Maracalagonis con il suo centro e i dintorni con le diverse chiesa campestri ed il sito archeologico di Sirigraxiu
In questa tappa del nostro viaggio, provenendo da Settimo San Pietro ci recheremo a visitare Maracalagonis che vedremo il suo centro ed i suoi dintorni con le diverse chiesa campestri e con la sua bella costiera meridionale. Il Campidano di CagliariIl Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell’angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all’irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l’agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. Il Campidano di Cagliari comprende nella Provincia del Sud Sardegna i comuni di Decimoputzu, Monastir, Nuraminis, Samatzai, San Sperate, Villasor e Villaspeciosa. Comprende, inoltre, nella città metropolitana di Cagliari i comuni di Assemini, Cagliari, Capoterra, Decimomannu, Elmas, Maracalagonis, Monserrato, Quartu Sant’Elena, Quartucciu, Selargius, Sestu, Settimo San Pietro, Sinnai, Uta. I comuni di Samassi, Serramanna e Serrenti si trovano tra il Monreale ed il Campidano di Cagliari, i comuni di Pula, Villa San Pietro e Sarroch si trovano tra il Sulcis ed il Campidano di Cagliari, così come Soleminis si trova tra il Campidano di Cagliari e il Parteòlla, per cui possono essere considerate appartenenti all’una o all’altra di queste regioni. Geograficamente rappresenta la parte più meridionale della pianura del Campidano, che ha come suo centro principale Cagliari, nonche Quartu Sant’Elena ed i comuni immediatamente a nord ovest del capoluogo sardo. Si affaccia sul mare e comprende la costa orientale del golfo di Cagliari, fino al paese chiamato Villasimius. In viaggio verso MaracalagonisNella precedente tappa eravamo arrivati a visitare Settimo San Pietro. Prendiamo l’uscita verso est con il viale Corsica, che in novecento metri va ad immettersi sulla SP15, la prendiamo verso sinistra e, in circa tre chilometri, ci porta all’interno dell’abitato di Maracalagonis. Dal Municipio di Settimo San Pietro a quello di Maracalgonis si percorrono 5.1 chilometri. Potevamo arrivare a Maracalagonis anche da Selargius dove, dal centro dell’abitato, prendiamo verso nord est la via Roma, che esce dall’abitato con il nome di SP15, e in poco più di sei chilometri ci porta all’interno dell’abitato di Maracalagonis. Dal Municipio di Selargius a quello di Maracalagonis si percorrono 8.1 chilometri. Il comune chiamato MaracalagonisIl prezioso paese di Maracalagonis (altezza metri 86 sul livello del mare, abitanti 7.873 al 31 dicembre 2021) sorge nella zona orientale del Campidano di Cagliari, a circa diciassette chilometri dal capoluogo, incorniciato dal massiccio dei Sette Fratelli. È raggiungibile per mezzo della SS125 Orientale Sarda, che dista soli tre chilometri dall’abitato. Il territorio Comunale, classificato di collina, presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate. In esso sono presenti lecceti e macchia mediterranea, con corbezzoli e mirto, nonché cisto e lentisco. Origine del nomeIl suo nome dovrebbe derivare dall’unione di due nomi separati, ossia dei villaggi Mara e Calagonis, tanto che nell’ottocento veniva sensatamente distinto in Mara Calagonis. Nel cinquecento, lo storiografo Padre Salvatore Vidal avrebbe fatto derivare la voce Mara dal termine semita Hamara, che significa palude, e la voce Calagonis dal termine semita Chalaca, col significato di luogo fertile, due termini che andrebbero d’accordo con gli aspetti geomorfici del territorio Comunale. Invece il linguista Massimo Pittau ricorda come, nel documento conosciuto come la Seconda Carta marsigliese, con il quale Raimondo priore della basilica di San Saturno stipula un accordo con gli abitanti della villa di Mara circa lo sfruttamento di alcune terre poste tra questa villa e quella di Sinnai, il villaggio viene citato tre volte come Maara, per cui è lecito riportare questo nome all’appellativo punico Magar, che indica una fattoria. Ed il secondo componente Calagonis trova riscontro nel verbo Iscalagonare, ossia scanalare, erodere, e se questa connessione è esatta, Calagonis significa grandi scolatoi oppure canaloni. Ed anche questa interpretazione sarebbe del tutto congruente col fatto che il villaggio si trova in una zona bassa e piatta, soggetta all’impaludamento delle acque e pertanto bisognosa di canali di scolo. La sua economiaSi tratta di un centro rivierasco che, alle tradizionali attività agro pastorali, ha affiancato sia pur modeste iniziative industriali. L’agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutta, e si pratica anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L’industria è costituita da imprese che operano nei comparti alimentare, dei materiali da costruzione, della fabbricazione di apparecchi medicali, estrattivo, metalmeccanico ed edile. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva, ed inoltre è attiva la lavorazione artigiana dei dolci tipici, della cestineria, dei costumi sardi in broccato e delle sedie di legno intagliate. Da segnalare che nel paese è presente la Scuola musicale di launeddas, antico strumento sardo. Le bellezze naturali del territorio, che si estende fino al mare con le sue conosciutissime località turistiche di Geremeas, Baccu Mandara e Torre delle Stelle, offrono al turista un ambiente circondato dal profumo della macchia mediterranea, da splendide spiagge e da un mare cristallino e incontaminato. Le strutture ricettive, che comprendono un agriturismo, offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Non manca, in occasione dei festeggiamenti, la possibilità di gustare gli ottimi prodotti locali come gli squisiti dolci tipici, soprattutto quelli di mandorle. Brevi cenni storiciIl territorio di Maracalagonis viene abitato fino dall’Eneolitico, e lo testimonia il ritrovamento, in località Cuccuru Craboni, di una necropoli della Cultura di Monte Claro, che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 2700 ed il 2400 avanti Cristo, e, secondo una datazione più tradizionale, tra il 2400 ed il 2100 avanti Cristo, la quale è stata in seguito riutilizzata anche nell’Età del Bronzo da popolazioni della Cultura di Bonnanaro. resti di Nuraghi, una necropoli e il villaggio di Cann ’e Sisa attestano una consistente presenza nelle diverse fasi dell’epoca nuragica. Successivamente vi sono frequentazioni fenicie e puniche, tanto che, in località Carroi, sono state ritrovati i resti di un tempio punico, e due statue in pietra arenaria del dio Bes, che ora sono conservate al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Durante la successiva dominazione romana, quando nascono diversi villaggi tra i quali Mara, il territorio viene chiamato il granaio della Sardegna. In località Sirigraziu sorgeva un tempio, purtroppo