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Le principali festività in Sardegna, il Carnevale, la Pasqua, esibizioni a cavallo, canto, poesia e ballo tradizionale


Costumi: Storia, linguaggio e prospettive del vestire in SardegnaGioielli: Storia, linguaggio, religiosità dell’ornamento in SardegnaIn questa pagina descriveremo le principali Manifestazioni tradizionali della Sardegna che sono le manifestazioni religiose, le celebrazioni della Settimana Santa, ed in particolare, nella Barbagia, sono quelle legate al Carnevale, diverse da una località all’altra. Nelle diverse manifestazioni è possibile ammirare i costumi tradizionali delle varie località della Sardegna, che vengono descritti nel volume Costumi: Storia, linguaggio e prospettive del vestire in Sardegna; ed è anche possibile ammirare i gioielli che impreziosiscono l’abbigliamento femminile, che vengono descritti nel volume Gioielli: Storia, linguaggio, religiosità dell’ornamento in Sardegna.

Le principali festività religiose e civili in Sardegna

In Sardegna ci celebrano il Capodanno, chiamato Cabuannu o Primu dii de annu, e l’Epifania, indicata con il nome di Paschinùnti o anche di Is tres Urreis. il 17 gennaio si svolge la Festa di Sant’Antoni ’e su Fogu, ossia di Sant’Antonio Abate e del suo fuoco, che in Sardegna inizia tradizionalmente i festeggiamenti del Carnevale, chiamato Carrasciale o Carraxali. Seguono le festività della Pasqua, chiamata Pàsca Manna, ed il 28 aprile Sa die de Sa sardigna, ossia Il giorno della Sardegna. Cinquanta gironi dopo la Pasqua si celebra la Pentecoste, che viene indicata come Pàsca Rosada. Il 15 agosto si celebra il Ferragosto, detto Sa die de Nostra Segnora de Mesagustu. Il primo novembre si celebrano OgnisSanti, chiamati Totu sos Santos o Sa dii de totu Is Santos, ed il 2 novembre si svolge la commemorazione dei defunti, detta Totu sos Antepassàdos o anche Sa dii de Is Mortus. In alcune località della Sardegna, l’8 dicembre si festeggia l’Immacolata Concezione, che viene qui chiamata Sa die ’e Sa Purissima, con diverse cerimonie religiose. Come in tutti i paesi cattolici, il 25 dicembre si celebra il Natale, detto Nadale o Paschixedda, ed il 26 dicembre la Festa di Santo Stefano o Santu Istèvani. In alcune parti della Sardegna si svolgono alcune feste civili, come l’8 marzo la Festa della donna, ossia la Fèsta de sas Fèminas; il 19 marzo la Festa del Papà, chiamata anche Fèsta de su Babu; il primo maggio la Festa del lavoro, Fèsta de su Traballu, ed il 13 maggio la Festa della Mamma, chiamata Fèsta de Sa Mama.

La Festa di Sant’Antonio Abate

Orotelli-Falò di Sant’Antonio e la prima uscita dei ThurposIn tutti i paesi il 17 gennaio si svolge la Festa di Sant’Antoni ’e su Fogu ossia di Sant’Antonio Abate e del suo fuoco, che in Sardegna inizia tradizionalmente i festeggiamenti del Carnevale. La sera precedente questa festa, in quasi tutte le località si effettua l’accensione di uno o più grandi falò a ricordo della leggenda, che narra che Sant’Antonio Abate, l’eremita egiziano nato nel 251 e morto nel 357, si sia recato all’inferno per rubare di nascosto il fuoco da donare agli uomini. Scrive Salvatore Cambo su nel suo Miele Amaro che Al tempo che la nostra isola, una delle più antiche del mondo, era ancora tutta gelata e c'’era una sola stagione, ghiaccio in cielo e ghiaccio in terra, e la vita vi dormiva aspettando che uno la risvegliasse, venne in mente a Sant’Antonio, com ’era decretato sin dalla prima creazione del mondo, di scendere all’inferno con un suo bastone di ferula la quale è uno stelo che al fuoco non si arrossa, si annerisce soltanto e continua a bruciare in silenzio (...) scavò una fossa della lunghezza e della larghezza della ferula, seppellì quel fuoco silenzioso (...) da quello stesso momento la terra sorrise, si ridestò dal suo sonno di mille anni, cominciò a germogliare, in poco tempo si popolò d’erbe e d’animali, era primavera: e il sardo saltò a cavallo. L’accensione dei grandi falò è un rito suggestivo ed ancestrale, che trova le sue radici in una religiosità pagana, ed il Cristianesimo ha dovuto, in seguito, accoglierlo nella sua liturgia.

Il Carnevale in Sardegna

Lettura di 'Maschere e carnevale in Sardegna' di Franco Stefano RuiuIl Carnevale in Sardegna chiamato Carrasegare o Harrasehare, o anche Carnervali, è l’unica Festa non collegata alla liturgia cattolica. Si tratta di un Carnevale tragico, lontano dall’allegoria e dai termini burleschi dei carnevali di Viareggio o di Venezia, e difatti il termine Harrasehare si ritiene derivi dal sardo Harre ’e Sehare, vale a dire carne umana fatta a pezzi, fatta a brandelli, proprio come era stato sbranato Dioniso dai Titani. Attraverso questa interpretazione, si voleva ricordare la presenza, in questi riti, di vittime sacrificali, residui di antichi riti pagani propiziatori di morte e rinascita. È una Festa che utilizza i moduli della finzione teatrale, ossia maschere, travestimenti, satira e pantomima grottesca, per ribaltare le forme, i ruoli e le gerarchie della normalità quotidiana.

