Torralba ed i dintorni con il Nuraghe Santu Antine, uno dei quattro complessi nuragici più importanti dell’Isola
In questa tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita del Meilogu recandoci a Torralba al centro della cosiddetta Valle dei Nuraghi, dove visiteremo la reggia nuragica di Santu Antine, uno dei quattro complessi nuragici più importanti dell’Isola. La regione storica del Meilogu, chiamata anche Mejlogu o Logudoro MeiloguIl Logudoro è stato, nel periodo medioevale, uno dei quattro Giudicati che ha avuto come capoluogo prima Porto Torres, in seguito Ardara, ed infine Sassari. Oggi possiamo dividere questa regione in tre parti: Logudoro Turritano, il cosiddetto Sassarese, a nord; il Logudoro Meilogu a ovest; ed il Logudoro Montacuto a est. In particolare, il Meilogu ha il nome che deriva dal suo posizionamento in Mediu logu, vale a dire nel cuore del Giudicato. I comuni che fanno parte del Meilogu sono Ardara, Banari, Bessude, Bonnanaro, Bonorva, Borutta, Cheremule, Cossoine, Giave, Ittireddu, Mara, Mores, Padria, Pozzomaggiore, Semestene, Siligo, Thiesi, Torralba. Il Meilogu è caratterizzato da un territorio prevalentemente pianeggiante, che produce cereali, verdure, ortaggi. Sono fiorenti gli allevamenti ovini, da cui deriva la ricca produzione casearia. Le numerose sorgenti e corsi d’acqua favoriscono questa ricchezza. In viaggio verso TorralbaBonnanaro e Torralba sono molto vicine. Da via Vittorio Emanuele, al centro dell’abitato di Bonnanaro, usciamo in direzione sud ovest con la via Nazionale, che uscendo dall’abitato assume il nome di SP128, e che ci porta all’interno di Torralba in via Carlo Felice, dalla quale si raggiunge il Municipio di Torralba. Da Bonnanaro al Municipio di Torralba abbiamo percorso pochissimo, ossia meno di due chilometri e mezzo. Il comune chiamato TorralbaIl comune chiamato Torralba (nome in lingua sarda Turralba, altezza metri 435 sul livello del mare, abitanti 902 al 31 dicembre 2021) è un caratteristico centro agricolo situato sull’altopiano del Meilogu, che sorge ai piedi d’un rilievo di modesta altezza, il monte Mura, in una zona collinare, circondata da vallate e da una vasta zona pianeggiante ricca di piccoli corsi d’acqua e sorgenti, e dominata da due rilievi,su uno dei quali sorge la chiesa parrocchiale intitolata a San Pietro Apostolo, e sull’altra quella romanica di Sant’Andrea, da anni in stato di completo abbandono. Il paese chiamato è raggiungibile con la SS131 di Carlo Felice che si trova a soli tre chilometri dall’abitato, e vicino all’abitato era presente una Stazione ferroviaria posta sulla Dorsale Sarda, che però dalla fine del 2007 è disabilitata al servizio viaggiatori. Il territorio Comunale ha un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, che vanno da un minimo di 300 a un massimo di 540 metri sul livello del mare. Origine del nomeIl nome del paese, che si trova in documenti medievali con la forma Turalba, Toralba, Toralva e TUrralba, che derivano dal latino Turris alba, ossia Torre bianca. La sua economiaTorralba basa la sua economia sulla tradizionale attività agricola, che riveste ancora oggi un ruolo molto importante, dato che nel suo territorio si coltivano cereali, frumento, ortaggi, foraggi, viti, ulivi e frutteti. Si pratica anche l’attività zootecnica, con l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Il tessuto industriale è costituito da poche aziende che operano nei comparti alimentare, edile e dei materiali da costruzione. Neppure il terziario assume dimensioni rilevanti. La sua vicinanza alla famosa valle dei Nuraghi, presso cui è possibile visitare numerosissimi resti di età preistorica, nonché l’area archeologica del Nuraghe Santu Antine, e gli affascinanti crateri vulcanici del Meilogu, la rende meta di un significativo afflusso di visitatori. Le strutture ricettive offrono, peeò, la sola possibilità di ristorazione, non di soggiorno. Brevi cenni storiciIl suo territorio è stato abitato fino dall’era preistorica, nel Neolitico, come testimoniato dalle numerose domus de janas che si trovano a sud dell’altopiano di San Pietro di Sorres, che sorge a nord ovest del paese e che abbiamo già visto quando abbiamo visitato Borutta. Ma il periodo di maggior rilevanza è quello nuragico, che è testimoniato dai più di trenta Nuraghi e dalle oltre dieci Tombe di giganti che si trovano nel suo territorio, e che hanno determinato la sua denominazione di Valle dei Nuraghi. Dopo avere, successivamente, subito la dominazione romana, l’abitato di Torralba sorge nel periodo medioevale intorno alla chiesa di Santa Maria de Soralbo o di Toralbo, che oggi non esiste più, ma nelle immediate vicinanze nel 1615 è stata edificata, in stile gotico rinascimentale, la nuova chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo. Il paese viene menzionato per la prima volta in un documento storico datato intorno al 1064 o 1065, e nel periodo medioevale appartiene al Giudicato del Logudoro, nella curatoria del Meilogu. Diviene, in seguito, possedimento dei Doria, i quali, nel corso del 1300, si trovano a combattere, e a vincere, contro il vicere aragonese Guglielmo de