devastato dai tombaroli nel 1975. Nel medioevo il territorio fa parte del Giudicato di Càralis, nella curatoria del Campidano di Càralis. In seguito, caduto il Giudicato di Càralis, appartiene, fino al 1258, ai conti della Gherardesca, e poi al comune di Pisa. Per effetto di eredità e parentele da parte delle famiglie pisane, la villa viene data in dote ad Ugone III di Terranova e inglobato nel Giudicato di Gallura. Il villaggio compare fra le parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del quattordicesimo secolo versano le decime alla curia romana. Nel 1324, dopo la conquista aragonese, nasce Maracalagonis dall’unione di due località rurali contigue, quando gli abitanti di Calagonis, ormai quasi certamente abbandonato dalla popolazione per evitare le continue e feroci incursioni dei pirati saraceni, si trasferiscono a Mara, un villaggio dedito per lo più alla pastorizia. Il nuovo borgo entra a far parte del regnum Sardiniae, e nel 1355 re Pietro IV lo infeuda a don Enrico Alamar, in seguito nel 1462 viene venduta come feudo a don Giacomo Carroz, visconte della contea di Quirra, nel 1520 passa ai Centelles, che la amministrano anche durante il periodo austriaco. Nel 1557 un’epidemia di febbre spagnola e una invasione di cavallette africane decimano la popolazione. Dal 1739 passa al conte Osorio Cervellon de la Cueva, fino al 1839, successivamente entra a far parte del dominio dei Savoia, rimanendovi fino al 1848, quando acquista la sua indipendenza. In periodo fascista, nel 1929 diventa una frazione del comune di Sinnai, dal quale nel 1946 viene nuovamente separato. Nel 2016 viene cambiata la Provincia alla quale appartiene, passando dalla Provincia di Cagliari alla città metropolitana di Cagliari. Personaggi nati a MaracalagonisA Calagonis sono nati due personaggi riconosciuti come Santi dalla chiesa cattolica, ossia Santo Stefano di Calagonis, e Sant’Ilario che ne è stato il quaranteseiesimo papa. É nato anche, a metà del cinquecento, il padre osservante francescano e scrittore Giovanni Andrea Contini, conosciuto con lo pseudonimo Salvatore Vidal. Una tradizione locale che non è documentata prima del diciassettesimo secolo, narra di un giovane di nome Stefano, nato a Calagonis da padre pagano, convertito alla fede cristiana ad opera di Avendrace, chiamato in lingua sarda Tenneru, secondo la tradizione Vescovo di Carales dal 70 al 77, che verrà in seguito santificato. Sotto l’Imperatore Traiano, viene martirizzato nel 105, trafitto con un grosso chiodo in testa. Di lui, in seguito divenuto Santo Stefano di Calagonis, venerato come Santo Patrono di Maracalagonis, nel paese sono conservate le reliquie, ossia il teschio col chiodo conservato in una teca d’argento, e le altre ossa, che sono riposte all’interno del suo simulacro, posizionato sotto l’altare maggiore nella chiesa parrocchiale di Maracalagonis a lui consacrata nel 1925. |
Nel periodo dell’occupazione vandalica due Sardi diventano pontefici, si tratta di Ilario e di Simmaco. Esattamente il quaranteseiesimo papa è stato Ilario di Calagonis, in seguito divenuto Sant’Ilario. Secondo il Liber Pontificalis, dopo la morte di papa Leone I, viene scelto per la successione un Sardo di nome Ilario. Con ogni probabilità egli viene consacrato nel 461. Il suo pontificato è caratterizzato dalla stessa politica del suo predecessore per la difesa dell’unità della chiesa, ed egli si occupa principalmente degli affari della chiesa in Gallia ed in Spagna, dato che, a causa della disorganizzazione politica dei due paesi, per salvaguardare la gerarchia cattolica, risulta importante fortificarne il governo. Nel 465 tiene a Roma un Sinodo, i cui atti ci sono stati trasmessi integralmente. Come papa scrive lettere sulla fede cattolica, con cui conferma i Concili di Nicea, di Efeso e di Calcedonia, mettendo in luce il primato della sede romana. Provvede, inoltre, ad abbellire la basilica lateranense. muore nel 468 e viene sepolto nella chiesa di San Lorenzo fuori le mura. |
Padre Salvatore Vidal è lo pseudonimo assunto da un certo Giovanni Andrea Contini, nato a Maracalagonis nel 1575. Egli studia a Cagliari, dove si laurea in diritto civile e canonico. Dopo esser stato consacrato sacerdote, per alcuni anni è commissario apostolico della Santa Croce. Nel 1617 diviene padre osservante francescano ed assume il nome di Salvatore Vitali o Salvatore Vidal, e nel 1619 da Cagliari viene inviato in Spagna, dove dimora nel convento di Cartagena. In seguito si stabilisca a San Pietro in Montorio, a Roma, dove studia lingue orientali. Viaggia molto dimorando in numerosi conventi. Il religioso scrive in latino, sardo, castigliano e toscano, e pubblica ventisette opere di teologia, agiografia, storia, apologetica. Le sue opere sono pubblicate quasi tutte nella penisola italiana, e il suo interesse per la lingua sarda manifesta che nell’Isola esistevano correnti culturali che cercavano di contrastare l’ispanizzazione delle classi dirigenti dell’Isola, della quale maggior esponente era il sassarese Francesco Angelo de Vico. |
Le principali feste e sagre che si svolgono a MaracalagonisA Maracalagonis svolge la sua attività il Gruppo Folk della Pro Loco Marese, nato nel marzo 2015, che nel mese di giugno ha organizzato la Pedalata Marese e nel mese di luglio il Raduno dei Suonatori di campane della Sardegna, ed a settembre la prima sagra di Su Pani e Sa Tomata, manifestazioni che, a seguito dell’ottima risposta di pubblico, sono state ripetute negli anni successivi. Sono attive, inoltre, l’Associazione culturale Nostra Sennor'e Itri di Maracalagonis, nata nel 2018, che indossa con orgoglio l’abito tradizionale di Maracalagonis, il paese del ricamo; l’Associazione Culturale Folcloristica S'Arrodia, che da anni preserva il patrimonio storico culturale delle tradizioni Sarde, nello specifico i canti, balli, suonate, usi e costumi di Maracalagonis. Svolge la sua attività anche la Banda Musicale Santo Stefano di Maracalagonis, che svolge la propria attività da più di vent’anni sia nella comunità marese che fuori da essa, organizzando direttamente manifestazioni, partecipando alle celebrazioni religiose e civili. Tra le principali principali feste e sagre che si svolgono a Maracalagonis, vanno citate il 20 gennaio, la Festa di San Sebastiano preceduta la sera della vigilia dall’accensione del falò commemorativo; a febbraio, i festeggiamenti di Su Cranovali Maresu ossia del carnevale di Maracalagonis; il 29 febbraio o il 28 febbraio negli anni non bisestili, in ricordo della sua morte la Festa di Sant’Ilario; il 19 marzo, la Festa di San Giuseppe; la prima domenica di maggio, la Festa di San Gregorio nella chiesa campestre in suo onore che si trova in territorio di Sinnai; l’ultima domenica di giugno la