In Sardegna tradizionalmente il Carnevale inizia il 17 gennaio, con la Festa di Sant’Antonio Abate e l’accensione del suo fuoco. Il Carnevale prosegue con sfilate, balli e canti, ma i festeggiamenti si concentrano soprattutto tra il il giovedì grasso, detto Sa die de lardajolu o Sa dii de Is Arrestus, ed il martedì grasso, chiamato Su Martis de Agoa o anche S’Urtimu Martis de Carnervali. A volte i festeggiamenti proseguono anche il mercoledì delle Ceneri, detto Mercuris de sas Chjinas o anche Mercuri de Cinixu, quando però non si balla più essendo ormai entrati in Quaresima. Il Carnevale sardo fa riferimento ai festeggiamenti che si svolgevano in onore di Dioniso, uno dei più inquietanti dei dell’Olimpo greco, signore dell’irrazionalità e dell’ebbrezza, un dio chiassoso che veniva chiamato anche Bacco, che in greco significa clamore, da cui deriva la parola italiana baccano. Dioniso era legato alla linfa vitale che scorre nei vegetali, linfa che si ritrae durante i mesi invernali per poi tornare a scorrere in quelli estivi, ed infatti a lui erano cari tutti quei frutti ricchi di succo dolce, come l’uva, il melograno o il fico. Non pochi vedono, quindi, nel Carnevale sardo una rappresentazione delle feste dionisiache, che nell’antica Grecia venivano celebrate tra febbraio e marzo, periodo che segnava il passaggio tra inverno e primavera. La morte del dio, nelle sue rappresentazioni come un toro, un cervo o un cinghiale, viene pianta amaramente dalle maschere tetre e luttuose che nelle diverse località accompagnano i festeggiamenti del Carnevale, ma la rinascita è immediata, ed il riferimento è sin troppo chiaro al ciclo delle stagioni.

Nelle varie località della Sardegna la Festa ha caratteristiche diverse, in ogni caso affascinanti, ed i festeggiamenti sono accompagnati dalla distribuzione di fave con lardo, Zippulas ossia frittelle, e abbondante quantità di birra e vino. I festeggiamenti più importanti del Carnevale in Sardegna sono quelli che si svolgono nei Centri barbaricini caratterizzati dalla presenza di ancestrali maschere antropomorfe e zoomorfe, vestite di pelli di capra, orbace e campanacci, che rievocano riti misteriosi, danze propiziatorie e un rapporto stretto tra l’uomo e l’animale. Le maschere potrebbero rappresentare antichi culti pagani, nei quali l’uomo rinnova il suo legame con la terra e con gli altri esseri che la abitano. La maschera, infatti, trasforma chi la indossa in qualcosa d’altro, lo fà trascendere dal suo aspetto materiale per trasferirlo tra il divino e il semi divino, in una rappresentazione dove la purificazione legata alla fine del Carnevale si lega alla speranza di fertilità dell’imminente primavera. Tra le tradizionali maschere del Carnevale barbaricino sono famose, a Mamoiada quelle di Sos Mamuthones, che rappresentano esseri tratti in schiavitù, e Sos Issohadores, i loro dominatori. A Ottana sono famose le maschere di Sos BOes e Sos Merdules, che rappresentano i buoi ed i loro padroni. A Orotelli inoltre, sono famose le maschere di Sos Thurpos, ossia degli orbi.

Il Carnevale di Mamoiada: la vestizione di 'Sos Mamuthones’ e 'Sos Issohadores’ Il Carnevale di Mamoiada: la sfilata di 'Sos Mamuthones’ e 'Sos Issohadores’ Carnevale di Ottana: la sfilata di 'Sos Boes’ e 'Sos Merdules’ Carnevale di Orotelli: la sfilata di 'Sos Thurpos’

Ed inoltre a Fonni le maschere tradizionali sono S’Urthu e Sos Buttudos, l’orso ed i suoi cacciatori; a Ollolai le maschere sono chiamate Sos Bumbones; a Orani le maschere sono Sos Bundos; a Lodè si incontrano Sas Mascaras Nettas, tradizionalmente contrapposte a Sas Mascaras Bruttas; a Lula il protagonista è Su Battileddu, ossia la vittima del Carnevale; a Lodine un fantoccio con una maschera che rappresenta un personaggio che si è messo in evidenza con connotazioni negative. recentemente sono state riscoperte maschere delle quali si era persa la tradizione, ossia ad Austis le maschere di Sos Colonganos e S’Urtzu; a Oniferi La maschera de Su Maimones; a Neoneli sono chiamate Sos Corriolos; a Sorgono Is Arestes con S’Urtzu Pretistu.

La Festa è spesso caratterizzata dal processo e dall’uccisione del Carnevale, quest’ultimo rappresentato da un re o una regina, o da un fantoccio di pezza che viene processato, condannato al rogo e pianto con un ridicolo lamento funebre. E questo rogo riprende i falò che hanno caratterizzato, all’apertura del Carnevale, la Festa di Sant’Antonio Abate. A Tempio Pausania c’è il processo a re Giorgio che dopo il processo viene bruciato in piazza; a Bosa e nel nord della Sardegna la simbologia dei travestimenti è quello di Giolzi; a Samugheo le maschere di Sos Mamutzones con l’uccisione di S’Urtzu; a Olzai le maschere sono Sos Maimones, Sos Murronarzos e Sos Intintos, che portano Su Mammuzzone, un fantoccio chiamato anche Zuanne Martis Sero o Ziu Baga Biu; a Sarule La maschera tipica è detta Sa Maschera a Gattu e prevede il sacrificio di su Maimone; a Ovodda quello del Don conte Forru, che viene accompagnato in processione da Sos Intintos; a Cagliari quello di re Cancioffali; ed in altre località sono presenti altri personaggi ancora.

