistra e prendiamo la via Papa Giovanni XXIII e, dopo una quarantina di metri, all’altezza del civico numero 1, arriviamo a vedere, alla sinistra della strada, sopra un’altura, il Nuraghe Sa Mandra de Sa Giua, circondato da un poderoso antemurale. Si tratta di un monotorre a pianta circolare edificato in materiale indeterminato a 508 metri di altezza nella periferia sud del paese, che conserva un altezza massima di sei metri e mezzo a est, mentre quella minima è a ovest con un metro e mezzo. All’interno è presente la camera ed un tratto del vano scalo, che sono ancora visibili. Intorno al Nuraghe un poderoso antemurale costituito da pietre di grandi e medie dimensioni, appena sbozzate nei filari inferiori e ben rifinite verso l’alto. Purtroppo, i lavori per la realizzazione del Campo Sportivo, agli inizi degli anni cinquanta del novecento, ed interventi ancora più recenti hanno sbrecciato in più parti questa struttura che, tuttavia, risulta ancora la più grandiosa della Planargia e fra le meglio conservate della Sardegna nuragica. Con i lavori per il Campo Sportivo, vicino al Nuraghe è stata scoperta una tomba romana. Visita dei dintorni di SindiaVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Sindia, sono stati portati alla luce i resti dei Dolmen di Furrighesu, Nela A, Nela B, Serrese della fonte di S’Ena ’e S’Olomo; delle Tombe di giganti di Furrighesu, Nela, S’Ena de Solomo, Sa Sedda ’e Sa Cadrea, Serrese; dei Protonuraghi Elighe, Losa, Mura ’e Coga; dei Nuraghi complessi Corizanas, Fiorosu, Mura ’e Coga, Nelu, Serras; dei Nuraghi semplici Biancu, Bidumargiani, Codinatta, Furrighesu, Gianbasile, Giunturas, Mandra Pudreddos, Marriotto, Montecodes, Moresa, Mura Era I, Mura Era II, Nela, Pischina de Fustes, Pizzinnu, Sa Casina, Sa Cherina, Sa Fenestra, Sa Mandra ’e Sa Giua, Sa Tanca Salighes, Santa Barbara, S’Ena de Solomo, Serrese, Sos Banditos, Sos Benales, Su Annagiu o Annaju, Su Ludrau, Uturos de Ganna, Ziu Andria, Ziu Mameli; ed anche dei Nuraghi Miali I, Miali II, Sa Mandra ’e Sa Giua II, Sos Pedrosas, tutti di tipologia indefinita; mentre non resta più nulla del Nuraghe Salis, che è stato completamente demolito, ma era ancora menzionato nel 1958. Nei dintorni di Sindia si trova, inoltre, l’Abbazia cistercense di Nostra Signora di Corte. L’Abbazia cistercense di Nostra Signora di Corte chiamata anche Santuario di Nostra Signora di CorteUsciamo a est dal paese con la SS129bis, a circa 1.8 chilometri dal paese prendiamo, seguendo le indicazioni, la deviazione sulla destra che, in 1.7 chilometri, ci porta a visitare l’Abbazia cistercense di Cabuabbas, chiamata anche Santuario di Nostra Signora di Corte. La tradizione racconta che, nel 1148, il giudice di Torres Gonnario II, di ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa fatto per celebrare il ventennale del suo regno, abbia incontrato a Montecassino l’abate Bernardo de Clairvaux, ossia Bernardo di Chiaravalle, fondatore dell’ordine Cistercense, e lo abbia invitato ad inviare una comunità di monaci per stabilirsi nel Giudicato del Logudoro ed erigervi un monastero, donando loro un ampio territorio comprendente tutta la Planargia e buona parte del Marghine. L’Abbazia cistercense sarebbe stata, quindi, fondata da San Bernardo di Chiaravalle in località Cabu Abbas o Caput Aquae, così chiamata per la vicinanza di abbondanti sorgenti d’acqua, secondo il Libellus Judicum Turritanorum edificata e consacrata nell’anno 1149. Si tratta di una chiesa giubilare, ossia segnalata come luoghi di ritrovo dei pellegrini, edificata in conci di pietra vulcanica bruna, in stile romanico di Borgogna, ed alcuni studiosi ritengono che il tempio, avendo già qualche timido accenno alle nuove forme goticheggianti, sia da considerarsi l’esempio più antico in Europa di tali forme. L’Abbazia, nel momento più fiorente, viene abitata da centocinquanta monaci e cinquanta conversi cistercensi. Il complesso cistercense ha una forte influenza sulla vita della zona, ma si avvia presto a un periodo di decadenza, il numero dei monaci diminuisce già dal 1205, sinché nel 1398 il monastero finisce per essere disabitato, ed il papa Callisto III, con una bolla pontificia, sopprime l’Abbazia. Nel 1420 viene