Festa della Madonna d’Itria; il 5 luglio, si celebra la Festa patronale di Santo Stefano; sempre a luglio, si svolge il Festival Internazionale del Folklore; il 12 agosto, la manifestazione Calici a Torre delle Stelle nella sua località marina; il 14 agosto, si tiene la Festa dell’Assunta; l’ultima domenica di agosto, la Festa campestre di San Basilio nella chiesa campestre in suo onore che si trova in territorio di Sinnai; a fine agosto o a settembre, si svolge la Sagra del pomodoro marese, intitolata Su Pani e Sa Tomata, nella quale si possono degustare il pane tipico ed il pomodoro marese, un pomodoro dalle caratteristiche particolari, dato che le infiltrazioni saline nell’acqua usata per le colture dona a questi ortaggi un sapore unico nel suo genere. Visita del centro di MaracalagonisL’abitato, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l’andamento altimetrico tipico delle località collinari. Esso si caratterizza per la posizione delle case, organizzata secondo maglie che ripetono, nel loro orientamento, quello dei lotti agricoli. Sono presenti due tipologie abitative, delle quali la più antica è quella tipica campidanese, costituita dall’abitazione con la corte antistante. Successivamente si è sviuppato un nuovo tipo di abitazione costituita da edifici a due piani, dei quali quello abitativo sul fondo del lotto, mentre il secondo, di servizio, a filo strada, con il portale passante su di un lato. Il Cimitero di MaracalagonisArriviamo a Maracalagonis provenendo da Selargius o da Settimo San Pietro con la SP15, che entra nel paese da nord ovest. Appena superato il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, la SP15 assume il nome di via Cagliari lungo la quale si trova alla destra della strada il muro di cinta del Cimitero Comunale di Maracalagonis, il cui ingresso si trova una cinquantina di metri più avanti. Percorsi meno di cento metri, arriviamo a un bivio, dal quale sulla destra parte la via della Circonvallazione, che scorre da nord a sud ad ovest dell’abitato, mentre sulla sinistra prosegue la via Cagliari, che ci porta nel centro di Maracalgonis. La chiesa parrocchiale dedicata a Santo Stefano ed in seguito consacrata alla Vergine degli AngeliPresa a sinistra la via Cagliari, percorsa per duecentocinquanta metri troviamo sulla destra la deviazione nella via Nazionale, che percorre da nord a sud tutto l’abitato. Superiamo questa deviazione e, dopo una trentina di metri, vediamo, sulla sinistra della strada, la piazza Giovanni XXIII, sulla quale si affaccia la chiesa dedicata a Santo Stefano, che è la parrocchiale del paese, la quale è stata in seguito consacrata alla Vergine degli Angeli, perché nell’altare maggiore c’era, fino a pochi anni fa, la statua della Vergine circondata da angeli, che è stata per questo scambiata per la Vergine degli Angeli, e perciò nel novecento l’altare maggiore è stato consacrato sotto questo titolo. Oggi la chiesa si presenta con tre diversi stili architettonici. La prima consacrazione della chiesa risale al 21 settembre 1227, questo si può riportare grazie ad un foglietto trovato per caso ma attualmente introvabile, dove si è letta la data precisa di consacrazione della chiesa, ma dell’edificio iniziale restano solo le archeggiature pensili del fianco esterno destro. Viene quindi gravemente danneggiata da un incendio nel 1551, e quindi quasi completamente ricostruita in stile gotico aragonese, come si vede nelle arcate a sesto acuto che separano la navata centrale da quelle laterali, e nelle cappelle, tre a sinistra ed una a destra, coperte da volte a crociera costolate. Ai primi del diciassettesimo secolo viene realizzato il presbiterio, a pianta quadrata su cui s’imposta la cupola ottagonale raccordata mediante voltine costolate, ancora gotico ma non privo di influenze rinascimentali, ed interessante è l’arco con riquadri a rilievo che collega la zona presbiteriale alla navata, anch’esso con influenze rinascimentale. Anche il prospetto esterno è in uno stile rinascimentale sardo, nella quale, l’imponente facciata di colore bianco, arricchita da quattro lesene laterali di colore più scuro, ospita un bel portone ligneo intarsiato preceduto da una breve scalinata. L’ingresso è sovrastato da una lunetta vetrata di forma semicircolare e da un timpano triangolare con cornici aggettanti. Sul lato destro dell’edificio si eleva il campanile a pianta quadrata, con finestrelle ogivali e concluso da una bella cupola decorata con croce. All’interno, la navata centrale ha una copertura a botte mentre le navatelle hanno volte a crociera. Entrando dal portone principale si può vedere immediatamente l’altare, mentre se si volge lo sguardo a sinistra si possono vedere tre cappelle, mentre alla destra una Cappella da dove è possibile accedere alla sagrestia, e da qui alla biblioteca e al salone parrocchiale. La chiesa conserva anche alcune reliquie di Santo Stefano il cui corpo è stato trovato nella chiesa a lui dedicata tra le rovine di Calagone, e sono la scatola cranica che è custodita in un’urna d’argento, e resti delle ossa, conservate all’interno della statua che si trova sotto la mensa dell’altare maggiore. La chiesa all’interno conserva uno splendido polittico realizzato nel 1423 dal cagliaritano Berengario Piccalul, ritoccato da Pietro Cavaro, con nella predella episodi della vita di Sant’Antonio di Padova, e nelle cornici degli Apostoli. Nella chiesa sono stati rinvenuti due plutei bizantini, ossia due lastre di marmo decorate a rilievo ed usate come elementi di recinzione, che rappresentano un leone e una leonessa. Nella sagrestia si possono vedere tre quadri del 1797 di don Francesco Massa di Cagliari, nel segmento sopra il paratore è rappresentato il martirio di Santo Stefano nativo del distrutto paese di Calagone, che in altri tempi primeggiava tra i limitrofi e che cadde per ignoto destino. All’opposta parete, la figura della caduta degli angeli ribelli sotto i fulmini dell’Arcangelo Michele. In mezzo alla volta è figurata l’assunzione della Vergine. Ogni anno a Maracalagonis, il 5 luglio, nella Festa di Santo Stefano si celebra il Santo Patrono, durante la quale si espone alla venerazione dei fedeli ed in seguito si porta in processione l’urna d’argento che conserva all’interno il suo teschio, con il chiodo in esso conficcato. Una seconda Festa dedicata a Santo Stefano si svolge ogni anno il 5 novembre, festa che viene celebrate in ricordo di un episodio avvenuto nel 1931, quando, mentre un’alluvione stava spazzando via il paese, e gli abitanti terrorizzati, si erano rifugiati nella chiesa, il luogo più alto e più sicuro, e qui, in preda alla disperazione, avevano invocato l’aiuto del Santo, il quale dopo l’invocazione, ha fatto smettere di piovere. Ogni anno a Maracalagonis, il 