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Ozieri, patria del Maestro di Ozieri, con la basilica di Sant’Antioco, e con la grotta da cui è nata la Cultura di Ozieri


In questa tappa del nostro viaggio, da Ardara ci recheremo nel Monteacuto, ad Ozieri dove visiteremo la bella basilica di Sant’Antioco di Bisarcio, e la grotta di San Michele, dalla quale ha preso il nome la Cultura di San Michele di Ozieri, ed i suoi dintorni.

La regione storica del Monteacuto, chiamata anche Logudoro Monteacuto

La regione storica del MonteacutoIl Logudoro è stato, nel periodo medioevale, uno dei quattro Giudicati che ha avuto come capoluogo prima Porto Torres, in seguito Ardara, ed infine Sassari. Oggi possiamo dividere questa regione in tre parti: Logudoro Turritano, il cosiddetto Sassarese, a nord; il Logudoro Meilogu a ovest; ed il Logudoro Montacuto a est. Più in particolare, il Monteacuto comprende la piana di Chilivani e le propaggini dei monti del Goceano, di Alà dei Sardi e del limbara. Il nome deriva da quello del Castello giudicale edificato a Berchidda nel tredicesimo secolo. Il paesaggio del Monteacuto è caratterizzato dall’alternarsi di alture e zone pianeggianti. Oggi il Monteacuto si trova economicamente diviso in due zone, il cui confine è segnato dal fiume Coghinas. I comuni che fanno parte del Monteacuto orientale sono Alà dei Sardi, Berchidda, Buddusò, Monti, Oschiri e Padru. Quelli che fanno parte, invece, del Monteacuto occidentale sono Nughedu San Nicolò, Ozieri, Pattada e Tula. Nel Monteacuto si parla il logudorese, a ovest nell’arcaica variante settentrionale nuorese, mentre a est in quella comune. L’altopiano di Buddusò, a sud est, è la zona di convergenza tra queste due varianti linguistiche.

In viaggio verso Ozieri

Da Ardara, dove eravamo arrivati nella precedentemente tappa del nostro viaggio, prendiamo in uscita verso nord la SP20 e la seguiamo per circa due chilometri e mezzo, dopo di che ci immettiamo sulla SS597 del Logudoro che ci porta nella regione storica del Monteacuto, che abbiamo già descritto in una delle prime tappe del nostro viaggio in Gallura.

In località Sant’Antioco di Bisarcio visiteremo la sua bellissima basilica

Seguiamo la SS597 del Logudoro per sei chilometri e mezzo, svoltiamo a sinistra sulla SP67, la seguiamo per poco più di un chilometro, poi, seguendo le indicazioni, raggiungiamo la basilica di Sant’Antioco di Bisarcio una delle più grandi Chiese romaniche della Sardegna, la cui mole imponente domina, come un Castello su un’altura, la piana di Chilivani. realizzata in stile romanico pisano con conci in trachite con colori che variano tra il rossastro ed il nerastro, creando un effetto suggestivo, la sua imponenza deriva dalla sua funzione, già nel 1082 e fino al 1503, dell’antica ed importante diocesi di Bisarcio, sorta nell’antico villaggio di Guisarcum, conosciuto già dal sesto secolo, in periodo bizantino. La costruzione della basilica è voluta prima del 1080 dal giudice Torgotorio Barisone I, che ha già, dal 1065, favorito l’insediamento nel Giudicato di dodici monaci Benedettini provenienti dall’Abbazia di montecassino. Situata in posizione elevata a dominare il territorio sottostante, viene distrutta da un incendio, ed è successivamente riedificata tra il 1150 ed il 1160, per volontà del giudice Mariano I, mentre agli anni successivi, prima del 1174, si deve l’originale facciata ed il porticato antistante. Agli inizi del quattordicesimo secolo, a causa della malaria che imperversa, si assiste all’esodo della popolazione verso le colline e la villa di Ozieri, tanto che i vescovi abbandonano l’antica sede per stabilirsi nella nuova residenza, ed il Sinodo Diocesano di Bisarcio del 1437 si svolge nella chiesa di Santa Maria in Ozieri. Nel sedicesimo secolo Bisarcio viene unita alla diocesi di Ottana e Castro, trasferita ad Alghero e sottoposta alla giurisdizione ecclesiastica di questa città, fino al suo reintegramento, avvenuto ad Ozieri, esattamente tre secoli dopo, nel 1803. Il portico, addossato alla facciata, si sviluppa su due piani. Nel piano inferiore si aprono tre archi a tutto sesto, i due laterali inglobanti una bifora, mentre dall’arco centrale si accede al vestibolo della basilica, che si sviluppa in sei campate con volta a crociera e sostenute da pilastri. alla parete destra del vestibolo si trova una ripida scala, che conduce al piano superiore, dove si trovano tre ambienti, di cui quello centrale, dotato di altare, fungeva da Cappella privata del Vescovo di Bisarcio. Dal vestibolo si accede all’interno della chiesa, a tre navate divise da cinque colonne per lato, e con abside semicircolare. La navata centrale ha copertura a capriate in legno, mentre le navate laterali sono suddivise in campate con volta a crociera. La chiesa è affiancata, sul lato meridionale, da una torre campanaria, attualmente mozza in seguito a un crollo, a canna quadra, e ornata da lesene e archetti pensili, che si sviluppano anche sui fianchi e sull’abside della chiesa. L’interno della basilica, col simulacro del Santo costituito da una statua lignea e il Crocifisso in alto nell’abside, sono di grande effetto suggestivo, così come maestosa ed elegante è la facciata, che incute un forte timore reverenziale.

basilica di Sant’Antioco di Bisarcio: veduta d’insieme basilica di Sant’Antioco di Bisarcio: campanile basilica di Sant’Antioco di Bisarcio: veduta laterale basilica di Sant’Antioco di Bisarcio: facciata basilica di Sant’Antioco di Bisarcio: il particolare del porticato basilica di Sant’Antioco di Bisarcio: il particolare degli archetti sulla facciata basilica di Sant’Antioco di Bisarcio-e rovine del convento

La seconda domenica di maggio, presso la basilica di Sant’Antioco di Bisarcio, si svolge la Festa primaverile, che è la Festa di Sant’Antioco di Bisarcio con una significativa processione con la presenza delle varie bandiere delle altre Chiese di Ozieri. Al termine della messa, viene offerta una cena comunitaria a base di arrosto di vitello. La Festa è caratterizzata anche da festeggiamenti civili, con numerosi spettacoli di intrattenimento ed anche una serie di iniziative di forte richiamo turistico.

Passata la basilica di Sant’Antioco di Bisarcio, un’altra bella chiesa si trova circa venti chilometri più avanti, sempre sulla SS597 del Logudoro che entrando in Gallura prende il nome di SS199. Qui si trova, sulla destra, la deviazione per Oschiri, e si può proseguire fino ad incontrare le indicazioni sulla sinistra per la chiesa della Madonna di Castro posizionata su un’altura dominante la piana del lago Coghinas, che abbiamo già descritta in una Precedente tappa del nostro viaggio parlando della Gallura.

I resti del Nuraghe Burghidu

Passata la deviazione per la basilica di Sant’Antioco di Bisarcio, proseguiamo sulla SS597 del Logudoro per poco più di sette chilometri, poi incrociamo la SS132, che prendiamo verso sinistra, ossia verso Chiaramonti. Percorsi un paio di chilometri, svoltiamo al chilometro 11,5 a destra sulla SP127 in direzione di Tula. Percorsi circa seicento metri, svoltiamo a destra nella strada bianca che conduce davandi al Nuraghe Burghidu visibile anche da lontano.

Ozieri: il Nuraghe BurghiduSi tratta di un Nuraghe di tipo complesso, quadrilobato, costituito da una torre principale, il mastio, alla quale sono state in seguito aggiunte tre torri secondarie, collegate da un bastione murario. Il mastio è alto quattordici metri, realizzato con blocchi di trachite squadrati, disposti su filari regolari, ed all’interno si trovavano tre camere sovrapposte, delle quali se ne conservano due collegate da una scala elicoidale. Del bastione si conserva soltanto un tratto, con una delle torri, alta cinque metri, che era collegata con la torre successiva, andata distrutta come la terza. Il Nuraghe è stato restaurato nel 1967.

La frazione Fraigas con resti della Stazione ferroviaria dismessa di Ozieri Fraigas

Ripercorriamo indietro la SS132 fino all’incrocio con la SS597 del Logudoro, superiamo questo incrocio e proseguiamo sulla SS132 che prendiamo verso sud, ossia verso Ozieri. La seguiamo per circa quattro chilometri e mezzo, e troviamo sulla sinistra della strada la frazione Fraigas (altezza metri 203, distanza 6 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 40).

