Cheremule dove sono stati rinvenuti i resti di quello che un tempo era ritenuto l’uomo di Nur
In questa tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita del Meilogu recandoci a visitare Cheremule dove sono stati trovato i resti del cosiddetto uomo di Nur, per molto tempo ritenuti appartenenti a un ominide vissuto nel Paleolitico inferiore, circa 300mila anni or sono. La regione storica del Meilogu, chiamata anche Mejlogu o Logudoro MeiloguIl Logudoro è stato, nel periodo medioevale, uno dei quattro Giudicati che ha avuto come capoluogo prima Porto Torres, in seguito Ardara, ed infine Sassari. Oggi possiamo dividere questa regione in tre parti: Logudoro Turritano, il cosiddetto Sassarese, a nord; il Logudoro Meilogu a ovest; ed il Logudoro Montacuto a est. In particolare, il Meilogu ha il nome che deriva dal suo posizionamento in Mediu logu, vale a dire nel cuore del Giudicato. I comuni che fanno parte del Meilogu sono Ardara, Banari, Bessude, Bonnanaro, Bonorva, Borutta, Cheremule, Cossoine, Giave, Ittireddu, Mara, Mores, Padria, Pozzomaggiore, Semestene, Siligo, Thiesi, Torralba. Il Meilogu è caratterizzato da un territorio prevalentemente pianeggiante, che produce cereali, verdure, ortaggi. Sono fiorenti gli allevamenti ovini, da cui deriva la ricca produzione casearia. Le numerose sorgenti e corsi d’acqua favoriscono questa ricchezza. In viaggio verso CheremuleDal centro di Thiesi prendiamo la SS131bis verso sud est, e, dopo circa un paio di chilometri, prendiamo sulla destra la SP30 in direzione di Cheremule, dopo 650 metri proseguiamo sulla sinistra tenendo sempre la SP30, che ci porterà all’interno dell’abitato di Cheremule, dove prendiamo corso Umberto che ci porta in piazza della parrocchia. Dal centro di Thiesi a quello di Cheremule abbiamo percorso 3,8 chilometri. Il comune chiamato CheremuleIl comune chiamato Cheremule (pronuncia Cherèmule, altezza metri 540 sul livello del mare, abitanti 402 al 31 dicembre 2021) è un piccolo comune collinare di origine medioevale, situato fra l’altopiano Logudoro e Meilogu, nella valle dei Nuraghi, ed immerso nella vegetazione rigogliosa del bosco di su Tippiri, che si estende dal paese fino alla strada provinciale per Thiesi. I collegamenti stradali sono assicurati dalla SS131bis Carlo Felice, che corre a soli due chilometri dall’abitato. Il territorio Comunale, comprensivo dell’isola amministrativa di lados de Pramma (su Saltu), presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, che vanno da un minimo di 238 a un massimo di 676 metri sul livello del mare. Origine del nomeLa sua denominazione, di origine sconosciuta, è attestata a partire dal 1341, nelle forme Chelemole, Quilemule, Clemoli e Cremoli. La sua economiaLa sua economia è basata soprattutto sull’agricoltura, con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, viti, ulivi e frutta, ed anche sulla pastorizia e sull’allevamento di bovini, suini, ovini ed equini sull’artigianato locale. L’industria è discretamente sviluppata, ed è presente anche una discreta produzione che riguarda principalmente i settori della lavorazione del legno, edile e dei materiali da costruzione. Il terziario si compone di una sufficiente rete commerciale oltre che dell’insieme dei servizi. