San Sperate dove è nato lo scultore Pinuccio Sciola che lo ha trasformato in paese Museo
In questa tappa del nostro viaggio, da Villasor ci recheremo a San Sperate dove è nato Pinuccio Sciola che lo ha trasformato in paese Museo, che visiteremo con il suo centro ed i dintorni dove sono stati rinvenuti alcuni significativi reperti dell’arte punica. Il Campidano di CagliariIl Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell’angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all’irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l’agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. Il Campidano di Cagliari comprende nella Provincia del Sud Sardegna i comuni di Decimoputzu, Monastir, Nuraminis, Samatzai, San Sperate, Villasor e Villaspeciosa. Comprende, inoltre, nella città metropolitana di Cagliari i comuni di Assemini, Cagliari, Capoterra, Decimomannu, Elmas, Maracalagonis, Monserrato, Quartu Sant’Elena, Quartucciu, Selargius, Sestu, Settimo San Pietro, Sinnai, Uta. I comuni di Samassi, Serramanna e Serrenti si trovano tra il Monreale ed il Campidano di Cagliari, i comuni di Pula, Villa San Pietro e Sarroch si trovano tra il Sulcis ed il Campidano di Cagliari, così come Soleminis si trova tra il Campidano di Cagliari e il Parteòlla, per cui possono essere considerate appartenenti all’una o all’altra di queste regioni. Geograficamente rappresenta la parte più meridionale della pianura del Campidano, che ha come suo centro principale Cagliari, nonche Quartu Sant’Elena ed i comuni immediatamente a nord ovest del capoluogo sardo. Si affaccia sul mare e comprende la costa orientale del golfo di Cagliari, fino al paese chiamato Villasimius. In viaggio verso San SperateDa Villasor, dove avevamo concluso la nostra precedente tappa, usciamo verso sud est con la via Santo Sperate, che prosegue fuori dal paese diventando la SP4, e che, in meno di sette chilometri, ci porta all’interno dell’abitato di San Sperate. Dal Municipio di Villasor a quello di San Sperate si percorrono 7.2 chilometri. Il comune chiamato San SperateIl comune di San Sperate (nome in lingua sarda Santu Sperau, altezza metri 41 sul livello del mare, abitanti 8.352 al 31 dicembre 2021) è situato nella zona centro meridione della Provincia del Sud Sardegna, ai condini con l’Area Metropolitana di Cagliari, e si trova a venti chilometri a nord del capoluogo della regione, in un territorio pianeggiante solcato dal Flumini Mannu e dal Flumineddu. È uno dei centri agricoli più importanti della Sardegna, dato che la felice posizione geografica, la presenza di falde freatiche superficiali, il terreno fertile e facilmente lavorabile hanno favorito lo sviluppo delle colture. Il territorio Comunale, interamente ricoperto da giardini di piante di limone, d’arancio e di mandarino, presenta un profilo geometrico vario, con differenze di altitudine quasi irrilevanti. Il comune fa parte dell’Associazione nazionale delle città della Terra Cruda ...Questo paese fa parte dell’Associazione nazionale delle città della Terra Cruda, nata per promuovere il recupero delle tradizioni e del patrimonio edilizio, naturalistico, artistico e storico delle comunità. Questa associazione comprende, in Sardegna, i comuni di Decimoputzu, donori, Fluminimaggiore, Furtei, Gonnosfanadiga, Guspini, Musei, Nuraminis, Pabillonis, Samassi, Samatzai, San Gavino Monreale, San Sperate, Sardara, Segariu, Selargius, Serramanna, Serrenti, Settimo San Pietro, Solarussa, Soleminis, Ussana, Ussaramanna, Vallermosa, Villa San Pietro, Villacidro, Villamassargia, Villasor. ... E del Consorzio delle città del MieleQuesto paese fa parte, inoltre, del Consorzio delle città del Miele, che comprende la rete dei territori che danno origine e identità ai mieli italiani, intesi come interpreti ideali di mete turistiche dove la storia, i miti, le tradizioni, l’arte e la cultura, i profumi e i sapori compongono un itinerario nazionale tutto da scoprire. Il miele come interprete ideale di mete turistiche dove la storia, i miti, le tradizioni, l’arte e la cultura, i profumi e i sapori compongono un itinerario tutto da scoprire. Questo Consorzio comprende, in Sardegna, i comuni di Arbus, Guspini, Monti, San Sperate. Origine del nomeA detta del linguista Massimo Pittau, il nome sarebbe la traduzione italiana della denominazione sarda Santu Speráu, Sant’Isparáu, si tratta però di una traduzione pasticciata, perché in buon italiano sarebbe dovuta essere Santo Sperato. Il nome Sperato, che deriva dal latino ecclesiastico Speratus, nella sua forma del vocativo Sperate, era il nome del Santo martirizzato a Cartagine con altri compagni di fede nell’anno 180. La sua economiaSi tratta di un centro di pianura che, accanto alle tradizionali attività agricole, ha sviluppato il tessuto industriale. L’agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutta, e si pratica anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. La coltivazione prevalente è quella delle pesche, caratterizzate dal simbolo De.Co. ossia dalla Denominazione Comunale di origine, seguita da quella degli agrumi e, in maniera meno consistente, dell’albicocca, del grano, del pomodoro, dei