Gonnostramatza con la chiesa campestre di San Paolo Apostolo e con la domus de janas di Bingia ’e MontiIn questa tappa del nostro viaggio, da Gonnoscodina ci recheremo a Gonnostramatza che visiteremo con il suo centro ed i dintorni dove si trovano la chiesa campestre di San Paolo Apostolo e la domus de janas di Bingia ’e Monti. La regione storica della MarmillaNella Sardegna centro meridionale, a cavallo del confine che separa la Provincia di Oristano da quella del Sud Sardegna, c’è una zona chiamata Marmilla della quale qui visiteremo la parte settentrionale. I comuni che fanno parte della Marmilla settentrionale, in Provincia di Oristano, sono: Albagiara, Ales, Assolo, Asuni, Baressa, Baradili, Curcuris, Gonnoscodina, Gonnosnò, Gonnostramatza, Masullas, Mogorella, Mogoro, Morgongiori, Nureci, Pau, Pompu, Ruinas, Senis, Simala, Sini, Siris, Usellus, Villa Sant’Antonio, Villa Verde. I comuni della Marmilla meridionale, in Provincia del Sud Sardegna, sono: Barumini, Collinas, Furtei, Genuri, Gesturi, las Plassas, lunamatrona, Pauli Arbarei, Sardara, Segariu, Setzu, Siddi, Tuili, Turri, Ussaramanna, Villamar, Villanovaforru, Villanovafranca. Nella Marmilla meridionale spicca incontrastato il colle di las Plassas, famoso per la sua forma mammellare, che a quanto pare avrebbe dato il nome al territorio circostante. Questo colle aveva in antichità al suo apice un capezzolo gigante attraverso il quale Madre Natura dava nutrimento a tutti i Sardi. Il paesaggio è prevalentemente collinare e comprende la Giara di Gesturi, la Giara di Siddi, la Giara di Serri, l’altopiano di Genoni ed il bacino del rio Mannu d’Isili. Le attività principali della zona sono l’agricoltura ed il turismo. In viaggio verso GonnostramatzaDal centro di Gonnoscodina prendiamo la via Roma che esce dall’abitato all’altezza del Cimitero Comunale, e continuiamo sulla SP46 verso sud, finché dopo un paio di chilometri arriviamo all’interno dell’abitato di Gonnostramatza. Dal Municipio di Gonnoscodina a quello di Gonnostramatza si percorrono 2.9 chilometri. Il comune chiamato GonnostramatzaIl comune di Gonnostramatza (altezza metri 96 sul livello del mare, abitanti 809 al 31 dicembre 2021 ) è un paese attraversato dal rio Mannu, il bizzoso torrente che durante la cattiva stagione talvolta si ingrossa a dismisura, che lo divide in due rioni, Su xiau mannu ossia il rione grande ad est del fiume, e Su xianeddu ossia il rione piccolo ad ovest. Il rio Mannu era attraversato fino al 1928 da un ponte romano a cinque arcate, che è stato abbattuto nel 1928 per la costruzione degli argini. Si tratta di un comune ad economia prevalentemente turistica per il suo patrimonio ambientale, oltre che per quello storico, archeologico e architettonico. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, che vanno da un minimo di 60 a un massimo di 356 metri sul livello del mare, e offre un panorama di indiscutibile fascino. Origine del nomeIl nome è sardiano o protosardo, composto di due vocaboli, ossia Gonnos il cui significato era probabilmente altura, poggio, collina, prominenza, e Tramatza che signfica tamerice. Andrebbe, quindi, interpretato come Collina delle tamerice, che deriva dall’ampia presenza di questa pianta nei dintorni del paese. La sua economiaIl perno dell’economia locale è l’agricoltura, che rappresenta una fonte di sostentamento importante per la popolazione, e le coltivazioni più diffuse sono quelle di cereali, ortaggi, foraggi, vite, olivo e frutteti. Si pratica anche l’allevamento di ovini, caprini, equini, suini e avicoli. Il settore industriale risulta ancora di dimensioni alquanto modeste; tuttavia si registrano aziende che operano nei comparti dell’abbigliamento, dell’edilizia e della produzione alimentare. Il terziario si compone di una modesta rete commerciale sufficiente a soddisfare le esigenze primarie della popolazione. Si stanno sviluppando a poco a poco anche nuove fonti di reddito, come il turismo e l’artigianato. Qui si trova una parte della Sardegna che, pur nell’evolversi degli usi e delle tradizioni, ha conservato un ambiente intatto e incontaminato. L’apparato ricettivo offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. La carenza di adeguate strutture ostacola la piena valorizzazione turistica della zona, che offre la possibilità di godere delle bellezze dell’ambiente naturale, di gustare i semplici ma genuini