Nell’Oristanese il fulcro della Festa è costituito dalle esibizioni equestri. A Oristano si svolge la Sartiglia, durante il quale i cavalieri devono infilare in corsa una stella di metallo, auspicio di buon raccolto; a Santu Lussurgiu si svolge Sa Carrela ’e Nanti, nella quale i cavalieri mostrano il loro valore, coraggio e abilità sfidandosi in corse temerarie per il centro cittadino; a Ghilarza come in molti altri comuni dell’oristanese si svolge Sa Cursa a Sa Pudda. Del tutto particolare è il Carnevale di Gavoi caratterizzato da Sa Sortilla ’e Tumbarinos, ossia l’uscita in strada di centinaia di tamburini.

I riti della Settimana Santa e della Pasqua in Sardegna

Lettura di 'I riti della Settimana Santa in Sardegna' di Franco Stefano RuiuNella tradizione della Sardegna la Festa della Pasqua, chiamata Sa Pasca Manna ossia la Pasqua grande, supera per importanza e per solennità lo stesso Natale, che viene chiamato Sa Paschixedda, ossia la piccola Pasqua. I riti della Chida Santa ossia della Settimana Santa, detta anche Decimoida Santa si richiamano a tradizioni molto antiche, originarie sia del Campidano che del Logudoro e della Barbagia; ma risentono soprattutto delle forti influenze lasciate alla fine del seicento dalla dominazione spagnola sull’Isola. Durante la Settimana Santa si svolgono processioni ed altri momenti corali particolarmente sentiti, che richiamano fedeli e turisti in varie località dell’isola per assistere ai riti di grande forza espressiva e suggestione. Un ruolo particolare nell’organizzazione di tali riti svolgono le Confraternite, associazioni di laici che, indossando un abito caratteristico, si dedicano a pratiche di culto nella chiesa o nell’oratorio della Confraternita durante tutto l’anno, ed in particolare curano le rappresentazioni della Settimana Santa, sfilano nei loro costumi ed eseguono i canti religiosi, spesso in latino ed anche in sardo, le cui origini risalgono anche al periodo medioevale.

Castelsardo: i riti della Settimana SantaLe cerimonie differiscono per le diverse località, ma quasi tutte sono imperniate in momenti assai simili. La Domenica delle Palme, detta Domingu de Prama si svolge la processione Sas Prammas, ossia processione delle Palme. A Castelsardo il Lunedì Santo si svolge una imponente processione, detta appunto processione del LunisSanti, che costituisce il centro delle cerimonie della Pasqua. Il Giovedì Santo, legate le campane in segno di lutto, c’è l’allestimento di Sos Sepurcros ossia dei cosiddetti Sepolcri all’interno delle Chiese. La sera si celebra in molte località la Messa in Coena Domini, in ricordo dell’istituzione dell’Eucarestia, nel corso della quale in alcune località si svolge la cerimonia della Lavanda dei piedi. Sempre il Giovedì Santo o la mattina successiva, hanno luogo Sas Chilcas, le ricerche, il cui nome sta ad indicare il simbolico peregrinare della Vergine alla ricerca del figlio sofferente. In giorni diversi a seconda della località si svolge la Processione dei Misteri, manifestazione religiosa che si caratterizza per la presenza di simulacri lignei rappresentanti diversi momenti della passione di Cristo, che vengono portati ciascuno in una chiesa. Le processioni sono accompagnate da preghiere ed in molti casi dal suono delle Matraccas, tavolette di legno dotate di una parte dentellata che producono rumore, e di altri strumenti, che sostituiscono le campane che riprenderanno a suonare solo dopo la resurrezione. In seguito, il Venerdì Santo, si svolge il toccante rito della crocefissione, noto anche con il nome di S’Iscravamentu. II Sabato Santo è caratterizzato dal rito de Su Scravamentu ossia la deposizione dalla croce del Cristo morto ed il posizionamento del suo corpo nel sepolcro. A mezzanotte, sciolte le campane, avviene l’uscita del Cristo risorto e la prima messa pasquale. La Domenica di Pasqua si svolge il rito de S’Incontru ossia l’incontro tra la statua di Gesù risorto e della Madonna, per le vie dei diversi paesi. L’episodio, che non è riportato nei Vangeli, è molto caro alla tradizione popolare sarda. Quasi ovunque i festeggiamenti proseguono il Lunedì dell’Angelo, chiamato in Sardegna Lunis de Pasca, con pranzi ed abbondanti bevute per festeggiare la Pasqua.

I Riti della Settimana Santa si svolgono in quasi tutte le località della Sardegna, ma le celebrazioni più antiche sono quelle di Castelsardo spettacolari, come quelle di Alghero Cagliari e Iglesias. Degni di nota sono anche i riti che si svolgono a Aidomaggiore Bortigali Bosa Cuglieri Desulo Domusnovas Oliena Oristano Orosei Santu Lussurgiu Sarule Sassari Scano di Montiferro Villacidro. Di essi si parla a lungo nelle pagine dove queste località vengono descritte.

