Un sito di oltre 450 pagine che descrive tutta l’Isola e che pur non vendendo niente riceve da 300 a oltre 1400 visitatori ogni giorno | |||||
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Sant’Antioco, l’antica Sulci dove sopravvive l’arte di tessere il bisso, con il Tophet fenicio e la necropoli punicaInizieremo ora la visita dell’isola di Sant’Antioco, che effettueremo in tre tappe. In questa prima tappa visiteremo il paese di Sant’Antioco e vedremo anche gli importanti resti archeologici presenti all’interno dell’abitato. Nella successiva tappa vedremo i resti del periodo nuragico e soprattutto del periodo fenicio punico nell’isola di Sant’Antioco, ed effettureremo la visita di tutte le coste dell’isola con le diverse cale e le sue diverse spiagge. Nella terza tappa ci recheremo a Calasetta, il secondo paese dell’isola, che vedremo con il suo centro abitato e con le sue spiagge. Il Sulcis nella regione storica del Sulcis-Iglesiente
Da San Giovanni Suergiu la SS126 Sud Occidentale Sarda ci porta sull’isola di Sant’AntiocoDa San Giovanni Suergiu proseguiamo verso sud lungo la SS126 Sud Occidentale Sarda fino a raggiungere, dopo circa nove chilometri e mezzo, l’isola di Sant’Antioco. Arriviamo sull’isola attraverso uno stretto istmo, lungo cinque chilometri, che collega l’isola di Sant’Antioco all’isola madre. L’isola di Sant’Antioco si estende per 109 chilometri quadrati. È la quarta isola d’Italia come dimensione dopo Sicilia, Sardegna ed Elba. Ha due soli centri abitati, il paese di Sant’Antioco e il paese chiamato Calasetta, oltre all’importante complesso turistico di Maladroxia. La ex centrale Termoelettrica di Santa Caterina
Dopo la sua dismissione, negli ultimi anni si è acceso il dibattito attorno alla sua destinazione definitiva, tuttavia una soluzione non è stata ancora individuata. Nel corso dei decenni sono stati presentati diversi progetti, non legati al campo dell’industria, per una possibile riqualificazione dell’area, ma i fondi necessari alla sistemazione del complesso frenano gli entusiasmi. Intanto, la struttura resta affacciata, su quella laguna a cui porta anche un certo risalto, pregna della sua fama e del suo fascino storico, sempre pronta a farsi ammirare dal visitatore di passaggio così come dall’appassionato di edifici storici abbandonati. La frazione Is Loddis
Passata la frazione vediamo sulla sinistra lo stagno di Santa Caterina e la salina di Stato di Sant’Antioco
La salina di Stato di Sant’Antioco
I menhir Su Para e Sa Mongia
Benvenuti a SulciProseguiamo con la SS126 Sud Occidentale Sarda oltre l’istmo, ed a tre chilometri dalla frazione Is Loddis, dopo aver incontrato il cartello indicatore dell’ingresso nell’abitato di Sant’Antioco, sulla sinistra della strada, in un’aiuola ci accoglie un accattivante Benvenuti a Sulci. Subito più avanti, imbocchiamo il Ponte Nuovo in cemento che ci porterà al paese di Sant’Antioco. Il ponte è stato inaugurato nel 1981, e nel 2017 si è ipotizzata la sua demolizione a favore di un nuovo ponte, che è stato però valutato come sovradimensionato e poco compatibile con i valori storico culturali del sito interessato. Fortemente soggetto ad usura, il ponte, unico accesso all’isola, è stato recentemente messo in sicurezza. Nella frazione Ponti vediamo i resti del Ponte romano
Nella frazione Ponti si trovava la Stazione ferroviaria di Sant’Antioco Ponti
Passato il Ponte romano arriviamo al porto IndustrialeLa SS126 Sud Occidentale Sarda passa sul nuovo ponte in cemento che attraversa il tratto di istmo, che è stato aperto e viene regolarmente dragato per consentire alle navi provenienti dal mare aperto sulla destra, attraverso la laguna di Sant’Antioco, di accedere al Porto Industriale che si vede sulla sinistra. Oltre il porto Industriale, si apre il Golfo di Palmas ed il mare aperto verso sud est. Il porto Industriale è stato realizzato negli anni trenta del secolo scorso come punto di imbarco per il prodotto dell’attività mineraria estrattiva dell’Iglesiente e del Sulcis. Entriamo nell’abitato di Sant’AntiocoDopo aver superato il Porto Industriale, la SS126 Sud Occidentale Sarda è passata sul nuovo ponte in cemento che attraversa il tratto di istmo e che unisce l’isola di Sant’Antioco con l’isola madre. Percorsi ancora Settecentocinquanta metri, la strada statale assume in nome di via Nazionale e ci conduce all’interno dell’abitato di Sant’Antioco. Dal Municipio di San Giovanni Suergiu a quello di Sant’Antioco si sono percorsi 9.8 chilometri. Il comune chiamato Sant’Antioco
Questo paese fa parte dell’Associazione nazionale Città del Vino
Origine del nomeSecondo la tradizione qui ebbe rifugio e trovò la morte il medico Antioco, originario del Medio Oriente, esiliato in Sardegna e martirizzato nel 127 dopo Cristo sull’isola di Sant’Antioco che da lui prese il nome. La cittadina, che era l’erede dell’antica Sulci, ha visto mutato il suo nome col trionfo del cristianesimo in Sardegna, evidentemente dopo che, alla fine del quarto secolo, l’Impero romano si è trasformato da pagano in cristiano, con l’imperatore Teodosio il Grande. Il suo nome è attestato fino nell anno 1341, quando si trova la definizione di Pro grantitio de Pau rectore S. Antiocu diocesis sulcitane, e ripete, quindi, il nome del Santo titolare della Chiesa parrocchiale. La sua economiaLa sua economia si basa su tutti i settori produttivi. Per qaunto riguarda il settore primario, l’agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutta; si allevano anche bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Nel settore secondario, l’industria è costituita da imprese che operano nei comparti alimentare, della lavorazione e conservazione della frutta e degli ortaggi, della produzione di sale, tessile, dell estrazione, del vetro, dei materiali da costruzione, dei laterizi, metalmeccanico, cantieristico, dei mobili, della produzione e distribuzione di energia elettrica e dell edilizia. Interessante in questo settore è anche l’artigianato, soprattutto quello specializzato nella produzione di tappeti e di arazzi, non mancano, inoltre, attività legate all essiccazione dei giunchi per i cesti, l’intarsio del legno e la produzione di nasse. Ma soprattutto sopravvive oggi, grazie alla maestria di Ciara Vigo, una importante artigiana antiochense, la tecnica della produzione del bisso o seta marina, che è un pregiato e raro tessuto color rame realizzato con i filamenti di una conchiglia triangolare bivalve, la Pinna nobilis setacea. Per quanto riguarda il settore terziario, le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno. Il ricco patrimonio archeologico unito a un mare splendido con fondali mozzafiato, spiagge lunghe e incantevoli che si alternano a calette rocciose, ne fanno una meta turistica molto ambita. Altro motivo di richiamo è la gastronomia locale che ha due origini, una pastorale, legata ai prodotti della terra e all allevamento, e una marinaresca, legata all’attività della pesca. Brevi cenni storici