14 agosto, si tiene la Festa dell’Assunta che porta con sé un sentimento di fede e di riconoscenza. La festa è preceduta dal momento della Vestizione, che si tiene la sera di sabato 13 agosto. Adagiato su una lettiga, circondato dagli angeli e con una corona di dodici stelle all’altezza del capo, il simulacro della Madonna indossa un abito di seta ripreso dall’antico costume da sposa, Su Spensu, di Mara, definito dall’antichità il paese del ricamo, con una gonna ricamata a fiorami policromi, e stringe tra le dita un rosario sardo. Nel frattempo, i parrocchiani e molti fedeli provenienti dai paesi limitrofi si preparano alla Santa Messa del giorno della festa, seguita dalla processione in onore della Vergine Assunta, dove indosseranno i costumi tradizionali sardi in segno di lode. Vicino alla chiesa parrocchiale si trovano la statua di Padre Pio ed il monumento al Milite IgnotoNella piazza Giovanni XXIII, guardando la facciata della chiesa parrocchiale dedicata a Santo Stefano, davanti al fianco sinistro dell’edificio, protetta da un’elegante recinzione, si trova una bella Statua di Padre Pio da Pietralcina. Inoltre, davanti al fianco destro dell’edificio, di fronte al maestoso campanile, all’interno di un’aiuola fiorita, sorge il Monumento ai Caduti di Maracalagonis nella guerra del 1915-1918, eretto nel dodicesimo annuale nel 1927 in memoria dei caduti nella grande guerra. Si tratta di un monumento costituito da un’ara in pietra, sovrastata dalla figura in bronzo di un soldato in combattimento, e con sui quattro lati le lapidi in marmo commemorative dei caduti. Il Municipio Vecchio di MaracalagonisProseguendo lungo la via Cagliari, dopo centocinquanta metri questa strada incrocia la via Roma, e, passato l’incrocio, prosegue con il nome di via Umberto I. All’angolo tra la via Roma e la via Umberto I, nel centro storico di Maracalagonis, si trova il fabbricato denominato Municipio Vecchio, che risale alla fine del 1800. È disposto su due livelli, con murature portanti in pietra e tetto in legno. La sua edificazione è avvenuta in due periodi distinti, ossia la realizzazione del piano terra risale al 1878, mentre l’ampliamento con l’edificazione del secondo livello risale al primo decennio del ventesimo secolo. Lo stile, proprio del periodo neoclassicista, comporta l’assoluta simmetria dei prospetti. All’interno sono presenti diversi elementi costruttivi di pregio, come gli archi in laterizio, soffitti con travi in legno e volte a vela, stipiti in pietra arenaria. La chiesa romanica di Nostra Signora d’ItriaDalla via Cagliari, prendiamo la via Roma verso sinistra, e, dopo cento metri, vediamo, alla sinistra della strada, l’attuale facciata della chiesa romanica di Nostra Signora d’Itria. Questa chiesa viene edificata in stile romanico da maestranze arabeggianti, di probabile provenienza iberica, alla fine del tredicesimo secolo, a breve distanza dalla parrocchiale, ma non trova conferma in nessun documento la tradizione che vuole che la chiesa di Nostra Signora d’Itria fosse intitolata precedentemente a Sant’Ilario. All’interno, agli inizi del novecento, viene cambiata la disposizione dell’asse liturgico, spostando l’altare dove precedentemente era l’ingresso, e con la costruzione di una nuova facciata, con un porticato, ricavata dove era il lato posteriore della chiesa, all’interno della quale è stato addossato un nuovo altare. Si può comunque vedere, sul retro, l’originario prospetto in stile romanico, con paraste d’angolo, lesene decorate, e con al centro il portale architravato sormontato da una piccola finestra ad arco acuto. L’attuale facciata presenta, invece, un ampio portico, con arco d’ingresso a tutto sesto, chiuso da cancello di ferro, ed è dotata di ampi finestroni laterali, e di un semplice tetto a capanna in tegole. Al di sopra della facciata è presente un ampio campanile a vela a una sola campana, sormontato da una raffinata croce. L’interno presenta un’unica aula, con la pianta articolata in tre navate divise in quattro campate da sei colonne tozze, di spoglio provenienti da Chiese o ville bizantine dei circondario di Maracalagonis in pietra calcarea, granito e marmo. La copertura del soffitto è realizzata in legno a capriate intagliate di ciliegio che lo rendono particolarmente prezioso. I due capitelli laterali sono di foggia bizantina. Il nome d’Itria è la contrazione di Odigitria, parola che significa Mostra la Via. Veniva così chiamato il tempio che si trovava a Costantinopoli, eretto per custodire ed onorare un quadro che raffigurava la Madonna. Non si sa come la venerazione della Madonna d’Itria sia giunta in Italia, ma si ritiene che il suo culto possa essere legato a un quadro della Vergine dipinto da San Luca Evangelista. Il culto della Vergine d’Itria a Portoscuso sembra risalire al periodo dell’attività della tonnara, ed è attestato fino dal 1630, ed il sito attuale nel quale sorge la chiesa dovrebbe corrispondere a quello, dove, nel 1655, il marchese Vivaldi Pasqua fece costruire una piccola chiesa col medesimo titolo. Il quadro raffigurante la Madonna d’Itria, secondo una tradizione popolare, era stato portato nella chiesa dove, durante un’incursione saracena, venne colpito da alcuni proietili. Dopo molti anni, il proprietario della tonnara lo portò a Genova per farlo restaurare, ma da dove il quadro non fece più ritorno a Portoscuso, ed in sua sostituzione, vi venne portato il simulacro che riproduceva la Santa. |
Ogni anno a Maracalgonis, tra l’ultima settimana di maggio e la seconda settimana di giugno si tiene la Festa della Madonna d’Itria, che è stata documentata già dal diciassettesimo secolo, quando, a quanto scrive lo storico Vittorio Angius, già nel 1842 la chiesa sarebbe stata servita dalla Confraternita del Rosario che ne avrebbe consarcato le tradizioni. Per la festa, il simulacro della Madonna, addobbato a festa, viene portato in processione dalla sua chiesa alla chiesa parrocchiale dedicata a Santo Stefano ed in seguito consacrata alla Vergine degli Angeli, nella quale si svolgono le cerimonie religiose, per poi fare ritorno nella sua chiesa con una processione notturna che attraversa tutte le vie del paese. La chiesa di Santa Lucia MartirePassata la chiesa romanica di Nostra Signora d’Itria, proseguiamo lungo la via Roma e, dopo un’ottantina di metri, prendiamo verso destra la deviazione nella via Santa Lucia che, dopo centosettanta metri, termina di fronte alla facciata della piccola chiesa di Santa Lucia Martire. La testimonianza più antica risale al 29 maggio 1599, quando viene menzionata tra le Chiese rurali filiali della parrocchiale di Santa Maria nella visita pastorale a Mara Calagonis di monsignor Alonso Lasso Sedeño. Viene edificata a una sola navata, ed in seguito, verso il 