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La città di Ittiri con le sue importanti aree archeologiche dove è stato rinvenuto il bronzetto dell’aulete di Ittiri


In questa tappa del nostro viaggio, evitata la deviazione a Putifigari torneremo a Uri, da dove ci recheremo nella città di Ittiri a visitare l’abitato con i suoi dintorni e le sue importanti zone archeologiche.

La regione storica del Sassarese chiamata anche Logudoro Turritano

Il SassareseIl Logudoro è stato, nel periodo medioevale, uno dei quattro Giudicati che ha avuto come capoluogo prima Porto Torres, in seguito Ardara, ed infine Sassari. Oggi possiamo dividere questa regione in tre parti: Logudoro Turritano, il cosiddetto Sassarese, a nord; il Logudoro Meilogu a ovest; ed il Logudoro Montacuto a est. Più in particolare, il Sassarese (nome in lingua sarda Su Tataresu) è tutta un’area con una forte impronta agropastorale, con splendidi panorami, dominati da rilievi d’origine vulcanica, ampi tratti pianeggianti, scarse foreste che interrompono le grandi distese di pascoli. L’antico popolamento della zona, territorio ideale per i popoli preistorici dal punto di vista ambientale, è testimoniato dai cospicui resti archeologici, cui si aggiungono alcuni notevoli monumenti medioevali. I comuni che fanno parte del Sassarese sono Cargeghe, Codrongianos, Florinas, Ittiri, Monteleone Rocca Doria, Muros, Osilo, Ossi, Ploaghe, Putifigari, Romana, Sassari, Tissi, Uri, Usini, Villanova Monteleone. Oggi alcuni considerano in questa ragione anche Porto Torres, che però attribuiamo alla Nurra. Si parla il Sassarese o Turritano, una lingua romanza nata intorno al dodicesimo secolo da una base toscano corsa, evolutasi poi autonomamente con influenze liguri, iberiche e soprattutto sardo logudoresi.

In viaggio verso Ittiri

Da Uri prendiamo la SP41, dopo poco più di tre chilometri, questa strada si immette sulla SP15M, che seguiamo verso sud est. Superiamo i resti dell’Abbazia di Nostra Signora di Paulis, che si trova ancora in territorio di Uri anche se, per alcuni, apparterebbe al territorio di Ittiri. Seguita la SP15M per sette chilometri, raggiungiamo l’abitato di Ittiri.

La città di Ittiri

Ittiri-Veduta dell’abitatoIttiri-Stemma del comuneLa città di Ittiri (pronuncia Ìttiri, nome in lingua sarda Itiri Cannedu, altezza metri 400 sul livello del mare, abitanti 8.069 al 31 dicembre 2021) è un grosso centro collinare di origine preistorica che basa la sua economia sull’agricoltura e sulla zootecnia, situato ad ovest dell’altopiano Logudoro, e posto sul versante meridionale del monte San Giovanni, alto 457 metri. L’abitato è situato nell’entroterra della costa algherese, ed è raggiungibile con la SS131bis di Carlo Felice. Il suo territorio Comunale, ricco di corsi d’acqua e sorgenti, e comprensivo del bacino artificiale del lago del Cuga, che è diviso con il comune di Uri, presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate.

Questa città fa parte dell’Associazione nazionale delle città dell’Olio

Questo paese fa parte dell’Associazione delle città dell’OlioQuesto paese fa parte dell’Associazione nazionale città dell’Olio, che ha tra i suoi compiti principali quello di divulgare la cultura dell’olivo e dell’olio di oliva di qualità, tutelare e promuovere l’ambiente ed il paesaggio olivicolo, diffondere la storia dell’olivicoltura, e garantire il consumatore attraverso le denominazioni di origine. Le città dell’Olio in Sardegna sono ad oggi Alghero, Berchidda, Bolotana, Bosa, Cuglieri, Dolianova, Escolca, Genuri, Gergei, Giba, Gonnosfanadiga, Ilbono, Ittiri, Masainas, Olbia, Oliena, Orgosolo, Orosei, Osini, Riola Sardo, Samatzai, Santadi, Seneghe, Serrenti, Siddi, Sini, Uri, Usini, Ussaramanna, Vallermosa, Villacidro, Villamassargia.

Origine del nome

La sua denominazione, attestata in documenti medievali, appare come Ithir, Ithiri, Issir, Isser. Non se ne conosce l’origine, ma dato che il paese viene chiamato anche Ittiri Cannedu, si può ritenere che Ittiri sia stato originato dalla migrazione degli abitanti dell’antico villaggio di Cannedu, così chiamato per l’abbondanza di canneti nelle vicinanze, verso la zona in cui sorge attualmente il paese. Si può, quindi, ritenere che il nome Ittiri provenga da Iter in cannetum, e che derivi dal latino Iter, ossia strada, ad indicare la strada che collegava il Meilogu con il Logudoro ed il Goceano. Secondo altri studiosi, l’nome potrebbe, invece, derivare dal fenicio Hatar, ad indicare abbondanza e fertilità.

La sue economia

Ittiri-La produzione di carciofiSi tratta di una antica città del Logudoro, nota per le attività economiche legate alla lavorazione del ferro e della trachite, di cui molte case ittiresi sono adornate, all’artigianato tessile, alla produzione di tappeti ed al ricamo. Il settore primario è specializzato nella coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, soprattutto carciofi per la cui produzione Ittiri è particolarmente noto, oltre a foraggi, viti, ulivi, agrumi e frutta, ed anche nell’allevamento dei bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L’industria è costituita da piccole aziende che operano nei comparti alimentare, lattiero caseario, della lavorazione del legno, dei materiali da costruzione, dei laterizi ed edile. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva e dell’insieme dei servizi. Molto fiorente è, ad Ittiri, la produzione agroalimentare, soprattutto di carciofi della varietà spinoso sardo, di dolci, miele, salumi, formaggi, e di olio. Il comune di Ittiri fa parte, infatti, delle città dell’Olio. L’estrema vicinanza al Logudoro, le bellezze naturali del suo territorio, tutelate e valorizzate dalla locale Comunitàmontana, e le numerose testimonianze del suo antico passato la rendono meta di un significativo afflusso di turisti. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ed anche di soggiorno.

Brevi cenni storici

L’origine preistorica del territorio è attestata dai numerosi Nuraghi presenti, dalle numerose domus de janas, che in questa zona prendono il nome di Coroneddos, mentre è scomparsa ogni traccia dei Dolmen. Successivamente vengono realizzati alcuni insediamenti riferibili al periodo della Roma repubblicana e imperiale, e vi viene costruita una strada ausiliaria. I primissimi abitanti di cui si conoscono notizie storiche sono i cosiddetti Coracensi, l’antica trib della Sardegna descritta da Tolomeo che abitavano a sud dei Tibulati e dei Corsi ed a nord dei Carenses e dei Cunusitani. In età giudicale è capoluogo dell’omonima curatoria. Nel periodo medioevale, in seguito alla costituzione dei quattro regni indipendenti, Ittiri fa parte del Giudicato di Torres, nella curatoria di Coros, ed i monaci cistercensi vi costruiscono diverse Chiese e monasteri. Con la caduta del Giudicato di Torres, Ittiri si posiziona al centro delle continue lotte tra i Doria, gli Arborea e gli Aragonesi. Questi ultimi, riuscendo ad avere la meglio sugli avversari, la uniscono alla vicina Uri e formano un’unica Baronia, trasformata, in seguito, in conte dai Savoia.

Nel 2000 Ittiri viene elevata al rango di città

Dopo la costituzione della repubblica Italiana, Ittiri nel 2000 viene elevata da Carlo Azeglio Ciampi al rango di città con Decreto del Presidente della repubblica del 24 aprile 2000.

Le principali personaggi nati a Ittiri

Ad Ittiri è nato il politico italiano Giuseppe Pisanu.

Ittiri: il politico Giuseppe Pisanu detto BeppeNativo di Ittiri è il politico Giuseppe Pisanu detto Beppe, nato nel 1937, che si laurea in Scienze agrarie all’Universitàdegli Studi di Sassari e contemporaneamente milita nell’organizzazione universitaria della Democrazia Cristiana, partito che percorre fino a diventare il capo della segreteria politica nazionale dal 1975 al 1980 con Benigno Zaccagnini, durante gli anni del compromesso storico con il PCI. Dal 1972 viene eletto deputato della Democrazia Cristiana, per divenire Ministro per l’Attuazione del Programma di Governo dal 2001 al 2002, poi Ministro dell’Interno nel secondo e terzo governo Berlusconi dal 2002 al 2006. Successivamente nella seconda repubblica aderisce a Forza Italia e al Popolo della libert , e nella sua ultima legislatura diviene il Presidente della Commissione parlamentare Antimafia dal 2008. Nel dicembre del 2012 lascia il Popolo della Libertà ed aderisce al progetto politico di Mario Monti, con la quale non viene per candidato alle elezioni politiche del 2013.

Le principali feste e sagre che si svolgono a Ittiri

Ittiri-Sfilata dell’Associazione Culturale e Folclorica 'Ittiri Cannedu' di IttiriA Ittiri è attiva l’Associazione Culturale e Folkloristica Ittiri Cannedu, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località. Nelle loro esibizioni è possibile ammirare il bel costume tradizionale di Ittiri. Tra le principali feste e sagre che si tengono a Ittiri vanno citate le celebrazioni per la Settimana Santa; a fine marzo o ai primi di aprile la manifestazione Prendas de Ittiri, ossia gioielli di Ittiri, una fiera dei prodotti agroalimentari e dell’artigianato ittirese; il 13 giugno, la Festa di Sant’Antonio da Padova; il 24 giugno, la Festa di San Giovanni Battista; il 29 giugno, la Festa di San Pietro in Vincoli, che è il Santo patrono di Ittiri; il 16 del mese di luglio la Festa di Nostra Signora del Carmelo patrona dei muratori; la terza settimana di luglio si svolge la Ittiri Folk Festa, rassegna internazionale di canti musiche e danze popolari, con una sfilata nelle vie della città, mostra dell’antiquariato, esposizione e degustazione prodotti tipici locali; a fine luglio, la Festa di San Pasquale Babylon; la prima settimana di agosto, la manifestazione IttiRitmi, che è una rassegna internazionale di musica etnica; il 3 settembre, la Festa della Madonna della Salute patrona dei commercianti, con celebrazioni religiose e con la processione in costume; l’8 settembre, la Festa di Nostra Signora di Coros, che accoglie numerosi pellegrini nella sua chiesa campestre; il 22 settembre si svolge la Festa di San Maurizio patrono dei muratori, nella sua chiesa campestre; il 4 ottobre, la Festa di San Francesco, con celebrazioni religiose e con la processione.

Ittiri-La Settimana Santa Ittiri-Prendas de Ittiri Ittiri-Festa di Sant’Antonio da Padova Ittiri-Festa di San Giovanni Battista Ittiri-Festa patronale di San Pietro Ittiri-Festa della Madonna del Carmelo Ittiri: ittiri Folk Festa Ittiri-Festa di San Pasquale Babylon Ittiri-Festa di Nostra Signora di Coros Ittiri-Festa di San Maurizio

Da segnalare, inoltre, un avvenimento che ad ogni edizione accresce la sua importanza, ed la Biennale della Scultura in Trachite, un concorso scultoreo al quale partecipano numerosi artisti provenienti anche dall’estero, i cui elaborati vengono esposti nel centro cittadino.

Visita del centro della città di Ittiri

Ittiri-Scultura in trachine nel centro storicoL’andamento altimetrico della città di Ittiri è di tipo collinare. L’abitato, interessato da forte espansione edilizia, è caratterizzato da antiche abitazioni con belle facciate in trachite, opera di abili scalpellini. Molte vie del centro sono ancora in lastricato, ed in particolare la parte alta della via Camillo Benso di Cavour è ancora in acciottolato. Entriamo in Ittiri da ovest provenendo da Uri con la SP15M e, dopo il ponte ed il cartello che indica il chilometro 18, incontriamo il cartello segnatico che indica l’ingresso in città. Tutto il centro ricco di case in pietra rossa vulcanica, di bei portoni in legno e di palazzine nobiliare in stile liberty. Nel centro sono esposte, inoltre, le opere realizzate per la Biennale della Scultura in Trachite.

Giardini pubblici di Ittiri o Parco delle Rimembranze

Passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno del centro abitato, la strada provinciale all’interno assume il nome di corso Vittorio Emanuele, e lo attraversa tutto da ovest ad est. Seguiamo il corso Vittorio Emanuele per circa duecentosettanta metri fino alla traversa a sinistra che è la via Iventi, ed il corso costeggia i Giardini Pubblici che si sviluppano alla sua sinistra, e che vengono chiamati anche il Parco delle Rimembranze, all’interno dei quali si trova l’Anfiteatro Comunale dei Giardini pubblici, che ospita diverse manifestazioni.

Ittiri: i Giardini pubblici di Ittiri Ittiri-Anfiteatro dei Giardini pubblici Ittiri-Anfiteatro della via Antonio Segni

Dopo la via Iventi, proseguiamo lungo il corso Vittorio Emanuele per altri centotrenta metri, poi svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Antonio Segni, alla destra della quale si trova l’altro più ampio Anfiteatro Comunale di via Antonio Segni.