adattata a chiesa la parte absidale meglio conservata, con il progetto disegnato dal monaco Accardo. Dell’antico Santuario rimangono, purtroppo, solamente il braccio destro del transetto della chiesa, con due cappelle voltate a botte a tutto sesto, una parte del presbiterio, un locale con copertura a sesto ribassato, le fondamenta della chiesa, del chiostro ed il pozzo. I vari interventi di restauro susseguitisi nel corso dei secolo hanno dato vita praticamente a una nuova chiesa. La parte della chiesa surperstite è considerato importantissimo Santuario della Sardegna, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli al più antico simulacro della Vergine, quattrocentesco che si trova in una Cappella della parrocchia Abbaziale di Nostra Signora di Corte con il titolo di Nostra Signora di Cabuabbas, che era l’originario nome dell’Abbazia. L’8 settembre a Sindia si svolge la Festa patronale in onore di Nostra Signora di Corte che abbiamo già descritta, con la processione che parte nel pomeriggio dell’8 settembre dall’Abbazia di Cabuabbas, e la Madonna incoronata giunge nel paese su un carro a buoi. Il monumentale Nuraghe semplice di Santa BarbaraDal centro di Sindia, in via San Demetrio, cento metri prima della chiesa di San Demetrio, seguiamo i cartelli sulla destra per la SP63, che conduce a Scano Montiferro. Dopo un chilometro ed ottocento metri, prendiamo una stretta strada asfaltata sulla sinistra. Questa, dopo due chilometri e duecento metri in un paesaggio caratterizzato da pascoli e sugherete, ci porta al monumentale Nuraghe di Santa Barbara. È un Nuraghe semplice, monotorre, edificato a 528 metri di altezza, con una altezza residua di oltre dodici metri, costruito da conci di pietra basaltica. La camera principale è marginata da tre nicchie, ha la tholos intatta, ed è alta sette metri. Sul primo piano la camera è marginata da una nicchia. Intorno al Nuraghe si trovano i resti di un villaggio, perdurato in epoca romana. La monumentale area archeologica di Furrighesu con la Tomba di giganti, il Dolmen ed il Nuraghe FurrighesuDa Sindia prendiamo verso ovest la SS129bis in direzione di Suni. Passato il chilometri 15.6, dopo una curva a gomito, si trova un cancello di legno, dal quale si entra nell’area nella quale, su una collina, si trova la monumentale Area archeologica di Furrighesu. All’interno di questo complesso si trova la Tomba di giganti di Furrighesu. Si tratta di una tomba edificata a 424 metri di altezza, costruita con pietre basaltiche. La tomba appartiene alla categoria delle Tombe di giganti di struttura isodoma con esedra a filari, una lastra grande che costituisce l’architrave, e con vano funerario che presenta pianta rettangolare e sezione ogivale. Del monumento si conserva il corpo tombale con parte dell’esedra semicircolare e la camera funeraria. Vicino ad essa si trova il piccolo Dolmen di Furrighesu, del quale rimane il lastrone di copertura che poggia su un ortostato superstite dell’altezza di una cinquantina di centimetri, la cui presenza testimonia la frequentazione preistorica del sito. A circa un centinaio di metri a nord ovest dal Dolmen e dalla Tomba di giganti, si trova il Nuraghe di Furrighesu. Si tratta di un Nuraghe monotorre edificato a 418 metri di altezza, a pianta circolare, che si conserva per un’altezza di otto filari a nord, e di sei filari a sud ovest. L’opera muraria è costituita da pietre basaltiche di medie dimensioni sbozzate rozzamente, e disposte a filari orizzontali irregolari. All’interno è presente una camera, e vicino si trovano tracce di un insediamento abitativo del periodo nuragico. In epoca medievale, infine, una piccola struttura con volta a botte si è affiancata ai monumenti, sfruttandone le strutture all’epoca ancora visibili e usufruendo della splendida posizione. Probabilmente si trattava di una tomba bizantina. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita del Marghine. Partendo da Macomer, seguiremo la SS129 che ci porterà a visitare Birori, Bortigali con il Nuraghe Orolo, e quindi Silanus con il Nuraghe e la chiesa di Santa Sabina. Ci recheremo, quindi, a lei e Bolotana, dove visiteremo l’ampio parco di Badde Salighes, per completare la visita del Marghine. |