1700, viene cambiata la disposizione dell’asse liturgico, invertendo l’orientamento dell’ingresso che precedentemente era orientato ad est e che viene orientato ad ovest, per paura che il fiume che scendeva dai monti di Sinnai e che passava proprio di fronte alla chiesa, potesse straripare ed inondarla. Nel 1856 e nel 1906, anni in cui il paese viene colpito dalla pestilenza, si erige un muro intorno alla chiesa, ed al suo interno vengono seppelliti i morti. In seguito, con il passare degli anni, il muro crolla, ed al suo posto cresce la vegetazione. Nella modesta facciata di colore bianco si trova un portale ligneo, inserito in una semplice cornice e sovrastato da una finestra vetrata di forma rettangolare. Il prospetto a capanna, con copertura in tegole, è concluso da un bel campanile a vela ad una sola luce, con arco a sesto acuto, dotato di una campana e sormontato da una croce. La chiesa presenta una struttura caratterizzata da una pianta di forma rettangolare articolata un un’unica navata a con una piccola sacrestia adiacente al lato destro. La zona presbiteriale risulta sopraelevata rispetto al piano di calpestio. A Maracalagonis ogni anno, il 13 dicembre, giorno della ricorrenze della sua morte, si tengono i solenni festeggiamenti per la Festa di Santa Lucia, preceduta dai tre giorni del triduo nei quali si tengono il canto dei vespri e la Santa Messa. Il mattino presto del giorno 13 si celebra una messa nella piccola chiesa a lei dedicata, alla quale partecipa gran parte della popolazione del paese. In seguito, la sera al tramonto, il simulacro della Santa viene portato in processione, e durante la processione, lungo le vie del paese, si accendono dei fuochi allo scopo di ricordare quando è stata sottoposta al rogo, prima della sua morte sua decapitazione. A conclusione della processione è in programma uno spettacolo pirotecnico. La palestra delle Scuole primarie di via Cristoforo ColomboDal bivio all’ingresso in Maracalagonis con la SP15, presa a sinistra la via Cagliari, la percorriamo per duecentocinquanta metri e troviamo sulla destra la deviazione nella via Nazionale, che si sviluppa da nord a sud percorrendo tutto l’abitato. Prendiamo la via Nazionale, e, dopo altri centosettanta metri, svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Santo Stefano che, dopo centosessanta metri, continua sulla via Cristoforo Colombo. Percorsi trecentocinquanta metri, vediamo alla sinistra della strada l’ingresso delle Scuole primarie di via Cristoforo Colombo. All’interno di questo complesso scolastico si trova la Palestra coperta delle Scuole primarie di via Cristoforo Colombo, che non è dotata di tribune per gli spettatori, nella quale è possibile praticare come discipline le attività ginnico motorie. Il Municipio di MaracalagonisEvitando la deviazione nella via Santo Stefano, proseguiamo verso sud lungo la via Nazionale, e, dopo un’ottantina di metri, vediamo alla sinistra della strada, al civico numero 49, l’edificio che ospita il Municipio di Maracalagonis, nel quale sono presenti la sua sede ed i principali uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Si tratta degli uffici del settore Economico-Finanziario, Risorse Umane e Amministrazione Generale; gli uffici del settore Lavori Pubblici, Servizi Tecnologici, Ambiente e Protezione Civile; gli uffici del settore Pianificazione e Gestione del Territorio; gli uffici del settore Politiche Sociali; gli uffici del settore Polizia Locale e Servizi Demografici; ed anche il Segretario Comunale. La Palestra delle Scuole secondarie di via Dante AlighieriPercorsi circa un’ottantina di metri verso sud lungo la via Nazionale, arriviamo dove parte verso sinistra la via Dante. La superiamo e proseguiamo verso sud per altri centoventi metri lungo la via Nazionale, poi svoltiamo a sinistra nella via San Gregorio che, dopo un’ottantina di metri, continua sulla via Alessandro Manzoni. Percorsi circa centocinquanta metri, alla destra della strada si vede l’ingresso della Scuole secondarie di via Alessandro Manzoni. All’interno di questo complesso scolastico si trova la Palestra coperta delle Scuole secondarie di via Dante Alighieri, che non è dotata di tribune per gli spettatori, nella quale è possibile praticare come discipline la pallacanestro, la pallavolo e le attività ginnico motorie. La piazzetta Salvatore Vidal con il monumento dedicato a questo padre osservante francescanoPercorsi circa un’ottantina di metri verso sud lungo la via Nazionale, arriviamo dove parte verso sinistra la via Dante. La superiamo e proseguiamo verso sud per altri centosessanta metri lungo la via Nazionale, fino a vedere dove, alla destra della strada, si apre la Piazzetta Salvatore Vidal. Si tratta di una piazzetta alberata al centro della quale è presente il monumento dedicato a Giovanni Andrea Contini, nato a Maracalagonis nel 1575, che divenuto un padr Coperta delle e osservante francescano ha assunto il nome di Salvatore Vitali o Salvatore Vidal. Si tratta di un importante scrittore, ed al centro della piazzetta è presente il monumento, con al centro il suo busto in bronzo. Il parco pubblico urbano dedicato a Gualtiero GessaProseguendo verso sud lungo la via Nazionale, circa quaranta metri più avanti, dalla sinistra della strada parte la via Gualtiero Gessa, lungo la quale, percorsa una sessantina di metri, alla sinistra si sviluppa il grande Parco pubblico urbano. La struttura, realizzata nel centro abitato, è intitolata a un poliziotto di Maracalagonis, Gualtiero Gessa, morto a 37 anni nel 2005 in una sciagura a bordo di un elicottero della polizia che, decollato dalla base militare di Abbasanta, durante un volo di addestramento aveva perso gradatamente quota a Borore, sino a schiantarsi a terra. All’interno del parco si svolgono attività ricreative e sociali, di aggregazione e di sviluppo turistico. Il parco è dotato soprattutto di numerosi giochi per i bambini. La Palestra coperta delle Scuole primarie di via Gabriele D’annunzioPassata la via Gualtiero Gessa, procediamo in direzione sud lungo la via Nazionale, dopo centoquaranta metri svoltiamo a destra nella via Francesco Ciusa, percorsi centoventi metri svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Gabriele D’annunzio, alla sinistra della quale dopo una cinquantina di metri si vede l’ingresso delle Scuole primarie di via Gabriele D’annunzio. All’interno di questo complesso scolastico si trova la Palestra coperta delle Scuole primarie di via Gabriele D’annunzio, che non è dotata di tribune per gli spettatori, nella quale è possibile praticare come discipline la pallavolo e le attività ginnico motorie. All’uscita verso sud di Maracalagonis ha sede la Cantina Sociale di Quartu Sant’ElenaPassato il parco pubblico, proseguiamo per circa duecento