La Palestra Comunale

Ritorniamo sul corso Vittorio Emanuele e, subito dopo aver visto partire a sinistra la via Antonio Segni, prendiamo a destra la via 25 luglio, lungo la quale dopo una trentina di metri, troviamo alla destra della strada al civico numero 94, l’edificio che ospita la Palestra Comunale di Ittiri. All’interno della Palestra è presente un Campo Sportivo Polivalente, dotato di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline Ginnastica, Pallacanestro e Pallavolo. Accanto alla Plaestra, è presente un Campo da Calcetto, con fondo in erba sintetica, dotato di tribune per una settantina di spettatori, nella quale praticare come disciplina il calcio a cinque.

Ittiri-Palestra Comunale: esterno Ittiri-Palestra Comunale: interno Ittiri-Palestra Comunale: il campo da Calcetto

Il Centro per le Arti e Tradizioni Popolari di Ittiri con il Teatro Comunale

Passata la Palestra Comunale, proseguiamo per circa duecento metri verso est lungo la via 25 luglio ed arriviamo a vedere, alla sinistra della strada al civico numero 59, l’ingresso del Centro per le Arti e Tradizioni Popolari di Ittiri, che comprende diverse sale espositive e museali, nelle quali viene illustrata la tradizione agropastorale e contadina di Ittiri. Il Centro comprende anche il Teatro Comunale di Ittiri, nel quale sono presenti circa 400 posti a sedere. Con i lavori di riqualificazione della struttura, nel 2022 gli ambienti, a partire dall’ingresso, sono stati trasformati, è stato installato un sipario, un proiettore e uno schermo per cinema, un service, un impianto acustico e tutte le attrezzature necessarie per una fruizione di tipo professionale.

Ittiri: ingresso del Centro per le Arti e Tradizioni Popolari di Ittiri Ittiri: interno del Teatro Comunale

La Villa Margherita o Villa Jole, detta anche Sa Villa

Ittiri-Villa Margherita o Villa Jole detta anche Sa VillaPassato l’ingresso del Centro per le Arti e Tradizioni Popolari di Ittiri, proseguiamo lungo la via 25 luglio, e dopo poco più di un centinaio di metri, subito dopo il civico numero 30, in una rientranza alla destra della strada si entra nel parco che circonda Sa Villa, detta anche la Villa Margherita o Villa Jole o Villa Jale, dal nome della famiglia nobile alla quale apparteneva. La Villa è localizzata su di un pianoro che all’epoca della sua costruzione dominava tutto il centro abitato, e la sua costruzione si ispira ad una tendenza che era molto cara all’alta borghesia degli inizi del novecento, la quale rappresenta il castelletto turrito, in pietra, su pianta asimmetrica, con elementi di ornamentazione architettonica tipici del quattrocento italiano.

Ittiri: ingresso della Comunità Integrata e Centro Diurno Sa VillaA Sa Villa sono ispirate diverse strutture di assistenza presenti sul territorio. Da dove avevamo preso la via 25 luglio, dopo una cinquantina di metri parte a destra la via Isabella Cossu, lungo la qiale si trovano, alla destra, i nuovi edifici che ospitano prima l’Asilo Nido Corocreo, che dispone di diversi ambienti nei quali vengono svolte le attivitàquotidiane di svago, gioco, studio e tanto altro ancora. E poco pi avanti gli edifici che ospitano la ComunitàIntegrata e Centro Diurno Sa Villa, una struttura Comunale che costituisce una casa di riposo pensata per assistere tutte quelle persone che vivono in una situazione di solitudine e isolamento, nella quale è possibile partecipare alle attivitàsociali, ricreative, e didattiche, senza perdere il contatto con la propria realt abitativa.

La chiesa parrocchiale di San Francesco con il suo convento

Ittiri-Veduta della chiesa di San FrancescoRitorniamo sul corso Vittorio Emanuele e proseguiamo a seguirlo da ovest verso est. Dopo poco più di duecento metri prendiamo sulla sinistra la via Sassari nella quale dopo centosessanta metri, al civico numero 60, troviamo su un rialzo la chiesa di San Francesco, alla quale si accede da una scalinata che sale dalla sottostante via Sassari. alla sinistra della facciata della chiesa, si trova il chiostro che ospita la Biblioteca Francescana, mentre alla sua destra si sviluppa prima il convento Francescano e poi l’oratorio. La chiesa e il relativo convento sono stati fondati per volontà del marchese di Valdecalzana, ricco feudatario del paese. La chiesa risale al 1610, ma il convento, sede dei Frati Minori, è stato costruito solo in seguito. Nel 1855 il convento è stato soppresso, e trasformato in caserma per Carabinieri, mentre una parte è divenuta Pretura Mandamentale, ed ai Frati è rimasta solo la chiesa ed il chistro. Nel 1901 sono iniziati i lavori per la realizzazione di un nuovo convento, inaugurato nel 1908.

La Biblioteca Francescana del convento di Ittiri si trova in un edificio storico costruito fra il 1610 e il 1707, che richiama l’architettura tipica dei conventi, con un chiostro quadrato e con un loggiato dotato di grandi aperture ad arco sul chiostro, e dal quale si accedeva alle celle dei frati e ai locali adibiti alle funzioni sia religiose che di vita comune. I locali della Biblioteca sono attigui alla chiesa di San Francesco, ed ancora oggi all’interno sono visibili le grandi arcate che formavano appunto il chiostro, mentre sulle pareti sono sistemati gli scaffali con i tanti libri consultabili. La biblioteca conserva ottantamila volumi, fra i quali circa 114 cinquecentine, volumi del seicento e del settecento, ma anche tanti libri dell’ottocento e altri moderni, che sino al 2012 erano ospitati nella sede originaria di San Pietro in Silki a Sassari.

Ittiri-Biblioteca Francescana: esterno Ittiri-Biblioteca Francescana: interno

La chiesa di San Francesco, stata edificata nel 1610. Tipica chiesa seicentesca, presenta un solo prospetto curato esteticamente, mediante un rivestimento in trachite rossa. Nel 1699 è stato costruito il campanile, con la condizione che il convento, che era dedicato a San Francesco, venisse dedicato all’Immacolata Concezione. Nel 1707 è stato, però, ridedicato a San Francesco. La chiesa ha subito dei rifacimenti tra il 1932 ed il 1938, quando sono stati riedificati il campanile e il prospetto, trasformato rispetto a quella originario, è stato rivestito con trachite rossa. Nel 1957 la chiesa ha assunto il ruolo di chiesa parrocchiale, e, nel 1978 i monaci la ampliano, nel lato verso la strada, trasformando nettamente la tipologia della pianta, che da rettangolare assume una forma ad L, con quattro cappelle laterali, e questa ultima ristrutturazione modifica totalmente le caratteristiche architettoniche interne ed esterne dell’edificio di culto. Il rifacimento seguito al Concilio Vaticano II ne deturpa sensibilmente l’aspetto interno, con la totale demolizione dell’altare maggiore barocco e di parte dell’arredo interno, nonch di una discutibile ricostruzione e decorazione di alcune porzioni dell’edificio sacro. Oggi sulla sua facciata si nota, oltre il portoncino d’ingresso, una bifora e due lesene che definiscono il perimetro. Al di sopra della bifora stato ricavato un rosone. La torre campanaria presenta una serie di monofore, e sulla sommitàun orologio.

Ittiri: chiesa di San Francesco: facciata Ittiri: chiesa di San Francesco: vecchia foto dell’interno Ittiri: chiesa di San Francesco: l’interno oggi Ittiri: chiesa di San Francesco: altare maggiore

alla destra della chiesa si trovano i locali che ospitavano il convento di San Francesco, che era stato usato, in un primo tempo, dai frati francescani come luogo di meditazione. In esso si ritrovavano i monaci provenienti da tutti i monasteri vicini. Successivamente si form una comunitàdi Francescani. Nella prima met dell’ottocento, secondo quanto racconta Vittorio Angius, il convento ospitava quindici Frati Minori Osservanti. L’ingresso al convento era ubicato nella posizione dove si trova oggi il Monumento ai Caduti, attraverso il loggiato si accedeva alla scala interna che conduceva al primo piano, anch esso costituito da un loggiato che dava accesso alle celle. L’impianto originario è stato ampliato intorno al 1720 e utilizzato dai frati come scuola di filosofia, con la realizzazione della scala interna che porta al primo piano, e con la chiusura della parte anteriore del loggiato per ricavare altre celle, rimpicciolendo il chiostro. Pi tardi il convento, per effetto della legge del 1866, viene confiscato e consegnato in uso al Comune, che ne fà, inizialmente, la sede per i propri uffici. Qualche tempo dopo il convento diviene Caserma dei Carabinieri e Pretura, per essere poi abbandonato definitivamente nel 1962. Terminato l’utilizzo come Pretura, la parte di propriet del Comune viene occasionalmente utilizzata come alloggio temporaneo assegnato a persone indigenti e come deposito, mentre la parte di propriet del convento viene utilizzata per i propri scopi sino al momento dell’esecuzione del restauro operato negli anni ottanta dalla Soprintendenza, rimanendo poi inutilizzate le parti non ultimate sino ad oggi.

Ittiri-Convento di San Francesco Ittiri-Convento di San Francesco

A Ittiri, presso questa chiesa parrocchiale dedicata a San Francesco, e nel centro cittadino, ogni anno il giorno 4 del mese di ottobre si svolge la Festa di San Francesco, con le cerimonie religiose, la processione, e diverse manifestazioni civili.

Nel campanile della chiesa di San Francesco è stato realizzato il Monumento ai Caduti

Ittiri: chiesa di San Francesco: lastre con il nome dei Caduti al lati dell’ingresso del campanileIl campanile della chiesa di San Francesco nella sua forma attuale è stato realizzato nel 1932, in seguito al crollo della facciata della chiesa e del campanile preesistenti, distrutti presumibilmente da un fulmine o da una tromba d’aria, con la partecipazione del Comune che lo ha Dedicato ai Caduti. All’esterno, ai lati del portale di ingresso, quattro grandi lastre di marmo riportano i nomi dei Caduti, prima in ordine gerarchico e poi, per i soldati, in ordine alfabetico. Ittiri: chiesa di San Francesco: Cappella dedicata ai CadutiIn alto, sui due lati, è inciso il classico gladio inghirlandato da un ramo d’alloro e da un ramo di quercia con sopra un elmetto, simbolo dei combattenti della Grande Guerra. Una lapide in marmo applicata successivamente ricorda Giovanni Maria Simula, medaglia d’oro al valor militare della Seconda Guerra Mondiale. All’interno del campanile è stata realizzata una Cappella che è chiusa da un cancello in ferro battuto, dotata di un altare in trachite, con due colonne scanalate laterali sulle cui sommità sono applicate due lampade bronzee. La Cappella contiene una lapide in marmo, ed il soffitto, voltato a botte, raffigura elementi che allegoricamente ricordano il sacrificio per la Patria, ossia armi, croce, bandiere.

L’Ospedale Civile Giovanni Andrea Alivesi

Passata la chiesa parrocchiale di San Francesco, proseguiamo lungo la via Sassari per altri trecento metri ed arriviamo a un bivio, dove a sinistra prosegue le via Sassari, mentre perndiamo verso destra la via dell’Ospedale che, in circa duecento metri, termina di fronte all’area verde dell’Ospedale Civile Giovanni Andrea Alivesi, che è uno storico presidio ospedaliero intitolato al Colonnello Giovanni Andrea Alivesi Virdis, morto il 20 febbraio 1881. Egli nel 1866, trovandosi nel Campo di Gazzuolo, vicino a Mantova, a comandare il Sessantaquattresimo reggimento prima della Terza Guerra di Indipendenza, decide di lasciare per testamento i suoi beni, che constano in 4.640 franchi, per l’istituzione di un Ospedale di Caritànel villaggio di Ittiri per curare i poveri. Il testamento viene consegnato al notaio il 9 luglio 1866 ed è riaperto quindici anni dopo su riChiesta degli eredi, che lo impugnano, il Comune vince, però, la causa e il regio decreto di riconoscimento dell’Opera di Carità è firmato dal re Umberto I e dal ministro Depretis il 28 gennaio 1883. La costruzione dell’Ospedale di Carità a lui intitolato si conclude nei primi anni del Novecento. Si tratta di un’opera di pregevole fattura, con una ricca facciata caratterizzata dalla bicromia trachite rossa ossia pedra rugia, e trachite grigia ossia pedra cana, espressione del lavoro e della perizia degli artigiani locali della pietra. Sopra il portale di accesso è presente un’epigrafe in ricordo del suo benefattore Alivesi.

Ittiri-Ospedale Civile Giovanni Andrea Alivesi Ittiri-Ospedale Civile Giovanni Andrea Alivesi

Attualmente la struttura, oltre al Consultorio Familiare, accoglie l’UnitàOperativa di lungodegenza, il Servizio di Radiologia, il Centro Prelievi con monitoraggio terapie anticoagulanti orali e l’Ambulatorio di Chirurgia generale. Sono inoltre previsti la creazione di un servizio psichiatrico, il potenziamento dei poliambulatori e la riapertura dell’ambulatorio di igiene.