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciChremule ha attirato l’attenzione scientifica internazionale grazie al ritrovamento nel suo territorio di resti per molto tempo ritenuti apparteneti aun ominide vissuto nella zona circa tra i 300 ed i 250mila anni fa. Il suo territorio è stato frequdentato fino dall’età preistorica, come testimoniano i numerosi siti archeologici in esso presenti. Il paese nasce in epoca medievale, e viene inserita nel Giudicato del Logudoro, nella curatoria di Cabu Abbas. Con la fine di questo Giudicato, il borgo passa, prima, nelle mani dei Doria e, successivamente, in quelle degli Aragonesi. L’anno 1636 viene inglobato nel Marchesato di montemaggiore, e ceduto in feudo alla famiglia dei Canaveda. In seguito venne conquistata dalla signoria della famiglia dei Manca, duchi dell’Asinara, che la governano fino al 1839, anno della definitiva abolizione del feudalesimo, quando viene riscattata dalla famiglia Manca al pubblico demanio. Le principali feste e sagre che si svolgono a CheremuleTra le principali feste e sagre che si svolgono a Cheremule vanno citate, il 13 giugno, la Festa in onore di Sant’Antonio da Padova; il 14 giugno, la Festa in onore di San Sebastiano; il 29 settembre, la Festa del Patrono, San Gabriele Arcangelo; il 30 novembre, la Festa di Sant’Andrea. Visita del centro di CheremuleL’abitato è interessato da forte espansione edilizia, e si estende alle pendici di un vulcano spento, ricoperto da boschi. Arriviamo a Cheremule con la SP30, provenendo da Thiesi. Il Cimitero di CheremulePrima di entrare nell’abitato, dopo aver percorso 1,2 chilometri sulla SP30 provenendo da Thiesi in direzione di Cheremule, troviamo sulla destra della strada una breve deviazione che porta di fronte all’ingresso del Cimitero di Cheremule. Il Campo da Calcio di CheremuleAll’altezza del Cimitero, prendendo invece a sinistra si trova una strada che, in cntocinquanta metri, porta al Campo da Calcio di Cheremule, accanto al quale si trova anche un Campo da Tennis. Entriamo nel centro storicoPassato il Cimitero, proseguiamo per 450 metri, ed arriviamo all’interno dell’abitato. La SP30 arriva all’interno dell’abitato, e prosegue sulla destra con il nome di via Tenente Arcangelo Sanna. Andando dritti, prendiamo il corso Umberto, che ci porta, in circa cento metri, nella piazza della parrocchia. Il Centro storico rimasto pressoche intatto, si sviluppa, infatti, intorno alla piazza della parrocchia, dove si trova la restaurata chiesa parrocchiale, ed annovera alcuni edifici di chiara fattura ottocentesca. La chiesa parrocchiale di San Gabriele ArcangeloNel centro del paese, in piazza della Parrocchia, al civico numero 1, si trova la cinquecentesca chiesa di San Gabriele Arcangelo che è la parrocchiale del piccolo comune di Cheremule. Non esistono fonti certe circa la sua costruzione ma dallo stile gotico aragonese, rivelato dalle linee armoniose della facciata, si può dedurre che sia stata edificata intorno al cinquecento. Successivamente, nel corso del tempo, ha subito piccoli restauri che si evidenziano nelle diverse colorazioni delle pietre. L’interno è composto da un’unica natava, nella quale si affacciano delle piccole cappelle laterali, e nella quale spicca l’altare ligneo in stile barocco. Il portone in legno risale alla seconda metà dell’ottecento, e qualche anno dopo è stato aggiunto il campanile. La chiesa è stata recentemente restaurata. Presso questa chiesa il 29 settembre, data della sua apparizione del 493, viene celebrata la Festa di San Gabriele Arcangelo, patrono del paese, con riti sacri e cerimonie civili. Il Municipio di CheremuleGuardando la facciata della chiesa, alla sua sinistra si affaccia sulla piazza l’edificio che ospita la ede e gli uffici del Municipio di Cheremule, che si posiziona al civico numero 7. L’oratorio della Santa CroceDalla piazza, prendiamo con alle spalle al chiesa, sulla sinistra una strada che ci porta in via Tenente Arcangelo Sanna, che seguiamo verso destra, e che poi al termine sbocca sulla via Capitano Bagiella, nella quale troviamo quasi subito sulla sinistra una rialzo sul quale si trova la chiesa ed oratorio della Santa Croce. Si tratta di una piccola chiesa, molto significativa per gli abitanti di Cheremule, dato che ospitaanni la