Sa Die de Sa sardigna

28 aprile: Sa die de Sa sardignaIl 28 aprile di ogni anno si festeggia Sa Die de Sa sardigna ossia Il giorno della Sardegna. Si tratta di una Festa istituita dal Consiglio regionale il 14 settembre 1993 come Festa del popolo sardo, a ricordo dei cosiddetti Vespri sardi, cioè dell’insurrezione popolare del 28 aprile 1794, con il quale si allontanarono da Cagliari i Piemontesi e il viceré Balbiano. Il motivo del malcontento popolare era dovuto al fatto che la Sardegna era stata coinvolta nella guerra della Francia rivoluzionaria contro gli stati europei, ed anche, quindi, contro il Piemonte. Nel 1793 la flotta francese, agli ordini dell’ammiraglio Truguet, occupa Carloforte e Sant’Antioco, dove innalza l’albero della Libertà, sbarca in territorio di Quartu Sant’Elena ed attacca il porto di Cagliari. Con un’abile campagna di propaganda, aristocratici ed ecclesiastici convincono la popolazione della pericolosità dei Francesi, che vengono indicanoti come nemici della religione, violenti e schiavisti. La propaganda ottiene l’effetto voluto. Volontari sardi respingono le truppe francesi e liberano Carloforte e Sant’Antioco, e successivamente respingono a la Maddalena un corpo di spedizione proveniente dalla Corsica agli ordini del giovane Napoleone Bonaparte. Questi episodi resistenza all’attacco francese, proprio mente le truppe piemontesi incontrano serie difficoltà sulla terraferma, creano l’illusione che il governo piemontese possa concedere alle classi dirigenti sarde una gestione più autonoma dell’Isola. Vengono mandati dei delegati a Torino per avanzare a Vittorio Amedeo III riChieste precise, Sintetizzate nelle cosiddette cinque domande: un vero programma costituzionale; la convocazione del Parlamento, che non era stato mai più convocato dall’arrivo dei Piemontesi; la riconferma degli antichi privilegi dei quali aveva sempre goduto la popolazione sarda; la nomina negli impieghi civili e militari e nelle cariche ecclesiastiche esclusivamente di sardi; l’istituzione a Torino di un Ministero per la Sardegna ed a Cagliari di un Consiglio di Stato per i controlli di legittimità. I delegati vengono tenuti a Torino in attesa per mesi, senza ottenere risposte, mentre in Sardegna cresce la tensione. La scintilla che fa esplodere la contestazione è l’arresto, ordinato dal vicere Balbiano, di due capi del partito patriottico, gli avvocati cagliaritani Vincenzo Cabras ed Efisio Pintor. Siamo appunto al 28 aprile del 1794 quando la popolazione insorge, sconfigge i Piemontesi a Cagliari, Alghero e Sassari, costringendo a lasciare l’isola il vicerè Balbiano e le truppe piemontesi.

Giovanni Maria AngioySassari, palazzo della provincia: affresco dell’entrata di Giovanni Maria Angioy in cittàCon la rivolta urbana si intrecciano i moti antifeudali delle campagne. Ne nasce un vero e proprio movimento rivoluzionario. In questa situazione emerge la personalità di Giovanni Maria Angioy nato a Bono nel 1761, giudice della reale Udienza. La sua azione in difesa della sua terra, iniziata già nel 1793 durante le operazioni che hanno portato alla cacciata dall’isola delle squadre navali francesi, emerge dopo la rivolta del 1794, quando diviene l’anima del Governo Autonomo sardo. Tra il 1795 e il 1796 la nobiltà conservatrice di Sassari ed i feudatari del Logudoro tentano di rendersi autonomi da Cagliari per dipendere direttamente da Torino, allora il nuovo vicerè Vivalda invia Giovanni Maria Angioy a Sassari come suo vicario per riportare gli insorti all’obbedienza. Giovanni Maria Angioy viene accolto dalle popolazioni ovunque come un liberatore e si trova presto in contrasto con lo steso vicerè Vivalda, quando, invece di rappresentare gli interessi piemontesi, fomenta e dirige la grande sollevazione popolare del 1796, un moto giacobino e antifeudale che lo vede da Sassari guidare la marcia su Cagliari. La marcia, che inizialmente sembra vittoriosa, viene fermata nel giugno del 1796 ad Oristano, dove Giovanni Maria Angioy viene sconfitto e deve abbandonare l’isola rifugiandosi, l’anno successivo, a Parigi, dove morirà esule nel 1808. Le rivolte, comunque, proseguono, seguite da una sanguinosa repressione che causa molti morti e moltissimi arresti. Ritornano il potere feudale, le carestie e la forte pressione fiscale. Giovanni Maria Angioy rimane uno dei principali personaggi della storia sarda, non c’è città in Sardegna che non abbia intestata a lui, come a Eleonora d’Arborea, una strada o una piazza.

Francesco Ignazio MannuTesto di <em>s’Innu de su Patriottu sardu a sos Feudatarios</em>, noto anche con il suo primo verso 'Procurade ’e moderare'A seguito dei fatti del 28 aprile 1794, giorno in cui inizia la rivolta che sarà guidata da Giovanni Maria Angioy, Francesco Ignazio Mannu nato a Ozieri nel 1758, magistrato membro della commissione che supervisiona le modifiche al codice civile e penale, lavoro preliminare alla compilazione del Codice FeLiciano, scriverà qualche anno dopo l’Innu de su patriottu sardu a sos feudatarios più noto con il suo primo verso Procurad ’e moderare, il principale e più appassionato canto contro la prepotenza feudale dei proprietari terrieri, stampato clandestinamente in Corsica e diffuso in Sardegna, che diventerà il canto di guerra degli oppositori sardi al dominuo sabaudo, passando alla storia come La Marsigliese Sarda.

A ricordo di questi eventi è stato istituito, durante il quale, a partire dalla prima edizione che si è svolta nel 1993, a Cagliari ed in tutta la Sardegna si svolgono manifestazioni. È la giornata dell’orgoglio sardo, del riscatto sociale, che ancora oggi rimane impressa nei cuori e nei ricordi tutto il popolo sardo.

