Cuglieri con la costiera di S’Archittu e con i resti della città di Cornus patria di Ampsicora
In questa tappa del nostro viaggio da Sennariolo ci recheremo a Cuglieri che visiteremo con il suo centro ed i dintorni dove si trova la costiera di S’Archittu e si trovano i resti della città di Cornus patria di Ampsicora, l’ultimo baluardo dell’indipendenza dei Sardi contro gli invasori Romani. La regione storica del MontiferruIl Montiferru è una regione della Sardegna che prende il nome dal massiccio di origine vulcanica Monte Ferru, che si trova a nord di Oristano. I comuni che ne fanno parte si trovano tutti in Provincia di Oristano e sono: Bonarcado, Cuglieri, Santu Lussurgiu, Scano di Montiferro, Seneghe e Sennariolo. Il complesso vulcanico, spento da più di un milione di anni, era caratterizzato da eruzioni la cui lava finì per creare nuove terre sia a est, con il vasto altopiano di Abbasanta, caratterizzato da terreni basaltici, sia a ovest fino alla fascia costiera. Si tratta di un’area coperta da fitti boschi, caratterizzata da formazioni rocciose come i basalti colonnari di Cuglieri, e dalla grande abbondanza di sorgenti. Si tratta di una zona agricola, abitata sin dalla preistoria, come dimostra la città di Cornus. La costa è caratterizzata da falesie calcaree come quelle di S’Archittu, e da scogliere di basalto. In viaggio verso CuglieriDa Sennariolo prendiamo verso sua la SS292 Nord Occidentale Sarda che prosegue all’interno sul massiccio vulcanico di Monte Ferru, e dopo quattro chilometri ci porta all’interno dell’abitato di Cuglieri. Dal Municipio di Sennariolo a quello di Cuglieri si percorrono 5.2 chilometri. Il comune chiamato CuglieriIl comune di Cuglieri (nome in lingua sarda Culliri, altezza metri 483 sul livello del mare, abitanti 2.457 al 31 dicembre 2021) è un centro dal tipico aspetto montano, che sorge ai piedi del versante occidentale del massiccio del Montiferru, complesso vulcanico la cui ultima eruzione è datata a 1,6 milioni di anni fa. È la capitale storica e ideale della regione Montiferru. L’abitato è dislocato ad Anfiteatro attorno al colle Bardosu, orientato prevalentemente verso sud ovestsu un declivio dominato dalla basilica della Madonna della Neve da cui si gode uno splendido panorama fino al mare, tutto circondato da frutteti, oliveti e boschi. Il paese ha un bel centro storico ed il suo territorio, così ricco d’acque, appare straordinariamente fertile e vitale. Il territorio Comunale, classificato collinare, è caratterizzato da montagne, fitti boschi, fiumi, sorgenti, spiagge, imponenti scogliere e innumerevoli segni delle civiltà scomparse, ha un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate. I suoi confini naturali sono individuati a nord dal rio Mannu, a sud dal rio Pischinappiu, ad est del massiccio del Montiferru e ad ovest dal mare di Sardegna. Cuglieri è molto conosciuto per la produzione di olio di oliva di qualità, per la presenza nel suo territorio dell’arco naturale di S’Archittu e per la cascata a mare di Cabu Nieddu, l’unica in Italia nel suo genere. Questo paese fa parte dell’Associazione nazionale delle città dell’OlioQuesto paese fa parte dell’Associazione nazionale città dell’Olio, che ha tra i suoi compiti principali quello di divulgare la cultura dell’olivo e dell’olio di oliva di qualità, tutelare e promuovere l’ambiente ed il paesaggio olivicolo, diffondere la storia dell’olivicoltura, e garantire il consumatore attraverso le denominazioni di origine. Le città dell’Olio in Sardegna sono ad oggi Alghero, Berchidda, Bolotana, Bosa, Cuglieri, Dolianova, Escolca, Genuri, Gergei, Giba, Gonnosfanadiga, Ilbono, Ittiri, Masainas, Olbia, Oliena, Orgosolo, Orosei, Osini, Riola Sardo, Samatzai, Santadi, Seneghe, Serrenti, Siddi, Sini, Uri, Usini, Ussaramanna, Vallermosa, Villacidro, Villamassargia. Origine del nomeIl nome è di origine incerta, molto probabilmente punica, ed i canonici Giampalolo Nurra e Giovanni Spano parlino di una radice fenicia Gur. La tesi più accreditata farebbe, invece, risalire il nome a quello dell’insediamento Gurulis Nova, la cui genesi si colloca nel tardo periodo repubblicano di Roma, mentre oltre a questo insediamento, un altro è stato quello di Gurulis Vetus, nome assunto dall’attuale comune di Padria. La sua economiaSi tratta di un centro rivierasco che alle tradizionali attività agricole ha affiancato un buon tessuto industriale e commerciale. Per il settore primario, l’agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo dal quale si produce dell’ottimo olio extravergine d’oliva, agrumi e frutteti. Si pratica anche l’allevamento, in particolare di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Per il settore secondario l’industria è costituita da aziende che operano nei comparti dell’edilizia, dei laterizi, della produzione lattiero caseario, della produzione alimentare e dell’energia. Il terziario si compone di una buona rete distributiva oltre che dell’insieme dei servizi. Rinomata per le sue splendide spiagge e per l’inestimabile patrimonio archeologico e architettonico, attira un notevole flusso turistico sul posto. è, inoltre, inserita nel complesso forestale Pabarile da dove, accanto ai mufloni, cervi, lecci e agrifogli, è possibile guardare le cime del Gennargentu a est e verso il mare e la penisola del Sinis a ovest. Bellissime le spiagge di Is Arenas, le bianche scogliere di Santa Caterina e S’Archittu e le scure falesie basaltiche di capo Nieddu. Altro motivo di richiamo è la gastronomia, soprattutto famosa è l’acquavite Filu e ferru. L’apparato ricettivo, comprendente vari agriturismi, offre possibilità di ristorazione e di soggiorno. Brevi cenni storiciIl ritrovamento di Nuraghi e tombe dei giganti testimonino una presenza antica. I primi insediamenti nel territorio di Cuglieri risalgono al Neolitico antico, ed i ritrovamenti dell’archeologo Pietro Pes riguardano elementi litici in selce e ossidiana nelle attuali zone costiere di Santa Caterina e Torre del Pozzo. Viene poi citata da Tolomeo come Gurulis Nova, città romana del secondo secolo avanti Cristo, durante il periodo della dominazione romana in Sardegna. Nella pineta di Is Arenas è ancora visibile il ponte romano, alto circa sette metri, che scavalca il rio Azzanna. della presenza romana rimangono tracce soprattutto nella zona compresa tra le località di Santa Caterina di Pittinuri e di Sant’Archittu, dove sorgeva la città punico romana di Cornus, che è stato il centro principale della rivolta antiromana di Ampsicora, che svolge un ruolo importante nello scontro finale tra romani e sardo punici durante il 215 avanti Cristo, dato che la sua conquista segna il definitivo passaggio della Sardegna sotto il dominio romano. Durante il Medioevo il paese appartiene al Giudicato del Logudoro e fa parte della curatoria del Montiverru. Nel 1328 il borgo passa al Giudicato d’Arborea, che ne regge le sorti fino alla battaglia di Sanluri del 1409, quando il territorio cade sotto il controllo degli Aragonesi. Nel 1417 il paese viene incorporato nella Baronia di Montiferro, data in feudo dal re d’Aragona Alfonso V il Magnanimo al nobile sassarese Guglielmo de Montagnana unitamente ai paesi di Scano, Santu Lussurgiu, Siete Fuentes, Sennariolo e Flussio. Il feudo di Montiferro viene poi venduto nel 1421 a Raimondo Zatrillas, la cui famiglia lo possiede fino al 1670, anno in cui viene acquistato da Francesco Brunengo. Nel 1736, sedici anni dopo l’annessione della Sardegna al Piemonte, i paesi di Scano e Cuglieri vengono donati da Carlo Emanuele di Savoia al sardo Bernardino Genovese, duca di San Pietro. Nel 1812 il paese passa di nuovo a un ramo della famiglia Zatrillas, quello dei Marchesi di Villaclara, e nel 1814 viene ereditato da Pietro Vivaldi, duca di San Giovanni. Questi nel 1830 lo vende a Carlo Quesada Arborio, marchese di San Sebastiano. Nel 1821 diviene capoluogo della vasta Provincia di Cuglieri e vi rimane fino al 1859, e nel 1839, con la soppressione del sistema feudale, il paese viene riscattato ultimi feudatari, gli Amat di San Filippo, divenendo un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio Comunale. Dal 1927 al 1970 è sede del Pontifico Seminario regionale sardo. Il comune di Cuglieri nel 1927 viene trasferito dalla Provincia di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, alla neonata Provincia di Nuoro, dalla quale nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene trasferito nella Provincia di Oristano. La ribellione di AmpsicoraDopo la battaglia di Canne, aspettandosi la sconfitta romana, in Sardegna si sviluppa la ribellione dei Sardi, guidati da due ricchi esponenti dell’aristocrazia terriera sardo: il punica, Ampsicora di Cornus e Annone di Tharros. Di Ampsicora, Tito livio dice Qui tum auctoritate atque opibus longe primus erat, ossia che era il primo di gran lunga per prestigio e per ricchezze. Sapendo che Annibale sta sconfiggendo in diverse battaglie i Romani, nel 215 avanti Cristo Ampsicora ed Annone mettono in campo un esercito sardo abbastanza consistente e chiedono aiuto a Cartagine, che invia in Sardegna il generale Asdrubale soprannominato Il Calvo, con 10.000 uomini. Secondo i piani di Ampsicora, la flotta cartaginese dovrebbe sbarcare a Capo Mannu per unirsi alle sue truppe, ma per evitare lo scontro con la flotta romana presente a Karalis il comandante cartaginese preferisce costeggiare il nord Africa, viene però colto da una tempesta che lo fa dirottare sulla Baleari. Ritarda quindi l’arrivo delle truppe Cartaginesi. Il governatore della Sardegna, il pretore Quinto Muzio Scevola si è ammalato; viene inviato, quindi, nell’isola Tito Manlio Torquato che era stato console nel 235 e nel 224 avanti Cristo i Romani marciano con 23.000 uomini su Cornus, mentre Ampsicora si trova all’interno dell’Isola, in Barbagia, a chiedere rinforzi alle tribù dei Balari e degli Iliensi, i cosiddetti sardi Pelliti, che però indugiano troppo prima di unirsi al suo gruppo. Ha lasciato il comando al figlio Josto ma Tito Manlio Torquato si trova in una situazione di vantaggio numerico, e, sfruttando l’irruente inesperienza del giovane Josto, lo attacca rapidamente. Josto viene sconfitto ed ucciso nella battaglia di Cornus del 215 avanti Cristo, nella quale 3.000 sardi muoiono e 1.300 vengono fatti prigionieri. Secondo la tradizione, sarebbe stato, forse, ucciso dal poeta romano Quinto Ennio. Pur essendo a capo di quattro legioni, comunque, Manlio non si fida di proseguire verso l’interno e rientra