prodotti locali ed effettuare interessanti escursioni nei dintorni. Brevi cenni storiciL’area viene abitata in epoca nuragica e romana, come attestato dalla presenza nel territorio di alcune testimonianze archeologiche. Durante il Medioevo appartiene al Giudicato di Arborea facendo parte della curatoria di Parte Montis, della quale è anche capoluogo. Il villaggio compare, con le varianti di Gonnos de Tramassa, nei registri di decime e censi riscossi dalla chiesa di Roma a partire da1 1341, e con la denominazione Gonnos de Tramacia tra le ville rappresentate alla pace di Sanluri, stipulata da Eleonora d’Arborea con Pietro IV proprio a Gonnostramatza, e con la presenza dei rappresentanti di 28 ville vicine. Per la storia di questo paese, si parte da quando Francesco Carroz, proveniente dalla Valenza con i figli, aveva fornito a Giacomo II il Giusto denari e cavalli armati per partecipare alla conquista catalano aragonese dell’Isola. Nel 1313 Francesco ottiene il titolo di ammiraglio, nel 1323 arma venti galee per conquistare la Sardegna per conto dell’infante Alfonso d’Aragona, e nel 1330 ottiene la giurisdizione di diversi feudi tra i quali quello di Quirra. Il figlio di Francesco, Berengario I, per un breve periodo occupa la Mamilla con le sue truppe e vorrebbe annetterlo al suo feudo di Quirra, ma il re Martino I d’Aragona, poco prima della morte, ne aveva incluso buona parte nel feudo concesso a Garcia lupo de Ferrero. Comunque anche dopo la morte del re e la successiva morte di Garcia lupo de Ferrero senza eredi, Berengario I continua ad occupare la Marmilla. Berengario I sposa in seconde nozze Gerardona de Ribelles, dalla quale nasce il figlio Berengario II. Il feudo di Quirra viene convertito nel 1363 in contea, e il sovrano Pietro IV il Cerimonioso nomina Berengario II conte di Quirra. Berengario II lascia un’unica figlia legittima, Violante I, che trasferisce i diritti sui feudi al figlio Berengario III, il quale si sposa con Eleonora Manrique de lara, parente del re di Castiglia, che porta in dote altri feudi. Nel 1412, il nuovo re Ferdinando I d’Aragona costringe Berengario III a rendere i territori della Marmilla occupati, che vengono amministrati direttamente della Corona d’Aragona, e dal 1421 entrano a far parte del feudo concesso a Raimondo Guglielmo Moncada, al quale viene però confiscato dopo pochi decenni. A seguito di alterne vicende, la Marmilla viene acquistata all’asta da Pietro de Besalù, uno dei generi di Nicolò Carroz, conte di Quirra e viceré di Sardegna, appartenente al ramo dei Carroz di Arborea. Pietro de Besalù però, non disponendo dell’intera somma riChiesta, la chiede in prestito al cagliaritano Simone Rubei, ed inizia a ripagarlo grazie alle rendite feudali. Nel 1459 però le rendite gli vengono sequestrate dal fisco in quanto moroso, e Pietro de Besalù si trova impossibilitato a rendere il prestito a Simone Rubei. Quest'ultimo nel 1464 minaccia di mettere all’asta i feudi per recuperare il suo credito, ma Pietro de Besalù viene salvato dall’intervento del suocero Nicolò Carroz, che, interessato ai territori confinanti con il suo feudo di Quirra, salda il debito con Simone Rubei. alla morte nel 1469, Berengario III lascia un’unica figlia legittima minorenne, Violante II, che viene posta sotto la tutela di Nicolò, il quale la fa sposare con suo figlio Dalmazio Carroz, e Violante porta in dote il titolo comitale e tutti i territori infeudati. alla morte di Nicolò Carroz, Pietro de Besalù si trova nuovamente nei guai, dato che Dalmazio, il nuovo conte di Quirra, approfittando dello stato di tensione conseguente alla ribellione di Leonardo de Alagon, nel 1474 occupa militarmente tutta la Marmilla e gli ingiunge di saldare le somme dovute. Impossibilitato a pagare, nel 1477 Pietro de Besalù giunge ad un compromesso con Dalmazio Carroz, e la gran parte del territorio della Marmilla entra a far parte del grande feudo di Quirra. Violante II, nel frattempo rimasta vedova, raggiunge la maggiore età ed avanza le sue pretese per tornare in possesso dei suoi feudi. Nel 1504, con successiva conferma nel 1506, la conte di Quirra viene elevata al rango di stato, con la concessione dell’Allòdio, che permette il trasferimento dei diritti sui feudi ai discendenti, anche per via femminile, senza la preventiva autorizzazione regia. Nel 1604 i feudi di Quirra sono elevati da contea a Marchesato, che