Nel Neolitico Medio nasce la Cultura di Bonu Ighinu con gli idoletti della Dea Madre di tipo volumetrico
In questa pagina proseguiremo la descrizione della preistoria in Sardegna. Parleremo del Neolitico Medio, quando nasce, come evoluzione della facies culturale di Filiestru, la Cultura di Bonu Ighinu durante la quale vengono realizzate ceramiche di buona fattura, e vengono realizzati i primi idoletti della Dea Madre obesa, chiamati per questo idoletti di tipo volumetrico. Nel Neolitico Medio, tra il 4700 ed il 4200 avanti Cristo, si sviluppa la Cultura di Bonu IghinuViene chiamato il Neolitico Medio il periodo che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 4700 ed il 4200 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 4000 ed il 3400 avanti Cristo, durante il quale, alla facies della ceramica impressa, succede la Cultura di Bonu Ighinu che prende il nome dalla grotta di Sa Ucca de su Tintirriolu, ossia la bocca del pipistrello, situata 350 metri più in alto rispetto alla grotta di Filiestru, non molto lontano dalla chiesa del Buon Vicino, ossia di Bonu Ighinu, presso Mara, tra Villanova Monteleone e Bosa, nell’Oristanese. In questa grotta, nel 1971, furono osservate per la prima volta testimonianze archeologiche riconducibili ad essa, che oggi sono conservate attualmente soprattutto nel Museo Giovanni Antonio Sanna di Sassari. Questa fase culturale rappresenta una evoluzione della facies culturale di Filiestru, che si era sviluppata precedentemente nella stessa zona. Dopo la scoperta di questa grotta, i ritrovamenti di materiali pertinenti alla Cultura di Bonu Ighinu si sono succeduti con numerose altre scoperte, anche in siti costituiti da più strati relativi ad insediamenti successivi. L’analisi dei reperti archeologici rinvenuti, relativi a questa cultura, ha permesso di evidenziare i suoi caratteri peculiari, e le notevoli analogie con la successiva Cultura di Ozieri. Inoltre, alcuni materiali che erano stati rinvenuti in precedenza ed attribuiti genericamente al Neolitico, hanno trovato una più precisa collocazione in questo ambito culturale. La struttura socialeIl nucleo principale della società è costituita dalla famiglia, ossia dal clan, con tutti gli ascendenti e discendenti in vita. Le donne si occupano di accudire la prole e della fabbricazione delle suppellettili, oltre che della cucina. La grande mortalità crea, comunque, una popolazione di soli giovani, certamente atti ai lavori e alle fatiche, ma allo stesso tempo priva il clan della saggezza degli anziani. La popolazione, in questo periodo, è molto scarsa, ma ha a disposizione immensi territori, stagni e lagune, dai quali può trarre il fabbisogno per la vita quotidiana. L’economiaL’economia delle popolazioni di questa cultura, è basata soprattutto su una maggior diffusione delle attività legate all’agricoltura, soprattutto la cerealicoltura, all’allevamento del bestiame, la caccia e la raccolta dei molluschi. Preferiscono, inoltre, abitare vicino alle coste. Per quanto attiene le altre attività, non si rilevano molte differenze rispetto alle fasi precedenti, ma si ha un aumento in percentuale, rispetto alla selce, dell’utilizzo dell’ossidiana del Monte Arci, e si accentua la sua presenza al di fuori dell’Isola, in Corsica, in Francia, e nell’Italia centro: settentrionale. Si aggiunge, inoltre, un innegabile progresso nella capacità di controllo del processo di produzione dei manufatti ceramici, che divengono sempre più belli e più curati. Gli insediamenti abitativiLa presenza della Cultura di Bonu Ighinu è stata dimostrata in quasi tutta l’isola. All’inizio, le popolazioni di questo periodo abitano ancora all’interno di in grotte naturali o di ripari posti sotto le rocce. Si trovano anche i primi insediamenti all’aperto, meno numerosi, costituiti dalle prime capanne, che costituivano agglomerati dei quali non è rimasta, però, traccia. Poi iniziano a diffondersi in tutta l’isola, dove vengono realizzati i primi villaggi di capanne. Le capanne sono di forma circolare o ellissoidale, sono solitamentemente costituiti da un’armatura di pali, e sono ricoperte di erbe palustri. Sono stati fatti vari ritrovamenti riconducibili a questa cultura soprattutto