cereali e delle verdure. Il territorio appare quindi interamente ricoperto da diversi giardini, nei quali la presenza di piante di limone, d’arancio o di mandarino rappresenta l’elemento frequente e qualificante. Si pratica, inoltre, l’apicoltura, grazie alla quale si producono il miele d’arancio, dall’aroma intenso e fruttato, e dal sapore molto dolce; il miele d’eucaliptus, con proprietà balsamiche, dal sapore leggermente dolce e dal retrogusto salato; ed anche il miele di cardo ed il millefiori. Altri tipi di miele sono ottenuti trasportando le arnie nelle zone di montagna, e particolare è il miele di corbezzolo, dal sapore unico e dalle eccezionali caratteristiche organolettiche, che è dolce prima e amaro poi, ed è uno dei mieli più pregiati di tutta l’Isola. L’industria è costituita da imprese che operano nei comparti alimentare, dell’estrazione, della carta, della stampa, della gomma, dei materiali da costruzione, metalmeccanico, dei mobili ed edile. Interessante è l’artigianato, che fino agli anni cinquanta era un settore importante e ben sviluppato. La tessitura era particolarmente diffusa, come lo erano i fabbri e Su maistu ’e carru, ossia coloro che costruivano i carri, le ruote in legno e ferro, le carriole e gli aratri. Sono, invece, scomparsi quasi del tutto gli artigiani che lavoravano le canne e l’olivastro per confezionare pregevoli cesti. Oggi a San Sperate le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno. Brevi cenni storiciIl terriorio, come testimoniano anche i numerosi resti ritrovati, è sempre stato abitato e coltivato, tanto che recenti scavi dimostrano che i primi insediamenti umani risalirebbero addirittura al diciottesimo secolo avanti Cristo. Non mancano le testimonianze della dominazione punica, avvenuta nel quarto ed il terzo secolo avanti Cristo. L’origine del borgo, tuttavia, è da collocarsi nel periodo romano, quando era forse la Civitas Valeria di cui parla Tolomeo, e doveva avere un ruolo molto importante, determinato anche dal fatto che in quest ’epoca per la regione passava la via che da Karalis conduceva a Tharros. Dal 455 subisce la dominazione vandalica, quando il re Trasamondo, che regna nell’Africa settentrionale, costringe molti vescovi africani all’esilio in Sardegna, ed essi portano con sché le reliquie d’importanti Santi provenienti dal nord Africa per sottrarle alla profanazione dei Vandali, tra le quali le reliquie del Santo Speratus. Nell’undicesimo secolo fa parte con il nome di villa Sancto Sperato della curatoria di Decimo, nel Giudicato di Càralis. Nel 1258, con la caduta del Giudicato di Càralis, passa al conte Gherardo della Gherardesca ed ai suoi eredi, e successivamente degli Aragonesi, che lo inglobano nel Regno di Sardegna. Nel 1421, per volere del re Alfonso V, è istituito il feudo che viene concesso al commerciante Giordano de Tolo, ed il nome Santo Sperato si trova per la prima volta in un documento ufficiale del 1441. La signoria dai Tolo passa in feudo a vari signori, finchché nel 1746 viene avocato al fisco e venduto, due anni dopo, ad un giudice della real Udienza, Giuseppe Cadello, che prende il titolo di marchese di Santo Sperato. L’ultimo feudatario, al quale la signoria viene riscattata nel 1839 con l’abolizione del regime feudale, è Efisio Cadello Arquer, e Santo Sperato diventa un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio Comunale. Nel 1948 viene decretato il cambio di denominazione del comune, che da Santo Sperato viene rettificato in San Sperato, che diventarà poi San Sperate. Negli anni cinquanta del novecento, al fine di incrementare e di migliorare la produzione agricola, si avvia quell’opera di razionalizzazione dell’agricoltura che renderà il paese di San Sperate famoso in tutta l’isola. Nel 1967, San Sperate diventa Paese Museo, ospitando diversi artisti italiani e stranieri, organizzando sul proprio territorio vari incontri culturali, rassegne teatrali e spettacoli musicali. San Sperate resta nella Provincia di Cagliari fino alla riforma del 2016, quando il paese viene aggregato alla nuova Provincia del Sud Sardegna. Principali personaggi nati a San SperateA San Sperate sono nati lo scultore Pinuccio Sciola ed il ceramista Giampaolo Mameli. A San Sperate nasce nel 1942 Pinuccio Sciola scultore autodidatta, che viene scoperto grazie ad un concorso tra i ragazzi delle scuole nel 1959. In tale occasione vince una borsa di studio per frequentare il liceo Artistico di Cagliari. Dal 1961 compie numerosi viaggi di studio nelle più importanti città d’arte italiane e nel 1963 organizza una mostra all’aperto nell’orto di San Sperate, dove prima lavorava come contadino. Nel 1964 frequenta il Magistero d’Arte di Firenze e partecipa ad un corso di scultura a Salisburgo, finche nel 1965 viene scoperto da Aligi Sassu in uno dei suoi ritorni in Sardegna. Nel 1967 va in Spagna dove frequenta l’Università di Moncloa e approfondisce la conoscenza sulla scultura romanico-Spagnola, e nel 1968 inizia l’attività di muralista e progetta di trasformare San Sperate in Paese Museo. I muri delle case vengono trasformati in giganteschi murali, le strade e le piazze adornate di