sarà successivamente aggregato al Nules, un piccolo Marchesato nel regno di Valenza. Nel 1511, alla morte di Violante II, il feudo passa a suo nipote Guglielmo Raimondo Centelles. Nel lungo periodo in cui il paese viene amministrato dai Centelles le condizioni di vita non sono delle migliori. I nuovi feudatari fanno amministrare la Marmilla da un regidor e, pur non esasperando il carico fiscale, limitano notevolmente l’autonomia della comunità, modificando il sistema di individuazione del Majore che cessa di essere elettivo. L’ultimo dei Centelles muore nel 1676, quando il Marchesato viene concesso a Francesco Pasquale Borgia, ed i Borgia lo conservano per circa cinquant’anni, poi perdono il controllo del feudo in seguito ad a lunga lite con i Català, i quali, dopo numerose vicissitudini, entrano in possesso del feudo nel 1726, quando ormai il Regno di Sardegna è sotto la dinastia sabauda. Subito dopo i Català nel 1798 il territorio passa agli Osorio de la Cueva, famiglia di origine castigliana, ai quali il Marchesato viene riscattato nel 1839, con la soppressione del sistema feudale, per cui diviene un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio Comunale. Al comune di Gonnostramatza nel 1927 viene aggregato il comune di Gonnoscodina che diventa una sua frazione, ma dal quale nel 1946 viene nuovamente separato. Del comune di Gonnostramatza nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella di Oristano. Le principali feste e sagre che si svolgono a GonnostramatzaA Gonnostramatza svolge la sua attività il Gruppo Folk della Pro Loco di Gonnsotramatza, nelle cui esibizione sia nel paese che in altre località dell’Isola è possibile ammirare il costume tradizionale del posto. Tra le principali feste e sagre che allietano il paese di Gonnostramatza e contribuiscono a richiamare visitatori dai dintorni, meritano di essere citate il 17 gennaio, la Festa di Sant’Antonio Abate, con la sera della vigilia la benedizione e l’accensione del falò commemorativo; a febbraio, i festeggiamenti del Carnevale Tramatzese; per la Pasqua, i Riti della Settimana Santa; il primo maggio, l’esposizione Arti e mestieri con la benedizione dei mezzi di trasporto, e la Sagra de su Gattou; a giugno, la manifestazione regionale di atletica leggera di corse su strada Riu Mannu Corre; il 28 giugno, la Sagra della pecora nella località campestre di Serzela, con degustazione di carne di pecora bollita in cappotto; il 29 giugno, la Festa di San Paolo Apostolo con la caratteristica processione dalla chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo alla chiesa campestre di Serzela; il 29 settembre, la Festa patronale di San Michele Arcangelo, seguita il 30 settembre dalla Festa di Santa Teresina. La Festa di San Giuseppe con l’esposizione Arti e mestieri e la Sagra de su GattouA Gonnostramatza ogni anno, il primo maggio quando si svolge la Festa dei lavoratori, che è la Festa di San Giuseppe, si tiene l’esposizione Arti e mestieri con la benedizione dei mezzi di trasporto, e si svolge anche la Sagra de su Gattou. Il programma religioso ha il suo inizio in mattinata con la processione dei fedeli che accompagna lungo le vie del paese il simulacro di San Giuseppe, preceduta dal corteo composto da cavalieri a cavallo, macchine, trattori, biciclette, motorini. Ognuno di questi ha i suoi addobbi fatti di fiori, tappeti e abiti della tradizione sarda. All’arrivo, nella piazza San Michele, avviene la benedizione dei mezzi di trasporto, e quindi a seguire la Santa Messa. Il Programma Civile prevede già dalla mattina, sempre nella piazza San Michele, l’esposizione Arti e mestieri con la presenza degli artigiani che presentano le proprie esposizioni e lavorazioni. Nel pomeriggio di tiene l’esibizione di musica etnica. A fine pomeriggio e in serata la Sagra de su Gattou, con dimostrazione della preparazione del dolce tipico i cui ingredienti principali sono le mandorle e lo zucchero, seguita dalla degustazione. Infine la Festa si conclude con balli in piazza. Visita del centro di GonnostramatzaL’abitato, interessato da una forte crescita edilizia, ha l’andamento altimetrico tipico delle località di pianura. Al’interno dell’abitato sono presenti esempi di architettura domestica, con case in pietra calcare marnoso di color giallino o con scisti e lastre, misti ai mattoni crudi detti làdiri. Arrivando all’interno dell’abitato