Crevellon, intenzionato a entrare in possesso del suo territorio. Divenuto possedimento del Giudicato di Arborea, dal 1420 passa definitivamente sotto gli Aragonesi. Viene dichiarata conte e viene affidata in feudo a Michele Comprat, sotto la cui famiglia rimane fino alla metà del diciottesimo secolo, quando venne ceduta, sempre come feudo, ai Martinez, Marchesi di Valdecanzana. Nel 1839, anno della definitiva abolizione del feudalesimo, viene riscattata dalla famiglia Martinez al pubblico demanio. Feste ed eventi che si svolgono a TorralbaA Torralba è attiva l’Associazione Culturale onlus Santu Antine di Torralba, nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale del paese. Tra le principali principali feste e sagre che si svolgono a Torralba vanno citate,16 e il 17 gennaio, la festa di Sant’Antonio del Fuoco, con il grande falò rituale, nella chiesa campestre dedicata a Sant’Antonio; il 20 gennaio, la Festa di San Sebastiano; il lunedì successivo alla Pentecoste, la Festa in onore dello Spirito Santo, nell’omonima chiesa campestre; il giorno precedente al Corpus Domini, la Festa della Madonna del Bosco; il 29 giugno, la Festa di San Pietro, in onore del Santo patrono; l’ultimo sabato di luglio, si svolge lo spettacolo culturale dal titolo Cantos Ballos e Pregadorias. Lo spettacolo culturale Cantos Ballos e PregadoriasA Torralba, l’ultimo sabato di luglio si svolge l’interessante spettacolo culturale dal titolo Cantos Ballos e Pregadorias. L’obiettivo del programma di questa manifestazione è di valorizzare le tradizioni coreutiche e canore del Mejlogu, inquadrandole nei diversi periodi dell’anno, in particolare, nelle diverse occasioni festive, nelle quali balli e canti costituiscono le principali espressioni. Visita del centro di TorralbaL’abitato si sviluppa su una collina circondata da una vasta zona pianeggiante ricca di piccoli corsi d’acqua e sorgenti. Entriamo in Torralba provenendo da Bonnanaro, ed entriamo nell’abitato con la via Carlo Felice, dalla quale parte sulla destra la via 4 Novembre. Proseguiamo, invece, lungo la via Carlo Felice. La chiesa campestre di Sant’AndreaSubito dopo aver superato la deviazione in via 4 Novembre, proseguendo lungo la via Carlo Felice, prendiamo la prima a sinistra che è via Giuseppe Musio, la seguiamo, poi prendiamo a sinistra la via Sant’Andrea, che seguiamo fino alla fine. Qui parcheggiamo, poi prendiamo un sentiero che ci porta alla chiesa campestre di Sant’Andrea che sorgesu un poggio affacciata nella periferia del paese e rivolta verso Bonnanaro. Si tratta di una costruzione medioevale che alcuni collocano nella prima fase, altri nel periodo giudicale, e resta un interessante monumento per la presenza di una rustica bifora nell’abside in basalto sul lato est, e per l’ampliamento della facciata, eseguito con materiale lapideo bianco in forte contrasto con la nera pietra vulcanica del resto della facciata. La chiesa attualmente si trova, però, in stato di abbandono. L’oratorio della Santa CroceRitornati in via Carlo Felice, la seguiamo per circa 350 metri, e troviamo sulla sinistra l’importante oratorio della Santa Croce che è stato per molto tempo la chiesa ed oratorio della omonima Confraternita. Trovandosi più in centro, questa chiesa viene usata dai paesani al posto della parrocchiale, che sorge in posizione molto più periferica. Il Museo della Valle dei NuraghiProseguendo lungo la via Carlo Felice, poco più di cento metri più avanti, alla sinistra della strada, al civico numero 153, si trova il Museo della Valle dei Nuraghi del Logudoro-Meilogu. Il Museo, aperto nel 1988, è di natura archeologica e etnografica, ed è dedicato alle regioni del Logudoro e del Meilogu. La sezione archeologica, in esposizione permanente su quattro sale e un giardino lapidario esterno, si incentra su testimonianze e reperti del territorio, dal periodo prenuragico al periodo medioevale. Al centro dell’esposizione è, in particolare, l’importante complesso nuragico del Santu Antine, del quale ospita buona parte dei reperti di scavo. La collezione è costituita, inoltre, da materiale lapideo: betili, macine, dodici pietre miliari, cippi sepolcrali ed alcune stele figurate. La sezione etnografica, che occupa due sale del piano terra, ospita, invece, mostre temporanee a tema, sulla cultura e le tradizioni sarde, come l’uomo e il cavallo, l’abbigliamento popolare, il vino o l’olio. I due cimiteri di TorralbaProsegunedo lungo la via Carlo Felice, circa centocinquanta metri più avanti si incrocia sulla destra la via Sardegna e sulla sinistra la via Oristano. Prendiamo a sinistra la via Oristano, la seguiamo per trecento metri e troviamo, sulla destra, una strada in salita che porta al Vecchio Cimitero di Torralba, mentre seguendo la strada, più avanti si trova il Cimitero nuovo. Il Municipio di TorralbaTorniamo indietro lungo la via Carlo Felice per circa quattrocento metri, si fronte al civico numero 79, troviamo sulla sinistra, ossia verso sud, la via Gabriele Serra. La prendiamo, poi svoltiamo a destra in via Vittorio Emanuele III, con la quale arriviamo, sulla sinistra, nella piazza Monsignore Pola, dove, al civico