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Bonorva ed i dintorni dove si trovano l’importante necropoli di Sant’Andrea Priu e la fonte sacra di su lumarzu


In questa tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita del Meilogu recandoci a Bonorva dove visiteremo la necropoli di Sant’Andrea Priu, una delle principali necropoli dell’Isola, la chiesa romanica di San Lorenzo e la fonte sacra di su lumarzu..

La regione storica del Meilogu, chiamata anche Mejlogu o Logudoro Meilogu

La regione storica del MeiloguIl Logudoro è stato, nel periodo medioevale, uno dei quattro Giudicati che ha avuto come capoluogo prima Porto Torres, in seguito Ardara, ed infine Sassari. Oggi possiamo dividere questa regione in tre parti: Logudoro Turritano, il cosiddetto Sassarese, a nord; il Logudoro Meilogu a ovest; ed il Logudoro Montacuto a est. In particolare, il Meilogu ha il nome che deriva dal suo posizionamento in Mediu logu, vale a dire nel cuore del Giudicato. I comuni che fanno parte del Meilogu sono Ardara, Banari, Bessude, Bonnanaro, Bonorva, Borutta, Cheremule, Cossoine, Giave, Ittireddu, Mara, Mores, Padria, Pozzomaggiore, Semestene, Siligo, Thiesi, Torralba. Il Meilogu è caratterizzato da un territorio prevalentemente pianeggiante, che produce cereali, verdure, ortaggi. Sono fiorenti gli allevamenti ovini, da cui deriva la ricca produzione casearia. Le numerose sorgenti e corsi d’acqua favoriscono questa ricchezza.

In viaggio verso Bonorva

Dal centro di Cossoine, riprendiamo la SS292dir Nord Occidentale Sarda che, seguita per circa due chiloemtri e mezzo, ci riporta sulla SS131 di Carlo Felice. La prendiamo verso sud e la seguiamo per poco meno di quattro chilometri, poi incrociamo la SP43 che prendiamo verso sinistra, ossia verso est, in direzione di Bonorva. Seguiamo la SP43 per cinquecento metri in direzione di Bonorva, poi voltiamo a sinistra ed, in circa trecento metri, raggiungiamo la frazione Santa Barbara, che descriveremo più avanti. Dalla frazione Santa Barbara ritorniamo sulla SP43, la riprendiamo verso est, e, dopo circa un chilometro e mezzo, arriviamo nel centro di Bonorva.

Il comune chiamato Bonorva

Bonorva-Veduta dell’abitatoBonorva-Stemma del comuneIl comune chiamato Bonorva (nome in lingua sarda Bonolva, altezza metri 508 sul livello del mare, abitanti 3.211 al 31 dicembre 2021), è un importante centro collinare agropastorale che sorgesu un’altura fra l’altopiano di Campeda, orlato di numerosi vulcani, e quello di Meilogu. Si trova sotto il lato settentrionale dell’altopiano di Campeda, localmente detto Su Monte, mentre ai suoi piedi si sviluppa la piana di Santa Lucia, nella quale è presente una sorgente di acqua minerale. L’abitato è raggiungibile mediante la SS131 di Carlo Felice, distante solo due chilometri dall’abitato. La linea ferroviaria che collega Cagliari con la stazione di Ozieri Chilivani ha uno scalo sul posto. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare con variazioni altimetriche accentuate, che vanno da un minimo di 314 a un massimo di 791 metri sul livello del mare.

Origine del nome

Il nome del paese, attestato fino dal 1346, presenta un’etimologia incerta, ma secondo la maggior parte degli studiosi deriverebbe dal latino Urbis, ossia città, preceduto dall’aggettivo Bonus, con il significato, quindi, di Buona Terra. Secondo altri studiosi, invece, esso deriverebbe dallo strato linguistico protosardo.

La sua economia

L’economia di Bonorva si basa soprattutto sull’attività agricola, dato che nel suo territorio si coltivano cereali, frumento, ortaggi, foraggi, viti, ulivi, agrumi e frutta. È praticato anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L’industria, di discrete dimensioni, è costituita da aziende che operano nei comparti alimentare, lattiero caseario, calzaturiero, della plastica, del vetro, dei laterizi, metallurgico, elettronico, dei mobili, edile ed elettrico. Importante il centro per l’imbottigliamento dell’acqua minerale di Santa Lucia di Bonorva. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva oltre che dell’insieme dei servizi. Le bellezze naturalistiche che la circondano e la caratterizzano, tra cui l’altopiano della Campeda su cui, di tanto in tanto, affiorano spuntoni di lava, e le numerosissime tracce di civiltà preistorica, sono motivi di forte afflusso escursionistico. Nei suoi dintorni, infatti, diverse sono le attrazioni per i visitatori, tra le quali occupano un posto di rilievo le grotte di Sant’Andrea Priu. L’apparato ricettivo offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno.

Brevi cenni storici

Il territorio viene abitato sin dall’età preistorica, in quanto sono presenti nella zona numerosi complessi nuragici e domus de janas, e diviene un importante centro durante il periodo della civiltà neolitica, come attestano i diversi reperti archeologici, soprattutto l’importante Necropoli di Sant’Andrea Priu, una delle più significative di tutta la Sardegna. Durante l’invasione punica viene realizzato, per contrastarla, un castrum nuragico a su Monte. Il caposaldo cartaginese è la fortezza di San Simeone, del quinto secolo avanti Cristo, composta da due torri con muri obliqui e con edifici per le truppe. Il territorio viene, in seguito, colonizzato dai Romani. In epoca medievale, nasce il borgo che appartiene al Giudicato del Logudoro, nella curatoria di Costival. Nel 1255 viene conquistato dalla famiglia dei Doria che, nel 1347, proprio qui sconfiggono gli Aragonesi capeggiati da Guglielmo di Cervellon. Tre secoli più tardi gli Spagnoli riescono a entrare in possesso del borgo che, nel 1630, viene nominato contea. Presto il suo governo passa nelle mani di diverse signorie, tra le quali importanti sono quella dei Villarios e quella degli Amat-Sanjust. Passata sotto i Savoia, nel 1875 l’antico comune di rebeccu viene aggregato al comune di Bonorva, del quale diventa una frazione, importante soprattutto per i significativi resti archeologici e storici presenti nel suo territorio.

Personaggi famosi nati a Bonorva

Verso la fine del diciottesimo secolo, nelle campagne del Logudoro e in altre zone del Sassarese avvengono sanguinosi episodi conflittualità, culminati nelle tragiche vicende che hanno come protagonista il bandito Pietro Giovanni Angius, detto Pera Zuanne. A Bonorva è nato il popolare poeta in lingua sarda Paolo Mossa, assassinato nel 1892 dai due banditi Pietro Giovanni Angius e Francesco Derosas.

Paolo Mossa detto PaulicuA Bonorva nasce, il 16 aprile 1821, Paolo Mossa detto Paulicu, poeta italiano famoso per il contributo da lui dato alla poesia in lingua sarda. Orfano sin dalla tenera età, viene adottato da due sacerdoti bonorvesi, che lo fanno crescere e studiare nella sua città natia. Prosegue gli studi a Sassari e si iscrive all’università, abbandonandola però poco dopo. Si dedica alla poesia in lingua sarda sin dai suoi anni giovanili, e si impegna politicamente, schierandosi nelle lotte interne del suo paese, cosa che, probabilmente, lo porterà alla morte. Viene ucciso il 6 agosto 1892 investito da una scarica di proiettili a Nurape nelle campagne di Bonorva, mentre a cavallo rientra in paese dalla sua tenuta a S’Istallu, dai latitanti Pietro Giovanni Angius detto Pera Zuanne di Bonorva e Francesco Derosas detto Cicciu di Usini. Il suo nome costituisce una pietra miliare nella storia della poesia sarda. Con lui si addormenta uno spirito libero, capace di sentimenti e liriche profonde, ma anche un letterato, politico e agricoltore all’avanguardia, essendo un innovatore nella coltivazione del cotone e del tabacco che nei suoi terreni danno risultati lusinghieri.