La Fontana S’Abbadorzu

Ittiri-La Fontana S’AbbadorzuDal corso Vittorio Emanuele avevamo preso sulla sinistra la via Sassari nella quale, dopo centosessanta metri, eravamo arrivati a visitare la chiesa parrocchiale di San Francesco. Percorsi appena un centinaio di metri dal corso Vittorio Emanuele lungo la via Sassari, svoltiamo leggermente a destra nella via Amsicora, la seguiamo per circa duecentoventi metri, poi svoltiamo a destra all’incrocio con la via Monserrato. In pieno centro storico, inglobata in un muro fra la via Monserrato e la via Amsicora, in una suggestiva piazzetta ombreggiata da un leccio, si trova la Fontana S’Abbadorzu, che è stata edificata con l’utilizzo di diversi materiali che la rendono particolarmente suggestiva. È formata da un corpo centrale cilindrico, in blocchi di pietra calcarea, decorato da diverse lesene verticali e coronato da una corniciatura. La copertura è costituita da un elemento a cupola in trachite. alla base, sotto tre aperture quadrangolari, si sviluppa una raffinata parte in trachite rossa, caratterizzata da tre fonti che scaturiscono da altrettanti elementi marmorei bianchi rappresentanti dei pesci. Le tre fonti sono intervallate da quattro banconi o sedili.

L’edificio che ospitava il Cinema Odeon

Ittiri-L’ex Cinema OdeonDopo aver visitati la chiesa di San Francesco, dalla via Sassari ritorniamo sul corso Vittorio Emanuele e proseguiamo fino ad incontrare, sulla sinistra della strada al civico numero 180 l’edificio che ospitava il Cinema Odeon, che si trova nello spazio chiamato appunto piazza Odeon. Dell’ex cinema, ormai ridotto quasi a un rudere e demolito nel dicembre 2016, è in corso un tentativo di recupero, dato che si trattava di un edificio che ha rappresentato un pezzo significativo della storia di Ittiri, e che con il Cinema Moderno era gestito dalla famiglia Carassino. La struttura, costruita nella prima met del secolo scorso, ha visto venir meno il suo ruolo di punto di aggregazione con l’avvento della televisione, fino a dover chiudere i battenti per mancanza di pubblico rimanendo, per alcuni decenni, in condizioni di totale abbandono.

L’edificio che ospitava la Scuola Elementare Giovanni Bosco

Ittiri-La Scuola Elementare Giovanni BoscoAppena passato l’ex cinema Odeon, al civico numero 169 del corso Vittorio Emanuele, ad angolo con la successiva via Marini, si vede il bel palazzo che ospitava la Scuola Elementare Giovanni Bosco. Si tratta di un grande edificio storico ottocentesco che si sviluppa su due piani molto alti. L’edificio recentemente ha subito degli interventi di restyling, in modo particolare sulla facciata affacciata sul corso Vittorio Emanuele, la quale, con un processo di sabbiatura, ha riacquistato i colori originali della trachite e del tufo, conferendo all’intera struttura la colorazione propria dei due tipi di lapidei caratteristici del territorio. Il nuovo utilizzo della struttura ha previsto quello di ospitare un intero comparto degli uffici comunali, consentendo cos ai servizi comunali di risiedere presso un unico polo, accessibile a tutti, che garantisca e agevoli la fruibilitàdegli utenti presso gli uffici. La struttura, inoltre, ospiter al piano terra, per quanto riguarda la porzione del palazzo che da sul corso Vittorio Emanuele, il Museo del Coros, avente un ruolo di hub territoriale.

Il Municipio di Ittiri

Ittiri: il Municipio di IttiriProseguendo lungo il corso Vittorio Emanuele, percorso poco più di un centinaio di metri, troviamo sulla sinistra la via San Francesco, che ci porterebbe anch’essa di fronte alla chiesa di San Francesco che abbiamo già descritta. All’angolo tra le due strade, alla destra della via San Francesco al civico numero 1 di questa strada, si trova l’edificio che ospita il Municipio di Ittiri, con la sua sede e gli uffici che forniscono i loro servizi ai cittadini. Si tratta degli uffici della Segreteria, Affari Generali e Sistemi Informatici; del Settore Tecnico Manutentivo; del Settore Finanziario e Tributi; del Settore Socio Assistenziale, Culturale Scolastico e Sportivo; e del Settore Polizia Municipale e Demografico.

La chiesa di Nostra Signora di Monserrat

Ittiri-La chiesa di Nostra Signora di MonserratGuardando la facciata dell’edificio che ospita il Municipio, prendiamo alla sua destra la via Gutierrez, dopo una cinquantina di metri svoltiamo a destra nella via Roma, e dopo un centinaio di metri prendiamo a sinistra la via Pasquale Tola che, in una cinquantina di metri, porta alla piazza Umberto. Dalla piazza Umberto proseguiamo sulla deviazione della via Pasquale Tola, che seguiamo verso nord est per quasi centocinquanta metri, fino ad incontrare la via Monserrato, nella quale, proprio di fronte, si trova la facciata della chiesa di Nostra Signora di Monserrat. Di questa chiesa si ha notizia a partire dal diciassettesimo secolo, anche se verosimile che la sua prima fase costruttiva sia anteriore. La chiesa ha subito dei rifacimenti in epoca recente, quando è stato allungato il corpo centrale e la facciata stata rifatta in posizione pi avanzata. Sulla facciata è presente un bassorilievo con l’emblema della Vergine, sotto il quale riportata la data del 1904 riferibile, verosimilmente, al momento dell’ampliamento. Il prospetto e il suo campanile a canna quadrata, rappresentano senz altro gli elementi pi interessanti dell’edificio, che presenta forme semplici. All’interno ha un unica navata divisa in tre campate voltate a crociera, rette da quattro grandi archi a sesto acuto impostati su pilastri, e degni di nota sono una grande croce lignea proveniente dalla chiesa di Santa Croce, non pi esistente perch distrutta negli anni del fascismo, ed una statua di buona fattura della Madonna con il Bambino.

Ittiri: chiesa di Nostra Signora di Monserrat: facciata Ittiri: chiesa di Nostra Signora di Monserrat: il portale Ittiri: chiesa di Nostra Signora di Monserrat: bassorilievo con emblema della Vergine Ittiri: chiesa di Nostra Signora di Monserrat: il campanile Ittiri: chiesa di Nostra Signora di Monserrat: interno Ittiri: chiesa di Nostra Signora di Monserrat: l’altare

La chiesa, poi si era trovato in stato di abbandono, tra il 1660 ed il 1670 è stato un oratorio nel quale si trovava la sede della Confraternita Penitenziale di Monserrato. Essendo nata come forma associativa di riparazione per i peccati del mondo, l’abbigliamento dei confratelli era ispirato alla vita monastica ed era costituito, perci , da rozze tuniche di iuta, la stoffa pi povera dell’epoca, e non a caso l’abito veniva principalmente denominato sacco. I confratelli, vestiti con il sacco, partecipavano alla processione e ai riti suggestivi della Settimana Santa.

Il Palazzo Baronale Sussarellu

Ittiri: il Palazzo Baronale SussarelluDopo aver visitato la chiesa di Nostra ignora di Monserrato, ritorniamo sul corso Vittorio Emanuele proprio di fronte al Municipio, e lo seguiamo verso destra per circa duecento metri, fino a dove la strada svolta a sinistra. Qui, prima che la strada riprenda a correre verso la destra, si trova al Civico nomero 59, alla sinistra della strada, il bel Palazzo Baronale Sussarellu edificato nel 1700, e così chiamato dal nome della famiglia nobiliare che in esso risiedeva. Si tratta di uno dei diversi palazzi Baronali in stile liberty, con bei balconi e con le facciate abbellite dalla trachite ittirese, che rendono molto caratteristico il bel centro storico di Ittiri. La facciata vincolata dalla Sopraintendenza alle Belle Arti visto il suo prestigio e la sua importanza architettonica. Particolari sono le sculture raffiguranti animali presenti sulla sommitàdel palazzo.

Ittiri: il Palazzo Baronale Sussarellu Ittiri: il Palazzo Baronale Sussarellu

La scala interna presenta gradini in ardesia e corrimano in ghisa. Il seminterrato costituito da due ampi vani finestrati, il piano terra e il primo piano sono composti da diversi ambienti che conservano ancora la pavimentazione originale, le volte affrescate ed il mobilio dell’epoca. Il palazzo oggi è di proprietà del comune che in esso ospita mostre ed esposizioni.

La chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli

Ittiri-La chiesa parrocchiale di San Pietro in VincoliSeguendo il corso dopo che ha ripreso verso sud, dopo un centinaio di metri arriviamo nella piazza Attilio Deffenu, dalla quale parte sulla destra la via della parrocchia. Subito alla sinistra della via della parrocchia si affaccia la quattrocentesca chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli costruita, probabilmente su un preesistente tempio romano, nel tredicesimo secolo, che costituisce uno dei pi importanti monumenti del centro abitato. Il documento più antico che testimonia la sua presenza risale al 1553. La chiesa è stata completamente ristrutturata, in stile gotico aragonese, nel 1775, e successivamente è stata ricostruita tra il 1881 e il 1895 in stile neoclassico, quando ad opera dell’architetto Salvatore Calvia Unali, nato a Mores ed allievo di Alessandro Antonelli, la facciata è stata rifatta in stile classicheggiante, in trachite rossa con un portico e una tribuna. Il campanile ha la parte bassa quadrata, e la parte alta ottagonale aggiunta in seguito.

Ittiri: chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli: facciata Ittiri: chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli: parte alta della facciata Ittiri: chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli: orologio sulla facciata Ittiri: chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli: facciata verso il campanile Ittiri: chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli: sommità del campanile

L’interno presenta una pianta a tre navate. La navata centrale è coperta da una volta a botte con lunette e sostenuta da sei grandi archi a tutto sesto, poggianti su pilastri a croce, mentre le due navate laterali, più piccole, sono coperte da voltine in padiglione, sui cui lati si aprono nove cappelle non tutte simili tra di loro, alcune gotiche con volta stellare, facenti parte della costruzione originaria, altre con volta a botte. L’abside ha una bella volta stellare. Sul fondo si trova la parte più antica della chiesa, con il coro che presenta una volta a crociera.

Ittiri: chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli: interno Ittiri: chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli: interno il presbiterio Ittiri: chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli: altare maggiore Ittiri: chiesa parrocchiale di San Pietro in Vincoli: il pulpito

A Ittiri, presso questa chiesa parrocchiale dedicata a San Pietro in Vincoli, e nel centro cittadino, ogni anno il giorno 29 del mese di giugno si svolge la Festa di San Pietro in Vincoli, che è il Santo patrono di Ittiri, con celebrazioni religiose e con la processione in costume, seguite da una serata folk con canti e danze, a cura dell’Associazione Folkloristica San Pietro.

La chiesa di Nostra Signora del Carmelo

Ittiri-La chiesa di Nostra Signora del CarmeloDa dove, di fronte al Municipio, avevamo seguito verso destra il corso Vittorio Emanuele per circa duecento metri, fino a dove la strada svolta a sinistra, poco prima della svolta prendiamo l’ultima traversa a destra, che è la via Guglielmo Marconi. La seguiamo per trecento metri fino a che questra strada sbocca sulla via 4 Novembre, che prendiamo verso destra, e subito all’inizio, sulla sinistra, si affaccia la chiesa di Nostra Signora de su Carminu, ossia chiesa di Nostra Signora del Carmelo o chiesa del Carmine. Come per la chiesa di Nostra Signora di Monserrat, si ha notizia dell’edificio a partire dal diciassettesimo secolo, anche se è verosimile che la sua prima fase costruttiva sia anteriore. La chiesa è stata riedificata nel 1769 grazie a delle donazioni, ed situata nei pressi del Cimitero Comunale. L’intera facciata bianca dal colore della pietra calcarea con cui è stata costruita, ha risentito di una sovrapposizione di interventi e di diversi stili costruttivi, ed è divisa in due parti. Al centro di quella inferiore, divisa in cinque specchi, è presente inferiormente una serie di lesene, suddivise dal portoncino d’ingresso, segnato da due colonne tortili con capitelli corinzi, e nel timpano si trova lo stemma della famiglia Serra di Ittiri. La parte inferiore divisa da quella superiore, per mezzo di una fila di triglifi. Nella parte superiore si trova una bifora, inquadrata da lesene, con capitelli ionici. Sulla sinistra si nota la piccola torre campanaria, alla quale si accede per mezzo d’una stretta scaletta. Il prospetto sinistro, e destro, presentano contrafforti massicci con cordolo alla base. Sul lato destro si nota, infine, una Cappella rialzata, rispetto al piano di terra con lesene e triglifi.

Ittiri-La chiesa di Nostra Signora del Carmelo Ittiri: chiesa di Nostra Signora del Carmelo: facciata Ittiri: chiesa di Nostra Signora del Carmelo: la bifora Ittiri: chiesa di Nostra Signora del Carmelo: lo stemma della famiglia Serra

L’interno della chiesa del Carmine presenta un unica navata con volta a botte, sorretta da tre arcate a sesto, e chiusa da un abside di pianta quadrangolare. Nelle due pareti della navata, su ciascuna parte, si affacciano tre cappelle munite di altari.