con la SP46 che viene da Gonnoscodina, arriviamo al cartello segnaletico che indica l’ingresso nel paese, passato il quale la strada provinciale assume il nome di corso Europa. Il Campo Sportivo ComunalePreso il corso Europa, lo seguiamo per un centinaio di metri ed arriviamo all’incrocio con al SP44 provenienta da Masullas, la quale entra nell’abitato con il nome di via Siddi. Dal corso Europa svoltiamo a sinistra nella via Siddi, la seguiamo per poco più di duecento metri e vediamo, alla sinistra della strada, il cancello di ingresso del Campo Sportivo Comunale. All’interno di questo complesso sportivo è presente il Campo Comunale da Calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare una novantina di spettatori. La chiesa di Sant’Antonio AbateDal cartello segnaletico che ha indicato l’ingresso nell’abitato, percorsi cinquecentocinquanta metri lungo il corso Europa che si trova all’interno del Su xianeddu, ossia nel rione piccolo ad ovest del rio Mannu, si vede alla sinistra della strada la facciata della chiesa di Sant’Antonio Abate, che è ubicata lungo la strada principale che costituiva il collegamento di Gonnosfanadiga con i centri adiacenti. La facciata della chiesa culmina con un campaniletto centrale a vela. Nel lato sinistro della chiesa è presente un’ampia nicchia con cornice di pregevole fattura. Nella parete frontale sono presenti alcune nicchie incassate nella muratura, destinate in origine ad ospitare i simulacri dei Santi. La chiesa di Sant’Antonio veniva correntemente utilizzata, forse anche perchché lateralmente e posteriormente era presente l’adiacente Cimitero, ora non più evidente a seguito di interventi di riporto di strati di terra, demolizione della recinzione e rimozioni varie avvenute negli anni Settanta del novecento. All’interno la chiesa è costituita da una sola navata di limitate dimensioni, con la struttura muraria realizzata in pietrame. È dotata di due ingressi, di cui uno laterale, e da un corpo adiacente con funzione di sacrestia. Come era usanza molto diffusa, anche all’interno di questa chiesa venivano sepolte delle persone. Si è riusciti a risalire ad una sepoltura effettuata il 15 novembre 1657, due persone vennero sepolte nel 1664, due nel 1665, una nel 1706 ed una nel 1707. Presumibilmente il numero delle persone sepolte è superiore, ma in questa fase si è riusciti a risalire solo a queste. A Gonnostramatza, presso questa chiesa, ogni anno il 17 gennaio si celebra la Festa di Sant’Antonio Abate. Anche in questo paese si rinnova il rito ancestrale che si perpetua ogni anno in occasione dei festeggiamenti di Sant’Antonio Abate, un connubio tra sacro e profano che vede la comunità riunita la vigilia intorno al grande falè. Il giorno della vigilia, dopo il rosario cantato in lingua sarda, c'è la benedizione del pane, dell’acqua ed anche di Su fogadòi. In serata, dopo l’accensione del grande falò, si assiste allo spettacolo pirotecnico, seguito dalla degustazione di polenta e salsiccia arrosto, e dai balli sardi. Ed il giorno della Festa si svolge la processione con il simulacro del Santo per le vie del paese, seguita dalla degustazione di fave e ceci, finché i balli sardi chiudono i festeggiamenti. Il Campo Sportivo di corso EuropaSubito alla destra della chiesa di Sant’Antonio Abate, lungo il corso Europa, si vede l’ingresso del Campo Sportivo di corso Europa. Si tratta di un Campo polivalente, con fondo in erba sintetica, senza tribune per gli spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline la pallavolo, il tennis, e la ginnastica. Il ponte sul rio MannuDopo aver passato il Campo Sportivo, proseguiamo verso sud lungo il corso Europa, il quale compie un’ampia curva verso destra e successivamente una curva a sinistra, per ritornare quindi a procedere verso sud. Percorsi trecento metri lungo il corso Europa, svoltiamo a sinistra nella via Armando Diaz, che, dopo una settantina di metri, passa con un ponte sopra il rio Mannu. Questo ponte porta dalla parte dell’abitato chiamato Su xianeddu, ossia il rione piccolo che si trova ad ovest del fiume, fino nella parte dell’abitato chiamato Su xiau mannu, ossia il rione grande ad est del fiume. Il rio Mannu era attraversato fino al 1928 da un ponte romano a cinque arcate, che è stato abbattuto nel 1928 per la costruzione dei nuovi argini del fiume. La chiesa parrocchiale di San Michele ArcangeloSuperato