Bortigali con le sue molte Chiese e con nei dintorni i diversi siti archeologici tra i quali il Nuraghe Orolo
In questa tappa del nostro viaggio, ci recheremo a visitare il paese chiamato Bortigali con le molte Chiese che si trovano nell’abitato e nei dintorni, e con nei dintorni i diversi siti archeologici tra i quali il Nuraghe Orolo. La regione storica del MarghineIl Marghine (pronuncia Màrghine) prende il nome dalla omonima catena montuosa, non molto estesa ed idealmente collegata alla vicina catena del Goceano, dalla quale nascono molti fiumi tra i quali il Tirso. Il Marghine è un grande altopiano formato da colate laviche post Mioceniche ad opera dei vulcani del Montiferru. I comuni del Marghine sono: Birori, Bolotana, Borore, Bortigali, Dualchi, lei, Macomer, Noragugume e Silanus. Il Marghine presenta un paesaggio variegato, che conserva un patrimonio ambientale eccezionale. Nel Marghine e nella vicina Planargia vive, ad esempio, il grifone, in una delle ultime colonie presenti nel bacino del Mediterraneo. Una piccola parte settentrionale del Marghine si trova nella Provincia di Sassari, mentre la parte meridionale appartiene alla Provincia di Nuoro. In viaggio verso BortigaliDopo aver visitato Birori, torniamo sulla SS129 in direzione di Nuoro. Percorso ancora un paio di chilometri verso est, seguiamo sulla sinistra l’indicazione, che ci porta dopo circa un chilometro a Bortigali. Dal Municipio di Birori a quello di Bortigali si percorrono 5.0 chilometri. Il comune chiamato BortigaliIl comune chiamato Bortigali (nome in lingua Bortigale, altezza metri 510 sul livello del mare, abitanti 1.244 al 31 dicembre 2021) è situata nella parte centro occidentale del territorio della Provincia di Nuoro, collocata ad Anfiteatro ai piedi del trachitico monte Santu Padre della catena del Marghine. Gli abitanti vivono per la maggior parte nel capoluogo Comunale, mentre il resto della popolazione si distribuisce tra la frazione Mulargia ed alcune case sparse. Il territorio, attraversato da un corso d’acqua che lo rende particolarmente fertile, ha un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate, che vanno da un’altitudine di un minimo di 311 fino a un massimo di 1025 metri. Bortigali è, quindi, un importante centro agricolo, ed è uno dei pochi paesi in Sardegna ad avere un mulino ad acqua funzionante anche se non utilizzato. La linea ferroviaria che collega Macomer con Nuoro ha uno scalo sul posto. Origine del nomeIl nome, che nella dizione locale si presenta come Bortigàle, è attestato fino dal 1342 nella forma Oriticali. L’origine del nom va ricercata, secondo gli studiosi, nelle voci sarde Ortìyu, Bultìyu, Urtìcu ed altre, che indicano la corteccia del sughero, dalla parola latina Curticulus. La sua economiaNell’economia locale l’agricoltura conserva il ruolo più importante, e si producono cereali, ortaggi, foraggi, olive, uva e altra frutta. Accanto al lavoro dei campi si pratica l’allevamento di bovini, suini, ovini ed equini. L’industria non è particolarmente sviluppata, dato che si registrano solo piccole realtà produttive che operano nei comparti alimentare, elettrico, della produzione di gas ed edile. Il terziario non assume dimensioni rilevanti, anche se nel 1880 l’ingegnere gallese Benjamin Herbert Piercy vi ha costituito quella che è stata la prima Azienda Casearia della Sardegna, e nel 1907 vi è nata la prima Cooperativa Casearia, che è l’attuale la.Ce.Sa., che, però, si trova oggi nel territorio di Birori, nata per l’esigenza degli allevatori locali di opporsi all’egemonia degli industriali del continente, che avevano impiantato a Macomer i primi caseifici per la produzione del pecorino romano. L’apparato ricettivo offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Non è meta di un significativo afflusso turistico, pur offrendo a quanti vi si rechino la possibilità di godere delle bellezze dell’ambiente naturale, di gustare i semplici ma genuini prodotti locali e di effettuare interessanti escursioni nei dintorni. Brevi cenni storiciLa ricchezza di testimonianze archeologiche, soprattutto di Nuraghi e domus de janas, dimostra la presenza umana già in età preistorica in un territorio che doveva distinguersi per la fertilità dei luoghi. In seguito il territorio è sottoposta alla dominazione romana. Secondo una tradizione popolare, che però non è documentata, pare che il primo insediamento fosse costituito da una città punica e poi romana, in seguito andata distrutta, che era chiamata Berre. Si narra che sette famiglie superstiti abbiano formato il primo nucleo del paese, tanto che la leggenda vuole che un vicinato della Bortigali di oggi si chiami proprio per questo motivo Sette Padeddas, che indica sette padelle, cioè sette fuochi, ossia sette famiglie. Nella sua storia sono documentati altri periodi, sino al Medioevo, quando Mulargia era un centro noto sulla strada tra Karalis e Turris libissonis, ed il paese chiamato Ortucale viene citato nel Condaghe di San Nicola di Trullas, del dodicesimo secolo. In epoca medievale la villa di Bortigali appartiene al Giudicato del Logudoro, e viene aggregata alla curatoria del Marghine. Nel 1259, caduto il Giudicato di Torres, la curatorìa appartiene ai giudici d’Arborea. alla fine di questo Giudicato, nel 1410, la villa passa al visconte di Narbona, e poi, nel 1420, agli Aragonesi, che la concedono in feudo ai Centelles. Ceduta nel 1439 a Salvatore Cubello, viene inclusa nel Marchesato di Oristano sino al 1478. Il paese torna ad essere incluso nella conte di Oliva, infeudata prima ai Centelles, e poi, per successione, ai Borgia. Il periodo in cui il paese acquista consistenza è sicuramente quello compreso tra i secoli sedicesimo e quindicesimoII, risalgono infatti a questo periodo quasi tutte le numerose Chiese, come pure gli architravi tardogotici che ancora si possono vedere nelle case del centro storico. estinta la famiglia dei Borgia, la villa viene concessa alla loro erede Maria Giuseppa Pimentel. Tra il 1774 e il 1785 la popolazione si rifiuta apertamente di pagare i tributi ai feudatari, che dalla Spagna fanno amministrare il feudo a funzionari senza scrupoli, e nel 1795 prende parte ai moti antifeudali di Giovanni Maria Angioy. Nel 1821 la comunità di Bortigali viene inclusa nella Provincia di Cuglieri, della quale costituisce il capoluogo del Distretto, che comprende altri otto comuni limitrofi, ossia Birori, Borore, Dualchi, lei, Macomer, Mulargia, Noragugume e Silanus. I Pimentel sono gli ultimi signori che reggono il governo locale, fino al 1839, quando, con l’abolizione del feudalesimo, viene riscattata al demanio dello Stato, e nel 1843 cessa definitivamente il suo rapporto con gli ultimi feudatari. Nel 1848, abolite le vecchie province, viene compresa nella Divisione Amministrativa di Nuoro, e vi rimane fino al 1859, quando entra a far parte della nuova Provincia di Cagliari, circondario di Oristano, mandamento di Macomer. Nel 1865 lo storico comune di Mulargia viene aggregato al comune di Bortigali. Del comune di Bortigali nel 1927, dopo la creazione della Provincia di Nuoro, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, alla neonata Provincia di Nuoro. Nel 2010 il Consiglio Comunale di Bortigali, aderendo al Progetto dell’Atlante Topografico Sardo, ha deliberato che, come nome del paese ufficiale in lingua sarda, debba essere adottato il termine Bortigale. Le principali personaggi che sono nati a BortigaliA Bortigali sono nati due importanti avvocati, ed una delle poche poetesse sarde. A Bortigali nasce nel 1600 Francesco Angelo Dessì che si laurea in giurisprudenza a Cagliari. Avvocato, giurista e politico spagnolo di origine sarda, è noto soprattutto per la sua munificenza e generosità. Molto legato ai Gesuiti, con le sue donazioni contribuisce, a Cagliari, a fondare, e ornare con dipinti e marmi preziosi la chiesa del Noviziato, poi diventata la chiesa di San Michele, in Stampace. Contribuisce anche, col suo lascito testamentario, alla fondazione dell’Ospedale Civile di Cagliari, e nel corridoio circolare di quest'ultimo è collocata una sua statua in marmo per ricordarne la generosa contribuzione. muore a Cagliari nel 1674, ed iI 20 agosto 1712 le sue ceneri vengono trasportate nella chiesa di San Michele e collocate nella parete sinistra dell’altare maggiore, con un apposito monumento marmoreo ed un’iscrizione che ne ricorda le gesta onorevoli … più ricco di Creso … più munifico di Davide … più liberale di Augusto … |