sculture. L’iniziativa trova il sostegno di numerosi artisti italiani e stranieri tra i quali Foiso Fois, Primo Pantoli, Giorgio Princivalle, Gaetano Brundu. Sempre in quell’anno gli viene assegnata la cattedra di scultura al liceo Artistico di Cagliari. Nel 1973 l’UNESCO si interessa al paese e invita Pinuccio Sciola a recarsi in Messico, dove incontra il grande muralista David Alfaro Siqueiros, dal quale scopre il fascino della cultura pre: colombiana. Nel 1976 alla Biennale di Venezia espone in piazza San Marco l’opera Le Canne e i Cadaveri, e nel 1978 una sua scultura viene sistemata nel centro storico di Kirchheim Unter Teck, presso Stoccarda, come prima pietra del Parlamento Europeo. Espone inoltre a Milano ed a Roma, realizza a Cagliari il gigantesco murale nel palazzo della Rinascente. Dal 1990 al 1996 insegna scultura presso l’Accademia delle Belle Arti di Sassari. In seguito ha promosso la Scuola Internazionale di Scultura a San Sperate, dove ha vissuto e lavorato fino al 2016, quando è morto a Cagliari. Al suo funerale hanno partecipato 8.000 persone. |
Principali feste e sagre che si svolgono a San SperateA San Sperate sono attivi il Gruppo Folk Amigus e l’Associazione Cavalieri San Sperate, nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale del paese. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a San Sperate vanno citate, il 5 maggio, la Festa di Santa Prisca, copatrona del paese; il 10 maggio, la Festa di Sant’Isidoro; la prima domenica di giugno, la Festa di Santa Barbara, nella sua chiesa campestre; in occasione della celebrazione del Corpus Domini, la processione domenicale con fasci di canne, bandierine, arazzi che abbelliscono le case, mentre le strade profumano di menta e di petali di fiori sparsi lungo le vie del paese; giorni vicini al 23 giugno, la Festa di San Giovanni Battista; il 29 giugno, la Festa dei Santi Pietro e Paolo; il 16 luglio, la Festa della Beata Vergine del Carmelo, alla quale segue il 17 luglio, la Festa di San Sperate, patrono del paese, ed in quell’occasione si tiene anche la Sagra delle pesche, in cui oltre che a festeggiare la pesca, ci sono molte attività e animazioni, tornei, canti e balli, con esibizioni di gruppi folkloristici nelle piazze; il 2 novembre, giorno della Commemorazione dei defunti, è tradizione che i bambini si rechino di casa in casa per chiedere le offerte destinate alle anime dei defunti, ed, in questa occasione, si prepara il tradizionale dolce Pan’ e’ saba, che è un pane confezionato con il mosto del vino; sempre la fine della prima o seconda settimana di novembre, si svolge la Festa d’Autunno con la relativa Mostra micologica; il 13 dicembre, la Festa di Santa Lucia. Visita del centro di San SperateL’abitato, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l’andamento altimetrico tipico delle località pianeggianti. San Sperate è conosciuto come il Paese Museo da un’idea nata nel 1966 su iniziativa di Pinuccio Sciola, che cominciò prima col dipingere le pareti delle case di bianco per la Festa del Corpus Domini e poi, dopo avere iniziato egli stesso a farlo, invitò tanti artisti perché dipingessero sui muri del paese le loro opere. San Sperate è divenuto ben presto un laboratorio di creazione e confronto, e ci sono arrivati numerosi artisti, molti dei quali stranieri, che hanno dato il loro entusiastico contributo dipingendo nuove opere dai soggetti più disparati. Gli anni settanta furono un decennio di grande fermento e di notevole progresso di quella attività pittorica, che aveva preso il nome di muralismo e che aveva contagiato anche moltissimi centri dell’Isola. Oggi San Sperate è un luogo tutto da scoprire, originale ed esclusivo, con i suoi murali e le sue centinaia di sculture. È oggi possibile visitare oltre Duecentocinquanta murales per le vie del paese, quasi tutti disegni realizzati con colori impermeabili ad acqua eseguiti su pareti intonacate e dipinte con il biancone, ma esistono anche opere eseguite con la tecnica del graffito e altre realizzate con tecniche miste. La chiesa parrocchiale dedicata a San Sperato MartireArrivando a San Sperate da ovest con la SP4, appena poco prima del chilometro 10, si trova il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, passato il quale la strada entra nel paese con il nome di via undicesimo Febbraio. Percorsi appena duecentocinquanta metri, si vede, alla destra della strada, la facciata della chiesa di San Sperato Martire che è la parrocchiale del paese, eretta sul luogo in cui vennero rinvenute le reliquie del Santo Martire. Si ritiene che San Sperato sia stato uno dei dodici martiri della città di Scilio, ossia Scillum, situata con tutta probabilità nei pressi di Cartagine nella Provincia romana della Numidia nell’Africa proconsolare, che il 17 luglio dell’anno 180 dopo Cristo, sotto l’impero di Comodo, furono fatti decapitare da Presente e Condiano consoli di Cartagine. Questi martiri presero così il nome di Scillitani, e le fonti storiche a noi pervenute, affermano che Speratus era la loro guida spirituale. Il culto di questi martiri si diffuse, ben presto, in tutta l’Africa settentrionale e in molti altri paesi europei come la Francia, la Spagna e l’Italia. Durante la dominazione vandalica, il re Trasamondo, che regna nell’Africa settentrionale, costringe molti vescovi africani all’esilio in Sardegna, ed essi portano con sé le reliquie d’importanti Santi provenienti dal nord Africa per sottrarle alla profanazione dei Vandali, tra le quali quelle di Speratus, nome che significa bramato o sospirato, le cui reliquie vengono riesumate il 2 maggio del 1616 dall’arcivescovo di Cagliari Francisco d’Esquivel. |