Altre festività religiose e civili in Sardegna

Sant’Antioco-Sfilata per la Sagra di Sant’AntiocoIl secondo lunedì successivo alla Pasqua si svolge la Festa di Sant’Antioco Martire o Sant’Antiogu sulcitanu, nato in Cappadocia nel 127 dopo Cristo, che è stato il primo Martire cristiano in Sardegna e il fondatore della prima comunità cristiana sarda, e viene per questo considerato il protettore dell’Isola, ed è quindi il Santo patrono della Sardegna. La principale Sagra si svolge nel paese di Sant’Antioco, nell’omonima isola, alla cui prima celebrazione, quando furono rinvenute le spoglie del Santo, secondo le cronache parteciparono 39000 persone, 4215 cavalli, 3000 traccas ossia carri trainati dai buoi, 350 barche e 23583 preti. Le reliquie vennero poi trasferite a Iglesias per preservarle dai rischi delle incursioni dei pirati arabi, e tornarono a Sant’Antioco nel 1815, quando la Festa fu ripristinata e da allora prosegue nella forma attuale.

In molte località della Sardegna, ma soprattutto a Cagliari, il primo maggio si svolge la Festa di Sant’Efisio o Sant’Èfisi, nato alle porte di Antiochia in Asia Minore intorno alla metà del terzo secolo e morto Martire a Nora il 15 gennaio 303, la cui storicità non è comunque storicamente accertata, ed il cui culto è molto diffuso in Sardegna, l’isola dove avrebbe subito il martirio. La principale Festa si svolge a Cagliari, istituita dopo un’epidemia di peste che aveva colpito la città tra il 1652 ed il 1655 ed in poco tempo aveva ucciso più di 10.000 persone, e che, secondo la tradizione, per intercessione del Santo cessò come per miracolo. Da allora, nel 1657, la città organizza le cerimonie religiose, alle quali segue una sfilata che inizia con il passaggio delle traccas, seguiti dalla grande sfilata in costume dei rappresentanti di moltissimi paesi della Sardegna, subito dopo sfilano gruppi a cavallo, arriva infine il cocchio dorato che porta la statua del Santo che si unisce al corteo. Si avvia, quindi, seguito dai fedeli a piedi, facendo tappa in diverse località per arrivare fino alla piccola chiesa sorta sulla spiaggia di Nora, sul luogo del suo martirio, da dove il simulacro ritorna in città la notte del 4 maggio.

Cagliari: la Festa di Sant’Efisio-e manifestazioni civili dell’1 maggio Cagliari: la Festa di Sant’Efisio-e manifestazioni religiose dell’1 maggio Cagliari: la Festa di Sant’Efisio: la processione da Cagliari a Nora dall’1 al 4 maggio Cagliari: la Festa di Sant’Efisio-rientro a Cagliari la notte del 4 maggio

Il 15 di agosto in tutta la Sardegna si celebra il Ferragosto detto Sa die de Nostra Segnora de Mesagustu, ossia della Nostra Signora di Mezzo Agosto, con cerimonie religiose ed eventi civili che lo caratterizzano. Il Ferragosto viene chiamato anche Sa dii de 15 austu, denominazione che non ha riferimenti religiosi, ma giornata che costituisce una data importante in alcune zone agricole, perché in questa data si arrangiavano i conti, in quanto c'’era una certa liquidità dato che il raccolto era terminato, quindi si potevano vendere le messi, e di conseguenza venivano pagati i salari e saldati eventuali debiti.

Ferragosto Orgosolese-Esibizioni sui cavalli e sfilata per le vie del paese Ferragosto Orgosolese: la processione dell’Assunta Ferragosto Dorgalese-Esibizioni e corse sui cavalli per le vie del paese Dorgali: la processione dell’Assunta

Il cavallo nella tradizione barbaricina

Lettura di 'Ardias e Parillas in Sardegna' di Franco Stefano RuiuLe origini dell’intensa passione per il cavallo e delle tradizioni equestri in Sardegna si perdono oramai nel tempo e nella memoria. Ancora oggi, seppure il cavallo non sia più strumento e compagno nei lavori quotidiani, sussiste e si tramanda un ricco patrimonio culturale e artigianale legato al mondo equestre. Quella del cavallo è una tradizione e una passione in tutta la Sardegna centrale, in particolare nella Barbagia. Già diversi giorni prima dell’inizio dei festeggiamenti, i cavalli compaiono nei cortili per le strade. Si gareggia in sartiglie, corse a pariglia e si svolge anche il Palio. Prima dell’inizio delle competizioni, i cavalieri si cimentano in Esibizioni e corse sui cavalli Lungo il percorso lungo il quale si terranno successivamente le competizioni.

Le corse a pariglia

Ferragosto Dorgalese-e corse a ParigliaLe Corse a pariglia, chiamate nel nord della Sardegna Sas Parillas e nel sud Is Parillas, sono diffuse in tutta l’isola e rappresentano una delle più spettacolari esibizioni equestri. Consistono nell’affiancare due o più cavalli che, procedendo al galoppo, devono tenere sempre la stessa linea, con i cavalieri che, sulle loro selle, eseguono diversi tipi di acrobazie. Il termine pariglia sta infatti ad indicare il cocchio trainato da una coppia di cavalli. Le difficoltà delle corse a pariglia sono legate soprattutto al fatto che i cavalli sardi vivono liberi e non sono addestrati a prove di abilità. Ciascuno di loro tende, quindi, a superare l’altro, il che rende estremamente difficile farli correre affiancati. Le pariglie, senza i costumi tradizionali e senza la stessa spettacolarità, si ritrovano comunque in tutte le sagre e le manifestazioni folkloristiche sarde.