Ozieri: resti della Stazione ferroviaria dismessa di Ozieri FraigasIn essa è presente la Ex Stazione ferroviaria di Ozieri Fraigas una piccola stazione dismessa posta sulla Dorsale Sarda, dopo la stazione di Ozieri Chilivani, in direzione di Olbia e Golfo Aranci, prima della stazione di Madonna di Castro chiusa al traffico, ed alla successiva stazione di Oschiri. L’inaugurazione della stazione coincide con l’apertura al traffico nel 1880 del tronco ferroviario tra la stazioni di Fraigas e quella di Monti, tronco facente parte della costruenda linea tra Cagliari e Golfo Aranci, terminata pochi anni più tardi. L’impianto viene amministrato dalle Ferrovie reali sino al 1920, data in cui passa alla gestione delle Ferrovie dello Stato, che nel 2001 ne cedono la gestione alla controllata RFI, per venire in seguito chiusa al traffico passeggeri.

La chiesa romanica di San Nicola di Guzule o Butule

Ozieri: chiesa romanica di San Nicola di Guzule o di ButuleProseguendo verso sud sulla SS132, dopo poco più di due chilometri, al raccordo prendiamo a destra il corso Aldo Moro, e troviamo subito, alla sinistra della strada, la chiesa romanica di San Nicola di Guzule o chiesa di San Nicola di Butule edificata in pietra vulcanica, con conci di media pezzatura, nel dodicesimo secolo dove, nel periodo medioevale, sorgeva il villaggio di Guzule o Butule. La più antica citazione della chiesa Sancti Nicholay de Guzuli risale, infatti, al 1135, quando risulta sede del priorato dei monaci Vittorini di Marsiglia, che erano stati chiamati nel Giudicato del Logudoro. La chiesa viene ricostruita nell’ultimo quarto del tredicesimo secolo. Viene, inoltre, ristrutturata in età tardogotica con l’inversione dell’asse liturgico, dato che l’antica facciata si trovava dove ora è collocata l’abside, mentre l’attuale facciata è stata ottenuta con il rimaneggiamento dell’antico prospetto absidale. L’impianto è a pianta rettangolare, con aula a una sola navata, con copertura in legno su capriate, di recente rifatte secondo lo stile originario.

La frazione Ozieri denominata San Nicola

Intorno alla chiesa è stata realizzata la grande frazione Ozieri denominata San Nicola (nome in lingua sarda Santu Nigola, altezza metri 226, distanza 4.1 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 1.627), che si trova nella pianura di Chilivani. Si tratta di un insediamento a carattere prevalentemente residenziale e produttivo, sorto intorno ai primi anni settanta del novecento. Il nome del quartiere si deve alla presenza in esso della piccola chiesa romanica di San Nicola.

La chiesa di San Nicola nella frazione omonima

Nella frazione è stata, successivamente, realizzata la nuova chiesa di San Nicola La chiesa parrocchiale della frazione, che è una moderna costruzione ampia, per la cura spirituale del nuovo omonimo rione decentrato di Ozieri. La si raggiunge prendendo dal corso Aldo Moro, a sinistra, il viale San Nicola, che ci porta nella piazza San Nicola, sulla quale si affaccia la chiesa. La Festa di San Nicola, una Sagra campestre della durata di tre giorni, si svolge, preceduta dalla novena, l’ultima domenica di maggio o la prima di giugno. Dopo la messa mattutina, il simulacro viene portato in processione alla chiesa parrocchiale, dove viene officiata la messa solenne alla quale segue un rifresco. Il sabato della vigilia, dopo la celebrazione del vespro, il comitato organizzatore offre una degustazione di pecora bollita.

Lo stadio San Nicola e le manifestazioni che ospita

Seguito il corso San Nicola, che compie un’ampia curva ad occidente intorno a un’altura, si arriva nella parte a nord est dell’abitato, dove si trova lo Stadio San Nicola di Ozieri, un Campo da Calcio nel quale si svolgono, oltre alle manifestazioni sportive, anche manifestazioni fieristiche.

Importanti e molto seguite sono le fiere che si tengono presso il quartiere Fieristico di San Nicola, soprattutto ad aprile la Mostra provinciale dei Bovini e la Rassegna Agro: alimentare. Ed a settembre, in contemporanea con la Festa della Beata Vergine del Rimedio ad Ozieri, presso il quartiere Fieristico di San Nicola si svolge la Fiera dell’Artigianato e del Commercio, durante la quale ha luogo la sfilata dei costumi tipici locali e provenienti da tutta l’Isola.

I resti del Nuraghe Sa Mandra ’e Sa Jua

All’interno della frazione San Nicola, su una modesta altura che domina il rio Mannu di Ozieri, è presente il Nuraghe di Sa Mandra ’e Sa Giua ossia recinto dei buoi aggiogati, che in senso lato indica un terreno fertile. Lo si raggiunge seguendo, dopo aver visitato la chiesa romanica di San Nicola, il corso Aldo Moro, che gira tutto intorno all’altura sulla quale si trova il Nuraghe.

Il complesso archeologico è costituito dal Nuraghe trilobato, con un mastio centrale e due torri laterali che racchiudono, ognuna, due ambienti, e da un villaggio costituito da capanne circolari e rettangolari. La planimetria è simile a quella del Nuraghe Attentu di Ploaghe. Nel sito sono presenti, come già detto, resti di capanne preistoriche, oltre a fabbricati di epoca romana, dato che il quartiere, che dista circa un chilometro dal Ponte romano di Pont ’ezzu, è stato frequentato in epoca romana, ed in seguito, ininterrottamente, fino al periodo periodo medioevaleale. Un recente restauro ha interessato la struttura muraria della torre centrale, che, quasi completamente interrata, presentava solo metà del paramento esterno della torre.

Il ponte romano Pont ’ezzu, ossia Ponte Vecchio

Seguendo il corso Aldo Moro, prendiamo a sinistra la via maria carta verso nord ovest, dalla quale parte, verso sud ovest, la strada che porta attraverso la zona artigianale che si trova in regione San Nicola. Percorsi poco più di cinquecento metri, sbocchiamo sulla strada che percorre la località Sas Pedras Fittas, e la prendiamo verso destra, ossia in direzione nord ovest, e, dopo circa cinquecento metri, vediamo sulla destra della strada il Pont’Ezzu ossia il Ponte Vecchio, uno dei tre ponti Romani che consentivano l’attraversamento del rio Mannu di Ozieri, lungo la strada che conduceva da Karalis, ossia Cagliari, a Turris Libisonis, ossia Porto Torres. Il ponte risale presumibilmente al primo secolo dopo Cristo, ha subito un importante restauro nell’epoca imperiale nel III o quarto secolo, ed infine un rimaneggiamento in epoca medievale. Con i suoi circa novanta metri di lunghezza, rappresenta uno dei maggiori e meglio conservati ponti Romani dell’Isola, che si sviluppa su sei arcate con raggio decrescente, dal centro ai lati. Lo spazio fra i pilastri è lastricato, ed il ponte è stato utilizzato fino agli anni ’50 del novecento, quando sono state abbattute parti delle spallette. I lavori eseguiti negli anni ’60 hanno canalizzato e cementificato il rio Mannu, cambiando il corso naturale del fiume, che non passa più sotto il ponte. La sezione del WWF di Ozieri ha proposto un progetto di risanamento e valorizzazione di tutta l’area, che prevedeva la realizzazione di un’oasi verde attorno al ponte, in grado di conciliare gli interessi storico archeologici con quelli naturalistici.

Il Cimitero di Ozieri

Dalla frazione San Nicola riprendiamo verso sud la SS132 e la percorriamo per quasi due chilometri e mezzo, qui troviamo sulla destra la strada che ci porta davanti all’ingresso del Cimitero di Ozieri.

La frazione Ozieri denominata Chilivani

Circa trecento metri più avanti rispetto alla strada che ci ha portato al Cimitero, arriviamo a uno svincolo nel quale prendiamo verso destra la SP1, che si dirige in direzione ovest, e, in poco più di sei chilometri, ci porta alla frazione Ozieri denominata Chilivani (altezza metri 226, distanza 7.6 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 294).