Sant’Antioco in una bella lirica di Salvatore Quasimodo
Le principali principali feste e sagre che si svolgono a Sant’AntiocoA Sant’Antioco svolgono le loro attività l’Associazione Turistica Pro Loco di Sant’Antioco, il Gruppo Folkloristico Città di Sant’Antioco, l’Associazione Culturale Su Forti di Sant’Antioco, ed anche il Gruppo Folk Antica Città di Solki, nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale delle donne e degli uomini di Sant’Antioco. Tra le principali feste e sagre che vi si svolgono, si segnalano la Festa del Patrono, ossia la Sagra di Sant’Antioco Martire, che si svolge quindici giorni dopo Pasqua con una festa in onore del Martire africano; il 29 giugno, la Festa di San Pietro, alla quale segue per quattro giorni la Sagra del Gusto, ed in conclusione la Barcolana; a inizio agosto, la Festa estiva di Sant’Antioco Martire; la prima domenica di settembre, la Festa di Nostra Signora Bonaria; il 13 novembre si celebra la Festa religiosa di Sant’Antioco Martire, con processione serale. Visita del centro di Sant’Antioco
Prima di arrivare in centro si trova il Campo comunale da calcioProseguendo lungo la via Nazionale, alla sinistra della strada si trova quello che resta degli impianti della Sardamag, una ex fabbrica di ossido di magnesio, che è stata totalmente demolita nella primavera del 2008. Dopo Quattrocento metri si vede, alla destra della strada, lo storico ingresso del Campo comunale da calcio, in cui nuovo ingresso si trova però sul suo retro, alla sinistra del lungomare Amerigo Vespucci, al civico numero 36. Questo lungomare è la strada che si trova tra la via Nazionale ed il lungomare Silvio Olla e che, dirigendosi verso nord, ha i suoi numeri civici solo alla sinistra, dato che la destra si affacciava sul mare prima della realizzazione del nuovo lungomare dedicato ai Caduti di Nassirya ed oggi intestato a Silvio Olla. Il Campo comunale da calcio ha un manto in erba sintetica, ed è dotato di tribune in grado di ospitare 1500 spettatori. Dopo l’uscita di scena nel 2015 dello storico Sant’Antioco calcio, gravato da un’infelice congiuntura finanziaria, nell’isola sono comparse due nuove realtà del pallone, la società Antiochense 2013 e la nuova formazione L’isola di Sant’Antioco, che sono partite nel 2016 dalla seconda categoria. Gli impianti del Complesso Sportivo LungomareAll’altro lato della strada, alla destra del lungomare Amerigo Vespucci, si trovano anche gli ingressi secondari degli impianti del Complesso Sportivo Lungomare, i cui ingressi principali si trovano invece alla sinistra del lungomare Silvio Olla. Sono presenti il Campo da calcetto, ossia da calcio a cinque, con fondo in erba sintetica, dotato di tribune per 300 spettatori; due Campi da Tennis, con tribune per 500 spettatori, che sono il Campo da tennis numero 2, con le tribune lato mare, ed il Campo da tennis numero 1 con le tribune lato interno; e dal 2022 anche due Campi da padel, gioco assai simile al tennis dal quale si differenzia per le regole, che sono il Campo da padel numero 1 situato lato mare, ed il Campo da padel numero 2 situato lato interno. Il Monumento ai Caduti del Mare
Gli impianti sportivi della Scuola primaria di via XXIV MaggioProseguendo verso nord lungo il lungomare Silvio Olla, dopo duecento metri si arriva a una rotonda, passata la quale la strada costiera prosegue con il nome di lungomare Cristoforo Colombo. A metà della strada dal Monumento ai Caduti del Mare e la rotonda, alla sinistra della strada parte la via XXIV Maggio lungo la quale, dopo poco più di un centinaio di metri, alla destra della strada al cvico numero 1 si vede l’edificio che ospita la Scuola primaria di via XXIV Maggio. All’interno di questo complesso scolatico è presente anche una Palestra coperta, che non è dotata di tribune per gli spettatori, ed in essa è possibile praticare come disciplina diverse attività ginnico motorie. Il Palazzetto dello Sport Giacomo CabrasProseguendo verso nord lungo il lungomare Silvio Olla, poco dopo la partenza della via XXIV Maggio alla destra della strada si vede l’edificio che ospita il Palazzetto dello Sport di Sant’Antioco che fa anch’esso parte degli impianti del Complesso Sportivo Lungomare. All’interno è presente un capo da gioco dotato di tribune in grado di ospitare 200 spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline pallacanestro, pallavolo, e calcetto ossia calcio a cinque. Il Palazzetto è intestato a Giacomo Cabras, giovane atleta dell’Olimpia Sant’Antioco, a cui la leucemia aveva lasciato un’eredità che lo ha portato a morire nel 2001 all’Ospedale Niguarda di Milano, lontano dagli amici, dai compagni di squadra e dal parquet del Palasport. Le cure che lo avevano salvato dalla leucemia gli hanno lasciato dei problemi che poi si sono aggravati, ed a sfibrarlo è stata una broncopolmonite che gli ha procurato complicazioni cardiache sino a richiedere un trapianto di cuore, ma il cuore che avrebbe potuto salvargli la vita non è arrivato in tempo. Prendendo per le spiagge si trovano le Cantine Sardus PaterRitorniamo sulla via Nazionale. Proseguendo lungo la via Nazionale, passato lo storico ingresso del Campo comunale da calcio, poco più avanti svoltamo tutto a sinistra e prendiamo la via della Rinascita, seguendo le indicazioni per la Polizia Municipale, le Spiagge ed i Carabinieri. Percorsi trecentocinquanta metri, verso l’uscita del paese, si trova alla destra della strada l’ingresso delle Cantine Sardus Pater, le famose Cantine Sociali di Sant’Antioco. Nella piazza Aldo Moro si trova la Chiesa parrochiale della Nostra Signora di BonariaDove dalla via Nazionale parte a sinistra la via della Rinascita, si apre alla destra di questa strada la grande piazza Aldo Moro. Questa piazza ospita la Chiesa di Nostra Signora di Bonaria, che è una delle nuove Chiese parrocchiali di Sant’Antioco. La stotis di questa chesa inizia alla fine degli anni quaranta del Novecento, quando a Sant’Antioco esisteva un magazzino deposito dei lavoratori della Carbonifera. Le maestranze dell’azienda, su richiesta del parroco di allora Monsignor Cavassa, decisero di trasformare quel magazzino in una cappella dedicata alla Madonna di Bonaria, a disposizione della devozione delle famiglie della zona. La cappella è stata poi trasformata in una Chiesa, costruita su progetto dell architetto Angelo Marongiu negli anni novanta del secolo scorso. La facciata principale si presenta alla stregua di un paramento murario non direttamente connesso con l’edificio religioso che, nella veduta frontale, dissimula in gran parte grazie al suo sviluppo orizzontale e all andamento ad arco ribassato della sua porzione superiore. Si caratterizza per la presenza dell ampio e profondo spazio ricavato al centro, entro