il fiume, proseguiamo ed arriviamo nella piazza San Michele Arcangelo, nella quale alla sinistra si affaccia la chiesa di San Michele Arcangelo, che è la parrocchiale di Gonnostramatza. La chiesa è stata edificata nel 1524 dove sorgeva un’altra chiesa in stile gotico aragonese intitolata anch’essa a Santu Miali, della quale rimane soltanto l’abside tardogotica catalana con volta a crociera impostata su peducci pensili decorati. Da una descrizione della chiesa possiamo dedurre che forse già dal 1524 nel presbiterio erano presenti tre altari, dedicati a San Michele, alla Madonna del Rosario e a Santa Caterina, con annessi retabli. A partire dal 1665 si dà inizio alla trasformazione della chiesa al fine di ingrandirla, con un’ampia navata tripartita con tre grandi arcate e con volta a botte. La Cappella del Rosario viene prolungata di alcuni metri e, di fonte ad essa, viene costruita la Cappella del Crocifisso, cui seguono le altre quattro cappelle dedicate a Sant’Antonio, a Sant’Isidoro con il Battistero, a San Francesco Saverio ed alla Beata Vergine del Carmelo. Nel 1684 viene iniziata la facciata, i cui lavori vengono interrotti per divergenze di carattere estetico, con conseguenze che porteranno solo successivamente all’ultimazione dei lavori, ed a causa di gravi danneggiamenti verrà restaurata solamente dieci anni fa. Nel 1752 si inizia a fabbricare il campanile con la torre campanaria ornata da archetti pensili. I lavori continuano fino almeno al 1758, e l’anno dopo si pensa ad un pubblico orologio per il quale viene anche fabbricato un apposito piccolo vano voltato a cupola, ma questo nel 1899, minacciando il crollo, viene demolito dopo aver funzionato per oltre cento anni. Nel 1760 viene collocata nel campaniletto una distinta campana, poi negli anni novanta del novecento l’antico orologio viene sostituito con uno moderno, alimentato da energia elettrica. Ma in Gonnostramatza, come in altre Chiese della Diocesi e non solo, si andava consolidando il gusto del marmo, ed anche in questa parrocchia viene costruito un grandioso altare interamente di marmo, con annesse balaustrate, nel 1771 viene realizzato anche il paliotto e la balaustra della Cappella del Rosario che è l’attuale Battistero, nel 1844 viene realizzato il Fonte Battesimale. Tra il 1948 ed il 1952 nella chiesa vengono eseguiti ulteriori lavori, quali il rifacimento della copertura, la trasformazione della facciata con l’inserimento di una trifora, con esili colonnette, il rifacimento del timpano superiore e del pavimento della navata centrale. L’attuale facciata a capanna, molto alta e compresa entro paraste d’angolo, è basata su di un alto zoccolo. Il paramento murario è ritmato da filari di larghe lastre monolitiche alternatamente rincassate, che creano un effetto di chiaroscuro. Lungo i terminali degli spioventi corre una teoria ascendente di archetti pensili, poggianti su peducci sgusciati. Con il portale ligneo, inserito entro una cornice centinata a tutto sesto, è in asse una grande trifora, anch’essa disposta in una cornice a tutto sesto. Questa finestra, con piccole colonne dotate di basi e capitelli, ha la luce mediana è più alta e ampia delle due laterali. L’abside è quadrangolare. Allineato a sinistra del prospetto principale è un campanile a canna quadrata, poggiante su di un alto zoccolo. La torre, compresa entro paraste d’angolo in conci squadrati, è divisa in tre ordini da cornici. Il primo ordine presenta degli specchi lisci allungati, mentre il secondo ospita in ciascuna faccia una monofora centinata, inserita in uno specchio liscio coronato da archetti pensili con doppia ghiera, poggianti su peducci. Nel terzo ordine, di piccole dimensioni e privo di paraste, con la superficie liscia intonacata, è collocato, entro una cornice, l’orologio circolare. Su questo vano si imposta la cupola emisferica, divisa in spicchi e coperta da tessere colorate. Agli angoli delle cornici che concludono superiormente gli ultimi due ordini si elevano dei piccoli acroteri. All’interno la pianta della chiesa è ad aula unica con tre cappelle per lato, delle quali le due vicine al presbiterio, decisamente le più pronunciate, formano una sorta di transetto, dal cui braccio destro si accede alla sagrestia a pianta quadrangolare, che comunica con l’abside. Tra gli arredi marmorei, si segnaL’altare presbiteriale con il corpo superiore ligneo, l’altare