A Bonorva nasce, nel 1861, Pietro Giovanni Angius detto Pera Zuanne, divenuto latitante dopo aver ucciso la moglie Maria luigia Marruncheddu che lo tradiva con il fratello. Nel 1892 conosce l’altro latitante Francesco Derosas detto Cicciu Rosa, di Usini, ed insieme uccidono l’11 novembre 1892 l’agricoltore Giovanni Andrea Sale, che ritenevano fosse un informatore dei Carabinieri, ed il 6 agosto 1892 a Nurape nelle campagne di Bonorva il poeta bonorvese Paolo Mossa, oltre a due donne ed un medico. Perseguitati dalla taglia di 8mila lire su ciascuno, uccidono ancora seminando il terrore nelle campagne del Logudoro e in altre zone del Sassarese. Vengono arrestati dai Carabinieri di Sassari, guidati dal maggiore Eugenio Baratono, la mattina del 19 maggio 1894 in una casa colonica situata in località San Simplicio, e, durante la sparatoria che precede il loro arresto, rimane ucciso il maresciallo, Vittorio Audisio. Tra le molte testimonianze della sua latitanza, famosa è l’intervista che gli fa Sebastiano Satta, il grande poeta nuorese, che, da giornalista, la pubblica sul quotidiano sassarese L’Isola, presenti anche Pietro Giovanni Angius e Luigi Delogu.

Il poeta Sebastiano Bustianu SattaIntervista di Sebastiano Satta e Gastone Chiesi a Pietro Giovanni Angius con Luigi Delodu e Francesco DerosasTra le molte testimonianze della latitanza di Francesco Derosas detto Cicciu Rosa, Pietro Giovanni Angius detto Pera Zuanne, e Luigi Delogu, famosa è l’intervista notturna che hanno fatto loro in una grotta segreta il grande poeta nuorese Sebastiano Satta e Gastone Chiesi, i quali da giornalisti la hanno pubblicata nel 1894 sul quotidiano sassarese L’Isola. È stato un avvenimento giornalistico che ha avuto grande risonanza anche fuori dall’Italia. L’intervista, pubblicata sempre nel 1894 dalla Tipografia Gallizzi di Sassari, verrà poi ripubblicata nel 1924, a dieci anni dalla morte di Sebastiano Satta, dalla fondazione Il Nuraghe di Cagliari con il titolo Tre banditi intervistati da due pubblicisti.

Le principali feste e sagre che si svolgono a Bonorva

Bonorva-Esibizione del Gruppo Folk BonorvaA Bonorva sono attive l’Associazione Culturale Gruppo Folk Santa Barbara di Bonorva, ed il Gruppo Folk Bonorva, nelle esibizioni delle quali è possibile ammirare il costume tradizionale del posto. Tra le principali feste e sagre che si tengono a Bonorva vanno citate, il sabato e la domenica conclusiva del Carnevale ossia del Carrasegare Bonorvesu, la manifestazione denominata Sas Pariglias Bonorvesas; i riti della Settimana Santa; la penultima domenica di maggio, la Festa di Santa Giulia nella chiesa presente nella frazione rebeccu; nel mese di aprile, la manifestazione Binos e disizos, che è la sagra del vino, della gastronomia e della tradizione; il primo maggio, la Festa di Santa Lucia, nell’omonima chiesa campestre; per tre giorni fino alla seconda domenica di maggio, la Festa di Santa Vittoria, con la sua Ardia; il lunedì successivo alla Pentecoste, la Festa di San Leonardo; il 13 giugno, la Festa di Sant’Antonio da Padova; il 24 giugno, la Festa di San Giovanni Battista, con la sua Ardia; tra luglio e agosto, le manifestazioni dell’Estate Bonorvese; la prima domenica di agosto, la Festa della Madonna degli Angeli; la prima decade di agosto, la Sagra de su Zichi, e, contemporaneamente, si svolge la manifestazione Mustras; il primo fine settimana di settembre si svolge la Festa di Santa Barbara, una delle più antiche dell’Isola, che si svolge nella chiesa della frazione omonima; per tre giorni fino all’8 settembre, a Bonorva si svolge la Festa della Natività di Maria Vergine, ossia la Festa di Santa Maria Bambina, che la festa patronale del paese.

Bonorva-Carrasegare Bonorvesu Bonorva-Binos e disizos Bonorva-Estate Bonorvese Bonorva-Sagra de su Zichi

Sas Pariglias Bonorvesas

Bonorva-Sas Pariglias BonorvesasIl sabato e la domenica conclusiva del Carnevale, a Bonorva si svolgono Sas Pariglias Bonorvesas, ossia le pariglie bonorvesi, una Festa equestre caratterizzata da suggestive esibizioni a cavallo. Due giornate da non perdere per gli amanti dei cavalli e delle spericolate esibizioni dei cavalieri, in una manifestazione mirabilmente organizzata dai Cavalieri dell’Associazione S’Ischiglia, amici che si prodigano nell’organizzazione e che corrono le spericolate pariglie, riproponendo la tradizione della città di Bonorva. Nella chiesa dei frati minori francescani, viene officiata la messa propedeutica alla nomina del nuovo Asone de Carrasegare, il capocorsa. Il capocorsa uscente consegna la bandiera e lo stendardo dell’associazione al nuovo designato, che provvede a nominare le due Iscortas, ossia le scorte. Ha inizio, quindi, una manifestazione sportiva molto seguita, nota per l’incredibile spettacolo proposto dai cavalieri che si esibiscono nella manifestazione entrata a pieno diritto nel calendario regionale fra le più importanti, valide e interessanti espressioni ippiche a carattere dilettantistico. Al termine della sfilata, viene consegnato al sindaco lo spadino del comando, che il primo cittadino custodirà sino alla manifestazione dell’anno successivo.

I riti della Settimana Santa a Bonorva

Bonorva: i riti della Settimana SantaImportanti a Bonorva sono i riti religiosi legati alla Settimana Santa, che iniziano il Giovedì Santo con la Messa in Coena Domini, la lavanda dei piedi, con l’accompagnamento dei segni della passione dalla chiesa di San Giovanni alla chiesa parrocchiale della Natività di Maria. Il Venerdì Santo è dedicato alla liturgia della crocefissione e morte di Gesù, cui segue il rito di S’Icravamentu, ossia della deposizione dalla croce, al quale segue la processione verso la chiesa di San Giovanni, per la sepoltura del Cristo. La Domenica di Pasqua si svolge la processione di S’Incontru, per la quale un gruppo, guidato dai confratelli della Santa Croce, con la statua del Cristo risorto, parte dalla chiesa di San Giovanni, per incontrare, nella piazza Santa Maria, l’altro gruppo, guidato dalle consorelle della Santa Croce, che, con la statua della Madonna, arriva dalla chiesa di Sant’Antonio. Segue la celebrazione della messa solenne, con la processione del rientro, guidata dalla Confraternita, delle statue di Gesù risorto e della Madonna, dalla parrocchiale alla chiesa di San Giovani.

La Sagra de su Zichi

Nella prima decade di agosto, a Bonorva si svolge la Sagra de su Zichi, una manifestazione che presenta due momenti importanti, ossia un convegno, e la degustazione de Su Zichi o Su Zicchi, antico pane di grano duro tipico di Bonorva. È fatto sul tipo della spianata, ma è più spesso, se è morbido si mangia come un pane normale, se invece è duro viene cotto. Un tempo costituiva il mangiare dei poveri, perché tutti fino a qualche decennio fa lo facevano in casa e lo portavano nel forno a farlo cuocere, ed era il pane per eccellenza dei pastori, perché si mantiene morbido anche una settimana, e quando induriva, con un pezzo di lardo e magari con del finocchietto selvatico diventava Su Pane Buddidu, e chi poteva permetterselo lo cuoceva con la pecora. contemporaneamente alla sagra de su Zichi, a Bonorva si svolge la manifestazione Mustras, una mostra mercato dell’artigianato e dei prodotti tipici locali, tra cui i tappeti ed i ricami finissimi. Nel paese è ancora molto viva la tradizione della tessitura con telaio orizzontale, utilizzando la tecnica a punta de agu, ossia a ricamo, e si possono ammirare tappeti e disegni molto raffinati e particolari. Durante la manifestazione si possono anche assaggiare i saporiti dolci sardi.

Visita del centro di Bonorva

L’abitato, interessato da forte espansione edilizia, si sviluppa lungo un pendio ripido con, alle spalle, l’altopiano di Campeda, ed, ai suoi piedi, la piana di Santa Lucia. Entriamo in Bonorva da ovest con la SP43 che, all’interno dell’abitato, assume il nome di corso Umberto. L’architettura urbana è quella tipica dei paesi a cultura agropastorale, con strade strette e viuzze, e con le case con ampi cortili, che in passato potevano servire per ospitare parte del bestiame.