La chiesa è stata edificata nel 1620, dopo la riesumazione delle reliquie del Santo proprio nel luogo dove queste sono state rinvenute, ed ha subito vari rifacimenti nel corso dei secoli, quindi si presenta ricca di elementi decorativi di vari periodi e stili anche al suo interno. All’esterno presenta una facciata quadrate e merlata, e svetta una imponente torre campanaria, in stile aragonese, la cui sommità è stata modificata in epoca moderna con la rimozione della piccola cupola sovrastante. Presenta uno schema abbastanza diffuso in tutta la Sardegna, con un’unica navata e due cappelle per parte, e con pavimenti in marmo. La navata, in origine con volta a botte realizzata in legno e con archi in stile gotico aragonese, si presenta oggi in cemento. Agli inizi dell’ottocento è stata sistemata la zona del Presbiterio, con l’altare maggiore e la balaustrata in marmi policromi, ed accanto all’altare una scala conduce alla tomba del Santo. Nella chiesa è presente un fonte battesimale di antica e pregevole fattura, in cui si possono osservare i bassorilievi, raffiguranti al centro il battesimo di Gesù ad opera di San Giovanni Battista, e un Leone, simbolo della potenza evangelica, su ogni lato. Lungo la navata, la prima Cappella a sinistra, ora intitolata al Sacro Cuore, in passato è stata dedicata prima a San Sperato e poi a San Francesco, la cui raffigurazione è ancora presente nella volta della cappella, mentre l’altare marmoreo presenta in bassorilievo l’immagine di San Sperate. La seconda Cappella a sinistra, dedicata al Santissimo Crocifisso, presenta arco a tutto sesto e volta a crociera con gemma decorativa centrale. La prima Cappella a destra, dedicata a Santa Prisca le cui spoglie sono state rinvenute insieme a quelle di San Sperato, ha la volta a botte ed è decorata con un medaglione della Santa. La seconda Cappella a sinistra, dedicata alla Vergine del Rosario, ha volta a crociera ed è delimitata da un caratteristico arco a sesto acuto. A San Sperate, presso questa chiesa, ogni anno il 17 luglio si tiene la Festa di San Sperate, patrono del paese, che si tiene dopo un triduo di preparazione, e segue la Festa della Beata Vergine del Carmelo, che si tiene il giorno precedente. La Festa è caratterizzata da cerimonie religiose e da una processione con il simulacro del Santo per le strade del paese accompagnato da suonatori di launeddas e fisarmoniche, gruppi folk e traccas, cavalli e cavalieri. In occasione di questa Festa si tiene anche la Sagra delle pesche, in cui oltre che a festeggiare la pesca, ci sono molte attività e animazioni, tornei, canti e balli, con esibizioni di gruppi folkloristici nelle piazze del paese. Inoltre, il 5 maggio si tiene la Festa di Santa Prisca, copatrona del paese, anch’essa con cerimonie religiose e la processione solenne. La chiesa di San Giovanni BattistaPassata la chiesa parrocchiale, proseguiamo lungo la via undicesimo febbraio, dopo duecento metri, arrivati nella piazza Croce Santa, prendiamo a sinistra la via Monastir e la seguiamo per trecentocinquanta metri, poi svoltiamo a sinistra nella via San Giovanni e, dopo una settantina di metri, vediamo, alla destra della strada, il canvello, passato il quale si trova il parco di San Giovanni, con all’interno la chiesa di San Giovanni Battista. Si tratta di una chiesa romanica oggi interamente restaurata, che era l’antica chiesa parrocchiale presente nei documenti dell’archivio arcivescovile, già nel 1589, e si trova quasi ai margini dell’abitato ed ha struttura e dimensioni adatte a una piccola comunità. La chiesa ha subito vari rifacimenti e rimaneggiamenti, il più evidente dei quali è quello risalente all’epoca aragonese, il suo stile, pertanto, risulta vario e composito. La chiesa è costituita da un unico ambiente, semplice e suggestivo. La copertura è lignea, Il presbiterio è caratterizzato da una Cappella aragonese con volta a stella. A sinistra attraverso un arco si accede all’unica Cappella laterale, che è decorata in modo analogo alla Cappella presbiteriale. Nei capitelli di entrambe è possibile osservare le iconografie simboliche dei quattro evangelisti come ci vengono presentate nell’Apocalisse di San Giovanni, con Matteo simboleggiato da un angelo, Luca da un bue alato, Giovanni da un’aquila, e Marco da un Leone alato. La chiesa di San Giovanni, secondo le antiche usanze, veniva usata anche per le sepolture, sia al suo interno che nel terreno circostante. Nonostante tale usanza fosse ormai stata abbandonata, nel 1892 si è deciso, in considerazione del tragico avvenimento, di seppellirvi le vittime dell’alluvione che quell’anno ha sommerso il paese. Ogni anno, in giorni