Ittiri: chiesa di Nostra Signora del Carmelo: interno Ittiri: chiesa di Nostra Signora del Carmelo: altare maggiore Ittiri: chiesa di Nostra Signora del Carmelo: statua sull’altare Ittiri: chiesa di Nostra Signora del Carmelo: statua per la processione

La chiesa oggetto della cura e della devozione da parte dei muratori di cui Nostra Signora de su Carminu patrona. La Festa della Nostra Signora del Carmelo si svolge a Ittiri ogni anno il 16 del mese di luglio, contraddistinta da cerimonie religiose e con la processione in costume, e seguita da manifestazioni civili.

Sul retro della chiesa del Carmelo si sviluppa l’ampia area verde attrezzata chiamata il Parco del Carmelo, con all’interno il Bike Park intestato nel ricordo dell’indimenticato Franco Simula, nel quale si orgaizzano eventi con i quali si vuole ricordare un socio e tesserato da subito entrato nei cuori dei compaesani amanti della bicicletta e non solo. Il parco separa la chiesa dal retrostante Cimitero Comunale di Ittiri.

Il Cimitero Comunale di Ittiri con all’interno lo storico Cimitero Monumentale

Ittiri: ingresso del Cimitero Comunale di IttiriProseguendo verso sud est lungo la via 4 Novembre dopo aver visto la chiesa del Carmelo, percorsa una cinquantina di metri seguendo le indicazioni prendiamo la prima a destra, che è il viale del Cimitero, e che ci porta dopo poco più di centocinquanta metri all’ingresso del Cimitero Comunale di Ittiri. Si tratta di un ampio spazio cimiteriale, che si è sviluppato intorno e che comprende al suo interno il Cimitero Monumentale di Ittiri. Lo storico Cimitero Monumentale è nato quando, con l’editto napoleonico sull’igiene mortuaria, tutti i centri sono stati obbligati a dotarsi di aree da adibire alla sepoltura, situate fuori dal centro abitato ed opportunamente identificate. Sono stati abbandonati i cimiteri adiacenti alle Chiese ed interni al nucleo abitativo in favore dei nuovi cimiteri situati all’esterno, e ad Ittiri l’area prescelta stata quella posta dietro alla chiesa del Carmelo. Ittiri: ingresso del Cimitero Monumentale di IttiriL’ingresso principale del Cimitero Monumentale evidenziato da un sistema costituito di un passaggio coperto, affiancato da locali chiusi adibiti alle funzioni comuni. Il portale, in stile neoclassico, ripropone il tema del timpano sostenuto da quattro solide colonne, due per l’interno e due per l’esterno, che sostengono l’intero solaio, e da questo elemento centrale si dipartono le mura di cinta del complesso. I locali che fiancheggiano il vano d’ingresso, ampliati negli anni ottanta del novecento, sono coperti a terrazza, pavimentata con capigiane in cotto. La muratura in cantoni lapidei lavorati in bugnato orizzontale e tinteggiato. All’interno l’intero muro di recinzione funge da parete di fondo alle tombe di famiglia, realizzate per lo pi nei primi decenni del secolo, secondo un modello ripetuto di Loculi accostati e sovrapposti a formare un piccolo elemento architettonico abilmente decorato e completato con timpani e frontoni.

Il Complesso Sportivo in località Martineddu

Ittiri-La piazza Francesco DeriuDopo aver visto l’ingresso del Cimitero Comunale di Ittiri, invece di proseguire verso sud est con la via 4 Novembre, prendiamo leggermente a destra la via Missingiagu che costeggia il muro di cinta del Cimitero, e la seguiamo per circa cinquecento metri, finché questa strada sbocca sulla via Giovanni Boccaccio. La prendiamo verso destra, in direzione sud, la seguiamo e, dopo trecento metri, questa ci porta nella regione Martineddu e sbocca sul piazzale Francesco Deriu, un piazzale adibito a parcheggio, spettacoli musicali o motoristici. Su questo piazzale si affaccia il Complesso Sportivo in località Martineddu, nel quale sono presenti diverse strutture sportive. La principale struttura sportiva presente è lo Stadio Comunale Vittorio Caria, con ingresso alla sinistra del piazzale Francesco Deriu, nel quale si trova un Campo da Calcio con fondo in erba naturale, con una tribuna coperta e scoperta che sono in grado di ospitare un totale di fino a 5000 persone. Attorno al campo da Calcio presente nello stadio è in corso di riqualificazione la Pista da atletica, con un fondo sintetico, per le corse su pista. Sono presenti, inoltre, a sud del campo in erba naturale, un Campo da Calcio con fondo il erba sintetica, dotato di tribune per circa 200 persone; ed a sud di questo anche un piccolo Campo da Calcio con fondo in terra battuta, che non è dotato di tribune.

Ittiri-Complesso Sportivo in località Martineddu: ingresso Ittiri-Complesso Sportivo in località Martineddu: stadio Vittorio Caria con campo da Calcio in erba naturale Ittiri-Complesso Sportivo in località Martineddu: stadio Vittorio Caria con pista da atletica Ittiri-Complesso Sportivo in località Martineddu: campo da Calcio da allenamento in erba sintetica Ittiri-Complesso Sportivo in località Martineddu: campo da Calcio il terra battuta

Nel piazzale Francesco Deriu, alla destra dell’ingresso dello Stadio, si trova l’ingresso che, dopo essere passati accanto al campo da Tennis principale, conduce in una cinquantina di metri all’edificio che ospita il Bocciodromo Comunale di Ittiri, gestito dal Circolo Bocciofilo Ittirese, nel quale sono presenti due campi al coperto per il gioco delle bocce.

Ittiri-Bocciodromo Comunale: ingresso Ittiri- Ittiri-Bocciodromo Comunale: interno

Nel complesso sportivo sono presenti anche tre campi da Tennis gestiti dal Circolo tennistico di Ittiri, con ingresso nel piazzale Francesco Deriu, alla destra dell’ingresso del Bocciodromo. Sono presenti prima, affiancati tre loro, due campi da Tennis, non dotati di tribune; mentre dietro di essi si trova il campo da Tennis principale, dotato di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori. A sud del campo da Tennis principale si trova l’edificio che ospita il Bocciodromo Comunale, che abbiamo già visto.

Ittiri-Circolo tennistico di Ittiri: ingresso Ittiri-Circolo tennistico di Ittiri: altro campo da Tennis Ittiri-Circolo tennistico di Ittiri: altro campo da Tennis Ittiri-Circolo tennistico di Ittiri: il campo da Tennis principale

Il Complesso Sportivo in località Martineddu interessa centinaia di persone che beneficiano di strutture, per un miglioramento dello standard della vita in quanto lo sport un ottimo elemento di socializzazione, dato che ad Ittiri sono presenti cinque societ di Calcio, una societ Bocciofila, una societ di Tennis ed una societ di Atletica.

Il Palazzetto dello Sport

Arrivati con la via Giovanni Boccaccio nel piazzale Francesco Deriu, a sinistra della prosecuzione della via Giovanni Boccaccio che è la via Antonio Manca parte verso est la via della resistenza, mentre prendiamo a destra la prosecuzione verso ovest della via della resistenza e, dopo un centinaio di metri, troviamo alla sinistra della strada il cancello di ingresso dell’area nella quale si trova il Palazzetto dello Sport di Ittiri.

Ittiri-Palazzetto dello sport: esterno Ittiri-Palazzetto dello sport: interno

All’interno del Palazzetto dello Sport è presente un Campo sportivo polivalente, dotato di tribune in grado di ospitare 700 spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline il calcetto ossia calcio a cinque, la pallacanestro, la pallavolo, la lotta, judo, e karate.

Visita dei dintorni della città di Ittiri

Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Ittiri, sono stati portati alla luce i resti delle necropoli ipogeiche di Ochila, e di Sa Figu; della tomba a corridoio di Musellos; delle Tombe di giganti Sa Figu II, Sa Figu III, Sa Figu IV, Sa Figu V, Sa Figu VI, Sa Figu VII, Sa Figu VIII, Sas Iscias, e Vittore; delle fonti sacre di Chentugheddas, e di Sa Rocca Bianca; dei Protonuraghi Abbarghente, Cirolo, Planu Codinas, e di Sa Figu; dei Nuraghi complessi Brundette, Ena Ortu, Giundali, Irventi, Maiore, Pittu Altu, S’Elighe, e Sos Bassizzos; dei Nuraghi semplici Cannedu, Cherchizzu, Chizzonieddu, Cunedda, Frailarzu, Monte Cumida, Monte Cumida II, Occhila, Pianu Marras, Pittigheddu, Punta Mariotti, Sa Gaipida, Sa Pala ’e S’Ozzastru, Sa Pedra Pertunta, Sa Punta ’e Sa Nansa, Sa Ucca ’e su Giannittu, Santu Ainzu, Urei, e Vittore; ed anche dei Nuraghi Abbarghente alto, Badde Pira, Baddecca, Camedda, Casillones, Coa Aspidda, Coa de Ambidda, Codinas, Codone, Crabione, Cuga, Culisandro, Cunedda II, Fenugeda, Frades Talas, luros, Monte Deu Pizzinnu, Monte Torru, Pala ’e Chercu, Paulisi, Paulisi II, Piscialoru, Pittu Altu II, Porchis, Puddera, Runagheddu, Runara, Runatolos, Sa Coa ’e Sa Femina, Sa Iddazza, Sa Signora, Sos Iscancados, Sos Muros, su Multizzu, su renalzu, Tuvurunaghe, tutti di tipologia indefinita.

Il bronzetto che rappresenta l’aulete di Ittiri

Ittiri-Bronzetto di suonatore di launeddas con un significativo fallo in erezioneIn una località sconosciuta nei pressi di Ittiri,è stato rinvenuto all’inizio del novecento, e pubblicato per la prima volta nel 1907 da Antonio Taramelli, un bronzetto detto l’Aulete di Ittiri. Secondo Sandro Cau il rinvenimento sarebbe avvenuto nei pressi della necropoli di Sa Figu vicino alla chiesa di San Maurizio. Il bronzetto, alto otto centimetri, rappresenta un personaggio maschile, un aulete ossia un suonatore di un flauto a tre canne, e quindi simile alle launeddas, raffigurato nudo ed in posizione assisa. La testa, a calotta sferica, è coperta da una berretta della medesima forma, ben distinta dal cranio. Sul volto, caratterizzato da occhiaie enormi, profonde e vuote, spicca la bocca larga, tesa nel soffiare nel flauto. IttiriIl bronzetto censurato in epoca fascistaMolto evidenziati appaiono alcuni particolari anatomici come le mammelle, il che lo fa apparire probabilmente come un ermafrodita, e con cura dei dettagli un significativo fallo in erezione. Quest'ultimo, per il suo marcato risalto, si presenta come elemento centrale e concettualmente significativo della composizione figurativa, e suggerisce connessioni con la religione nuragica, modellata sulla natura feconda. Esprime quindi un erotismo di carattere sacro, sollecitato dal suono stesso del flauto e dal ritmo delle danze che si svolgevano intorno, per ottenere il favore degli dei largitori di messi, di bestiame e prole in abbondanza. La statuetta, che oggi si può ammirare presso il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, in epoca fascista era stato censurato, come appare dalla foto riportata.

I resti dell’Abbazia di Nostra Signora di Paulis

Uri-Planimetria dell’Abbazia di Nostra Signora di PaulisUsciamo dal centro di Ittiri con il corso Vittorio Emanuele che si dirige verso ovest e, passato il cartello segnaletico che indica l’uscita dell’abitato, ci immettiamo sulla SP15M che si dirige verso nord ovest in direzione di Uri. Percorsi appena centocinquanta metri, all’altezza del chilometro 18 della SP15M, proseguiamo diritti seguendo le indicazioni per Sassari e la seguiamo per cinque chilometri e settecento metri. Qui, seguendo le indicazioni, prendiamo a destra la deviazione in una strada sterrata che ci porta in breve ai resti della Abbazia di Nostra Signora di Paulis. Il nome Paulis, riferito all’abbazia, deriva da quello della zona paludosa in cui venne edificata, nota come Paludis o Padulis. L’Abbazia è stata fatta realizzare nel 1205 in stile romanico dal giudice di Torres Comita II, ed è stata donata ai monaci Cistercensi che la hanno utilizzata sino al quindicesimo secolo. La struttura dell’abbazia era a croce commissa, formata da tre navate divise da archi retti da pilastri. Il transetto ospitava l’abside e due cappelle, posizionate rispettivamente a destra e a sinistra. In epoca giudicale è stata un’importante abbazia della diocesi di Torres, ed è stata abitata dai monaci fino a buona parte del trecento. Dopo il suo abbandono, nel quattrocento, il complesso ha iniziato a decadere, ma ha continuato ad essere abitato solo da eremiti. L’abbazia, dopo anni di incuria, inizia a riprendere vita a fine seicento, ma crolla parzialmente alla fine del diciannovesimo secolo. In seguito, con l’arrivo di padre Piero Cau, meglio noto come Su Padre Biancu per via del saio bianco che indossava come i suoi predecessori, e con le sue ricerche archeologiche, la fama del monastero raggiunge l’apice. Egli viene assassinato e, in seguito a questi drammatici eventi, l’abbazia viene sconsacrata e nuovamente abbandonata.

