Guasila con la parrocchiale della Beata Vergine Assunta e nei dintorni il Santuario di Nostra Signora d’Itria
In questa tappa del nostro viaggio, da Ortacesus ci recheremo a Guasila che visiteremo con il suo centro dove si trova la chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta e con i suoi dintorni nei quali si trova il Santuario di Nostra Signora d’Itria. La regione storica della TrexentaLa Trexenta è una regione storica della Sardegna situata nella parte settentrionale della Provincia del Sud Sardegna. La regione della Trexenta si trova interamente nella Provincia del Sud Sardegna ed i comuni che ne fanno parte sono Barrali, Gesico, Guamaggiore, Guasila, Mandas, Ortacesus, Pimentel, Sant’Andrea Frius, San Basilio, Selegas, Senorbì, Siurgus Donigala, Suelli. Il territorio è prevalentemente collinare nella parte orientale e più pianeggiante verso ovest. La zona della Trexenta è un susseguirsi di rigogliose campagne, dove i frutteti si alternano a vigne, oliveti e coltivazioni di cereali. Le sue condizioni climatiche, favorite anche dall’abbondanza d’acqua, determinano una rinomata produzione di vino, olio e grano. In viaggio verso GuasilaProseguendo da Ortacesus sulla SS547 di Guasila verso nord ovest, dopo poco più di quattro chilometri raggiungiamo l’abitato di Guasila. Dal Municipio di Ortacesus a quello di Guasila si percorrono 4.8 chilometri. Il comune chiamato GuasilaIl comune chiamato Guasila (altezza metri 211 sul livello del mare, abitanti 2.482 al 31 dicembre 2021) è situato nella parte settentrionale della Provincia del Sud Sardegna, sui colli Trexenta, ed è costeggiato dal fiume rio Arai. Il paese viene attraversato dalla SS547 di Guasila che passa all’interno dell’abitato. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, dato che si raggiungono i 360 metri di quota. L’economia del paese è prevalentemente agropastorale, favorita dalla fertilità del terreno della Trexenta. Origine del nomeÈ un nome composito per il fatto che il primo componente deriva dal termine Goi, trasformato poi in Gua, che è possibile avesse il significato di collina o poggio, oppure di valloncello, mentre il secondo componente deriva dal termine Sila, nome di luogo. Ovviamente questo nome va contrapposto a Guamaggiore, paese vicino a soli tre chilometri di distanza, rispetto al quale evidentemente era inteso come Gua minore. La sua economiaCentro di pianura che accanto alle tradizionali attività agro pastorali ha sviluppato un modesto tessuto industriale. Il settore economico primario è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo e agrumi. La Trexenta è l’antica regione cerealicola della Sardegna, dove Guasila può essere ancora oggi considerata una piccola capitale del grano duro sardo. Presente anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini ed equini. Il settore secondario è costituito da imprese che operano nei comparti alimentare, del vetro, dei laterizi, della fabbricazione di macchine per l’agricoltura, di mobili ed edile. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva. Sebbene non figuri tra le mete turistiche più celebrate della zona, possiede comunque valide risorse il cui sfruttamento potrebbe portare a un incremento della presenza turistica sul posto. Offre, infatti, a quanti vi si rechino, la possibilità di godere delle bellezze dell’ambiente naturale, di gustare i semplici ma genuini prodotti locali ed effettuare interessanti escursioni nei dintorni. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciL’area nella quale sorge l’abitato è abitata in epoca prenuragica, nuragica, punica e romana, come attestato dalla presenza nel territorio di diverse testimonianze archeologiche. Durante il Medioevo, dall’undicesimo secolo, appartiene al Giudicato di Càralis dove fa parte della curatoria della Trexenta. Nel 1258, alla caduta del Giudicato, il territorio passa per breve tempo al Giudicato di Arborea, finché nel 1295 il giudice Mariano II lascia in eredità i territori dell’ex Giudicato di Càralis alla repubblica di Pisa, feudo dei Visconti. Nel 1324 il paese passa, insieme a tutti i centri delle ex curatorie di Trexenta e di Gippi, agli Aragonesi. Nel 1421 il villaggio, con tutti gli altri paesi della ex curatoria della Trexenta, viene dato in amministrazione a Giacomo de Besora, che nel 1434 ne ottiene la concessione feudale. Nel 1497 il paese viene unito alla conte di Villasor, feudo di Giacomo de Alagón, e nel 1594 la conte è trasformata in Marchesato. Il paese risulta in gran parte spopolato in seguito alla epidemia dì peste tra il 1651 ed il 1655, ed in seguito a quella più terribile del 1681 che decima la popolazione. Nel 1703 il feudo viene donato da Artale de Alagón alla figlia Isabella, sposata con Giuseppe da Silva. Ai Da Silva Alagón è riscattato nel 1839 con l’abolizione del sistema feudale. resta nella Provincia di Cagliari fino alla riforma del 2016, quando il paese viene aggregato alla nuova Provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a GuasilaA Guasila sono attivi il Gruppo Folk Santa Maria dell’Associazione Turistica Proloco di Guasila ed il Gruppo Folk Costumantzias di Guasila, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località. A Guasila non vi si svolgono particolari manifestazioni folcloristiche o religiose che potrebbero allietare il borgo e richiamare visitatori dai dintorni. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Guasila, vanno citate il primo martedì dopo Pentecoste, la Festa della Madonna d’Itria; a maggio la Festa campestre chiamata L’Asfodelo; il 15 agosto, si svolge la Festa di Maria Santissima Assunta, che è la Patrona, preceduta il 13 dalla Vestizione della Vergine, il 14 dalla Caccia alla giovenca, e dalla Processione con il simulacro della Vergine per le strade del paese, seguita il 15 dal noto Palio di Santa Maria. Dopo di questa, a settembre si svolge la Festa della Madonna del Rimedio, alla quale accorrono numerosi fedeli dai centri agricoli della Trexenta, della Marmilla e del Campidano, che dà inizio al nuovo anno agrario, con i festeggiamenti che iniziano il lunedì con la processione del simulacro della Vergine; ed inoltre l’8 dicembre, Guasila si veste a Festa e sfoggia il suo abito più bello per la manifestazione Saboris Antigus, e fa conoscere a tutti i visitatori le sue bellezze e le sue eccellenze enogastronomiche, culturali, storiche, religiose, architettoniche e paesaggistiche. La Caccia alla giovencaLa Caccia alla giovenca, ossia Sa cassa de S’acchixedda, si tiene il 14 agosto, preceduta la notte del 13 dalla notte bianca in attesa della caccia. All’alba del 14 una giovenca, chiamata in sardo Acchixedda o Bacchixedda, lasciata libera nelle campagne del paese, viene inseguita in una specie di caccia, dai giovani scapoli del paese, rigorosamente a cavallo, in una gara in cui vince chi riesce a prenderla per le corna al laccio, ossia A corrus limpius. Le origini del gioco rituale sono incerte, ma molto probabilmente precristiane, dato che la Festa rappresenta un antico rito esorcistico, e attraverso la corsa e la cattura dell’animale, simbolo delle forze malefiche che possono contagiare, si purifica il paese nei giorni di festa, quando, a poche ore di distanza da quella corsa, passerà per le vie del paese il simulacro della Vergine, portando benedizione. anticamente l’animale, dopo la cattura, veniva macellato e le carni distribuite ai poveri del paese, oggi invece viene restituita al proprietario. Il Palio di Santa MariaIl Palio di Santa Maria è una manifestazione sportiva e culturale che si tiene il pomeriggio del giorno di Ferragosto, ed è noto anche come Palio dei comuni in quanto