Confraternita della Santa Croce, che ancora oggi mantiene vive a Cheremule le tradizionali sacre rappresentazioni dei momenti più significativi della Passione del Cristo, durante le cerimonie della Settimana Santa. Il Campo da Calcetto di CheremuleAl termine della via Capitano Bagiella, prendiamo a sinistra la via Vittorio Emanuele, che sfocia sulla via Generale Alberto Ferrero della Marmora, che prendiamo verso sinistra, ossia verso sud, e che, dopo duecento metri, sbocca sul corso Umberto. Lo prendiamo, sempre verso sud, e, dopo poco più di duecento metri, troviamo alla sinistra della strada il Campo da Calcetto ci Cheremule. A sud dell’abitato troviamo il monte Cuccurudu con il bosco di su Tippiri e con la cava di cheremulitePrendendo, invece, a destra, prendiamo una strada che ci porta sul Monte Cuccurudu un antico cono vulcanico alto 678 metri, ricco di pietra pomice che viene copiosamente estratta. Sul monte Cuccuruddu riveste una notevole rilevanza naturalistica il Bosco di su Tippiri nome del paese di probabile origine punica che significa Rosmarino, il quale conserva intatte le caratteristiche del tipico bosco sardo di roverella e lecci. Nel suo folto sottobosco, un intricato groviglio rende spesso precario anche il semplice transito a piedi. Si tratta di un’oasi permanente di protezione faunistica, nella quale vivono volpi, martore, donnole, ricci, oltre ad uccelli come upupe, pernici, poiane ed astori. Sul lato meridionale della montagna, si trova la Cava di cheremulite. È proprio dal nome del paese che prende il nome la Cheremulite, una particolare pietra lavica, molto simile alla pietra pomice, che viene estratta unicamente dal monte Cuccuruddu. Questa pietra lavica oggi è utilizzata in edilizia come coibentante, sotto forma di ghiaia; ed è utilizzata in botanica e nel giardinaggio come drenante, nei terreni molto argillosi. Visita dei dintorni di CheremuleVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Cheremule si trovano diversi resti archeologici, come la grotta Nurighe di Cheremule, nella quale è stato trovato una frammento di falange di un ominide vissuto nella zona tra i 300 ed i 250mila mila anni fa. Tra le vestigia del passato di maggiore interesse sono i resti di tombe rupestri in regione Moseddu, con una domus de janas che conserva sulle pareti incisioni rappresentanti rari rituali di età prenuragica, e nella quale si possono notare graffiti sia all’interno che all’esterno. Sono stati, inoltre, portati alla luce i resti del Nuraghe semplice Magiore; ed anche dei Nuraghi Coronedda, Culzu, Cunzadu, Iscala Munduzzu, Marturiu, Mattarigotza, Ministras, Mitti, Montagiola, monte Sa domu, Roccamanna, S’Alvaru ladu, S’Aspru, S’Iscala de Sa Paza, San Pietro di Nurighe, Sunsa, Tippiri, tutti di tipologia indefinita. Nella grotta Nurighe sono stati trovati i resti di quello che per molto tempo è stato ritenuto l’uomo di NurCheremule ha attirato l’attenzione scientifica internazionale grazie al ritrovamento, all’interno di una cavità carsica presente nel suo territorio, la Grotta Nurighe, di un reperto per molto tempo attribuiti a un ominide vissuto nel Paleolitico inferiore, tra i 300 ed i 250mila anni or sono. Si trattava del Cosiddetto uomo di Nur che sarebbe stato il primo reperto attestante la vita dell’uomo in Sardegna. La Grotta Nurighe si trova lungo la SP30 a sud di Cheremule, dopo un paio di chilometri e mezzo sulla sinistra della strada, e si sviluppa in un tavolato di calcare, correndo lungo l’unione di due strati secondo vie di minore resistenza rappresentate da fratture parallele, ma l’accesso è possibile solo con la muta subacquea e con attrezzatura da speleologia. Si tratta di una grotta: sorgente, che è costituita da un budello stretto e fangoso, di circa settecento