nella pianura di Oristano, non lontano dai giacimenti di ossidiana del Monte Arci e dai porti presenti lungo quelle coste. Tra essi significativo è il villaggio Neolitico di Puisteris, nei pressi di Mogoro. Altri ritrovamenti sono stati effettuati anche in zone dell’interno del versante occidentale della Sardegna, quando queste popolazioni iniziano a spostarsi e ad andare ad occupare siti che erano precedentemente abitati da altre culture precedenti. Un villaggio di capanne riferibile a questa cultura è, ad esempio, situato dove sarebbe stato in seguito edificato l’Altare preistorico di Monte d’Accoddi, vicino a Porto Torres. Nella Sardegna orientale, le uniche testimonianze relative a questo periodo ci giungono dalla grotta Rifugio, poco distante dalle fonti di Su Gologone, e dalla grotta Corbeddu, cha abbiamo già descritta nella pagina precedente, entrambe situate in territorio di Oliena, nel Nuorese. Gli anelloni in pietraIl rinvenimento, nella grotta di Filiestru, di un frammento di un anellone in pietra grigio scura di sezione ellittica, con la tipica decorazione a trattini sull’orlo, ha permesso di riferire a questa cultura sia questo anellone che anche molti altri anelloni litici, ben levigati, rinvenuti casualmente in altre località della Sardegna. Tra l’altro, quattro anelloni litici con decorazioni a trattini sull’orlo rinvenuti in località Sa Binza Manna, vicino a Ploaghe; un anellone rinvenuto nell’isediamento di Monte d’Accoddi, vicino a Porto Torres; nella grotta Sa Korona di Monte Majore, vicino a Thiesi nella grotta Bariles, vicino a Ozieri ed altri ancora. Per la realizzazione degli anelloni si presuppone l’utilizzo di un disco cilindrico in pietra, di forma non necessariamente regolare, levigato in modo più o meno accurato, sul quale viene eseguito il foro, in posizione centrale oppure eccentrica. Per eseguire il foro forse si utilizza un trapano cavo, con il quale si realizza un unico foro, oppure si realizzano diversi fori tangenti tra loro e disposti in forma circolare, in modo da ottenere così un foro unico più ampio. Oppure si incide il disco cilindrico con un bulino su una sagoma circolare, approfondendone poi l’incisione, fino ad ottenere il foro. Quindi l’anellone viene levigato in modo più o meno accurato. Molte sono le ipotesi sull’uso degli anelloni: il potrebbe essere stata un’arma da getto, oppure un oggetto ornamentale in pietra da usare come bracciale, come pendaglio o anello da naso, o anche un oggetto simbolico adatto a rappresentare un segno di comando. Strumenti in osso e collane di conchiglieMolto caratteristica ed abbondante, è in questa fase la lavorazione di strumenti ed ornamenti in osso. Nella grotta Rifugio, in territorio di Oliena, sono state rinvenute anche numerose collane, con vaghi costituiti da valve di piccole conchiglie, ed è stato rinvenuto un migliaio di dischetti cilindrici in clorite ed aragonite forati, bianchi e verde scuro, che si alternavano probabilmente nelle collane. Sono stati rinvenuti, anche, numerosi bracciali, ricavati da grandi conchiglie. Mestoli, collane ed altroSono inoltre presenti microvasetti, mestoli e cucchiai. Tutti hanno una forma generalmente con la base convessa. Appartengono a questa cultura anche degli insoliti strumenti in selce e ossidiana con il lungo manico. Si tratta di mestoli che terminano con una protome antropomorfa, ossia con una testa rotonda e tre fori che simulano una faccia umana. Nella grotta Rifugio, vicino ad Oliena, sono state rinvenute numerose collane costituite da valve di piccole conchiglie. Sono stati rinvenuti anche un migliaio di dischetti cilindrici in clorite ed aragonite, forati, di colore bianco o verde scuro, che si alternavano, probabilmente, in un numero imprecisato di collane. Significativi, infine, numerosi bracciali, ricavati anch’essi da grandi conchiglie. La lavorazione della ceramicaLe ceramiche della Cultura di Bonu Ighinu sono state rinvenute soprattutto in grotte naturali o nei ripari sotto roccia. Una grande quantità di ceramiche attribuibili al Neolitico Medio è stata restituita dalla grotta Sa Ucca de su Tintirriolu. In altri casi, i reperti sono stati rinvenuti in modo casuale, ma si tratta di resti