ogni cavallo corre in rappresentanza di un comune. La sua principale peculiarità sta nel fatto che Curri a su pannu, ossia che i cavalli vengono cavalcati a pelo, senza l’ausilio della sella, usanza tanto in voga localmente e in tutta la Sardegna. Pur con le numerose differenze, rispetto alle corse di un tempo, il Palio conserva integro lo spirito di manifestazione sportiva e religiosa insieme, con varie fasi che si susseguono, dalla benedizione del drappo, Su pannu, e dei partecipanti, alle batterie di qualificazione, dietro un tifo sfrenato degli spettatori, per giungere al grande momento della finale, con un vero e proprio tripudio dei presenti. Al vincitore, con una cospicua somma di denaro e un trofeo offerto dal comune, viene affidato, sino all’anno successivo, Su pannu, il drappo ricamato in oro zecchino, raffigurante la Vergine Assunta che veglia sul paese. Visita del centro di GuasilaL’abitato, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l’andamento altimetrico tipico delle località pianeggianti. L’abitato di Guasila è costituito da diversi piccoli rioni chiamati in sardo Bixinaus, cioè vicinati. Arriviamo a Guasila da sud est con la SS547 di Guasila che, passato il cartello segnaletico che indica l’abitato, assume il nome di via Cagliari. La chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta eretta a Santuario diocesanoEntriamo dell’abitato da sud est con la via Cagliari che, percorsi seicento metri, incrocia la via Teologo Melas. Superiamo l’incrocio, dopo il quale la strada prosegue con il nome di via Segariu, percorriamo centocinquanta metri e svoltiamo a destra nella via Roma che, percorsi duecentoventi metri, arriva a un bivio, dove a sinistra parte la via Alessandro Manzoni, mentre a destra continua la via Roma, e, in una cinquantina di metri, sbocca sulla piazza Municipio. In piazza Municipio, alla destra, si affaccia l’imponente chiesa della Beata Vergine Assunta che è la parrocchiale di Guasila, uno dei più importanti monumenti del paese, la cui sede si trova sul fianco sinistra, al civico numero 4 della via Teologo Melas. La nuova chiesa viene eretta tra il 1842 e il 1852 in stile palladiano su progetto risalente al 1839 dell’architetto Gaetano Cima, e costituisce uno dei più significativi esempi di architettura neoclassica in Sardegna. Per la realizzazione del progetto, Gaetano Cima ha tenuto conto dei dettami contenuti ne I quattro libri dell’architettura del palladio, dove la pianta circolare viene indicata come la più adatta ai luoghi di culto, e si è ispirato a modelli quali il Pantheon di Roma e la torinese chiesa della Gran Madre di Dio. La chiesa è stata costruita sull’area di una chiesa più antica demolita per far spazio all’attuale, della quale resta il campanile alto 35 metri, che risale al diciassettesimo secolo, il quale affiancava la preesistente parrocchiale anch’essa intitolata a Santa Maria e attestata in un documento ascrivibile al 1340 o 1350.La chiesa è preceduta da un pronao, il cui timpano è sorretto dai due pilastri angolari e da sei colonne, e sul lato destro si eleva la torre campanaria. La parrocchiale presenta una pianta ottagonale, ed il corpo centrale è costituito da una grande rotonda sovrastata da una cupola di notevoli dimensioni completata nel 1930, sulla cui sommità c’è una lanterna che rende la chiesa molto luminosa. L’aula interna è a pianta circolare, con le pareti scandite da otto colonne, le quali affiancano i quattro grandi pilastri che reggono la cupola. I dipinti che ornano la volta, con motivi floreali, vennero eseguiti su disegni appositamente preparati dal Cima, mentre i quattro pennacchi presentano i tondi, olio su tela, con gli Evangelisti, opera di Antonio Caboni. Il presbiterio, separato dall’aula da una balaustra marmorea, accoglie l’altare maggiore, in marmi policromi, e