La sartiglia

Ferragosto Dorgalese: la SartigliaIl Carnevale di Oristano: la Sartiglia di OristanoLa Sartiglia Sa Sartiglia, è una giostra equestre il cui nome Si suppone derivi dal castigliano Sortija, che a sua volta ha origine dal latino Sorticola, ossia anello, diminutivo di Sors, ossia fortuna. Nel significato si coglie il senso della gara che è una corsa all’anello, ma anche una Festa legata alla sorte. Nata a metà del cinquecento a Oristano, dove si ripete in costume, seguendo la tradizione, ogni anno l’ultima domenica di Carnevale, è una delle più suggestive manifestazioni equestri, derivante da una giostra di abilità durante la quale, uno alla volta, i cavalieri al galoppo debbono infilzare, con la spada, una piccola stella di metallo sospesa con un filo di seta verde a quasi tre metri da terra. Per questo viene chiamata anche corsa della stella. Sartiglie molto più semplici, senza i costumi tradizionali e senza la stessa spettacolarità, si ritrovano comunque in tutte le sagre paesane e le manifestazioni folkloristiche della Sardegna.

La corsa del Palio

Ferragosto Dorgalese: il PalioLa Corsa del Palio Su Palu, è una corsa equestre, che costituisce una gara tra i rioni di una città, o tra entità territoriali vicine tra di loro, in genere disputata con cavalli o altri animali. Esistono anche palii in cui si corre con le barche, e palii che prevedono più tipi di competizione. Le origini di questo tipo di manifestazione vengono fatte risalire all’età del liberi comuni italiani. Ancora oggi la corsa del Palio è una tradizione consolidata in molte città d’Italia, soprattutto a Siena, ma anche Asti e legnano. Il Palio più conosciuto in Sardegna è quello che si tiene, la prima domenica di agosto, a Fonni. Detto anche Palio dei comuni, è una sfida tra fantini: il pastori e fantini: il professionisti. In tutte le sagre paesane e le manifestazioni folkloristiche è sempre presente, sia pure in versione più ridotta, una corsa del Palio.

Gli strumenti musicali tradizionali sardi

Sonos: strumenti della musica popolare sardaGli strumenti della musica popolare della Sardegna sono stati oggetto, soprattutto durante il novecento, di ampie ed accurate ricerche condotte in particolare da Giulio Fara e Andreas Fridolin Weis Bentzon. Diversi sono anche i contributi pervenuti da altri autorevoli studiosi, da Alberto Ferrero della Marmora a Vittorio Angius, Joseph Fuos, Heinrich von Maltzan, all’appassionato ricercatore Giovanni Dore che in oltre cinquant’anni di attività ha raccolto circa cinquecento tra strumenti musicali, oggetti sonori e congegni fonici, oggi in parte conservati nel Museo degli strumenti della musica popolare sarda di Tadasuni. Descriviamo i principali strumenti musicali tradizionali sardi distinguendoli secondo la classificazione sviluppata da Erich Moritz von Hornbostel e Curt Sachs, pubblicata per la prima volta nel 1914 nel volume 46 della Zeitschrift für Ethnologie.

I principali strumenti aerofoni

Vediamo ora i principali strumenti aerofoni, nei quali il suono è prodotto dalla vibrazione dell’aria all’interno dello strumento stesso.

Solittu o PippioluSu pippiolu o su solittuViene chiamato Su pippiolu o Su pipaiolu o Su sulittu un flauto costruito con un unico pezzo di canna comune. Si tratta di uno strumento a fiato conosciuto in tutta l’isola che deriva dallo zuffolo del pastore. Anticamente, come testimonia un esemplare trovato in scavi archeologici e custodito nel Museo Archeologico di Cagliari, veniva ricavato da un semplice osso lungo di animale nel quale veniva scavato un foro rettangolare qualche centimetro sotto la testa dell’osso. Oggi viene realizzato con un tubo di canna la cui parte superiore viene tagliata con un’angolazione di venti gradi circa e turata con un pezzo di sughero. A qualche centimetro di distanza dall’imboccatura, sulla facciata anteriore, si scava un grosso foro rettangolare. Sempre nella parte anteriore si scavano tre fori, e un quarto foro si scava posteriormente. Oggi è scomparso quasi del tutto, e viene ancora usato esclusivamente in qualche manifestazione folkloristica.

Sas benas a una sola cannaSas benas a due e tre canneVengono chiamati Sas benas una serie di strumenti ad ancia battente utilizzati soprattutto per l’accompagnamento del ballo. Originariamente questo termine indicava una cannella d’avena nella quale era stata escissa un’ancia, successivamente il complesso di diverse canne con bocchino. La bena semplice è costituita da una trumbitta che si incastra in un tubo risuonatore. L’ancia viene scorticata e sgrossata sino a trovare la tonalità desiderata. Il tubo risuonatore è un tubo di canna che presenta quattro fori: tre nella parte superiore e uno in quella inferiore. Quest’ultimo foro, che ha la funzione di registro, può essere scavato a seconda degli effetti desiderati, sia nel tubo della trumbitta che nel tubo risuonatore. Sui fori anteriori si sviluppa invece la melodia. Successivamente i pastori hanno inventato la bena con due o tre canne.