che, per i caratteri generali della struttura, per il tipo di impasto, e soprattutto per la decorazione, possono essere riferiti alla di Bonu Ighinu. Le ceramiche rinvenute possono essere ricondotte a tre tipi di impasti: impasto grossolano, impasto semi-Fine ed impasto fine. Le ceramiche del primo tipo, della Cultura di Bonu Inghinu, sono costituite da vasi ad Impasto grossolano o Semi fine, sono di colore rosso vivo, hanno le superfici esterne poco lisciate, e mancano di qualsivoglia decorazione. Si tratta di vasi dalla forma molto semplici, e si tratta soprattutto di scodelle emisferiche a calotta bassa o profonda, aperte o ad orlo rientrante, e di vasi a collo, sui quali non sono ancora presenti le grandi anse, ma solo piccole anse con perforazione orizzontale. Gran parte delle ceramiche di questi tipi che sono state rinvenute, sono del tutto inornate. Le ceramiche ad Impasto fine sono, invece, ceramiche di buona fattura, raffinati ed eleganti, generalmente di colore grigio, grigio rosso o grigio bruno, a volte nero. Sono caratterizzati da un impasto molto depurato, ben cotto e duro. Hanno pareti molto più sottili e lisce delle precedenti, le superfici esterne sono sempre molto lisciata, a volte addirittura levigata e brillante. I vasi hanno forme più complesse, e si tratta di ciotole carenate, alte o basse, a spigolo angolare o arrotondato; olle, ossia vasi con imboccatura minore del diametro del corpo; ed anche vasi a forma globulare con due manici, con spalle corte rientranti ed il collo cilindrico. Tutte le fogge hanno generalmente la base convessa e recano anse modellate e decorate con piccole figure umane o con protomi zoomorfe. Le ceramiche di questo tipo sono solitamente decorate, la decorazione costituisce, infatti, il carattere distintivo della Cultura di Bonu Ighinu. La decorazione appare sulla superficie esterna delle ceramiche, e su due esemplari provenienti dalla grotta Sa Ucca de su Tintirriolu appare anche su quella interna. Si tratta di decorazioni sull’orlo o sul collo con motivi impressi con bulino a punta fine a crudo, costituiti da un minuto tratteggio o da piccolissimi punti, nel qual caso si parla di ceramiche puntinate; oppure con motivi graffiti aggiunti, solamente sui vasi carenati o sui vasi a collo, nei quali predilige i bordi, la carena e le prese, dopo la cottura. La qualità tecnica di questi manufatti, molto superiore a quella dei periodi precedenti, sta a testimoniare un innegabile progresso nel controllo del processo tecnologico che sovrintende alla produzione dei manufatti ceramici. Ed inoltre, la maggior varietà delle forme vascolari, può essere interpretata come un riflesso delle accresciute esigenze economiche della popolazione di Bonu Ighinu. L’industria liticaL’industria litica relativa alla Cultura di Bonu Ighinu è una prosecuzione di quella del Neolitico Antico, ed i suoi reperti ci arrivano soprattutto dagli insediamenti in grotte naturali o nei ripari sotto roccia. Per quanto riguarda le armi, il materiale utilizzato per la fabbricazione delle punte di freccia, delle lame e delle accette sono la selce, la pietra levigata e soprattutto l’ossidiana. Si producono strumenti vari, quali punte foliate, lame, grattatoi, raschiatoi, perforatori, bulini ed altro, realizzati prevalentemente in ossidiana, ma anche in selce. Si sono rinvenute, inoltre, macine e macinelli ellissoidali, levigatoi, pestelli in porfido, quarzo e granito. Nella grotta di Filiestru, in uno strato sicuramente riferibile alla Cultura di Bonu Ighinu, sono stati rinvenuti vasi in pietra di varia forma, decorati e lisci. Un esemplare di vaso in pietra è stato rinvenuto anche nella grotta Sa Ucca de su Tintirriolu, Ed è completamente decorato da file graffitte di nastri a zig-zag. Si pensa che si trattasse di oggetti di uso domestico, per la mensa in occasioni particolari, oppure che servissero per atti di culto. Come materiali utilizzati, nella grotta di Filiestru La pietra più utilizzata è la selce, che si trova in quantità abbondante sul posto. Asce e le accette in pietra levigata rinvenute nella grotta Sa Korona di Monte Majore, vicino a Thiesi, hanno una forma trapezoidale. In alcuni siti, come il riparo sotto roccia