La chiesa di San Giovanni Battista

Percorrendo il corso Umberto, percorsi circa cinquecento metri dalle prime abitazioni del paese, passata sulla sinistra la piazzuola dove ha inizio la via Amsicora, e passato il civico numero 64, troviamo sulla destra l’inizio della via San Giovanni, dove si trova l’antica chiesa di San Giovanni Battista. Sorta su un preesistente impianto medievale, la chiesa è posta in posizione dominante sul Corso Umberto I. È la più antica del paese e la sua origine è collocata dagli studiosi nel dodicesimo secolo con la consacrazione nel 1174, alla presenza del giudice Torcutorio ad opera di un messo pontificio inviato da Roma, quando il papa che sedeva sul soglio pontificio era Alessandro III e l’Imperatore era Federico Barbarossa. L’attuale struttura architettonica differisce dallo stile che caratterizza i monumenti sacri del dodicesimo secolo, il che fa pensare a una costruzione successiva, eseguita probabilmente durante il Seicento.

Bonorva-La chiesa di San Giovanni Battista Bonorva: chiesa di San Giovanni Battista: il rosone sopra il portale Bonorva: chiesa di San Giovanni Battista: veduta dal retro Bonorva: chiesa di San Giovanni Battista: il campanile

Conserva al proprio interno un pregevole altare ligneo settecentesco, ed anche un dipinto rappresentante gli Angeli musicanti e i Santi Carlo Borromeo, Antonio Abate e Gavino di Torres, del pittore fiorentino Baccio Gorini, che, sul finire del cinquecento, costretto all’esilio da motivi politici, si traferì e visse in Sardegna probabilmente a Florinas. La chiesa di San Giovanni Battista costituisce anche l’oratorio nel quale ha la propria sede la Confraternita della Santa Croce, istituita nel 1606, che è stata aggregata all’Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso Di San Marcello in Roma. La bolla di aggregazione, attualmente conservata nella chiesa ed oratorio della Confraternita, reca la data dell’1 dicembre 1606 e l’autentica di papa Paolo V.

Bonorva: chiesa di San Giovanni Battista: interno verso l’altare Bonorva: chiesa di San Giovanni Battista: il pregevole altare ligneo Bonorva: chiesa di San Giovanni Battista: il dipinto di Baccio Gorini Bonorva: chiesa di San Giovanni Battista: interno verso il portale di ingresso

Bonorva-L’Ardia di San Giovanni BattistaNella piazza antistante questa chiesa e in tutto il centro storico, si svolge la Festa di San Giovanni Battista, della durata di tre giorni che si conclude il 24 del mese di giugno, la qiale era una delle feste più importanti di tutto il Logudoro. La Festa è caratterizzata da cerimonie religiose e manifestazioni folkloristiche, tra le quali l’Ardia di San Giovanni Battista, un circuito equestre intorno alla chiesa di San Giovanni ed alla parrocchiale intitolata a Santa Maria Bambina alla quale partecipano un’ottantina di cavalli e cavalieri che interpretano il compito loro assegnato dal capo corsa, Su Caddu ‘e Punta, e guidato dalle scorte, ossia Sas Iscortas. Si svolgono anche altre corse di cavalli, balli, esibizioni di poeti estemporanei che, in varie parti della piazza dove si tiene la festa, gareggiano fino a notte, e fuochi artificiali.

Il Municipio di Bonorva

Bonorva: il Municipio di BonorvaProseguendo altri duecentocinquanta metri, arriviamo in piazza Santa Maria, dove alla sinistra della strada si trova l’edificio che ospita la sede e gli uffici del Municipio di Bonorva, che sono in grado di fornire i loro servizi agli abitanti del paese. Si tratta dei Servizi Civili, con gli uffici che si occupano di Anagrafe e Stato civile, Sportello Unico per le Attività Produttive, Scuola di musica, ed Ufitziu limba Sarda; dei Servizi Finanziari e Tributi e personale, con gli uffici che si occupano di Tributi e tasse, Servizio contabilità, Servizio sociale, Servizi culturali, e Servizi ambientali; del Settore lavori Pubblici; del Settore Urbanistica ed Edilizia Privata, con gli uffici che si occupano di Pianificazione, e Modulistica; del settore della Polizia Municipale.

La piazza Paolo Mossa con il monumento ai caduti di tutte le guerre

Proprio di fronte alla facciata del Municipio di Bonorva, si sviluppa la Piazza Paolo Mossa, la principale piazza del centro dell’abitato. Dopo qualche anno d’attesa, nel 2011 è stato costruito, al centro della piazza Paolo Mossa, il Monumento dedicato ai Caduti di tutte le guerre. L’opera è stata eseguita, da Enrico Mereu, nato a Nurri e noto come lo scultore dell’Asinara, che è diventata il teatro ideale entro cui Enrico esterna la sua geniale spiritualità, liberando forme prigioniere dal legno donatogli dal mare. Enrico Mereu ha dedicato diversi mesi della propria attività, con grande maestria e apprezzabile impegno, per creare e scolpire nella trachite un gruppo di famiglia, padre, madre e figli, che ben rappresentano il martirio di quanti hanno sacrificato la propria vita per la patria.

Bonorva-La piazza Paolo Mossa Bonorva-Piazza Paolo Mossa: il monumento ai caduti di tutte le guerre Bonorva-Piazza Paolo Mossa: ricordo di Paolo Mossa Bonorva-Piazza Paolo Mossa: palazzo con affresco e murale Bonorva-Piazza Paolo Mossa: l’affresco Bonorva-Piazza Paolo Mossa: il murale

La chiesa parrocchiale della Natività di Maria

alla destra del corso, sulla piazza Santa Maria, al civico numero 5, si trova la chiesa della Natività di Maria detta anche di Santa Maria Maggiore che è la chiesa parrocchiale di Bonorva. La sua costruzione in stile gotico aragonese, nella versione sardo catalana, data l’aggiunta di decorazioni tipiche dell’artigianato sardo inizia nel 1582, data sul capitello destro del pilastro dell’ultima campata verso l’abside, mentre sotto il simulacro della Vergine nel fastigio della facciata è incisa la data del 1606 che potrebbe segnare il termine dei lavori. Sarà l’allora parroco Giacomo Passamar, futuro vescovo di Ampurias e poi arcivescovo turritano, a consacrarla nel settembre del 1614. Qualche anno dopo viene innalzato il campanile a canna poligonale gugliata e si fondono le prime campane. Nel corso dei secoli, la chiesa viene interessata da interventi di restauro, che però non modificano la conformazione plano altimetrica principale. La chiesa presenta un’apprezzabile facciata a capanna, a spioventi, limitata da paraste angolari concluse da acroteri a vaso con fiaccola, con la cornice terminale a decoro fitomorfo sovrastata da un tratto di parete e da una seconda cornice a smusso. La nitida partitura geometrica della facciata presenta un partito decorativo in cui si fondono stilemi tardo gotici e linguaggio classico, con pilastri formati da un fascio di colonnine, stretti capitelli cilindrici, ad incorniciare l’arco a tutto sesto del portale principale di accesso. Il portale è sovrastato da un timpano al cui interno si colloca la statua della Madonna, affiancato da pinnacoli che si congiungono ad una cornice orizzontale ad archetti intrecciati. Al di sopra trova spazio il grande rosone che ripropone nelle modanature a spirale con sferule e punte di diamante un ornato tipicamente plateresco. La torre campanaria si colloca in corrispondenza della facciata principale, in una posizione assai ricorrente nelle Chiese seicentesche in Sardegna. La connotazione morfologica del campanile è quella di un manufatto a torre costituito da tre ordini a pianta quadrata e tre ordini a pianta ottagonale, concluso da una cuspide di coronamento a pianta quadrata ornata da gattoni. Nella parte sommitale, in corrispondenza del campanile, sono presenti quattro aperture con arco a tutto sesto.