a Karalis, verso la quale marciano anche i Cartaginesi, finalmente arrivati e unitisi alle truppe di Ampsicora. Lo scontro finale avviene nella piana di Sanluri, in quella che viene ricordata come la battaglia di Sanluri dove, dopo una lunghissima ed acerrima battaglia, i Romani ottengono la vittoria su Ampsicora e Annone e sul generale cartaginese Magone Barca il terzo dei figli di Amilcare Barca, uccidendo 22.000 tra sardi e Cartaginesi, e catturandone 3.700. Ampsicora, affranto per la morte del figlio e per non cadere nelle mani nemiche, si uccide. Lo fa durante la notte perché nessuno possa impedirgli di compiere l’estremo gesto. Le sue truppe superstiti si ritirano dentro la città di Cornus, dove oppongono una strenua resistenza alle truppe romane, che terminerà, però, con la completa distruzione della città stessa, e con la fuga della sua popolazione verso le zone all’interno dell’Isola. Le principali feste e sagre che si svolgono a CuglieriA Cuglieri è attivo il Gruppo Folk Gurulis Nova di Cuglieri, che si esibisce nelle feste che si svolgono nel comune ed anche in altre località dell’Isola, e nelle cui esibizioni si può ammirare il costume tradizionale di Cuglieri. Tra le numerose feste e sagre che si svolgono a Cuglieri vanno citate, il 17 gennaio la Festa di Sant’Antonio Abate, preceduta la sera della vigilia dall’accensione del falò in onore del Santo in piazza Santa Croce, ma altri falò vengono accesi anche in altre zone del paese; il 19 gennaio la Festa di San Sebastiano, preceduta la sera della vigilia dall’accensione del falò in onore del Santo in piazza Cappuccini; il Carnevale, con sfilate di carri e maschere tra le quali le maschere di Cuglieri sono Sos Cotzulados che prendono il nome dalle conchiglie con le quali queste maschere si ricoprono il corpo, sopra a pelli di capre e altri animali, con Il viso tinto di ocra gialla e sulla fronte un solo corno in posizione centrale sul cui significato originale non si hanno notizie precise, ma si pensa possa rappresentare la cornucopia cioè il corno dell’abbondanza; a fine marzo o ad aprile i riti della Settimana Santa, ai quali fanno seguito la Pentecoste, la solennità della Santissima Trinità, e la processione di Corpus Domini; il 28 e 29 aprile la Festa di Sant’Antioco; il 29 e 30 aprile la Festa in onore di Sant’Imbenia nella sua chiesa campestre; l’1 maggio la Festa di San Giuseppe lavoratore, presso la chiesa della borgata rurale Sessa; la seconda domenica di maggio la Festa in onore di Santa Caterina di Alessandria, nella frazione Santa Caterina di Pittinuri; il 13 giugno la Festa di Sant’Antonio da Padova; il 24 giugno la Festa di San Giovanni Battista; la rassegna di canti sacri tradizionali a luglio e, per tutto il periodo estivo, il mercatino in località S’Archittu; il 15 luglio la Festa di San Quirico; il 16 luglio la Festa della Madonna del Carmelo; il 7 agosto la Festa patronale di Santa Maria della Neve; il 10 agosto la Sagra campestre di San Lorenzo; solitamente la seconda domenica di agosto la Sagra delle Panadas, che consistono in un impasto di farina, acqua, strutto e sale, farcito con un ripieno di due tipi di carne cotte in padella e sfumate con vino cui vengono aggiunti carciofi, fave, piselli, olive, pomodori secchi, aglio, prezzemolo, zafferano e noce moscata, formando un tortino salato; il 23 agosto la Festa di San Filippo Benizi; dal 6 all’8 settembre la Festa della Madonna delle Grazie presso la chiesa delle Grazie e Su Cuventu; il 14 settembre la Festa della Santa Croce; il 4 ottobre la Festa di San Francesco d’Assisi. I riti della Settimana Santa a CuglieriCon i Riti della Settimana Santa in occasione della Pasqua, organizzati dalle cinque Confraternite, il paese chiamato Cuglieri rievoca le vicende del processo e la crocifissione di Gesù. Dal primo venerdì dopo carnevale, le confraternite si alternano durante i venerdì di quaresima con la via Crucis per le vie del paese, il primo venerdì l’Arciconfraternita della Santa Croce, il secondo venerdì l’Arciconfraternita della Vergine delle Grazie Addolorata, turno che spettava alla Confraternita della Misericordia ora scomparsa, il terzo venerdì la Confraternita del Santo Rosario, il quarto venerdì la Confraternita della Madonna del Carmine, il quinto venerdì la Confraternita di San Giovanni Battista, il sesto venerdì detto della Madonna Addolorata vede la partecipazione alla Via Crucis della confraternita medesima con il simulacro della Vergine dei Sette Dolori. Il venerdì prima della domenica delle Palme l’Arciconfraternita del convento esce con l’Addolorata, e la domenica delle Palme si svolge una processione e una messa nella basilica, gestita dalla Confraternita del Santo Rosario. Il Giovedì Santo nella basilica si celebra la Messa in Coena Domini, e durante la messa si celebra il rito del lavabo e la benedizione dei pani dei poveri. Per il rito del lavabo fra le Confraternite vengono scelti dodici membri che, scalzatisi il piede destro, lo offrono al sacerdote che lo lava con un mazzetto di lavanda profumata intinta nell’acqua benedetta, lo asciuga con un panno di lino e, infine lo bacia. Segue la processione de Sas Chilcas, ovvero delle visite ai Sepolcri, il tutto a notte inoltrata. Il Venerdì Santo, nella chiesa del convento, si svolge la cerimonia di S’Incravamentu, ossia della deposizione dalla croce della statua di Cristo. Seguono le processioni ed il trasporto della lettiga in basilica, la predica de S’Iscravamentu, la processione dalla basilica al convento. Il Sabato Santo c’è la visita ai Sepolcri, la via Crucis delle Confraternite, la veglia Pasquale ed a mezzanotte la messa della resurrezione. La Domenica di Pasqua si svolge la processione con la statua del Cristo risorto e della Madonna dalla chiesa della Santa Croce alla basilica, seguita dalla messa della resurrezione e dalla processione dalla basilica alla chiesa della Santa Croce. Tutte le cerimonie, che si svolgono nelle varie Chiese, sono accompagnate da canti liturgici, ed il paese di Cuglieri si distingue per la tradizione corale dei canti sacri, che si rinnova in occasione della Settimana Santa con i canti dello Stabat Mater e Miserere intonati dai cori A Cuncordu. Visita del centro di CuglieriL’abitato, affacciato sul versante sud-occidentale del Montiferru che si apre al mare di Sardegna, con lo sguardo che spazia dal Sinis alla Nurra, mostra segni di una forte crescita edilizia. Arrivando a Cuglieri da nord con la SS292 Nord Occidentale Sarda si raggiunge una rotonda dove la strada statale prosegue verso destra per mezzo di una circonvallazione aperta al traffico nel 2009 evitando il transito all’interno del centro abitato, mentre a sinistra si prende il vecchio tracciato della SS292, ossia la strada che porta all’interno dell’abitato e, seguita per circa trecento metri, fa raggiungere il cartello segnaletico che indica l’ingresso in Cuglieri, passato il quale la strada assume il nome di corso Umberto I. La chiesa di San Quirico dedicata a Quirico e GiulittaDal cartello segnaletico che indica l’ingresso in Cuglieri, prendiamo il corso Umberto I ossia il vecchio tracciato della SS292, che attraversa l’abitato da est ad ovest per poi curvare a sinistra e dirigersi verso sud. Percorsi quattrocentocinquanta metri, si vede alla destra della strada uno slargo sul quale si affaccia la chiesa di San Quirico, ossia Santu Chirigu, dedicata ai martiri Quirico e Giulitta. Ogni anno a Cuglieri, il 15 luglio, si svolge la Festa di San Quirico, con cerimonie religiose nella basilica di Santa Maria della Neve. Giulitta è una vedova facoltosa che vive ad Iconio, città della licaonia oggi in Turchia. Convertita al cristianesimo e temendo durante le persecuzioni di Diocleziano, fugge con due ancelle e con il figlioletto Quirico di tre anni. Scoperta e catturata probabilmente nel 304, viene sottoposta a tortura affinchché accetti, secondo la prassi, di sacrificare agli dei. A presiedere il giudizio è il governatore Alessandro, che tiene sulle ginocchia il piccolo Quirico. Pur nei tormenti la donna rifiuta di rinnegare la sua fede, ed il bambino afferma Sono cristiano anch’io!. A queste parole il governatore scaglia il piccolo sui gradini del tribunale, facendogli battere la testa e uccidendolo sul colpo. La madre non si scompone, ma ringrazia il Signore perchché il figlio l’ha preceduta nella gloria dei Cieli. Il governatore Alessandro, pieno d’ira, la consegna allora al boia perchché sia decapitata. |
La chiesa di Sant’AntiocoProseguendo lungo il corso Umberto I per una trentina di metri dopo la chiesa di San Quirico, svoltiamo a destra e prendiamo la via Vescovo Cossu, dopo un’ottantina di metri svoltiamo a sinistra in via Vescovo Canu, dopo centosessanta metri svoltiamo a destra per rimanere su via Vescovo Canu, che dopo una quarantina di metri termina mentre parte a sinistra la via Crabiola. Proprio all’incrocio tra questa due strade si affaccia la chiesa Sant’Antioco, che sorge sul margine nord del rilievo basaltico su cui poggia gran parte del rione di Crabola, che secondo la tradizione costituisce la parte più antica del centro abitato. La posizione estremamente panoramica, aperta verso le vallate della Planargia e verso il mare, attribuisce valore aggiunto a questa chiesa la cui costruzione si ritiene risalga al seicento. Nella chiesa è presente una aula ad una sola navata, con copertura a doppio spiovente in muratura. alla navata è stata in seguito aggiunta una cappella, che sfonda parte della parete laterale destra e consente l’ampliamento degli spazi a disposizione dei fedeli. Il presbiterio, voltato e leggermente rialzato rispetto al piano della navata, è concluso da un’abside nel quale si trova l’altare settecentesco in stucchi, con quattro colonnine e pregevole fastigio, con vasi e ghirlande vegetali che nobilitano la nicchia, e con la statua del Santo. Ogni anno a Cuglieri, il 28 e 29 aprile, si svolge la Festa di Sant’Antioco, con cerimonie religiose e manifestazioni civili. Il Museo dell’olio ZampaPassata la deviazione a destra nella via Vescovo Cossu, subito più avanti, ad angolo con la successiva deviazione a destra nella via Pasquale Tola, al civico numero 68 del corso Umberto I, si vede l’edificio che ospita il Museo dell’olio Zampa Il Museo dell’olio di proprietà del dottor Giorgio Zampa sorge nell’edificio occupato fin dal 1937 da un frantoio appartenente alla sua famiglia. Una porzione del Museo è dedicata proprio alla conoscenza delle varie fasi relative alla trasformazione