metri verso sud lungo la via Nazionale, e qui, uscendo da Maracalagonis verso sud in direzione di Quartu Sant’Elena, passate le ultime case dell’abitato, si trova alla sinistra della strada, al civico numero 151, la sede della importante Cantina Sociale di Quartu Sant’Elena. La Cantina di Quartu Sant’Elena è nata nel 1926 quando i viticoltori dell’omonima città hanno deciso di unire le loro forze fondando l’attuale cooperativa agricola. Nel corso degli anni la Cantina ha espanso il suo territorio con coltivazioni presenti nei comuni limitrofi di Maracalagonis e Sinnai, ed ha trasferito la propria sede da Quartu Sant’Elena dove si trovava in via Brigata Sassari, all’interno dell’abitato di Maracalagonis. La Cantina Sociale di Quartu Sant’Elena costituita nel 1926 ad opera di un gruppo di viticoltori della zona del Basso Campidano, territorio a vocazione vitivinicola per eccellenza, al fine di tutelare, conservare e tramandare l’arte del vino. La Cooperativa ha puntato la sua politica aziendale sulla microvinificazione, che privilegia la qualità del prodotto piuttosto che la quantità, e, per fare questo, si occupa della tutela dei vitigni autoctoni, vinificando in purezza le qualità Nasco, Moscato e Malvasia. La Cantina Sociale produce diversi vini Doc di Sardegna (Cannonau di Sardegna Sant’Elena, Monica di Sardegna Tuerra, Vermentino di Sardegna Arenas) e vini Doc di Cagliari (Nuragus di Cagliari Nuraghe luas, Moscato di Cagliari Pascas, Nasco di Cagliari Apassili). |
Gli impianti del centro sportivo Comunale polifunzionalePercorrendo altri quattrocento metri verso sud lungo la via Nazionale, prendiamo la deviazione sulla sinistra seguendo le indicazioni per i campi del Tennis Club di Maracalagonis, che ci porta agli impianti del Centro sportivo Comunale polifunzionale di Maracalagonis. Percorsa per un’ottantina di metri questa deviazione che si muove verso est, vediamo a destra la deviazione in una stretta parallela che, in una sessantina di metri, ci porta a vedere a destra l’ingresso del Campo da Calcio con fondo in terra battuta, dotato di tribune nelle quali possono essere ospitati fino a 120 spettatori. alla destra del Campo da Calcio, un poco più a sud, si trova il Campo da Tennis, sede del Tennis Club, dotato di tribune in grado di ospitare una ventina di spettatori. Lungo la deviazione, un centinaio di metri più avanti si trova, sempre alla destra, il Palazzetto dello Sport, che ospita una Palestra dotata di tribune in grado di ospitarei fino a 700 spettatori, nella quale si svolgono incontri di calcio, calcetto ossia calcio a cinque e pallacanestro. Subito a destra del Palazzetto dello Sport, un poco più a sud, si trova, inoltre, una ex pista per Minimoto, attualmente utilizzata come Pista da Pattinaggio e Pista per Go Kart, che non e dotata di tribune. I dintorni di MaracalagonisVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Maracalagonis, sono stati portati alla luce i resti della Tomba di giganti Murta Sterria ’e Pizzus; della fonte sacra di Cuccuru Crobis; del Nuraghe complesso di tipo misto S’Omu S’Orku; dei Nuraghi complessi Monte Eghedda, e Sa Madrina; dei Nuraghi semplici Beduzzu, de S’Ascedu, Monte Fenugu, Piccia, S’Arrumbulada; dei Nuraghi Baccu Pilleri, Bidda Beccia, Brebexili, Cuccuru Cireddu, de Sottu, di Sant’Elena, Lianu, S’Arridellarxiu, Sa Guardia, Sa Sedda S’Omu, Sirigraxiu, Su reu, tutti di tipologia indefinita; ed anche degli insediamenti abitativi di Crux'e Lillius, e di Ganni. Il territorio Comunale di Maracalagonis si estende verso sud est fino a raggiungere il mare. I resti del sito archeologico di SirigraxiuDal Municipio di Maracalagonis, percorsi circa un’ottantina di metri verso sud lungo la via Nazionale, arriviamo dove parte verso sinistra la via Dante. Prendiamo questa strada che si dirige verso nord est, la seguiamo per poco più di cinquecento metri, poi svoltiamo a destra e prendiamo la via San Basilio, che, dopo duecento metri, esce dall’abitato come prosecuzione della via San Basilio. Questa strada, dopo sette chilometri ed ottocento metri, va ad immettersi sulla SS125, la nuova strada che porta, oggi, a San Basilio. Da dove la abbiamo presa, seguita la prosecuzione della via San Basilio per quattro chilometri e trecento metri, si trova alla sinistra della strada il Sito archeologico di Sirigraxiu, dove sono presenti i resti di un insediamento abitativo realizzato vicino a un Nuraghe non classificato edificato a 118 metri di altezza in materiale non determinato. In questo sito è stata effettuata la prima campagna di scavi dei primi anni ottanta del secolo scorso, limitata però solo a una piccola porzione dell’area, con il rinvenimento di frammenti ceramici che hanno fatto avanzare l’ipotesi di un insediamento punico. La seconda campagna di scavi, condotta nel 1996 su un’area più vasta, ha portato al rinvenimento di murature che hanno mostrato l’esistenza di un complesso articolato in più vani, ed, attorno ad esso, di una recinzione perimetrale realizzata con pietre di varie dimensioni. Si è rinvenuta anche una vasca, inserita su un pavimento in calce, di cui però si ignora la funzione. Alcuni frammenti di piatti si riferiscono a produzioni africane del sesto secolo, mentre resti di ceramiche realizzate in argilla chiara e decorate con sovrapitture risalgono agli ultimi secoli del primo millennio. Altre tipologie ceramiche rinvenute, come la maiolica arcaica di produzione pisana, risalgono al periodo tra il tredicesimo ed il quattordicesimo secolo, e quelle di produzione valenzana tra quest'ultimo ed il quindicesimo secolo. Secondo alcuni il Nuraghe di Sirigraxiu potrebbe essere un Nuraghe con almeno due ambienti o torri più piccole addossate alla torre principale e ingresso sicuramente orientato a sud est, e viene menzionato come Nuraghe con forno fusorio, ma non esistono maggiori attestazioni in merito. Purtroppo, ai pochi interventi di recupero, non è seguita la necessaria opera di restauro e la messa a disposizione dei visitatori, ed il sito è in stato di completo abbandono, avvolto dalla vegetazione con alcune parti interrate ma in maggioranza crollato, dovuto anche all’intervento di tombaroli. I resti della Tomba Bizantina a camera ritrovata in località rio SicciPresa verso sud la SP15, percorriamo un paio di chilometri a sud dell’attuale abitato, fino a raggiungere un’altura prospicente la località Santu Stevini, dove si trovava la chiesa di Santo Stefano di Calagonis, che era la villa poi abbandonata e distrutta nella quale sono state rinvenuti frammenti di raffinate decorazioni marmoree ed alcune epigrafi oggi conservate nella chiesa parrocchiale Qui, in località rio Sicci, nel 2002 è stata messa in luce una particolare Tomba Bizantina a camera con copertura a botte, di grandi