Bonorva-La chiesa parrocchiale della Natività di Maria Bonorva: chiesa parrocchiale della Natività di Maria: facciata Bonorva: chiesa parrocchiale della Natività di Maria: particolare della facciata Bonorva: chiesa parrocchiale della Natività di Maria: campanile

L’interno è a navata unica, diviso in cinque campate da pilastri su cui poggiano archi a sesto acuto. Nell’area absidale, la capilla mayor è a pianta quadrata, voltata a crociera costolonata e reca nella gemma l’effige della Madonna col bambino. Per struttura e ornato si differenziano le archeggiature e i pilastri a fascio della prima campata, dotati di vistosa colonna centrale spiraliforme e voluminosi capitelli in cui sono raffigurati la Madonna fra gli Angeli e il Cristo uscito dal Sepolcro. A partire dalla seconda campata si aprono quattro cappelle per parte, voltate a botte, con gli archi di ingresso a tutto sesto e a sesto acuto; la Cappella centrale a nord ha volta a botte su cornice ornata a formelle intagliate a scacchiera. La pavimentazione interna è in marmo bianco venato e bardiglio nella navata centrale e nelle cappelle, mentre quella del presbiterio è in marmo chiaro.

Bonorva: chiesa parrocchiale della Natività di Maria: interno verso il presbiterio Bonorva: chiesa parrocchiale della Natività di Maria: altare Bonorva: chiesa parrocchiale della Natività di Maria: veduta dell’interno Bonorva: chiesa parrocchiale della Natività di Maria: il dipinto di Baccio Gorini Bonorva: chiesa parrocchiale della Natività di Maria: interno verso il portale di ingresso

La chiesa custodisce sulla parete di destra, subito appena si entra nella navata dal portale di ingresso, un olio su tela che un tempo ornava l’altare, realizzato prima del 1610, che rappresenta La Madonna con varie Sante, inserite in una cornice che richiama gli episodi più significativi della vita della Madonna, attribuito al pittore fiorentino Baccio Gorini, che, sul finire del cinquecento, costretto all’esilio da motivi politici, si traferì e visse in Sardegna probabilmente a Florinas.

Bonorva-Festa di Santa Maria Bambina: locandinaBonorva-Festa di Santa Maria Bambina: processioneA Bonorva ogni anno, presso la piazza Santa Maria, e in tutto il centro dell’abitato, si svolge la Festa della Natività di Maria Vergine, ossia la Festa di Santa Maria Bambina, che è la festa patronale del paese. Si tratta di una Festa della durata di tre giorni, che inziano con la celebrazione dei vespri e con l’esecuzione di canti sardi il primo giorno, e che si concluduno l’8 settembre, che è il girono della festa. Questo giorno si tiene la Santa Messa solenne, seguita dalla processione per le vie del paese, con la partecipazione di tutte le associazioni e dei comitati con i loro stendardi, delle autorità, della banda musicale di Berchidda, dei gruppi folk e dei fucilieri. Ed al termine vi è l’esibizione di diversi gruppi folk.

La chiesa di Santa Vittoria

Passata, lungo il corso, la piazza Santa Maria, si trova subito dopo la piazza Paolo Mossa, dalla quale parte sulla sinistra la via Giuseppe Mannai. La seguiamo per poco più di cinquanta metri, poi prendiamo a destra la via Giuseppe Verdi, dopo circa cento metri svoltiamo leggermente a sinistra e imbocchiamo la via Camillo Benso conte di Cavour. Dopo poche decine di metri, sulla destra si apre la piazza Santa Vittoria, sulla quale si affaccia la chiesa di Santa Vittoria, che risale al diciassettesimo secolo ed e stata oggetto di continui rifacimenti. Questa chiesa sorge su un preesistente impianto medievale, nella zona dl centro storico dove si era sviluppato il primo nucleo del paese, e dove tuttora nelle strade si possono ammirare le porte con le travi e le fiancate in pietra lavorata, risalenti al Seicento. Queata chiesa è stata l’antica parrocchiale del villaggio primitivo, detto Moristène, e dal 1770 nella chiesa officiarono i Padri Gesuiti che aprirono un collegio e un scuola.

Bonorva-La chiesa di Santa Vittoria Bonorva: chiesa di Santa Vittoria: particolare della facciata Bonorva: chiesa di Santa Vittoria: campanile

All’esterno presenta una semplice facciata a capanna con portale archiviato sormontato da un’arcata di scarico e da un rosone. Al suo interno custodisce un bellissimo altare, oltre alle statue di San Francesco Saverio, della Vergine dormiente detta la Madonna di Ferragosto, e di Santa Maria de Cunzadu che apparteneva alla chiesa appartenenza alla villa giudicale di Cuniatu, facente parte della curatoria di Costa de Addes.

Bonorva-Festa di Santa Vittoria: locandinaBonorva-Festa di Santa Vittoria: l’ArdiaPresso questa chiesa e nel centro storico del paese si svolge la Festa di Santa Vittoria, della durata di tre giorni, che apre la stagione delle sagre. La festa inizia con la celebrazione dei vespri, e si conclude la seconda domenica di maggio, e si svolge con cerimonie religiose che prevedono la Santa Messa solenne, e la processione con il simulacro della Santa, accompagagnata da una banda musicale, dai gruppi folk, e dai fedeli nei costumi tradizionali di Bonorva. Si tengono anche manifestazioni folkloristiche, tra le quali l’Ardia di Santa Vittoria, corse di cavalli, balli, esibizioni di poeti estemporanei che, in varie parti della piazza dove si tiene la festa, gareggiano fino a notte, ed infine fuochi artificiali.

La chiesa di Sant’Antonio da Padova

Bonorva-La chiesa di Sant’Antonio da PadovaDalla piazza Santa Maria, fiancheggiato l’edificio del Municipio, prendiamo a sinistra il corso Vittorio Emanuele II, che si dirige verso nord. Dopo poco più di duecento metri, incrociamo la via San Francesco, che prendiamo verso sinistra, ossia verso ovest, e, dopo circa settanta metri, troviamo alla sinistra della strada la piazza Sant’Antonio, sulla quale si affaccia la chiesa di Sant’Antonio da Padova. Questa chiesa è stata costruita tra il 1671 ed il 1682 e ricorda, nello stile, la chiesa parrocchiale, con forme tardo gotiche e rinascimentali. In piazza Sant’Antonio, alla sinistra della chiesa di Sant’Antonio da Padova, si trovava un convento di Frati dei minori osservanti, fondato dopo il 1640, che oggi ospita il Civico Museo Archeologico.

Ogni anno a Bonorva, dopo alcuni giorni di eventi preparatori, il 13 giugno si tiene la Festa di Sant’Antonio da Padova, con la Santa Messa seguita dalla processione con il simulacro del Santo per le vie del paese, accompagnata dalla Banda Musicale.

Il Civico Museo Archeologico

In piazza Sant’Antonio, annesso alla chiesa di Sant’Antonio da Padova, si trovava un convento di Frati dei minori osservanti, fondato dopo il 1640, che oggi ospita il Civico Museo Archeologico. Questo Museo si sviluppa in quattro sale e piccoli vani comunicanti.

Bonorva: il Civico Museo Archeologico Bonorva: il Civico Museo Archeologico

La collezione archeologica è costituita prevalentemente da betili, macine, cippi sepolcrali ed alcune stele figurate, provenienti da recuperi di superficie effettuate nel territorio Comunale. Di particolare suggestione è la sala nuragica, nella quale si illustrano gli elementi principali dell’architettura funeraria e sacra. Le ultime sale sono dedicate alla geologia, con pannelli che illustrano la formazione e le caratteristiche delle rocce calcaree, trachitiche e di basalto presenti nel territorio, ed all’archivio storico.

Bonorva-Civico Museo Archeologico: interno Bonorva-Civico Museo Archeologico: interno Bonorva-Civico Museo Archeologico: interno

Il Campo Sportivo Comunale di Bonorva

Da piazza Sant’Antonio, prendiamo sul lato destro della chiesa la via Antonio Sanna, poi dopo un centinaio di metri proseguiamo deviando un poco verso sinistra lungo la via Cavalieri di Vittorio Veneto, ed arriviamo a vedere alla destra della strada l’ingresso del Campo Sportivo Comunale di Bonorva, intitolato alla memoria di Chicchitto Chessa, l’indimenticabile Michele Chessa detto Chicchitto, il calciatore bessudese morto mentre disputava un incontro con il suo Bonorva il 23 febbraio del 1997.

Bonorva-Campo Sportivo Comunale: ingresso Bonorva-Campo Sportivo Comunale: il Campo da Calcio

Nel Campo sportivo è presente un Campo da Calcio con fondo che era in terra battuta e che è stato modificato ed è oggi in erba sintetica. Il Campo da Calcio è dotato di tribune in grado di ospitare un migliaio di spettatori.