delle olive per la produzione dell’olio. Organizzato su due piani, grazie alla ricca raccolta di macchinari e oggetti vari, offre la possibilità di conoscere e ricostruire anche altri aspetti della tradizione e della civiltà contadina di un tempo, mostrando utensili da lavoro ormai sconosciuti alle nuove generazioni. E’ un’importante testimonianza di come la coltura dell’olivo distingua da secoli questo territorio. La chiesa della Beata Vergine del monte CarmeloPassato il Museo dell’olio, proseguiamo lungo il corso Umberto I per una cinquantina di metri, poi svoltiamo leggermente a destra in una stretta strada in discesa che è la via Vescovo Sanna. Dopo una ventina di metri svoltiamo a destra nella via del Carmine, lungo la quale, dopo una sessantina di metri, vediamo la chiesa della Beata Vergine del monte Carmelo. La chiesa presenta nella facciata una finestra e il campanile. Di questa chiesa si trova traccia in alcuni documenti del seicento, nei quali viene chiamata chiesa di Sant’Ubaldo, già chiesa della Santissima Trinità. Non si hanno molte notizie ma è noto come la sua facciata viene rinnovata nel 1740, come attestato da un’iscrizione presente nella chiesa. Con un breve Apostolico del 13 novembre 1702, papa Clemente XI ordina che la chiesa di Sant’Ubaldo, assuma il nome di chiesa della Beata Vergine del monte Carmelo e che, contemporaneamente, in essa venga istituita la Confraternita.della Madonna del Carmine. A Cuglieri la devozione per la Vergine del Carmelo è fortemente radicata e ogni anno durante la celebrazione delle funzioni, dal 15 al 23 luglio, è numerosa la presenza di fedeli. La Festa della Madonna del Monte Carmelo si svolge il 16 luglio, con la processione nella quale il simulacro della Vergine viene accompagnato dai membri della Confraternita. Durante tutta la novena ed il giorno della Festa viene eseguito il canto delle litanie Carmelitane, accompagnate con l’organo a canne presente nella chiesa, del tipo positivo napoletano collocato sulla tribuna, che risale al diciottesimo o diaciannovesimo secolo e che è stato restaurato e reso nuovamente funzionante nel 2000. Nella sacrestia si conservano gli antichi spartiti delle litanie, recentemente rinvenuti e filologicamente studiati. La chiesa della Beata Vergine delle Grazie e il convento dei Servi di MariaTorniamo a dove dal corso Umberto I avevamo preso leggermente a destra la via Vescovo Sanna, seguiamo questa strada per un centinaio di metri, poi svoltiamo a destra in via delle Grazie che, dopo una sessantina di metri, termina sulla piazza Amsicora. Proseguendo nella piazza, dopo una cinquantina di metri svoltiamo leggermente a sinistra ed arriviamo in piazza convento, attraversata la quale ci troviamo di fronte alla facciata della chiesa della Beata Vergine delle Grazie. Anche questa chiesa sorge nella zona più antica del paese di Cuglieri, ai margini del rione denominato Crabola, è costituita da un’unica navata, e presenta due cappelle per lato. Viene edificata a partire dal 1540, quando arrivano a Cuglieri i frati Servi di Maria, che è stato il primo Ordine religioso a Cuglieri, e la famiglia Zatrillas, nel periodo in cui possiede il feudo di Cuglieri, contribuisce alla fondazione della chiesa e dell’annesso convento dei Servi di Maria o Frati Serviti, detto Su Cunventu. Durante un recente restauro sono state rinvenute all’interno dell’edificio numerose sepolture, fra le quali non si può escludere vi sia quella di Lucia Zatrillas, morta in fama di Santità come conversa dell’Ordine Servita, che è stata la principale benefatrice della comunità ed aveva dato tutto il suo aiuto a un certo Frate Alessandro per la costruzione della chiesa e del convento. L’Arciconfraternita della Vergine delle Grazie Addolorata, detta anche Arciconfraternita della Madonna dei Sette Dolori, nata probabilmente quando nel 1540 i frati Serviti occupano il territorio su cui oggi sorge la chiesa e l’attiguo convento, ha il suo oratorio in un ambiente attiguo all’edificio, e cura assieme con le altre quattro confraternite presenti a Cuglieri durante la Settimana Santa i riti che preludono alla Pasqua, mantenendone immutati nel tempo i significati di fede e di tradizione. Il Venerdì Santo questa chiesa assume un particolare rilievo perché in essa si svolge la cerimonia de S’Iscravamentu, ossia della deposizione dalla croce della statua di Cristo, ed essa custodisce i simulacri dal Crocifisso e della Vergine Addolorata. Ogni anno a Cuglieri, presso la chiesa della Beata Vergine delle Grazie e il convento dei Servi di Maria, dal 6 all’8 o al 9 di settembre si svolge la Festa della Madonna delle Grazie, detta Sa Festa ’e Sa Grascia. È la seconda Festa piú importante di Cuglieri, anche se in molti affermano che sia la piú bella sia perché piú antica e sia perché la gente rimane tutta raccolta nel rione di convento. Il giorno della Festa é l’8 di settembre anche se la Festa dura quasi sempre tre giorni. I festeggiamenti religioso prevedono il 7 la celebrazione dei vespri, e l’8 le messe solenni e la processione per le strade del quartiene, mentre le manifestazioni civili si svolgono turri i giorni dei festeggiamenti, con l’albero della cuccagna n piazza Amsicora, i giochi per i bambini, il Palio degli asinelli, musica della tradizione sarda, birra, vino, Cantu a cuncòrdu, morra fino all’imbrunire. La chiesa della Santa CroceArrivando con la via delle Grazie in piazza Amsicora, prendiamo a sinistra la via Eleonora d’Arborea, e, in una cinquantina di metri, vediamo alla destra della strada la facciata della chiesa della Santa Croce, che è stata costruita nella parte più antica di Cuglieri, dove esisteva il primo insediamento abitativo, ma non si conosce esattamente a quale epoca risalga la sua fondazione. Anticamente questa chiesa era intitolata a Santa Silvana.e per tradizione si tramanda che sia stata la più antica parrocchiale del paese fino al 1668, quando fu sostituita dalla chiesa di Santa Maria della Neve. Ha cambiato titolatura nel sedicesimo secolo, quando l’Arciconfraternita della Santa Croce stabilisce la sua sede nell’edificio, ed ha subito un significativo restauro nel diciassettesimo secolo. L’attuale facciata viene costruita da maestranze cuglieritane negli anni cinquanta del secolo scorso, e presenta un grande rosone e due piccoli campanili uno dei quali dotato di campana. All’interno si presenta con una struttura a croce greca, coronata da una cupola al centro. Le pareti sono affrescate con disegni e scritte in latino. Si conservano due altari di stile barocco e in marmi policromi, ispirati all’altare maggiore della cattedrale di Santa Maria di Cagliari. Nella chiesa sono ospitati un grande crocifisso presente sull’altare maggiore, e statue novecentesche del Cristo Risorto e della Madonna che vengono portate in processione a Pasqua, di Sant’Antonio Abate proveniente da una vicina chiesa non più esistente, quella seicentesca di Santa Silvana in pietra dipinta, e la statua della Maddalena che viene portata in processione durante la Settimana Santa. La chiesa della Santa Croce è sede dell’Arciconfraternita della Santa Croce, che cura assieme con le altre quattro confraternite presenti a Cuglieri durante la Settimana Santa i riti che preludono alla Pasqua, mantenendone immutati nel tempo i significati di fede e di tradizione, ed ad essa è demandata l’organizzazione della cerimonia de S'Incontru il giorno di Pasqua. La fondazione dell’Arciconfraternita risale al Medioevo ed è nominata in un documento del 1550. La Confraternita nasce per interesse di un certo Antonio Cavaro, e nel 1558 avviene la sua affiliazione all’Arciconfraternita del Gonfalone di Roma, secondo un rituale diffuso presso le Confraternite di quasi tutte le devozioni. La sede inizialmente era nell’allora chiesa di Santa Silvana, che da quel momento cambiò il suo nome assumendo quello della confraternita. Presso questa chiesa ogni anno il 14 settembre si tiene la Festa della Santa Croce, con cerimonie religiose e manifestazioni civili. Il Municipio di CuglieriDa dove avevamo imboccato il corso Umberto I ed eravamo arrivati alla chiesa di San Quirico, proseguiamo lungo il corso per centocinquanta metri e svoltiamo a sinistra nella stratta via Carlo Alberto la quale dopo appena una ventina di metri svolta a destra divenendo parallela al corso, e, dopo un’altra sessantina di metri, arriviamo a vedere alla sinistra, ad angolo con il vico Cugia, al civico numero 33 della via Carlo Alberto, l’edificio che ospita il Municipio di Cuglieri, nel quale si trovano la sua sede e tutti i principali uffici in grado di fornire i loro servizi agli abitanti del paese. Uffici che sono quello del Segretario Comunale, l’Ufficio Servizio Tecnico-Manutentivo-Lavori Pubblici, l’Ufficio Protocollo, i Servizi Generali, il Servizio Elettorale, l’Ufficio Demografico e Stato Civile, l’Ufficio Paghe, la Previdenza, il Fisco, l’Ufficio Tributi, l’Ufficio Sociale, l’Ufficio Pubblica Istruzione e Servizi alla Persona, l’Servizio Urbanistica, il Servizio Ambiente, il Servizio S.U.A.P.E., la Polizia locale, e lo Sportello di Santa Caterina. La basilica di Santa Maria della NeveLungo il corso Umberto I, appena prima della chiesa di San Quirico, prendiamo a sinistra la via Cugia, la seguiamo per centosessanta metri e prendiamo a sinistra la via della basilica, dopo centotrenta metri svoltiamo a sinistra per rimanere sulla via della basilica, e, in una centinaio di metri raggiungiamo nella parte alta del paese il panoramico piazzale Santa Maria sul quale, al civico numero 52 della via della basilica, si affaccia la basilica capitolare ed insigne collegiata di Santa Maria della Neve, che nel 1668 ha assunto il ruolo di parrocchiale al posto della chiesa di Santa Silvana la quale oggi è la chiesa della Santa Croce. L’imponente chiesa parrocchiale di Santa Maria della Neve, eretta nel tardo seicento in seguito al crollo di preesistente chiesa duecentesca, domina il paese di Cuglieri dall’alto del colle Bardosu, attorno al quale si dispone uno dei nuclei storici del paese. L’edificio sacro, realizzato nel particolare stile sardo-barocco in pietra basaltica a vista, è caratterizzato dai due campanili che racchiudono la facciata e l’alta cupola. Il monumento è ornato da interessanti fregi e stucchi. Originariamente la struttura del tempio sacro era piccola e semplice, ma durante il corso dei secoli viene restaurata, ampliata e abbellita. Dopo il primo restauro del 1807, la chiesa diviene dapprima Capitolare, ossia