metri, quasi inaccessibile. Le colate laviche del monte Cuccureddu hanno invaso quelle che un tempo erano valli percorse da corsi d’acqua, e una di queste è stata stata invasa da due colate basaltiche fuoriuscite dal vulcano. La valle così sepolta ospitava quella che era l’apertura originale della grotta, dalla quale fuoriusciva l’acqua raccolta nella grotta stessa, che ne risultava, quindi, ostruita. La grotta è stata esplorata tra il 1988 ed il 1997 dal gruppo speleo-archeologico TAG, ossia Truma de Arkeo: guturulugia monte Majore di Thiesi. L’abbondanza dei resti fossili ed il loro ottimo stato di conservazione, indicano come tale luogo fosse importante per la fauna locale, e un suo probabile rifugio per la presenza di una sorgente d’acqua. Al suo interno sono stati rinvenuti resti di bivalvi ed echinodermi, tra i grandi mammiferi sono state riconosciute ossa di un cervide della taglia di un daino riferibile alla specie insullare Megaloceros Cazioti, mentre altre ossa testimoniano la presenza del canide insullare Cynotherium Sardus. Sono, inoltre, presenti resti di uccelli, di un batricide e gasteropodi indeterminati. Ma la più sensazionale scoperta è stata quella di resti per molto tempo attribuiti all’Uomo di Nur, che avrebbe rafforzato l’ipotesi che attraverso la Sardegna i primi uomini si fossero diffusi dall’Africa in Europa. Si tratta di un ossicino di pochi centimetri, ritenuto la prima falange del dito di una mano. Per stabilire l’età dell’uomo di Nur è stato necessario inviare la falange nei laboratori dell’Oregon. Ma successivamente i resti sono stati ritenuti non appartenenti a un ominide. Nel 2011, nel volume Sardinia, Corsica et Baleares antiqvae, Luciano Trebini, della Sopraintendenza archeologica per le province di Sassari e Nuoro, scrive che Accurate misure e confronti con altri resti umani e di altri organismi più o meno coevi, portava però alla sorprendente scoperta che il reperto non appartiene affatto al genere Homo e neppure a un primate, ne ad un altro mammifero. Le conclusioni degli studi effettuati con il conforto di analisi incrociate e fitti scambi di informazioni tra studiosi diversi, inducono senza meno a riconsiderare la falange di Nurighe come appartenente ad un grosso uccello della famiglia degli avvoltoi accipitridi. |
Le necropoli di Museddu, di Tennero e di Mattarigozza, nel parco dei PetroglifiUsciamo da Cheremule verso sud lungo la SP30, percorso circa un chilometro prendiamo a destra in corrispondenza di un abbeveratoio, continuiamo dritti e svoltiamo, dopo quasi un altro chilometro, alla seconda deviazione a sinistra. Proseguendo, incontriamo un secondo abbeveratoio dopo il quale continuiamo dritti sulla strada sterrata fino a un ponticello su un canale. Ci dirigiamo a piedi verso uno zoccolo roccioso di calcare, proseguiamo per circa centocinquanta metri lungo una stradina che costeggia lo zoccolo della montagna, per raggiungere la Necropoli di Museddu e, a sud, quella di Tennero, che si fanno notare per l’alto numero di sepolture ricavate sulla roccia calcarea. Ancora più a sud si trova la Necropoli di Mattarigozza, che è però ancora in attesa di valorizzazione. Le necopoli sono inserite nel bellissimo Parco dei Petroglifi. La Necropoli di Museddu si compone di diciotto ipogei, alcuni con una sola cella quadrangolare preceduta da un piccolo padiglione, oppure con due o tre celle in sequenza, ed altri più articolati, con l’aggiunta di qualche vano laterale. I portelli d’accesso a questi ipogei, ed anche quelli interni, presentano talvolta delle scorniciature. Le tombe si trovano lungo le basse pareti sud orientali del tavolato, e le prime tombe si aprono verso sud, vicino all’area di ingresso alla necropoli. Tra esse la principale è la Tomba sesto, con