Il Palazzetto dello Sport di Bonorva

Accanto al Campo Sportivo Comunale, con ingresso sulla via Cavalieri di Vittorio Veneto, è presente il Palazzetto dello Sport, intitolato alla memoria del bonorvese Antonio Niedda, appuntato del corpo delle Guardie di Pubblica Dicurezza e vittima del terrorismo.

Bonorva-Palazzetto dello Sport: esterno Bonorva-Palazzetto dello Sport: interno

All’interno del Palazzetto dello Sport di Bonorva è presente un Campo sportivo polivalente, dotato di tribune per circa 300 spettatori, nel quale è possibile praticare diverse discipline sportive.

Il Campo da Calcetto di Bonorva

La via Cavalieri di Vittorio Veneto gira intorno al Campo Sportivo e poi sbocca sulla Strada Vicinale Molinu. Prendiamo verso sinistra la Strada Vicinale Molinu e poco dopo, alla sinistra della strada, si trova l’ingresso del Campo da Calcetto, gestito dalla Polisportiva Bonorva.

Bonorva-Campo da Calcetto: ingresso Bonorva-Campo da Calcetto: il campo da gioco

In questo campo con fondo in erba artificiale, dotato di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori, è possibile praticare, come discipline, il calcetto, ossia il calcio a cinque, ed anche il tennis.

Il Cimitero di Bonorva

Bonorva: il Cimitero Comunale di BonorvaLa via Cavalieri di Vittorio Veneto gira intorno al Campo Sportivo e poi sbocca sulla Strada Vicinale Molinu. Cimitero Comunale di Bonorva: la tomba di Paolo MossaPrendiamo verso destra la Strada Vicinale Molinu e, in circa centosettanta metri, arriviamo a vedere alla sinistra della strada l’ingresso del grande Cimitero Comunale di Bonorva, che si trova proprio di fronte al fianco settentrionale del Campo Sportivo Comunale di Bonorva. All’interno del Cimitero, significativa è la tomba che ospita le spoglie di Paolo Mossa, uno degli interpreti più importanti della cultura sarda. Nel 2017 è iniziata la rivalutata della tomba del poeta, di cui quell’anno ricorreva il centoventicinquesimo anniversario della morte. Sono iniziati, infatti, i lavori di restauro e di spostamento della sepoltura, in modo tale da ricollocarla in una sorta di area verde, sempre all’interno dell’area cimiteriale, in maniera tale da renderla più visibile.

L’ex convento francescano di San Salvatore da Horta e la chiesa omonima

Bonorva-Ex convento francescano di San Salvatore da HortaDal corso Vittorio Emanuele II eravamo arrivati sulla via Sant’Antonio, che avevamo preso verso sinistra e ci aveva portato alla piazza omonima. Se, invece, prendiamo verso destra la via San Francesco, che poi svolta verso sinistra in direzione nord e diviene la via Emilio Lussu. In circa trecento metri arriviamo a vedere, su una collina che anticamente era chiamata Sa punta ’e su Calvariu, al civico numero 47 della via Emilio Lussu, l’Ex convento francescano di San Salvatore da Horta. Il convento, che è stato abitato dai Frati Minori Francescani dal 1920 fino al 2006 ed in seguito dismesso, è stato ristrutturato ed ora è divenuto un Hotel con un piccolo centro congressi, ossia la Casa per Ferie & Conference Center San Salvatore da Horta.

alla sinistra dell’ex convento, alcune decine d’anni fa è stata costruita la bella chiesa di San Salvatore da Horta, con una struttura di copertura totalmente in legno, moderna e slanciata. La devozione per San Salvatore e la riconoscenza per il prezioso lavoro svolto dai frati, infatti, non sono mai mancate, e ogni anno l’associazione Amici di San Salvatore ne perpetua e rafforza il valore con alcune giornate dedicate alla preghiera, e con un piccolo programma di festeggiamenti religiosi.

Bonorva: chiesa di San Salvatore da Horta: esterno Bonorva: chiesa di San Salvatore da Horta: interno

La Stazione ferroviaria di Bonorva

Dalla piazza San Francesco, prendendo verso ovest la via Roma, la seguiamo per trecento metri, poi prendiamo a destra e subito a sinistra la via Giuseppe Mazzini, che in duecentocinquanta metri ci porta alla Stazione ferroviaria di Bonorva, una stazione di categoria Bronze posta sulla linea ferroviaria a scartamento ordinario denominata Dorsale Sarda, dopo la stazione di Macomer, la stazione disattivata al servizio viaggiatori di Campeda, passato l’ex posto di movimento di Semestene, che non era aperto al pubblico ed è stato chiuso nel 2001, e prima della fermata ferroviaria di Giave. Inaugurata dalla Compagnia reale delle Ferrovie Sarde nel 1880, alla sua gestione subentra nel 1920 quella delle Ferrovie dello Stato, e, dal 2001, della controllata RFI. A metà degli anni ottanta del novecento a sud viene avviata la realizzazione di una variante, quasi interamente in galleria, per eliminare il tortuoso tracciato tra Bonorva e la stazione di Campeda, con l’apertura del nuovo tracciato nel 2001.

Bonorva-Stazione ferroviaria di Bonorva: esterno Bonorva-Stazione ferroviaria di Bonorva: interno

La stazione è dotata di tre binari, di cui il primo di corsa, in uso insieme al secondo per il servizio viaggiatori. Il fabbricato viaggiatori è un edificio a due piani a pianta rettangolare con tetto a falde in laterizi e corpi aggiunti ai lati, dotato di sette luci di apertura sul lato che da sui binari. L’edificio è chiuso al pubblico, e solo il piano terra è impiegato per le attività di servizio, benché la stazione sia impresenziata.

Visita dei dintorni di Bonorva

Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Bonorva sono stati portati alla luce diversi importanti resti archeologici, tra i quali soprattutto i resti della necropoli di Sant’Andrea Priu; delle fonti sacre di Cantaru Addes, Funtana Sansa, e su lumarzu; delle Tombe di giganti Cujaru, Giove, Mela Abrina, Mura Cariasa, Oghene, Ponte Valenti, e Salamestene; dei Nuraghi complessi Cagai, Cujaru, Puttos de Inza, e Tres Nuraghes; dei Nuraghi semplici Giove, e Suldu; dei Nuraghi ’e Paza, ’e Sa Costa e Sa Baione, Altovolo, Alzolas de Piredu, Bachis lai, Badde Arghentu, Canale S’Elighe, Conchedda, Cumbesos, Ena leperes, Erettu, Faraone, Frailes, FruscioSu, Funtana ’e Chercu, Iuanne Oghene, Joanne Sanna, lezzeri, Mandra sa Giua, Marchidu, Marchidu II, Monte Airadu, Monte Calvia, Monte Cheja, Monte Donna, Monte Longu, Monte Longu II, Mura Elighe, Muru Pizzinu, Nurape, Oes, Oro, Pedra lada, Peidru, Pischinalza, Poltolu, Puttos de Sassu, S’Elighe, S’Ispinalva, Sa Sea, Sant’Elena, Sidaro, Silichinus, Siralo, Spadularzu, su Monte, su respisu, su Sambinzu, Tinnuras, Tintinnos, tutti di tipologia indefinita; mentre sono scomparsi i Nuraghi Mes'e Arrius, Pedra Peana, Suelgius Giobados. A sud di Bonorva si sviluppa l’altopiano di Campeda. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto.

La frazione Santa Barbara

Usciamo da Bonorva con la SP43 verso ovest, che è la strada ci aveva portato all’interno dell’abitato, dopo circa un chilometro e mezzo svoltiamo a destra, seguendo le indicazioni per l’area artigianale, e, in circa trecentocinquanta metri, raggiungiamo la frazione Santa Barbara (altezza metri 475, distanza 1.9 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 14). La frazione è stata costruita durante l’ultima guerra mondiale per far da sede ad un piccolo Ospedale militare per accogliere i feriti del conflitto, in quale è stato in seguito abbandonato. Successivamente il Comune di Bonorva ha consegnato alcuni edifici di questo ex Ospedale a famiglie bisognose, ed oggi è ancora solo parzialmente abitato. Per tale motivo la frazione di Santa Barbara è conosciuta anche con il nome di Ospedaletto.