A Bortigali nasce nel 1780 il nobile Don Domenico Fois, che qui morirà nel 1871. Si laurea a Cagliari in giurisprudenza, si dedica alla professione di avvocato, ed è autore di numerosi testi giuridici, il più noto dei quali è il trattato Dei delitti e delle pene e della processura criminale, stampato in tre volumi a Genova nel 1816. Nel 1818 entra a far parte della Magistratura, mentre nel 1822 diviene avvocato dei poveri presso la reale Udienza. Nel 1824 viene chiamato a far parte della Commissione incaricata di esaminare il progetto del futuro codice feliciano e in tale occasione, data la sua competenza, ha l’incarico di relatore per le materie criminali. Negli anni successivi si dedica a scrivere la sua seconda opera giuridica, la Giurisprudenza Civile, che viene pubblicata a Cagliari in sei volumi tra il 1839 ed il 1844. Nel 1832 ottenne la carica di Giudice della reale Udienza. Nel 1848 diviene deputato, scrive per il giornale Il Popolo, e fa parte del Parlamento Subalpino durante la prima, la seconda e la quarta legislatura, sempre su posizioni antigovernative. |
Una delle pochissime poetesse sarde è Anna Maria Falchi Massidda nata a Bortigali nel 1824 da una famiglia nobile e benestante, che qui morirà nel 1873. Intorno ai 20 anni sposa Don Pietro Paolo Massidda, un ricco possidente di Santulussurgiu. Sotto il suo nome ci sono state tramandate sedici Glossas e tre Muttos, grazie soprattutto ai quaderni manoscritti di Vittorio Mura di Santu Lussurgiu e Raimondo Pili di Seneghe. La sua produzione poetica, ora raccolta in una importante pubblicazione, è ricca di liriche raffinate, e la sua fama varca i confini dell’Isola. Infatti, in un articolo pubblicato nel 1925 sul Giornale d’Italia a firma del critico Nichita Ordioni Siotto, viene esaltato l’elevato contenuto artistico della sua poesia Lenta sonat sa campana. |
Le principali feste e sagre che si svolgono a BortigaliA Bortigali è attivo il Gruppo Folk Bortigali, interprete e depositario della tradizione legata al ballo sardo tipico di Bortigali, nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale del posto, ed è attiva, inoltre, la Corale Polifonica di Bortigali, che si è formata nel novembre 1997 per iniziativa di un gruppo di ragazze, trasformandosi in polifonica mista l’anno successivo. Sono attivi anche due gruppi di canto a cuncordu caratterizzati da un’emissione vocale naturale, che sono il gruppo Cuncordu Sas Enas il cui canto è legato alle confraternite e ai riti della Settimana Santa, e Cuncordu Ortigalesu anch’esso impegnato nel recupero della tradizione dei canti legati alle celebrazioni religiose; e due gruppi di canto a tenore caratterizzati da un’emissione vocale gutturale, che sono il Tenore Santu Padre, ed il Tenore Pantaleo Serra che spesso accompagna le gare dei poeti improvvisatori. Tra le pricipali principali feste e sagre che si svolgono a Bortigali non si segnalano particolari manifestazioni folcloristiche o religiose che potrebbero richiamare visitatori dai dintorni. Significativi sono, comunque, il 17 gennaio la Festa di Sant’Antonio Abate, con la sera precedente l’accensione del tradizionale falò; in occasione del Carnevale a Bortigali si svolgono Sas Pariglias Bortigalesas, due giornate delle quali la prima è dedicata alle spettacolari pariglie dei cavalieri locali, mentre nella seconda giornata, oltre ai cavalieri padroni di casa, vi sono tantissimi altri ospiti provenienti da tutta la Sardegna; in occasione della Pasqua, si svolgono i riti della Settimana Santa; tra luglio e agosto, in un fine settimana che meglio si presta ad accoglierla, la Pro Loco organizza la Sagra della Patata durante la quale, presso il corso di Bortigali, vengono cucinati da 200 a 300 chili di patate, tutte di produzione locale; il 2 agosto, la Festa patronale in onore della Madonna degli Angeli; il 17,18 e 19 agosto, la Festa di Sant’Elena presso la frazione Mulargia; il 17 settembre, dopo dieci giorni di riti sacri, la Festa di Santa Maria de Sauccu, presso l’omonima chiesa campestre. I riti della Settimana Santa a BortigaliI rituali della Settimana Santa di Bortigali sono curati dalle tre antiche Confraternite, ognuna titolare dell’omonimo oratorio. I più significativi sono i riti del Venerdì Santo e della Domenica di Pasqua. Ci si immagina che, dopo la sua morte, Maria abbia disperatamente cercato il figlio, e per rimembrare questa ricerca le Confraternite conducono, il Venerdì Santo, il simulacro dell’Addolorata in una processione chiamata de Sas Chircas, ossia delle ricerche. La sera ha luogo nella parrocchiale la cerimonia de S’Iscravamentu, dove giungono i membri delle Confraternite con due bambini vestiti da angioletti e due confratelli vestiti da Giudei. Il Cristo viene schiodato dalla croce e la corona di spine posata sul capo dell’Addolorata. Dopo la deposizione, Gesù viene mostrato ai fedeli e messo nella lettiga, ornata da piccole luci e fresie bianche. Ha quindi inizio la processione con la fiaccolata. Si è recentemente ripresa la tradizione di accompagnare la processione con le suggestive voci dei Cuncordos, che intonano i brani tipici del canto religioso a quattro voci della tradizione latina, lo Stabat Mater, il Miserere e l’Ottava Trista. Anche i bambini escono per le strade suonando le Matraccas, costituite da una tavola di legno su cui sono fissati dei chiodi e incernierati degli anelli in ferro con funzione di batacchi le Rane, costituite da una cassa rettangolare in legno con un lato a lingua libera che sbattesu una ruota dentata fissata su un bastoncino girevole; e le Chigule, che imitano il canto della cicala. Strumenti che sostituivano le campane, che venivano legate il giovedi in segno di lutto e sciolte il sabato al canto del gloria. La sera del Sabato Santo, la Confraternita delle Anime mantiene la tradizione di Su Fogu Virgine, cioè dell’accensione del fuoco, simbolo religioso di luce e di vita. Operazione che avviene ancora oggi con il metodo arcaico dell’acciarino e della pietra focaia, da cui deriva il termine Virgine, le cui scintille innescano la fiamma in una carbonella di ferula. La Domenica di Pasqua si svolge la cerimonia de S’Incontru. Le Confraternite delle Anime e del Rosario, con le statue della Maddalena e della Madonna velate di nero, partono dalla parrocchia ed arrivano all’incrocio