Gonnoscodina con le Chiese di San Sebastiano e di San Daniele e con il ponte romano sul rio MannuIn questa tappa del nostro viaggio, da Simala ci recheremo a Gonnoscodina che visiteremo con il suo centro dove si trovano le Chiese di San Sebastiano e di San Daniele, ed i suoi dintorni con il ponte romano sul rio Mannu ed i resti del Nuraghe di Cuccuru Bingias. La regione storica della MarmillaNella Sardegna centro meridionale, a cavallo del confine che separa la Provincia di Oristano da quella del Sud Sardegna, c’è una zona chiamata Marmilla della quale qui visiteremo la parte settentrionale. I comuni che fanno parte della Marmilla settentrionale, in Provincia di Oristano, sono: Albagiara, Ales, Assolo, Asuni, Baressa, Baradili, Curcuris, Gonnoscodina, Gonnosnò, Gonnostramatza, Masullas, Mogorella, Mogoro, Morgongiori, Nureci, Pau, Pompu, Ruinas, Senis, Simala, Sini, Siris, Usellus, Villa Sant’Antonio, Villa Verde. I comuni della Marmilla meridionale, in Provincia del Sud Sardegna, sono: Barumini, Collinas, Furtei, Genuri, Gesturi, las Plassas, lunamatrona, Pauli Arbarei, Sardara, Segariu, Setzu, Siddi, Tuili, Turri, Ussaramanna, Villamar, Villanovaforru, Villanovafranca. Nella Marmilla meridionale spicca incontrastato il colle di las Plassas, famoso per la sua forma mammellare, che a quanto pare avrebbe dato il nome al territorio circostante. Questo colle aveva in antichità al suo apice un capezzolo gigante attraverso il quale Madre Natura dava nutrimento a tutti i Sardi. Il paesaggio è prevalentemente collinare e comprende la Giara di Gesturi, la Giara di Siddi, la Giara di Serri, l’altopiano di Genoni ed il bacino del rio Mannu d’Isili. Le attività principali della zona sono l’agricoltura ed il turismo. In viaggio verso GonnoscodinaEravamo arrivati a Simala da Curcuris prendendo verso sud la SP46, e da Simala proseguiamo verso sud seguendo sempre la SP46 che, in poco più di un paio di chilometri, ci porta all’interno dell’abitato di Gonnoscodina. Dal Municipio di Simala a quello di Gonnoscodina si percorrono 2.3 chilometri. Il comune chiamato GonnoscodinaIl comune di Gonnoscodina (altezza metri 112 sul livello del mare, abitanti 435 al 31 dicembre 2021) è un piccolo centro che si trova nella storica regione della Marmilla. Il paese è adagiato su un pendio collinare, che è situato tra la Giara di Gesturi, la Giara di Siddi, ed il parco Naturale del Monte Arci. La fertilità del terreno e la presenza di numerosi corsi d’acqua, come il rio Mogoro, hanno contribuito alla formazione di piccole comunità nel territorio Comunale di Gonnoscodina. Dal paese ci può spostare facilmente per andare a visitare luoghi dove la natura ha creato uno spettacolo incredibile. Da qui infatti ci si può spostare a visitare la Giara di Gesturi, coi suoi famosi cavallini selvaggi, oppure la Giara di Siddi, dove la roccia basaltica ha creato nel tempo singolari fessurazioni verticali dai caldi colori rossastri, o ancora le pendici del Monte Arci coi suoi angoli incontaminati e i suoi giacimenti di ossidiana. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, che vanno da un minimo di 93 a un massimo di 344 metri sul livello del mare, ed è particolarmente ricco di alture e rilievi, si presenta molto fertile e adatto all’agricoltura, attività cui si affianca nell’economia paesana la lavorazione artigianale del legno e della ceramica. Origine del nomeIl nome è sardiano o protosardo, composto di due vocaboli, ossia Gonnos il cui significato era probabilmente altura, poggio, collina, prominenza, e Codína che significava pietra, roccia piatta e lunga, macigno. Andrebbe, quindi, interpretato come Altura di rocce piatte e lunghe, ed è proprio questa la situazione del paese che risulta costruito su una collina caratterizzata da numerosi e lunghi strati di una pietra giallastra e piuttosto tenera. La sua economiaIl perno dell’economia locale è l’agricoltura, che rappresenta una fonte di sostentamento importante per la popolazione, e le coltivazioni più diffuse sono quelle di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, frutteti, agrumi e olivo. Si pratica anche l’allevamento, in particolare di bovini, suini, ovini, equini