La chiesa di Santa Barbara nella frazione omonima

Bonorva-La frazione Santa Barbara: chiesa di Santa BarbaraNella frazione è presente la chiesa di Santa Barbara, dedicata alla Santa che è la patrona dei minatori ed è la prottetrice dei temporali, tanto che viene invocata con la frase Santa Alvara e su Sampu liberade nos dae Sos Tronos e dae Sos lampos. Nella chiesa, edificata nel ventesimo secolo, viene conservato il simulacro della Santa che viene portato in processione nel giorno della sua festa. Presso questa chiesa, infatti, il primo fine settimana di ottobre si svolge la Festa di Santa Barbara, una delle più antiche dell’Isola, che suscita molta devozione negli abitanti del luogo. La Festa vive il suo culmine con la processione della statua della Santa, accompagnata dai cavalieri, e con lo spettacolo di fuochi pirotecnici. La Festa è caratterizzata anche da un pranzo collettivo offerto a tutti i partecipanti, a base di prodotti tipici del posto.

I resti del villaggio medioevale di San Simeone

Proseguendo lungo la SP43, percorsi circa 450 metri, prima di immetterci sulla SS131 di Carlo Felice, prendiamo a sinistra una strada che seguiamo per poco più di un chilometro, e ci porta sulla sinistra sull’altopiano chiamato Monte Cacau, corrispondente alla propaggine più settentrionale del vasto altopiano di Campeda, il cui lato ovest sovrasta la SS131 di Carlo Felice. Qui si trovano i pochi resti del Villaggio medioevale di San Simeone, fondato nel 1353, quando il governatore aragonese Rambaldo de Corbera, nel corso di una rappresaglia, ha invaso ed incendiato il villaggio di Bonorba, passando a fil di spada uomini, donne e bambini. I superstiti fuggono sull’altopiano di Campeda, dove il giudice arborense Mariano IV, per dare un rifugio più sicuro agli abitanti della regione, fa fondare una Villa vocata Sanctus Simeon [...] noviter edificata in quodam monte posito iuxta villa destructam de Bonorbo. Prima che venisse fondato il villaggio giudicale, il sito, che si presenta come una fortezza naturale, ha ospitato frequentazioni sin dall’epoca nuragica. La vita di questo insediamento è, però, assai breve, non essendo citato nell’Atto di pace del 1388. Si può supporre che in detto periodo fosse già abbandonato, e questo non solo a causa dell’eccessiva esposizione ai venti freddi che generavano condizioni climatiche non troppo favorevoli, ma principalmente ad opera della terribile pestilenza del 1376. I superstiti, provati duramente dalle varie disgrazie, tornano in prossimità dell’abbandonata Bonorba ed in concorso con le genti di altri villaggi la rifondano in località Muristene. Le case vengono edificate attorno a quella che era una chiesa rurale, forse dotata di monastero e dedicata a Santa Vittoria, ancora efficiente ed oggi non più parrocchiale.

I resti della chiesa di San Simeone

Bonorva-La frazione Santa Barbara: chiesa di Santa BarbaraDel villaggio di San Simeone, l’unica testimonianza riconoscibile è il suggestivo rudere della chiesa di dedicata a San Simeone Vescovo che apparteneva alla giurisdizione della diocesi medievale di Sorres, ed è stata recentemente restaurata. Dagli archi acuti che scandiscono l’aula, si può supporre che sia stata edificata nello stesso periodo trecentesco della villa, e che non sia lasciata cadere con l’abbandono dell’insediamento, perché è riportata in un documento del 1688. Tutto intorno l’area, attualmente adibita a pascolo, è costellata di cumuli di pietre, che componevano le diverse strutture edilizie del villaggio, del tutto distrutto. Alcuni di questi edifici potrebbero essere meglio leggibili se interessati da apposite indagini archeologiche che potrebbero svelarne le relative funzioni.

I resti delle Muras dell’età nuragica e della fortezza punica di San Simeone

Bonorva: il recinto di Mura de Sos Alvanzales illustrato da Antonio TaramelliNella regione di San Simeone, ai bordi del pianoro, vicino ai ruderi dell’antica chiesa dedicata al Santo, si trova un sito fortificato formato da otto recinti megalitici chiamati le Muras, fra le quali le più note sono le Mura de Sos Alvanzales, Mura Baddadolzu, Mura de S’Iligheddu, Mura Cariasa, Mura de Tilipera e Mura de Aeddo. I recinti, controllati dal Nuraghe di su Monte edificato in materiale indeterminato a 643 metri di altezza, che si trova un poco più a nord, sono poco distanti tra loro e consistono in poderose muraglie, alte in media due metri e spesse circa due metri e mezzo, di forma rotondeggiante o trapezoidale, a cui si accede tramite un ingresso di forma rettangolare. Vicino a molte di esse si trovano le relative Tombe di giganti. L’archeologo Giovanni Lilliu ha identificato questi ruderi come pertinenti a strutture di età nuragica, incluse in un vasto sistema fortificato che doveva occupare vari punti dell’altopiano di Campeda.

In età punica questo sito è stato riutilizzato come Castrum e, sempre secondo Lilliu, le muras hanno assunto un ruolo di guardia in funzione della fortificazione punico. È stato, infatti, riconosciuto il luogo dove sorgevano i resti della Fortezza punica di San Simeone. Edificata nel quinto secolo avanti Cristo, di essa sono ancora visibili i resti di due torri con muri obliqui e con edifici per le truppe, che proteggevano l’insediamento dalle incursioni delle popolazioni vicine. Con la fortezza di Palattu a Padria, e quella di Talasai a Sedilo, quella di Mularza Noa a Bolotana, la fortezza punica di San Simeone costituiva la base difensiva del caposaldo cartaginese nell’Isola. Il sito, per la sua posizione strategica e la sua vicinanza alla strada da Karalibus a Turrem, fu probabilmente utilizzato anche in Età Romana come avamposto militare.

Lo stabilimento per l’imbottigliamento dell’acqua minerale di Santa Lucia

Bonorva-Lo stabilimento per l’imbottigliamento dell’acqua minerale di Santa LuciaUsciamo da Bonorva con la SP43 verso nord, che poi prosegue verso est, e, dopo circa dieci chilometri e mezzo, raggiungiamo la località Santa Lucia, dove, svoltando a sinistra, dopo circa duecento metri troviamo lo Stabilimento per l’imbottigliamento dell’acqua minerale di Santa Lucia. Lo stabilimento originario viene fondato a cinquecento metri a nord della SP43 dall’industriale comasco Giulio Negretti, che, nel 1895, riconosce nelle polle d’acqua sorgiva situate nel costone del Monte Oltovolo, la bontà del sapore e le sue caratteristiche particolari. Dopo la sua morte, lo stabilimento originario viene dismesso e trasferito trecento metri più a valle, dove oggi si trova. Fra le molte acque minerali delle quali è ricca la Sardegna spicca, per le sue caratteristiche, l’Acqua Santa Lucia di Bonorva, un’acqua mediominerale, bicarbonato alcalina, acidula.

La chiesa campestre di Santa Lucia

Usciti da Bonorva con la SP43 in direzione della località Santa Lucia, percorsi sei chilometri e ottocento metri arriviamo a un bivio, dove, invece di procedere sulla SP43 verso sinistra, prendiamo a destra seguendo le indicazioni per le domus de janas di Sant’Andrea Priu. Percorsi circa due chilometri troviamo, alla destra della strada, la chiesa romanica campestre di Santa Lucia, che è stata recentemente restaurata.

Bonorva-La chiesa campestre di Santa Lucia Bonorva: chiesa campestre di Santa Lucia: interno Bonorva: chiesa campestre di Santa Lucia: statua della Santaa

Presso questa chiesa ogni anno si svolge, il giorno 1 maggio, la Festa di Santa Lucia, con riti religiosi e festeggiamenti civili, bancarelle di cibarie varie, tra le quali il pesce e l’anguilla arrosto, e quindi manifestazioni folkloristiche con canti e balli.