nella nicchia centrale, tra angeli, si trova la statua dell’Assunta, titolare della chiesa. Ai piedi del tabernacolo sono conservate le reliquie dei Santi Primo, Engrata e Benigno, depositate in un’urna murata, sotto una pietra nera, in occasione della consacrazione della parrocchiale nel 1903. Tra le colonne dell’aula si aprono sei cappelle, due delle quali, dette maggiori, sono la Cappella di Santa Maria, nella quale si conserva un’antica statua di San Pietro Apostolo che probabilmente era custodito nel non lontano villaggio di Sennoru oggi scomparso, e che custodisce anche il simulacro della Dormitio Virginis, il quale viene rivestito di ricchi abiti e gioielli per essere esposto al centro della chiesa durante i giorni della Festa patronale dell’Assunta; e la Cappella del Cristo Morto, che ospita un simulacro di Cristo attribuito a Giuseppe Antonio Lonis. Le quattro cappelle minori che ospitano altari marmorei e statue, sono dedicate rispettivamente a San Giuseppe, all’Immacolata Concezione, alla Madonna d’Itria ed a Sant’Antonio da Padova. Fanno parte del patrimonio artistico della chiesa anche alcuni arredi dell’antica parrocchiale, quali il pulpito del 1801, ed il fonte battesimale. Nel 2002, in occasione del centocinquantesimo anno dall’inaugurazione e alla vigilia del centenario della consacrazione, l’Arcivescovo metropolita di Cagliari, Monsignor Ottorino Pietro Alberti, ha eretto la chiesa parrocchiale di Guasila a Santuario diocesano, ossia un luogo ritenuto sacro dall’Ordinario diocesano. A Guasila 15 agosto, si svolge la Festa di Maria Santissima Assunta, che è la Patrona del paese, preceduta il 13 dalla Vestizione della Vergine, quando nella Cappella a lei dedicata le donne del paese provvedono alla vestizione della Vergine dormiente. La notte tra il 13 ed il 14 si tiene la notte bianca in attesa della Caccia alla giovenca, che abbiamo già descritta. Sempre il 14, dopo la Caccia, il simulacro della Vergine viene portato nella Processione sul suo letto dorato attraverso le strade del paese accompagnato dai cavalieri e dai gruppi folk. La processione è seguita, infine, il 15 dal noto Palio di Santa Maria, la tradizionale corsa dei cavalli anch’essa già descritta. Processioni si svolgono anche i giorni successivi. La vestizione della Dormitio virginis è un’antica tradizione dalle chiare origini bizantine, che si tiene solo in altre 138 Chiese italiane. Il rito trae origine dalla diatriba, che dai primi secoli del cristianesimo si è trascinata a lungo, sul fatto che la Vergine possa essere morta oppure no. La diatriba viene risolta solamente nel 1954 dal papa Pio XII, il quale stabilisce il dogma dell’Assunzione di Maria Vergine. L’oratorio del RosarioGuardando la facciata della chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta, alla sua destra di vede l’oratorio del Rosario un piccolo oratorio settecentesco, laterale alla parrocchiale, che costeggia la via Teologo Melas. L’oratorio risulta operante in Guasila sino dal cinquecento, quando veniva chiamato Obraria de Nostra Senora del Rosser. A Guasila operava una sola Confraternita religiosa, la quale si adunava nell’oratorio del Rosario, ed alla Confraternita del Santo Rosario, titolare dell’oratorio, era anche intitolata un tempo la Cappella oggi dedicata a San Giuseppe nella chiesa parrocchiale, successivamente a lui dedicata per la forte devozione a questo Santo presente nel paese. Il palazzo rettoraleAd angolo, alla destra della via Roma che sbocca sulla piazza, affacciato sulla piazza, si trova il Palazzo rettorale che risale al 1812 quando il sacerdote Giuseppe Lorenzo Bardi, rettore di Guasila dal 1801 al 1828, lo ha fatto costruire con la speranza che Guasila venisse scelta come sede vescovile, a seguito della soppressione della diocesi di Dolia, che era l’attuale Dolianova. È