vicini al 23 giugno, presso questa chiesa si svolge la Festa di San Giovanni Battista, una tradizione che si rinnova ogni anno, con due o tre giorni di fede, incontri, spettacoli e animazioni, che vanno dal Teatro alla gastronomia, dalla musica ai fuochi d’artificio. L’antica casa TolaPassata la chiesa parrocchiale, proseguiamo lungo la via undicesimo febbraio, dopo duecento metri, arrivati nella piazza Croce Santa, prendiamo a destra la via Roma che si dirige verso sud ovest e la seguiamo per circa duecento metri, arrivando all’incrocio con la via Umberto, passato il quale la prosecuzione della via Roma assume il nome di via San sebastiano. Arrivati all’incrocio, prendiamo verso destra la via Umberto, che si dirige verso ovest, e la seguiamo per centocinquanta emtri, arrivando a vedere, alla sinistra della strada, il muro di cinta ed il cancello di ingresso dell’antica Casa Tola. La villa del barone Tola viene progettata a metà ottocento dal famoso architetto Gaetano Cima, autore, tra l’altro, dell’Ospedale San Giovanni di Dio a Cagliari e della chiesa di San Francesco a Oristano. L’edificio ha caratteristiche proprie dello stile neoclassico, ma denota anche l’influsso della tradizionale abitazione campidanese in làdiri, ossia in mattoni crudi fango e paglia, con un cortile centrale. La casa Tola, infatti, presenta una loggia articolata in chiari e ariosi archetti che richiamano la tipica struttura della lolla, il patio della casa campidanese. Il complesso comprende anche un antico frantoio del diciottesimo secolo, appartenuto alla famiglia Cadello e attualmente ereditato dalla famiglia Serra. L’attività del frantoio è, però, cessata nel 1956. Il Museo del CrudoDa dove, dalla piazza Croce Santa, abbiamo preso a destra la via Roma, la seguiamo per appena una novantina di metri e arriviamo a vedere, alla sinistra della strada, al civico numero 15 della via Roma, l’edificio che ospita il Museo del Crudo. Si tratta di un’antica abitazione padronale del seicento, costituita da due distinti corpi con complessivamente tredici camere. Il corpo principale, realizzato su due piani e allineato lungo la strada, presenta quattro finestre al pian terreno e cinque porte finestre con balcone al primo piano. La muratura, con profilature in mattoni cotti, è in terra cruda, ossia realizzata con i caratteristici mattoni crudi fatti con terra argillosa e paglia tritata ed essiccati al sole, chiamati in lingua sarda làdiri, semplici ed economici mattoni di fango caratteristici dell’architettura di tutte le zone agrarie del Mediterraneo ed in particolare di quelle più meridionali, dato che le case costruite con questi mattoni si mantengono calde e asciutte d’inverno, fresche d’estate. L’unico collegamento tra il mondo esterno e la dimora viene garantito da un largo portale ligneo sormontato da un arco semicircolare, che immettesu un cortile quadrangolare pavimentato in ciottoli e dotato di un pozzo centrale, preceduto da una piccola loggia sorretta da pilastri. La corte, chiusa ad occidente da un alto muro e ad oriente da un locale di sgombero, è delimitata a nord dal corpo che si affaccia sulla strada principale, mentre, a sud, un fabbricato lo mette in comunicazione, attraverso un corridoio, con una seconda corte, Sa pratza ‘e pabasa, anch’essa di forma rettangolare di dimensioni inferiori, chiamata anche Sa pratziscedda. La struttura che funge da raccordo tra i due cortili consta di due piani comunicanti mediante una scala monumentale centrale a doppia rampa, dotata di copertura lignea a due spioventi e rivestimento in tegole sarde, che sormonta il portale d’ingresso, incastonato su un arco semicircolare. Dopo essere stata un’abitazione padronale, l’edificio cambia destinazione d’uso, assumendo l’importantissima funzione sociale di Scuola e Municipio, mentre la piccola struttura posta sul lato orientale fungeva da ambulatorio Comunale. Negli anni sessanta del novecento la struttura viene abbandonata, per poi essere acquistata dall’amministrazione Comunale che provvede al suo restauro nel 1985, con il progetto per la realizzazione di un centro culturale polivalente. Attualmente il Museo viene utilizzato per mostre estemporanee, convegni e iniziative di carattere culturale. La chiesa romanica di Santa LuciaProseguendo verso sud ovest lungo la via Roma, dopo una cinquantina di metri svoltiamo a sinistra nella via Vittorio Emanuele e, in centocinquanta metri, passata a destra la piccola piazza Santa Lucia, all’inizio della via Decimo vediamo, alla sinistra della strada, il cancello di ingresso della chiesa di Santa Lucia che conserva parti architettoniche in stile romanico che ne fanno ipotizzare l’esistenza, come luogo di culto, già in età bizantina. La chiesa risale alla fine del cinquecento, come risulta nei documenti dell’archivio arcivescovile, ed in passato è stato una importante chiesa campestre. Col tempo è stata usata come Cappella e Cimitero, come attestano le numerose sepolture rinvenute sotto il pavimento. La struttura della chiesa in relazione alle sue origini è molto semplice, costituita da un unico ambiente rettangolare senza abside nché cappelle. Le parti