e avicoli. Data l’esiguità numerica della popolazione, non vi è stato praticamente alcuno sviluppo industriale, fatta eccezione per una piccola impresa edile. Il terziario non assume dimensioni rilevanti. Gonnoscodina non costituisce meta di significativo richiamo turistico, pur offrendo a quanti vi si rechino la possibilità di godere delle bellezze dell’ambiente naturale, di gustare i semplici ma genuini prodotti locali ed effettuare interessanti escursioni nei dintorni. L’apparato ricettivo offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciFin dall’antichità il territorio di Gonnoscodina è abitato, come testimoniano alcuni monumenti e siti di età nuragica. Viene in seguito frequentato dai Romani, alla cui epoca risale una piccola necropoli e un deposito con monete rinvenuti nelle campagne circostanti. Le testimonianze più antiche risalgono al periodo romano: notevole il ponte sul rio Mannu, ricostruito poi nel settecento, con blocchi di pietra mista, calcare marnoso locale e basalto di spoglio proveniente da strutture più antiche e tre luci ad arco a tutto sesto. Durante il Medioevo sorge il villaggio vero e proprio, appartenente alla curatoria di Parte Montis nel Giudicato di Arborea. Per la storia di questo paese, si parte da quando Francesco Carroz, proveniente dalla Valenza con i figli, aveva fornito a Giacomo II il Giusto denari e cavalli armati per partecipare alla conquista catalano aragonese dell’Isola. Nel 1313 Francesco ottiene il titolo di ammiraglio, nel 1323 arma venti galee per conquistare la Sardegna per conto dell’infante Alfonso d’Aragona, e nel 1330 ottiene la giurisdizione di diversi feudi tra i quali quello di Quirra. Il figlio di Francesco, Berengario I, per un breve periodo occupa la Mamilla con le sue truppe e vorrebbe annetterlo al suo feudo di Quirra, ma il re Martino I d’Aragona, poco prima della morte, ne aveva incluso buona parte nel feudo concesso a Garcia lupo de Ferrero. Comunque anche dopo la morte del re e la successiva morte di Garcia lupo de Ferrero senza eredi, Berengario I continua ad occupare la Marmilla. Berengario I sposa in seconde nozze Gerardona de Ribelles, dalla quale nasce il figlio Berengario II. Il feudo di Quirra viene convertito nel 1363 in contea, e il sovrano Pietro IV il Cerimonioso nomina Berengario II conte di Quirra. Berengario II lascia un’unica figlia legittima, Violante I, che trasferisce i diritti sui feudi al figlio Berengario III, il quale si sposa con Eleonora Manrique de lara, parente del re di Castiglia, che porta in dote altri feudi. Nel 1412, il nuovo re Ferdinando I d’Aragona costringe Berengario III a rendere i territori della Marmilla occupati, che vengono amministrati direttamente della Corona d’Aragona, e dal 1421 entrano a far parte del feudo concesso a Raimondo Guglielmo Moncada, al quale viene però confiscato dopo pochi decenni. A seguito di alterne vicende, la Marmilla viene acquistata all’asta da Pietro de Besalù, uno dei generi di Nicolò Carroz, conte di Quirra e viceré di Sardegna, appartenente al ramo dei Carroz di Arborea. Pietro de Besalù però, non disponendo dell’intera somma riChiesta, la chiede in prestito al cagliaritano Simone Rubei, ed inizia a ripagarlo grazie alle rendite feudali. Nel 1459 però le rendite gli vengono sequestrate dal fisco in quanto moroso, e Pietro de Besalù si trova impossibilitato a rendere il prestito a Simone Rubei. Quest'ultimo nel 1464 minaccia di mettere all’asta i feudi per recuperare il suo credito, ma Pietro de Besalù viene salvato dall’intervento del suocero Nicolò Carroz, che, interessato ai territori confinanti con il suo feudo di Quirra, salda il debito con Simone Rubei. alla morte nel 1469, Berengario III lascia un’unica figlia legittima minorenne, Violante II, che viene posta sotto la tutela di Nicolò, il quale la fa sposare con suo figlio Dalmazio Carroz, e Violante porta in dote il titolo comitale e tutti i territori infeudati. alla morte di Nicolò Carroz, Pietro de Besalù si trova nuovamente nei guai, dato che Dalmazio, il nuovo conte di Quirra, approfittando dello stato di tensione conseguente alla ribellione di Leonardo de Alagon, nel 1474 occupa militarmente