L’importante Stazione ferroviaria di Ozieri Chilivani

Qui si trova l’importante Stazione ferroviaria di Ozieri Chilivani una stazione di categoria Silver posta sulla linea ferroviaria a scartamento ordinario nota anche come Dorsale Sarda, dopo la stazione di Giave e quelle chiuse al traffico passeggeri di Torralba e di Mores Ittireddu. Dalla stazione i treni procedono in direzione di Olbia e Golfo Aranci Marittima verso nord, passando per la ex stazione di Ozieri Fraigas e proseguendo poi verso Oschiri ed in questa stazione si innesta la sua diramazione che porta, verso ovest, a Sassari ed a Porto Torres, passando per Ardara e Ploaghe. La scelta di far passare la ferrovia lontano dall’abitato di Ozieri era dovuta al minor costo per i costruttori, ma ha provocato all’epoca le proteste degli amministratori di Ozieri, ciò nonostante i lavori, eseguiti da parte della Compagnia reale delle Ferrovie Sarde, hanno portato i primi treni a transitare nello scalo nel 1874, data di inaugurazione del tronco tra Ploaghe ed il nuovo scalo, che completava la linea per Porto Torres. alla stazione viene attribuito in origine il nome di Chilivani, nome ripreso anche dalla frazione che si sviluppa attorno agli impianti ferroviari, e nel 1878 la stazione viene ufficialmente collegata alla Dorsale Sarda, con l’inaugurazione dei tronchi che da Chilivani raggiungevano Giave a sud e l’altra stazione di Fraigas a nord. Nel 1920 la gestione passa alle Ferrovie dello Stato, che nel 2001 ne cedono la gestione alla controllata RFI. É la principale stazione nel comune di Ozieri, il cui piazzale è attrezzato con cinque binari per il servizio passeggeri, di cui quattro raggiungibili tramite sottopassaggio, e con vari binari di servizio. L’apertura nel 2006 della cosiddetta variante di Chilivani a poche centinaia di metri dalla stazione, ha fatto sì che non sia più necessario il transito nello scalo e l’inversione per poter entrare nella diramazione verso Sassari, ma ciò nonostante solo pochi treni usufruiscono della bretella che taglia fuori la stazione.

Ozieri: la Stazione ferroviaria di Ozieri Chilivani Ozieri: la Stazione ferroviaria di Ozieri Chilivani

In questa stazione si innestava pure, fino alla sua dismissione dal 1970, la linea ferroviaria a scartamento ridotto completata nel 1893 dalla Società per le Ferrovie Secondarie Sarde, che la collegava con Tirso, in territorio di Illorai, ed era stata concepita allo scopo di collegare il paese chiamato Ozieri con gli importanti snodi ferroviari di Chilivani nel nord e Macomer nel centro della Sardegna, nonche con Nuoro ed i centri abitati posti lungo la catena del Goceano; una linea che, ad oltre quarantaanni dalla cessazione di ogni attività di trasporto ferroviario, la linea conserva tuttora quasi integralmente il tracciato, oltre a numerose stazioni, ponti e caselli, che sono sopravvissuti all’usura del tempo.

La chiesa del Sacro Cuore di Chilivani

La chiesa del Sacro Cuore che è la chiesa parrocchiale di Chilivani, è stata costruita alla fine dell’ottocento, dopo la realizzazione della Stazione ferroviaria ed il contestuale insediamento nella località di molte famiglie. La chiesa è stata distrurra durante l’ultima guerra, ed è stata quasi completamente ricostruita nell’ultimo dopoguerra, anche riutilizzando i blocchi di pietra provenienti dall’antica chiesa di San Pantaleo, che sorgeva a un chilometro circa dalla stazione, vicino al Nuraghe omonimo. Presso questa chiesa, ogni anno il 27 del mese di luglio si svolge la Festa di San Pantaleo, che è il Santo patrono della frazione.

L’importante ippodromo e la grande area industriale ed artigianale di Chilivani

A Chilivani si trova anche l’Ippodromo don Deodato Meloni di Chilivani, nato nel 1860, quando viene istituito a Sassari il Deposito Stalloni per la Sardegna, per il rilancio della produzione equina per usi militari. Dismesso, ha seguito diverse vicende, ed alla suo nuova inaugurazione nel 1921, davanti al re Vittorio Emanuele III, si svolge il primo Derby sardo, davanti a ben 10.000 spettatori. È l’inizio di una lunga serie di duelli combattuti dalle scuderie isolane, dato che l’ippodromo di Sassari sarà inaugurato solamente nel 1952. Dalla sua nascita a oggi, l’ippodromo di Chilivani ha visto succedersi generazioni di puledri, che si sono distinti per le loro vittorie in campo nazionale e internazionale. Molto seguite sono le Corse di cavalli che si svolgono presso l’Ippodromo di Chilivani, la più importante struttura ippica della Sardegna, che richiamano amatori anche da fuori dell’Isola.

Un poco più ad ovest rispetto all’ippodromo, si trova la grande Area industriale ed artigianale di Chilivani.

La chiesa di Nostra Signora di Loreto nota anche come chiesa di su redu

Ritornati da Chilivani sulla SS132, la seguiamo per ancora circa un chilometro verso sud, e ci porta all’interno dell’abitato di Ozieri. Arrivando ad Ozieri da nord, all’interno del centro abitato questa strada assume il nome di via Alcide De Gasperi. Procediamo lungo questa strada per altri trecento metri dopo la deviazione per Chilivani, e troviamo una traversa sulla sinistra che, in cento metri, ci porta alla chiesa di Nostra Signora di Loreto edificata verso la metà del quindicesimo secolo nella periferia nord dell’attuale abitato, in località Su redu, e per questo indicata spesso anche con il nome di chiesa di su redu. Dal 1470 è sede del convento dei Frati Minori Osservanti Francescani, fondato dal beato Bernardino da Feltre, che comunque, nel 1528, giudicandolo insalubre, lo abbandonano per recarsi nel nuovo convento presso la chiesa di San Francesco. Verso il 1591, il convento ospita i Frati Cappuccini appena giunti in città, che nel 1593 lo lasciano e si traferiscono presso il nuovo convento con l’annessa chiesa dei Santi Cosma e Damiano, ubicato su un colle a sud dell’abitato. Comunque i Cappuccini, prima di lasciarla, fanno eseguire dal Maestro di Ozieri il Polittico della Madonna di Loreto. Una volta abbandonata la chiesa, il Polittico rimane al suo interno per circa tre secoli, fino a quando, per le precarie condizioni della chiesa, viene trasferito nell’aula capitolare della cattedrale dell’Immacolata Concezione, ed in sua sostituzione, nel 1870, viene realizzata dal pittore ozierese Salvatore Ghisaura una copia del dipinto. La facciata della chiesa, in stile rinascimentale, è stata probabilmente rimaneggiata nel sedicesimo secolo, e si trovano murate nelle pareti due formelle scolpite in bassorilievo, con, nella prima, lo stemma del Ducato del Monte Acuto e della famiglia spagnola dei Centelles, e, nella seconda, uno stemma non identificato. L’interno, in stile gotico aragonese, ha una navata unica, ripartita in due campate da archi ogivali che sorreggono la copertura lignea, ed il presbiterio, con una volta a crociera, preceduto da un arco trionfale.

Raggiungiamo la città di Ozieri

Da Ardara con la SP20 ci siamo immessi, dopo due chilometri e mezzo, sulla SS597 del Logudoro, che si dirige verso est, e, dopo poco piu di tredici chilometri e mezzo, ci ha fatto immettere sulla SS132, che in circa dieci chilometri ci conduce ad Ozieri. Dal centro di Ardara a quello di Ozieri abbiamo percorso 26,6 chilometri.

La città di Ozieri

Stemma del comuneLa città di Ozieri (nome in lingua sarda Othieri o Otieri, altezza metri 375 sul livello del mare, abitanti 9.857 al 31 dicembre 2021) è situata su un terreno in forte pendio, con una caratteristica disposizione ad anfiteatro. Già capoluogo della Curatoria del Monte Acuto, durante la dominazione spagnola, ha acquisito nei secoli sempre maggiore importanza per la presenza di facoltose famiglie nobili, che determinano lo sviluppo delle attività legate all’allevamento del bestiame.

Veduta d’insieme Veduta d’insieme Veduta d’insieme

La sua economia

Ozieri è considerata la capitale del Logudoro, ha un bel centro storico, e, con Macomer, costituisce una sorta di capitale della zootecnia sarda. La sua economia è, infatti, prevalentemente indirizzata verso la produzione zootecnica, con presenze di capi ovini e bovini selezionati e allevati con tecniche moderne. Interessante anche l’attività alimentare. In particolare del pane fine di Ozieri, conosciuto anche come la Spianata di Ozieri, e dei dolci tipici, Sospiri e Copulettas, del formaggio e dei vini tipici. Va sviluppandosi anche la produzione industriale ed artigianale, favorita dalla disponibilità di aree attrezzate come quella di Chilivani.

Brevi cenni storici

Sin dalla preistoria, il territorio di Ozieri è stato rilevante per gli insediamenti umani, favoriti dalla presenza di ampie grotte. Già nel Neolitico Finale, quando nascono i primi villaggi, diviene assai importante, dato che i pregevoli manufatti in ceramica decorata, trovati nella grotta di San Michele, sono considerati i più significativi della civiltà identificata come Cultura di Ozieri, che si diffonde in tutta la Sardegna secondo la cronologia calibrata tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 3200 d’il 2800 avanti Cristo, una delle culture più significative in quel periodo in tutto il Mediterraneo. Più di 120 Nuraghi, diverse Tombe di giganti, pozzi sacri, testimoniano l’importanza del territorio. Nel periodo dell’occupazione romana, il territorio di Ozieri assume ancora maggiore importanza, divenendo crocevia delle strade che collegano Karalis, ossia Cagliari, a Turris Libisonis, ossia Porto Torres, e ad Olbia. Anche in periodo medievale, la zona diviene il maggior riferimento del vasto territorio del Logudoro, del quale Ozieri rappresenta un centro di notevole importanza politico amministrativa e militare. Già capoluogo della Curatoria del Monte Acuto, durante la dominazione spagnola, acquista una sempre maggiore considerazione, grazie soprattutto alla presenza di facoltose famiglie nobiliari che determinano lo sviluppo delle attività legate all’allevamento del bestiame. Ma è con l’arrivo nell’isola dei Savoia, che la città diventa un’importante sede militare, e, durante il regno sabaudo, Ozieri diviene capoluogo di provincia, sede del vescovado e del tribunale, deposito reale per l’allevamento dei cavalli. Con la nascita del regno d’Italia, Ozieri manda in Parlamento, come proprio deputato, Giuseppe Garibaldi, che aveva portato all’istituzione, ad Ozieri, di una delle prime scuole tecniche italiane. Ed ancora oggi, in periodo repubblicano, Ozieri rappresenta il riferimento per l’istruzione di una vasta area del centro nord della Sardegna.