il quale collocato l’ingresso alla Chiesa. Sul lato sinistro della facciata ricavato un pulpito, e sul medesimo versante, in posizione sopraelevata e arretrata, posizionato l’originale campanile. Da segnalare anche il prospetto laterale sinistro della Chiesa, le cui aperture anticipano uno dei tratti distintivi degli interni, improntati ad una luminosit diffusa. Dal punto di vista planivolumetrico l’aula in senso stretto si sviluppa su una pianta quadrangolare coperta da falde lignee convergenti al centro, il cui estradosso assume la struttura di una piramide i cui lati risultano solcati, al centro, da prese di luce continue. Presso questa Chiesa, il giovedì che precede la prima domenica di settembre si svolge, per quattro giorni, la Festa di Nostra Signora di Bonaria, patrona dei marinai, che raggiunge il suo culmine la domenica. Si tratta di una Festa molto sentita sin dai tempi in cui il rione era abitato dalle famiglie degli operai della Carbonifera, da cui aveva preso il nome. Ricco il programma dei festeggiamenti religiosi e civili, organizzati dal Comitato della Festa e dalla parrocchia. Il nostro soggiorno a Sant’AntiocoNei nostri soggiorni a Sant’Antioco abbiamo alloggiato più volte in via Nazionale nel simpatico Hotel Moderno, situato al centro del paese. Da dove avevamo preso la via della Rinascita, proseguiamo invece dritti, con la via Nazionale che ci porta nel centro del paese, dopo circa duecentocinquanta metri vediamo, alla sinistra della strada al civico numero 82, l’Hotel Moderno nel quale abbiamo soggiornato spesso nelle nostre permanenze a Sant’Antioco. Il ristorante Da Achille consigliato dalla Guida MichelinIl ristorante dell’Hotel Moderno, con la sua ottima cucina, si è ormai reso del tutto autonomo rispetto all’Hotel, ed ha assunto il nome di ristorante Da Achille. Si tratta di un ristorante tipico consigliato dalla Guida Michelin. Lungo la via Nazionale si incontra la Chiesa parrocchiale di Santa Maria Goretti Vergine MartireProseguendo lungo la via Nazionale, dopo circa trecento metri vediamo, alla sinistra della strada, la piazza della Repubblica, sulla quale si affaccia la Chiesa di Santa Maria Goretti Vergine Martire che è la seconda Chiesa parrocchiale di Sant’Antioco. La storia di questa Chiesa inizia nel 1947, quando il parroco dell’allora unica parrocchia di Sant’Antioco, preoccupato dell’espandersi del paese verso il porto, si mettono alla ricerca di un locale da adibire almeno a Cappella per l’assistenza spirituale ai nuovi abitanti della periferia del paese. A loro viene concesso un piccolo magazzino usato come deposito attrezzi degli operai della Carbonifera, che diviene la Cappella della zona Acai, dedicata a Nostra Signora di Bonaria, patrona dei marinai. Ma la Cappella si rivela subito molto ristretta, e si provvede alla costruzione di una nuova Chiesa. L’edificio viene terminato nel 1959, e la Chiesa viene completata nel 1966 e dedicata a Santa Maria Goretti. La Chiesa si presenta, esternamente, come una struttura compatta. La facciata, a sviluppo prevalentemente orizzontale, che segue nella parte alta l’andamento leggermente inclinato delle due falde di copertura, ospita nella parte centrale tre ingressi, ciascuno affiancato da agili colonnine su sui sono posti esili archi a sesto acuto, dal portato prettamente decorativo, ed il motivo ritorna, moltiplicato, anche nelle murature che si ergono al di sopra dell’organismo dell’edificio, superiormente alle numerose finestre che illuminano l’interno. Lo spazio ecclesiale si articola sulla base di una pianta rettangolare, nella quale l’ampio spazio della navata centrale è affiancato, lungo le pareti perimetrali, da più stretti e bassi percorsi. La navata confluisce in un luminoso presbiterio, sulla cui parete di fondo nel 1965 Filippo Figari ha realizzato un mosaico rappresentante la Santa titolare della Chiesa inginocchiata in preghiera davanti alla croce circondata di schiere di angeli. In piazza della Repubblica si trova l’agenzia di servizi turistici TuttoSantAntiocoIn piazza della Repubblica, al civico numero 11, si trova la sede dell’agenzia di servizi turistici TuttoSantAntioco. In piazza Italia si trovano i resti della fontana Romana di Sant’AntiocoPassata la piazza della Repubblica, la via Nazionale prosegue con la via Roma. Percorsi poco più di centocinquanta metri, alla destra della strada si apre la grande piazza Italia, con al centro la Fontana Romana o Fonte de Is Solus dove il termine Is Solus potrebbe essere il plurale di Su Solu, ad indicare la sorgente, tanto che Vittorio Angius, nel 1849, chiama la fontana Is Quattru Solus. Si tratta di una depressione con scale di accesso, che doveva essere la testa di un acquedotto o di una falda sorgiva, le cui origini sono molto antiche, forse addirittura precedenti alla conquista romana della Sardegna. Dove attualmente si apre la fonte, a tre metri di profondità rispetto all’attuale livello della piazza, si trovava l’antico piano di calpestio praticabile in età punica e romana. Oggi si vede solo la parte ristrutturata agli inizi del diciannovesimo secolo, dato che i resti antichi si trovano al di sotto del piano della piazza e quindi non sono direttamente visibili. Dall’antichità e sino ai nostri giorni la fontana romana è stata l’unica forma di approvvigionamento idrico per la popolazione. Nella piazza Italia è presente anche una fontana nuova. La ex Stazione ferroviaria di Sant’Antioco
Il corso Vittorio Emanuele nel quale si svolge la passeggiata serale di centinaia di giovani nelle sere d’estatePassata piazza Italia, parte verso sinistra la via Belvedere, mentre noi prendiamo la prosecuzione della via Roma, che è il corso Vittorio Emanuele. Si tratta di un bel viale alberato, nel quale si svolge la passeggiata serale di centinaia di giovani nelle sere d’estate. Il palazzo del MunicipioAll’inizio del corso Vittorio Emanuele, nello slargo chiamato piazzetta Italo Diana, al civico numero 1, si trova sulla destra il Palazzo del Municipio, nel quale sono ospitata la sua sede e gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Si tratta degli uffici del settore Amministrazione, che comprende gli uffici del Sindaco, del Vicesindaco, del Segretario Generale, e dell’Ufficio Stampa; del settore Lavori Pubblici e Appalti; del settore Politiche Sociali; del settore Servizi Amministrativi, che comprende Servizi Demografici e Cimiteriali, Servizio Affari Generali e Politiche della Casa, Servizio Contenzioso, ed Ufficio Protocollo; del settore Servizi al Cittadino, che comprende Servizio Pubblica Istruzione e Servizio Cultura e Beni Culturali, Turismo, Sport e Servizi Museali; del settore Servizi Finanziari, che comprende Servizi Informatici, Servizio Risorse Umane, e Servizio Ragioneria, Tributi, Economato; del settore Servizi per il Territorio, che comprende Servizio Patrimonio e