architettoniche più antiche sono in stile romanico, i maggiori rifacimenti risalgono all’epoca seicentesca e settecentesca, come sembra rivelare la copertura lignea e la facciata con portale sormontato da finestra ovale ed un piccolo campanile. Anche l’altare presente all’interno riveI canoni costruttivi del tardo seicento, decorato con vari simboli che rimandano ai culti pagani dei periodi precedenti, ossia palma, libro, pugnale e crescente lunare. Quest’ultimo, in particolare, farebbe pensare all’esistenza di un precedente culto riguardante una divinità femminile nuragica, lunare, venerata anche nel periodo punico come Tanit, e nel periodo romano come Diana. Il legame con culti nuragici potrebbe essere confermato dalla presenza, all’interno della chiesa, di un pozzo a canna cilindrica, rivestito di ciottoli fluviali, che, secondo un’antica credenza popolare, sarebbe considerata una fontana d’acqua miracolosa, e la presenza di un tratto di rivestimento circolare, più profondo rispetto a quello quadrato di epoca più recente, farebbe pensare ad un suo utilizzo, in epoca nuragica, come pozzo sacro. All’interno della chiesa è presente una bella statua di Santa Lucia, realizzata in legno e di fattura molto antica, Che raffigura la Santa secondo i canoni dell’iconografia classica, abbigliata con una veste dal ricco drappeggio e cinta decorata, e con la mano destra protesa a reggere un piattino sul quale dovevano essere posizionati i due occhi simbolo della Santa, a cui ci si affida ancor oggi per chiedere protezione per la vista. Questa statua è stata restaurata nell’ottobre del 1995. Presso questa chiesa, ogni anno, il 13 dicembre, in occasione della Festa di Santa Lucia, dopo le cerimonie religiose ed al rientro dalla processione alla chiesa della Madonna del Perpetuo Soccorso, viene preparato un gigantesco falò, davanti al quale ci si reca a chiedere alla Santa protezione per la propria vista e guarigione da malanni agli occhi. La sede della Fondazione Sciola nella Casa Museo del maestro d’arte Pinuccio SciolaArrivando dalla via Vittorio Emanuele nella piccola piazza Santa Lucia prima di taggiungere la chiesa di Santa Lucia, prendiamo a destra la via Enrico Marangiu che si dirige verso ovest, e la seguiamo per un centinaio di metri e vediamo, alla sinistra della strada, al civico numero 21, l’edificio che ospiterà la sede della Fondazione Sciola nella Casa Museo del maestro d’arte Pinuccio Sciola. Scopo della Fondazione sarà di trasformare la casa di Pinuccio in un Museo che offra a chiunque la possibilità di attraversare le origini, la forza e la geniale semplicità del suo mondo. Il patrimonio della Fondazione, inizialmente, comprende la casa dello scultore e alcune delle opere più importanti di cui i figli hanno voluto privarsi a beneficio dell’Istituzione. Il Giardino Sonoro che costituisce il Pinuccio Sciola MuseumLa via Enrico Marongiu, dopo un centinaio di metri, sbocca sulla via San Sebastiano, che è la prosecuzione della via Roma e si dirige verso sud ovest. La prendiamo verso sinistra e, percorsi centocinquanta metri, prendiamo a destra la via Oriana Fallaci, una strada bianca che, in poche decine di metri, ci porta all’interno del cosiddetto Giardino Sonoro uno spazio che costituisce il Pinuccio Sciola Museum un Museo all’aperto che ospita le sculture del maestro Pinuccio Sciola. È il luogo che era stato utilizzato dallo scultore fino dagli anni sessanta come laboratorio, creando un’identità in pieno connubio con la natura sino a renderlo sito espositivo agli inizi del ventesimo secolo. Si tratta di un orizzonte di pietre megalitiche, uno spazio artistico senza tempo, in continuo divenire che permette ai visitatori di compiere un’emozionante passeggiata all’interno dell’agrumeto, in un percorso senza segnali né direzioni, tra i megaliti capaci di amplificare magicamente il senso di smarrimento. Il Cimitero Comunale San SebastianoDopo la deviazione nella via Oriana Fallaci che ci ha portati a visitare il Giardino Sonoro, proseguiamo verso sud ovest lungo la via San Sebastiano. Percorsi ancora altri quasi duecento metri, prendiamo la prima traversa a destra, una strada alberata che, in poco più di centocinquanta metri, ci porta di fronte all’ingresso del Cimitero Comunale San Sebastiano di San Sperate. Il Monumento ai CadutiDalla via undicesimo Febbraio, arrivati nella piazza Croce Santa, procediamo dritti lungo la prosecuzione della via undicesimo Febbario, che è la via Croce Santa, la quale, dopo centocinquanta metri, termina e continua dritta sulla via Cagliari. Al termine della via Croce Santa, prendiamo a sinistra la via Risorgimento, che è il nome che assume all’interno dell’abitato la SS130Dir, la seguiamo per appena un centinaio di metri, e vediamo, alla destra della strada, in un giardinetto, il Monumento ai Caduti Di San Sperate. L’amministrazione Comunale, per onorare la ricorrenza del 4 novembre, svolge una cerimonia presso il Monumento ai Caduti di via Risorgimento su cui sono incisi i nominativi dei soldati di San Sperate che non hanno fatto ritorno dalla Prima e dalla Seconda Guerra Mondiale. Subito dopo la commemorazione, si tiene la messa