Uri-resti dell’Abbazia di Nostra Signora di Paulis Uri-resti dell’Abbazia di Nostra Signora di Paulis

Oggi dell’edificio a tre navate rimangono solo parte della navata centrale e del transetto con il coro, due cappelle, la navatella destra, i resti di uno dei chiostri e molti ambienti semidistrutti tra cui alcune sale sotterranee. Attorno all’edificio sono presenti reperti del chiostro e degli ambienti del monastero, entrambi annessi all’abbazia e poco distanti dall’edificio pincipale. Il monastero era insolitamente orientato verso settentrione, caso raro dato che l’architettura monastica prediligeva l’orientamento a mezzogiorno. Il complesso monastico, che si trova all’interno dell’area Comunale di Ittiri, viene amministrato dalla parrocchia di Uri che ne detiene la giurisdizione, tuttavia la chiesa di Uri appartiene alla diocesi di Alghero Bosa, mentre l’Abbazia appartiene all’arcidiocesi di Sassari, tanto che l’arcivescovo di Sassari detiene il titolo onorifico di Abate di Paulis sino dalla prima metà del quindicesimo secolo. Il complesso, che era ridotto allo stato di rudere, è stato riconsolidato da un recente restauro. Nella chiesa si onora, da parte della città di Ittiri, la Madonna di Chiaravalle o d’Itria, che viene ricordata la terza domenica di maggio.

Uri-L’archeologo Piero Cau noto come 'Su Padre Biancu'Nato a Cagliari nel 1900, Piero Cau studia lettere a Firenze laureandosi nel 1927 e frequentando alcuni corsi al Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana. Dopo il 1930 cambia radicalmente vita, divenendo un vagabondo mendicante ed unico esponente di un ordine religioso da lui fondato. Si dedica con fervore all’archeologia di Sardegna, scavando anche a mani nude, ed installandosi nei pressi delle Chiese e monasteri che necessitano di restauri. Uri-L’omidicio di Piero CauGiunto nel monastero di Nostra Signora di Paulis a metà del secolo scorso, vi si stabilisce come un eremita conducendovi numerosi studi e altrettanti scavi archeologici, spesso dormendovi insieme a due suoi aiutanti. Vive in una stanza attigua alla navata principale della chiesa. Ma Piero Cau viene assassinato la notte del 7 settembre del 1959 ed il suo corpo viene gettato in un pozzo che egli aveva trovato e riaperto durante gli scavi, ad opera di uno dei suoi collaboratori, il ventiquattrenne Salvatore Fois, reo confesso, che si accolla la colpa sebbene fin da subito si sia pensato all’intervento di più persone. Il cadavere viene recuperato nel pozzo dai carabinieri e l’autopsia segnala la presenza di ferite da arma da taglio nel corpo e nel viso. Piero Cau è sepolto ora nel Cimitero di Bonaria a Cagliari.

La chiesa romanica di San Leonardo al Cuga

Usciamo dal centro di Ittiri con il corso Vittorio Emanuele che si dirige verso ovest e, passato il cartello segnaletico che indica l’uscita dell’abitato, ci immettiamo sulla SP15M che si dirige verso nord ovest in direzione di Uri. Percorsi appena centocinquanta metri, all’altezza del chilometro 18 della SP15M, deviamo a destra seguendo le indicazioni per Alghero e ci immettiamo sulla SS131bis di Carlo Felice. Passato, con la SS131bis di Carlo Felice, il lago del Cuga che si trova in territorio di Uri, a circa sei chilometri e mezzo da dove la avevamo imboccata, prendiamo la prima strada sulla sinistra, che fiancheggia l’estremo orientale del lago e si porta a sud di esso.

Ittiri-Vecchia foto della chiesa di San Leonardo prima della demolizioneDopo un chilometro e duecento metri, sul suo margine orientale, è stata ricostruita la chiesa romanica di San Leonardo al Cuga che, in seguito alla realizzazione della diga del Cuga e alla conseguente creazione del bacino artificiale, per non distruggerla dato che sarebbe stata sommersa dalle acque, è stata smantellata e ricostruita più a monte, in territorio di Ittiri da cui dista circa otto chilometri. La chiesa, che è dedicata a San Leonardo di Noblac e viene localmente chiamata Santu Nenardu ’e sa 'Iddazza, risale probabilmente alla seconda metà del dodicesimo secolo, ed è stata l’ultima costruzione monastica medievale. Forse faceva parte del villaggio medievale scomparso di Cunucla o Thuca o Cuqua, ricordato nel Condaghe di San Pietro di Silki, annessa ad un monastero scomparso, del quale non si hanno notizie storiche. Bernardo Simon, barone di Ittiri e di Uri, nel 1538, fece restaurare la chiesa ed il monastero, come appare da una lapide marmorea che si trovava nella chiesa della Santa Croce, poi nel cortile della chiesa di San Pietro in Vincoli di Ittiri, prima di essere trasferita nella chiesa di San Leonardo a Villanova Monteleone. Prima di essere trasferita, la chiesa e il suo monastero non erano altro che una rovina, un rudere. Del monastero non c’era traccia alcuna, tanto che per qualche studioso passò completamente inosservato.

Ittiri: chiesa di San Leonardo al Cuga: veduta da sinistra Ittiri: chiesa di San Leonardo al Cuga: facciata Ittiri: chiesa di San Leonardo al Cuga: particolare della facciata Ittiri: chiesa di San Leonardo al Cuga: veduta da destra Ittiri: chiesa di San Leonardo al Cuga: veduta laterale Ittiri: chiesa di San Leonardo al Cuga: veduta posteriore

La chiesa ricostruita, ha pianta longitudinale, misura dodici metri e mezzo di lunghezza e quattro e mezzo di larghezza, ha un abside semicircolare e la copertura sostenuta da capriate di legno. È stata costruita in pietra da taglio bianca calcarea, ha la facciata rivolta a ponente. Le fiancate sono decorate con dieci grandi archetti sostenuti a due a due, da lunghe e appiattite lesene che s’innalzano da una bassa zoccolatura, mostrando così un gusto per la linea e per i paramenti tersi e, quindi, una tendenza a risolvere in superficie il senso della forma, propri dell’insegnamento del San Gavino di Porto Torres. Il prospetto poi, diviso in tre specchi da due lesene, quello centrale concluso da una coppia d’arcatelle e quelli laterali da un’arcata cieca. L’interno è scarsamente illuminato da due coppie di monofore che si aprono sui fianchi e, forse, da una monofora dell’abside eliminata nel restauro.

La chiesa campestre di San Giovanni Battista

Ittiri-La chiesa campestre di San Giovanni BattistaDal centro di Ittiri, seguiamo il corso Vittorio Emanuele che si dirige verso ovest,, dal quale prendiamo a sinistra la via Antonio Segni che porta all’ampio Anfiteatro Comunale di via Antonio Segni. Dalla via Antonio Segni, dopo appena una quarantina di metri, svoltiamo a destra nella via Aldo Moro che si dirige verso nord, e che in circa cinquecento metri sbocca sulla via Sassari. La prendiamo verso destra e, dopo duecentocinquanta metri, svoltiamo a sinistra e prendi via San Giovanni, che ci porta fuori dall’abitato e, dopo circa trecento metri dalle ultime abitazioni, ci fa vedere sulla destra i resti della chiesa campestre di San Giovanni Battista. Non si hanno date certe sulla sua costruzione, ma si sa che esisteva già nel 1698. Pur nella sua semplicità e nelle sue forme essenziali rappresenta un bell’esempio di architettura spontanea, frutto verosimilmente del lavoro di maestranze locali. L’edificio è costituito da una sola navata rettangolare coperta con tetto a doppio spiovente, sulla quale si affaccia un abside semicircolare con volta a semicatino, ed il presbiterio è spostato sulla destra per lasciare spazio alla sagrestia con ingresso alla sua sinistra. La sua costruzione è avvenuta in almeno due fasi, alla prima costruzione appartengono l’attuale aula presbiteriale coperta a botte e il primo tratto della campata, fino a giungere all’arco a tutto sesto; in seguito, in un’epoca successiva, sono state aggiunte la sagrestia a fianco del presbiterio, e la parte finale della campata fino a giungere alla facciata. Quest’ultima, coperta da intonaco, presenta un timpano sormontato da una croce trachitica.

Ittiri: chiesa campestre di San Giovanni Battista: facciata Ittiri: chiesa campestre di San Giovanni Battista: retro Ittiri: chiesa campestre di San Giovanni Battista: interno

L’edificio ha dato il nome a tutta la zona circostante. Dopo la novena preparatoria, la Festa di San Giovanni Battista si svolge a Ittiri ogni anno il 24 giugno, ed è contraddistinta da cerimonie religiose e dalla processione nel costume tradizionale, che sono seguite da numerose manifestazioni civili.

Il complesso archeologico di Sa Figu con il Protonuraghe ed il circolo megalitico

Dal centro di Ittiri prendiamo in direzione est il corso Vittorio Emanuele che, dopo la piazza Attilio Deffenu, esce dall’abitato come SS131bis e, percorso un chilometro, arriva a uno svincolo, dove la SS131bis prosegue verso sud in direzione dei Romana e Thiesi, mentre prendiamo a sinistra la SP41bis seguendo le indicazioni per Banari. Passato il raccordo, prendiamo la SP41bis e, percorsi due chilometri e mezzo, troviamo una deviazione in una strada bianca in salita sulla destra che percorriamo per trecento metri, poi svoltiamo a sinistra nella strada per la chiesa campestre di San Maurizio che dista quattrocentocinquanta metri. Percorso quanche centinaio di metri, alla destra della strada a circa trecento metri di distanza si trovano i resti del Complesso archeologico di Sa Figu, che è stato segnalato per la prima volta nel 1961 dall’archeologo Ercole Contu, ed è composto dai resti di un Protonuraghe, di un circolo megalitico e di una necropoli.

Ittiri-resti del Protonuraghe di Sa FiguNell’area archeologica, alla sinistra, si trovano i resti del Protonuraghe di Sa Figu, un Nuraghe a corridoio di forma ellittica costruito in trachite e pietra calcare a 441 metri di altezza, con due ingressi. Verso nord ovest, a una sessantina di metri di distanza dal protonuarghe, si trova il Circolo Megalitico di Sa Figu, indagato nel 2003 da Paolo Melis, che sostiene che la struttura megalitica definita circolo è in realtà costituita da una linea di ortostati che racchiudono un’area semicircolare, a ridosso del bordo precipite dell’altopiano calcareo di Sa Figu. Il perimetro del circolo si presenta lacunoso, residuano cinque grandi massi, un sesto giace riverso al centro dell’area, mentre un settimo, che in origine chiudeva l’area ad est, è ormai franato lungo il pendio. Il lato occidentale è completato da due piccoli massi, forse a seguito dell’integrazione di un ulteriore macigno mancante, mentre a sud un’ampia apertura parrebbe essere stata l’ingresso originario, obliterato in un secondo momento con una linea di tre massi addossati al profilo esterno del circolo. L’area racchiusa misura circa tredici metri di diametro massimo, lungo il margine della scarpata, ed una larghezza di dieci metri sull’asse da nord a sud. Ittiri-resti del circolo megalitico di Sa FiguLettura di 'Gli scavi nel Circolo Megalitico di Sa Figu'Grazie al rinvenimento di alcuni frammenti ceramici assimilabili alla Cultura di Monte Claro, si ipotizza che il recinto appartenga all’Eneolitico recente, datazione che viene fatta in base all’oggetto più antico ritrovato, ma nessuno può dire con certezza che sia dell’Età del rame, dato che potrebbe essere molto più antico. Al momento sul significato del recinto megalitico di Sa Figu l’unica teoria è quella proposta dall’archeologo Giacobbe Manca, il quale interpreta il monumento come Torre del silenzio, ossia luogo per la scarnificazione dei cadaveri, secondo il rituale funerario della deposizione secondaria, che prevedeva che i resti venissero conservati dopo l’operazione di scarnificazione e di una frantumazione rituale degli stessi, attuata non all’interno della sepoltura ma prima della deposizione.

I resti della necropoli ipogeica di Sa Figu

Più ad est rispetto al circolo megalitico si trovano i resti della Necropoli ipogeica di Sa Figu. Allo stato attuale sono state rinvenute undici tombe, con tracce di altre andate ormai distrutte, ed è stata utilizzata dal periodo Neolitico fino in epoca romana. La necropoli a domus de janas di Sa Figu è inserita all’estremità settentrionale dell’altipiano di Coros, in un’area archeologica di notevole importanza per la presenza di testimonianze di varie epoche. Le tombe sono riconducibili ad almeno tre fasi costruttive e di utilizzo, la più antica nel Neolitico recente ad opera della cultura di Ozieri, quando è stato scavato un piccolo gruppo di domus de janas di planimetria semplice; la seconda all’Età del Rame ad opera della cultura di Monte Claro; ed infine, le più recenti, al Bronzo Antico e Medio ad opera della cultura di Bonannaro, quando nella Sardegna nord occidentale si diffondono gli ipogei a prospetto architettonico. La sua importanza è data dai reperti del Bonnanaro Iniziale, che consistono in una tazzina tronco conica con una sola ansa, una olla a colletto, frammenti di ciotole e tegami, ed il sito ha restituito, inoltre, diversi materiali nuragici tra cui la nota statuetta in bronzo del suonatore itifallico di launeddas. Nella descrizione che segue le tombe sono numerate in base al loro rinvenimento, ma le descriveremo come si incontrano percorrendo la necropoli da ovest verso est.