tutta la Marmilla e gli ingiunge di saldare le somme dovute. Impossibilitato a pagare, nel 1477 Pietro de Besalù giunge ad un compromesso con Dalmazio Carroz, e la gran parte del territorio della Marmilla entra a far parte del grande feudo di Quirra. Violante II, nel frattempo rimasta vedova, raggiunge la maggiore età ed avanza le sue pretese per tornare in possesso dei suoi feudi. Nel 1504, con successiva conferma nel 1506, la conte di Quirra viene elevata al rango di stato, con la concessione dell’Allòdio, che permette il trasferimento dei diritti sui feudi ai discendenti, anche per via femminile, senza la preventiva autorizzazione regia. Nel 1604 i feudi di Quirra sono elevati da contea a Marchesato, che sarà successivamente aggregato al Nules, un piccolo Marchesato nel regno di Valenza. Nel 1511, alla morte di Violante II, il feudo passa a suo nipote Guglielmo Raimondo Centelles. Nel lungo periodo in cui il paese viene amministrato dai Centelles le condizioni di vita non sono delle migliori. I nuovi feudatari fanno amministrare la Marmilla da un regidor e, pur non esasperando il carico fiscale, limitano notevolmente l’autonomia della comunità, modificando il sistema di individuazione del Majore che cessa di essere elettivo. L’ultimo dei Centelles muore nel 1676, quando il Marchesato viene concesso a Francesco Pasquale Borgia, ed i Borgia lo conservano per circa cinquant’anni, poi perdono il controllo del feudo in seguito ad a lunga lite con i Català, i quali, dopo numerose vicissitudini, entrano in possesso del feudo nel 1726, quando ormai il Regno di Sardegna è sotto la dinastia sabauda. Subito dopo i Català nel 1798 il territorio passa agli Osorio de la Cueva, famiglia di origine castigliana, ai quali il Marchesato viene riscattato nel 1839, con la soppressione del sistema feudale, per cui diviene un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio Comunale. Il comune di Gonnoscodina nel 1927 viene aggregato al comune di Gonnostramatza di cui diventa una frazione, ma dal quale nel 1946 viene nuovamente separato. Del comune di Gonnoscodina nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella di Oristano. Le principali feste e sagre che si svolgono a GonnoscodinaA Gonnoscodina sono attivi il Gruppo Folk della Pro Loco, ed il Gruppo Folk Po baddai in pari, nelle cui esibizioni sia nel paese che in altre località dell’Isola è possibile ammirare il costume tradizionale del paese. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Gonnoscodina vanno citate, il 20 gennaio la Sagra di San Sebastiano, che è tra gli appuntamenti festivi importanti, con caratteristici falò che vengono accesi la notte della vigilia; la Festa di San Sebastiano è seguita il giorno 21 dalla Festa in onore di Sant’Agnese; la Festa di San Daniele, conosciuta fin dall’antichità e particolarmente sentita nel paese, che si svolge tre volte l’anno, il 9 maggio, il 13 ottobre e il 13 novembre, durante la quale centinaia di pellegrini vi affluivano con cavalli e con traccas, ossia i carri addobbati con fiori, aranci, limoni e tessuti colorati; ed il 24 agosto, la Festa di San Bartolomeo Martire organizzata da un comitato spontaneo e che si svolge nella suggestiva cornice del parco che circonda i ruderi della piccola chiesa a lui dedicata. Oltre a queste festività religiose, a Gonnoscodina si svolgono anche manifestazioni civili, tra le quali le principali sono a febbraio, il Carnevale, con balli e sfilate in piazza; in occasione della Festa di San Daniele del 9 maggio, la Sagra de Sa fregua, ossia della fregola che, prima dell’arrivo delle paste prodotte industrialmente, la faceva da padrone nelle tavole nostrane, povere o ricche che fossero; ed in occasione della Festa di San Daniele del 13 ottobre, si tiene Sa Binnenna ossia la Festa della vendemmia, con la raccolta dell’uva, la sua pigiatura con i piedi, ed a fine giornata balli sardi. Visita del centro di GonnoscondinaL’abitato, caratterizzato da antiche palazzine e numerosi portali, è interessato da una forte crescita edilizia, ed il suo andamento altimetrico è quello tipico delle località collinari. Arriviamo a Gonnoscodina con la SP46 lungo la quale, poco