nella chiesa di San Giovanni Battista. Il Giardino MegaliticoPassato il Monumento ai Caduti, lungo la via Risorgimento si sviluppa, con una lunghezza di quasi centottanta metri, il cosiddetto Giardino Megalitico di San Sperate. L’ingresso del Giardinio Megalitico si trova alla destra, alla metà del suo sviluppo lungo la strada, al civico numero 16 della via Risorgimento. Creato negli anni Settanta, questo piccolo polmone verde, incastonato proprio vicino al centro del paese, presenta numerose sculture in pietra che si ispirano all’arte megalitica preistorica e nuragica della Sardegna. Pinuccio Sciola e i suoi compagni realizzarono Dolmen, menhir, panchine e un piccolo Teatro. Questo suggestivo spazio urbano destinato al relax ospita spesso eventi artistici e culturali. Ci rechiamo fino al Municipio di San SperateDa dove la via Croce Santa termina e continua dritta sulla via Cagliari, prendiamo la via Cagliari e, dopo appena una cinquantina di metri, alla destra ella strada, subito prima dell’angolo con la via rio Concas, si trova uno spazio quadrato battezzato la piazza New York, nel quale, tra due porticati, si trova il bel Monumento dedicato alle Torri Gemelle. All’altro lato della via Cagliari, ossia alla sinistra, si trova un’ampia piazza piastrellata, con panchine, e, ad angolo con la successiva via Nuova che diventerà via Pixinortu ed uscirà dall’abitato come SP6, in un’aiuola alberata, è possibile ammirare una bella SCultura di Pinuccio Sciola. Percorsi ancora circa duecento metri lungo la via cagliari, arriviamo a un incrocio, dove viene da sinistra la via Oristano e parte a destra la via Sassari. Prendiamo a destra la via Sassari e, dopo una settantina di metri, vediamo alla destra della strada, al civico numero 12 della via Sassari, l’edificio nel quale si trova il Municipio di San Sperate, che ospita la sua sede e gi uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. La chiesa della Madonna del Perpetuo SoccorsoPassato l’edificio nel qule si trova il Municipio, procediamo in direzione sud ovest lungo la via Sassari, dopo centocinquanta metri incrociamo la via Sardegna, che prendiamo verso sinistra. Percorso poco piu di un centinaio di metri, prendiamo a destra la via Francesco Ciusa e, dopo centocinquanta metri, vediamo alla sinistra, al civico numero 23 della via Francesco Ciusa, la chiesa della Madonna del Perpetuo Soccorso. Questa chiesa appartiene alla Casa di accoglienza Madonna del Perpetuo Soccorso, un centro di accoglienza per giovani gestito dalla Congregazione del Santissimo redentore, ossia dei Padri redentoristi, appartenenti alla congregazione clericale fondata nel 1732 da Sant’Alfonso Maria de liguori per l’evangelizzazione della gente del popolo e delle campagne. Il centro dispone anche di strutture sportive. Il Campo Sportivo Comunale vecchioDa dove la via undicesimo Febbraio è terminata ed è iniziata la via Cagliari, seguiamo questa strada verso sud est per circa un chilometro, fino a vedere, alla sinistra della strada, al Civico 114c della via Cagliari, il cancello di ingresso del Campo Sportivo Comunale vecchio di via Cagliari. Il Campo Sportivo ospita un Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare 400 spettatori. In questo campo gioca le sue partite casalinghe la Virtus San Sperate 2002, squadra che gioca nel campionato di Prima Categoria, girone B della Sardegna. Il Centro sportivo polivalenteDa dove la via undicesimo Febbraio è terminata ed è iniziata la via Cagliari, dopo una cinquantina di metri prendiamo a destra la via Nuova, dopo quattrocentocinquanta metri, arriviamo a un bivio dove prendiamo leggermente a destra la via Santa Suja, lungo la quale, dopo seicento metri, si vede alla sinistra della strada il cancello di ingresso del Centro sportivo polivalente di via Santa Suja. All’interno di questo centro si trova un Campo da Calcio, con fondo in erba, dotato di tribune in grado di ospitare 500 spettatori. In questo campo gioca le sue partite casalinghe la squadra della Associazione Sportiva Dilettantesca San Sperate calcio, che gioca nel campionato di Terza Categoria di Cagliari nel Girone G. Accanto al Campo da Calcio, scorre la Pista di atletica leggera, nel quale praticare come discipline l’atletica leggera e le Corse su pista; e si trova lo Spazio per il lancio del disco, nel quale praticare lancio del disco, lancio del peso, e lancio del martello. Nel Centro sportivo si trova, inoltre, un Campo da Calcetto ossia da Calcio a cinque, con fondo in erba sintetica, dodato di tribune per 200 spettatori; ed anche cmapi per Tennis, basket, e due campi da bocce. È presenti anche la Piscina Comunale, che dispone di una vasca semiolimpionica, in grado di ospitare le manifestazioni di alto livello regionale. Visita dei dintorni di San SperateVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di San Sperate sono stati portati alla luce resti dei Nuraghi a corridoio Arriu Abis, Corte Pisanu, Sa Nuxedda; del Nuraghe complesso su Crabili; ed anche dei Nuraghi Santa Barbara, e Santa Suia, tutti di tipologia non classificata. Sono, stati, inoltre portati alla luce alcuni significativi reperti di quattro necropoli