Ozieri in età sabauda viene elevata al rango di città

Durante il Regno di Sardegna sabaudo, Ozieri nel 1836 viene elevata dal re Carlo Alberto al rango di città con regio Decreto del 10 settembre 1836, secondo la consuetudine diffusa in Piemonte, ma in modo puramente onorifico e senza privilegi. Rango che viene confermato dal successivo regno d’Italia e dalla repubblica Italiana.

Alcuni dei principali personaggi nati ad Ozieri

Dal punto di vista culturale, Ozieri ha sempre rappresentato un importante riferimento per la cultura isolana, ed in essa sono nati diversi importanti personaggi quali il pittore cinquecentesco anonimo detto il Maestro di Ozieri, il magistrato e poeta Francesco Ignazio Mannu, ed Antonio Cubeddu, decano dei poeti estemporanei sardi.

A Ozieri nasce nel cinquecento un artista anonimo detto il Maestro di Ozieri fino a poco tempo fa identificato con il sassarese Giovanni del Giglio, ma che gli ultimi studi potrebbero identificare con un certo Mastru Andria Sanna de Ottieri. Egli opera in vari centri del nord della Sardegna, ed è l’unico pittore sardo dell’epoca conosciuto anche in ambito nazionale ed all’estero. Inserito nel movimento manierista, che si rende autonomo rispetto alla dominante influenza spagnola, egli si allontana, però, dal manierismo di Raffaello con nuove visioni nord europee. Egli acquisisce, con i suoi dipinti, in massima parte pale d’altare, enorme prestigio, e la sua originale personalità ne fà uno dei riferimenti per la pittura dei retabli in Sardegna. Le sue opere sono oggi conservate nelle prinicipali Chiese del Logudoro. Tra le altre, citiamo il retablo della Madonna di Loreto nella cattedrale di Ozieri, gli elementi del retablo di Sant’Elena nella parrocchiale di Benetutti, un elemento del retablo della Sacra Famiglia nella Pinacoteca di Ploaghe.

Il Maestro di Ozieri: 'Polittico della Madonna di Loreto' nella cattedrale dell’Immacolata a Ozieri Maestro di Ozieri: 'La crocefissionè elemento di un Polittico del Maestro di Ozieri conservato nella casa parrocchiale di Benetutti Maestro di Ozieri: 'Il ritrovamento della vera crocè elemento di un Polittico del Maestro di Ozieri conservato nella casa parrocchiale di Benetutti Maestro di Ozieri: 'La prova della vera crocè elemento di un Polittico del Maestro di Ozieri conservato nella casa parrocchiale di Benetutti Maestro di Ozieri: 'Sant’Elena' elemento di un Polittico del Maestro di Ozieri conservato nella casa parrocchiale di Benetutti Maestro di Ozieri: 'La Sacra Famiglia' elemento di un Polittico del Maestro di Ozieri conservato nella casa parrocchiale di Ploaghe

Il magistrato e poeta Francesco Ignazio MannuTesto di <em>S’Innu de su Patriottu sardu a sos Feudatarios</em>, noto anche con il suo primo verso 'Procurade ’e moderare'A Ozieri nasce nel 1758, durante il regno di Carlo Felice, Francesco Ignazio Mannu magistrato sardo membro della commissione che supervisiona le modifiche al codice civile e penale, lavoro preliminare alla compilazione del Codice FeLiciano. Durante la rivolta popolare guidata da Giovanni Maria Angioj che nel 1794 determina la cacciata del vicere Balbiano da Cagliari e dei Piemontesi da tutta l’isola, Francesco Ignazio Mannu, che si trova alla macchia in Corsica, compone l’Innu de su Patriottu sardu a sos Feudatarios, che viene annoverato tra i canti popolari più antichi d’Europa. Stampato clandestinamente in Corsica e diffuso in tutta la Sardegna, diviene il canto di guerra degli oppositori sardi, passando alla storia come La Marsigliese sarda, e verrà successivamente pubblicato a Cagliari nel 1923. L’inno è composto da 376 ottonari fortemente ritmati, in lingua sarda logudorese, e ricalca come contenuti tutti gli schemi della letteratura civile illuministica. Inizia con un perentorio attacco alla prepotenza dei feudatari, principali responsabili del degrado dell’Isola: Procurad ’e moderare, barones, Sa tirannia, ossia Cercate di moderare, o Baroni, la vostra tirannia. Francesco Ignazio Mannu muore a Cagliari nel 1839, lasciando l’intero suo patrimonio di 40.000 scudi all’Ospedale della città. Riportiamo integralmente il testo del suo famoso inno.

Antonio Cubeddu decano dei poeti estemporanei sardiregistrazione in studio di Antonio Cubeddu con Andria Nìnniri nel 1928Nel 1896 nasce a Ozieri Antonio Cubeddu il decano dei poeti estemporanei sardi. Prima di dedicarsi all’improvvisazione poetica, lavora come appaltatore nei lavori di manutenzione della ferrovia insieme a Giuliano Marongiu di Ploaghe, anche lui poeta. E proprio questo lavoro, che lo porta da un paese all’altro, gli permette di conoscere altri poeti estemporanei con cultura ed esperienze diverse dalla sua. Da questi incontri, gli viene l’idea di dare maggiore dignità alle gare in poesia, con lo svolgimento di un tema obbligato, il giudizio di una apposita commissione e un premio adeguato. Il 15 ottobre 1896 tiu Antoni Cubeddu propone la prima gara di poeti in piazza, che ricorderà anni dopo, in un sonetto. Da allora la gara di poesia, nella quale due o più poeti improvvisano su un tema proposto dagli organizzatori alternandosi e rispondendosi l’un l’altro, è diventato uno dei punti fermi di ogni Sagra paesana, manifestazione folcloristica o religiosa. Quando il fascismo proibisce le gare, Antonio lascia la Sardegna e nel 1932 si trasferisce a Roma. Dopo cinque anni, rientra in Sardegna e torna a cantare sui palchi fino al 1949, all’età di ottantasei anni. Tornato a Roma, muore nel 1955 e viene sepolto nel Cimitero del Verano. Di Antonio Cubeddu rimangono tre rari dischi della Homochord registrati a Milano nel 1923, nei quali compete con un altro poeta, Andrea Ninniri detto Andria Nìnniri di Tiesi. Il tempo scelto da Cubeddu e Ninniri è più svelto di quello della piazza. Si intuisce, comunque, che Cubeddu cantava sempre svelto, aveva una bella voce molto melodiosa, e voleva l’accompagnamento dei tenores alla chiusura di ogni coppia di versi dell’ottava: al secondo, al quarto, al sesto e per la chiusura.

Le principali feste e sagre che si svolgono a Ozieri

A Ozieri è attivo il Gruppo Folk Beata Vergine del Rimedio, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località. Numerose sono le principali feste e sagre che si svolgono a Ozieri. La Festa di Sant’Antonio abate, inizia la sera del 16 gennaio con l’accensione e la benedizione del fuoco all’esterno della chiesa parrocchiale, cui seguono i festeggiamenti soleni il 17 gennaio. La prima domenica di settembre, a Ozieri si svolge la Sagra della Spianata e dei Sospiri, con la degustazione della famosa Spianata di Ozieri e dei suoi dolci tipici, i Sospiri di ozieri, e di molti altri prodotti tipici locali. A metà settembre si tiene la Festa della Beata Vergine del Rimedio, la Festa Manna di Ozieri, che ruota intorno alla centrale piazza Carlo Alberto, anche se è caratterizzata da alcuni eventi collaterali in altri luoghi della città. Nel 1958 Tonino ledda, poeta e letterato assai importante per la riscoperta e salvaguardia della letteratura sarda, ha istituito, in concomitanza con le manifestazioni dedicate alla Beata Vergine del Rimedio, il Premio Ozieri per la letteratura Sarda, un passaggio obbligato per gli autori di poesia e prosa in lingua sarda, che nel tempo è diventato uno dei concorsi letterari in lingua sarda più apprezzati. Altrettanto importante è, a settembre, nell’ambito della musica, il premio denominato Usignolo della Sardegna, da oltre trent’anni dedicato al tradizionale Cantigos a chiterra, ossia del canto a chitarra. É anche presente, tra gli altri, il Coro di Ozieri, che ha svolto una significativa opera di ricerca e recupero della radicata tradizione polivocale sarda.