difficile, comunque, capire una costruzione ad uso privato, così maestosa sia all’interno che fuori, per un piccolo centro della Trexenta. L’ex Monte Granatico che ospita il Teatro Fratelli MedasDi fronte alla chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta, alla sinistra di dove è arrivata la via Roma, parte la via Gaetano Cima, subito alla destra della quale si vede il fianco dell’edificio che ospitava il Monte Granatico La cui facciata si affaccia sulla piazza Muncipio. Il Monte Granatico, che risale al 1767, aveva la funzione di deposito del grano, allo scopo di distribuirlo ai contadini che vivevano in condizioni di pura sussistenza quando, per il bisogno, erano costretti a mangiare anche quanto doveva essere riservato alla semina, oppure erano costretti a rivolgersi agli usurai, e dopo la distribuzione avevano l’obbligo di restituzione. Nei locali dell’ex Monte Granatico ristrutturato, è stato realizzato il Teatro Fratelli Medas da Gian Luca, figlio di Mario Medas, l’ultimo dei fratelli che hanno fondato la compagnia teatrale in lingua sarda Famiglia d’arte Medas. Il Museo d’arte religiosa Scrinia sacraIl lato sinistro dell’edificio che ospitava il Monte Granatico, si affaccia su una stretta strada in discesa che parte dalla via Gaetano Cima e scorre parallela ad essa, per poi curvare a destra, e sulla quale dopo la curva si affaccia il vecchio Municipio di Guasila. Nel complesso architettonico costituito dall’ex Monte Granatico e dall’ex Municipio è situato il Museo d’arte religiosa chiamato Scrinia sacra. In questo Museo sono esposti oggetti liturgici e devozionali e paramenti sacri provenienti dal Santuario della Beata Vergine Assunta. La struttura museale è nata nel 2008, grazie all’accordo tra l’amministrazione Comunale di Guasila, la parrocchia e la curia arcivescovile di Cagliari. Le sale espositive della sezione argenti e paramenti sono state ricavate negli ambienti delle ex Carceri Mandamentali, di recente ristrutturazione. Il MunicipioDi fronte alla chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta, alla sinistra di dove è arrivata la via Roma, parte la via Gaetano Cima. Percorsa verso nord per una cinquantina di metri, alla sinistra della via Gaetano Cima, al civico numero 7 di questa strada, si trova l’ingresso del nuovo Municipio di Guasila, che ospita la sua sede e gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Gli uffici che costituiscono la struttura organizzativa del comune sono quelli presenti nella sua area Amministrativa, nell’area Economica Finanziaria, nell’area Tecnica, nell’area Vigilanza, e nella sua area Socio Culturale. La chiesa di Santa Lucia Vergine e MartireProseguendo verso nord lungo la via Gaetano Cima per una cinquantina di metri dopo il Municipio, si prende a destra la via Santa Lucia e, dopo una trentina di metri, si vede, alla destra della strada, la facciata della piccola chiesa di Santa Lucia Vergine e Martire. Si ritiene che Il primo impianto dell’edificio risalga alla seconda metà del seicento. La facciata con terminale piano è sovrastata da un ampio campanile a vela, e, sopra il semplice portale decorato con due mensole a modiglione, vi è una piccola finestra ellittica. L’interno è scandito da due archi ogivali a diaframma che ripartiscono il peso della copertura lignea. Nella parete destra si aprono due arcate, forse in origine pensate come cappelle, che immettono in una sorta di navata laterale frutto di un ampliamento successivo. Dell’antico altare si conservano solamente le tre nicchie ricavate nella muratura. Gli arredi sono andati quasi tutti dispersi ad eccezione dell’acquasantiera in pietra, priva del fusto, risalente al periodo di costruzione della chiesa, mentre quella in marmo, posta nell’ingresso secondario, è stata ricavata in un frammento di balaustra settecentesca in