numero 5, si trova l’edificio che ospita la sede e gli uffici del Municipio di Torralba. La chiesa parrocchiale dedicata a San Pietro ApostoloProseguendo lungo la via Vittorio Emanuele III, prendiamo a sinistra il vicolo Roma, che sbocca in via Roma. La prendiamo verso destra, ossia verso ovest, e la seguiamo per poco più di duecento metri, poi troviamo sulla sinistra la piazza della chiesa, nella quale si trova la chiesa dedicata a San Pietro Apostolo che è chiesa parrocchiale, costruita alla periferia del paese, e rimasta in periferia ancora oggi, per l’espansione dell’abitato che è avvenuta tutta intorno all’asse viario principale. Di notevole interesse, questa chiesa, edificata nel 1615 in stile gotico rinascimentale, è realizzata in pietra calcarea. Al suo interno custodisce un prezioso altare in legno, con le statue di San Pietro, San Giuseppe e San Sebastiano, un fonte battesimale in pietra calcarea, e una pala d’altare settecentesca, che unisce in sè due tavole di un artista sardo del cinquecento. La Festa di San Pietro, in onore del Santo patrono, si svolge a Torralba il 29 giugno. alla destra della chiesa, nella stessa piazza, si trova un edificio a due piani, il conci di pietra vulcanica nera, nel quale è ospitato il salone parrocchiale ed il laboratorio di maglieria. L’edificio è stato costruito negli anni ’50 del novecento, utilizzando i ruderi della abbattuta chiesa di Santa Maria, che era stata l’antica parrocchiale di Torralba. Visita dei dintorni di TorralbaVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Torralba, sono stati portati alla luce i resti delle Tombe di giganti Barateddu, Planu Borgolo, Prunaiola, Sa Pedra longa, su Crastu Covaccadu; del Protonuraghe Cassaros; dei Nuraghi semplici Banzalzas, Culzu, Longu, Padru, Porcu Inzu, Pumari, Santu Giolzi, Spirito Santo; dei Nuraghi complessi Cabu Abbas, Fraigas, Ruju, Santu Antine; ed anche dei Nuraghi Barateddu, Corona Turolia, Cuguronneo, Elies, Funtana Majore, lendine, monte Oes, Murighente, Nalvonattu, Nieddu, Paule, Planu Alto, Tipireddu, Trija, Tulis alto, Tulis basso, Tulvaru, tutti di tipologia indefinita. Il territorio di Torralba ospita uno tra i più importanti Nuraghi della Sardegna, l’importante reggia nuragica di Santu Antine, uno dei quattro complessi più importanti dell’Isola. La chiesa di Sant’Antonio con i resti dell’antica chiesa diroccataDa Torralba, prendiamo verso ovest la via Sant’Antonio, che esce dall’abitato in direzione sud ovest, e la seguiamo per circa cinquecento metri, fino a trovare la svolta a sinistra in direzione di Borutta e San Pietro di Sorres. Proseguiamo per settecento metri, poi svoltiamo a sinistra, e, dopo poco più di cinquecento metri, ai piedi del monte Mura, troviamo alla destra della strada i Ruderi dell’antica chiesa diroccata di Sant’Antonio. alla sinistra della strada, si trova la seicentesca chiesa campestre dedicata a Sant’Antonio Abate che ha la pianta a croce, e con significativi contrafforti laterali. Intorno a questa chiesa si trovano le Cumbessias destinate ad accogliere i fedeli, che vi si recano in pellegrinaggio, quando, la notte fra il 16 e il 17 gennaio, vi si svolge la Festa di Sant’Antonio del Fuoco, con il grande falò rituale. I resti della chiesa diroccata di Santa VittoriaTornando a dove avevamo trovato la svolta a sinistra in direzione di Borutta e San Pietro di Sorres, prendiamo invece la prosecuzione della strada, che si trova in cattivo stato, e la seguiamo per circa cinquecento metri. Parcheggiamo e prendiamo un sentiero che prosegue dritto, poi, dopo una svolta a destra, prendiamo una deviazione a sinistra, che ci porta ai Ruderi della chiesa diroccata di Santa Vittoria. I resti della chiesa diroccata di San GiorgioDal centro di Torralba, prendiamo la via Sant’Antonio verso est, che sbocca sulla via Sanna Corda, che esce dall’abitato in direzione sud est. La seguiamo per quasi un chilometro, quando sbocca sulla via Carlo Felice, che prendiamo verso destra, in direzione sud, ossia in direzione del Nuraghe Santu Antine. La via Carlo Felice affianca, sulla destra, la SS131 di Carlo Felice. Dopo duecento metri, svoltiamo a sinistra in una strada che si trova in cattivo stato, dopo duecentocinquanta metri prendiamo a destra, e, dopo circa quattrocento metri, parcheggiamo. Qui un sentiero sulla destra ci porta ai Ruderi della chiesa diroccata di San Giorgio chiamata in lingua sarda chiesa campestre di Santu Giolzi. Il Santuario di Nostra Signora de Cabu AbbasSe proseguiamo sulla via Carlo Felice in direzione del Nuraghe Santu Antine, dopo un chilometro e mezzo troviamo un raccordo che ci fa svoltare a sinistra, attraversa la SS131 di Carlo Felice, e ci fa prendere la Ss131bis in direzione di Sassari e della stazione. La seguiamo, dopo 400 metri questa strada statale prosegue sulla SP21, che seguiamo per 150 metri, poi svoltiamo a destra seguendo l’indicazione per la chiesa campestre. Dopo 200 metri, prendiamo la strada a destra, che seguiamo per 180 metri, poi parcheggiamo. Un sentiero ci porta a trovare, alla sua destra, la chiesa. Il Santuario di Nostra Signora de Cabu Abbas, che in italiano significa A capo