Sas launeddasIl più importante strumento a fiato della Sardegna è Sas launeddas uno strumento di origini antichissime, infatti ad Ittiri è stato trovato un bronzetto che rappresenta un suonatore con tre canne in bocca, delle quali una più lunga delle altre due, e si ritiene sia la rappresentazione di un suonatore di launeddas, strumento a fiato polifonico tipicamente sardo. Lo strumento è formato da tre canne che possono avere diverse misure e spessore, e terminano con la Cabitzina dove è ricavata l’ancia. La prima canna è il basso, Basciu o Tumbu, è la canna più lunga, fornisce una sola nota, quella della tonica su cui è intonato l’intero strumento, ed è priva di fori. La seconda canna, Mancosa manna, ha la funzione di produrre le note d’accompagnamento, e viene legata con spago impeciato al basso. La terza canna, Mancosedda, è libera, ed ha la funzione di produrre le note della melodia. Sulla mancosa e sulla mancosedda vengono intagliati a distanze prestabilite quattro fori rettangolari per la diteggiatura delle note musicali. Un quinto foro, Arreffinu, è praticato nella parte terminale delle canne, opposta all’ancia. I primi studi sulle launeddas risalgono al 1787 e vengono fatti dal gesuita sardo Matteo Madao, che raccoglie canti e danze e cita esplicitamente le luneddas. Negli anni sessanta del ventesimo secolo è la volta dell’etnomusicologo danese Andreas Fridolin Weis Bentzon, che raccoglie con registrazioni sul campo numerose sonate, che poi cataloga e trascrive su pentagramma.

Altri strumenti aerofoni sono Su sonette a bucca ossia l’armonica a bocca; Su sonette o Organittu l’organetto diatonico padre della fisarmonica, fornito di bottoni che suona contemporaneamente sia la melodia che l’accompagnamento, arrivato in Sardegna negli anni Venti del novecento ed utilizzato soprattutto per accompagnare i balli sardi; e Su sonu ossia la fisarmonica.

Su sonette a bucca Su sonette o organittu Su sonu

I principali strumenti idiofoni

Vediamo ora i principali strumenti idiofoni, nei quali il suono è prodotto mediante la vibrazione del corpo stesso dello strumento, senza l’utilizzo di corde o membrane tese. Si tratta di Su triangulu il triangolo; S’affuente un piatto in ottone o rame lavorato a sbalzo con intarsi che rappresentano fiori, grappoli d’uva, piccoli croci e disegni spesso indecifrabili, che viene percorso con una grossa chiave; Sa trunfa strumento tipico della tradizione che richiama lo scacciapensieri, formato da una ciambella in ferro a cui è fissata una sottile lamella che vibrando produce il suono; Sos sonaggios o Sas campanas ossia i campanacci; e tra gli altri va citata anche Sa matracca a roda uno strumento rituale della Settimana Santa conosciuto nel continente con il nome di traccola.

Su triangulu S’affuente Sa trunfa Sos sonaggios Sa matracca a roda

I principali strumenti membranofoni

Vediamo ora i principali strumenti membranofoni, nei quali il suono è prodotto dalla vibrazione di una membrana tesa.

Su tumbarinuSi tratta di strumenti noti con il nome di Su tumbarinu ossia il tamburello, indispensabile corredo di tutti i gremi che sfilano nelle processioni accompagnati appunto dalla propria bandiera e dal proprio tamburo. Tra gli altri, vanno citati Su tumbarinu de Gavoi, il tamburo di Gavoi, che insieme a Su pippiolu e a Su triangulu formano il complesso caratteristico di questo centro della Barbagia; Su tumbarinu de cointrotza, il tamburo usato solamente nel paese di Aidomaggiore per il Carnevale, durante il quale, insieme al triangolo e alla fisarmonica semidiatonica, scandisce il ritmo de Sa cointrotza; e Su tumbarineddu, un tamburo di piccole dimensioni il cui corpo è ricavato da un segmento di canna chiuso a un’estremità da una membrana ricavata da intestino di bue essiccato.

I principali strumenti cordofoni

Vediamo ora i principali strumenti cordofoni, nei quali il suono è prodotto dalla vibrazione di una o più corde tese dello strumento stesso.

Sa serraggiaUno strumento desueto è Sa serraggia conosciuta anche come Zanzarra a Sassari, Tumborro a Gavoi, Buffeta ad Alghero e Violinu antigu a Ploaghe. Si tratta di uno strumento che viene costruito generalmente da chi lo suona, i cui elementi principali sono una lunga canna sulla quale viene tesa, tramite due piroli, una corda, mentre la cassa di risonanza ricavata da una vescica di maiale gonfiata. Il bastone può avere una lunghezza variabile tra i cenoventi e i Duecento centimetri. Alle due estremità vengono praticati i fori in cui si inseriscono i piroli di legno che tendono la corda. Questa può essere di crine di cavallo intrecciato ed impeciato, di budello ritorto, di filo di rame o di ottone. Viene suonata generalmente con un archetto composto da un ramo di legno flessibile, normalmente lentisco, che tiene in tensione una corda, ottenuta anch’essa da crine di cavallo. Più raramente viene suonata a pizzichi o a percussione.

Sa ghitarraMa il principale strumento di questa categoria è Sa ghitarra ossia la chitarra, diffusasi dopo la conquista spagnola, ma la cui presenza il Sardegna è attestata già dal sedicesimo secolo, come testimoniato da un editto viceregio emanato a Cagliari nel 1598 con cui si vieta di suonare chitarre e liuti per le vie della città dopo il rintocco della campana vespertina. La chitarra sarda ha la cassa molto più grande rispetto alle chitarre normali, ed anche la misura della tastiera è molto più lunga rispetto ad altre chitarre, dunque la distanza dei tasti è maggiore, il che la porta ad avere un timbro particolarmente grave, dato che lo strumento deve lavorare con un tipo di accordatura particolare. Infatti l’accordatura, detta appunto a Sa Sarda, è differente, in quanto l’intonazione è più bassa.

Canti, Cori, Poesia e Balli

In tutte le festività della Sardegna, soprattutto in Barbagia, si può assistere ai tipici spettacoli serali, che comprendono il canto logudorese, i cori polifonici, le gare di poeti, le esibizioni dei tenores, per finire con i gruppi folcloristici ed i loro balli sardi.