marmoreo scolpito nel 1772, il pulpito, il fonte battesimale, diverse acquasantiere tra le quali la più significativa e quella della sacrestia. Nel presbiterio è collocato il retablo dell’Annunciazione, proveniente dalla chiesa di San Paolo a Serzela, opera datata 1501 di Lorenzo Cavaro, capostipite della famiglia di pittori cagliaritani che nel sedicesimo secolo dà vita alla Scuola di Stampace. Il retablo è una gran tavola d’altare, stilisticamente legato alla tradizione gotico catalana, ma con alcune concessioni ai modi rinascimentali per quanto riguarda la raffigurazione di ambienti esterni e paesaggi di sfondo. Il retablo è suddiviso in diversi scomparti dipinti ad olio e tempera su tavola. Al centro del retablo si trova la Madonna col Bambino e angeli musicanti, sormontata dallo scomparto con la Crocefissione di Gesù. Ai lati, gli scomparti superiori recano a sinistra l’Annunciazione con l’Arcangelo Gabriele inginocchiato, ed a destra la Vergine Maria mentre ascolta l’annuncio. Gli scomparti laterali in basso raffigurano a sinistra il Santo Paolo di Tarso, ed a destra San Pietro apostolo. Sulla predella, divisa in nove scomparti dei quali i tre centrali corrispondono al tabernacolo, sono dipinti da sinistra Santa Caterina d’Alessandria, San Giorgio, San Sebastiano, l’Addolorata, la Pietà, San Giovanni, San Pantaleo, e San Giuliano. Ai piedi della Madonna sotto il manto, è presente l’iscrizione vergata, su tre righe in carattere gotico minuscolo, l’autore, l’anno, il mese e il giorno di realizzazione. A Gonnostramatza, presso questa chiesa, ogni anno il 29 settembre si svolge la Festa patronale di San Michele Arcangelo e di Santa Teresina, seguita il 30 settembre dalla Festa di Santa Teresina, entrambe con, dopo la messa mattutina lo svolgimento della processione che accompagna il simulacro del Santo festeggiato per le diverse strade del paese, seguita dalla messa solenne con panegirico. Festeggiamenti sono accompagnati da diverse manifestazioni civili, che iniziano già il 28 con uno spettacolo pirotecnico, ed i giorni festivi con diversi spettacoli e balli sardi che coinvolgono la popolazione. L’antico Monte Granatico che ospita il Museo multimediale Turcus e MorusNella piazza San Michele Arcangelo, alla destra della chiesa parrocchiale di San Michele, si trova l’edificio che ospitava il Monte Granatico e che oggi ospita il nuovo Museo multimediale Turcus e Morus, che racconta un millennio di incursioni barbaresche in Sardegna, ossia di quell’incontro, a tratti pacifico ed a tratti cruento, fra il mondo dell’Islam e quello della Cristianità. l’idea del Museo dedicato alle incursioni barbaresche, appunto di Turcus e Morus, è nata per ovviare alla assenza assoluta di documentazione sul quel periodo, e la spinta decisiva è dovuta alla lapide, conservata nella chiesa campestre di San Paolo, recante la scritta «El 5 de arbili 1515 esti istada isfata Sa vila de uras de manu de turcus e morus e fudi capitanu del morus barbarossa», tragica testimonianza della distruzione del villaggio di Uras da parte dei pirati ottomani capitanati dal corsaro e ammiraglio Barbarossa. Il Museo racconta quegli avvenimenti e quelle paure, quegli odii antichi fra cristiani e mori, e quei pregiudizi per la verità non del tutto scomparsi. Kaireddin il terribile pirata detto anche il Barbarossa, Andrea Doria, Solimano il Magnifico, le torri costiere, i villaggi scomparsi, gli avvenimenti, sono raccontati direttamente dai personaggi del tempo che prendono vita, che raccontano di quell’antica tragica guerra, e riempiono la splendida sala del restaurato Monte Granatico del paese, accogliendo i visitatori in un percorso a ritroso nel tempo, dove il presente scompare per lasciar spazio alla storia da vedere e toccare. è un Museo didattico, ma è anche una occasione per riparlare del passato con distacco e obiettivi e per proiettarsi in un futuro prossimo, multietnico e plurireligioso. Il Municipio di GonnostramatzaDalla via Armando Diaz, che era passata con un ponte sopra il rio Mannu e ci aveva portati nella piazza San Michele Arcangelo, prendiamo verso destra la via Enrico Carboni, che passa davanti all’antico Monte Granatico il quale si affaccia alla sua sinistra, la seguiamo per centocinquanta metri e vediamo, alla destra della strada, al civico numero 2 della via Enrico Carboni, l’edificio che ospita il Municipio di