Demanio, Servizio Suape, Commercio Attività Produttive ed Edilizia Privata, del Servizio Urbanistica; del settore Servizi Tecnici e Ambiente, che comprende il Servizio Ambiente, ed il Servizio Tecnico; ed infine del settore Polizia Locale. E la piazzetta è un luogo di incontro di ragazzi e giovani, e la sera luogo di esibizione degli appassionati di hip-hop. Fuori dal palazzo del Municipio vediamo le bandiere europea ed italiana, mentre all’interno, qualche anno fa, abbiamo trovato esposta la bandiera della pace (eravamo nell’estate del 2003, il periodo della guerra americana in Iraq). Proseguendo lungo il corso Vittorio EmanuelePoco più avanti lungo il corso Vittorio Emanuele, siamo entrati per mangiare un gelato nel Bar centrale, e qui abbiamo trovato alle pareti vecchie foto di una mattanza di delfini avvenuta a Sant’Antioco negli anni trenta, quando erano arrivati in quantità tale da distruggere quasi completamente i pesci della laguna, obbligando i pescatori ad organizzare appunto la mattanza. Mentre bevevo al banco, è entrato e si è messo a svolazzare un uccello che ho fotografato appollaiato tra i bicchieri. La grande piazza Umberto dove si tengono in estate numerosi spettacoliProseguiamo quindi per il corso fino a raggiungere, a trecentocinquanta metri dalla piazza Italia, alla grande piazza Umberto, dove si tengono i diversi spettacoli che allietano le serate estive. La visiteremo, visiteremo anche diverse altre strade del centro, come la via Giuseppe Garibaldi che si dirige verso sud est in direzione del Porto Turistico, la via Eleonora d’Arborea che conduce verso ovest e porta fino sulla costa al lungomare Cristoforo Colombo, la via Regina Margherita che si dirige verso nord ovest in direzione della Chiesa parrocchiale. Il Porto Turistico di Sant’AntiocoDa piazza Umberto parte verso sud est la via Giuseppe Garibaldi, la seguiamo per Quattrocentocinquanta metri dove porta sulla costa e sbocca sul lungomare. Verso sinistra parte il lungomare Cristoforo Colombo, verso destra il lungomare Silvio Olla. Di fronte a noi si sviluppa il Porto Turistico di Sant’Antioco una nuova Marina per circa duecento imbarcazioni, con pompa carburante e tutti i servizi più importanti disponibili in banchina. È sede di Circolo Nautico con barche a vela latina per le quali si organizzano importanti regate. Al Porto Turistico si poteva arrivare anche da sud, dal lungomare Silvio Olla, che avevamo visto entrando in Sant’Antioco, e che, in un chilometro e duecento metri, ci porta a raggiungere il lungomare Cristoforo Colombo, sul quale si affaccia il porticciolo. La Chiesa parrocchiale di San Pietro ApostoloDalla piazza Umberto, prendiamo verso destra, in direzione est, la via Eleonora d’Arborea e la seguiamo per duecentocinquanta metri. Si apre sulla destra uno slargo che è la piazzetta San Francesco, prendiamo la strada verso destra nella piazzetta che, in un centinaio di metri, sbocca sulla via Monsignor Salvatore Armeni, lungo la quale, sulla destra, si vede la facciata della Chiesa di San Pietro Apostolo che è una delle nuove Chiese parrocchiali di Sant’Antioco. A questa strada saremmo potuti arrivare dalla via Giuseppe Garibaldi, prendendo, a metà tra la piazza Umberto ed il Porto Turistico, a sinistra la via Monsignor Salvatore Armeni e, in poco più di centocinquanta metri, porta a vedere sulla sinistra la facciata della Chiesa.
Il Monumento ai Caduti in tutte le guerreDalla piazza Umberto, prendiamo verso destra, in direzione est, la via Eleonora d’Arborea e la seguiamo per Quattrocento metri, finché questa strada sbocca sul lungomare Cristoforo Colombo. La prendiamo verso sinistra, ossia in direzione nord e, dopo appena una quarantina di metri, vediamo di fonte al civico numero 63 all’altro lato della strada, ossia alla destra il Monumento ai Caduti in tutte le guerre. Si tratta di un monumento costituito da una lastra di cristallo, sopra la quale sono riportati i nomi dei Caduti della Prima e della Seconda guerra mondiale, e i nomi dei civili morti sotto i bombardamenti. Il retro del monumento si presenta alla destra del lungomare, mentre la sua facciata è leggibile nel lato mare. Gli impianti sportivi delle scuole in via Salvo D'AcquistoPassato il Monumento ai caduti, proseguiamo verso nord lungo il lungomare Cristoforo Colombo e, dopo quasi duecento metri, arriviamo nel punto dove arriva da sinistra la via Salvo D'Acquisto. Prendiamo la via Salvo D'Acquisto e, percorso circa un centinaio di metri, vediamo alla destra della strada, L’ingresso dell’edificio che ospita la sede di via Sanvo D'Acquisto del Liceo Scientifico e Linguistico Emilio Lussu. All’interno di questo complesso scolatico è presente anche una Palestra coperta, che non è dotata di tribune per gli spettatori, ed in essa è possibile praticare come discipline pallacanestro, pallavolo, e diverse attività ginnico motorie. Percorsa un’altra cinquantina di metri lungo la via Salvo D'Acquisto, vediamo alla destra della strada L’ingresso dell’edificio che ospita la Scuola secondaria Antioco Mannai di Sant’Antioco. In questo complesso scolastico si trova un Campo sportivo all’aperto, con fondo in cemento, dotato di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline pallacanestro, pallavolo, e diverse attività ginnico motorie. All’interno di questo complesso scolatico è presente anche una Palestra coperta, che non è dotata di tribune per gli spettatori, ed anche in essa è possibile praticare come discipline pallacanestro, pallavolo, e diverse attività ginnico motorie. Gli impianti sportivi della Scuola primaria di via VirgilioTorniamo in piazza Umberto. Dalla piazza Umberto, prendiamo verso sinistra, in direzione nord ovest, la via Regina Margherita e la seguiamo per duecento metri e, dove la strada curva a sinistra, si apre una piazzetta dalla quale partono verso destra la via Dante Alighieri e la via Virgilio. Subito alla sinistra della via Virgilio, al civico numero 17, si affaccia l’edificio che ospita le Scuole primarie di Sant’Antioco. Nel complesso scolastico si trova un Campo sportivo all’aperto, con fondo in cemento, ed una Pista da atletica, dotati di tribune in grado di ospitare una cinquantina di spettatori, nei quali è possibile praticare diverse attività ginnico motorie. All’interno di questo complesso scolatico è presente anche una Palestra coperta, che non è dotata di tribune per gli spettatori, ed anche in essa è possibile praticare diverse attività ginnico motorie. In piazza Alcide De Gasperi si trova il Palazzo del CapitoloDalla piazza Umberto prendiamo verso sinistra, in direzione nord ovest, la via Regina Margherita, che è la prosecuzione della via Eleonora d’Arborea. La seguiamo per trecentocinquanta metri fino a che questa strada sbocca sulla piazza Alcide De Gasperi sulla quale, alla sinistra al civico numero 1, si affaccia il Palazzo del Capitolo.