L’importante necropoli di Sant’Andrea Priu

Il volume la necropoli di Sant’Andrea PriuBonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: ingresso all’area della necropoliSuperata la chiesa campestre di Santa Lucia, proseguiamo per altri cinquecento metri circa fino a raggiungere, sulla sinistra della strada, l’area recintata della Necropoli di Sant’Andrea Priu una delle più estese e probabilmente la più importante di tutta la Sardegna, che si trova in un’estesa vallata denominata piana di Santa Lucia. benché l’area archeologica fosse nota già dal cinquecento, solo nel 1916 è stata organizzata una vera e propria campagna di scavo, condotta da Antonio Taramelli, che ne ha realizzato degli accurati rilievi. Il restauro del monumento è stato effettuato alla fine degli anni ’90 del novecento. Le tombe che compongono questa necropoli sono scavate sulla parete verticale e sul pianoro di un affioramento trachitico alto circa dieci metri ed orientato a sud, e consisono in una ventina di sepolture disposte per lo più ad una certa altezza rispetto al livello di campagna. Le tombe sono state realizzate a partire dalla Cultura di Ozieri, che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 3200 ed il 2800 avanti Cristo, ed utilizzata anche in seguito fino al 1800 avanti Cristo. Le tombe risultano accessibili solo in parte, in quanto il cedimento parziale del fronte di roccia ha causato la distruzione di alcuni vani, e dei gradini che consentivano l’accesso ad esse. Alcune di queste tombe, ben tredici, si trovano in terreni di proprietà privata, e non sono, quindi, ancora oggetto di una gestione diretta. All’interno di altre tombe si vedono il focolare rituale e le coppelle scavate nel pavimento.

Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: veduta d’insieme della necropoli Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: ingresso di una domus de janas Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: ingresso di una domus de janas Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: interno di una domus de janas con ben in vista le coppelle scavate nel pavimento

L’impianto planimetrico delle domus de janas è in alcuni casi monocellulare ed in altri pluricellulare. A quest’ultimo tipo appartengono tre tombe di particolare interesse. La tomba più importante di questa necropoli è la cosiddetta Tomba del Capo, che ha un estensione di 250 metri quadrati, è formata da diversi ambienti. È costituita da una prima sala, con sulla volta scolpito il simbolo del sole, che porta sul pavimento i resti scavati di antichi sarcofaghi. Da questa si accede alla sala principale, trasformata nel tempo in una chiesa cristiana dedicata a Sant’Andrea. Le due sale sono collegate da passaggi interni ad altri quattordici locali più piccoli.

Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: planimetria della tomba del Capo Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: ingresso della tomba del Capo Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: sarcofaghi scavati nel pavimento della tomba del Capo Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: uno sguardo all’interno della tomba del capo (che non è permesso fotografare)

Molto nota anche la Tomba a capanna circolare, una domus de janas a pianta circolare dal diametro di circa tre metri, con la parete lievemente inclinata. Vi si accede dopo aver superato una piccola anticella rettangolare, ed, all’ingresso, ricavate nel pavimento, presenta diverse coppelle votive. Anche questa tomba ha un soffitto decorato da una raggiera di solchi incisi nella roccia, che alludono alle travature destinate a sostenere il tetto di frasche tipico delle capanne del’epoca. All’interno della tomba è presente una fossa terragna probabilmente scavata nel periodo bizantino.

Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: planimetria della tomba a capanna circolare Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: ingresso della tomba a capanna circolare

Significativa anche la Tomba a Camera, composta da una serie di vani di piccole e grandi dimensioni, che raggiungono, in altezza, anche il metro e ottanta. Il vano principale della tomba è una stanza rettangolare, con un soffitto finemente lavorato e la volta scolpita ad imitazione dell’interno delle capanne del Neolitico.

Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: planiemtria della tomba a camera Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: ingresso della tomba a camera Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: interno della tomba a camera

Sulla parte più alta della collina nella quale è scavata la necropoli, svetta una misteriosa scultura ricavata da un blocco di trachite, considerata la statua del dio toro e detta per questo il Toro di Bonorva. Si trattava probabilmente di un altare sacrificale. La statua è alta due metri ed ha quattro gambe monolitiche, ma è stata purtroppo decapitata durante il periodo della dominazione romana.

Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: il Toro di Bonorva Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: il Toro di Bonorva

Alcune delle tombe sono state successivamente adibite al culto cristiano, avvenuto in età tardoantica e medievale, riutilizzo che è ampiamente testimoniato dal bellissimo ciclo di Affreschi paleocristiani, presenti soprattutto nella Tomba del Capo, che recenti restauri hanno restituito, ma che, quando abbiamo visitato la necropoli, non erano ancora stati pubblicati, e quindi non li avevamo potuti fotografare. Significative sono le scene del Nuovo Testamento, che vanno dall’Annunciazione, alla Visitazione di Maria a Elisabetta, alla Nascita di Gesù, all’Adorazione dei re Magi, e poi la Presentazione di Gesù al tempio, la strage degli Innocenti, San Giovanni Battista. Al centro di una parete, si trova il Cristo sul trono, contornato dai quattro evangelisti, che leva la mano benedicente.

Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: affreschi paleocristiani Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: affreschi paleocristiani Bonorva-La necropoli di Sant’Andrea Priu: affreschi paleocristiani

La Tenuta Mariani con la chiesa di San Giuseppe

Procedendo lungo la strada che ci ha portato alla necropoli in direzione sud est, dopo poco più di due chilometri arriviamo a trovare alla destra della strada la chiesa di San Giuseppe in lingua sarda Santu Zoseppe, a Mariani, di recente completamente restaurata. La chiesa, situata all’ingresso della tenuta Mariani, è stata costruita nella seconda metà del diciannovesimo secolo, e la sua struttura architettonica richiama lo stile tardo barocco tipico dell’epoca.

Bonorva-La chiesa di San Giuseppe Bonorva-La chiesa di San Giuseppe Bonorva-La chiesa di San Giuseppe

Altri trecento metri, ed arriviamo agli edifici della Tenuta Mariani con il suo parco, che costituisce un importante polo naturalistico di oltre settecento ettari, nel quale si trovano lecci, roverelle e sugheri, si possono incontrare cavalli selvatici, cinghiali, aquile tanti altri animali selvatici caratteristici della flora sarda. La Tenuta Mariani fino alla metà dell’Ottocento rientrava nelle proprietà di casa Savoia ed oltre a un casino da caccia, fatto costruire dalla principessa Margherita, comprendeva la chiesa di San Giuseppe, un palazzetto e alcuni fabbricati rurali. Nel 1909 viene acquisita da Luigi Arborio Mella, conte di Sant’Elia, ed adibita a riserva di caccia e all’allevamento. Negli anni Venti del Novecento passa ad una baronessa, suocera di un fratello del conte, che fa abbattere le case dei pastori e fa costruire un villino liberty. Fino agli anni Cinquanta comprende un caseificio. In seguito, acquistata da Giuseppe Capelli, diviene un’azienda zootecnica, con la costruzione di una scuderia con box per cavalli e bovini e diversi recinti all’aperto.

Bonorva-Edificio della Tenuta Mariani Bonorva-Villino liberty nella Tenuta Mariani Bonorva-resti del caseificio nella Tenuta Mariani

Nel 2010 il consiglio Comunale ha approvato una convenzione con l’Ente Foreste della Sardegna, che prevede l’affidamento trentennale della Tenuta Mariani alla regione, per la tutela, la conservazione, il miglioramento e la sua valorizzazione.

La chiesa romanica di San Lorenzo di rebeccu

Bonorva-rebeccu: la chiesa di San Lorenzo prima del restauroUsciti da Bonorva con la SP43 in direzione della località Santa Lucia, percorsi solo cinque chilometri arriviamo a un bivio, dove, invece di procedere sulla SP43 verso sinistra, prendiamo a destra la strada che sale alla frazione rebeccu. Percorsi 350 metri, troviamo sulla destra della strada, sopra una piccola altura, la chiesa romanica di San Lorenzo di rebeccu. Si tratta di un edificio a navata unica absidata, costruita in conci di calcare chiaro squadrati intercalati da conci nerastri di basalto, e presenta una bella facciata decorata da archetti romanici pensili. Il portale con architrave è sormontato da un arco a tutto sesto, ben evidenziato dall’effetto bianco e nero delle pietre. Nel 1831, all’interno della chiesa di San Lorenzo, è stato rinvenuto un sigillo in piombo di Barisone II, giudice di Torres tra il 1147 e il 1191. Le caratteristiche strutturali e il sigillo di Barisone II, inducono a collocare la fabbrica della chiesa nella seconda metà del dodicesimo secolo, mentre il campanile a vela è stato aggiunto in seguito. Agli inizi del diciannovesimo secolo è stata parzialmente demolita, per utilizzare i suoi materiali nella costruzione della parrocchiale di rebeccu.