Visita del centro della città di Ozieri

Il centro storico di Ozieri è molto importante dal punto di vista culturale e turistico, ed in esso palazzi di influenza spagnola e neoclassica, creano una simbiosi perfetta con Chiese, ex conventi, fontane. Tutto impreziosito da caratteristiche architettoniche particolari, come le tradizionali Altane, nome con il quale vengono indicate le terrazze chiuse da colonnati.

Una interessante opera di recupero ha valorizzato il centro storico attraverso la sistemazione di strade in selciato, e con la realizzazione, in edifici antichi, di musei e centro sociali.

La chiesa di San Sebastiano

Entrati all’interno dell’abitato, proseguendo lungo la via Alcide De Gasperi per poco più di altri cinquecento metri dopo aver superato la deviazione per la chiesa di Nostra Signora di Loreto, troviamo sulla destra della strada la piazza San Sebastiano, sulla quale si affaccia la chiesa di San Sebastiano edificata in una località che era a nord dell’abitato, in stile tardo manierista, nel 1652, con il contributo di tutta la popolazione, come voto per la fine della pestilenza che la aveva decimata. All’interno della chiesa è conservato il quadro del Santo, che, portato in processione per la città, avrebbe sudato, e dopo questa trasudazione sarebbe cessata la pestilenza.

La facciata della chiesa è molto semplice, perfettamente rettangolare caratterizzata dalla presenza di un campanile a vela, che si trova sul cornicione rettilineo di sommità, dal piccolo oculo in pietra lavorata, e da due pennacchi in pietra posti alle estremità del cornicione. Sul fianco destro si trova un edificio che ospita alcuni locali di pertinenza, mentre nella facciata posteriore è presente un ulteriore campanile a vela. All’interno ospita una sola navata con copertura in legno, ed il presbiterio è preceduto da un arco trionfale.

Passata la piazza Giuseppe Garibaldi arriviamo al Municipio di Ozieri

Passata la piazza San Sebastiano, la via Alcide De Gasperi diventa via Vittorio Veneto, e, percorsi circa centocinquanta metri, si apre, sulla sinistra della strada, la grande Piazza Giuseppe Garibaldi l’antico Ortu ’e su conte, dove, agli inizi del novecento, si trovavano, nella parte superiore, il palazzo e gli orti del conte Toufani Mearza, e, nella parte inferiore, la discarica Comunale. Percorrendo la via Vittorio Veneto, circa cinquanta metri più avanti, al civico numero 11, sulla sinistra della strada vediamo l’edificio che accoglie la sede e gli uffici del Municipio di Ozieri.

La chiesa e il convento di San Francesco

Guardando il palazzo del Municipio, giriamo a sinistra fiancheggiando il palazzo del Poliambulatorio, arriviamo nella bella piazza San Francesco, sulla quale si affaccia una casa nobiliare del cinquecento, ed in essa troviamo la cinquecentesca chiesa di San Francesco situata ad ovest del centro storico della città nel rione Cuzzolu. Annessa al convento di San Francesco dei Frati Minori Osservanti Francescani, è stata edificata in stile gotico aragonese a partire dal 1528, completata intorno al 1571 e consacrata nel 1575. Il convento cresce nel tempo, perciò nel 1691 si decide di istituire qui il Seminario regionale per i Frati destinati alle missioni. Il convento e la chiesa annessa dei Minori Osservanti vengono requisiti dal Governo sabaudo, e passati al Municipio, dal quale solo nel 1936 viene restituita e riaperta al culto. Nel 1967 viene elevata al rango di parrocchia, e nel 1977 sono realizzati importanti lavori di restauro. Si ritiene che l’impianto primitivo dovesse consistere in un’unica aula, divisa in cinque campate, con le cappelle laterali coperte da volte con crociere, delle quali alcune esistono ancora. Nel corso del diciassettesimo secolo viene rimaneggiata in chiave rinascimentale, e trasformata nelle forme attuali.

Chiesa di San Francesco Chiesa di San Francesco: interno Chiesa di San Francesco: altare ligneo dorato e policromato Il convento di San Francesco Casa nobiliare del cinquecento

La chiesa conserva all’interno un altare ligneo dorato e policromato del 1696, il più significativo per importanza tra quelli realizati nel settecento che si trovano nelle Chiese sarde, attestato da carteggi dai quali si apprende non solo della magnificenza di quello maggiore, ma di diversi altri, scomparsi, che abbellivano la chiesa sino alla seconda metà dell’ottocento. Nelle cappelle laterali della chiesa sono conservati anche due oli su tela del pittore ozierese Giuseppe Altana.

Passati i giardini su Cantaru troviamo il Teatro De Candia

Da via Vittorio Veneto, percorsi circa 500 metri e passati, sulla sinistra della strada, i Giardini pubblici su Cantaru prendiamo a sinistra la via Roma, la principale via del paese, che inizia proprio fiancheggiando i giardini.

Subito dopo i giardini, sulla sinistra della strada vediamo l’edificio che ospita il Teatro Mario De Candia dedicata a uno dei più grandi tenori dell’ottocento, disertore, esiliato e rifugiato a Parigi dopo essersi guadagnato una reputazione di ribelle e sovversivo. Inaugurato nel 1927, il Teatro ha una semplice facciata divisa in tre parti, con due ali simmetriche che, in ciascuno dei due piani, contengono una porta e una finestra a due luci, separata da un pilastrino. La parte centrale presenta un portico, retto da coppie di pilastri. Due maschere teatrali, in alto ai lati di questa parte centrale, richiamano la funzione del fabbricato.

Il palazzo Vigliaroni

Proseguendo dritti su via Roma per un centinaio di metri, vediamo su un angolo, alla destra della strada, il Palazzo Vigliaroni. Costruito nel 1905 per il funzionario statale Pietro Vigliaronisu un terreno assai irregolare, il che ha portato a realizzare varie facciate, ciascuna delle quali mostra aspetti diversi. Altrettanto interessanti sono i materiali utilizzati, spesso per contrasto cromatico, che si segnala essenzialmente nelle finestre, e particolarmente degno di attenzione è l’infisso del piano nobile che si piega seguendo perfettamente l’arco sinuoso della finestra.

La piazza Cantareddu con l’ex Seminario vescovile

Percorso un altro centinaio di metri, raggiungiamo la Piazza Cantareddu che si sviluppa a sud della piazza Giuseppe Garibaldi, e costituisce un punto di riferimento importante per la città, sede delle feste, degli eventi e delle seguitissime esibizioni di Cantadores e Poetas improvvisatori. Nella piazza si trova il monumento commemorativo di Francesco Ignazio Mannu.

L’ex Seminario vescovile L’ex Seminario vescovile: esterno della cappella L’ex Seminario vescovile: facciata laterale L’ex Seminario vescovile: commemorazione dei morti della Brigata Sassari

Tra la piazza Cantareddu e la via Umberto I, si trova il palazzo nel quale, nel 1803, era stato fondato il Seminario vescovile e che ora è diventata la sede del Museo Diocesano di Arte Sacra nel quale sono visibili i più importanti tesori dell’arte sacra della diocesi di Ozieri.

La chiesa parrocchiale di Santa Lucia

Da piazza Cantareddu parte verso sud la via Regina Margherita che, in circa duecento metri, ci porta in piazza Santa Lucia, sulla quale si affaccia la chiesa di Santa Lucia che è una delle Chiese parrocchiali di Ozieri. Il disegno della facciata è ispirato a quella della chiesa di San Rocco all’Augusteo, a Roma, opera dell’architetto romano Giuseppe Valadier, a sua volta ispirata ad esempi palladiani. La costruzione della chiesa è iniziata nel 1887 e terminata nel 1890, mentre il campanile è stato ultimato solo dieci anni dopo. Stando ad una lapide marmorea murata sul pilastro della controfacciata principale, a destra per chi entra, nella chiesa è stato officiato per la prima volta nel 1895.

Veduta della chiesa parrocchiale di Santa Lucia Chiesa parrocchiale di Santa Lucia

All’interno della chiesa di Santa Lucia è conservato un prezioso crocifisso ligneo del quindicesimo secolo, detto il Crocifisso Gotico Doloroso, che probabilmente è stato il modello ispiratore di tutte le rappresentazioni della crocifissione realizzate dal Maestro di Ozieri. Il crocifisso apparteneva alla Confraternita della Santa Croce, che lo ha tenuto nella chiesa ed oratorio della Santa Croce fino a quando è stato demolito questo edificio, in seguito è stato conservato nella chiesa di San Francesco, ed, infine, è stato trasferito nella chiesa di Santa Lucia.