La Basilica di Sant’Antioco Martire con le catacombe paleocristianeArrivati nella piazza Alcide De Gasperi, si apre alla sinistra la piazza della Parrocchia, sulla quale alla sinistra della strada, si trova la Basilica di Sant’Antioco Martire, che è anche la prima e la principale Chiesa parrocchiale di Sant’Antioco, dedicata al Santo patrono della Sardegna. La Chiesa ha ricevuto l’appellativo di Basilica Minore, denominazione onorifica che il papa concede a edifici religiosi particolarmente importanti attribuendovi il rango di basilica. Sulci è stata anche sede episcopale, attestata a partire dal 484, quando il suo vescovo Vitalis partecipa al Sinodo di Cartagine. Il primitivo Martyrium, realizzato sulla tomba del Santo, era un semplice edificio con pianta a croce allungata ed a simmetria accentrata. La prima menzione del Monasterium Sancti Antiochi risale al 1089, quando Salusio II de Lacon-Gunale, giudice di Cagliari, dona la Chiesa di Sant’Antioco ai monaci beneddettini dell’Abbazia di San Vittore di Marsiglia. Le aggiunte delle absidi del 1089 e del 1102 si devono ai monaci Vittorini di Marsiglia. Nel 1102 la Chiesa, ristrutturata, viene riconsacrata dal vescovo sulcitano Gregorio, ed, entro il 1218, la cattedra vescovile di Sulci viene traslata a Tratalias. L’impianto originario della Chiesa era quello di una Chiesa altomedioevale cruciforme, come si deduce anche dai materiali scultorei che sono ora collocati nell’ingresso laterale e nella Cripta del Santuario, che era a pianta centrale, con quattro bracci voltati a botte e corpo centrale cupolato. Oggi l’edificio prospetta la piazzetta antistante con una facciata timpanata dalla struttura semplice, scandita, in senso verticale, da tre specchi, di cui i due piĂą esterni, dalle dimensioni assai contenute, appaiono raccordati a quello centrale mediante piccole porzioni murarie che simulano e ricordano volute laterali. La porzione centrale contiene il portale di accesso sormontato, a sua volta, da un timpano appena accennato nelle sue porzioni estreme e da motivi decorativi realizzati a rilievo sulla muratura, ed immediatamente al di sopra è ricavato un oculo finestrato di forma ovale. Internamente l’edificio presenta una struttura articolata, la cui complessità planimetrica è dovuta alle numerose modifiche intervenute nei secoli. Presenta un impianto longitudinale con aula centrale dotata di transetto e affiancata, su entrambi i lati, da una sequenza di spazi dall andamento irregolare, parzialmente aperti gli uni sugli altri, che, nel complesso, possono essere considerati alla stregua di navate secondarie. Sul versante di fondo del transetto si innesta centralmente il profondo presbiterio absidato, sopraelevato rispetto all aula. Sul lato sinistro, invece, mediante un ingresso centinato, si apre uno spazio parallelo a quello del presbiterio, e posto in diretto collegamento con questo, di dimensioni inferiori e concluso, a sua volta, da una piccola abside. Nella porzione destra del transetto è posto L’accesso alle sottostanti catacombe. Per quanto riguarda le coperture, l’edificio è connotato dalla presenza di volte a botte in pietra, ed all’incrocio dei suoi bracci si innalza il tamburo a pianta quadrata con quattro finestrelle, in cui si inscrive la base della cupola emisferica realizzata con blocchetti di arenaria. Nella struttura del tamburo sono inoltre da rilevare le quattro scuffie a quarto di sfera, contraddistinte dalla presenza di mensole dalla singolare decorazione simbolica a zampa di leone rovesciata. Il pavimento è stato realizzato ex novo, in occasione del recente restauro, in lastra di calcare sardo. Nel Seicento e nel Settecento vengono aggiunte la prima campata e la facciata. Con l’aggiunta delle navate laterali e dei due vani absidali, ne è derivata l’attuale pianta longitudinale, con aula a tre navate ed altrettante campate, transetto largo quanto l’aula, e con l’abside affiancata da un’abside minore, relativa a un vano quadrangolare affacciato, con due arcate, sul capocroce e sul braccio sinisto del transetto. La facciata della Chiesa è stata modificata nel tempo, e vedendola non ci si aspetterebbe di trovare il suo interno, del tutto intatto, nell’originale stile romanico con elementi bizantini. Sotto la Chiesa si trovano le Catacombe paleocristiane una necropoli che costituisce la testimonianza più antica del Cristianesimo in Sardegna. Il sito è stato realizzato nel quarto o quinto secolo, mettendo in comunicazione tra loro diverse camere funerarie puniche del quinto secolo avanti Cristo, ed il tutto perché i primi membri della nuova comunità cristiana potessero essere sepolti il più vicino possibile alla tomba di Sant’Antioco. La Cripta viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, perché in una Cripta del Cimitero catacombale, nel 1615, sono state rinvenute le presunte spoglie del Santo, e sul luogo del loro rinvenimento è stato eretto il Santuario a lui dedicato. Le spoglie sono attualmente conservate in un reliquiario nel Santuario di Sant’Antioco, reliquiario di età barocca a due scomparti, nello scomparto superiore si trova il teschio del Santo, in quella inferiore altre ossa del corpo. La statua del Santo, che si posiziona al suo interno, viene portata in processione in occasione della Sagra patronale.