Bonorva-rebeccu: la chiesa di San Lorenzo dopo il restauro Bonorva: chiesa di San Lorenzo dopo il restauro: veduta laterale Bonorva: chiesa di San Lorenzo dopo il restauro: facciata Bonorva: chiesa di San Lorenzo dopo il restauro: retro Bonorva: chiesa di San Lorenzo dopo il restauro: particolare del retro Bonorva: chiesa di San Lorenzo dopo il restauro: interno

Nel restauro, effettuato nel 1982 cercando di utilizzare conci simili agli originali, sono stati ricostruiti il fianco sinistro ed il tetto in legno, che erano stati abbattuti. La chiesa, che rappresenta un esempio di stile romanico minore, trae il principale motivo del suo fascino dal suo inserimento nel paesaggio circostante.

La frazione di Bonorva denominata rebeccu

Bonorva-rebeccu: abitazioni della frazione rebeccuProseguendo per ottocento metri, arriviamo all’interno della frazione di Bonorva denominata rebeccu (altezza metri 415, distanza 6.1 chilometri sul livello del mare, abitanti solo 1), al termine della strada in una piazza sterrata. Il centro è posto a mezza costa del Monte Cuccuru de Pischinas, da dove domina tutta la piana di Santa Lucia, e corrisponde a un insediamento di età romana lungo l’antica strada Caralibus Ulbiam, sopra il quale, in epoca medievale, è stato realizzato il villaggio di rebeccu. In epoca giudicale rebeccu è un importante centro del Meilogu, e compare per la prima volta in documenti del trecento in cui figura come capoluogo della curatoria di Costavalle nel Giudicato di Torres, e sede del magistrato del Cantone. Con i suoi 400 abitanti è il centro più importante e popolato della zona, e ad esso sono sottoposte le ville di Bonorva e Semestene, oltre al fiorente villaggio di Trequiddo, abbandonato secondo la leggenda per le calamità seguite alla morte di don Sotgiu, ucciso mentre celebrava la messa, durante l’elevazione dell’Ostia. Essendo una proprietà dei Malaspina, viene da questi coinvolto, dopo il 1325, nella ribellione contro gli Aragonesi, subendo gravi danneggiamenti a causa della guerra. Quando nel 1353 scoppia la seconda guerra tra Mariano IV d’Arborea e Pietro IV d’Aragona, viene invaso ed incendiato dall’aragonese Rambaldo de Corbera. Il 14 gennaio 1388, nel piazzale antistante la chiesa di Santa Maria, oggi Santa Giulia, viene approvato il trattato di pace fra il re Giovanni I d’Aragona e la giudicessa Eleonora d’Arborea. Il villaggio viene, quindi, occupato dalle truppe giudicali, che lo tengono fino alla caduta del Giudicato di Arborea, e successivamente il borgo va a diverse famiglie di feudatari aragonesi. A partire dal quattrocento, a causa probabilmente di pestilenze e carestie, inizia la decadenza di rebeccu. I rapporti con gli ultimi feudatari, gli Amat di Villarios, sono talmente difficili, che gli abitanti di rebeccu nel 1795 prendono parte alle insurrezioni contro i feudatari e distruggono gli uffici dell’amministrazione Baronale. Dal 1821 al 1848 il villaggio venne annesso alla provincia di Alghero, per poi entrare a far parte, dopo l’abolizione delle province, della divisione amministrativa territoriale di Sassari. Infine, nel 1859, ritorna a far parte della riorganizzata provincia di Sassari. Ridotta la sua popolazione a poco più di 100 abitanti, il 31 dicembre del 1875 perde l’autonomia, e diventa una frazione del comune di Bonorva. A rebeccu negli anni cinquanta del novecento si contano solo sei famiglie, ed un solo abitante residente dal gennaio 2007, almeno secondo l’ultima rilevazione Istat, ed ecco perché si può considerare un paese fantasma o quasi. Negli ultimi anni, dopo la ristrutturazione di alcuni edifici, il paese ha ospitato un’importante rassegna cinematografica, il rebeccu Film Festival, che ha regalato al borgo una settimana di vita grazie alle proiezioni e ad incontri culturali.

La chiesa di Santa Giulia di rebeccu

Nel villaggio di rebeccu, si trova quella che era la chiesa parrocchiale di rebeccu. Si tratta di una chiesa di impianto romanico risalente anch’essa al dodicesimo secolo, quando era intestata a Santa Maria in rebeccu, ed è stata attiva fino al quattrocento quando è iniziata la decadenza di rebeccu, a causa di pestilenze e carestie e di eventi bellici. Successivamante, intorno al settecento, la chiesa di Santa Maria è stata restaurata utilizzando i conci della chiesa di San Lorenzo di rebeccu, ed ha cambiato la sua intestazione divenendo la chiesa di Santa Giulia di rebeccu.

Bonorva-rebeccu: la chiesa di Santa Giulia Bonorva-rebeccu: la chiesa di Santa Giulia Bonorva-rebeccu: la chiesa di Santa Giulia

Presso questa chiesa, la penultima domenica di maggio si svolge la Festa di Santa Giulia, una bella Festa campestre della durata di due giorni, durante i quali è possibile partecipare a convegni, incontri letterari ed artistici, visitare mostre di oggettistica artigianale locale, le botteghe di artigiani, provare la degustazione delle produzioni tipiche, che sono ospitate nelle piccole case del villaggio, ridando un nuovo segno di vita al piccolo e caratteristico borgo.

La fonte sacra di su lumarzu

Bonorva-Fonte sacra di su lumarzu: planimetriaA rebeccu prendiamo la stradina di fronte al ristorante Su lumarzu e subito a destra un sentiero, fino alla seconda traversa sulla sinistra, dopo circa duecento metri, con una freccia in legno che indica la Fonte sacra di su lumarzu. La traversa è un sentiero non molto comodo che percorriamo per circa duecento metri superando un cancello sempre aperto, poi un ponticello in legno sopra il ruscello che sgorgava proprio dalla fonte e subito a destra arriviamo alla fonte, che è ubicata nell’estremità sud della piana di Santa Lucia, a una distanza di circa trecento metri in direzione est dal villaggio di rebeccu. La fonte sacra è composta da un atrio rettangolare lastricato e munito di sedili lungo le pareti. Il portello d’ingresso ha forma trapezoidale. La cella circolare della sorgente dove si raccoglie la vena sorgiva, è al centro della parete di fondo, all’interno di un lastrone monolitico. In età cristiana sulla faccia inferiore della lastra di chiusura venne incisa una croce latina. L’acqua defluisce attraverso una canaletta, incisa nella soglia dell’ingresso alla fonte, verso un condotto di scolo realizzato al di sotto della pavimentazione dell’atrio stesso. Nelle vicinanze della fonte si trovano scale e strutture murarie appartenenti al complesso sacro, oggi quasi del tutto coperte dalla fitta vegetazione.

Bonorva-La fonte nuragica di <em>Su lumarzu</em>: veduta d’insieme Bonorva-La fonte nuragica di <em>Su lumarzu</em>: ingresso del pozzo sacro Bonorva-La fonte nuragica di <em>Su lumarzu</em>: interno del pozzo sacro

L’altopiano di Campeda

L’Altopiano di Campeda è un vasto tavolato vulcanico che si estende nella Sardegna nord occidentale, su una superficie di oltre undicimila ettari. Il territorio si trova a sud del comune di Bonorva, e si sviluppa fino a quelli di Bortigali, Macomer e Sindia. Ha un’altitudine compresa tra 425 ed 845 metri, ed è attraversato dall’omonimo rio, che confluisce nel fiume Temo, in località Pòddighe. L’altopiano un tempo era ricoperto di Lussureggianti boschi secolari, i cui alberi ad alto fusto sono stati del tutto abbattuti a partire dall’unità d’Italia, nella seconda metà dell’ottocento, allo scopo soprattutto di ricavarne traversine ferroviarie. Oggi vi si possono apprezzare importanti formazioni boschive.

La prossima tappa del nostro viaggio

Nella prossima tappa del nostro viaggio, visiteremo Pozzomaggiore da dove ci recheremo a Mara con le famose grotte di Bonu Ighinu e Filiestru dove si sono trovati i reperti che hanno dato origine alle due culture omonime, e proseguiremo quindi per Padria.


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