La fontana Grixoni

La fontana GrixoniSa piazza Santa Lucia prendiamo verso via Leonardo Tola, imbocchiamo verso sinistra questa strada, che ci porta in via Vittorio Emanuele III. Potevamo arrivarci anche direttamente dalla piazza Cantareddu, dalla quale parte, verso est, appunto, la via Vittorio Emanuele III. Questa strada ci porta in piazza Vittorio Emanuele III, dove si trova la bella Fontana Grixoni, realizzata nel 1882 su progetto dell’algherese Giovanni pietraSanta, è composta da due ali marmoree scandite da riquadri, e sormontate da balaustre che si affiancano a un corpo centrale aggettante. Su questo si trova un paramento a fasce parallele, con delle colonnine che sorreggono un coronamento, il quale, dietro al busto del mecenate, lascia spazio, nella parte più alta, a un vertice di forma ogivale. L’acqua esce da sei bocche leonine in bronzo inserite in un alto zoccolo, ed anche dalle fauci dei due leoni marmorei, posti all’estremità della composizione. La fontana è caratterizzata da motivi formali orientato allo stile neogotico.

La cattedrale dell’Immacolata Concezione

La cattedrale dell’Immacolata svetta sull’abitatoDalla piazza, prendiamo verso nord ovest la via Giuseppe Grixoni, che in 250 metri, ci porta in piazza Duomo, dove si trova la cattedrale di Ozieri. La si può raggiungere anche percorrendo i vicoli del vecchio centro storico. Fiancheggiato l’ex Seminario vescovile, imboccata la via Umberto I, prendiamo a destra la via Francesco Pais Serra, svoltiamo leggermente a destra in via Derna, poi a sinistra in via Giuseppe Grixoni, che ci porta in piazza Duomo. In piazza Duomo, al centro della città, si trova la cattedrale dell’Immacolata Concezione, definita cattedrale essendo la chiesa più importante della diocesi, di cui costituisce il centro liturgico e spirituale, e che contiene la cattedra del vescovo della Diocesi di Ozieri. La storica chiesa parrocchiale, diventata successivamente cattedrale di Ozieri, che risulta edificata prima del quindicesimo secolo, dato che, dal quattrocento, i vescovi di Bisarcio abbandonano il borgo medievale di Bisarcio e stabiliscono la loro dimora nel rione attiguo al Tempio, che nel 1437 ospita il Sinodo Diocesano. Soppressa la diocesi di Castro e Bisarcio, nel 1503 diventa la chiesa più importante del vicariato. restaurata ed ampliatae, nel 1571 viene consacrata la chiesa rinnovata, che, nel 1621, viene elevata al rango di collegiata. Nel 1803 la diocesi di Bisarcio viene ripristinata, e Ozieri vede la sua Collegiata elevata al titolo di cattedrale. Nel 1846 viene restaurata su progetto dell’architetto Gaetano Cima, uno dei più grandi artisti sardi, assumendo l’attuale veste neoclassica. Nel 1926 vengono realizzati gli affreschi che ne decorano l’interno, e nel 1933 viene posto al suo interno il monumentale organo. Nel gennaio del 2005 l’interno viene gravemente danneggiato da un incendio, e, dopo il nuovo restauro, viene riaperta al culto nel 2007. La facciata della chiesa è preceduta da una scalinata, ed affiancata dalla torre campanaria, a canna quadra. Nella facciata si aprono tre portali, e la parte centrale del prospetto, più sviluppata in altezza, è conclusa da timpano con cornice dentellata. La cattedrale ha un interno con pianta a croce latina, con tre navate, con tre cappelle per lato, ed il transetto e l’abside semicircolare. Le cappelle laterali ospitano altari marmorei nei quali sono custodite interessanti statue, come quella in legno raffigurante San Giovanni Battista, risalente alla metà del diciannovesimo secolo, oltre ai simulacri marmorei della Madonna del Rosario e di San Giovanni Evangelista. Nel braccio sinistro si trova la Cappella del Santissimo Sacramento, con un altare barocco del 1767, completato nel 1839 dal un tabernacolo neoclassico e dalla tela della Coena Domini, dipinta da Giovanni Marghinotti nel 1838. E nel braccio destro si trova la Cappella di Sant’Andrea, con un altare settecentesco nel quale è stato posta nell’ottocento l’urna di Santa Filomena, realizzata in marmo bianco da Andrea Galassi. L’altare ospita la tela con il Martirio di Sant’Andrea, dipinta da Giovanni Marghinotti nel 1840. Due leoni si trovano ai lati della scala che porta al presbiterio. Sul settecentesco altare maggiore si trovano le statue in marmo bianco dell’Immacolata e due angeli, dietro è disposto il settecentesco coro ligneo.

La cattedrale dell’Immacolata La cattedrale dell’Immacolata La cattedrale dell’Immacolata: interno La cattedrale dell’Immacolata: Polittico della Madonna di Loreto, del Maestro di Ozieri

Nell’aula capitolare si trova il Polittico della Madonna di Loreto, realizzato tra il 1591 ed il 1593 dal Maestro di Ozieri, una delle più belle opere dell’arte sarda di tutti i tempi, portata nel 1870 dalla chiesa della Madonna di Loreto. Il Polittico è composto da sette tavole dipinte. Al centro si trova la tavola principale, raffigurante la Madonna di Loreto e il Santuario della Santa Casa, che è posta tra le due tavole dell’Annunciazione e della Visitazione. Sopra si trova la Crocifissione, mentre la parte inferiore del Polittico è costituita da tre tavole più piccole.

La chiesa del Santissimo Rosario

Dalla cattedrale, proseguiamo per via Giuseppe Grixoni, che ci porta in piazza Episcopia, dalla quale svoltiamo a destra in via Camillo Benso conte di Cavour, e poi subito a destra in via Rosario, una breve strada alla cui destra si trova la chiesa del Santissimo Rosario. La sua costruzione, come si legge nella facciata, fu terminata nel 1635. La chiesa era la chiesa ed oratorio della Confraternita del Santissimo Rosario, una delle prime fondate in Sardegna nel 1564, che faceva parte del complesso del convento delle Clarisse, suore di clausura, che durante la Seconda Guerra Mondiale fu occupato dalle autorità militari. La chiesa è stata recentemente restaurata insieme all’intero complesso delle Clarisse, che oggi ospita il Civico Museo Archeologico, e che si trova alle sua spalle.

Chiesa del Santissimo Rosario Chiesa del Santissimo Rosario

Il Civico Museo Archeologico

Per raggiungere l’ex convento delle Clarisse, seguiamo la via Camillo Benso conte di Cavour, che, dopo 250 metri, si immette sulla via Brigata Sassari. La seguiamo e, passati circa 300 metri, troviamo sulla destra la piazza Pietro Micca, dove si trova una scalinata, che porta, appunto, al cancello di ingresso.

La scalinata verso l’ex convento delle Clarisse L’ingresso dell’ex convento delle Clarisse L’ex convento delle Clarisse Il Civico Museo Archeologico Storia del monastero delle Clarisse

Il Civico Museo Archeologico importante per la presenza di reperti della Cultura di Ozieri, è ospitato nei locali dell’ex convento delle Clarisse. Attraverso varie donazioni sono confluiti al Museo parte dei materiali scoperti nelle grotte di Ozieri e nel territorio, nel primo trentennio del novecento, quando si riscoprì la grotta di San Michele, che era, però, in parte già stata visitata prima dell’intervento di Torquato Taramelli.

La chiesa della Beata Vergine del Carmelo

Proseguiamo lungo la via Brigata Sassari per una cinquantiva di metri, poi prendiamo a destra la via Gavino Cocco, che si dirige all’interno del centro abitato, verso sud. Dopo circa 400 metri, prendiamo a destra la via del Carmelo, lungo la quale si trova la chiesa della Beata Vergine del Carmelo. Edificata nel 1630, la chiesa ha una facciata impreziosita da un campaniletto a vela, che si trova sulla sommità del timpano triangolare. La chiesa ha una navata unica, divisa da tre archi, ed ha una copertura a due falde in legno. È stata sempre uno dei punti di riferimento della devozione popolare in Ozieri, ed è stata la prima sede del convento dei Padri Carmelitani, devoti appunto alla Vergine del Carmelo, fino alla costruzione della nuova sede nel convento con la chiesa parrocchiale del Santo Bambino di Praga.