Gonnostramatza, nel quale si trova la sua sede e si trovano gli uffici in grado di fornire i loro servizi agli abitanti del paese. Sono gli uffici del Segretario Comunale; gli uffici dell’Area Amministrativa, ossia l’Anagrafe, Stato Civile, e Protocollo, i Servizi Sociali, il Vigile Urbano, la Polizia Amministrativa; gli uffici dell’Area Finanziaria, ossia la Ragioneria, i Tributi; e gli uffici dell’Area Tecnica. Visita dei dintorni di GonnostramatzaPer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate, nei dintorni di Gonnostramatza sono stati portati alla luce i resti della domus de janas di Bingia ’e Monti; della fonte nuragica di Trumma Montis; dei Nuraghi semplici di Bingia ’e Monti, di Bruncu S’Arbia, e di Nuraxi Molas; dei Protonuraghi Chiccu Eccis, e Pala S’Arrideli; dei Nuraghi semplici di Bingia ’e Monti, Bruncu S’Arbia, Nuraxi Molas, e Pallariu; dei Nuraghi complessi Brunchiteddus, Corruardo, Cruccu di Gonnostramatza, Genna Maiu II, Pranu Aidu che era un’officina per la lavorazione dell’ossidiana, Procilis, e Scalaxeddu; ed anche dei Nuraghi Cadrogu, e su Itzeu, tutti di tipologia indefinita. In località San Giuanni sono stati rinvenuti numerosi reperti di epoca romana, ossia vasi, tegole e blocchi squadrati degli edifici crollati. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Raggiungiamo l’area nella quale si trovava l’antico villaggio di SerzelaDal Municipio di Gonnostramatza, la via Enrico Carboni sbocca sul corso Europa che esce dall’abitato verso sud con il nome di SP46 e si dirige verso Collinas. Percorsi per ottocento metri sulla SP46, svoltiamo a destra nella Strada Consortile di collegamento della SS131 con la SP46, la seguiamo per trecentocinquanta metri ed arriviamo a una rotonda dove prendiamo la seconda uscita per rimanere sulla Strada consortile, proseguiamo per seicento metri, poi, seguendo le indicazioni, svoltiamo a destra ed arriviamo nell’area nella quale si trovava l’Antico villaggio di Serzela, di cui la chiesa di San Paolo Apostolo era la parrocchia. Al borgo apparteneva anche un’altra chiesa, ormai scomparsa, dedicata a Sant’Elena. Il villaggio e la chiesa furono totalmente abbandonati nel 1775. La chiesa campestre di San Paolo di SerzelaDalla Strada Consortile di collegamento della SS131 con la SP46, svoltiamo a destra per raggiungere l’area nella quale si trovava l’antico villaggio di Serzela e, percorso appena un centinaio di metri, vediamo alla destra della strada la piccola chiesa campestre dedicata a San Paolo di Serzela recentemente restaurata. Era la parrocchiale del villaggio medioevale di Serzela. La chiesa è stata costruita nel tredicesimo secolo con pianta a croce greca, ed in seguito modificata nel 1680 in stile aragonese dal capomastro Battista landis di Ales, lo stesso che presiedette alla fabbrica di buona metà del campanile di Guspini. Vi furono tempi in cui il sacerdote non vi risiedeva, e vi arrivava, per le feste o per altre urgenze, un viceparroco di Sardara. Notevole il portale d’accesso in stile gotico aragonese, contornato da due fasci di colonnine, dove quelle più interne cingono l’arco a sesto ribassato mentre le esterne proseguono fino alla sommità, dove si trovano quattro rosette. All’interno, dietro l’altare, si trova la lapide che stava sulla facciata e che ricorda la distruzione del paese chiamato Uras ad opera dei pirati ottomani nel sedicesimo secolo. Da questa chiesa campestre proviene il retablo dell’Annunciazione, opera datata 1501 di Lorenzo Cavaro, conservata oggi nella cheisa parrocchiale di San Michele Arcangelo. La parrocchiale di San Paolo era circondata dal suo Cimitero ben chiuso, corredato da parecchi alberi di fichi. Presso questa chiesa, ogni anno, il 29 giugno si tiene la Festa di San Paolo Apostolo. Il 28, giorno della vigilia, il programma prevede la caratteristica processione con il simulacro del Santo dalla chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo alla chiesa campestre di Serzela, dove si svolge la Sagra della pecora, con degustazione di carne di pecora bollita in cappotto, e per finire un gruppo che suona, canta e balla per intrattenere i presenti. Il giorno liturgico, presso la chiesa campestre si tiene la celebrazione solenne a metà mattina, ed a fine giornata avviene il rientro del Santo nel paese. Il Campo Sportivo di SerzelaDall’ingresso della chiesa campestre di San Paolo, proseguamo