delle acque, è una delle Chiese che risalgono al periodo storico che va tra il dodicesimo ed il tredicesimo secolo in uno scenario di natura campestre e con la presenza di numerosi corsi d’acqua nella zona, che sono punti di riferimento anche per le strutture nuragiche della stessa Valle dei Nuraghi in cui è sito il Santuario. Costruito in stile romanico pisano, rientra tra le strutture sarde che vedono questo tipo di architettura essere la protagonista dei monumenti eretti proprio in quel contesto storico. Come molte altre Chiese è immersa nella natura circostante della città di Torralba, anche se è ben raggiungibile visto che proprio a qualche metro passa la superstrada. Il Santuario, edificato con conci di calcare bianco all’esterno, e con trachite all’interno, fa subito notare il velo di antichità che le appartiene. La facciata a capanna, orientata a nord, è divisa in cinque parti da quattro lesene ornate da archetti trilobati, e presenta un portale d’ingresso semplice, con un timpano al centro del quale si trova una scultura antropomorfa, della quale non si capisce bene la forma, ma si crede in ogni caso che raffiguri una divinità precristiana. Internamente, il Santuario ha una pianta a navata unica, con copertura dell’interno a volte in pietra trachitica. La chiesa, che si trovava al centro di un villaggio oggi scomparso, è stata per molto tempo annessa a un monastero Benedettino, uno dei più antichi Monasteri della Sardegna, come appare dalla sua assegnazione, nell’anno 1123, da parte di papa Callisto II a questi religiosi, i quali poi si sono trasferiti altrove. Si tratta di una chiesa di medie dimensioni, che ha subito un periodo di restauri nel 1971. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua della Madonna conservata al suo interno. Durante la Festa annuale, dopo la celebrazione vespertina segue un rinfresco all’interno del Santuario a tutti i presenti, offerto dalle Obriere del Comitato spontaneo delle vergini, nonchché dai giovani del paese. Si tratta di uno dei pochi comitati spontaneo al femminile dunque, con una presidentessa che viene nominata di anno in anno, per una delle poche celebrazioni religiose del Meilogu e non solo, che dà risalto ad un’antica tradizione che persiste negli anni e dà lustro alla Madonna di Cabu Abbas, al suo Santuario e all’omonima località in cui è sita. Negli ultimi anni sta iniziando ad attirare anche la curiosità dei turisti. Il portone della chiesetta campestre infatti, viene aperto una sola volta all’anno e, come da tradizione, le ragazze del paese vengono aiutate anche dalle meno giovani, per le pulizie prima della Festa e per l’ornamento della navata e dell’altare. Il gesto dell’apertura della chiesa veniva e tuttora viene considerato un pò come un rito d’iniziazione, un rito di passaggio dallo stato di vergini all’età adulta. L’imponente reggia nuragica di Santu Antine di TorralbaProseguendo sulla SP21 per circa ottocentocinquanta metri, troviamo l’indicazione che ci fa prendere una traversa sulla destra, che, in centocinquanta metri, ci porta al parcheggio davanti all’ingresso del complesso nuragico noto come la reggia nuragica di Santu Antine nota anche come Sa Domo de su re ossia la casa del re, che costituisce uno dei quattro siti archeologici più importanti dell’Isola, con il Nuraghe Losa di Abbasanta, la reggia nuragica su Nuraxi di Barumini, ed il Nuraghe Arrubiu di Orroli. Il nome del complesso nuragico deriva da quello dell’Imperatore romano Costantino che, per aver concesso Libertà di culto ai Cristiani e per aver determinato il sopravvento del Cristianesimo sul paganesimo e sull’ebraismo, in tutta la Sardegna è stato sempre considerato Santo. Il Nuraghe Santu Antine, edificato a 360 metri di altezza, ha attirato l’attenzione degli studiosi già dal settecento e dall’ottocento, come da Giovanni Spano. Un primo disegno del Nuraghe viene eseguito nel 1774 da Francesco Cetti, mentre la prima fotografia del 1901 è ripresa da Giovanni Pinza. Nel novecento il sito è oggetto di tanti scavi archeologici e pubblicazioni scientifiche, a cura di archeologi come Taramelli, che li ha iniziati nel 1935, Maetzke, Lilliu, Contu e Moravetti. Gli scavi sono stati, comunque, sempre parziali e non esaustivi, infatti a tutt’oggi la maggior parte della superficie del villaggio non è stata riportata alla luce. Il complesso nuragico si trova a quattro chilometri e mezzo dal centro dell’abitato di Torralba. Lo stato di conservazione, l’eleganza, l’armonia e la simmetria delle strutture, sono percepibili nella loro totalità soltanto se osservate attentamente, dato che nessuna foto può rendere merito alla bellezza di quest’opera di alta ingegneria edile, che lo designa, senza dubbio, come il più bel Nuraghe sardo. Il complesso nuragico di Santu Antine, uno dei più grandi in Sardegna, è stato edificato in posizione elevata, a dominare tutta la pianura, ed è costituito da un Nuraghe quadrilobato, all’esterno del quale si vedono i resti di un villaggio con capanne di forma circolare. Proprio questa struttura, che ricorda un Castello con il villaggio sottostante, lo fa considerare, non tanto un sia pur complesso