dimensioni, e di sicura rilevanza nel panorama dei ritrovamenti degli ultimi venti anni. La caratterizzano l’accuratezza della struttura, con pietre sagomate per la specifica posizione o tagliate per l’incastro con le altre, e l’ampiezza del vano coperto. All’interno della tomba sono stati rinvenuti undici scheletri, accuratamente accostati fra loro, se pure in condizioni di conservazione precarie, con la disposizione dei corpi parallela alla parete in cui si apre l’ingresso, uno solo accostato alla parete sinistra, dietro l’allineamento dei crani degli altri individui. Sollevata rispetto al pavimento era la porta, che immetteva alla camera. Purtroppo, ai primi interventi di recupero, neppure per questa tomba è seguita la necessaria opera di completamento dello scavo e soprattutto il suo restauro e la messa a disposizione dei visitatori. La frazione Villaggio delle RosePresa verso sud la SP15, a due chilometri ed ottocento metri dal Municipio, arriviamo a una rotonda, alla quale la terza uscita ci porta sulla SS125 Orientale Sarda. A sei chilometri e seicento metri da dove abbiamo imboccato la SS125 Orientale Sarda, seguendo le indicazioni per il villaggio delle Rose, prendiamo a destra la strada bianca denominata via del Mirto, che, in poco più di cinquecento metri, ci porta all’interno della frazione Villaggio delle Rose (altezza metri 130, distanza 10.2 chilometri, circa 110 abitanti). All’interno del villaggio vige un regolamento condominiale. Il Villaggio è nato come centro residenziale, e le sue abitazioni sono immerse nel verde della macchia mediterranea tipica del Campidano, tra i profumi degli olivastri e delle ginestre, tanto che la frazione è tra le destinazioni preferite dagli amanti della natura e della tranquillità. Villaggio delle Rose è un ottimo punto di partenza per le escursioni. La frazione Villaggio dei GigliProseguendo per un altro chilometro e cento metri, ci raggiunge dalla sinistra la prosecuzione della via San Basilio, che arriva dall’abitato di Maracalagonis. Percorso ancora un chilometro e trecento metri, seguendo le indicazioni per il villaggio dei Gigli, prendiamo a destra la deviazione che ci porta all’interno della frazione Villaggio dei Gigli (altezza metri 100, distanza 13.1 chilometri, circa 64 abitanti). Si tratta di un centro residenziale molto tranquillo, collocato, come Villaggio delle Mimose e Villaggio delle Rose, in posizione panoramica, dove alloggiare in graziosi appartamenti in affitto per le vacanze e villette. Villaggio dei Gigli offre tutti i servizi, pur rimanendo immerso nel silenzio e nei profumi della vegetazione mediterranea, caratterizzata da ginestre e olivastri. La frazione San Basilio di SinnaiPercorsi altri ottocento metri lungo la SS125 Orientale Sarda, subito dopo il cartello indicatore del chilometro 24, prendiamo sulla sinistra la via San Basilio, che ci porta in territorio di Sinnai, dove si trova la frazione San Basilio (altezza metri 123 sul livello del mare, abitanti circa 27). Nella frazione San Basilio di Sinnai si trova la chiesa di San Basilio MagnoQui, la via San Basilio ci porta, in meno di duecento metri, a vedere sulla sinistra la facciata della bella seicentesca chiesa di San Basilio Magno che si trova in un territorio a suo tempo ceduto dal feudatario in uso promiscuo ai comuni di Mara e Sinnai, e di cui una sentenza del 1850 assegna al comune di Sinnai la giurisdizione civile e alla parrocchia di Maracalagonis la giurisdizione religiosa. La chiesa è stata costruita presumibilmente nella seconda metà del cinquecento sul sito della chiesa preesistente, forse medio bizantina, dato che una chiesa di San Basilio identificabile con quest’ultima viene menzionata nell’inventario dei beni della Mensa Arcivescovile di Cagliari redatto nel 1365, poiché situata nel Salt de San Basil que afronta de un cap al salt de Corongio e salt de Mara e salt de S. Maria de Paradis. Dal 1599 viene menzionata tra le Chiese filiali della parrocchiale di Mara. Nel corso dei secoli è stata sottoposta ad interventi di manutenzione e restauro che non sembra abbiano sconvolto il suo aspetto originario, cosa che non è avvenuta neppure durante le vicende più recenti tra le quali nel 1975 è stata sottoposta ad importanti lavori durante i quali sono state demolite alcune superfetazioni del 1965, è stato ricostruito il prospetto posteriore con le pietre di demolizione, sono state sostituite le parti fatiscenti della copertura lignea e rifatto il tetto col riutilizzo delle tegole sarde ancora integre e la sostituzione di quelle rotte con altre, sempre sarde e antiche, provenienti da demolizioni. È stato restaurato anche il loggiato, nei punti dove mostrava cedimenti, ed il muro di cinta del complesso, seguendo lo stesso criterio utilizzato per il muro frontale del presbiterio. La chiesa ha una forma rettangolare, con una sola navata, ed è preceduta all’esterno da un piccolo loggiato, ai lati dei quale si trovano dei larghi muretti usati come sedili. Al centro di questo loggiato si trova la porta di accesso alla chiesa. Degno di nota è l’architrave litico della porta principale, impostato su due mensole a cartiglio di gusto classicista decorate da corpose rosette in rilievo. Oggi il piazzale antistante la chiesa è particolarmente curato grazie all’intervento dei giovani del paese che con i fondi stanziati della regione e dal comune hanno completamente sistemato la zona. Nel piazzale sono presenti tre stanzette staccate dal corpo della chiesa, ossia tre cumbessias, che un tempo servivano come alloggi per il parroco e gli accompagnatori, ed attigua a queste c'è la stanza che alloggiava Su Còciu, ossia il cocchio del Santo. Ancora oggi la Festa campestre di San Basilio Magno, che si celebra l’ultima domenica di agosto, è molto sentita dai Maresi, tanto che molti accompagnano a piedi in solenne processione, dalla parrocchiale di Maracalagonis sino alla chiesa a lui intitolata, il simulacro del Santo, collocato a bordo de Su Còciu unitamente a quello di San Gregorio. Per l’occasione vengono edificate delle capanne che accoglieranno i fedeli nel periodo della festa, mentre la statua del Santo viene ospitata nella chiesa a lui dedicata. La domenica, dopo i riti religiosi, si organizzano numerose manifestazioni civili, con balli e canti. I festeggiamenti vedono anche l’allestimento di diverse sagre, come quella della pecora, dell’uva e del pomodoro, nelle quali vengono esposti prodotti gastronomici ed oggetti di artigianato. Conclusi i riti religiosi e le manifestazioni civili, il lunedì la statua del Santo viene riaccompagnata in processione a Maracalagonis. La frazione San Gregorio di SinnaiDa dove siamo arrivati alla località San Basilio, proseguiamo lungo la SS125 Orientale Sarda per altri tre