dotata di sala capitolare in cui si riunisce una comunità monastica, e Insigne collegiata, ossia sede di un collegio con lo scopo di rendere più solenne il culto, ed in seguito nel 1919 Benedetto XV le concede, prima in Sardegna, l’appellativo di basilica Minore, denominazione onorifica che il papa concede a edifici religiosi particolarmente importanti attribuendovi il rango di basilica. L’aspetto odierno è dovuto soprattutto al restauro del 1912, quando fra l’altro vengono inseriti i due riquadri in marmo ai lati del portale d’ingresso, sono aggiunte le due coppie di finestre laterali, viene ingrandita la cupola aggiungendo l’arco con la statua della Madonna, e si costruisce la ringhiera che sovrasta la facciata. Anche l’interno viene completamente modificato e affrescato in stile barocco, rinnovando in particolare l’altare maggiore e quello nel quale si trova la magnifica statua della Vergine della Neve; vengono inoltre aggiunti il coro in castagno, l’organo, il candelabro da soffitto in oro e le imponenti statue di San Paolo Apostolo e San Giovanni Evangelista. La struttura attuale è caratterizzata da tre navate delle quali le due laterali ospitano cinque cappelle per lato, conserva all’interno anche un dipinto di Emilio Scherer del 1875 che segna l’inizio del lavoro di questo pittore in Sardegna, ed è caratterizzata dalla cupola abbellita dalle grandi finestre, realizzata dall’architetto Domenico Franco autore anche dell’altare marmoreo, e dalla raffigurazione della leggenda che ha dato origine alla chiesa, rappresentata anche in una delle due sculture in rilievo in marmo sulla facciata. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli al simulacro della Vergine posto nella nicchia dell’altare maggiore, statua scolpita in pietra e dipinta, che rappresenta la Vergine che regge il Bambino con la sinistra e nella mano destra tiene una rosa, al quale gli abitanti del luogo attribuiscono doti taumaturgiche. Secondo la leggenda, nel tredicesimo secolo alcuni pescatori trovano sulla spiaggia di Santa Caterina di Pittinuri una cassa, contente una statua in pietra della Madonna col Bambino e un fiore d’oro nella mano, che è stata solennemente incoronata per decreto vaticano nel 1893. Sistemata la Madonna su un carro trainato da un giogo di buoi, coloro che hanno rinvenuto il prezioso simulacro decidono di trasportarlo nella parrocchiale, ma i buoi, non ubbidendo al comando di fermarsi, proseguono il loro cammino fino sulla cima del colle Bardosu. Interpretando l’episodio come segno della volontà divina, gli abitanti vi edificano la chiesa di Santa Maria del Fiore, ma il nome del luogo di culto cambia in seguito al cosiddetto Prodigio della neve, quando due ladri, certi di fuggire senza lasciare tracce, si introducono nell’edificio in una notte d’agosto di fine seicento e fanno razzia di tutti gli arredi più preziosi, ma la Madonna scatena una nevicata che consente alla popolazione di ritrovare i ladri e la refurtiva. Nell’oratorio della basilica capitolare ed insigne collegiata di Santa Maria della Neve, al civico numero 52 della via della basilica, ha la sua sede l’Arciconfraternita del Santo Rosario, nata nel 1675 per volere dei padri Domenicani, ed i confratelli si sono in seguito occupati di erigere, all’interno della chiesa, la Cappella dedicata alla Madonna del Rosario. Presso questa basilica ogni anno il 7 agosto si svolge la Festa patronale di Santa Maria della Neve, preceduta dal 2 al 4 dal triduo in onore della Madonna, ed il 5 ed il 6 dalle celebrazioni religiose. Il 7, che è il giorno della festa, si svolge la processione con il simulacro della Madonna accompagnato dalle Confraternite, dal Gruppo Folk e dai cavalieri di Cuglieri, seguita dalle celebrazioni solenni e dalla benedizione eucaristica. Accanto a queste celebrazioni religiose si svolgono in quei giorni anche numerose manifestazioni civili. Il Cimitero ComunaleLungo il corso Umberto I, appena prima della chiesa di San Quirico, prendiamo a sinistra la via Cugia. Dalla via Cugia, seguita per centosessanta metri, avevamo preso a sinistra la via della basilica, dopo centotrenta metri avevamo svoltato a sinistra per rimanere sulla via della basilica, e, in una trentina di metri, svoltiamo a destra nella strada che, in una trentina di metri, arriva a un bivio dove prendamo a sinistra la via del Serbatoio. La via del Serbatoio in una sessantina di metri ci porta nella piazza del Cimitero, nella quale è presente in parcheggio e sulla quale si affaccia il Cimitero Comunale di Cuglieri. La chiesa di San Giovanni BattistaLungo il corso Umberto I, passata la chiesa di San Quirico, proseguiamo per quattrocento metri, poi svoltiamo a sinistra in via Vittorio Emanuele II e, dopo centoventi metri, vediamo alla destra della strada la chiesa di San Giovanni Battista, una delle Chiese più antiche di Cuglieri, che è officiata saltuariamente. La prima notizia certa risale agli inizi del quattordicesimo secolo, quando viene consacrato l’altare maggiore dedicato al Battista, probabilmente il 23 maggio 1311. Ridotta in condizioni di grave decadenza, viene ristrutturata nei primi anni dell’ottocento anche per intervento del feudatario don Alberto Genovés. Agli inizi degli anni trenta del novecento, la chiesa viene elevata in rettoria ed affidata, con le sue pertinenze, ai padri Gesuiti del Seminario regionale, con finalità pastorali. In quegli anni viene edificato il nuovo altare maggiore e gli antichi altari di Santa Filomena e San Cristoforo vengono dedicati rispettivamente alla Madonna di lourdes e al Sacro Cuore di Gesù. Ha pianta con un’unica navata e con quattro cappelle laterali, e risulta piuttosto severa sia all’interno che all’esterno. Nella Cappella della Vergine del Miracolo si venera una piccola ma pregevole tela attribuita al pittore Giovanni Marghinotti. Dal 1862 è sede della Confraternita di San Giovanni Battista, nata ad opera di laici sotto la tutela del clero locale, il cui abito è caratterizzato dal particolare cappello rosso a foggia di saturno. Sull’esistenza della Confraternita esiste un documento di notifica da parte della Santa Sede datato 1861, anche se le sue origini sono probabilmente precedenti. Soppressa intorno al 1930, in seguito all’arrivo dei Gesuiti nel Seminario Pontificio che a Cuglieri aveva sede, viene ricostituita nel 1992. Il culto del solstizio d’estate si ritrova riversato nella venerazione di San Giovanni Battista, uno fra i Santi più amati in Sardegna. Nella notte del 24 giugno, vigilia della Festa di San Giovanni Battista, partendo da questa chiesa si svolge il rito de S’Abba muda, ossia dell’acqua silente. Dopo una breve sosta nella chiesa, ai piedi della statua del Santo bambino coperto di pelle d’agnello, la processione lascia l’abitato camminando ai lati della strada, in modo da riservarne il centro ai defunti, e procede in assoluto silenzio senza mai voltarsi indietro. Si dirige alla fonte di Tiu Memmere per bere l’acqua che sana i mali del corpo e dell’anima. alla stessa maniera, in silenzio e senza mai girarsi, la processione fa quindi ritorno alla chiesa. Il culto nuragico dell’acqua salutare e devozione al Santo cristiano, che con l’acqua scacciava la colpa antica del peccato originale, si sono così amalgamati e fusi e si ripetono anno dopo anno. La chiesa di Sant’Antonio da Padova e Sant’Edoardo reLungo il corso Umberto I, passata la chiesa di San Quirico, proseguiamo per quattrocento metri, poi svoltiamo a sinistra in via Vittorio Emanuele II e, dopo centosessanta metri, svoltiamo a destra prendendo il viale regina Margherita, lungo il quale, dopo un’ottantina di metri, vediamo alla sinistra della strada la chiesa di Sant’Antonio da Padova e Sant’Edoardo re, che è la chiesa dei Cappuccini. La chiesa viene fondata dai frati minori cappuccini nel 1610, così come l’annesso convento dei Cappuccini che viene consacrato lo stesso anno. La chiesa è dedicata, secondo una consuetudine tipicamente francescana, anche alla Madonna degli Angeli. L’edificio è a navata unica, coperta da volta a carena di nave, sulla quale si aprono tre cappelle sul suo lato sinistro, la prima accoglie un bellissimo crocifisso ligneo seicentesco e, in occasione della Settimana Santa, vi viene allestito il Sepolcro, con addobbi vegetali, floreali e il consueto nennere, i semi di grano o di orzo fatti germogliare al buio, simbolo della resurrezione di Cristo. La Cappella centrale è dedicata a Sant’Antonio e sul pavimento si apre una botola che porta alla Cripta la quale, ai tempi in cui il convento era in funzione, ospitava la sepoltura dei frati. L’ultima cappella, dedicata a San Girolamo, conduce alla sacrestia, attraverso la quale si accede all’antico coro, con stalli ed altri arredi lignei. Sulle pareti della navata centrale sono presenti degli antichi dipinti uno dei quali ritrae Fra Paolo Perria da Cuglieri, che è vissuto in questo convento, raffigurato con la bisaccia tipica del frate questuante, colma dell’olio ricevuto in un frantoio, che porta a destinazione Senza che stilla alcuna andasse perduta. Questa chiesa, dopo che nel 1858 sono stati soppressi gli ordini religiosi, e che i loro beni sono stati incamerati dal demanio statale, non è mai stata modificata, è sempre rimasta com'era, cristallizzata nel momento in cui i frati furono costretti ad abbandonarla, per cui rappresenta un monumento storico e architettonico di interesse straordinario. A turno, durante la quaresima, le cinque confraternite del paese accompagnano la celebrazione della processione di Sas Rughes che è la Via Crucis. La suggestiva processione partendo dalla basilica della Madonna della Neve, dove ha sede la Confraternita del Santo Rosario, arriva alla chiesa di Sant’Antonio da Padova, che era un tempo la sede dell’Arciconfraternita della Misericordia. Tra le importanti occasioni di canto in ambito liturgico si annovera la tredicina in onore di Sant’Antonio da Padova, che ha inizio il primo giugno e termina il 13 giugno che è il giorno della Festa di Sant’Antonio da Padova. Nell’ex convento dei Cappuccini è ospitato l’Antiquarium ComunaleIl convento dei Cappuccini viene costruito per iniziativa dei feudatari locali e del Vescovo della diocesi di Bosa Gavino Manca de Cedrelles, che verrà successivamente nominato arcivescovo di Sassari. Viene consacrato nel 1610 ed, a metà del diciassettesimo secolo, comprende trentatré celle, oltre gli altri luoghi comuni per la vita dei frati che vi dimorano e che, agli inizi del diciottesimo