Nuraghe, quanto piuttosto una vera reggia nuragica. L’edificio è in basalto, pietra vulcanica locale, e come in tutti i Nuraghi le murature sono interamente costruite a secco, senza l’utilizzo di malta. Le pietre, di dimensioni colossali nella parte più bassa delle strutture, si riducono ed appaiono meglio rifinite man mano che si sale ai piani superiori. Il Nuraghe di Santu Antine è trilobato, a pianta triangolare arrotondata, costituito da un mastio centrale chiamato torre A, che misura diciassette metri e mezzo anche se è stato calcolato che originariamente fosse alto ventidue metri, e che è stato, in seguito, circondato da una cerchia di alte mura, che collegano le torri B a sud ovest, C a sud est, e D a nord, con diversi camminamenti di ronda. L’entrata principale del complesso si trova sul lato sud, dove le mura sono molto più spesse, il che ha consentito la creazione di un vano al lato del breve corridoio, che si apre sul cortile interno di circa centocinque metri quadrati, il più vasto tra quelli finora messi in luce. Entrati nel cortile, si nota un pozzo grande coperto profondo venti metri, e diverse entrate disposte in modo simmetrico, a destra e a sinistra dell’entrata che dà accesso alla torre A. Questa torre originariamente era alta ventuno metri ed oggi ha un’altezza residua di diciotto metri, con struttura su tre piani costituiti da tre camere a tholos sovrapposte. Nel breve corridoio al piano terreno che conduce alla camera centrale, si trova sulla sinistra la scala interna che porta ai piani superiori. Il soffitto della camera centrale raggiunge l’altezza di quasi otto metri, e, sopra l’entrata a quasi tre metri di altezza, si trova una nicchia. Il vano si presenta ampio e spazioso, grazie a un corridoio anulare con varie aperture verso la camera centrale, nel quale si trova un secondo pozzo più piccolo di quello del cortile. All’interno della camera centrale, sopra l’entrata a quasi tre metri di altezza si trova una nicchia. Sulla sinistra della scala interna, che fa un giro completo e porta al secondo piano, si trova una finestra affacciata sul cortile, e alla destra l’entrata che dà accesso alla seconda camera, al cui interno si trovano una nicchia e un bancone anulare, molto simile a quello delle capanne delle riunioni nei villaggi nuragici. La scala interna prosegue per il terzo piano di cui non restano che le mura diroccate. Dal cortile interno, si accede ai bastioni attraverso sei entrate, le due porte più esterne danno accesso alle torri B e C, le porte di mezzo danno accesso a due corridoi trasversali, e le porte interne danno accesso al primo piano dei bastioni. Dai bastioni non c'è nessun accesso alla torre centrale, il che dimostra che la loro costruzione è posteriore a quella della torre centrale. Le torri laterali B e C avevano una struttura su due piani, ma oggi è rimasto solo il piano terreno, con la camera a volta scoperta. Da queste torri si accede a due lunghi corridoi laterali, che le congiungono alla torre C più settentrionale, ai quali si accede anche tramite dei corridoi trasversali che partono direttamente dal cortile. Sui lati esterni dei corridoi laterali si trovano delle feritoie, dalle quali non entra molta luce, tanto che gli ambienti sono molto bui. I due corridoi laterali sono collegati tra di loro da un altro corridoio poco agibile. Nella torre C, anch’essa a volta scoperta, si trova un terzo pozzo grande, con una apertura più in basso del pavimento, coperto da lastre di pietra, e, a un lato di questa torre, si trova l’uscita dal complesso, non agibile. Una seconda cerchia di mura protettive più basse circonda i resti del villaggio sottostante, che risulta realizzato in epoca successiva. Finora soltanto una parte, costituita da quattordici capanne, è stata messa in luce dagli scavi archeologici, ma da numerose indagini sappiamo doveva interessare un’area assai più vasta. Anche le capanne del villaggio nuragico, di forma circolare, sono costruite a secco, almeno nella parte inferiore ancora visibile. Alcune delle capanne conservano ancora elementi della struttura interna, come sedili, focolari, tramezzi, che permettono di distinguerne la funzione originaria, sia essa abitativa, lavorativa o pubblica. Altre strutture rettangolari sono della successiva epoca romana. La reggia nuragica di Santu Antine è uno dei principali Nuraghi solari della Sardegnarecenti studi archeoastronomia hanno messo in luce come i Nuraghi possiedano un chiaro significato astronomico. In particolare, lo studioso Mauro Peppino Zedda ha effettuato delle osservazioni presso numerosi complessi nuragici ed è giunto alla conclusione che la quasi totalità dei Nuraghi complessi hanno delle linee tangenti alle torri periferiche orientate verso uno dei punti dove sorgono o tramontano il sole e la luna nei solstizi e nei lunistizi. Tale significato astronomico emerge sia dalle caratteristiche della loro struttura architettonica, che dalla loro dislocazione sul territorio, ed, a seconda che siano allineati con il sorgere o il tramontare del sole o della luna, si possono distinguere i Nuraghi solari ed i Nuraghi lunari. |