cinque celle, tre delle quali coassiali, e nel terzo vano si apre, nell’angolo nord ovest, l’accesso ad altri due ambienti assimetrici, probabilmente aggiunti successivamente al primo impianto. Procedendo verso est, si osservano altre tombe bicellulari. La Tomba quindicesimoI, chiamata anche Sa Presone, è la più interessante del complesso, dato che presenta tre ampie celle precedute da dromos e padiglione, ed in essa si trova un focolare scolpito nel pavimento al centro della cella principale, e fasce rilevate nell’anticella. Questo ipogeo e stato oggetto di un significativo riadattamento in tarda età romana, quando fu riutilizzato come impianto di vinificazione, costituito da due vasche comunicanti a mezzo di canaline. Proseguendo per circa cento metri, troviamo, un poco discosta dalle altre, la Tomba della Cava, vicino alla quale sono riconoscibili i segni di una cava di pietra, dove il bancone roccioso è stato oggetto di estrazione di blocchi in età romana, ciò che potrebbe aver causato la distruzione di altri ipogei. Questa tomba è stata rimaneggiata in epoca vandalica e bizantina, e mostra, incisa vicino al suo ingresso, una scena di rito funebre. Sul tavolato calcareo, oltre che all’interno della stessa Tomba della Cava, si trovano anche cinque Loculi rettangolari scavati nella roccia, databili in epoca bizantina. La Necropoli di Tennero si compone di nove ipogei, anch’essi in parte monocellulari, ed in parte costituiti da più celle. Tra i diversi ipogei, il piu noto è conosciuto con il nome di Tomba Branca, che è stato molto rimaneggiato e col soffitto crollato, con una sola grande cella preceduta da un dromos. La sua notorietà è dovuta ai numerosi petroglifi incisi ai lati del portello di ingresso, risalenti al III millennio avanti Cristo, che rappresentano una ventina di figure antropomorfe, con corpo filiforme con gli avambracci alzati. La Necropoli di Mattarigozza è stata scoperta successivamente, e non è ancora fruibile. tra i suoi ipogei il più noto è la cosiddetta Tomba di Sa Colondra, caratterizzata dalla presenza, al suo interno, di un pilastro rettangolare. I resti del Nuraghe semplice MagioreUsciamo da Cheremule verso sud lungo la SP30, percorso circa un chilometro prendiamo a destra in corrispondenza di un abbeveratoio, continuiamo dritti invece di svoltare a sinistra in direzione della necropoli di Museddu e, percorsi altri trecento metri, svoltiamo a destra, poi, dopo un chilometro, ancora a destra. Percorsi 750 metri, troviamo un bivio al quale prendiamo a sinistra, dopo 2,2 chilometri svoltiamo leggermente a sinistra imboccando la SP61, che seguiamo per 2,7 chilometri. Qui la SP61 sbocca sulla SP50 proveniente da Thiesi, e la prendiamo verso sinistra. Dopo poco più di quattro chilometri, svoltiamo a destra e, in trecento metri, vediamo il Nuraghe. Il Nuraghe Magiore è un imponente e suggestivo Nuraghe, situato sulla sommità di un promontorio roccioso, e, per raggiungerlo, bisogna scalare il dirupo su cui esso è costruito. Una volta arrivati in cima si trova il vano di ingresso, che porta all’interno del Nuraghe, in un atrio che presenta a destra una nicchia e a sinistra una rampa a spirale che conduce alla sommità, dalla quale la vista spazia su un suggestivo paesaggio agreste. Nella camera centrale sono disposte tre nicchie a forma di croce. Questo splendido Nuraghe ha subito un grave crollo prima degli anni ’80 del novecento, ma è stato successivamente ottimamente restaurato e consolidato, utilizzando gli stessi massi di crollo. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita del Meilogu recandoci a Torralba al centro della cosiddetta Valle dei Nuraghi, dove visiteremo la reggia nuragica di Santu Antine, uno dei quattro complessi nuragici più importanti dell’Isola. |