prima di raggiungere l’abitato, arriviamo a una rotonda, dove prendiamo la seconda uscita che porta alla prosecuzione della SP46 e, percorsi altri duecento metri, ci fa raggiungere in cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato. I ruderi dell’antica chiesa di San BartolomeoDal cartello che indica l’ingresso nell’abitato, la strada provinciale che percorre da nord a sud il paese assume il nome di via Roma. Seguiamo la via Roma per duecento metri, poi svoltiamo a sinistra nella via San Sebastiano e, dopo poco più di un centinaio di metri, si vedono alla destra della strada i ruderi dell’antica chiesa di San Bartolomeo, ossia di Santu Batumeu, che è stata la chiesa parrocchiale del paese dei tempi più antichi fino al seicento. È un legame tanto profondo, quello tra San Bartolomeo ed i gonnoscodinesi, che aveva portato questi ultimi a dedicargli una chiesa che è andata distrutta e della quale oggi non restano altro che due archi costruiti su pietre lavorate. Gli archi della chiesa di San Bartolomeo sono diventati in seguito il Logo del paese, nonchché della sua Pro Loco. Intorno a questa chiesa era presente il suo antico Cimitero, che è stato attivo fino al 1931 quando è stato sostituito dal nuovo Cimitero Comunale realizzato all’esterno del paese. Il 24 agosto si celebra la ricorrenza di San Bartolomeo, e quindi ogni anno a Gonnoscodina l’ultimo fine settimana di agosto si svolge la Festa di San Bartolomeo Martire, che viene organizzata da un comitato spontaneo. La festa, che si svolge nella suggestiva cornice del parco che circonda i ruderi della piccola chiesa a lui dedicata, è particolarmente sentita e fino a pochi decenni fa costituiva uno dei momenti più importanti della vita comunitaria, quando questa era ancora legata all’economia agro pastorale. La mattina della giornata di domenica dalla chiesa parrocchiale parte la processione che, accompagnata da un nutrito drappello di cavalieri, attraversa le strade del paese, seguita dalla messa solenne con panegirico. Oltre a queste cerimonie religiose, in occasione di questa Festa si svolgono numerose manifestazioni civili, e la conclusione è prevista nel segno della più schietta tradizione, con la serata dedicata ai balli sardi. Il Municipio di GonnoscodinaPassati i ruderi della chiesa di San Bartolomeo, dalla via San Sebastiano prendiamo la prima strada a sinistra che è la via Municipio. Dopo una settantina di metri, dalla via Municipio svoltiamo a destra, rimanendo sulla via Municipio, e percorsa una trentina di metri vediamo alla sinistra della strada, al civico numero 12, l’edificio che ospita il Municipio di Gonnoscodina, nel quale si trova la sua sede e si trovano gli uffici in grado di fornire i loro servizi agli abitanti del paese. Si tratta degli uffici del Segretario Comunale; dell’Area Amministrativa, dalla quale dipendono l’Anagrafe e Stato Civile, ed il Protocollo; dell’Area Finanziaria, dalla quale dipendono i Tributi ed Economato, il Sociale, ed il Personale; ed anche dell’Area Tecnica. La chiesa di San DanieleArrivati nel paese, avevamo presola via Roma, dalla quale avevamo poi deviato a sinistra nella via San Sebastiano. Evitiamo la deviazione e proseguiamo lungo la via Roma e, dopo centosettanta metri, svoltiamo a destra nella via Morgongiori. Nell’ultimo tratto della via Roma e nel primo tratto della via Morgongiori, si vede alla destra della strada l’ampio e bellissimo parco ammantato da macchia mediterranea, con all’interno i giochi per i bambini, il cui portale di ingresso si trova proprio sull’angolo tra queste due strade. Proseguendo lungo la via Morgongiori, dopo centotrenta metri si vede alla destra la scalinata che porta sull’altura dove è stata edificata la chiesa di San Daniele. La chiesa ha occupato l’area nella quale si trovava un precedente edificio religioso con la medesima intitolazione, molto più piccolo e molto più basso di quelle che è stato edificato più tardi, che era stato fondato nel 1646 dai membri della Confraternita della Buona Morte. L’architetto Raffaele Cappai ha iniziato la ricostruzione del monumento nel 1825, per concluderla nel 1841. Il fronte principale conserva modelli e forme