tra via Umberto I e via Vittorio Emanuele III, in piazza, presso Sa Funtana ’e S’Incontru, la fontana dell’incontro, dove aspettano l’arrivo della Confraternita della Santa Croce che porta il Cristo risorto. Al suo arrivo, vengono tolti i veli alle statue, si benedicono e si incensano la croce, le statue ed i fedeli, per tornare poi in parrocchia. Visita del centro di BortigaliL’andamento altimetrico di Bortigali è quello tipico collinare. L’abitato, immerso in una suggestiva cornice paesaggistica, conserva ancora intatto il suo nucleo storico, caratterizzato dalle strette stradine pavimentate col caratteristico selciato, e dalle vecchie architetture rurali ingentilite e ornate da portali e architravi catalano aragonesi, e si sa per certo che molti sono andati perduti negli anni. Se ne contano oltre ottanta, che sono stati ripuliti qualche anno fa a cura della Pro Loco. Di notevole interesse sono anche i palazzi borghesi del corso Vittorio Emanuele, risalenti ai primi decenni del novecento. Nel centro abitato si contano ben sei Chiese, tutte ancora ben conservate grazie anche alla presenza e alla cura dedicata loro da Confraternite, Obrieri, prioresse. Arriviamo a Bortigali con la SS129 che, subito dopo la segnalazione del chilometro 89.2, a un’ampia rotonda fa prendere a sinistra la deviazione che, dopo duecentottanta metri, arriva a un bivio. Qui procede verso destra la strada che entrerà nell’abitato con il nome di via della Stazione, mentre prendiamo a sinistra la strada che, in poco più di un chilometro, con il nome di via dei Mille, sbocca sulla via Vittorio Emanuele III, che prendiamo verso sinistra e ci porta nel centro dell’abitato. La chiesa di San GiuseppeTra la via dei Mille, in basso, e la via Vittorio Emanuele III, in alto, si trova la chiesa di San Giuseppe, alla quale si accede dai vicoli che si sviluppano tra queste due strade. Posta alla periferia occidentale dell’abitato, la chiesa è caratterizzata da una pianta semplice a navata unica. Alcuni motivi architettonici sembrano farla risalire allo stesso periodo delle altre Chiese di Borgali, presumibilmente intorno ai primi anni del seicento. Al suo interno, sopra un basamento in pietra di recente costruzione, è posizionata una bella statua di San Giovanni Battista, dipinta col sistema definito estofado de oro, che si ritiene potesse provenire dall’antica chiesa campestre di San Giovanni Battista che è oggi ridotta a un rudere. L’oratorio della Santa Croce sede dell’omonima ArciconfraternitaProseguendo per poco più di duecentocinquanta metri lungo la via Vittorio Emanuele III, si vede alla destra della strada la fiancata sinistra della chiesa ed oratorio della Santa Croce il cui ingresso si trova in una trasversale sulla destra. La chiesa risale ai primi anni del seicento, ed è stata ultimata nel 1613 come attesta la data scolpita nell’architrave sopra il portale dell’ingresso. Gli alzati sono interamente intonacati; il lato destro è dotato di contrafforti per ovviare alla pendenza del terreno. Il liscio prospetto è racchiuso da conci squadrati di trachite lasciati a vista e concluso da terminale piatto modanato, sormontato a desta da un piccolo campanile a vela. Nella facciata si aprono un piccolo oculo e il bel portale d’ingresso in trachite rossa, modanato con false colonnine e capitelli affiancati da rosette. L’interno presenta una insolita planimetria a due navate, probabilmente dovuta ad un’aggiunta realizzata in tempi successivi alla fondazione, ed è molto bello grazie allo slancio e alla armonicità degli archi acuti della navata principale. Conserva alcune interessanti opere lignee appena restaurate, in particolare un grande simulacro della Madonna, chiamato Santa Maria Manna, che verrà portato a settembre in processione al Santuario di Santa Maria de Sauccu; il grande crocifisso del presbiterio, databile intorno al seicento, che rappresenta un Cristo composto e sereno dopo la sofferenza; ed il vecchio Cristo con testa, braccia e gambe snodate, che viene utilizzato per la cerimonia de S’Iscravamentu, e che rappresenta un Cristo doloroso, con il viso e del corpo letteralmente ricoperti di gocce di sangue. L’oratorio è la sede dell’Arciconfraternita della Santa Croce, una associazioni di carattere religioso aggregata ad altre associazioni della stessa specie in base a un indulto pontificio, composta da soli uomini che partecipano alle funzioni religiose per la venerazione della Croce. Nell’Arciconfraternita della Santa Croce nei tempi andati erano presenti anche le consorelle, ma non esistono più dagli anni quaranta del Novecento. L’arciconfraternita è stata istituita nel 1624 come attesta l’atto di costituzione appeso alla parete, presso il presbiterio, ed ha tra le sue funzioni istituzionali proprio la cura della cerimonia de S’Iscravamentu, sacra rappresentazione della deposizione del Cristo dalla croce, in occasione della Settimana Santa. La chiesa parrocchiale di Santa Maria degli AngeliProseguendo per centocinquanta metri lungo la via Vittorio Emanuele III, prendiamo a destra la strada che ci porta in piazza della Parrocchia, sulla quale, nel centro del paese, è da visitare la chiesa di Santa Maria degli Angeli che è la chiesa parrocchiale di Bortigali. La piazza della Parrocchia è una suggestiva piazzetta impreziosita anche dalla presenza, alla sinistra della chiesa parrocchiale, della chiesa del Rosario, e, più avanti, dell’ingresso al vialetto che porta alla contigua chiesa di San Palmerio. La chiesa parrocchiale è stata realizzata nei primi decenni del sedicesimo secolo in pietra trachitica rossa, e costituisce un buon esempio di architettura cinquecentesca, dato che è costruita nelle forme tardo gotiche, con pietre a vista, tipiche delle Chiese del nord della Sardegna di quell’epoca, anche se ha subìto delle modifiche più tarde. La facciata è a cuspide, con un prospetto semplice arricchito da un bel portale timpanato che presenta molti degli elementi che si ritrovano nei portali delle case del centro storico di Bortigali. Il campanile a canna quadrata, diviso in tre ordini da cornici marcapiano e sovrastato da una guglia piramidale ornata da gattoni, si addossa al fianco destro della facciata. L’interno presenta una navata unica divisa in cinque campate, con quattro cappelle per lato, e altri due ambienti occupati dalla torre campanaria e dalla scala di accesso alla cantoria. La volta, a botte spezzata, è stata rifatta negli anni settanta del seicento, come attestano i registri parrocchiali. Al suo interno si trova un piccolo simulacro della Madonna, chiamato Santa Mariedda, che verrà portato a settembre in processione al Santuario di Santa Maria de Sauccu. Nel presbiterio, rialzato rispetto al pavimento dell’aula, sono esposte quattro tavole che rappresentano l’Annunciazione, la Natività, l’Adorazione dei Magi e l’Assunzione in cielo, che facevano parte di uno smembrato retablo attribuito al Maestro di Ozieri, databile attorno al 1551, e richiamano il Rinascimento italiano, la scuola fiamminga e le stampe del tedesco Durer. Presso la chiesa parrocchiale si svolge la Festa patronale in onore della Madonna degli Angeli, che si celebra ogni anno il 2 agosto, con i riti religiosi e la manifestazioni civili. L’oratorio della Madonna del Rosario o del Santissimo Rosario sede dell’omonima ConfraternitaNella piazza della Parrocchia, alla destra della chiesa parrocchiale, si