puniche e l’antico abitato da cui esse dipendevano, che erano le aree di Bia de Deximu Beccia, su Stradoni de Deximu, San Giovanni, via Nuova, tutte ai margini dell’abitato. Il parco di PixinortuDa dove la via undicesimo Febbraio è terminata ed è iniziata la via Cagliari, dopo una cinquantina di metri prendiamo a destra la via Nuova, che diventa via Pixinortu, ed esce dall’abitato come SP9. Percorso un chilometro ed ottocento metri, all’altezza del cartello che indica il chilometro 1 della SP9, alla sinistra della strada si sviluppa il Parco di Pixinortu una vasta area verde a nord est dell’abitato. Il parco è caratterizzato da un bosco di alberi d’alto fusto e macchia mediterranea, all’interno del quale si trovano un percorso per escursionisti amanti del trekking e una Palestra outdoor per esercitarsi. Inoltre c’è uno spazio dedicato agli eventi dal vivo che, in passato, ha ospitato anche un concerto del jazzista Paolo Fresu. In una zona del parco si trova una struttura riservata alla ristorazione e all’accoglienza. La chiesa campestre di Santa BarbaraDalla via undicesimo Febbraio, prendiamo la sua continuazione che è la via Cagliari, e la seguiamo fino fuori dal paese dove diventa la SP4. Percorsi un paio di chilometri, arriviamo a uno svincolo, dove la SP4 incrocia la SP5, che prendiamo verso sinistra seguendo le indicazioni per la SS131. Percorsi circa due chilometri e mezzo, vadiamo, alla sinistra della strada, il Parco di Santa Barbara, un parco alberato con panchine per ospitare i pellegrini durante la Festa della Santa. All’interno del parco si trova la chiesa campestre di Santa Barbara di recente costruzione, che presenta soluzioni architettoniche alquanto semplici. L’antica chiesa di Santa Barbara apparteneva al paese scomparso di Sipont, che si trovava sull’attuale territorio Comunale di San Sperate, ed era la sua chiesa parrocchiale. Crollata nel 1890, è stata ricostruita circa novanta anni dopo, nel 1980, grazie alla devozione del popolo. Presso questa chiesa, la prima domenica di giugno si svolge la Festa di Santa Barbara, in occasione della quale dalla sua chiesa in campagna il simulacro della Santa viene portato nella chiesa parrocchiale in solenne processione con costumi tradizionali, poi dopo le cerimonie religiose rientra nella chiesa campestre. La maschera orrida ghignante apotropaica rinvenuta in località Bia de Deximu BecciaNei dintorni sono stati rinvenuti alcuni significativi reperti dell’età punica. Il principale, rinvenuto nel 1876 dall’archeologo Filippo Vivanet in un sepolcro punico in località Bia de Deximu Beccia, è una Maschera orrida ghignante apotropaica in terracotta, di color beige chiaro, decorata con una ricca serie di disegni raffiguranti rosette, sole, urei, globetti e palmette, applicati a stampo sulla fronte e sul mento. È arricchita da una banda composta da cinque linee orizzontali incise sulla fronte e sugli zigomi, quasi a simulare i tatuaggi. Presenta inoltre, dei fori nelle orecchie e nel naso, per ospitarvi gli orecchini e il Nezem, un anello in argento applicato all’estremità del naso. Diffuse nelle necropoli puniche, queste maschere venivano dette apotropaiche dato che erano realizzate con lo scopo di spaventare e tenere lontani gli spiriti maligni, e sono definite orride per il loro caratteristico volto deforme con la bocca ghignante. Le maschere orride venivano indossate dai sacerdoti, perciò venivano lasciate apposite aperture per occhi e bocca. Si ritiene che fosse opera di un artista cartaginese e databile intorno al quinto secolo avanti Cristo, ed è oggi conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. L’altare a foggia di Nuraghe quadrilobato rinvenuto in località su Stradoni de DeximuNel 1970 dai contadini lauro ed Eliseo Spiga, mentre aravano un agrumeto in località su Stradoni de Deximu, è stato rinvenuto un Altare in calcare a foggia di Nuraghe quadrilobato scolpito con grande perizia, che è il primo esempio documentato di modello di Castello nuragico realizzato in pietra. Il reperto era pervenuto in due pezzi non combacianti, rotti e scheggiati in più parti, il più grande relativo al corpo quadrilobato ed il più piccolo alla torre centrale del Nuraghe. A parte le fratture recenti, il manufatto conservava ancora la patina antica, poiché non era stato lavato, e non aveva affatto parti spigolose nelle zone non lesionate. Segnalato dai contadini a Pinuccio Sciola e da lui notificato all’archeologo Giovanni Ugas, questi effettua ricerche ed individua nel luogo pezzi di sarcofagi punici in arenaria, ma in mancanza di tracce del periodo nuragico, ritiene che il modello fosse stato reimpiegato come cippo in una tomba punica, a protezione del defunto, costituendo un magnifico esempio di riutilizzo a scopo funerario di un prezioso e antichissimo manufatto votivo. Il reperto, restaurato nei laboratori della Soprintendenza archeologica di Cagliari e Oristano, è oggi conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da San Sperate ci recheremo a Monastir che visiteremo con il suo centro ed i dintorni con il Castello di Baratuli e con le varie aree archeologiche presenti nel suo territorio. |