dell’ultima fase rococò. Il terminale a doppia inflessione, ripreso nella cornice della porta, il campaniletto a vela con doppie volute, l’incedere del padiglione voltato sono elementi frequenti tra le architetture religiose del Campidano. L’impostazione planimetrica della chiesa richiama il modello della vicina parrocchiale, ha infatti un impianto a croce greca molto raro nell’Isola. Ha una profonda abside rettangolare, e l’incrocio tra la navata ed il transetto è sormontato da un padiglione ottagono su tamburo, sopra il quale si sviluppa una grande cupola che ricorda quella del Pantheon di Roma. Ospita al suo interno un magnifico altare in marmo pario Ai lati dell’abside, si aprono due sacrestie gemelle. Sulle due cappelle e nel presbiterio, sono alloggiati tre altari lignei. Le decorazioni pittoriche risalgono al novecento. La cupola è stata costruita con la stessa tecnica costruttiva utilizzata per la parrocchiale, ma con proporzioni meno equilibrate, che accentuano lo sviluppo verticale della chiesa attirando l’attenzione dell’osservatore, e grazie a questo accorgimento la chiesa sembra dominare il paesaggio circostante. La posizione in rilievo, sopra una collina ai margini occidentali del centro abitato, consente di ammirare la chiesa da tutto l’agro circostante. La mole slanciata, unita alla forma centrica, percepibile da notevole distanza, sono elementi di forte valenza paesaggistica. Ogni anno, a Gonnoscodina presso questa chiesa si tiene la Festa di San Daniele, conosciuta fin dall’antichità e particolarmente sentita nel paese, che si svolge tre volte l’anno, il 9 maggio, il 13 ottobre e il 13 novembre, durante la quale centinaia di pellegrini vi affluivano con cavalli e con traccas, ossia i carri addobbati con fiori, aranci, limoni e tessuti colorati. In occasione della Festa di San Daniele del 9 maggio, si tiene la Sagra de Sa fregua, ossia della fregola che, prima dell’arrivo delle paste prodotte industrialmente, la faceva da padrone nelle tavole nostrane, povere o ricche che fossero. Ed in occasione della Festa di San Daniele del 13 ottobre, si tiene Sa Binnenna ossia la Festa della vendemmia, con la raccolta dell’uva, la sua pigiatura con i piedi, ed a fine giornata balli sardi. La chiesa parrocchiale di San Sebastiano MartireEvitando la deviazione nella via Morgongiori, proseguiamo lungo la via Roma per una cinquantina di metri e prendiamo a sinistra la via San Daniele che, dopo un’ottantina di metri, continua sulla via Nazario Sauro. Percorsa una cinquantina di metri lungo la via Nazario Sauro, svoltiamo a sinistra nella via Vittorio Emanuele II, e dopo un’ottantina di metri si vede alla destra della strada, al civico numero 11, la chiesa di San Sebastiano Martire, che è la parrocchiale di Gonnoscodina. L’attuale chiesa viene riedificata a partire dal 1883 nella stessa posizione in cui sorgeva un’altra chiesa del sedicesimo secolo, molto più piccola e molto più bassa di quella che è stata edificate più tardi, dedicata allo stesso martire. L’antica chiesa di San Sebastiano era la parrocchiale del paese, ed aveva sostituito l’antica parrocchiale di San Bartolomeo, della quale restano oggi solo due archi a tutto sesto. La nuova chiesa, progettata dall’architetto cagliaritano Gaetano Cima e ispirata ad alcuni prestigiosi monumenti di Cagliari, è realizzata in pochi anni, e viene terminata nel 1845, poi consacrata l’8 giugno 1873. È una delle poche Chiese della Diocesi di Ales ad essere, oltre che benedetta, anche consacrata. All’ultima fase dei lavori, iniziata nel 1845 e conclusa nel 1873, è dedicata la lapide commemorativa murata all’interno della chiesa. Sul fronte principale è addossato un colonnato ionico tetrastilo, soluzione presente nelle parrocchiali di Masullas e Mogoro. L’elegante terminale superiore è delineato dalla successione di volute concave e convesse. Al centro del registro superiore, una piccola finestra flabelliforme ricorda uno dei motivi decorativi caratteristici del rococò piemontese. Il portale è racchiuso da una cornice di derivazione michelangiolesca Sul lato sinistro del prospetto principale della chiesa è presente la torre campanaria, su quello destro è invece