secolo, sono diciotto. Cuglieri è sempre stato nel tempo crogiuolo di vocazioni e di insigni personalità religiose, datovi sono nati ben cinque futuri vescovi. Il convento è celebre per aver ospitato Sebastiano o Bastiano Perria, nato proprio a Cuglieri nel 1650. Il religioso entra nel 1672 come frate laico nel convento dei Cappuccini assumendo il nome di Paolo, e muore nel 1726 in concetto di Santità, ma i documenti raccolti per il processo di beatificazione, conservati in curia a Bosa sono stati dispersi durante un’esondazione del Temo. L’edificio del convento, che occupa una superficie di circa 1500 metri quadri, si sviluppa su due piani, il chiostro è dotato di cisterna centrale ed è delimitato, su due lati, da massicci pilastri che terminano con capitelli in pietra calcarea, sui quali s’impostano le volte a crociera dei portici. Affiancato al chiostro si trova l’antico refettorio, voltato a botte. Sul piano superiore vi sono vari ambienti, recentemente restaurati e adibiti a locali museali sede dell’Antiquarium Comunale. La collezione che vi verrà ospitata, in fase di catalogazione e di restauro, comprende reperti di età preistorica, preromana e romana provenienti dagli scavi di Cornus e capitelli provenienti dagli scavi del centro paleocristiano di Columbaris. Il Monumento ai Caduti di Cuglieri in tutte le guerreLungo il corso Umberto I, passata la chiesa di San Quirico, proseguiamo per quattrocento metri, poi svoltiamo a sinistra in via Vittorio Emanuele II e, dopo circa duecento metri, subito prima dell’incrocio di questa strada con la via Roma che arriva da sinistra, si vede uno slargo nel quale è ospitato il Monumento ai Caduti di Cuglieri in tutte le guerre, che si trova alla sinistra della via Vittorio Emanuele II ed alla destra della via Roma. Il monumento si affaccia sulla continuazione della via Vittorio Emanuele II, e lo si vede bene subito dopo aver superato l’incrocio essendo rivolto verso l’ex Seminario Pontificio regionale, che si trova un poco più avanti. Proseguendo per un centinaio di metri lungo la via Vittorio Emanuele II, vediamo infatti alla sinistra della strada l’edificio che ospitava il Pontificio Seminario regionale Sardo del Sacro Cuore, il cui ingresso si trovava al civico numero 61. Il Pontificio Seminario regionale Sardo intitolato al Sacro Cuore di GesùIl 5 agosto del 1927 a Cuglieri, in via Vittorio Emanuele II con ingresso al civico numero 61, viene inaugurato il Pontificio Seminario regionale Sardo intitolato al Sacro Cuore di Gesù, realizzato su progetto dell’ingegner Giuseppe Momo autore anche dei seminari di Assisi, di Fano e di Molfetta. La struttura, interamente realizzata in andesite e basalto, si ispira alle architetture romaniche medioevali, sviluppandosi su tre piani in quattro corpi disposti a quadrilatero,su un cortile centrale porticato. La torre campanaria si distingue dalla massa austera dell’edificio per il particolare coronamento, caratterizzato da cinque guglie, probabilmente desunte dai campanili della locale basilica della Madonna della Neve. L’imponente struttura si affaccia maestosa sulla piazza dedicata al papa Pio XI che ha accolto la riChiesta del clero sardo di istituire un Seminario regionale che provvedesse alla preparazione spirituale e culturale dei sacerdoti. L’attività del Seminario, affidata ai padri Gesuiti della Provincia Torinese, si protrae per 44 anni, fino al 1971 quando avviene la rinuncia da parte della Compagnia di Gesù, ed il trasferimento dell’istituzione a Cagliari. Dal 1928 al 1970 dal Seminario regionale sono usciti circa 1100 sacerdoti, dei quali una ventina divenuti vescovi. La Palestra ComunaleDi fronte all’ingresso del Seminario, dalla via Vittorio Emanuele II parte verso destra la via delle Rimembranze, lungo la quale alla destra della strada, prima del civico numero 2 e quindi con sede ancora sulla via Vittorio Emanuele, c'è l’ingresso dell’Istituto Comprensivo Comunale, che ospita le Scuole Elementari e secondarie. All’interno di questo complesso scolastico è presente la Palestra Comunale, nel quale è presente uno spazio da gioco che non è dotato di tribune per gli spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline la pallacanestro, la pallavolo, la lotta, il Judo, il Karate, oltre alle diverse Attività ginnico motorie. Gli impianti sportiviTorniamo a dove dal corso Umberto I avevamo preso a destra la via Vittorio Emanuele II che ci aveva portati alla chiesa di San Giovanni Battista ed a quella di Sant’Antonio da Padova e Sant’Edoardo re con il convento dei Cappuccini. Passato l’incrocio con la via Vittorio Emanuele II, proseguiamo invece lungo il corso Umberto I che si dirige verso sud, poi compie una curva a destra e prosegue dirigendosi verso nord. Dopo settecento metri, dove il corso Umberto I che si dirigeva verso nord compie una curva a sinistra e prosegue verso sud, arriviamo a vedere sulla sinistra della strada, al centro della curva, il Parco di via dell’Orzo. Proprio in questo punto, alla destra della curva parte la via littorio, la seguiamo e vediamo alla sinistra della strada i diversi cancelli di ingresso degli impianti sportivi di via littorio. Il primo cancello di accesso si trova dopo poco più di duecento metri, e da esso si accede a un Campo da Tennis, con fondo in materiali cementizi o asfaltoidi, non dotato di tribune; ed un Campo polivalente, con fondo in erba artificiale, dotato di tribune per una sessantina di spettatori, nel quale praticare come discipline il Calcio, il calcetto ossia calcio a cinque, la pallacanestro, e la pallavolo. Il secondo cancello di accesso si trova un centinaio di metri più avanti, e da esso si accede al Campo Bastiano Perria, che è il Campo da Calcio Comunale, con fondo in erba naturale, dotato di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori. I dintorni di CuglieriPer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Cuglieri, sono stati portati alla luce i resti di numerosi siti archeologici, ossia i delle Tombe di giganti Appara, Bada ’e Cheddas, lenaghe, Longu, Monti laccana, Murafaina, Oratanda ’e Mesu, Sas Presones, Spinalba, su livrandu, su lizzu, Teuladu, Zorgia ’e Cogu, Zorgia ’e Cogu II; dei Nuraghi semplici Alores, Ameddosu, Attana, Badu Campana, Campu Maggiore, Campu Olia, Capu Nieddu, Crastachesu, Diagheddu, Ergulis, Foghe, Fuardu, Manigos, Mesu, Monte Miderri, Monte Santu, Muracassia, Muradissa, Murafaina, Murgu Melis, Nurattolu, Nurecchi, Oragiana II, Orassale, Oratiddo, Ozastru, Padru Maggiore, Pane ’e Perra, Pranu de Olias, Puligheddu, recuaddis, S’Attentu, Sa Mura ’e Sa Pibara, Sa Serra ’e S’Agu, Salighes I, Salighes II, Sas Presones, Sisiddu, Spinalba, su laccheddu, su livrandu, Tanca ’e su Anzu, Tappaggiu, Teuladu, Tiriola, Turre Ezza, Uglieras, Zorgia ’e Cogu, Zorgia ’e Cogu II; dei Nuraghi complessi Appara, Longu, Maggiore, Monti laccana, Monti laccana II, Oragiana, Oratanda, Rosario, Silbanis; dei Nuraghi Coduleddu, Cornus, Coroneddu, lodosu, Matu Canis, Missuri, Ozzastros Crispos, Pedru ’e Monte, Pirastu Fattu, Sa Pattarza, Sarios, Tonchiu, Truttuvuris, Turundu, Uraccheris di tipologia indefinita. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. La chiesa campestre di Sant’ImbeniaUscendo verso nord dall’abitato di Cuglieri con il corso Umberto I che è il vecchio traccciato della SS282, ragggiungiamo la rotonda passata la quale proseguiamo lungo la nuova SS292 Nord Occidentale Sarda in direzione di Sennariolo. Seguita per due chilometri e trecento metri la SS292 Nord Occidentale Sarda, arrivati in regione Su Tonodiu, si vede alla sinistra della strada un cancello, passato il quale un sentiero porta su uno spuntone vulcanico alla sommità del quale si trova la chiesa campestre di Sant’Imbenia. La chiesa ora intitolata a Sant’Imbenia, era in passato dedicata a San Lussorio. Il nome cambia quando, nel 1628, in questa chiesa campestre vengono trovate le reliquie e la lapide di Imbenia, pia vergine Sarda che ha subito il martirio per la fede in Cristo sotto l’Impero di Diocleziano. I ritrovamenti sacri vengono analizzati dal Vescovo, e da allora hanno inizio i festeggiamenti che ancora oggi si fanno per Sant’Imbenia. Nei secoli successivi le reliquie vengono perse, ma la Festa non subisce mai interruzioni, e vengono poi ritrovate da Monsignor Angotzi nel novecento che le fa portare nella basilica di Santa Maria della Neve a Cuglieri, ove si conservano ancora. Ed a Sant’Imbenia è stata dedicata anche una Cappella nella basilica, ed esiste uno specifico priorato che si occupa di gestire la sua Festa del 29 e 30 aprile in tutti i suoi aspetti, compreso il rinfresco con prodotti tipici, dolci e vini, che viene offerto ai fedeli dopo le funzioni religiose. Ogni anno i primi festeggiamenti si tengono il 3 gannaio, data del suo martirio, mentre il 30 aprile, in memoria della traslazione delle reliquie, Cuglieri celebra la Festa in onore di Sant’Imbenia nella sua chiesa campestre con una processione che il 29 aprile, giorno della vigilia, parte dalla basilica di Santa Maria della Neve nel paese e arriva fino alla sua chiesa campestre. Il simulacro viene accompagnato in processione dalla Confraternita della Madonna del Carmelo, dalle prioresse e dalla cittadinanza, e quando si arriva viene offerto dal priorato un rinfresco nel quale vengono offerte delizie locali a tutti i partecipanti. La popolazione si avvia poi verso la piccola chiesa per seguire la messa, al termine della celebrazione si può sostare, o fare delle passeggiate per tutto il perimetro del terreno che circonda la piccola chiesa. La Festa prosegue anche il 30 aprile, quando la statua viene riportata in processione alla basilica di Santa Maria della Neve, ed arrivati si partecipa alla Benedizione Eucaristica e si canta l’inno in onore della Vergine. Il Monte Ferru con il Castello EtzuDal centro di Cuglieri prendiamo il corso Vittorio Emanuele II che esce dall’abitato il direzione sud est ed assume il nome di SP19 e che porta verso Santu Lussurgiu. Arrivati nella località detta la Madonnina, da dove si gode un bel panorama, si vede il Monte Ferru, un massiccio di origine vulcanica, formato quindi da rocce basaltiche e trachitiche, da cui svettano alcune cime che raggiungono e a volte superano i mille metri. Il massiccio è coperto quasi interamente da fitti boschi di lecci, che arrivano sino ai novecento metri d’altitudine. Percorsi due chilometri e seicento metri dall’ingresso del Pontificio Seminario regionale Sardo, all’altezza del cartello che indica il