Lettura di 'Lo scavo della tomba VIII della necropoli ipogeica di Sa Figu ed il problema delle domus a prospetto architettonico'A una cinquantina di metri ad est rispetto al circolo megalitico di trova la Tomba 8, un ipogeo a prospetto architettonico, scavato ex novo nella roccia calcarea. La fronte è notevolmente rovinata e non residuano tracce della stele centinata originaria, mentre si osserva ancora il profilo dell’esedra, di piccole dimensioni e dalla curvatura appena accennata. Si accede all’interno della tomba tramite un portello ingrandito in epoca recente, mentre del portello originario, messo in luce durante lo scavo, rimane soltanto la soglia. Il portello introduce in un breve andito che precede il vano funerario. La cella ha pianta ellissoidale, priva di qualsiasi spazio sussidiario, e con sofitto a botte. La Tomba 8, che si caratterizza per lo schema planimetrico abbastanza semplice, e contrariamente a quanto si osserva nella maggior parte di questi ipogei, non presenta alcuna nicchia alle pareti, è stata scavata nella campagna del 2003.

Ittiri-Necropoli di Sa Figu: planimetria della tomba 8 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: ingresso della tomba 8 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: interno della tomba 8

La Tomba 5 si trova una quarantina di metri a nord est della tomba 8, ed è stata segnalata per la prima volta da Ercole Contu nel 1978, che ne ha fornito una sommaria descrizione ed una documentazione fotografica. Ubicata lungo il pendio, all’interno di un masso calcareo erratico, la tomba viene attribuita alla classe delle tombe ipogeiche a prospetto architettonico, poiché è un dato non trascurabile la presenza del monumento nell’area di una necropoli di tombe a prospetto architettonico, ma ciò che costituisce l’indizio più significativo è la stretta analogia con la tomba ipogeica a prospetto architettonico di Campu lontanu I a Florinas, situata a breve distanza da Sa Figu.

Ittiri-Necropoli di Sa Figu: veduta laterale della tomba 5 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: ingresso della tomba 5 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: interno della tomba 5

Lettura di 'Nuovi scavi nella Necropoli ipogeica di Sa Figu-La Tomba IV'La Tomba 4 si trova quasi duecentocinquanta metri ad est rispetto alla tomba 8, che è sicuramente la più importante e monumentale della necropoli. Si tratta di un ipogeo scavato ex novo nell’Età del Bronzo, con grande impegno e non poche difficoltà tecniche, essendo una tomba a prospetto architettonico. Già Ercole Contu notava, nel 1961, la presenza di un imponente tumulo riservato nella roccia, che costituisce la caratteristica più evidente di questo monumento. Si deve a Editta Castaldi, nel 1975, la pubblicazione della prima planimetria, ma Ercole Contu, nel 1978, ha pubblicato una ricostruzione ideale molto più rispondente alla realtà del monumento. La tomba presenta gli elementi degli ipogei a prospetto architettonico scolpiti sulla fronte, ha l’esedra semicircolare con al centro la stele bipartita nel consueto schema costituito dal riquadro inferiore sormontato dalla lunetta semicircolare. L’elemento più caratteristico della tomba, è costituito dal tumulo sulla bancata di roccia ad imitazione della copertura esterna del corpo di una Tomba di giganti. L’eccezionalità consiste nel fatto che, generalmente, nelle tombe a prospetto scavate su parete di roccia, tale riproduzione è appena accennata o al massimo realizzata per pochi metri, mentre in questo caso è una riproduzione il più realistica possibile anche nelle dimensioni. Probabilmente, anche la parte terminale del tumulo, che oggi si presenta tronca, doveva essere absidata, secondo il modello delle Tomba di giganti.

Ittiri-Necropoli di Sa Figu: planimetria della tomba 4 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: ingresso della tomba 4 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: interno della tomba 4 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: il tumulo della tomba 4

La Tomba 9 è venuta alla luce durante gli scavi del 2002, mentre si procedeva alla pulizia dell’area del tumulo della tomba 4. Si tratta di un ipogeo pluricellulare piuttosto articolato, scavato su un lieve pendio calcareo ad un livello superiore rispetto alla tomba 4, ma proprio lo scavo di quest’ultima ne ha sicuramente compromesso le strutture, anche se è da supporre che a quell’epoca fosse già in estrema rovina. Lo scavo di questa tomba ha finora interessato solamente il dromos e l’anticella, e quest’ultimo ambiente ha restituito tracce di sepolture di tipo secondario, secondo un rituale ben noto nei contesti funerari di Cultura Bonnanaro, che consiste nella deposizione di ossa parzialmente combuste, racchiuse entro un rozzo recinto di pietre, e sormontate da un cranio pressoché integro. Anche la Tomba 10 è stata portata alla luce durante lo scavo del tumulo della tomba 4, a un metro circa di distanza dalla parte terminale dello stesso, nel corso della campagna del 2002. Si tratta di un ipogeo monocellulare, con probabile ingresso a pozzetto, di pianta vagamente semicircolare.

Ittiri-Necropoli di Sa Figu: planimetria della tomba 9 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: veduta della tomba 9 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: planimetria della tomba 10 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: veduta della tomba 10

Lettura di 'Lo scavo della tomba II nella necropoli dell’Età del Bronzo di Sa Figu'La Tomba 2 si trova a venticinque metri di distanza dalla tomba 4. Si tratta di un ipogeo neolitico ,ristrutturato come tomba a prospetto architettonico, che era composto da una piccola anticella e da una cella principale su cui probabilmente si affacciavano altri due ambienti minori, a sinistra e sulla parete di fondo. L’anticella è di pianta ellittica ed è ancora sostanzialmente integra, non così gli altri tre vani successivi, fusi in un unico ambiente. La tomba, nel sua fase di riuso nel Bronzo Medio, oltre alle modifiche della planimetria interna è stata interessata soprattutto dalle trasformazioni all’esterno, con l’aggiunta di un’esedra semicircolare davanti all’ingresso, realizzata lavorando la bassa parete di roccia in forma semicircolare, ed addossandovi delle lastre ortostatiche. Al centro dell’esedra è stata eretta una stele centinata. Al di sopra della bancata di roccia, non essendovi uno spessore sufficiente per scolpire il tumulo allungato delle Tombe di giganti, lo si è realizzato con ortostati e pietrame di riempimento, e di esso residua solamente il tratto terminale, mentre manca del tutto la parte anteriore impostato sull’esedra. Annesso alla tomba era anche un ossario, ricavato in una grotticella naturale sottostante l’ipogeo, ed al quale si accedeva da un angusto pozzetto artificiale scavato nel pavimento dell’ambiente di fondo, notevolmente ribassato rispetto agli altri.

Ittiri-Necropoli di Sa Figu: planimetria della tomba 2 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: ingresso della tomba 2 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: interno della tomba 2 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: il tumulo della tomba 2

La Tomba 3 è praticamente attigua alla tomba 2, aperta sullo stesso basso affioramento calcareo, ed è sicuramente, fra quelle della necropoli di Sa Figu, la tomba più nota e citata in letteratura. Scavata da Ercole Contu nel 1961, ha restituito i materiali più significativi, fra cui il noto vaso con orlo a tesa interna ed ornato metopale attualmente esposto al Museo Archeologico Giovanni Antonio Sanna di Sassari. Anche in questo caso si tratta di un ipogeo neolitico, in seguito ampliata e riutilizzata durante l’Età del Bronzo come tomba a prospetto architettonico, con l’applicazione sulla fronte della stele centinata e dell’esedra ad ortostati, questi ultimi collocati su una parete di roccia preventivamente scavata in forma semicircolare. della stele, che era eretta davanti all’ingresso, rimane, ribaltata al suolo, la lastra della lunetta semicircolare, della quale il rilievo a cornice non è visibile ma se ne ipotizza la presenza nella faccia che giace a contatto col suolo.

Ittiri-Necropoli di Sa Figu: planimetria della tomba 3 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: ingresso della tomba 3 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: interno della tomba 3 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: la stele ribaltata della tomba 3

La Tomba 6 si trova a breve distanza dalla tomba 3, e presenta caratteristiche assolutamente analoghe a quelle delle tombe 2 e 3. L’ipogeo era apparentemente inedito, quando nel 1994 venne individuato a seguito delle ricognizioni effettuate dal Paolo Melis assieme a Salvatore Merella, e gli è stato attribuito il nome di Tomba 6, seguendo la numerazione di Ercole Contu che era ferma a cinque ipogei. Anche in questo caso si tratta di una domus de janas riutilizzata, in origine aperta su una bassa parete di roccia o su leggero declivio, in cui è stata scolpita un’esedra semicircolare, attualmente sepolta da terra e detriti. Non si notano tracce delle lastre della stele e degli ortostati dell’esedra, che pure dobbiamo supporre originariamente presenti in analogia con le altre due tombe. L’esedra è ben evidente soprattutto nell’ala sinistra, mentre quella destra ha un profilo irregolare.

Ittiri-Necropoli di Sa Figu: planimetria della tomba 6 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: ingresso della tomba 6 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: interno della tomba 6

La Tomba 1 si trova un poco più a nord rispetto alla tomba 6, ed è una delle tombe più orientali del gruppo principale ubicato sul pianoro di Sa Figu. La tomba, essendo una delle più evidenti, doveva sicuramente far parte del primo gruppo segnalato da Ercole Contu nel 1961, ed è stata scavata assieme alla tomba 3. La Tomba 1 faceva parte della preesistente necropoli a domus de janas, ed è l’unica che presumibilmente sia rimasta tale, anche se permane tuttora qualche fondato dubbio. E’ scavata in un affioramento calcareo relativamente isolato, che non presenta un fronte di roccia sufficientemente ampio per realizzarvi l’esedra semicircolare, e se questa fosse stata presente, magari costruita interamente con ortostati, oggi non ne rimane la benché minima traccia.

Ittiri-Necropoli di Sa Figu: planimetria della tomba 1 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: ingresso della tomba 1 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: interno della tomba 1

Vicino alla tomba 1 sono presenti i resti della Tomba 11, della quale affiorano solo poche tracce. A centocinquanta metri di distanza in direzione sud est si trova la Tomba 7, che era totalmente sconosciuta prima che nel 1994 venisse scoperta e segnalata da Salvatore Merella. La tomba, a differenza delle altre tranne la 5 e la 8 che sono totalmente isolate, non si apre sul pianoro, presso il bordo dell’altopiano di Sa Figu, ma su un’alta parete di roccia calcarea alle pendici del versante est dell’altura, non molto distante comunque dagli altri ipogei della necropoli. La presenza di una parete consistente, ha consentito durante l’Età del Bronzo lo scavo di una tomba ipogeica di tipologia classica, evitando così i problemi connessi con il riutilizzo di una precedente domus de janas.

Ittiri-Necropoli di Sa Figu: planimetria della tomba 7 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: ingresso della tomba 7 Ittiri-Necropoli di Sa Figu: interno della tomba 7

I resti della necropoli ipogeica di Ochila

La necropoli di OchilaLettura di 'La necropoli di Ochila'Dopo aver visitato la necropoli di Sa Figu, proseguiamo lungo la strada per la chiesa di San Maurizio e poco più avanti, alla sinistra della strada, ossia verso nord, si trovano i resti della Necropoli ipogeica di Ochila, che si apre sul fianco orientale di una rapida parete di roccia calcarea, nel settore meridionale del Monte Cumida. La necropoli è costituita da otto domus de janas disposte e numerate da sud verso nord, variamente articolate e caratterizzate, in alcuni casi, da elementi architettonici di rilievo e motivi decorativi sulle pareti. Una nona domus de janas si trova a circa centosessanta metri di distanza dall’ottava, verso est.

Nella Tomba 1, una sorta di piccolo padiglione di forma pressoché rettangolare anticipa l’ingresso vero e proprio per il sepolcro monocellulare. Un portello di forma trapezoidale, aperto sulla parete di fondo del padiglione, conduce all’interno della tomba. Il vano funerario è di forma subtriangolare, con profilo concavo ed angoli arrotondati.

Necropoli di Ochila: planimetria della tomba 1 Necropoli di Ochila: ingresso della tomba 1 Necropoli di Ochila: interno della tomba 1

La Tomba 2 consta di un padiglione al quale seguono tre celle disposte lungo l’asse longitudinale, mentre una quarta celletta si apre sul lato breve dell’ultimo vano. Il padiglione è di pianta trapezoidale, e sulla parete di fondo si apre un portello a luce subrettangolare, e l’accesso è sormontato da un duplice motivo corniforme in stile rettilineo e rilievo piatto, i cui apici sfumano alla tangenza col soffitto.

Necropoli di Ochila: planimetria della tomba 2 Necropoli di Ochila: ingresso della tomba 2 Necropoli di Ochila: interno della tomba 2

La Tomba 3 consta di soli due ambienti. L’ingresso è preceduto da un breve dromos, e dal portello si accede al vano A, nel quale la camera mostra pianta trapezoidale, e sulla parete nord si aprono due portelli entrambi comunicanti con la cella B, che è subtrapezoidale. Il pavimento è ricoperto da uno strato di terriccio, le pareti sono concave e leggermente inclinate verso l’interno, ed il soffitto è irregolare.