presente la casa parrocchiale risalente agli anni Trenta del novecento. L’impianto planimetrico è a croce greca, sormontata da un padiglione ottagono su tamburo. La chiesa racchiude al suo interno opere marmoree già presenti nella precedente chiesa, come il fonte battesimale arrivato da Cagliari nel 1768, e l’altare maggiore con la balaustra e la gradinata, eretto dalla ditta Battistino Spazzi di Cagliari nel 1780. Entrambi erano stati in parte rimaneggiati nel 1845, quando sono ricollocati nella nuova chiesa, ad opera del marmista carrarese Michele Fiaschi, ma il fonte battesimale ed il pulpito vengono rimaneggiati, dopo la morte del Fiaschi, dallo scultore genovese Andrea Ugolini. L’altare maggiore di Gonnoscodina, nella sua prima erezione, era senza nicchie e comprendeva solo, con la mensa ed il paliotto, i tre gradini inferiori ed i tre gradini superiori, con interposto il grandioso tabernacolo del Santissimo Sacramento. Nella chiesa è custodito un calice molto antico di notevole pregio, ed anche una reliquia della Santa Croce. A Gonnoscodina, presso questa chiesa parrocchiale, ogni anno il 20 gennaio si svolge la Sagra di San Sebastiano, che è tra gli appuntamenti festivi importanti del paese, con il caratteristico falò che viene benedetto ed acceso in località S'Anatzu. Segue la degustazione della Fregua cun petza de procu e codrobiu e della carne di maiale arrosto, accompagnate dal vino prodotto nel corso dell’ultima edizione della manifestazione Sa Binnenna. Segue l’esecuzione dei balli sardi. Il girono della Festa si tiene la processione con il simulcaro di San Sebastiano, per le vie del paese, ed al termine viene celebrata la Santa Messa. I festeggiamenti si concludono il giorno succesivo, ossiail 21, con la processione e la funzione liturgica per la Festa in onore di Sant’Agnese. L’antico Monte Granatico che ospita la Biblioteca ComunaleGuardando la facciata della chiesa parrocchiale di San Sebastiano, ad essa adiacente, alla sua sinistra al civico numero 15 della via Vittorio Emanuele II, si trova l’edificio che ospitava l’antico Monte Granatico, S’òmu ‘e su Mònti, situato nel cuore del vecchio borgo, che è stato un luogo significativo nella storia economica e sociale del paese. Sorto sul finire del seicento come Banca delle Sementi, da prestare ai contadini impoveriti da carestie, pestilenze, e strozzati dall’usura. In tempi più recenti ha funzionato come Consorzio Agrario. Tra le curiosità del vecchio sito, il fatto che la porta d’ingresso fosse fornita di un buco di dodici centimetri di diametro, nella parte bassa, per far entrare i gatti, impiegati nella lotta integrata contro i temibili roditori. I suoi locali sono oggi adibiti a Biblioteca Comunale di Gonnoscodina, attiva come istituzione dal 1986. Tra le attività svolte dalla Biblioteca vi è anche la creazione di una banca dati della memoria orale locale, l’acquisizione delle tesi di laurea, del materiale videofilmato e fotografico che riguarda la vita del paese. Il Campo da Calcetto parrocchialeDi fronte alla facciata della chiesa parrocchiale di San Sebastiano prwnsiamo la via San sebastiano, la seguiamo per una sessantina di metri, poi svoltiamo a sinistra nel vico San Sebastiano lungo il quale, dopo una ventina di metri, alla sinistra della strada si vede l’ingresso del Campo da Calcetto parrocchiale, con fondo in cemento, non dotato di tribune, nel quale è possibile praticare come disciplina il calcetto, ossia il calcio a cinque. Visita dei dintorni di GonnoscodinaPer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Gonnoscodina, sono stati portati alla luce i resti del Nuraghe Cuccuru Bingias e del Nuraghe Nurazzou, entrambi Nuraghi semplici. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Il Cimitero ComunaleDal Municipio di Gonnoscodina torniamo sulla via Roma e la seguiamo verso sud per seicento metri fino all’uscita dall’abitato, dove questa strada incontra la circonvallazione, passata la quale esce dal paese con il nome di SP46 e si dirige verso Gonnostramatza. Subito dopo aver passato la circonvallazione, alla sinistra della strada provinciale si vede il muro di cinta con al centro il portale di ingresso del Cimitero Comunale di Gonnoscodina. Questo nuovo Cimitero è stato realizzato all’esterno del paese nel 1931, quando ha sostituito il precedente antico Cimitero che era presente accanto alla chiesa di San Bartolomeo. Il Campo Sportivo ComunaleDal Municipio di Gonnoscodina torniamo sulla via Roma e la seguiamo verso sud per seicento metri fino all’uscita dall’abitato, dove questa strada incontra la circonvallazione, passata la quale esce dal paese con il noe di SP46 e si dirige verso Gonnostramatza. Prendiamo verso destra la circonvallazione e, dopo circa duecento metri, vedimao alla sinistra della strada l’ingresso del Campo Sportivo Comunale. All’interno di questo complesso sportivo, è presente il Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare circa 120 spettatori. Oltre al Campo da Calcio, è presente anche un Campo da Tennis, che non è dotato di tribune per gli spettatori. Il Centro equestre Il GiarinoDal centro di Gonnoscodina, dalla via Roma svoltiamo a destra nella via Morgongiori per raggiungere la chiesa di San Daniele. Seguiamo la via Morgongiori per circa trecento metri, fino ad incrociare la circonvallazione, dopo la quale la strada esce dall’abitato e la seguiamo per altri novecento metri, fino a vedere alla destra della strada il cancello di ingresso del Centro equestre Il Giarino. All’interno di questo complesso sportivo è presente uno Spazio ippico all’aperto, con fondo in terra, non dotato di tribune per gli spettatori, nel quale praticare ippica ed altri sport equestri. Oltre allo spazio all’aperto, è presente anche uno Spazio tondino coperto, anch’esso con fondo in terra, non dotato di tribune per gli spettatori, ed anche in esso è possibile praticare ippica ed altri sport equestri. Il ponte romano di GonnoscodinaDalla chiesa parrocchiale di San Sebastiano Martire, proseguiamo fino al vecchio Monte Granatico che oggi accoglie la Biblioteca Comunale e passiamo accanto ad esso prendendo dalla via Vittorio Emanuele II, alla sua destra, il vico I Vittorio Enabuele II. Seguiamo questo vicolo per centoventi metri, finché esso termina sulla circonvallazione, dove svoltiamo a sinistra e seguiamo la circonvallazione per centocinquanta metri, poi svoltiamo a destra, dopo una settantina di metri arriviamo a un bivio dove prendiamo a destra e, in una trentina di metri, arriviamo al Ponte romano costruito sopra il rio Mannu. Ricostruito nel settecento, il ponte romano di Gonnoscodina è realizzato con blocchi di pietra mista, calcare marnoso locale e basalto di spoglio proveniente da alcune strutture molto più antiche. Il ponte, il cui stato di conservazione generale è ancora buono, presenta tre luci ad arco a tutto sesto, con la luce centrale molto più ampia delle altre due, molto più piccole, e sono inoltre ancora visibili gli alti parapetti di protezione. La strada romana sovrastante è realizzata con due diverse pendenze, piuttosto ripide, probabilmente per evitare il ristagno d’acqua e garantire una maggiore durata all’intera struttura. I resti del Nuraghe semplice di Cuccuru BingiasDal Municipio di Gonnoscodina torniamo sulla via Roma e la seguiamo verso sud per seicento metri fino all’uscita dall’abitato, dove questa strada incontra la circonvallazione, passata la quale esce dal paese con il nome di SP46 e si dirige verso Gonnostramatza. Subito dopo aver passato la circonvallazione, alla sinistra della strada provinciale si vede il Cimitero Comunale di Gonnoscodina. Passato il Cimitero, proseguiamo per circa un chilometro sulla SP46 ed incrociamo la SP44, la prendiamo a sinistra ossia verso est e la seguiamo per due chilometri e seicento metri. Qu arriviamo a vedere, alla sinistra della strada provinciale, un’altura chiamata Cuccuru Bingias, sulla sommità della quale sono presenti i resti del Nuraghe semplice di Cuccuru Bingias. Si tratta di un Nuraghe monotorre costruito a 319 metri di altezza in basalto, con l’ingresso rivolto verso sud. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Gonnoscodina ci recheremo a Gonnostramatza che visiteremo con il suo centro ed i dintorni dove si trovano la chiesa campestre di San Paolo Apostolo e la domus de janas di Bingia ’e Monti. |