di Cala di Villamarina, nell’isola Santo Stefano, e nella grotta Su Carroppu, viene utilizzata quasi esclusivamente l’ossidiana. Un blocco, detto nucleo, in selce, ed uno in ossidiana, provengono dalla grotta di Sa Ucca de su Tintirriolu, ed altri piccoli blocchi in ossidiana sono stati rinvenuti a Cuccuru S’Arriu e nella grotta Rifugio, presso Oliena. Gli scambi commercialiIn questo periodo si verifica una forte crescita del commercio dell’ossidiana del Monte Arci, con esportazioni ben documentate in Corsica, in Italia centrale e settentrionale, e nella Francia meridionale. Il culto dei mortiLa coscienza religiosa porta la popolazione di Bonu Ighinu a credere in un mondo spirituale e religioso, il che li porta a presupporre l’esistenza di una vita ultraterrena, e quindi l’esigenza di tumulare i morti. I morti vengono sepolti in tombe a fossa ed in grotticelle, ossia in piccole grotte artificiali, di forma ovale e con soffitto a volta, che verranno chiamate in lingua sarda domus de janas, ossia case delle fate. Le stesse grotte nelle quali la popolazione abitava, avevano, talvolta, una destinazione sepolcrale. Le ricerche archeologiche hanno evidenziato la presenza di un originale culto dei defunti, con un corredo funerario costituito da materiale litico, ceramico od osseo. Il materiale ceramico trovato nei contesti funerari è solitamente lisciò, con un raro e limitato ricorso a pochi motivi decorativi lineari. Nelle tombe ipogeiche, il defunto è sempre accompagnato da una statuina femminile, in alcuni casi da due statuine. La religiosità con i primi idoletti volumetriciL’uomo incominciò a chiedersi se dietro alcuni fenomeni naturali ci fosse un essere soprannaturale e così intuì l’esistenza della divinità, sviluppando parallelamente il culto dei defunti. Con questa cultura si afferma l’importanza del credo religioso, e si assiste, quindi, a una nascente spiritualità. Queste constatazioni fanno pensare ad una evoluzione del pensiero umano, con l’affermazione ormai decisiva della credenza nel soprannaturale. Per quanto riguarda la religiosità, nella grotta di Bonu Ighinu sono state trovate numerose statuette di figura femminile in forma estremamente adiposa, sicuramente statuine della Dea Madre il cui culto era diffuso in gran parte dell’Europa neolitica. Sono realizzate in marmo, pietra tenera, alabastro, argilla o osso di animale ed hanno una posizione stante o assisa, la testa cilindroide, il corpo obeso con le braccia al seno, o distese lungo i fianchi o aderenti alle cosce. Le statuette ritrovate richiamano all’opulenza come simbolo di abbondanza e di fertilità, e vengono indicate, per la loro forma obesa, con il nome di Idoletti volumetrici. Statuine simili sono state ritrovate anche in molte altre località della Sardegna, tra l’altro ad Olbia, a Perfugas, a Muros, a Meana Sardo, a Narbolia, a Samassi in localtà Sa Mandara. Dalla Cultura di Bonu Ighinu vengono realizzati i primi menhirQualcuno ritiene che già in questo periodo abbiano avuto inizio le prime edificazioni di menhir e Dolmen, che si sono poi sviluppate maggiormente nel periodo delle Cultura di Ozieri. In particolare, a Sammasi in località Sa Mandara è stata rinvenuta anche un’immagine di culto, ossia un idolo o Betilo con tratti antropomorfi, costituito da una statua scolpita in un masso ellissoidale in granito giallo. Dato che in tutto il bacino del Mediterraneo il Neolitico è caratterizzato da statue di piccole e piccolissime dimensioni, e che raramente vengono restituite sculture di dimensioni maggiori, il betilo di Sardara è una delle più importanti rinvenuti, ed in esso interessante è la particolare lavorazione a Z, sopra la linea di cintura, che denota la probabile presenza di una veste ornata. La prossima paginaNella prossima pagina proseguiremo la descrizione della preistoria in Sardegna. Parleremo del Neolitico recente, quando si sviluppa della facies culturale di San Ciriaco che era considerata una particolare espressione della Cultura di Bonu Ighinu, ma viene oggi considerata una fase culturale a sé stante. A questa cultura si fa risalire anche la necropoli dei circoli di li Muri ed altre necropoli simili rinvenute in altre località dell’Isola. |