affaccia l’oratorio della Madonna del Rosario o del Santissimo Rosario. L’oratorio, che è stato edificato verso la metà del seicento, ha la facciata a cuspide, divisa orizzontalmente e verticalmente da cornici e paraste in trachite, ha un bel portale istoriato in trachite rossa, e un campaniletto a vela. L’interno è ad aula rettangolare, divisa in quattro campate con profondo presbiterio, nelle cui pareti è da poco venuto alla luce, in seguito a restauro, una ciclo di medaglioni dipinti risalenti al 1870, opera del pittore Campanelli. L’oratorio del Santissimo Rosario è la sede della Confraternita del Rosario consacrata ufficialmente nel 1864, in segno di fede e culto per la Madonna del Rosario, ma sicuramente preesistente dato che i registri amministrativi ne attestano l’esistenza anche in epoche precedenti. È una associazioni di carattere religioso, di soli uomini che partecipano alle funzioni religiose. La chiesa di San Palmerio che è stata l’antica parrocchiale ed è sede della Confraternita delle Anime SanteCosteggiando il lato destro dell’oratorio del Rosario, si trova l’ingresso al vialetto che porta alla contigua piccola chiesa di San Palmerio, la quale è stata la chiesa parrocchiale di Bortigali prima dell’edificazione di quella attuale dedicata a Santa Maria degli Angeli. Ha una struttura assai semplice ma molto suggestiva, per l’ambiente in cui è inserita, ed ha subito diverse aggiunte e rimaneggiamenti anche recenti. Conserva al suo interno una bella acquasantiera in trachite bruno-rossa, della fine del sedicesimo secolo, con la vasca ornata da baccellature rinascimentali, mentre all’esterno si trova una bella statua in bronzo dl Santo. Tra le tantissime vittime degli editti persecutori dei vari imperatori romani, troviamo anche Palmerio. Egli è sardo di nascita, forse della attuale Provincia di Oristano, di stirpe nobile. È un militare della guarnigione di Fordongianus, e si converte al cristianesimo, diventando un neofita e propagatore della fede. Scoperto al tempo dell’imperatore Diocleziano, viene esiliato nel nord della Sardegna, verso l’odierna Villanova Monteleone, vicino alla sede del giudice di Torres. Qui, dopo aver ricevuto il battesimo, si mette a condurre una vita eremitica, ma infine viene accusato davanti ad un tribunale romano e, dopo essere stato flagellato, non avendo rinnegato la fede viene ucciso verso il 303. San Palmerio è il patrono di Ghilarza che lo festeggia l’8 luglio, come pure il vicino paese di Bortigali gli ha dedicato quella che era stata la prima chiesa parrocchiale. |
La chiesa è un oratorio sede della Confraternita delle Anime Sante, istituita per onorare la memoria dei defunti nel 1777, come riportano sia il relativo documento vescovile conservato in sagrestia, sia la scritta nella campana del piccolo campanile a vela posta sul lato sinistro della facciata. È una associazioni di carattere religioso, di soli uomini che partecipano alle funzioni religiose ed in modo particolare ai funerali. Il principale incarico istituzionale della Confraternita è quello dell’accompagnamento dei defunti, ed anche quello di mantenere la tradizione di Su Fogu Virgine, cioè dell’accensione, la sera del Sabato Santo, del fuoco, simbolo religioso di luce e di vita. Questa operazione avviene ancora col metodo arcaico dell’acciarino e della pietra focaia, da cui il termine Virgine, le cui scintille innescano la fiamma in una carbonella di ferula. La piazza Funtana ’e S’Incontru con il Monumento ai Caduti e con la sua fontanaDopo la deviazione che ci ha portati in piazza della Parrocchia a visitare la chiesa parrocchiale e le due altre Chiese alle quali si accede da essa, proseguiamo lungo la via Vittorio Emanuele III per una cinquantina di metri, e arriviamo dove parte a destra la via Umberto I. Subito dopo questa strada, lungo la via Vittorio Emanuele III di apre la Piazza Funtana ’e S’Incontru, nella quale subito affacciata sulla strada è presente il Monumento ai Caduti in guerra di Bortigali, realizzato nel ventesimo secolo, che rappresenta un militare di fanteria in marmo bianco, sopra un basamento in granito e bronzo, posizionato entro una struttura contenitiva. Ma la piazza è conosciuta perché al suo centro, sul retro del monumento, si trova la Funtana ’e S’Incontru, presso la quale la domenica di Pasqua si svolge la Cerimonia de S’Incontru, ossia dell’incontro tra le statue della Maddalena e della Madonna velate di nero, con la statua del Cristo risorto. Il Municipio di BortigaliQui parte sulla destra la via Umberto I, la seguiamo per un centinaio di metri, e troviamo, alla sinistra della strada, al civico numero 6 della via Umberto I, l’edificio che ospita il Municipio di Bortigali, nel quale si trovano la sua sede e gli uffici che froniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Si tratta degli uffici del Settore Finanziario, che comprende Gestione Economica-Finanziaria, Personale e Cantieri, Tributi Comununali; del Settore Amministrativo, che comprende Affari Generali, Servizi Demografici, Servizio Sociale e di Assistenza, Cultura e Sport, Pubblica Istruzione, Biblioteca Comunale; del Settore Tecnico, che comprende Opere ed Interventi Pubblici, Manutenzioni, Edilizia Privata e Piani Urbanistici, Servizi Pubblici. La chiesa di Sant’Antonio AbatePassato il Municipio, proseguiamo per la via Umberto I per una ventina di metri, poi prendiamo a sinistra la via Principe Umberto, che, dopo centocinquanta metri, sbocca sulla via della Stazione. La prendiamo verso destra, e, dopo un’altra ventina di metri, troviamo alla destra della strada la facciata della chiesa di Sant’Antonio. La particolare e suggestiva caratteristica di questa chiesa è di essere scavata quasi interamente nella roccia. In una delle tre nicchie sopra l’altare è posta la statua lignea di San Barnaba, proveniente dalla chiesa che un tempo esisteva sulla vetta del monte Santu Padre. Per una consuetudine ormai consolidata, la Festa di Sant’Antonio Abate, ossia di Sant’Antoni ’e su Fogu, viene celebrata in differita, il sabato e la domenica successivi rispetto alla ricorrenza tradizionale, che il calendario fissa il 17 gennaio. La scelta di festeggiare Sant’Antonio Abate la domenica successiva alla ricorrenza canonica è molto antica. C’è chi dice che il 17 gennaio fosse usanza che, per devozione, da Bortigali si andasse a sentire messa a Silanus, dove il Santo è il patrono del paese, per cui una festa doppione sarebbe stata poco partecipata. Secondo un’altra versione il differimento sarebbe legato al fatto che i preti di Bortigali erano impegnati a Silanus nelle celebrazioni solenni del patrono. Sta di fatto che la tradizione è rimasta e Bortigali continua a rispettarla come parte della storia e della vita della comunità. Come in quasi tutti i paesi della Sardegna centrale, la festa si caratterizza per l’accensione di un falò, a Bortigali ottenuto bruciando la Tuva, che è il tronco cavo di un grosso albero. Il sabato, giorno della vigilia, il simulacro del Santo con ai piedi il caratteristico porcellino viene trasportato in processione dalla chiesa a lui dedicata fino alla chiesa parrocchiale. Nel piazzale antistante la chiesa parrocchiale, il sacerdote procede alla benedizione del fuoco, che viene, poi, nuovamente allestito l’indomani mattina, e la domenica successiva, giorno della cosiddetta ottava. Non mancano naturalmente i momenti di convivialità, con