La pista di pattinaggio comunaleDalla piazza della Parrocchia, prendiamo in direzione sud ovest, la via Francesco Ignazio Manno, la seguiamo per quasi Quattrocento metri, finché arriviamo a una rotonda dove prendiamo la prima uscita che ci porta sulla via Giacomo Matteotti che si dirige verso sud. Dopo centocinquanta metri vediamo, alla destra della strada la Pista di pattinaggio comunale, con una Pista da pattinaggio dotata di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori, nella quale è possibile praticare pattinaggio a rotelle. Al centro della pista è presente un Campo da hokey, nel quale è possibile praticare anche hokey. Gli impianti sportivi del Liceo Scientifico di via BolzanoLa via Regina Margherita ci aveva porati in piazza Alcide De Gasperi. Qui prendiamo la sua prosecuzione che è la via Calasetta, la seguiamo per duecento metri poi prendiamo leggermente a destra la via Bolzano e, dopo altri duecento metri, vediamo alla destra della strada gli edifici che ospitano il Liceo Scientifico Emilio Lussu. All’interno di questo complesso scolastico è presente una Palestra coperta, senza tribune per gli spettatori, nella quale è possibile praticare come discipline pallacanestro, pallavolo, calcetto ossia calcio a cinque, e diverse attività ginnico motorie. Il Cimitero Comunale di Sant’AntiocoSempre da piazza Umberto, prendiamo verso sinistra la via Regina Margherita, che è la continuazione della via Eleonora d’Arborea. La seguiamo per circa duecento metri, poi prendiamo a destra la via Dante Alighieri, dopo centoventi metri questa strada termina in uno slargo, dove continuerebbe sulla via Benedetto Croce. Allo slargo si trova per prima a sinistra la via Giosuè Carducci, la evitiamo e prendiamo la seconda a sinistra, che è la via dei Pini, la seguiamo per duecento metri, e vediamo alla destra della strada l’ingresso del Cimitero Comunale di Sant’Antioco. All’interno del Cimitero Comunale estremamente significativa è la monumentale tomba del Maresciallo Capo dell’Esercito Silvio Olla, di Sant’Antioco, caduto a soli 32 anni in missione di pace. Era il 12 novembre del 2003 quando un attacco kamikaze nella base Maestrale di Nassiriya, in Iraq, fece ventotto vittime, di cui diciannove italiane. Tra queste, anche Silvio Olla. Da allora, il 12 novembre di ogni anno si celebra il ricordo dei caduti di Nassiriya, e la cittadina di Sant’Antioco ricorda il suo martire per la pace. Visita dei numerosi resti archeologici e storici presenti all’interno del paeseVisitiamo, ora, la Sant’Antioco archeologica e storica. Sant’Antioco è stato un importante centro di commercio fenicio, poi occupato dai Cartaginese e successivamente, con il nome di Sulci, dai Romani che vi iniziano le attività estrattive. È possibile effettuare una visita guidata che porta a vedere, dopo il fortino sabaudo, il tophet fenicio, la necropoli punica, il villaggio ipogeo, e gli altri resti archeologici. Nella nostra visita al paese di Sant’Antioco possiamo vedere dall’esterno anche alcune strutture murari della città antica, in un’area nella quale furono rinvenuti i due leoni un tempo posti all’ingresso della città. Il fortino sabuado chiamato anche forte Su PisuLungo la via Regina Margherita, subito prima di arrivare in piazza della Parrocchia, prendiamo verso destra la via Castello, e, in un centinaio di metri, raggiungiamo su un piccolo colle alto una sessantina di metri il Fortino Sabaudo, chiamato anche Forte Su Pisu o Sa Guardia de Su Pisu. All’epoca l’isola di Sant’Antioco era costantemente minacciata dalle incursioni dei pirati saraceni che, partendo da Tunisi, facevano razzia nei villaggi poco difesi della costa sarda. La struttura militare, di duecentosettanta metri quadri, è stata edificata tra il 1813 ed il 1815 per difesa contro gli attacchi dei pirati saraceni. Nell’ottobre del 1815, il Bey di Tunisi, in crisi per la scarsità dei raccolti di grano, invia una flotta di quindici navi che prendono d’assalto il villaggio di Sant’Antioco. Il comandante degli Artiglieri di Sardegna, Efisio Melis Alagna, insieme ai suoi soldati ed a volontari sardi, oppone una strenua resistenza, che però risulta vana per la scarsezza delle munizioni e per il numero dei nemici. Le mura del fortino vengono prese d’assalto, il fortino viene espugnato, ed i Tunisini portano in patria come bottino 133 prigionieri, mentre Melis e i suoi soldati preferiscono la morte alla schiavitù. Nel luogo dove è stato costruito il fortino Sabaudo si trovavano allora le mura puniche, per la cui costruzione era stato in parte demolito un nuraghe. Nella seconda metà degli novanta del secolo scorso, il fortino Sabaudo ha subito un restauro ed in seguito è stato inserito nel tour delle aree archeologiche di Sant’Antioco. Visita del Tophet fenicioA Sant’Antioco è d’obbligo una visita al Tophet fenicio, ossia il limbo dei bambini perduti, dal quale iniziamo la nostra visita ai siti archeologici presenti all’interno dell’abitato. Subito prima di arrivare in piazza della Parrocchia, prendiamo verso destra la via Castello, la seguiamo per Quattrocento metri, fino in fondo, e troviamo proprio di fronte l’ingresso del Parco archeologico, all’interno del quale si trova il Tophet fenicio. Verso nord, ad ovest della strada, si può vedere un’area all’aperto appoggiata su una collina di roccia trachitica, da sempre indicata dalla gente del posto come Sa Guardia de Is Pingiadas, ossia la Vedetta delle Pignatte o la Collina delle Pentole, a causa della gran quantità di urne cinerarie in essa recuperate. Ai piedi tale roccia, ad ovest della strada di accesso, si trova un recinto quadrangolare di età punica, che include quello più piccolo di età fenicia nel quale sono state ritrovate le urne. Più a sud, ad est della strada, si trova un recinto molto più grande, rettangolare, costituito da blocchi trachitici bugnati, che delimita verso sud l’intero Tophet, e costituisce un fortilizio di età punica edificato a difesa dell’area quando, nel quarto secolo avanti Cristo, sono state erette le fortificazioni.