Il Santuario del Santo Bambino di Praga ed il vicino convento dei Padri Carmelitani

Ritornati indietro da via del Carmelo, riprendiamo la via Gavino Cocco che, in un centinaio di metri, sbocca sulla via Roma, che è la SS128bis, e che gira tutto intorno al centro storico. La prendiamo verso sinistra, ossia in direzione est, e, subito dopo, prendiamo a destra la via San Leonardo. Dopo circa trecento metri, vediamo alla destra della strada, in via San Leonardo al civico numero 2, il Santuario del Santo Bambino di Praga, edificato tra il 1978 e il 1985, la cui intitazione deriva dalla profonda devozione dei Carmelitani nei confronti di Gesù Bambino di Praga, che è diventata una delle Chiese parrocchiali di Ozieri. La nuova chiesa assomiglia ad una tenda protesa verso il cielo, e si presenta come una struttura in cemento armato progettata dall’architetto Sandro Cadoni di Ozieri. Sulla sinista dell’altare si trova un gruppo scultoreo in pietra basaltica che presenta la storia dell’ordine e il Gesù Bambino di Praga. Sul lato destro si trova, invece, la Cappella del Bambino di Praga e la Fonte Battesimale. realizzata ad Ortisei è invece una statua in legno che rappresenta il Bambino, il dono di un privato alla chiesa. All’interno si trova, inoltre, la Cappella del Santissimo, con un oblò in vetro nel quale è presente una raffigurazione dell’Eucarestia, con i simboli dell’uva, della spiga e del calice. Del padre carmelitano Vezio Ferrari è la Via Cricis, in vetro colorato, che si trova sul lato sinistro della chiesa. Accanto alla chiesa, alla sinistra guardando la sua facciata, si trova la sede del convento dei Padri Carmelitani Scalzi La cui prima pietra è stata posta nel 1967, prima della realizzazione della nuova chiesa.

La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione anche dei fedeli oltre alla profonda devozione dei Carmelitani nei confronti di Gesù Bambino di Praga.

Il Campo da Calcio di Ozieri

Proseguendo verso est lungo la via San Leonardo, percorriamo ancora circa centocinquanta metri, ed arriviamo al Campo da Calcio di Ozieri, che si trova alla destra della strada.

L’Ospedale Antonio Segni

Dove la via Gavino Cocco sbocca sulla via Roma, che è la SS128bis, e che gira tutto intorno al centro storico, la prendiamo verso destra, ossia in direzione ovest. Dopo meno di duecento metri svoltiamo a sinistra e prendiamo la via San Michele, la seguiamo per meno di duecento metri, poi, seguendo le indicazioni, prendiamo sulla sinistra la strada che ci porta al parcheggio dell’Ospedale Antonio Segni.

La chiesa dei Santi Cosma e Damiano nota anche come chiesa del convento dei Cappuccini

su una collina nei pressi dell’Ospedale si trova la chiesa dei Santi Cosma e Damiano nota anche come chiesa del convento dei Cappuccini. Dopo il loro arrivo in Sardegna nel 1591, i Frati Cappuccini realizzano i loro primi conventi a Cagliari, a Sassari e ad Ozieri, presso la chiesa di Nostra Signora di Loreto, dalla quale, dopo due anni, nel 1593 i Cappuccini si trasferiscono presso la chiesa dedicata ai Santi Cosma e Damiano, posta su una collina che domina la città. La chiesa ha una facciata principale molto semplice, che presenta il classico profilo ad onda nel suo coronamento superiore. L’interno si sviluppa su un’unica navata, coperta da una volta a botte, con la presenza di tre cappelle lungo il lato sinistro. In questo, la chiesa segue la classica tipologia francescana nell’isola, come a Santa Maria della Grazie a Castelsardo, Santa Tecla a Nulvi e la chiesa San Pietro di Silki a Sassari. Di grande importanza è la pala dell’altare principale, databile agli inizi del diciassettesimo secolo, nella quale figurano i Santi Cosma e Damiano, due gemelli originari dell’Arabia, appartenenti ad una ricca famiglia, chiamati anche Santi Anargiri, in greco letteralmente Senza denaro, dato che erano medici che prestavano la loro opera con assoluto disinteresse, senza mai chiedere retribuzione, ne in denaro ne di altro genere, in applicazione del precetto evangelico Gratis accePistis, gratis date, martirizzari durante le persecuzioni di Diocleziano.

Il Santuario di Nostra Signora del Rimedio

La chiesa è anche la sede del Santuario di Nostra Signora del Rimedio, titolo attribuitole con solenne incoronazione della Madonna avvenuta nel 1986, alla quale si lega una grandissima devozione da parte dei fedeli che la pregano e la venerano ogni giorno dell’anno. La devozione ed il culto alla Beata Vergine del Rimedio, risalgono agli inizi del tredicesimo secolo ed è legato al fondatore dell’Ordine Trinitario, San Giovanni de Matha, in riconoscimento degli interventi della Madonna in aiuto della sua opera di carità cristiana per la redenzione degli schiavi, tanto che quest’Ordine religioso ha sempre considerato Nostra Signora del Rimedio, come titolo primordiale ed ufficiale della propria devozione mariana. La dedicazione della chiesa alla Madonna del Rimedio deriva dal fatto che nel 1652 era stata rinvenuta nella chiesa di San Francesco di Ozieri una Cappella dedicata proprio a questa Santa, chiamata N.S. De su remediu. Qualche anno prima, i frati avevano eretto il convento del frati Cappuccini, previsto come propria residenza, nel quale si erano trasferiti con la protezione dei Santi Cosma e Damiano.

La devozione alla Madonna del Rimedio è molto antica dato che con ogni probabilità si deve far risalire a San Giovanni de Matha, provenzale, che, mentre stava dicendo la sua prima messa, ebbe la visione di un angelo con una croce rossa e blu sul petto e le sue mani sulle teste di due prigionieri. Giovanni de Matha ha fondato nel 1198 l’Ordine dell’Ospedaliere della Santissima Trinità e dei prigionieri, comunemente chiamati Trinitari, con lo scopo di liberare i prigionieri di guerra, specialmente i Cristiani che si trovavano in catene presso i Musulmani. Sul loro abiti ha messo la croce che aveva visto sull’angelo e, ha scelto come patrona la Madonna del Buon Rimedio, una devozione popolare nella sua patria provenzale, tanto che si rivolgeva sempre a Maria del Buon Rimedio per ottenere aiuto nella sua attività di liberazione degli schiavi cristiani.

La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua della Madonna del Rimedio conservata al suo interno, dato che proprio all’interno di questa chiesa sono state ritrovate tracce che testimoniano una lunga venerazione verso la Madonna del Rimedio che ancora oggi è visitata.

I resti della Stazione ferroviaria dismessa di Ozieri

Ozieri: resti della Stazione ferroviaria dismessa di OzieriProseguendo lungo la via Roma, circa cento metri dopo l’inizio della via San Michele, proseguiamo e, mentre la via Roma prosegue sulla destra, prendiamo a sinistra la via Stazione, ossia la SS128bis, che, in un’altro centinaio di metri, ci porta davanti alla Ex Stazione ferroviaria di Ozieri della linea che collegava Tirso con Chilivani, che si trova dopo la stazione di Vigne e prima di quella terminale di Chilivani. Il fabbricato viaggiatori, a due piani, aveva cinque ingressi sulla facciata, ed è attualmente sede degli uffici delle Ferrovie di Sardegna per il servizio di trasporto su autobus. Il piazzale interno dove passavano i binari è stato asfaltato e oggi è utilizzato dagli autobus del servizio sostitutivo quale area di transito e parcheggio.

Visita dei dintorni della città di Ozieri

Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Ozieri, sono stati portati alla luce i resti della grotta di San Michele dove sono stati trovati i resti della Cultura di San Michele di Ozieri; delle Tombe di giganti Furadu, Giolzi, Pintu, logostis, Magnafave, Pianu de lizzu, Sa Gugu, San Pietro; del Protonuraghe Sant’Alvera; del Nuraghe complesso Burghidu; ed anche dei Nuraghi Abbadiga, Baddeghi, Baddu Achettas I, Baddu Achettas II, Baesia, Barvidu, Basacunnos, Bilimone, Borroiles, Butule, Cabigliera, Candelas, Columbalza, Columbos, Colvos, Conca de Caddu, Corona Saltaina, Crabiles, Crastu Maiore, Cugono, Cuzi, di Silvari, donna Teresa, donnigazza, Ena longa, Ena longa II, Fraghedu, Funtana Ezza, Funtana Pria, Furadu, Giannas, Giolzi Pintu, laccana ’e Pedru, lamparigos, lentizzu, liuoro, logostis, ludalzos, luzzanas, Magnafave, Malosu, Maltinzana, Mannu, Meleu, Mesu ’e Montes, Molino, monte Cheja, monte Furros, Montigiu Contra, Monzu, Muronalza, Navoli, Nuridolzu, Pala e Attu, Pedra Niedda, Pedras de Fogu, Pedrasolta, Pianu, Pianu de lezzu, Pianu ladu, Pittiole, Pittu, Poltolzu, Porcos, Pubusa, punta de Aliderru, punta S’Arrocu, Puttu Pianu, Puttu Pianu II, Sa Calzitta, Sa Mandra ’e Sa Giua, Sa Segada, Salattu, Samunadolzu, San Nicola, San Pantaleo, Santu Lussurzu, Santu Lussurzu II, S’Arrennadu, Sas Mendulas, Sauppere, S’Iscolaca, su Nuraghe, Suelzu, S’Ungia ’e su Oe, Tetti, Tolovo, Torolo, Tramentu, Tramentu II, Tuescu, Zamaglia, tutti di tipologia indefinita.