marmo. La chiesa è stata restaurata nel 1841, quando ha assunto la funzione di parrocchia succursale, durante il lungo periodo nel quale è stata demolita la vecchia parrocchiale per la costruzione di quella nuova progettata da Gaetano Cima. In seguito, negli anni sessanta del novecento, l’edificio versava in condizioni di degrado e minacciava di crollare, così nel 1975, grazie al contributo dei cittadini di Guasila, è stato oggetto di un intervento risolutore. I ruderi della chiesa campestre di San Marco EvangelistaPassata la deviazione nella via Santa Lucia, proseguiamo verso nord con la via Gaetano Cima per seicento metri, poi svoltiamo a destra in via San Luca e, dopo centosettanta metri, a sinistra in via San Marco. La seguiamo per meno di cento meri, e vediamo, alla sinsitra della strada, su un’altura, i ruderi della chiesa campestre di San Marco Evangelista La cui esistenza è documentata tra il cinquecento ed il seicento, insieme a quella di altre sette Chiese distrutte, che erano intitolate rispettivamente a Santa Giusta Vergine Martire, a San Giovanni Battista, a Sant’Antonio da Padova, a San Sebastiano, a Santa Sofia Vergine Martire, a San Gemiliano, ed a San Raimondo Nonnato. Gli impianti sportiviPer visitare gli impianti sportivi di Guasila, arrivando da est con la via Cagliari, cento metri prima dell’incrocio con la via Teologo Melas dopo il quale la strada prosegue come via Segariu, ossia a cinquecento metri dal cartello di ingresso nell’abitato, prendiamo la via Trento verso destra, ossia in direzione nord. Seguiamo la via Trento per centottanta metri, poi svoltiamo a destra in via don Caria, che, dopo centotrenta metri, continua sul largo Padre Mirto, e in una settantina di metri troviamo, alla destra della strada, l’ingresso del Campo Sportivo Comunale di proprietà del comune di Guasila. All’interno di questo Campo Sportivo Comunale si trova un Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare 300 spettatori, e vicono ad esso si trova una Pista d’atletica leggera, nella quale praticare come discipline. Nel Campo da Calcio gioca il Guasila, squadra partecipante al campionato di calcio di Prima Categoria, nel girone B della Sardegna. Vicino al Campo da Calcio sono presenti un Campo da Calcetto, ossia da Calcio a cinque, con fondo in erba sintetica, dotate di tribune in grado di ospitare 150 spettatori; tre Campi da Tennis, non dotati di tribune; due Piste da bocce, anch’esse senza tribune. Nel Campo Sportivo comunele è presente, inoltre, una Palestra, dotata di tribune in grado di ospitare 60 spettatori, nella quale praticare, come discipline, il tennis, la pallacanestro, la pallavolo, ed anche altre Attività diverse. Il Cimitero Comunale di GuasilaPer visitare il Cimitero di Guasila, arrivando da est con la via Cagliari, cento metri prima dell’incrocio con la via Teologo Melas dopo il quale la strada prosegue come via Segariu, ossia a cinquecento metri dal cartello di ingresso nell’abitato, prendiamo la via Trento verso sinistra, ossia in direzione sud. Seguiamo la via Trento per duecentocinquanta metri, poi la strada si immette sulla via Roma che, in quattrocento metri, ci porta a vedere, alla destra della strada, il cancello di un piccolo parco che porta al Cimitero. Circa cento metri più avanti, dopo aver costeggiato il suo muro di cinta, si trova, alla destra della strada, in vero e proprio ingresso del Cimitero Comunale di Guasila. Visita dei dintorni di GuasilaVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Guasila, sono stati portati alla luce i resti delle Tombe di giganti Sa Mandara I, e Sa Mandara II; del Protonuraghe Is Paulis; dei Nuraghi semplici Bruncu Brunicas, Carrogas, Dei, Pau; e dei Nuraghi complessi Sa Cotti de su Corr ’e Campu, e Santa Giusta. Il Galoppatoio ComunaleDalla via Cagliari prendiamo la via Segariu, la