lungo una strada per una cinquantina di metri, ed arriviamo a vedere, alla sinistra, la bella Fontana di San Paolo di Serzela. Sul retro di questa fontana si trova il Campo polivalente di Serzela, che è un Campo Sportivo di calcetto, con fondo in erba sintetica, che non è dotato di tribune per gli spettatori, nel quale è possibile praticare come disciplina il calcetto, ossia di calcio a cinque. La domus de janas di Bingia ’e MontiDalla SP46, presa la Strada Consortile di collegamento della SS131 con la SP46, dopo trecentocinquanta metri arriviamo a una rotonda dove prendiamo la seconda uscita per rimanere sulla Strada consortile, proseguendo per seicento metri troviamo la deviazione che porta nell’area nella quale si trova la chiesa di San Paolo Apostolo, superata questa deviazione proseguiamo per altri cinquecento metri e troviamo, alla sinistra della strada, un cancello passato il quale si trova una strada che in duecentocinquanta metri porta a un capannone industriale. Dopo questo capannone alla sinistra si trova una strada sterrata che porta alla domus de janas di Bingia ’e Monti. ormai completamente distrutta ed irriconoscibile. Il sito, che è stato scoperto dall’archeologo Enrico Atzeni ed è stato scavato a partire dal 1991, si colloca come tipologia a metà tra ipogeismo e megalitismo. La tomba è composta di un vano scavato nella roccia, preceduto da una camera costruita con tecnica megalitica formata da quattro blocchi angolari con copertura a piattabanda. È lunga quattro metri e mezzo, meno della lunghezza originale dato che manca la parte anteriore del monumento, ed ha un’altezza residua di quasi due metri. Si potrebbe attribuire alla Cultura di Monte Claro, poiché nell’area sono stati rinvenuti anche i resti di un insediamento attribuibile a questa cultura. In essa sono stati rinvenuti anche i resti ossei di vari individui e oggetti di corredo appartenenti alla cultura del Vaso Campaniforme, sistemati all’interno di tre cassoni litici addossati ai lati del monumento e coperti da un lastrone. Sopra sono state rinvenute tre sepolture con scheletri completi ed oggetti di corredo, oltre ai tipici vasi della cultura del Vaso Campaniforme. Tra i gioielli, il più famoso è un collier in oro a verga piena di sezione tonda, a capi aperti, appiattiti e ricurvi. Si tratta del più antico manufatto di questo materiale mai rinvenuto in Sardegna. Nell’ultimo periodo di uso della tomba, corrispondente alla Cultura di Bonnanaro, il monumento è stato parzialmente risistemato e tra i blocchi sono stati deposti circa cinquanta crani di individui adulti, coi loro corredi. Gli oggetti rinvenuti sono oggi conservati al Museo Nazionale Archeologico di Cagliari. Il Nuraghe e la Tomba di giganti di Bingia ’e MontiLa domus de janas si trova in cima alla collina, non è facilmente individuabile, e nei pressi della domus de janas, a una cinquantina di metri di distanza verso nord ovest, si trova anche l’importante Tomba di giganti di Bingia ’e Monti, costruita in basalto a 103 metri di altezza. Di essa residuano solo i resti del filare di pietre a doppio paramento del lato lungo, orientato sull’asse da nord est a sud ovest, con ingresso a nord est, del lastricato di base in pietra basaltica, e del masso di testata a sud ovest. Non si leggono tracce dell’eventuale esedra e si ipotizza si tratti di una tomba dei giganti con facciata a filari. La lunghezza del vano interno è di cinque e ottanta metri per poco più di un metro, mentre l’altezza residua al masso di testata è di soli cinquanta centimetri. A circa duecento metri di distanza verso sud est si trovano i resti del Nuraghe semplice di Bingia ’e Monti, un Nuraghe monotorre costruito in basalto a 119 metri di altezza che si trova in stato di completo abbandono. Anche della Tomba di giganti e del Nuraghe sono stati effettuati scavi archeologici negli anni ottanta del secolo scorso da Enrico Atzeni. Questa Tomba di giganti ed il Nuraghe di recente sono stati, assieme agli altri monumenti nel sito, sottoposti a vincolo e dichiarati di particolare interesse archeologico. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Gonnostramatza ci recheremo a Mogoro che visiteremo con il suo centro ed i dintorni dove si trovano i numerosi Nuraghi tra i quali il Nuraghe complesso di tipo misto Cucccurada e gli altri Nuraghi che riprodurrebbero la costellazione dell’Orsa Maggiore. |