chilometri, e, subito al cartello indicatore del chilometro 27 della SS125 Orientale Sarda, una deviazione sulla sinistra ci porta nella frazione San Gregorio (altezza metri 264 sul livello del mare, abitanti circa 40), che si trova proprio ai piedi delle verdeggianti montagne dei Sette Fratelli, la catena montuosa più alta del sud della Sardegna. San Gregorio era il luogo più ricercato dalla borghesia cagliaritana per le vacanze, dove parchi e giardini sono stati realizzati per abbellire ulteriormente il borgo del cagliaritano. San Gregorio è egregiamente mantenuto in tutto il suo splendore, con ville e spazi architettonici di notevole bellezza, insieme alla chiesa, aperta una sola volta all’anno. Nella frazione San Gregorio di Sinnai troviamo la chiesa di San Gregorio MagnoQui la via San Gregorio ci porta, in circa duecento metri, nella piazza della chiesa, dove si trova la chiesa di San Gregorio Magno che si trova in un territorio a suo tempo ceduto dal feudatario in uso promiscuo ai comuni di Mara e Sinnai, e di cui una sentenza del 1850 assegna al comune di Sinnai la giurisdizione civile e alla parrocchia di Maracalagonis la giurisdizione religiosa. La chiesa di San Gregorio si affaccia nella suggestiva piazza dell’ottocentesco borgo omonimo. Allo stato attuale degli studi, nulla si sa sulla sua fondazione; troviamo però numerose notizie in documenti custoditi nell’Archivio Storico Diocesano di Cagliari. La menzione più antica risale al 13 ottobre 1618, quando morì Gian Piero Lepori, che, nelle sue ultime volontà, devolse mille soldi in suo favore. Nel corso del tempo, la chiesa ed i suoi pochi arredi, compresa la statua del Santo, furono sottoposti ad interventi di manutenzione, ordinaria e straordinaria, e a parziali ricostruzioni. L’edificio attuale è situato nel cuore di una vallata ricca di giardini e di vegetazione mediterranea, e, pur essendo di costruzione moderna, si sovrappone ad un impianto ben più antico. Secondo le scarse notizie sulla sua origine, la chiesa originaria, infatti, sarebbe stata costruita forse nel seicento, probabilmente sopra le rovine di un’antica stazione romana, e riedificata intorno al 1818. La sua facciata, con terminale a duplice inflessione sovrastato dal campanile a vela, è preceduta da un piccolo loggiato. La chiesa, internamente, è costituita da un’unica aula mononavata con copertura lignea, terminante a sud ovest, senza soluzione, con il presbiterio, a destra del quale si trova la sacrestia. Gli abitanti di Maracalgonis celebrano la Festa campestre di San Gregorio La prima domenica di maggio. Anche per questa festa, come per quella di San Basilio Magno, il tradizionale cocchio, ossia Su Còciu, trasporta la statua del Santo, assieme a quello di San Basilio Magno, dalla chiesa parrocchiale nell’omonima chiesa campestre nel borgo di San Gregorio, dove si svolgono i festeggiamenti religiosi e le diverse manifestazioni civili. Il lunedì la statua del Santo viene riaccompagnata in processione a Maracalagonis. I festeggiamenti prevedono che nel piazzale della chiesa venga organizzato un curioso mercatino, fatto di oggetti d’antiquariato e oggetti dell’artigianato contadino. Dalla località Ponte Piscina Nuscedda raggiungiamo le frazioni Baccu Curzu e Monti NiedduPresa verso sud la SP15, a due chilometri ed ottocento metri dal Municipio, arriviamo a una rotonda, alla quale la terza uscita ci porta sulla SS125 Orientale Sarda. La seguiamo per sei chilometri, ed arriviamo nella località Ponte Piscina Nuscedda (altezza metri 55, distanza 8.8 chilometri, non è disponibile il numero di abitanti). In questa località dalla strada statale parte, sulla destra, la Strada vicinale che collega Pixina Nuxedda con San Pietro Paradiso. Presa la Strada vicinale, dopo duecento metri svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Monte Nieddu. La seguiamo per poco più di cinquecento metri e prendiamo a destra la strada bianca chiamata via della Poiana, che, in duecento metri, ci porta all’interno della frazione Baccu Curzu (altezza metri 95, distanza 9.9 chilometri, circa 54 abitanti). Evitando la deviazione per la frazione Baccu Curzu, proseguiamo per ottocentocinquanta metri sulla via Monte Nieddu, e prendiamo a sinistra la via del Nibbio, la seguiamo per quasi trecento metri, poi prendiamo a destra la Traversa II della via del Nibbio, che, in trecento metri, ci porta alla frazione Monti Nieddu (altezza metri 135, distanza 10.8 chilometri, circa 65 abitanti). Raggiungiamo la cascata di San Pietro ParadisoDalla localita Ponte Piscina Nuscedda, prendiamo la Strada vicinale che collega Pixina Nuxedda con San Pietro Paradiso, evitiamo la deviazione nella via Monte Nieddu e proseguiamo dritti. Proseguiamo evitando le deviazioni per cinque chilometri e duecento metri, prima di una stretta curva sulla destra, troviamo alla sinistra un piccolo spiazzo nel quale possiamo parcheggiare. Qui prendiamo a sinistra il sentiero che, in poco meno di centocinquanta metri, ci porta alla Cascata di San Pietro Paradiso. Si tratta di una cascata a carattere torrentizio, con un’altezza di circa sette metri e mezzo, che si trova a un’altezza di circa duecentocinquanta metri. La cascata è alimentata dall’acqua proveniente dai bacini di raccolta di Conca Mortorio e di Conca de Su Serbonia, situati a poco più di settecentocinquanta metri. La cascata precipita in un laghetto di forma circolare, e le rive del laghetto sono ricoperte di ghiaietta determinata dai detriti trascinati dai torrenti sovrastanti. Passata la cascata si raggiunge la piccola chiesa di San Pietro in Paradiso detta anche San Pietro NuovaDa dove ci eravamo fermati per raggiungere la Cascata, proseguiamo lungo la Strada vicinale. La percorriamo passando accanto alla Tomba di giganti Is Concias, ossia Le Pietre, detta anche Sa Dom ’e S’Orcu, che si trova in territorio di Quartucciu e che abbiamo descritto quando abbiamo illustrato i dintorni di Quartucciu. Percorsa per due chilometri e duecento metri, troviamo sulla destra la deviazione nella stradicciola che ci condurrebbe ai ruderi della chiesa di San Pietro in Paradiso detta anche chiesa di San Pietro Vecchia, che abbiamo anch’essa descritta nei dintorni di Quartucciu. Evitiamo la deviazione e proseguiamo dritti, dopo settecentocinquanta metri, in località San Pietro Paradiso, si vede alla sinistra della strada la facciata della piccola chiesa di San Pietro in Paradiso detta anche chiesa di San Pietro Nuova, eretta nel 1940 per concessione di tale Saverio Orrù in un territorio che a lui apparteneva. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, ci recheremo a visitare la costiera di Maracalagonis che comprende dalla località Baccu Mandara alla sua frazione Torre delle Stelle con i suoi insediamenti turistici. |