pranzi e cene. Dal 2012 la cena della domenica è offerta a tutti. La Palestra ComunalePassata la chiesa di Sant’Antonio Abate, proseguiamo verso sud est lungo la via della Stazione e, dopo centosettanta metri vediamo partire a sinistra la via Umbria. Appena entrati in questa strada, svoltando a sinistra si raggiunge, alla sinistra della strada, l’edificio che ospita la Palestra Comunale di Bortigali. Nell’edificio è presente la Palestra dotata di tribune in grado di ospitare 200 spettatori, nella quale è possibile praticare come discipline il calcio, il calcetto ossia calcio a cinque, la pallacanestro, la pallavolo ed altre attività diverse. Nell’edificio sono presenti anche i locali dedicati alla Pesistica, senza tribune, nei quali è possibile praticare come discipline la lotta, lo judo, il karate e la pesistica. La Stazione ferroviaria di BortigaliPassata la palestra, proseguiamo verso sud est lungo la via della Stazione, dopo poco più di un centinaio di metri arriviamo a un bivio, dove parte a sinistra la via Toscana, mentre prendiamo verso destra la prosecuzione della via della Stazione che, in trecentocinquanta metri, ci porta di fronte alla Stazione ferroviaria di Bortigali, che si trova alla sinistra della strada. Si tratta di una stazione lungo la linea ferroviaria che collega Macomer con Nuoro. La stazione è tuttora in buone condizioni, con il fabbricato viaggiatori, presente assieme allo scalo merci, dotato di pensilina e del pozzo dell’acqua. Il fabbricato viaggiatori presenta l’architettura tipica delle stazioni del periodo fascista degli anni trenta, con tre ingressi sulla facciata e tre corrispondenti finestre sul piano superiore. La stanza centrale era originariamente destinata quale sala d’aspetto per i passeggeri, con relativa biglietteria, attualmente chiusa dopo la cessata presenza del capostazione. Sul lato ovest della stazione, dove sono posti gli ingressi delle ritirate, si trova a breve distanza il pozzo da cui si attingeva l’acqua per il rifornimento delle locomotive. Il Cimitero di BortigaliPassato il Municipio di Bortigali, dalla via Umberto I evitiamo la deviazione sulla sinistra nella via Principe Umberto, e proseguiamo, invece, verso sud est per circa duecentocinquanta metri, poi manteniamo la sinistra per continuare nella via del Cimitero, la quale, in poco più di un centinaio di metri, ci porta di fronte all’ingresso principale del Cimitero Comunale di Bortigali. Potevamo arrivarci anche, passato il Municipio, proseguendo per la via Umberto I per una ventina di metri, poi prendendo a sinistra la via Principe Umberto, che, dopo centocinquanta metri, sbocca sulla via della Stazione, poi prendendo a destra la via Umberto I, questa volta in senso opposto ossia verso sud ovest, e, dopo quattrocentocinquanta metri, svoltando tutto a destra e prendendo la via del Cimitero. Gli impianti sportivi Comunali di BortigaliDalla via della Stazione eravamo arrivati a vedere la Palestra Comunale, passata la quale prendiamo a sinistra la via Umbria. Proseguiamo dritti lungo la strada, che ci porta nella periferia nord orientale dell’abitato, che, dopo quattrocento metri, sbocca su una traversa, che a destra porta all’ingresso degli alteti degli impianti sportivi, mentre la prendiamo verso sinistra. Dopo una cinquantina di metri, questa strada svolta tutto a destra e si immette sulla prosecuzione della via Vittorio Emanuele III, che fuori dall’abitato diventa la ex SS129. Presa verso sinistra la ex SS129, duecentocinquanta metri vediamo alla destra della strada l’ingresso degli impianti sportivi Comunali di Bortigali. Di questo complesso sportivo fa parte un Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, e con tribune in grado di ospitare circa un centinaio di spettatori. Sono presenti anche un Campo da Tennis, senza tribune per gli spettatori; ed un Campo polivalente, anch’esso senza tribune per gli spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline il calcetto ossia calcio a cinque, e altre attività diverse. Visita dei dintorni di BortigaliPer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Bortigali, per gli amanti della montagna è da segnalare la vicina cima del Santo Padre. Per chi ama, invece, l’archeologia, nei dintorni di Bortigali, sono stati portati alla luce i resti di dieci domus de janas; di due Dolmen; delle Tombe di giganti Sereddis, e Teriani; della fonte sacra Orolo; dei Protonuraghi Aidu Entos, Berre, Carrarzu Iddia, Coattos, Cuguttu, Mura Elighe, Muradda, S’Arbarighinu, San Martino, Seriale, su Nou de Pedramaggiore, Tusari; dei Nuraghi complessi Aidu Arbu, Boes, Burgusada, Chercucchi, Orolo, Ottieri, Sa Corte, Tintirriolos; dei Nuraghi semplici Aidu Olostri, Badde Donna, Carrarzu Iddia II, Funtana lada, Giaga Edra, Monte Surdu I, Mura Pizzinnu, Pranu ’e Ruos, Ruggiu, S’Immandradorzu, Sa Mandra ’e Sa Giua, Sas luzzanas, Semestene, Serra ’e Nughes, Taleris, Teriani, Tuide; ed anche dei Nuraghi Achena, Borta, Monte Surdu II, tutti di tipologia indefinita; mentre non rimane più alcuna traccia dei Nuraghi Madedu, e Pabarile, che sono stati distrutti. Da segnalare anche quattro Chiese campestri, tra le quali la chiesa di Santa Maria de Sauccu che, sebbene ricada nel territorio amministrativo del comune di Bolotana, appartiene alla comunità civile e religiosa di Bortigali. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Il mulino ad acqua di BortigaliEravamo entrati in Bortigali con la via dei Mille, che si era immessa sulla via Vittorio Emanuele III. La prendiamo verso sinistra, ossia verso est, e la seguiamo per centotrenta metri, poi la strada svolta verso sinistra, ma prendiamo una sterrata sulla destra che ci porta al Mulino ad acqua che si trova in località Costa ’e Molinu, alla periferia ovest dell’abitato. Il mulino funzionava grazie al movimento generato dalla caduta, dall’alto, dell’acqua del rio Mànigos sulla ruota esterna, che da questa veniva trasmesso alla macina interna. Il mulino è rimasto in attività sino alla fine degli anni trenta del novecento, soppiantato poi dai mulini elettrici costruiti all’interno del centro abitato. Vi si macinavano grano ed orzo, portati di solito dagli uomini, a cavallo, coi sacchi, ma anche dalle donne. È stato di recente ristrutturato dall’Amministrazione Comunale, per far parte dell’itinerario di visita dei beni del territorio, nonche con lo scopo didattico di presentare alle scolaresche una delle fasi del ciclo del pane. Il Monte Santo PadreDalla via Vittorio Emanuele III prendiamo verso nord est la via Cesare Battisti, che, in una quarantina di metri, sbocca sulla via Montenegro, che prendiamo verso sinistra. Dopo una trentina di metri svoltiamo a destra e prendiamo una strada che esce dall’abitato in direzione est, e poi nord est. Dopo poco più di due chilometri, arriviamo a un bivio dove prendiamo a destra, dopo cinquecento metri a destra, e dopo cinquecentocinquanta metri ancora a destra. Percorsi quattrocentocinquanta metri, passando per zone di superba bellezza paesaggistica, arriviamo sulla vetta del Monte Santo Padre di origine vulcanica, una delle più alte della catena del Marghine con i suoi 1.025 metri sul livello del mare, dalla sommità dl quale si può osservare un paesaggio che abbraccia buona parte della Sardegna centro occidentale, dai monti del Gennargentu al mare di Oristano e di Bosa. Durante la seconda guerra mondiale la montagna