Il sole non sorge sempre nello stesso punto dell’orizzonte ma, nel corso dell’anno, il punto si sposta ogni giorno dalla posizione più meridionale, nel solstizio d’inverno oggi intorno al 21 dicembre, a quella più settentrionale, nel solstizio d’estate oggi intorno al 21 giugno, per poi ripercorrere il medesimo tragitto in senso inverso. A metà del percorso, il sole sorge quasi esattamente ad est, nei due equinozi, in primavera intorno al 21 marzo, e in autunno intorno al 23 settembre. La reggia nuragica Santu Antine di Torralba appartiene ai Nuraghi solari. Infatti, in questo Nuraghe, al solstizio d’inverno dalla torre nord, ed al solstizio d’estate dalla torre sud, si vede il sole sorgere dietro la torre est. Inoltre, al solstizio d’estate dalla torre est si può vedere il tramontare del sole dietro la torre nord, ed a quello invernale tramontare dietro la torre sud. Secondo lo studioso Mauro Peppino Zedda, le torri del Nuraghe Santu Antine sarebbero state dei punti di osservazione per mezzo dei quali era possibile osservare il sorgere del sole, sia al solstizio invernale che al solstizio estivo, e dalle stesse si poteva osservare, sempre ai solstizi, il tramonto del sole. A suo avviso il Nuraghe Santu Antine sarebbe L’apparecchio realizzato a secco tecnicamente più sofisticato di tutta la superficie terrestre. Grazie alla loro posizione gli antichi sardi erano in grado di stabilire la scansione temporale delle stagioni e avevano riferimenti spaziali sulla terra. Tutto questo porta a pensare che i Nuraghi non fossero fortezze, l’ipotesi più probabile è che fossero una specie di santuari. Come rivela una sorta di tabù o timore reverenziale, che ancora oggi i Sardi nutrono nei loro confronti. Le campagne sarde sono piene di ovili, costruiti anche a ridosso dei Nuraghi stessi, ma mai ricavati all’interno di essi, come sarebbe stato più comodo. La pintadera di TorralbaNel Nuraghe è stata rinvenuta la Pintadera di Torralba conservata nel Museo Archeologico ed Etnografico Giovanni Antonio Sanna di Sassari, più famosa delle pintadere trovate tutte all’interno di Nuraghi plurilobati, che è diventata il logo conosciuto a livello nazionale adottato qualche decennio fa dal Banco di Sardegna di Sassari per identificare la propria radice sarda. Il termine Pintadera, parola di chiara derivazione spagnola da Pintado ossia dipinto, è il nome che viene dato a strumenti che servivano forse per decorare il corpo, il pane o i tessuti, ipotesi resa plausibile dal rinvenimento di vari bronzetti raffiguranti offerenti che portano sulla mano sinistra una focaccia decorata con i motivi geometrici che ornavano le pintadere. Ma diversi studiosi hanno ipotizzato che questi particolari dischi con le loro iscrizioni potessero essere, invece, degli antichi calendari, dei segnatempo lunari o solari, in uso presso le antiche popolazioni nuragiche. La pintadera di Torralba è stata studiata dal professor Nicolino de Pasquale, che la ha chiamata Sa Arroda de tempu, la ruota del tempo, ed aiuta la sua teorizzazione il fatto che, non possiedendo l’impugnatura posteriore, a suo parere difficilmente poteva essere utilizzata per marchiare qualsiasi oggetto. De Pasquale, che aveva studiato l’uso dell’abaco di calcolo Inca ed applicazioni della matematica andina precolombiana, l’uso dell’abaco Tiwanaku, l’uso dell’abaco egizio ed applicazioni della matematica dell’antico Egitto, si è quindi dedicato alla pintadera di Torralba. Successivamente Piero Angelo Piscedda ha pubblicato Sa pintadera, una ricerca che lo ha portato a concludere che quella di Santu Antine sarebbe un eccellente calendario nuragico solare e lunare, ed immaginando che il foro centrale della pintadera rappresenti la luna, il rilievo che da forma al foro centrale la terra e l’incavo circolare il sole, egli imbastisce calcoli complicati e teorie affascinanti che lo portano a dire come l’anno solare fosse diviso in stagioni o periodi e che ogni periodo conoscesse una sotto divisione in qualcosa di molto simile ai nostri mesi. Successivamente De Pasquale ha presentato i risultati dei suoi ultimi studi sulle funzioni calendariali delle pintadere, partendo da una importante citazione di Plinio il Vecchio ha ricostruito mesi, anni e secoli lunari dei Celti e mostrate le funzioni calendariali dei megaliti di Stonehenge, l’impostazione zodiacale, la durata delle ore e la precisione del ciclo lunare. Il sistema druidico viene poi paragonato a quello derivato dalle pintadere che conduce, incredibilmente, ad un ciclo lunare più preciso, legato all’ora nuragica di minor durata. Egli fa riferimento non solo alla serie di Fibonacci, ma anche alla pintadera nella quale sarebbe descritto minuziosamente un ciclo fondamentale di 2412 lunazioni, pari a 195 anni, con la registrazione di tutte le eclissi di sole che si verificano, ciclo scoperto da George van den Bergh nel 1954, che passa sotto il nome di Trihex, ma che egli decisamente vorrebbe rinominare come Ciclo di Oristano, in omaggio appunto al luogo di ritrovamento di questa pintadera. E se il Nuraghe Santu Antine ed i sei Nuraghi vicini rispecchiassero lo schema del complesso stellare delle Pleiadi?La