seguiamo per duecentocinquanta metri, poi svoltiamo a destra in via Villanovafranca, che esce dall’abitato verso nord come SP35 dirigendosi appunto in direzione dell’abitato di Villanovafranca. Dopo due chilometri e trecento metri, vediamo, alla sinistra della strada, il cancello di accesso al Galoppatoio Comunale di Guasila, di proprietà del comune di Guasila e gestito dall’Associazione Ippica Guasilese, dotato di tribune in grado di ospitare 300 spettatori. Nel Galoppatoio Comunale si svolgono diverse manifestazioni equestri, compreso, il 15 agosto di ogni anno, il Palio di Santa Maria, che si svolge durante la Festa di Maria Santissima Assunta. La necropoli nuragica di Sa MandaraDalla via Cagliari prendiamo la via Segariu, la seguiamo per quattrocento metri, poi svoltiamo a sinistra in via Serrenti, che esce dall’abitato verso sud ovest come strada bianca, chiamata la Strada Comunale Santu Milanu. Dopo novecento metri arriviamo a un bivio, dove prendiamo verso destra proseguendo con questa la Strada Comunale, la seguiamo per quasi un chilometro ed incrociamo una traversa, qui prendiamo a destra l’tinerario per la necropoli nuragica di Sa Mandara che percorriamo per circa un chilometro. Il percorso per la necropoli si snoda su una strada sterrata che costeggia un’azienda agricola, l’ultimo tratto, invece, si percorre verosimilmente a piedi per i campi. La Necropoli nuragica di Sa Mandara comprende due Tombe di giganti, che sorgono su un piccolo rilievo marnoso, ad una distanza l’una dall’altra di poco più di ventisette metri. Le pareti di entrambe le tombe sono costituite da grossi blocchi in arenaria, quadrangolari e trapezoidali isodomi, disposti su due filari residui, mentre nessuna lastra del soffitto è stata trovata, come non si sono trovate le esedre. La Tomba di giganti di Sa Mandara I ha restituito, dopo lo scavo, un corpo di una lunghezza totale di circa dieci metri, con un corridoio pressochché rettangolare largo tra un metro e novanta e due metri e venti, e da essa proviene un vago di collana in pasta vitrea di colore blu a forma prismatica con scanalature elicoidali esterne e foro longitudinale. La Tomba di giganti Sa Mandara II, di dimensioni inferiori, ha restituito un corridoio rettangolare lungo quattro metri e mezzo, con una larghezza di un metro e settantacinque all’ingresso e di un metro e sessanta nel suo fondo, e da essa provengono un pugnaletto in bronzo del tipo a Losanga, alcuni frammenti bronzei attribuibili forse ad una lama, un bottone bronzeo a doppia perforazione, un vago di collana in ambra, due elementi di collana in pasta vitrea, un elemento in osso frammentato interpretato come bottone, e scarsi elementi ceramici, tre dei quali relativi ad una piccola ciotola carenata. Le due tombe, pesantemente sconvolte e danneggiate da scavi clandestini, hanno restituito un notevole numero di reperti ossei, e dall’esame dei crani rinvenuti si evidenzia una diffusa dolicocefalia. Il Santuario dedicato a Nostra Signora d’ItriaDalla via Cagliari prendiamo la via Segariu, la seguiamo per centocinquanta metri e, dove parte a destra la via Roma, prendiamo invece a sinistra la via Vergine d’Itria, e, dopo trecentocinquanta metri, arriviamo a un bivio, dove prendiamo a destra la strada rurale asfaltata che esce dall’abitato. Dopo quasi tre chilometri, troviamo la deviazione sulla sinistra, in una strada bianca che, in circa duecento metri, ci porta al Santuario dedicato a Nostra Signora d’Itria edificato nella seconda metà del tredicesimo secolo, durante la dominazione pisana, in stile romanico, e successivamente modificato nel tempo. È conosciuta come Santa Maria de Bangiu, dal nome della villa medievale di Bangiu de Aliri, di cui era la parrocchiale, sorto sulle rovine dell’insediamento romano di Funtana de Bangiu. La villa medioevale, che