forniva protezione contro eventuali attacchi aerei all’abitato di Bortigali che, anche per questo motivo, venne scelto come sede del Comando supremo delle forze armate della Sardegna, mentre sulla vetta del monte si trova una postazione di avvistamento antincendio gestita dell’Ente foreste della Sardegna. Sulla vetta del monte esisteva l’antica chiesa di San Barnaba nella quale si trovava la statua lignea di San Barnaba, che è oggi conservata a Bortigali, nella chiesa di Sant’Antonio Abate. La chiesa è meglio nota come chiesa del Santu Padre, poiché situata sulla cima dell’omonimo monte a mille metri d’altitudine, ed è da identificarsi con la chiesa di Sanctu Antipatre, menzionata nel Condaghe di San Nicola di Trullas e pertinente all’Ordine monastico camaldolese. La vetta del Monte Santo Padre è anche una delle mete preferite dagli appassionati delle discese in parapendio in Sardegna, ed il 21 giugno 2011 è stato effettuato proprio da Bortigali il volo più lungo, con una distanza coperta di 74 chilometri. I ruderi delle antiche Chiese di San Martino e di San Giovanni in localtà BerreUscendo dall’abitato di Bortigali verso est dalla prosecuzione della via Vittorio Emanuele III che è la ex SS129 la quale procede in direzione di Silanus. Dopo poco più di un paio di chilometri arriviamo nella località Berre, dove esisteva una città punica e poi romana, in seguito andata distrutta. Qui sarebbe sorto l’originario abitato dal quale è poi nata il paese chiamato Bortigali. alla destra della strada statale, nella campagna, si trovano i ruderi della chiesa medioevale di San Martino. Più avanti, passata la linea ferroviaria, si trovano i ruderi della chiesa medioevale di San Giovanni Battista che veniva festeggiato fino agli anni quaranta del novecento. I resti del Nuraghe complesso Orolo con il fenomeno della luce dal finestrino di scaricoUsciamo da Bortigali in diresione sud ovest con la via Vittorio Emanuele III e la seguiamo fuori dall’abitato per un chilometro e mezzo, poi prendiamo a destra la SP62 in direzione di Mulargia, del campo di tiro a volo Orolo e dell’area archeologica. Percorsi tre chilometri e duecento metri, seguendo le indicazioni svoltiamo a sinistra una strada in salita che porta verso la località Carrarzu Iddia, poi dopo poco più di cinquecento metri arriviamo a un bivio con le indicazioni a destra per il Nuraghe Orolo ed a sinistra per i Nuraghi Carrarzu Iddia. Qui prendiamo leggermente a destra e, dopo quattrocento metri, si trova alla sinistra della strada il cancello in legno che immette all’area archeologica del Nuraghe Orolo. Il Nuraghe Orolo è uno dei più belli, ma anche meno conosciuti, monumenti nuragici dell’Isola, posto a 785 metri di altezza, domina una vasta area, affacciandosi sulla piana di Abbasanta e Borore, e sulla media valle del Tirso, fino al massiccio del Gennargentu, e poi verso nord sino ai vulcani del Meilogu. Si tratta di un Nuraghe trilobato in buono stato di conservazione, costruito con grandi blocchi di basalto squadrati, significativo sia per l’ottimo stato che per l’imponenza delle sue strutture. Conserva quasi per intero il mastio centrale, alto quattordici metri, che presentava tre camere sovrapposte, tutte con volta a tholos. Le due camere inferiori sono ben conservate, collegate da una scala elicoidale di cinquantasei gradini ricavata all’interno del muro, con la quale si sale agevolmente fino alla sommità. Si tratta di una scala che non ha il senso prevalentemente orario come nella quasi totalità degli altri Nuraghi, ma in questo caso si sviluppa in senso antiorario. Sulla destra del vestibolo si apre la scala e sulla sinistra la nicchia d’andito. L’ingresso alla camera del piano terra è caratterizzata da un immenso architrave ribassato. La camera inferiore contiene tre ampie nicchie, poste a croce, e altre tre nicchie minori. Tramite la buia scala si accede alla camera superiore, che presenta un finestrone in direzione sud e due vani a pozzo ricavati entro lo spessore murario e aperti sul pavimento, forse si tratta di ripostigli. Si penetra nel monumento tramite un corridoio su cui si aprono due torri laterali più piccole, inglobate in un bastione. quella sinistra è ben conservata, l’altra è invece priva della parte superiore. Le torri laterali hanno la camera molto semplice. Le tre torri sono fasciate da un bastione, che rende questo Nuraghe un imponente complesso fortificato. È anche presente un sistema di canalizzazione, che consentiva di portare al Nuraghe l’acqua di una sorgente non lontana. Nei pressi del Nuraghe sorgeva un villaggio di capanne, del quale rimangono tracce. Il villaggio era racchiuso in un ampio antemurale, del quale si vedono ancora alcuni resti. Il Nuraghe Orolo doveva rappresentare il sito più importante in un territorio molto ricco e fertile. Più a monte del Nuraghe si trovano le domus de janas mentre a valle si individuano le sagome di altri numerosi Nuraghi. Il fenomeno della Luce dal finestrino di scarico si verifica nei Nuraghi nei quali il sole, all’alba del solstizio d’inverno, si allinea con il finestrino di scarico dell’architrave della porta d’ingresso del Nuraghe, e genera, all’interno, un fascio luminoso che percorre la sala, e genera un’immagine luminosa posizionata al centro della sala o in una nicchia in essa presente. |
Nel Nuraghe Orolo di Bortigali, all’alba del giorno del solstizio d’inverno, un raggio di luce penetra dalla finestrella posizionata sopra l’entrata del bastione del Nuraghe, e forma all’entrata della camera inferiore, un’immagine nella quale alcuni hanno riconosciuto la testa di un toro luminoso. Si tratta di un fenomeno ampiamente documento dal Gruppo Ricerche Sardegna per i quali la luce prodotta dal finestrino risulta essere tipica solo del Nuraghe Orolo. E da loro non può essere considerato un fenomeno della Luce del Toro, dato che questo si verifica solo nelle torri arcaiche dei Nuraghi semplici attraverso i finestrini di scarico al di sopra della porta, mentre in questo caso il finestrino e l’architrave della torre arcaica sono sepolti dall’addossamento del nuovo ingresso, nel quale si verifica il fenomeno, che naturalmente non potrà mai arrivare ad illuminare il fondo della camera. I resti del complesso nuragico di Carrarzu IddiaDa dove, seguendo le indicazioni, avevamo svoltato a sinistra una strada in salita che porta verso la località Carrarzu Iddia, poi dopo poco più di cinquecento metri eravamo arrivati a un bivio con le indicazioni a destra per il Nuraghe Orolo ed a sinistra per i Nuraghi Carrarzu Iddia. Qui prendiamo leggermente a sinistra e, dopo trecento metri, si trova alla sinistra della strada un cancello in legno, con le indicazioni per il Complesso nuragico di Carrarzu Iddia, il quale sorge su di un modesto rilievo delimitato da una cinta muraria. La cinta racchiude un Protonuraghe ed un Nuraghe, due edifici così diversi nella forma e nell’opera muraria che devono considerarsi costruiti in tempi diversi, più antico il Protonuraghe, più recente il secondo edificio. Fra i due Nuraghi del complesso si trova anche un piccolo agglomerato di capanne circolari, e a breve distanza si trova anche un ben conservato Dolmen. Il Protonuraghe Carrarzu Iddia è costruito in materiale indeterminato sul margine occidentale dell’altura, a 735 metri di altezza, e ne segue in parte il dislivello. Ha una forma ellittica di nove metri e mezzo per