fertile valle nella quale si trova il Nuraghe di Santu Antine è caratterizzata dal grande numero di Nuraghi ancora oggi visibili. Nel volume «In Terra come in Cielo» gli autori, Augusto Mulas e Marco Sanna, suggeriscono l’ipotesi che la disposizione territoriale del Nuraghe Santu Antine e dei sei Nuraghi ad esso più vicini, ripropongano sul territorio lo schema delle principali stelle dell’ammasso stellare M45, che viene solitamente detto il Complesso delle Pleiadi, che è costituito dalle stelle Asterope, Taigete, Celeno, Electra, Merope, Alcyone, ed Atlante. L’importanza dell’ammasso aperto delle Pleiadi è nota sin da epoche remote, tanto che i Babilonesi ponevano l’inizio del nuovo anno in corrispondenza con il sorgere eliaco delle Pleiadi. In corrispondenza della stella Asterope è posizionato il Nuraghe Culzu un Nuraghe semplice, monotorre, edificato in basalto a 330 metri di altezza. La torre ha diametro esterno di tredici metri e mezzo ed altezza residua di circa quattro metri, scale elicoidali fino a raggiungere il piano superiore a destra, camera marginata da tre nicchie delle quali una è la nicchia d’andito posta di fronte alle scale, che si prolunga per tre metri con sul fondo una sorta di vasca lapidea. In corrispondenza di Taigete si trova il Nuraghe Longu un Nuraghe semplice, monotorre, edificato a 329 metri di altezza, che si trova a soli centottanta metri dal Colzu. È il Nuraghe meglio conservato, con camera marginata da tre nicchie, quella centrale più alta e larga rispetto alle due laterali, e con tholos. In corrispondenza di Celeno si trova il Nuraghe Fraigas un Nuraghe complesso bilobato, edificato in basalto a 347 metri, posizionato sul limitare di una piccola scarpata, che si trova a soli duecentotrenta metri dal Nuraghe Longu. È un Nuraghe formato da una torre centrale e un avancorpo bilobato. Intorno sono presenti un antemurale e tracce di un insediamento. In corrispondenza di Electra si trova il Nuraghe Banzalas un Nuraghe semplice, monotorre, edificato in basalto a 352 metri di altezza, mal conservato. della torre originaria restano solo poche pietre basaltiche, per un altezza di poco superiore al metro, ed intorno sono presenti pochissimi resti di un insediamento. In corrispondenza di Merope si trova il Nuraghe Oes un Nuraghe complesso bilobato, edificato in basalto a 356 metri di altezza, con torre centrale e bastioni con due torri aggiunte, e con un cortile interno, che, però, si trova nel territorio del comune di Giave, e che descriveremo, quindi, nella prossima tappa del nostro viaggio. In corrispondenza di Alcyone si trova il Nuraghe Santu Antine Nuraghe complesso, trilobato, edificato a 360 metri di altezza, che si trova a soli novecento metri dal Nuraghe Oes, e che abbiamo già descritto. In corrispondenza di Atlante si trova il Nuraghe Cabu Abbas un Nuraghe complesso bilobato, edificato a 373 metri di altezza, in precarie condizioni di conservazione. È un Nuraghe formato da una torre principale e un avancorpo bilobato, la camera della torre principale che ha un’altezza residua di circa cinque metri, è dotata di tre nicchie disposte simmetricamente. Intorno sono presenti tracce di un insediamento. Sostiene Augusto Mulas che «tutta una serie di osservazioni concorrono a dimostrare come la disposizione di questi sette Nuraghi non scaturisca da semplici motivazioni di carattere insediamentale, ma rispondano invece alla necessità di replicare sulla terra ciò che era visibile nella volta celeste». La frazione Scalo ferroviario con resti della Stazione ferroviaria dismessa di TorralbaPassata la deviazione per il Nuraghe di Santu Antine, proseguiamo per un chilometro sulla SP21, poi troviamo la deviazione a destra che, in poco più di cento metri, ci porta alla frazione Scalo ferroviario (altezza metri 353, distanza 5.5 chilometri, non è disponibile il numero di abitanti). Nella frazione Scalo ferroviario si trova la Ex Stazione ferroviaria di Torralba, una stazione posta sulla Dorsale Sarda, dopo la stazione di Giave, prima di quella chiusa al traffico passeggeri di Mores Ittireddu, e della successiva stazione di Ozieri Chilivani. L’apertura dello scalo risale al 1878, realizzata dalla Compagnia reale delle Ferrovie Sarde, ed inaugurata insieme al tronco tra Chilivani e Giave della linea, sino all’apertura del collegamento con lo scalo di Oristano nel 1880, che collega i due spezzoni di ferrovia realizzati all’epoca. Nel 1920 la concessione passa sotto la gestione delle Ferrovie dello Stato, dal 2001 tramite la controllata RFI. Dalla fine del 2007 la stazione è disabilitata al servizio viaggiatori. La stazione presenta tre binari, il primo è quello di corsa, da cui si dirama il secondo, passante, e da quest'ultimo ha origine il binario tre. A nord del piazzale ferroviario sono situati gli edifici, dei quali il maggiore è il fabbricato viaggiatori, costruzione su due piani a pianta rettangolare, con quattro luci di apertura sui lati maggiori. La chiesa campestre dello Spirito SantoDal centro di Torralba, prendiamo la via Sant’Antonio verso est, che sbocca sulla via Sanna Corda, che esce dall’abitato in direzione sud est. La