chilometro 15 della SP19, vediamo alla destra della strada l’inizio di un sentiero che in circa cinquecento metri porta alla sommità di una collina basaltica, sulla quale si trova il Casteddu Etzu o Castello di Montiferru. Viene fatto edificare nel 1160 da Ittocorre de Gunale, fratello di Barisone II giudice di Torres, allo scopo di difendere i confini meridionali del Giudicato, prima di tentare senza successo l’invasione del Giudicato d’Arborea, appare per la prima volta attestato documentalmente nel 1196, in corpo al trattato tra i consoli di Pisa e il giudice Costantino. Fra il 1263 e il 1267 figura tra le proprietà di cui si è impadronito il giudice di Arborea Mariano II. Nel 1388, negli accordi fra il re d’Aragona Giovanni I ed Eleonora d’Arborea, il suo castellano Barisone Barichi, è fra i rappresentanti della curatoria di Montiferru, che partecipa con tutte le sue ville alla sottoscrizione del trattato di pace. Il Castello rimane nelle mani dei giudici di Arborea fino al 1410, quando passa sotto il diretto controllo della corona d’Aragona. La fama del Castello è legata alle vicende della famiglia Zatrillas, specialmente di donna Francesca, moglie di Agostino di Castelvì, Marchesa di Laconi, che nel 1668 vi trova rifugio, per sfuggire alla giustizia, essendo sospettata di aver provocato l’uccisione del marito e di aver preso parte al complotto per l’assassinio del vicerè Camarassa. Avuta notizia dell’arrivo di un gruppo di cavalieri con a capo un commissario che deve perseguirla, di notte fugge nella montagna, rifugiandosi nella chiesa campestre di San Lorenzo. Poi avventurosamente giunge alla Cala di Foghe, da dove si imbarca alla volta di Livorno. Il feudo viene quindi recuperato dalla Corona, ma il Castello, dal 1670, viene abbandonato. Attualmente del Castello rimangono importanti tratti della muratura perimetrale e della torre, includenti al loro interno le cisterne che rifornivano d’acqua le guarnigioni militari che presidiavano la fortificazione. L’olivastro millenario di CuglieriDal centro di Cuglieri prendiamo verso sud il corso Umberto I e lo seguiamo fino al parco di via dell’Orzo, qui proseguiamo lungo questa strada per circa un chilometro e duecento metri e, uscita dall’abitato, fiancheggiata la Zona artigianale di Cuglieri, si arriva ad una rotonda dove arriva a destra e quindi da nord, e prosegue a sinistra ossia verso sud, la SS292 Nord Occidentale Sarda. Usciamo dalla rotonda e prendiamo verso nord la SS292 Nord Occidentale Sarda, la seguiamo per ottocento metri e, seguendo le indicazioni per l’albero millenario, svoltiamo a sinistra nella Strada Comunale Tanca Manna, dopo ottocento metri troviamo una deviazione in una strada sterrata sulla destra, la prendiamo e dopo trecentocinquanta metri vediamo sulla sinistra l’Olivastro millenario di Cuglieri. Chiamato Il Patriarca, l’olivastro millenario è alto venti metri con una circonferenza di dieci. L’albero, che si ra aggiudicato il premio della critica nazionale Amici degli alberi 2014 ed era meta continua di visitatori, ammirati dalla sua maestosità, è stato bruciato dai vasti incendi che hanno interessato il territorio di Cuglieri tra il 23 e il 26 luglio 2021. Non sarà più l’albero maestoso di poco tempo prima, ma le sue radici potrebbero essere vive e germogliare di nuovo. A Cuglieri la popolazione si è mobilitata per salvare l’olivastro millenario che è diventato il simbolo della devastazione prodotta dall’incendio che ha colpito il Marghine, la Planargia e il Montiferru in Sardegna, bruciando 20mila ettari di terreno. Un gruppo di botanici dell’università di Cagliari si è mobilitato quasi subito per capire se c'era speranza di salvare l’albero millenario e oggi sono fiduciosi che qualcosa si può fare. I resti del Nuraghe semplice ErgulisDal corso Umberto I, arrivati alla rotonda, prendiamo verso sud la SS292 Nord Occidentale Sarda che poi si dirige verso ovest, la seguiamo per due chilometri e mezzo, poi all’altezza del chilometro 93.3 raggiungiamo una deviazione sulla destra. Seguita per tre chilometri e mezzo, questa deviazione si immettesu una strada bianca, la prendiamo verso destra e la seguiamo per due chilometri e duecento metri, fino a trovare un cancello sulla destra passato il quale si raggiunge una fattoria. alla distanza di qualche centinaio di metri verso ovest si trovano i resti del Nuraghe Ergulis, il più grande dei Nuraghi in territorio di Cuglieri. Si tratta di un Nuraghe semplice, monotorre, edificato in basalto a 103 metri di altezza, che si presenta integro sia nella muratura che nella volta. Presenta due nicchie opposte subito oltre l’architrave d’ingresso che è rivolto a sud est, e due all’interno della sala, mentre si nota la mancanza di quella posta fronte all’ingresso. L’architrave è dotato di finestrella di scarico, mentre nei dintorni del Nuraghe rimangono tracce di un insediamento abitativo. La chiesa campestre di San Lorenzo MartireDal corso Umberto I, arrivati alla rotonda, prendiamo verso sud la SS292 Nord Occidentale Sarda che poi si dirige verso ovest, la seguiamo per quasi quattro chilometri, poi all’altezza del chilometro 94.8 raggiungiamo una deviazione sulla sinistra. Seguita per tre chilometri e settecento metri questa deviazione, arrivati in località San Lorenzo, si trova sulla destra un cancello in legno, passato il quale si imbocca un sentiero che porta alla chiesa campestre di San Lorenzo Martire, chiamato in lingua Santu larentu. L’origine di questa chiesa campestre è molto antica, e nel 1668 vi ha trovato rifugio donna Francesca Zatrillas, moglie di Agostino di Castelvì, Marchesa di Laconi, sospettata di aver provocato l’uccisione del marito e di aver preso parte al complotto per l’assassinio del vicerè Camarassa, per sfuggire all’arrivo di un gruppo di cavalieri con a capo un commissario che deve perseguirla. Qualche anno fa la chiesa è stata distrutta ed in seguito riedificata per iniziativa e col lavoro volontario di un gruppo di giovani cuglieritani. Presso questa chiesa ogni anno il 10 agosto, giorno nel quale si ricorda la sua morte, si svolge la Sagra campestre di San Lorenzo. La sera della vigilia il simulacro del Santo viene portato in processione con il caratteristico corteo di auto dalla basilica di Santa Maria della Neve nel paese, fino alla chiesa campestre a lui dedicata, immersa in un boschetto ombroso, dove per due giorni si svolgono i festeggiamenti religiosi e diverse manifestazioni civili. Tra queste significativi sono la vigilia l’osservazione della caduta delle stelle nella notte di San Lorenzo, ed il giorno 10, dopo le celebrazioni religiose, anche il pranzo offerto dal comitato di San Lorenzo. La sera del giorno della Festa si svolge la processione in senso inverso, con il Santo e col caratteritico corteo di auto, dalla chiesa campestre alla basilica di Santa Maria della Neve. I resti della Tomba di giganti OragianaDal corso Umberto I, arrivati alla rotonda, prendiamo verso sud la SS292 Nord Occidentale Sarda che poi si dirige verso ovest, la seguiamo per sei chilometri e seicento metri poi, appena passato l’agriturismo S’Ispiga, raggiungiamo una deviazione sulla destra. Seguita per due chilometri e seicento metri, la strada si immette in una traversale, svoltiamo a destra e dopo ottocento metri svoltiamo a sinistra, dopo poco più di un chilometro prendiamo a destra un sentiero che, dopo un cancello, porta in quasi cinquecento metri nel punto dove, sulla destra, si trovano i resti della Tomba di giganti Oragiana. Del monumento, oggi praticamente distrutto, sono individuabili solo alcuni conci sagomati, dai quali si può stabilire che la tipologia della tomba fosse a filari in opera isodoma. Alcuni dei conci, forse quelli relativi all’esedra, sono inglobati nella muratura di una capanna di epoca recente, ed altri sparsi nelle vicinanze e nascosti dalla vegetazione. In particolare è presente una stele a dentelli di notevoli dimensioni. Presso i resti della Tomba di giganti fino alla metà del secolo scorso erano collocati cinque betili Disposti a semicerchio quasi a voler chiudere un’area d’altra parte limitata dall’esedra come ha scritto l’archeologo Pietro Pes, poi nel 1956, per la loro salvaguardia, ne sono stati trasportati quattro presso la chiesa di Santa Caterina di Pittinuri, mentre il quinto, frantumato e parzialmente riutilizzato, è rimasto sul posto. I resti del Nuraghe complesso LonguDal corso Umberto I, arrivati alla rotonda, prendiamo verso sud la SS292 Nord Occidentale Sarda che poi si dirige verso ovest, la seguiamo per sei chilometri e seicento metri poi, appena passato l’agriturismo S’Ispiga, raggiungiamo una deviazione sulla destra. Seguita per due chilometri e seicento metri, la strada si immette in una traversale, svoltiamo a destra e dopo ottocento metri svoltiamo a sinistra, dopo poco più di un chilometro evitiamo il sentiero a destra che porta ai resti della Tomba di giganti Oragiana e proseguiamo per poco più di un altro chilometro, poi passato l’agriturismo Pedramanna troviamo sulla destra un cancello, passato il quale un sentiero porta a una cascina. Proseguendo verso nord per circa ottocento metri, questo sentiero porta a vedere, alla sinistra, a ottocento metri di distanza, i resti del Nuraghe Longu. Si tratta di un Nuraghe trilobato costruito in basalto a 71 metri di altezza, ubicato su un piano roccioso, delimitato dai corsi d’acqua Pulighedda e Salighes. Il Nuraghe si compone di un mastio centrale più antico, del diametro esterno di dodici metri, con ingresso a sud, dotato di architrave con finestrino di scarico, corridoio con garitta a destra e scala a sinistra. Nel mastio è presente la camera circolare nella quale si trovano tre nicchie, e che dovrebbe conservare la tholos intatta. Il mastio è circondato da un bastione a profilo curvilineo che collega le tre torri marginali. Le due torrette frontali, di sud est e di sud ovest, sono in comunicazione con il cortile ellittico racchiuso dalle mura su cui si apre l’ingresso al mastio. Il Nuraghe Longu è completamente avvolto da una fittissima vegetazione che ne impedisce la visita. La borgata rurale Sessa con la chiesa di San Giuseppe lavoratoreDal corso Umberto I, arrivati alla rotonda, prendiamo verso sud la SS292 Nord Occidentale Sarda che poi si dirige verso ovest, la seguiamo per nove chilometri e quattrocento metri, poi all’altezza del chilometro 100.5 raggiungiamo una deviazione sulla sinistra. La seguiamo e, dopo poco più di cinquecento metri, arriviamo all’interno