La grotta di San Michele

Dal parcheggio dell’Ospedale si può arrivare alla grotta preistorica di San Michele. Al posto del parcheggio sorgeva, infatti, fino all’immediato dopoguerra, la prima e più grande sala della grotta di San Michele, che è stata distrutta per far posto allo stadio di calcio della Polisportiva Frassati. Dopo il 1995, lo stadio è stato abbandonato, è stata abbattuta la tribuna per gli spettatori, e l’area è stata riconvertita ed è diventata il parcheggio del vicino Ospedale. Il nuovo ingresso alla grotta di San Michele si trova in direzione est, alla fine del parcheggio.

Ingresso della grotta di San MicheleSin dalla preistoria, Ozieri è sempre stata una località rilevante nell’ambito degli insediamenti umani, favoriti dalla presenza di ampie grotte e dalla posizione dominante. La Grotta di San Michele ha attualmente una lunghezza di 56 metri ed uno sviluppo totale di 160 metri. I resti archeologici, rinvenuti nel 1914 e nel 1949, documentano una sua funzione sia come abitazioni, sia come luoghi di culto e necropoli, con funzione sepolcrale ed anche una valenza sacra. La grotta di San Michele è importante per aver restituito, dalle prime due sale scavate da Torquato Taramelli, reperti dell’industria litica, come piccoli coltelli di selce e piccole accete, nuclei di ossidiana; e reperti in ceramica fine, accuratamente lisciata, modellata nelle forme di ripodi, pissidi, vasi a cestello, grosse scodelle, vasetti e ciotoloni, decorata prevalentemente con segmenti dentellati, incrostati di ocra e gesso bianco, che formano motivi a cerchi concentrici, a spirale, a stella e anche protomi di ariete e corniformi. Le ceramiche sono tecnicamente perfette, molto superiori a quelle di tutte le culture successive, e particolarmente significativi sono un ciottoletto ellitico con incisioni lineari, la famosa pisside decorata con protomi di ariete, motivi corniformi e stellari, l’idolo di dea madre. Sono stati rinvenuti, inoltre, resti ossei.

Nel Neolitico Finale, che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 3200 d’il 2800 avanti Cristo, troviamo le manifestazioni materiali di una delle culture più importanti della storia della Sardegna. Una significativa evoluzione culturale si ha con lo sviluppo della Cultura di Ozieri una delle culture più importanti della preistoria sarda, i cui primi resti sono stati trovati nella grotta di San Michele, vicino ad Ozieri. Si tratta della prima cultura, nella storia della Sardegna, che si può definire una Cultura basica: è cioè la prima cultura le cui espressioni, della vita sociale, materiale e spirituale, si trovano uniformi in tutto il territorio dell’Isola. Il che ci permette di parlare non più di semplici aspetti culturali di alcune popolazioni, ma di una vera forma di civiltà, la prima grande civiltà sarda. Il nucleo principale della società è ancora costituita dalla famiglia, ossia dal clan, con tutti gli ascendenti e discendenti in vita. Le donne si occupano di accudire la prole e della fabbricazione delle suppellettili, oltre che della cucina. Le tipologie tombali si diversificano notevolmente. Abbiamo, infatti, le sepolture scavate nella roccia, le tombe a circolo, le allees couvertes, a cui spesso si accompagnano menhir e Dolmen.

Grotta di San Michele: vasi della Cultura di Ozieri Grotta di San Michele: il pisside decorata

È con la Cultura di Ozieri che si diffondono in tutta l’isola le abitazioni della popolazione, che sono capanne a pianta circolare o quadrangolare, con alla base un muro in pietra a secco ed una copertura di legno e frasche, forse a volte in pietra. Ancora oggi, anche se sempre di meno, i pastori costruiscono questo tipo di capanne che nome in lingua sarda si chiamano Pinnettas. Dopo le prime capanne realizzate come nelle epoche precedenti, compaioni le prime capanne lignee. Informazioni sulla struttura di queste capanne si possono ricavare da alcune tombe, realizzate imitando proprio la forma delle abitazioni. É frequente l’uso della capanna rettangolare, con copertura a doppio spiovente, sorretta da una solida travazione in legno. Dopo le prime capanne, si vedono nascere i primi grandi villaggi preistorici. I reperti portano a ritenere che l’economia della società fosse basata sull’agricoltura, la pastorizia ed anche sulla caccia, e che fosse intensa l’attività commerciale. Tutto ci porta a vedere in queste comunità un’organizzazione sociale già avanzata, con anche una primitiva divisione del lavoro. Nei resti dei villaggi sono stati rinvenuti punte di frecce, raschiatoi, asce e mazze realizzati soprattutto in selce ed ossidiana, oltre a manufatti ceramici, tutti lavorati con grande abilità.

Altre frazioni e santuari nei dintorni di Ozieri

Le principali frazioni ed i principali siti a nord di Ozieri li abbiamo già incontrati arrivando da Ardara ad Ozieri, prima di visitare questa città. vediamo, ora, che cosa si trova a sud ovest ed est di Ozieri.

La chiesa campestre della Beata Vergine di Monserrat

Dal centro di Ozieri, prendiamo la SS132, che assume il nome prima di via Vittorio Veneto, e poi di via Roma, e la percorriamo per poco più di un chilometro verso sud. Dove la via SS132 sfocia sulla SS128bis, prima di incontrare l’Ospedale Antonio Segni, prendiamo sulla destra la via Monserrato, che seguiamo per ottocento metri, arriviamo a un incrocio dove prendiamo a sinistra, e, dopo poco più di cinquecento metri, arriviamo alla chiesa campestre della Beata Vergine di Monserrat che sorge sull’omonimo colle da dove di domina il panorama di Ozieri e della Piana di Chilivani. La facciata si presenta un timpano triangolare, molto più lungo a sinistra, dove si trova una porta, mentre sotto la sommità del timpano si trova il portale centrale, impostato su due colonne. L’interno ha conservato gli arredi lignei dell’epoca della sua edificazione, tra i quali il pulpito, oggi convertito in tavola liturgica. Il 25 giugno presso questa chiesa si svolge la Festa della Beata Vergine di Monserrat.

La frazione Vigne con la sua Stazione ferroviaria

Ozieri: la stazione di Vigne dopo l’attentato dinamitardoSe, dove la SS132 sfocia sulla SS128bis, prendiamo quest’ultima verso sinistra, in tre chilometri raggiungiamo la frazione Vigne (altitudine imprecisata, distanza 4 chilometri, dove si trova, alla destra della strada, la Stazione ferroviaria di Vigne che nei primi orari della ferrovia era identificata anche come Stazione ferroviaria di Nugheddu, sulla vecchia linea a scartamento ridotto che collegava Tirso a Chilivani, a 66 chilometri da Tirso, prima della stazione di Ozieri e di quella terminale di Chilivani. Dopo essere stato seriamente danneggiato da un attentato dinamitardo, il fabbricato passeggeri della stazione di Vigne è stato restaurato ed è in corso di trasformazione come locale agrituristico.

Una parte della linea ferroviaria, nei pressi delle ex stazioni di Ozieri e Vigne, e nel primo tratto verso Ozieri dall’ex stazione di Pattada, è stata, quindi, trasformata nel 2008 in percorso per escursioni in bicicletta o a cavallo. Per questo motivo il percorso ha assunto il nome di Ippovia. Il capolinea di Tirso è ancora attivo sulla linea da Macomer a Nuoro, e quello di Chilivani sulla linea da Cagliari a Golfo Aranci.

La chiesa campestre di Santo Stefano a Vigne

Poco prima della Stazione ferroviaria, alla sinistra della strada una breve deviazione conduce alla piccola chiesa campestre di Santo Stefano a Vigne con la facciata che termina a capanna, sormontata da un campanile a vela. La chiesa campestre versa in condizioni di degrado, ma recentemente il comune di Ozieri ha deliberato il restauro della chiesa di Santo Stefano e dei suoi dintorni, anche per favorire la rinascita delle antiche sagre rurali.

La villa Pietri e la miniera di su Elzu

Poco più avanti della Stazione ferroviaria, sempre sulla sinistra della strada, si trova quello che era l’ingresso della Villa Pietri che è stata una Lussuosa villa costruita nei primi decenni del ’900 dalla famiglia Pietri, una casata nobiliare ozierese. Utilizzata dapprima come abitazione, successivamente è stata acquisita da una società estrattiva, diventando la sede amministrativa della vicina Miniera di su Elzu. Ma, una volta conclusa l’attività mineraria, a seguito della chiusura della miniera avvenuta nel 1957, l’edificio è stata abbandonato e versa oggi in condizioni di grave degrado.

La prossima tappa del nostro viaggio

Nella prossima tappa del nostro viaggio, da Ozieri ci recheremo a visitare il paese chiamato Nughedu San Nicolò del quale vedremo il centro ed i dintorni, con i suoi siti archeologici.


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