seguiamo per quasi un chilometro, quando sbocca sulla via Carlo Felice, che prendiamo verso sinistra, in direzione nord. Percorsi appena 350 metri, prendiamo a destra la SP83 che esce a est dall’abitato, la seguiamo per un paio di chilometri, poi prendiamo una sterrata sulla destra che, in circa un chilometro, ci porta alla seicentesca chiesa campestre dello Spirito Santo che si trova alla sinistra della strada, subito dopo il Nuraghe omonimo. Presso questa chiesa si svolge la Festa principale del paese, ossia la Festa dello Spirito Santo, che si celebra per quattro giorni e ha come giorno principale e conclusivo il lunedì successivo alla Pentecoste. Tradizione della Festa è la caratteristica processione a cavallo che parte dalla chiesa della Spirito Santo e arriva fino all’abitato di Torralba. I resti del Nuraghe Ruju con i fenomeni della luce dal foro apicale e della luce dal finestrino di scaricoRitornati sulla SP83, proseguiamo per circa cinquecento metri, poi prendiamo una deviazione sulla sinistra che seguiamo per circa un chilometro e mezzo. alla sinistra della strada si trova il Nuraghe Ruju situato in posizione rialzata su una collinetta a 321 metri di altezza, in prossimità della linea ferroviaria che porta da Mores alla stazione di Torralba. Il Nuraghe è di tipo complesso, bilobato, con una torre centrale a cui si raccordano due torri secondarie collegate da un bastione murario. La torre centrale si erge maestosa in tutta la sua imponenza e si vede bene svettare, dalla sua sommità, la muratura esterna della tholos di copertura della seconda camera. Purtroppo l’accesso al piano terreno della torre principale viene ostacolato dal terriccio, dal momento che l’ingresso al piano terreno è interrato, ed anche scendendo dal primo piano, si arriva alla camera solo difficilmente, strisciando. Al primo piano attualmente si accede attraverso l’originario finestrone che da su un breve andito, a sinistra si trova una scala a servizio del terrazzo sovrastante, mentre a destra si osserva una scala in discesa, proveniente verosimilmente dalla camera a piano terra. Al centro si apre uno splendido accesso architravato a luce trapezoidale, con architrave monolitico e stipiti in pietre ben squadrate, che immette all’interno della camera. Il Nuraghe è costruito con conci litici in basalto ben squadrati e lavorati messi in opera secondo una muratura a filari regolari. Il fenomeno della Luce dal foro apicale, così definito dal Gruppo Ricerche Sardegna, si verifica nei Nuraghi nei quali il sole, nel giorno del solstizio d’estate, raggiunge una determinata altezza, un sottile raggio di luce penetra attraverso il foro ricavato dai costruttori all’apice della tholos del Nuraghe, attraversa tutta l’ampia volta e va ad illuminare la base della camera, oppure una nicchia presente nella camera stessa. |
Il Gruppo Ricerche Sardegna ha scoperto che, nel Nuraghe Ruju di Torralba, il giorno del solstizio d’estate dal foro all’apice della tholos nella stanza al primo piano il raggio solare penetra in essa ed attraversa lentamente la cupola nuragica, procedendo man mano verso il basso, ed il raggio illumina la nicchia centrale, che viene per questo chiamata Camera solstiziale, e crea sul suo architrave la singolare forma di una bipenne o di una testa di toro. Pochi minuti dopo, quando il sole si trova ad un azimut di 121° e ad un’altezza di 63°, il raggio supera l’architrave e taglia esattamente a metà la nicchia illuminandone l’interno. Il fenomeno della Luce dal finestrino di scarico si verifica nei Nuraghi nei quali il sole, all’alba del solstizio d’inverno, si allinea con il finestrino di scarico dell’architrave della porta d’ingresso del Nuraghe, e genera, all’interno, un fascio luminoso che percorre la sala, e genera un’immagine luminosa posizionata al centro della sala o in una nicchia in essa presente. |
Un’altra particolarità di questo Nuraghe è dovuta al corridoio diviso in due metà dalla scala, che produce un effetto atipico rendendolo una sorta di otturatore fotografico, e due porte finestre, essendo tra loro sfasate, limitano la quantità di luce che il sole proietta all’interno della stanza, dato che i raggi luminosi vengono ostacolati dallo stipite destro della porta finestra esterna e da quello sinistro di quella interna. Una precisione sicuramente voluta, dato che, al sorgere del sole nel giorno del solstizio d’inverno, la nicchia inizia progressivamente ad illuminarsi. La camera del primo piano di questo Nuraghe dunque, completa la sua funzionalità già espressa al solstizio d’estate col fenomeno della luce dall’apice della volta, anche all’alba del solstizio d’inverno, poiché entrambi si manifestano illuminando in modo evidente la medesima nicchia frontale. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossimatappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita del Meilogu, scendendo da Torralba a Giave che visiteremo con la chiesa campestre dei Santi Cosma e Damiano e con i suoi dintorni. Ci porteremo, poi, a Cossoine che è un paese un poco più grande, e che visiteremo anch’esso con i suoi dintorni e con il Santuario di Santa Maria Iscalas. |