otto metri e mezzo, con due ingressi uno a nord ovest e l’altro a sud est, che si aprono a livelli diversi ad una quota superiore il primo, i quali raccordano un corridoio passante con un ampio nicchione. L’opera muraria è costituita prevalentemente da pietre di piccole dimensioni, appena sbozzate e disposte a file irregolari con numerose zeppe di rincalzo. La costruzione si conserva per una altezza massima di quasi cinque metri a sud ovest, in prossimità dell’ingresso sud ovest, mentre quella minima, di meno di quattro metri, si registra all’altezza dell’ingresso che si apre a nord est. Addosso al Protonuraghe sono presenti i resti di quattro capanne, e a poche decine di metri è presente il secondo Nuraghe. A una decina di metri a sud est del Protonuraghe, ad una quota lievemente superiore, si trova il Nuraghe Carrarzu Iddia II edificato il materiale indeterminato a 733 metri di altezza. Si tratta di un Nuraghe semplice costituito da una Torre di forma circolare del diametro di circa undici metri e mezzo che sembra essere del tipo a tholos, di cui è attualmente rilevabile soltanto il profilo di pianta e l’elevato che si conserva per una altezza massima di tre metri e mezzo a nord, con nove filari, che appare costituito da blocchi di grandi dimensioni, appena sbozzati e disposti a filari non sempre regolari. L’opera muraria, a differenza di quella del Protonuraghe, appare costituita da blocchi di grandi dimensioni, appena sbozzati e disposti a filari non sempre regolari. Sul piano di svettamento di questa torre si scorgono, fra le macerie, resti di muri e brevi aperture ora inaccessibili. Fra i due Nuraghi del complesso si trova anche un piccolo agglomerato di capanne circolari, alcune delle quali ancora ben conservate, e tra esse è presente un Pozzo cisterna, posizionato tra di essi in direzione nord est. A poche decine di metri a nord del complesso nuragico si trova il Dolmen di Carrarzu Iddia. La tomba è stata costruita utilizzando spuntoni di roccia affiorante, levigata nella parte interna, a delimitare il vano funerario su tre lati, mentre cinque lastroni ortostatici, di cui uno soltanto ancora nella posizione originaria, completavano il perimetro della sepoltura. L’interno della camera funeraria, è di forma vagamente rettangolare ed appare piuttosto basso. Il lastrone di copertura ha forma vagamente trapezoidale ed è soltanto una porzione della tavola originaria, mentre la parte mancante potrebbe essere costituita da un lastrone rettangolare che giace sulla roccia affiorante a pochi passi. Non sono visibili resti di peristalite, ossia del circolo di pietre realizzato attorno alla tomba, anche se il pietrame disseminato intorno al monumento può in qualche modo suggerirne l’esistenza, che poteva essere integrata anche dalla roccia naturale affiorante. I resti del Nuraghe complesso TintirriolosPassata la deviazione per il Complesso archeologico Carrarzu Iddia, proseguiamo verso sud con la strada lungo la quale, dopo seicentocinquanta metri, troviamo le deviazioni per il Nuraghe Tintirriolos. Si tratta di un Nuraghe complesso edificato in materiale indeterminato a 643 metri di altezza, a pianta trilobata o quadrilobata, di difficile lettura planimetrica per il fatto che la costruzione è ricoperta da roverelle e da una fitta vegetazione arbustiva che insieme al cumulo di macerie non consentono di definire il profilo di pianta del Nuraghe. Attualmente si vede il mastio che svetta per quattro metri e mezzo da una collina artificiale costituita, appunto, dalle macerie e dalla vegetazione, e con molta fatica si riesce a individuare il bastione con tre torri, mentre una quarta è probabile ma ora risulta interamente crollata. L’accesso al monumento avviene dal finestrone del primo piano che consente, tramite una apertura circolare che si apre al centro del piano pavimentale, dovuta al crollo della chiusura della tholos sottostante, di scendere con una corda nella camera del piano terra, con tre nicchie. Intorno al Nuraghe sono presenti le tracce di un’esteso villaggio protetto da un antemurale. I resti del Protonuraghe CoattosPassata la deviazione per il Nuraghe complesso Tintirriolos, proseguiamo verso sud con la strada lungo la quale, percorsi altri seicento metri, si trova alla destra della strada la deviazione che porta, a quasi cinquecento metri di distanza, ai resti del Protonuraghe Coattos costruito in blocchi di trachite di grandi dimensioni, sbozzati rozzamente e disposti a filari orizzontali irregolari, a 680 metri di altezza. Si tratta di un Nuraghe a corridoio di forma rettangolare con angoli rotondi, nel quale due aperture danno accesso a un corridoio con due paia di nicchie contrapposte. Una di queste poteva essere il vano scala, ora inaccessibile per le macerie. Sulla piattaforma restano le tracce di una struttura rotonda. Non è possibile determinare la reale articolazione degli spazi interni di questa interessante costruzione, certamente assai più complessa di quanto non sia stato possibile documentare nell’attuale stato di rovina. La chiesa campestre del Sacro Cuore di Padru MannuTornati sulla SS131 di Carlo Felice, la seguiamo per altri sei chilometri in direzione nord, poi prendiamo a destra l’uscita verso Bolotana che ci porta sulla SP17. Percorsa per poco più di un chilometro, arrivati nella regione Padru Mannu, troviamo una deviazione in discesa sulla destra che, in duecento metri, ci porta a trovare una sterrata a destra che conduce alla chiesa del Sacro Cuore di Padru Mannu. Si tratta di una chiesa anglicana, recentemente restaurata. La chiesa fa parte di un complesso di edifici che costituirono la prima azienda casearia della Sardegna, realizzata nel 1880 dall’ingegnere gallese Benjamin Herbert Piercy, di cui parleremo a lungo quando visiteremo Bolotana. L’azienda, che veniva chiamata Caseificio Piercy e che oggi è in rovina, comprendeva anche un burrificio, dotato di innovativi impianti per la sterilizzazione, che era stato munito di una propria rivendita a Cagliari. Il Santuario di Santa Maria de SauccuTornati sulla SP17, percorriamo quattro chilometri, poi, seguendo le indicazioni, prendiamo leggermente a destra, e, dopo poco più di un chilometro e mezzo, di nuovo a destra, in una strada che, in circa un chilometro, ci porta al Santuario di Santa Maria de Sauccu situato in territorio di Bolotana ma sentito come proprio dalla popolazione di Bortigali. La chiesa fa, infatti, parte del patrimonio di Bortigali, benché sia amministrativamente nel territorio del comune di Bolotana, immersa nella campagna, circondata da una cinquantina di Muristenes, i piccoli alloggi dove risiedono i novenanti ed i pellegrini durante il periodo delle celebrazioni religiose. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa,per la devozione dei fedeli dato che al suo interno si venera il simulacro della Vergine con Bambino in terracotta, un manufatto è di piccole dimensioni, di circa 25 centimetri, che viene custodito nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, mentre un altro e più antico simulacro è custodito nel Santuario di Santa Maria ’e Sauccu che raffigurava Santa Maria Manna, ed era la statua che veniva portata in processione fino agli anni trenta del novecento, per venire in seguito sostituito con quello attuale. A settembre si svolge la Sagra di Santa Maria de Sauccu, che viene preceduta dalla novene nei Muristenes attorno al Santuario, e che si conclude con una festa campestre. La sagra, di cui si hanno notizie da registri amministrativi sino dal 1606, ha mantenuto quasi intatte le sue caratteristiche tradizionali, tra le quali quella di essere a totale carico di un Obriere di nomina annuale. La mattina del 7 settembre due distinte processioni accompagnano i due simulacri della Madonna al Santuario, la prima è formata esclusivamente da fedeli a piedi e portano il simulacro più piccolo, Santa Mariedda, dalla chiesa parrocchiale al Santuario, mentre la seconda parte qualche ora più tardi ed è formata da una cinquantina di confratelli a piedi, vestiti con la tunica bianca, e da un centinaio di cavalieri, e accompagna il simulacro più grande di Santa Maria Manna dalla chiesa della Santa Croce al Santuario. La partenza e l’arrivo delle due processioni sono salutati dal suono dei tamburini e da migliaia di colpi di fucile a salve. Nel villaggio di Santa Maria si svolgono le tradizionali novene, con momenti dedicati alla fede e altri al divertimento, con balli, canti, musica. Il giorno 17 le due processioni effettuano il percorso inverso, ed, in particolare, il simulacro di Santa Maria Manna giunge a Bortigali intorno a mezzogiorno, e la sera viene portato in giro dai confratelli presso tutte le famiglie del paese, sempre accompagnato dal saluto dei fucilieri. I resti del Protonuraghe TusariProvenendo da Birori con la SS129, raggiunta la rotonda passata la quale eravamo entrati nell’abitato di Bortigali, proseguiamo invece verso est con la stessa strada statale in direzione di Silanus. Percorsi quasi tre chilometri, passato il segnale che indica il chilometro 86.3, prendiamo una deviazione tutta a destra, la seguiamo per un chilometro e duecento metri, e troviamo un cancello sulla sinistra passato il quale si raggiunge un edificio. alla distanza di poco più di duecento metri verso est, nella campagna si trovano i resti del Protonuraghe Tusari, edificato il blocchi di basalto a 373 metri di altezza. La base del Nuraghe a corridoio è di forma ovale, attraversato da un corridoio lungo con cinque nicchie e una scala. Sul piano superiore si vede una struttura ellittica con corridoio e camera ovale. Intorno al Protonuraghe sono presenti tracce di un villaggio abitativo, all’interno delle quali sono stati rinvenuti anche oggetti del periodo romano. Visita di Mulargia, un tempo comune indipendente ed oggi frazione BortigaliFino alla metà del diciannovesimo secolo paese autonomo, il Borgo rurale di Mulargia era già noto col nome di Molaria in epoca romana, come stazione posta lungo la strada che collegava Karalis con Turris Libisonis. È la destinazione finale di un itinerario di trekking che parte dall’abitato di Bortigali e attraversa una zona con notevoli emergenze archeologiche e naturalistiche, e proprio nei pressi di Mulargia si trova un bosco di roverelle, classificato come area Rilevante Interesse Naturalistico nello studio del parco regionale del Marghine e Goceano. Nel 1865 lo storico comune di Mulargia viene aggregato al comune di Bortigali, del quale costituisce oggi la frazione Mulargia (altezza metri 700, distanza in linea d’aria circa 12,6 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 80). Nelle vie del centro storico si possono osservare alcuni architravi lavorati con motivi di stile catalano aragonese, con l’arco inflesso, il simbolo IHS dei Gesuiti, rosette, ed altro. Il sito dell’antica Molària ha avuto per molto tempo grande importanza come centro estrattivo dalle cave di ignimbrite, e di produzione di macine granarie. Il nome è, infatti, da interpretare come luogo di produzione delle macine, o delle mole, che venivano realizzate, appunto, con la solida pietra locale, e che fanno ancora bella mostra di se in molti cortili del centro abitato. Proviene, tra l’altro, da Mulargia la più antica macina rotatoria del tipo a clessidra pompeiana del Mediterraneo, che faceva parte del carico di una nave mercantile greca naufragata nel quarto secolo avanti Cristo al largo di Palma di Maiorca. Dal casello della linea ferroviaria al Cimitero di MulargiaArrivando da Bortigali verso nord con la SS131 di Carlo Felice, e presa verso destra la SP62 in direzione di Mulargia, dopo ottocentocinquanta metri incrociamo la linea ferroviaria, in corrispondenza della quale si trova il Casello ferroviario di Mulargia. Proseguendo per settecento metri sulla SP62, troviamo alla destra della strada un viottolo che conduce al’ingresso del piccolo Cimitero Comunale di Mulargia, che si trova a nord ovest dell’abitato di Mulargia, costruito attorno ad una piccola Cappella dedicata a Sant’Elena. Il Campo da Tennis di MulargiaCirca duecentocinquanta metri più avanti la SP62 entra all’interno dell’abitato. Qui si può vedere, alla destra della strada, il Campo da Tennis di Mulargia, che non era in buone condizioni ma è stato interamente rifatto, e che non è dotato di tribune per gli spettatori. I ruderi dell’antica chiesa di Sant’Elena ImperatriceProseguiamo il nostro viaggio lungo la SP62, e, percorsi ancora una quaratina di metri, prendiamo a sinistra una deviazione che seguiamo per poco più di centocinquanta metri. Qui, alla destra della strada, immersa nella vegetazione, si trovano i Ruderi dell’antica chiesa di Sant’Elena Imperatrice che testimoniano il culto nella zona per la madre dell’Imperatore Costantino, e testimoniano, quindi, la continuità abitativa nel territorio di Bortigali fino dall’epoca bizantina. Non si hanno documenti sulla data di fondazione, ma era sicuramente esistente nel 1608, anno in cui è citata nel registro delle visite pastorali dell’archivio diocesano di Alghero. Dopo la demolizione dell’antica chiesa, ne è stata edificata una nuova dedicata anch’essa a Sant’Elena Imperatrice, che costituisce la chiesa parrocchiale della frazione Mulargia. La chiesa parrocchiale dedicata a Sant’ElenaProseguendo con la SP62 arriviamo al centro dell’abitato, dove la strada provinciale assume il nome di via Mulargia. Percorsi un centinaio di metri, alla distanza di circa quattrocento metri dal viottolo che ci ha portati al Cimitero, prendiamo a destra la strada che, in una cinquantina di metri, ci porta alla chiesa dedicata a Sant’Elena, che è la chiesa parrocchiale di Mulargia. La chiesa parrocchiale, ultimata nel 1865 consacrata nel 1909, poi successivamente completamente rimaneggiata nel 1956, si presenta con un’unica navata, dalla quale si diramano due cappelle laterali sul lato sinistro, dedicate una alla Madonna del Rosario e l’altra a San Giovanni Battista. All’interno sono custoditi, tra l’altro, il simulacro di Sant’Elena, patrona di Mulargia, quello vecchio di San Sergio, provenienti dalle due Chiese omonime ormai diroccate. Sono custoditi anche due capitellini in marmo bianco che si possono datare intorno al sesto secolo, di pregevole fattura, provenienti dalla chiesa di Sant’Elena. A Mulargia presso la chiesa parrocchiale di Sant’Elena, ogni anno, si celebra la Festa di Sant’Elena, che è la sua Santa patrona, in onore della quale il 17,18 e 19 agosto si tengono i festeggiamenti religiosi e civili. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, ci recheremo a visitare il paese chiamato Silanus con le sue diverse Chiese, e con nei dintorni il Nuraghe Corbos con i betili provenienti dalla Tomba di giganti di Sa Pedra longa, ed il Nuraghe e la chiesa di Santa Sabina. |