Il Tophet è stato attivo dall’ottavo al primo secolo avanti Cristo ed è il più importante di tutta la Sardegna ed uno dei principali al mondo, dato che solo quello di Cartagine è ad esso superiore come numero di urne e steli funerarie. Nel Tophet sono stati rinvenuti ben 3250 vasi di terracotta contenenti i resti bruciati di bambini, a volte accompagnati da piccoli animali domestici, ed oltre 1500 steli funerarie. Gli scavi proseguono dato che in gran parte è da portare alla luce, e si pensa esistano ancora almeno 2000 urne da disseppellire. Sulla collina viene oggi riproposto lo stato del Tophet al momento degli scavi, dato che i vasi di terracotta lì presenti sono solo ricostruzioni, tranne qualcuno originale che si vede affiorare dalla terra. In base ai resoconti degli antichi Romani, che però ne erano avversari e quindi ne davano un giudizio non certo imparziale, si è ritenuto che si trattasse dei sacrifici cruenti dei primogeniti delle più alte classi sociali, per dimostrazione che gli avversari dei Romani erano incivili e crudeli. Ma una interpretazione storica più attendibile porta ad escludere questa interpretazione, dato che si ritiene improbabile che, in un’epoca nella quale solo una minima percentuale dei bambini sopravviva alle malattie della prima infanzia ed arrivava alla maggiore età, venissero offerti in sacrificio i primogeniti, e soprattutto quelli delle famiglie più abbienti. Da analisi effettuate in questi ultimi anni proprio sui reperti del Tophet di Sant’Antioco, si è però visto che molti erano aborti, per cui oggi si tende a ritenere che in gran parte si sia trattato proprio di aborti o di morti premature avvenute prima delle cerimonie di iniziazione. I piccoli animali domestici venivano probabilmente sacrificati alla divinità per scongiurare il ripetersi di un simile luttuoso evento, e la stele funeraria veniva portata sul posto per ringraziare la divinità dopo la nascita di un nuovo figlio. I resti della necropoli punica in localtà Is PirixeddusDal cancello di accesso al Tophet, riprendiamo all’indietro la via Castello che ci porta verso il forte Su Pisu. Poco più avanti, passata la deviazione a destra nella via della necropoli, alla sinistra della strada si vede il cancello di accesso ai resti della Necropoli punica di Is Pirixeddus. Gli antichi abitanti punici di Sulky, attuale paese di Sant’Antioco, usavano seppellire i loro morti presso la necropoli, che, all epoca, era ubicata fuori dal centro abitato e le cui tombe venivano scavate su un colle roccioso, come era tipico per i punici e come accadeva anche a Cartagine e a Cagliari. Quella di Sant’Antioco, tra le necropoli di età punica in Sardegna, è la più importante per la vastità dell’impianto funerario, per la complessità architettonica e per i reperti archeologici rinvenuti nelle tombe durante gli scavi. L’estensione delle necropoli, che si sviluppa tra la via Castello ad est, la via Giosuè Carducci ad ovest, ed a sud la scalinata dei Due Leoni che porta alla Scuola elementare di via Virgilio, era in origine di oltre sei ettari. Considerando che in media ogni tomba occupava 40 metri quadrati, si può valutare che il numero di ipogei fosse di circa 1.500, ed, in base a ciò, la popolazione allora residente può essere stimata in circa 9.000 o 10.000 abitanti, e quindi l’antica Sulky si può considerare tra le città pinoche più popolose ed estese del Mediterraneo. In età punica, il rito funebre era soprattutto quello dell’inumazione, ma esistono anche testimonianze successive attribuibili al rito d’incinerazione. Sono presenti numerose tombe a camera ipogeica, alle quali si accedeva da un ingresso a scalinata, ed alcuni rari esempi di tombe a fossa con copertura a lastre di tufo. Le tombe sotterranee sono spesso disposte a profondità differenti, a causa della quantità di tombe già esistenti, che hanno portato, nel tempo, a scavarle a profondità sempre maggiore. Quello che noi conosciamo oggi, che è ancora visibile e in parte almeno visitabile, è ciò che rimane della necropoli punica, che ebbe una vita compresa tra il settimo ed il terzo secolo avanti Cristo circa. Ho visitato la necropoli molti anni fa, ma da una ventina di anni è purtroppo chiusa per restauri, comunque è stata riaperta gli ultimi anni. Per vedere una necropoli punica ben conservata conviene comunque, oggi, recarsi al monte Sirai, vicino a Carbonia, dove si trova la necropoli che abbiamo già visitato in una tappa precedente. I resti dell’Acropoli della città punica
Vicino all’Acropoli della città punica si trovano i resti di un tempio romano
Il rinvenimento dei Leoni di Sulci
Il Villaggio IpogeoCi possiamo fare un’idea di come fossero le tombe ipogeiche scavate tra il sesto e il terzo secolo avanti Cristo dai Cartaginesi, visitando quello che viene chiamato il Villaggio Ipogeo. Ritornati nella piazza della Parrocchia, proseguiamo lungo la via Calasetta, che è la prosecuzione della via Regina Margherita, e che uscirà dall’abitato con il nome di SS126 Diramazione e condurrà al paese di Calasetta. Percorsa sulla via Calasetta qualche decina di metri, prendiamo a destra la via della necropoli, che costeggia il versante occidentale della collina sormontata dal fortino Sabaudo. Lungo questa strada, soprattutto alla destra, vediamo i resti di queste tombe, dato che gran parte delle camere funerarie scavate nel tufo sono state nel tempo riadattate ad abitazioni, spazi di lavoro e magazzini dagli abitanti di Sant’Antioco. La sua origine risale al Medioevo, quando l’isola di Sant’Antioco viene attaccata e saccheggiata dai Saraceni, parte degli abitanti si trasferisce verso luoghi più tranquilli come Iglesias, mentre i pastori e gli agricoltori rimasti sul posto profanano le tombe puniche, che rimangono nascoste agli occhi degli invasori, e le trasformarono in abitazioni. Le tombe trasformate vengono chiamate Is Gruttas, ed i loro abitanti Is Gruttaiusu. Ancora negli anni trenta del secolo scorso dimoravano nelle grotte circa 700 persone, come attestano le relazioni di medici e ingegneri conservate nell archivio storico. A metà degli anni novanta del Novecento un progetto portato avanti dall Amministrazione Comunale ha permesso il recupero di queste grotte e la realizzazione del Villaggio Ipogeo, uno dei siti tra i più visitati dell intero percorso archeologico e storico. Come già detto, altre tombe ipogeiche scavate tra il sesto e il terzo secolo avanti Cristo dai Cartaginesi, si trovano sotto la Basilica dedicata a Sant’Antioco, con accesso dall’interno della Chiesa, e, nei primi secoli del Cristianesimo, sono state poste in comunicazione tra loro e riadattate come catacombe cristiane. I pochi resti della necropoli romanaNon vi sono molti resti della Necropoli romana. È detto già dall’epoca repubblicana siano state riutilizzate le tombe ipogeiche puniche, in cui vengono deposte le urne dei cremati, pratica molto comune nel secondo secolo avanti Cristo, ma che si è andata riducendo in quello successivo. In Età Imperiale, la necropoli romana continua ad occupare