di quella che era la Borgata rurale Sessa, la cui origine è lagata a quando, nel 1946, con il secondo governo De Gasperi nel quale Antonio Segni è ministro dell’agricoltura, viene emanato un complesso di leggi per realizzare il progetto di riforma agraria. La riforma viene attuata in Sardegna grazie a uno stralcio dal disegno generale e, nel maggio del 51, nasce l’Etfas, Ente per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna, e tra i centri di colonizzazione ne nasce uno nel territorio di Cuglieri, del quale gli addetti vengono ospitati in un apposito borgo costruito di proposito, e che assume il nome di villaggio Sessa. Il villaggio oggi quasi del tutto abbandonato ospitava al suo interno le abitazioni per le persone che vi lavoravano, la Scuola dismessa che attualmente d’estate ospita i Vigili del Fuoco, un ippodromo costruito nel 2004 ed ormai in stato di abbandono e la chiesa di San Giuseppe lavoratore che è la chiesa della borgata rurale Sessa. Presso questa chiesa l’1 maggio si svolge la Festa di San Giuseppe lavoratore. I resti del Nuraghe semplice OratiddoTra la chiesa e la scuola, leggermente più a nord, si trovano i resti del Nuraghe Oratiddo, un Nuraghe semplice monotorre costruito in basalto a 103 metri di altezza. Nessun cartello indica la sua presenza, ma è visibile dalla strada che conduce alal borgata rurale. L’ingresso del Nuraghe si trova nel lato sud e per entrare è necessario rannicchiarsi. Superato il portale, l’ambiente si fa più ampio, sopra l’architrave è presente la finestra di scarico. Subito dopo inizia un breve corridoio con il soffitto ogivale, che diventa più alto verso l’interno della camera. Nella camera, osservando i crolli interni ed esterni, appare probabile la presenza di un vano scala sul lato sinistro dell’ingresso. Nel lato opposto all’ingresso, sia a destra che a sinistra si intravvedono, in basso, due nicchie che marginano la camera interna. Appare evidente che la torre ha subito dei crolli all’interno, tanto da far apparire il pavimento molto più rialzato rispetto all’originale. L’acropoli della città di Cornus sulla collina di CorchinasDal corso Umberto I, arrivati alla rotonda, prendiamo verso sud la SS292 Nord Occidentale Sarda che poi si dirige verso ovest, dopo dodici chilometri e quattrocento metri arriviamo nel centro della frazione Santa Caterina di Pittinuri, la superiamo e proseguiamo per un chilometro e settecento metri, svoltiamo a sinistra e dopo circa novecento metri arriviamo alla base della collina di Corcinas, sulla quale è stata edificata l’Acropoli della città di Cornus, nome che deriva dal termine latino Cornus, che viene interpretato come la traduzione del precedente nome sardiano o nuragico, il quale potrebbe essere stato SanaphaR. La città è stata edificata probabilmente dai Fenici alla fine del sesto secolo avanti Cristo, e del periodo fenicio sono state rinvenute sepolture ad incinerazione. Diviene successivamente un importante presidio militare e scalo commerciale cartaginese, e durante questo periodo diviene ricca e prosperosa. L’acropoli della città punica sorgesu un preesistente insediamento nuragico attorno al quale si sviluppano i quartieri residenziali e artigianali. Del periodo punico restano solo la cinta muraria, e varie aree funerarie con tombe a camera puniche scavate nella roccia. Si ritiene che il porto dell’antica città di Cornus fosse localizzato nella Cala di S’Archittu, che si trova poco lontano. Il sito si trova in stato di completo abbandono, ingombro di cespugli ed erbacce che ne ostacolano la fruizione e la comprensione. Sull’acropoli si trovano i resti della basilica di Corchinas, costruita impiegando blocchi squadrati di differente larghezza, assemblati con malta, ed analoga tecnica edilizia si ritrova nella basilica del centro religioso di Columbaris, il che costituisce con ogni probabilità un importante indizio di contemporaneità. Sulla collina è presente anche una cisterna in blocchi calcarei, databile al periodo della dominazione romana nel secondo secolo dopo Cristo, e vi si trova, inoltre, un edificio termale datato alla fine del quarto secolo dopo Cristo. La cittadella fortificata era unita attraverso un istmo di terra delimitato sui lati da ripide scarpate all’altipiano di Campu'e Korra, il campo dei corni, il piccolo altopiano ove ebbe luogo lo scontro fra Sardi e Romani nei pressi della città di Cornus. All’inizio del Medio Evo, poi, Cornus subisce pesantemente le conseguenze delle invasioni dei Saraceni provienti dal nord Africa, e viene abbandonata come avviene anche per altre città costiere dell’isola. Gli ultimi reperti infatti sul colle di Corchinas risalgono all’età bizantina, quando gli abitanti devono ritirarsi verso Cuglieri. I resti dell’area archeologica di Cornus con il centro religioso di ColumbarisArrivati nel centro della frazione Santa Caterina di Pittinuri, la superiamo e proseguiamo per un chilometro e quattrocento metri, svoltiamo a sinistra e dopo circa un chilometro arrivimo a un bivio, dove prendiamo a destra la strada bianca seguendo le indicazioni per il tempio paleocristiano di Cornus. La strada bianca ci porta in contrada lenaghe e, dopo cinquecento metri, si trova alla destra il sentiero che porta direttamente all’interno dell’Area archeologica di Cornus, edificata sulla collina di Columbaris, dove sorgono i ruderi paleocristiani, testimoni dell’ultima fase della sua esistenza. Dopo la svolta del 313, quando Costantino ha promulgato la Libertà di culto, il cristianesimo diviene la religione ufficiale dell’impero, e Cornus potrebbe essere diventata sede vescovile, infatti nel Concilio di Cartagine del 484 è presente il Vescovo cornuense Bonifacio, indicato come originario di Senafer. Accanto al nucleo abitativo e artigianale si costruiscono tre edifici basilicali. Nella seconda metà del quarto secolo viene costruita la basilica arcaica, con abside, dove venivano seppelliti, all’interno di sarcofagi in pietra, i fedeli più in vista della comunità, dei quali alcuni si trovano ancora nel sito. Davanti a questo edifico, un piccolo ambiente funzionava da battistero e, di lato, gli scavi hanno portato alla luce tombe terragne con copertura di tegole dette alla cappuccina, in parte ancora visibili, anche sepolture dentro anfore, e il rinvenimento di Mensae per il rito funebre del refrigerium, una sorta di banchetto in onore dei defunti, usanza che sopravvive ancora in tanti territori della Sardegna, dove in memoria dei morti si offre caffè, biscotti e pane fatti in casa. Poco più tardi vengono costruite anche le altre due basiliche, comunicanti, ossia della basilica episcopale e della basilica Minore, che hanno pianta simile ma inversa. Nelle vicinanze è stata riportata alla luce un’area cimiteriale cristiana, che comincia ad essere utilizzata nella prima metà del quarto secolo. La costiera di CuglieriIl territorio Comunale va degradando dalle cime più alte del Montiferru fino alle coste calcaree e a quelle sabbiose delle frazioni di Santa Caterina di Pittinuri, di S’Archittu, e dal borgo turistico di Torre del Pozzo. Il promontorio di capo Nieddu con la sua torre e le cascate a mareLungo la costa, a sud rispetto alla Torre di Foghe, che si trova ancora in territorio di TresNuraghes, in territorio di Cuglieri si arriva al promontorio chiamato Capo Nieddu. Al di sopra di questo promontorio si trova la Torre di capo Nieddu, una delle torri costiere costruite dagli spagnoli, posizionata a circa 68 metri di altezza sul mare, nelle vicinanze dei Nuraghi Orassale e Longu. Edificata in epoca spagnola, probabilmente nel 1578, è costituita da rocce vulcaniche. La torre, che si trova allo stato di rudere, è raggiungibile via terra con un percorso molto lungo e difficoltoso, da dove eravamo arrivati per vedere il Nuraghe Longu che si trova alla destra del sentiero percorso fino a lì, procedendo invece verso sinistra per circa un chilometro, fino ad arrivare sulla falesia in vista del mare, sopra la quale si trova la torre. Non lontano dalla torre, lungo la costa circa un chilomero più a sud, si trovano le Cascate di capo Nieddu che si buttano da varie altezze direttamente in mare creando uno spettacolo unico ed affascinante, e sono le Uniche cascate a mare di tutta la Sardegna. Le si raggiungono visitando il Wine Country resort capo NiedduPrima di arrivare dove ci eravamo fermati per vedere verso est il Nuraghe Longu, nato nel 2006, una azienda agricola che produce vini vermentino e cannonau Silbanis e Orasale, olio extra vergine di oliva e miele. Si tratta di una azienda multifunzionale con agriturismo, centro ippico e centro benessere, tutto in una tenuta di undici ettari che si affaccia sulla costa occidentale della Sardegna. E dal resort parte un sentiero che porta verso ovest fino sulla costa, dove trova appunto la cascata. La frazione turistica denominata Santa Caterina di PittinuriDal corso Umberto I, arrivati alla rotonda, prendiamo verso sud la SS292 Nord Occidentale Sarda che poi si dirige verso ovest, dopo dodici chilometri e quattrocento metri arriviamo nel centro della frazione Santa Caterina di Pittinuri (altezza metri 21, distanza in linea d’aria circa 11.33 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 383), un centro turistico sviluppatosi dopo la seconda guerra mondiale nei dintorni dell’omonima chiesa, nelle vicinanze della Torre di Pittinuri, una delle torri costiere costruite dagli spagnoli. All’inizio era formata solo da casette molto rudimentali, quasi sicuramente seconde case che servivano come appoggio per pastori, poi queste sono state abbattute per far posto alle prime vere abitazioni, sorte negli anni cinquanta e sessanta del novecento senza un piano urbanistico. La borgata, pur non essendo molto grande, è divisa in due parti dal rio Santa Caterina che l’attraversa perpendicolarmente alla costa e sfocia al centro della baia. A sud si trovano le prime abitazioni costruite attorno alla chiesa, a nord invece si trovano soprattutto abitazioni di recente costruzione. Il centro turistico è popolato principalmente d’estate, infatti diviene il luogo di villeggiatura estiva per gli abitanti e per numerosi turisti. La chiesa parrocchiale di Santa Caterina d’AlessandriaNell’abitato di Santa Caterina di Pittinurisi trova la chiesa parrocchiale di Santa Caterina d’Alessandria, che è stata un tempo aggregata a un priorato di monaci gerosolimitani, evento che potrebbe averne determinato un modesto abbellimento architettonico d’ispirazione gotica, non