Necropoli di Ochila: planimetria della tomba 3 Necropoli di Ochila: ingresso della tomba 3 Necropoli di Ochila: interno della tomba 3

La Tomba 4 ha l’ingresso preceduto da un padiglione di pianta rettangolare e da un breve dromos. Sulla parete di fondo del dromos si apre il portello che immette nella cella B che ha pianta rettangolare, col pavimento leggermente inclinato verso l’esterno. Al centro della parete fondale del vano B è presente un portello a luce rettangolare incorniciato da rincassi non perfettamente conservati, che introduce in una piccola nicchia di pianta reniforme, col pavimento piano ma alquanto rovinato nella superficie.

Necropoli di Ochila: planimetria della tomba 4 Necropoli di Ochila: ingresso della tomba 4 Necropoli di Ochila: interno della tomba 4 con la piccola nicchia

La Tomba 5 è costituita da un breve dromos che termina con un piccolo padiglione, e da due celle disposte in uno schema a sviluppo longitudinale. Il dromos, di pianta trapezoidale, è in pessimo stato di conservazione, essendo esposto agli agenti atmosferici. Sulla parete di fondo del padiglione si apre un portello che comunica con la cella A, o anticella, di forma subrettangolare. Un portello a luce pressoché trapezoidale, ricavato sulla parete di fondo del vano A, immette nell’ambiente B, che ha forma quasi rettangolare.

Necropoli di Ochila: planimetria della tomba 5 Necropoli di Ochila: ingresso della tomba 5 Necropoli di Ochila: interno della tomba 5

Una delle principali domus de janas presenti nella necropoli è la Tomba 6, una tomba pluricellulare con motivi decorativi scolpiti nelle pareti, costituita da sette ambienti, tre dei quali si aprono direttamente su una sala centrale rettangolare, tramite finestre rifinite con una certa cura. Nella parete di fondo di una delle celle è scolpita una falsa porta di forma trapezoidale. Il vano A era preceduto, in origine, da un’anticella di cui non rimane traccia, è presente, infatti, una vasta apertura a luce irregolare. Nel vano E si nota, ricavata sulla parete nord orientale di questo ambiente, un’apertura di forma quasi circolare che immette nella cella G, che ha pianta quadrangolare con angoli arrotondati. Sulla parete sud orientale della cella si apre un portello che comunica con l’esterno. Due ingressi distinti per una singola tomba non sono giustificabili, è probabile, quindi, che il vano G fosse in origine una domus monocellulare, e che l’apertura che mette in comunicazione il vano E con la cella G, sia dovuto ad uno scasso posteriore all’impianto della tomba.

Necropoli di Ochila: planimetria della tomba 6 Necropoli di Ochila: ingresso della tomba 6 Necropoli di Ochila: interno della tomba 6 Necropoli di Ochila: interno della tomba 6

La Tomba 7 è composta da tre celle. L’anticella, orientata ad oriente, è andata quasi completamente distrutta a causa del degrado della roccia. Attualmente ad essa si accede da una grossa apertura senza traccia dell’originario portello.

Necropoli di Ochila: planimetria della tomba 7 Necropoli di Ochila: ingresso della tomba 7

La Tomba 8 mostra un impianto planimetrico a sviluppo longitudinale variato da diversi ambienti laterali. Terra e pietre ingombrano le camere, impedendo un’analisi più puntuale del monumento, costituita da sei ambienti. La parete di fondo della cella B è ornata da un doppio motivo corniforme in stile rettilineo, oggi difficilmente leggibile, i cui apici sono rivolti verso l’alto. Ai lati dei corniformi si osservano, quasi a delimitarli, due lesene. Il soffitto di questo importante vano, a doppio spiovente con falde leggermente convesse, è impostato lungo l’asse longitudinale della camera. Il trave di colmo è realizzato a rilievo, e da esso si dipartono i travetti laterali scolpiti in negativo, che si appoggiano su due travi parallele a quella centrale e realizzate a bassorilievo ai lati delle falde. Agli angoli del vano si notano inoltre delle lesene che sorreggono gli spioventi del soffitto.

Necropoli di Ochila: planimetria della tomba 8 Necropoli di Ochila: ingresso della tomba 8 Necropoli di Ochila: interno della tomba 8

Verso est, a circa centosessanta metri di distanza dalla tomba 8, si trova la Tomba 9, un inedito ipogeo scavato su un’emergenza rocciosa, che consta di due vani preceduti da un dromos di forma trapezoidale. Al centro della parete di fondo del corridoio, si apre, privo della parte superiore, un portello comunicante con l’anticella A di forma ellittica. Un portello di forma rettangolare è ricavato sulla parete di fondo del vano A e immette nella cella B, di pianta reniforme. Sulla parete orientale è scavata una sorta di nicchia di forma semiellittica. All’interno della tomba, frammisti al terriccio, affiorano frustoli di ossa probabilmente umane, e non mancano sporadici frammenti fittili attribuibili alla fase culturale eneolitica di Monte Claro.

Necropoli di Ochila: planimetria della tomba 9 Necropoli di Ochila: ingresso della tomba 9 Necropoli di Ochila: interno della tomba 9

La chiesa campestre di San Maurizio

Il retro della chiesa campestre di San Maurizio visto dalla strada di accessoDal centro di Ittiri abbiamo preso in direzione est il corso Vittorio Emanuele che, dopo la piazza Attilio Deffenu, esce dall’abitato come SS131bis e, percorso un chilometro, arriva a uno svincolo, dove la SS131bis prosegue verso sud in direzione dei Romana e Thiesi, mentre abbiamo preso a sinistra la SP41bis seguendo le indicazioni per Banari. Passato il raccordo, prendiamo la SP41bis e, percorsi due chilometri e mezzo, abbiamo trovato una deviazione in una strada bianca in salita sulla destra che abbiamo percorso per trecento metri, poi abbiamo svoltato a sinistra nella strada per la chiesa campestre di San Maurizio, e la raggiungiamo dopo quattrocentocinquanta metri. La chiesa si trova a nord est dell’abitato di Ittiri, ai limiti del territorio di Ittiri con quello di Ossi, ed i due paesi se la sono sempre contesa per il possesso della statua del Santo. La leggenda racconta che un giorno gli Ossesi si siano impadroniti della statua, ma avrebbero trovato il fIume in piena e sarebbero stati costretti a tornare indietro, e da questo gli Ittiresi avrebbero sostenuto che San Maurizio avrebbe fatto questo perché voleva che la statua rimanesse in territorio di Ittiri.

Chiesa campestre di San Maurizio: veduta frontale Chiesa campestre di San Maurizio: facciata

Nel tardo seicento l’arcivescovo Morillo y Velarde la inserisce tra le Chiese rurali di Ossi, ed essa viene ricostruita nelle forme attuali durante il diciasettesimo secolo, quando è dotata, a spese della parrocchia di Ossi, di un nuovo pregiato simulacro ligneo del santo dedicatario. Sino alla fine del diciannovesimo secolo questa chiesa era amministrata dalla parrocchia di Ossi, finché all’inizio del ventesimo secolo la chiesa venne ceduta agli Ittiresi, anche se gli Ossesi non gradirono affatto l’ingiustificata cessione, esacerbati com’erano da decenni di rivalità e gelosie col paese vicino.

Chiesa campestre di San Maurizio: interno verso il presbiterio Chiesa campestre di San Maurizio: altare Chiesa campestre di San Maurizio: interno verso il portale di ingresso

Processione per la festa di San MaurizioPresso questa chiesa campestre si svolge ogni anno il 22 settembre la Festa di San Maurizio patrono dei muratori, quando si tengono le celebrazioni religiose con processione in costume, seguita da serate musicali. Per quanto riguarda l’annuale festività, essa era molto sentita dagli Ossesi. La chiesa era dotata di un piccolo comitato, che si occupava della manutenzione e dell’organizzazione della celebrazione dei vespri del 21 e della Messa solenne del 22 settembre, ma le elemosine venivano raccolte esclusivamente ad Ossi, dato che al questuante era vietato raccoglierne ad Ittiri. Oggi chiesa e festeggiamenti sono totalmente in mano alla parrocchia di San Pietro in Vincoli di Ittiri, e da Ossi vi si recano solo fedeli a titolo personale.

Il monastero e la chiesa cistercense di Nostra Signora di Coros

Dal centro di Ittiri prendiamo in direzione est il corso Vittorio Emanuele che, dopo la piazza Attilio Deffenu, esce dall’abitato come SS131bis e, percorso un chilometro, arriva a uno svincolo, dove la SS131bis prosegue verso sud in direzione dei Romana e Thiesi, mentre prendiamo a sinistra la SP41bis seguendo le indicazioni per Banari. Passato il raccordo, prendiamo la SP41bis e, percorsi duecentocinquanta metri, svoltiamo a destra seguendo le indicazioni in una strada secodaria, e, dopo circa due chilometri, troviamo la duecentesca chiesa cistercense di Nostra Signora di Coros, realizzata in stile romanico, ma con anche elementi gotici quali, ad esempio, gli archi a sesto acuto.

Ittiri-Veduta della chiesa cistercense di Nostra Signora di Coros Ittiri-Veduta della chiesa cistercense di Nostra Signora di Coros Ittiri-Veduta della chiesa cistercense di Nostra Signora di Coros Ittiri-Veduta della chiesa cistercense di Nostra Signora di Coros

È stata edificata dai Cistercensi tra il 1250 e il 1280 in forme romaniche di influenza francese, e può essere considerata l’ultima chiesa cistercense in Sardegna. Era un dormitorio per monaci dedicati ad una vita contemplativa, dipendeva dall’Abbazia di Paulis ed apparteneva ad un paese ormai abbandonato che si chiamava Sa Iddazza. Nel diciassettesimo secolo è stata radicalmente modificata e successivamente l’abside e parte della volta sono crollati. La chiesa è stata, quindi, abbandonata, e da secoli veniva usata come dimora notturna dai pastori. Tra il 1981 ed il 1987 questa chiesa è stata restaurata e ricostruita, assieme al piccolo convento, e la facciata è stata demolita per allungare l’aula. della struttura medievale restano solo parte dei fianchi, realizzati in conci calcarei, e la copertura a botte ogivale percorsa da un sottarco che imposta su due mensole non decorate.

Ittiri: chiesa cistercense di Nostra Signora di Coros: facciata Ittiri: chiesa cistercense di Nostra Signora di Coros: facciata Ittiri: chiesa cistercense di Nostra Signora di Coros: retro

L’assetto attuale è l’esito degli interventi di restauro e riedificazione che ne hanno modificato l’aspetto originario, soprattutto nella parte della facciata. Il prospetto è semplice, con due paraste d’angolo su cui poggiano due motivi litici di forma sferica. Sul timpano appena accennato poggia una croce in pietra ed al centro si apre una luce di forma romboidale. Ai lati del prospetto si sviluppano due porticati. L’interno presenta una pianta rettangolare mononave con abside semicircolare. Nel restauro moderno, l’abside è stata ricostruita sulla base delle fondamenta dell’originale.

Ittiri: chiesa cistercense di Nostra Signora di Coros: interno verso il presbiterio Ittiri: chiesa cistercense di Nostra Signora di Coros: altare

Festa di Nostra Signora di Coros: corsa equestre all’anelloPresso questa chiesa, ogni anno, l’8 settembre si svolge la Festa di Nostra Signora di Coros, compatrona con San Pietro in Vincoli di Ittiri, una festa molto partecipata da parte degli abitanti di Ittiri e dei paesi vicini, che accoglie numerosi pellegrini nella sua chiesa campestre, con celebrazioni religiose e con la processione in costume e con i cavalli. Nel corso dei festeggiamenti che seguono le cerimonie religiose, si tiene anche la tradizionale corsa equestre all’anello, tradizionale giostra di cavalieri che, in groppa ai propri cavalli, si contendono l’anello appeso ad una corda. Dopo la corsa, si svolge il pranzo sociale, che viene offerto a tutti i partecipanti da parte dell’Associazione Ippica Ittirese.

Il Crossodromo chiamato la Ittiri Arena

Ittiri: il crossodromo di IttiriDal Cimitero Comunale di Ittiri, prendiamo indietro il viale del Cimitero che ci riporta sulla via 4 Novembre, la prendiamo a sinistra, ossia verso ovest, e la seguiamo per quattrocento metri, poi svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Don Minzoni che, dopo trecento metri, passa su un viadotto al di sopra della Nuova Strada ANAS 167 di Ittiri. Appena scesi dal viadotto, prendiamo leggermente a destra la strada in salita la strada per il Crossodromo Comunale che, in duecentocinquanta metri, porta alla bella pista del Crossodromo di Ittiri, il quale è in grado di ospitare le corse organizzate dalla AISM, Associazione Ittirese Sport Motoristici. Negli ultimi anni, con la denominazione di Ittiri Arena, ha ospitato le prove speciali del campionato mondiale WRC Rally. La pista di circa due chilometri è stata ristrutturata nel 2016, e l’impianto ha ospitato nel tempo più di 16mila spettatori.