faceva parte della Curatoria di Trexenta, è documentata sino dal 1219, per poi scomparire, come tante altre, in seguito alle conseguenze causate dai sanguinosi conflitti per la conquista della Sardegna, mentre, secondo la leggenda, l’abitato sarebbe stato distrutto dalla Musca Maccedda, e gli abitanti superstiti, accolti nel vicino insediamento di Guasila, avrebbero dedicato la chiesa a Santa Maria, come ringraziamento per averli salvati. In realtà, invece, la chiesa romanica, edificata su una più antica, ha cambiato l’intitolazione quando il culto della Madonna d’Itria si è diffuso in Sardegna in seguito alla caduta di Costantinolpoli, avvenuta nel 1453. della chiesa, la facciata, realizzata in regolari cantonetti di arenaria grigia, con una fila di archetti a tutto sesto, è l’unico elemento rimanente della struttura originaria, lievemente rimaneggiata, mentre le altre parti strutturali, compreso il campanile a vela, sono state ricostruite nel tempo, utilizzando in parte il materiale primitivo. Agli angoli superiori del prospetto frontale sono inseriti dei capitelli con decorazioni a foglie appuntite, che insieme ad altri fregi, contribuiscono all’abbellimento della supeficie. Il portico, che protegge l’ingresso lunettato, risale molto probabilmente al diciassettesimo secolo, con la funzione di riparo per i pellegrini. L’aula, scarsamente illuminata, è dotata di piccola abside, attualmente tamponata, davanti alla quale è collocato il prezioso altare che risale alla seconda metà del settecento, sul quale è piazzata la pregevole pala dipinta che reca la splendida iconografia della Vergine con le mani alzate, mentre invita a glorificare il Bambino Gesù benedicente. La Vergine è effigiata su una cassa tenuta a spalla da due calogeri con sullo sfondo un paesaggio. Il nome d’Itria è la contrazione di Odigitria, parola che significa Mostra la Via. Veniva così chiamato il tempio che si trovava a Costantinopoli, eretto per custodire ed onorare un quadro che raffigurava la Madonna. Non si sa come la venerazione della Madonna d’Itria sia giunta in Italia, ma si ritiene che il suo culto possa essere legato a un quadro della Vergine dipinto da San Luca Evangelista. Il culto della Vergine d’Itria a Portoscuso sembra risalire al periodo dell’attività della tonnara, ed è attestato fino dal 1630, ed il sito attuale nel quale sorge la chiesa dovrebbe corrispondere a quello, dove, nel 1655, il marchese Vivaldi Pasqua fece costruire una piccola chiesa col medesimo titolo. Il quadro raffigurante la Madonna d’Itria, secondo una tradizione popolare, era stato portato nella chiesa dove, durante un’incursione saracena, venne colpito da alcuni proietili. Dopo molti anni, il proprietario della tonnara lo portò a Genova per farlo restaurare, ma da dove il quadro non fece più ritorno a Portoscuso, ed in sua sostituzione, vi venne portato il simulacro che riproduceva la Santa. |
La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua seicentesca della titolare che è custodita nella chiesa parrocchiale, attribuita allo scultore Giuseppe Lonis di Senorbì, e protagonista di una leggenda secondo la quale gli abitanti del vicino paese di Samatzai la trafugarono, ma questa, autonomamante fece rientro alla propria sede. A Guasila, il primo martedì dopo Pentecoste si svolge la Festa della Madonna d’Itria. Dopo il triduo preparatorio in parrocchia, la sera del lunedì il simulacro viene portato in processione dalla parrocchiale al Santuario a lei dedicato. Il martedì, che è il giorno solenne, si tengono varie celebrazioni, una processione nella campagna circostante, ed in serata un rientro della Santa in paese, con una fiaccolata. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Guasila ci recheremo a Guamaggiore che visiteremo con le Chiese presenti nel suo centro ed i suoi dintorni. |