più esistente. All’esterno l’edificio presenta una facciata del diciottesimo secolo con coronamento a capanna e campaniletto a vela in asse col portale. L’interno è modulato dall’apertura di due altari laterali a metà circa del corpo di fabbrica. Benchché non restino tracce evidenti dell’epoca medievale, l’eliminazione degli intonaci ha riportato alla luce la tessitura muraria, valorizzando anche le semplici volte a botte. Sono di rilievo alcune tele conservate nella sagrestia e la settecentesca statua della Santa titolare, conservata in una nicchia al centro del presbiterio. Nell’area antistante la chiesa sono stati posizionati quattro betili ad incavi oculari, provenienti dalla Tomba di giganti di Oraggiana. Presso i resti della Tomba di giganti fino alla metà del secolo scorso erano collocati cinque betili Disposti a semicerchio quasi a voler chiudere un’area d’altra parte limitata dall’esedra come ha scritto l’archeologo Pietro Pes, poi nel 1956, per la loro salvaguardia, ne sono stati trasportati quattro presso la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, mentre il quinto, frantumato e parzialmente riutilizzato, è rimasto sul posto. Presso questa chiesa ogni anno, la seconda domenica di maggio, si celebra la Festa di Santa Caterina d’Alessandria, subito al termine di un pellegrinaggio a piedi che parte dalla basilica di Santa Maria della Neve a Cuglieri. La Torre di PittinuriLa Torre di Pittinuri si trova sul promontorio della frazione turistica di Santa Caterina di Pittinuri, a 28 metri sul mare, ed è stata edificata in epoca spagnola. Non si conosce la data esatta di costruzione della Torre di Pittinuri, ma appare citata già nell’opera di don Michele de Moncada del 1578, e dallo sperone in cui si trova, poteva rimanere in contatto visivo con le torri di su Puttu, Capo Mannu, capo Nieddu e Scab'e Sai. La struttura, di forma troncoconica con quattro feritoie strombate all’interno, è realizzata con pietrame di arenaria calcarea e blocchi di lave vulcaniche. È dotata di volta a cupola, ed ha una piccola cisterna sotto la pavimentazione, ed è inoltre presente una scala a chiocciola interna alla muratura, per il passaggio al terrazzo, mentre nella sala si trova un cucinino caminetto. La spiaggia di Santa CaterinaCirca al centro della frazione turistica di Santa Caterina di Pittinuri, la SS292 Nord Occidentale Sarda sfiora a poche decine di metri la spiaggia di Santa Caterina, situata in un’ampia baia con il litorale in gran parte roccioso, protetta, su entrambi i lati da scoscese scogliere di candida roccia calcarea. A nord si trova il promontorio sul quale sorge la Torre di Pittinuri, mentre a sud è chiusa da un costone di roccia calcarea a picco sul mare, chiamato in lingua sarda Sa Rocca de Cagaràgas. Sotto la Torre di Pittinuri si sviluppa la spiaggia di Santa Caterina con un arenile di medie dimensioni caratterizzato dalla presenza, sul lato a nord, di sabbia dal colore dorato e ambra, e, su quello a sud, da ciottoli policromi, di colore soprattutto grigio scuro. L’arenile si affaccia su un mare cristallino, di un colore cangiante tra il verde smeraldo, l’azzurro e le sfumature di turchese, e con un fondale misto sabbioso e ciottoloso, a seconda dei punti della spiaggia. Molto bello il contrasto tra il beige chiaro, quasi bianco, delle due scogliere, ed i colori del mare. Mediamente affollata in alta stagione, nelle sua vicinanze sono presenti bar, ristoranti, pizzerie, alberghi e market. |
La frazione turistica denominata S’ArchittuPassata la frazione Santa Caterina di Pittinuri, percorriamo circa due chilometri e mezzo verso sud lungo la SS292 Nord Occidentale Sarda, ed arriviamo alla frazione S’Archittu (altezza metri 14, distanza in linea d’aria circa 12.78 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 105), un centro turistico noto perché sul litorale, all’estremo nord dell’abitato, si vede lo spettacolare arco naturale, uno dei più grandi della Sardegna, chiamato in lingua sarda appunto S’Archittu, scavato nella roccia ad opera dell’azione erosiva del mare, in una penisoletta rocciosa che si richiude a formare una riparata Cala dalle acque trasparenti. Su di esso si può passare a piedi camminando su un tappeto di fossili marini. Dall’arco sono soliti tuffarsi i giovani e i meno giovani, e nel 2001 la parte posteriore dell’arco di roccia è stata Teatro del Campionato mondiale di tuffi dalle grandi altezze. L’arco, definito Monumento Naturale nazionale con la denominazione di Monumento naturale S’Archittu di Santa Caterina, è alto una quindicina di metri, ed offre spettacoli entusiasmanti, specialmente al tramonto, quando il sole va ad incastonarsi proprio sotto di esso. Nei mesi estivi, dopo il tramonto, l’arco viene illuminato artificialmente, costituendo un’attrazione turistica. Nella Cala di S’Archittu si ritiene fosse localizzato il porto dell’antica città di Cornus, la cui area archeologica sorge poco lontano. La spiaggia di S’ArchittuSul litorale del borgo turistico, si affaccia la spiaggia di S’Archittu costituita da due spiagge separate. È una delle più belle spiagge di tutta la costa occidentale della Sardegna, molto suggestiva. La prima spiaggia è situata in prossimità del centro abitato di S’Archittu, e ad essa si accede dal lungomare chiamato via degli Oleandri, che corre parallelo alla SS292 Nord Occidentale Sarda, che all’interno del centro abitato assume il nome di corso Amsicora. La spiaggia prende il nome di spiaggia di S’Archittu, è situata in prossimità del centro abitato, è più lunga, con un arenile stretto, caratterizzato da sabbia fine e ambrata, che si affaccia su un mare con le acque molto trasparetni, dai colori che vanno dal verde all’azzurro, e con il fondale basso e sabbioso. Ben riparata dai venti, è piuttosto frequentata in alta stagione, e sono presenti, nel centro abitato che sorge alla sua spalle, diversi ristoranti, punti ristoro, market, edicole, tabacchi. |
All’altra spiaggia, che si trova nella Cala che chiude a nord la costiera, si arriva con un sentiero posto in sicurezza, che parte dalla parte settentrionale del centro abitato, al termine verso nord della via degli Oleandri. La spiaggia prende il nome di spiaggia della Cala di S’Archittu, è di dimensioni più modeste, con un arenile caratterizzato da sabbia chiara, quasi bianco grigia, molto fine, con ciottoli, e si affaccia su acque cristalline, dal colore tra il verde smeraldo e l’azzurro, abbastanza profondo. È presente, proprio davanti all’arenile, il Famoso arco naturale. Anch’essa è piuttosto frequentata in alta stagione, e sono presenti, nel centro abitato che sorge poco distante, diversi ristoranti, punti ristoro, market, edicole, tabacchi. |
La chiesa di Torre del PozzoLa SS292 Nord Occidentale Sarda entra all’interno dell’abitato di S’Archittu assumendo il nome di corso Amsicora, lo percorre e poi svolta a sinistra, nel punto dove arriva da destra la via degli Oleandri,. Da qui prosegue costeggiando le ultime case dell’abitato, che si trovano alla sua destra, mentre a sinistra è presente una zona a verde. Dopo l’ultima casa della frazione S’Archittu, parte a destra la via dell’Alisso, la seguiamo per duecentocinquanta metri, fino a che la strada termina e si vede alla destra, su un’altura, la chiesa di Torre del Pozzo, che così si chiama anche se si trova ancora in località S’Archittu. Si tratta di un edificio molto recente, che è la Cappella della borgata di S’Archittu. Il borgo turistico di Torre del PozzoPassata la frazione S’Archittu, percorriamo circa ottocento metri verso sud lungo la SS292 Nord Occidentale Sarda, ed arriviamo alla frazione Torre del Pozzo (altezza metri 14, distanza in linea d’aria circa 13.19 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 38), un borgo turistico dal quale lo sguardo spazia verso sud fino a vedere il Capo Mannu. La borgata prende il nome dalla Torre su Puttu, costruita in periodo spagnolo, e si caratterizza per un’architettura singolare e poco omogenea, fatta di case indipendenti di discrete dimensioni, ed è tuttora in funzione il primo edificio in legno della borgata, il ristorante La Capanna, che ha mantenuto il caratteristico esterno ligneo. La Torre de su PuttuIl borgo prende il nome dalla Torre de su Puttu costruita in periodo spagnolo, forse nel 1591, a difesa della costa dalle incursioni dei pirati saraceni. Si trova a diciannove metri sul mare, è realizzata con materiale in arenaria calcarea ed elementi in rocce vulcaniche, e della struttura originaria riamane una porzione della volta a cupola. La Torre deriva il suo nome dal pozzo presente sul promontorio, che si è venuto a creare per l’azione del mare che si è fatto largo nella roccia, fino a riuscire a creare alcune gallerie sottomarine e pozzi verticali, due di dimensioni rilevanti, che collegano la base con la sommità del promontorio stesso. Proprio per la presenza di questi tunnel, il promontorio è chiamato anche Sa balena, ossia la balena, dato che quando il mare è in tempesta le onde si infrangano nella grotte sottomarine fino a risalire lungo i pozzi per poi sfogare la loro energia verso l’alto, creando un effetto simile ad uno sfiatatoio di una balena. Il corridoio aperto nella roccia raggiunge infine il mare aperto, ed è percorribile dai sub. La spiaggia della BalenaArrivati a Torre del Pozzo, prendiamo la prima traversa sulla destra, che ci porta alla spiaggia della Balena, che si trova a nord dell’abitatoesi affaccia verso S’Archittu. La spiaggia della Balena di Torre del Pozzo è di dimensioni davvero modeste, con un arenile che presenta un fondo di sabbia chiara, tendente al grigio, mediamente grossa, che si affaccia su un mare di colore verde smeraldo con sfumature d’azzurro, con acque basse e cristalline. Presenta un fondale a prevalenza roccioso, con scogli piatti sui quali è possibile prendere il sole, e dove approdano imbarcazioni di diverso genere, catamarani e gommoni. Il fondale basso e digradante e le caratteristiche del suo arenile la rendono particolarmente adatta alla balneazione e al gioco dei bambini. Non sono presenti posidonie, ed è mediamente frequentata nei mesi estivi. Non sono presenti servizi direttamente sulla spiaggia, ma nelle sue vicinanze sono presenti un campeggio, edicola e bar tabacchi. |
La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio da Cuglieri ci recheremo a Santu Lussurgiu che visiteremo con il suo centro ed i dintorni nei quali si trova la località termale di San Leonardo de Siete Fuentes. |