l’area delle tombe puniche a nord dell’abitato moderno, e si sovrappone a queste. I resti del CronicarioDalla piazza della Parrocchia prendiamo la via Regina Margherita in direzione della piazza Umberto, dopo duecentotrenta metri deviamo verso sinistra nella la via Camillo Benso di Cavour, e, dopo un’ottantina di metri, prendiamo a sinistra la via Massimo d’Azeglio. Seguita per un’ottantina di metri, vediamo, alla destra della strada, l’area archeologica del Cronicario scoperta nel 1983, quando L’attività di ristrutturazione di un vecchio edificio costruito negli anni cinquanta per l’edificazione di un Cronicario con annessa capella e giardino, ha portato al rinvenimento dei primi resti del sito che ha restituito le attestazioni più antiche dell’abitato dell’antica Sulky. La prima fase ha restituito livelli di occupazione neolitica, riferibili a un villaggio di Cultura Ozieri testimoniati essenzialmente da materiali ceramici. Attorno ai primi decenni dell’ottavo secolo avanti Cristo l’area viene occupata dai Fenici che vi installano un insediamento costituito da un quartiere abitativo organizzato a terrazze seguendo la naturale pendenza del terreno in senso da ovest ad est. I resti delle strutture si inseriscono all’interno di due strade, in cui si conservano ancora i pozzetti per la raccolta dell’acqua piovana, che si intersecano ad angolo retto indicando che il tessuto urbano doveva essere disposto in modo ortogonale. I resti murari individuati permettono di ricostruire una serie di semplici ambienti rettangolari e quadrangolari, continuamente replicati, costituiti da uno zoccolatura di base in pietre di dimensioni medio piccole legate con malta di fango su cui si elevano gli alzati costruiti in mattoni crudi coesi con malta di fango e intonacati con cenere e calce. I pavimenti sono realizzati con terra pressata e compattata con tritume di tufo e argilla. Insieme agli ambienti originariamente coperti sono stati identificati anche spazi aperti, interpretati come cortili, dotati di un pozzo per l’approvvigionamento dell’acqua necessaria agli usi domestici dato che a circa sei metri di profondità scorre ancora oggi una falda di acqua dolce. Tra gli ambienti indagati, la maggior parte ad uso residenziale, alcuni erano adibiti a impianti produttivi relativi a prodotti alimentari, come sembrano attestare le consistenti tracce di lavorazione e conservazione del tonno e di altri pesci comprovate dai dati di scavo. La presenza di ceramica fenicia arcaica, anche orientale, rinvenuta in quantità considerevole nei vari livelli di vita dell’abitato, unitamente all’associazione con vasellame greco tardo geometrico, consente di inserire Sulky nell’ambito della prima ondata di colonizzazione fenicia dell’Occidente. In età punica l’area mantiene l’originaria funzione abitativa. Successivamente, tra la fine del terzo secolo ed il primo secolo dopo Cristo, il sito è interessato dalla presenza di un settore dell’abitato romano edificato ai lati di due strade. Relativi a questa fase sono alcuni ambienti adibiti a uso residenziale, altri a impianti produttivi di prodotti alimentari, ed un luogo di culto attestato dal rinvenimento di una statua marmorea femminile panneggiata e di numerosi frammenti di coroplastica riferibili a statuette femminili panneggiate e a protomi muliebri accostabili iconograficamente alla dea Demetra. Dal 2000, a più riprese, gli scavi nell’area continuano in collaborazione con L’Università degli Studi di Sassari sotto la direzione di Piero Bartoloni. I resti della tomba romana di Sa Presonedda chiamata anche Sa Tribuna
I musei nell’abitato di Sant’AntiocoIniziamo, ora, la visita degli importanti musei di Sant’Antioco, partendo dal Museo Archeologico, per poi visitare il Museo Etnografico, ed una visita al Museo del Bisso di Chiara Vigo. Faremo anche un’intervista a Chiara Vigo, l’ultima tessitrice del bisso, la seta di mare che tanto importante è stata per i Fenici e per i Caldei. Chiuderemo con una visita al Il MuMA ossia al Museo del Mare e dei Maestri d’Ascia. Il Museo Archeologico Comunale
Altri vasi e steli funerarie rinvenuti a Sant’Antioco, oltre a reperti del periodo punico e romano, li possiamo vedere al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari uno dei più completi e meglio organizzati musei d’Italia. Il Museo è intestato a Ferruccio Barreca, studioso e archeologo di fama mondiale nato a Roma nel 1923, che è stato un instancabile ricercatore ed animatore degli studi Fenici e punici in Sardegna. Considerato il grande archeologo dei Fenici, per vent’anni è stato Soprintendente ai Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e docente di archeologia fenicio punica nell’Università di Cagliari. Il Museo Etnografico di Sant’Antioco
Il Museo del Bisso dove nelle mani di Chiara Vigo sopravvive la tradizione della tessitura del bisso
Della sua lavorazione ci parla Chiara Vigo l’ultima erede delle antiche tessitrici di bisso, che ne ha appreso il segreto dalla nonna e lo tramanderà a sua volta alla figlia Maddalena. Nel mare dell’isola cresce e si sviluppa, in fondali da 3 a 5 metri, la Pinna Nobilis Setacea, che solo a maggio è possibile sollevare dal fango per tagliarne il bioccolo di seta, facendolo possibilmente solo da animali anziani e nella quantità minima necessaria a tramandare la tradizione. La fibra viene dissalata nello stagno di Santa Caterina, la cui salinità è inferiore a quella marina, aggiungendo di tanto in tanto acqua dolce, in modo da non ridurre drasticamente la salinità per non irrigidirla, il che la renderebbe non più cardabile, e viene quindi asciugata all’ombra. Dalla cardatura con un cardo a spilli si ottiene una specie di bambagia setosa, scura al buio ma dorata alla luce del sole. Viene quindi filata ed il filato viene messo su una spola di canna, con la quale si passa alla tessitura, per la quale Chiara usa ancora oggi un telaio a tavola, che ci ricorda essere stato il modo più antico di tessere, perché la donna poteva portare la tavola sempre con se ovunque andasse. Il colore dorato dei tessuti più importanti si ottiene schiarendolo in un bagno di limone. Così Chiara ha fatto per il suo lavoro più noto, il Leone di Tiro, che ha dedicato a tutte le donne del mondo, al cui silenzioso lavoro nessuno da il giusto riconoscimento. E nel salutare e ringraziare Chiara Vigo per il tempo che ci ha dedicato, ricordiamo i tanti riconoscimenti che ha ricevuto per la conservazione di un’arte antica che senza di lei sarebbe andata persa. Che porta avanti con amore, sempre disposta a realizzare e donare un suo lavoro a qualsiasi Museo che voglia esporlo per raccontare ai giovani le antiche tradizioni. Il MuMA ossia Museo del Mare e dei Maestri d’Ascia
La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, racconteremo i resti archeologici presenti nell’isola di Sant’Antioco, per poi recarci a visitare le Coste e spiagge presenti sull’isola di Sant’Antioco ed appartenenti al comune di Sant’Antioco. | |||||
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