La necropoli di Musellos

Dal Cimitero Comunale di Ittiri, prendiamo indietro il viale del Cimitero che ci riporta sulla via 4 Novembre, la prendiamo e svoltiamo leggermente a destra nella via Missingiagu che costeggia il muro di cinta del Cimitero. Dopo poco più di duecento metri svoltiamo a destra e prendiamo la Strada Comunale che collega Ittiri con Villanova Monteleone. Percorsi poco più di seicento metri, in località Musellos si trova alla sinistra della strada un interessante complesso di tombe ipogeiche scavate sul fianco di una collinetta calcarea alta 390 metri e chiamate la Necropoli di Musellos. La necropoli e composta da sette ipogei noti, dei quali iI nucleo principale è costituito dagli ipogei 1, 2 e 7.

Le tombe ipogeiche Sos Coroneddos de MusellosDa nord verso sud si trova per prima la Tomba 2 che, frutto di varie trasformazioni relative a diverse fasi dell’utilizzo nel corso dei secoli, presenta tre ampie celle collegate fra loro, disposte in successione, e solitamente indicate come Sos Coroneddos di Museddos, dove Coroneddos è il nome con il quale in questa parte della Sardegna vengono indicate le domus de janas. Le grandi aperture di ingresso sono intervallate da gradinate, uniche nel loro genere, e la primavera Lussureggiante contorna alla perfezione il paesaggio archeologico. Delle tre celle, quella che ha subito maggiori modifiche, verosimilmente in età altomedievale, è quella posta piu a nord che presenta una pianta irregolarmente quadrangolare, con delle nicchie scavate nelle pareti ed una fossa rettangolare ricavata sul pavimento. II piano di calpestio risulta, a destra, rialzato rispetto al resto dell’ambiente. Ad una frequentazione degli ipogei in eta paleocristiana rimanda la presenza di una croce incisa sull’architrave del portello di accesso alla seconda cella.

Tombe ipogeiche Sos Coroneddos de Musellos: la prima cella Tombe ipogeiche Sos Coroneddos de Musellos: la croce sul passaggio verso la seconda cella Tombe ipogeiche Sos Coroneddos de Musellos: la seconda cella

La necropoli di Musellos è costituita da nove domua de Janas, ma alla destra della terza cella è presente l’ingresso di un’altra piccola cella che viene a volte indicata come la tomba 8 della necropoli. Una settantina verso sud est rispetto alla fine della tombe 2, si trovano i resti della Tomba 7, mentre circa centoventi metri verso sud si trovano i resti della Tomba 1.

Tombe ipogeiche Sos Coroneddos de Musellos: ingresso della tomba 7 Tombe ipogeiche Sos Coroneddos de Musellos: ingresso della tomba 1

Abbiamo visto il nucleo principale degli ipogei che costituiscono la necropoli, mentre gli altri ipogei si trovano a distanze comprese tra i centocinquanta e i duecento metri dal nucleo principale. La Tomba 3 e la Tomba 4 si trovano circa duecento metri più a nord ovest rispetto alla tomba 2, in una posizione un poco più ad est rispetto alla Strada Comunale che collega Ittiri con Villanova Monteleone. Meno di duecento metri di distanza da queste tombe in direzione sud ovest, in una posizione ad ovest rispetto alla Strada Comunale, si trovano altre due domus de janas, che sono ta Tomba 5 e la Tomba 6 della necropoli di Musellos.

Tombe ipogeiche Sos Coroneddos de Musellos: ingresso della tomba 4 Tombe ipogeiche Sos Coroneddos de Musellos: ingresso della tomba 5 Tombe ipogeiche Sos Coroneddos de Musellos: ingresso della tomba 6

I resti della tomba a corridoio di Musellos

resti della tomba a corridoio di MusellosPassata la necropoli di Musellos, proseguiamo verso sud con la Strada Comunale che collega Ittiri con Villanova Monteleone e, a un chilometro e trecento metri da dove la avevamo imboccata, prendiamo una deviazione su una strada sterrata tutta a destra seguendo le indicazioni per il Nuraghe Majore. Percorsi centottanta metri, si vedono alla destra della strada i resti della Tomba a corridoio di Musellos, una sepoltura megalitica ad uso collettivo lunga cinque metri e larga un metro e mezzo. È costruita con lastre di trachite di forma parallelepipeda infisse nel terreno. Si ritiene che questa sepoltura sia un precursore delle Tombe di giganti. Del monumento rimane ben poco, a causa del cattivo stato di conservazione dello stesso.

I resti del Nuraghe complesso Majore

Da dove avevamo presa la sterrata per il Nuraghe Majore, la seguiamo appena una quarantina di metri, poi svotiamo a sinistra e, in altri centocinquanta metri, raggiungiamo in posizione dominante i resti del Nuraghe Majore, un Nuraghe complesso, forse un Nuraghe misto, edificato a 400 metri di altezza. Si tratta di un Nuraghe bilobato, costruito in blocchi di trachite di notevoli dimensioni lavorati in maniera sommaria e disposti in filari irregolari. Al mastio è addossata una seconda Torre di forma leggermente ellittica. Si tratta di uno dei Nuraghi più interessanti e complessi del territorio di Ittiri, anche se non presenta un buon stato di conservazione, l’ingresso è infatti coperto da strati di materiale di crollo e si conservano parzialmente solo la torre centrale, con uno sviluppo massimo in altezza di circa quindici metri, e una delle torri secondarie. Di grande interesse è il vano scoperto sopra una torre secondaria, una rotonda con paramento murario in raffinata opera isodoma, originariamente coperto a falsa cupola ed utilizzata per cerimonie e rituali. Questo ambiente è riferibile, verosimilmente, ad una fase posteriore alla costruzione del Nuraghe. Fino al 1995 gli ambienti interni del Nuraghe erano ancora praticabili, e si accedeva a ridosso del mastio attraverso una strozzatura tra i massi. All’interno un corridoio sinuoso discendente portava in una prima stanza a tholos dell’altezza residua al centro circa due metri, per poi proseguire in piano per alcuni metri. Dalla camera a tholos si dipartivano in senso opposto due corridoi, ai quali si accedeva attraverso due porte quasi completamente interrate, poste una di fronte all’altra. Il corridoio al di là della porta di sinistra proseguiva in senso circolare antiorario per alcuni metri, per poi sbucare in un ambiente ridotto per dimensioni, la cui copertura era a lastroni accostati. In tale ambiente erano stati praticati dei restauri in epoche antiche, in particolare dei puntellamenti litici. A sinistra si accedeva ad un’ampia camera a pianta reniforme asimmetrica, ricoperta con dei lastroni di dimensione ciclopica affiancati tra loro. Per uscire si rifaceva il percorso inverso, oppure si passava vicino alla puntellatura litica attraverso una serie di passaggi che infine riportavano nella camera a tholos di partenza. Si procedeva poi a ritroso risalendo il corridoio d’ingresso sino all’uscita. La presenza dei corridoi aggettanti e la camera a tholos insieme agli ambienti coperti a lastroni, nonché il mastio classico con la struttura a tholos, fanno pensare che il Majore fosse un Nuraghe misto.

I resti del Nuraghe Majore resti del Nuraghe Majore: la torre principale resti del Nuraghe Majore: la torre secondaria

Attorno al Nuraghe si trovano i resti di un insediamento abitativo, che in origine doveva estendersi sino ad integrarsi con quello del vicino Nuraghe Ena Ortu, con il quale in origine doveva formare un unico esteso insediamento. Consta di numerose evidenze costruttive i cui resti sono ancora da indagare da parte di esperti. Si rilevano, come anche nel vicino Nuraghe Ena Ortu, resti di abitazioni a pianta rettangolare.

I resti del Nuraghe complesso Ena Ortu o Su Sassu

resti del Nuraghe Ena OrtuPassata la deviazione per il Nuraghe Majore, proseguiamo lungo la Strada Comunale che collega Ittiri con Villanova Monteleone per circa trecentocinquanta metri, e troviamo una deviazione verso destra che, in poco più di un centinaio di metri, fa vedere sulla destra i resti del Nuraghe Ena Ortu chiamato anche Nuraghe Su Sassu, un Nuraghe complesso edificato a 366 metri di altezza. Costruito con blocchi di trachite locale, presenta un impianto bilobato, nel quale al mastio, con tholos del primo piano ancora integra, è stato aggiunto un bastione formato da due torri. La tholos della torre A è in parte crollata verso l’interno, ma è comunque apprezzabile dall’esterno la parte residua aggettante. Anche la torre B presenta la tholos crollata, ma visibile ancora in parte dall’esterno. Tra la torre A e la torre B risulta ancora leggibile l’impianto del cortile. È sicuramente rilevabile inoltre una terza torre, la torre C, arretrata rispetto alle due frontali, con la tholos ancora intatta, quasi completamente riempita di sedimenti, alla quale si accede da un corridoio di una decina di metri proveniente in origine dalla torre A. All’interno della tholos è possibile vedere, oltre a quella del corridoio d’accesso, un ulteriore porta architravata con finestrella di scarico che conduceva verosimilmente ad un altro corridoio, ad un tratto interrato completamente dai sedimenti, oppure ad un altro ambiente.

Attorno al Nuraghe sono visibile i resti di una serie di capanne riferibili, verosimilmente, sempre all’età nuragica. L’insediamento, che in origine doveva estendersi sino ad integrarsi con quello del Nuraghe Maiore, consta di numerose evidenze costruttive i cui resti sono ancora da indagare da parte di esperti. Si rilevano, come anche nel vicino Maiore, resti di abitazioni a pianta rettangolare. Nei pressi del Nuraghe Ena Ortu è visibile un menhir di grandi dimensioni, che testimonia la presenza dell’uomo in questo territorio prima dell’età nuragica.

I resti del Nuraghe Tuvurunaghe o Tuvu Runaghe

Passata la deviazione per il Nuraghe Ena Ortu, proseguiamo lungo la Strada Comunale che collega Ittiri con Villanova Monteleone per circa un chilometro e mezzo. Quando siamo a circa tre chilometri e duecento metri da dova avevamo imboccato questa strada arrivimao a un bivio dove verso destra prosegue la strada per Villanova Monteleone, ma svoltiamo a sinistra e proseguiamo per un chilometro e ottocento metri, fino a uno slargo dove lasciamo l’auto vicino a un edificio abitato. Ci dirigiamo a piedi per i campi verso sud est, e dopo cinquecento metri troviamo il Nuraghe Tuvurunaghe o Tuvu Runaghe. È un Nuraghe di tipologia indefinita edificato in pietra trachitica ai limiti di un pianoro roccioso a 332 metri di altezza, nel quale è presente una torre con tre nicchie disposte a croce, e con copertura a tholos quasi integra. All’interno, nella parete sinistra, una scala elicoidale ricavata nella muratura che conduce alla terrazza superiore.

I resti del Nuraghe Tuvurunaghe resti del Nuraghe Tuvurunaghe: la scala interna resti del Nuraghe Tuvurunaghe: la tholos

Nei pressi del Nuraghe, sono visibili alcune basi di capanne di forma circolare che indicano la presenza di un vasto insediamento abitativo.

Il Monte Torru con sulla sommità i resti del Nuraghe di Monte Torru

Ittiri-Monte torru con il NuragheDal centro di Ittiri, ci rechiamo con la via Giovanni Boccaccio fino al Complesso Sportivo in località Martineddu, dove la strada diventa la via Don Michele Merella. Percorso un chilmetro e duecentocinquanta metri, la strada svolta a destra e si immette sulla SP28bis in direzione di Romana. La prendiamo in direzione sud e, dopo circa quattro chilometri, all’altezza del chilometro 20, imbocchiamo la seconda stradina a sinistra dopo una cava. Arrivati alla prima biforcazione prendiamo a sinistra, alla successiva biforcazione prendiamo il sentiero a destra che ci fa salire lungo le pendici settentrionali del Monte Torru, un promontorio di origine vulcanica alto 650 metri che si presenta come un bastione naturale a tre piani concentrici. La trachite in questo luogo regna sovrana e ci lascia solo immaginare quale potenza l’attività vulcanica abbia sprigionato in tempi antichissimi.

Sulla sommità del Monte Torru è presenta il Nuraghe di Monte Torru, anch’esso di tipologia indefinita anche se soltamente viene considerato un Nuraghe semplice, che è il più bello dei Nuraghi della zona, si trova sulla sommità del monte, e si raggiunge a piedi, scalando le pendici settentrionali del monte. Il Nuraghe è costruito con blocchi poliedrici non molto grandi trachite tenera locale, a 586 metri di altezza, e le sua fondamenta si appoggiano direttamente sulla roccia, che forma una specie di bastione naturale successivamente rifinito e completato dai costruttori del Nuraghe. Non lontano dal Nuraghe è visibile un filare di grossi blocchi di forma circolare, da riferire con probabilità al basamento di una capanna, ma al centro di tale struttura sono ben evidenti tracce di uno scavo clandestino.

resti del Nuraghe di Minte Torru resti del Nuraghe di Minte Torru

Dall’alto del Nuraghe si ha una ottima veduta di tutto il golfo dell’Asinara, la zona da Alghero fino a Capo Caccia, a sud est il Monte Ra su con la catena del Goceano, a sud punta Badde Urbara e il Montiferru, ad est i monti di limbara.

La prossima tappa del nostro viaggio

Nella prossima tappa del nostro viaggio, da Ittiri torneremo a Usini da dove ci recheremo a visitare Tissi con i resti archeologici che si trovano nei suoi dintorni, in particolare con le tombe a prospetto architettonico di Sas Puntas e di Monte Sant’Antiogu.


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