Il canto logudorese

In tutto il Logudoro è diffuso il Canto logudorese un tipo di canto solistico praticato in molte occasioni conviviali. Soprattutto durante le feste patronali, in tutti i paesi logudoresi non doveva mancare una serata dedicata a questo genere di canto, e per l’occasione venivano allora, e vengono ancora oggi, ingaggiati due o tre Cantadores professionisti in grado di esibirsi in un vasto repertorio. La composizione è costituita da versi ottonari ed ha un ritmo binario. Il cantatore possiede un timbro vocale tenorile o baritonale, con una tessitura acuta, e deve essere capace di passare al falsetto e di elaborare fioriture virtuosistiche. Al canto monodico si è aggiunto nel tempo, come accompagnamento, il suono dell’organetto diatonico, detto Organittu, oppure Su Sonu, sostituito spesso in seguito da una fisarmonica.

Ferragosto Dorgalese: canto in reQuando gli Spagnoli hanno portato in Sardegna la diffusone della chitarra, questa ha cominciato ad accompagnare l’organetto o la fisarmonica nel canto logudorese, che da allora viene anche chiamato anche Canto a chitarra Su Cantu a Chiterra. La forma più diffusa del canto a chitarra è il cosiddetto Canto in re Canto a Boche rea, il cui nome deriva dal fatto che il chitarrista accorda la quarta corda della chitarra, che dovrebbe essere il re, abbassandolo fino al La o al La Bemolle avuto dall’accordatore, portandola quindi una quarta più bassa, e su questa accorda le altre cinque corde. Quindi il chitarrista da, al cantatore, il tono base sul quale aprire e chiudere tutti i brani, eseguendo il cosiddetto Accordo in re, che però come si è detto non è un re ma un La o un La Bemolle. Il chitarrista dà, però, solo un accenno di tempo, e naturalmente anche la tonalità, poi il cantante parte a cantare e può eseguire tutte le varianti, i gorgheggi e i vocalizzi che vuole, sempre rispettando le regole basilari, ossia tempo, metrica e tonalità.

Il Canto a Tenore

Non c’è, in Sardegna, Sagra o manifestazione nella quale non si esibiscano gruppi di Canto a tenore il principale simbolo della musica tradizionale polivocale sarda, ed anche la più viva testimonianza delle radici arcaiche della sua cultura. Nel novembre 2005 l’Unesco ha proclamato, a Parigi, 43 nuovi Masterpieces of the Oral and Intangible Heritage of Humanity, ossia i capolavori che andranno a far parte del Patrimonio Orale e Intangibile dell’Umanità, selezionati da una giuria internazionale presieduta dalla principessa Basma Bint Talal di Giordania. Tra questi, l’unico italiano è il Canto a Tenore della Barbagia, che costituisce il secondo bene intangibile italiano tutelato dall’Unesco, dopo l’Opera dei Pupi siciliana. Il canto a tenore è l’espressione etnico-musicale più arcaica della Sardegna centrale, ed è la prova dell’esistenza della pratica polifonica in tempi remotissimi. La sua prima testimonianza si ritrova su un vaso della Civiltà di Ozieri successivamente lo ritroviamo in un bronzetto del settimo secolo avanti Cristo che raffigura un cantore con una mano appoggiata sul mento e l’altra sull’orecchio, con due dita che piegano la cartilagine, nella tipica postura dei tenores.

Ferragosto Dorgalese: gruppi di canto a tenoreUn gruppo di Tenores è composto da quattro voci. La voce solista, Sa ’Oche, che ha un timbro di tenore o di baritono acuto, è affidata la linea del canto e lo svolgimento del testo verbale; la voce solista scandisce il ritmo e la tonalità, che il coro deve armoniosamente seguire. Il basso, Su Bassu, è la prima voce gutturale del gruppo, che produce una base armonica ingolata, quasi a riprodurre il muggito di un bue, prodotta da una vibrazione continua delle corde vocali. Il suo compito è di costruire le fondamenta della melodia, eseguendo una nota base dello stesso tono della tonalità stabilita dalla voce solista. Il contra, Sa Contra, è la seconda voce gutturale del gruppo. È una voce baritonale che si congiunge al basso su un intervallo di quinta, fornendo un accompagnamento cupo e sfocato simile al belato di una pecora. È proprio il suo accordo gutturale a costituire la principale differenza del canto a tenore dalle altre forme di canto polifonico. L’ultimo componente del quartetto, la mezza voce o Sa Mesa ’Oche, un contralto, è l’unico componente del gruppo che modifica di continuo la sua melodia rendendola più vivace. Basso e contra emettono insieme un suono ruvido, che non varia di tonalità se non quando la voce solista ne imposta una diversa. Il contralto, con la sua voce acuta, fiorisce in falsetto la linea del canto. Le da una sonorità che sembra riproporre il sibilo del vento. Le tre voci emettono insieme un accompagnamento costituito da suoni senza senso, come Bimbò bimbò, Bimbirimbò, Bombò, La la, ed altri suoni simili, che si fondono tra di loro dando luogo ad un effetto assolutamente unico, quasi come se ci fossero gli strumenti di accompagnamento.

Alghero-Esibizione dei Tenores di Bitti gruppo 'Mialinu Pira' nel concerto del 28 luglio 2002 Dorgali-Esibizione dei Tenores di Bitti gruppo 'Mialinu Pira' nel concerto del 15 agosto 2005I componenti del quartetto cantano, con le voci di accompagnamento disposte in cerchio, affrontando i più diversi temi della vita quotidiana e politica, lotte e disoccupazione, amore, il tormento del bandito, il lamento della vedova. Insomma, il racconto di un popolo, quasi la storia di un’intera Isola. Quasi in ogni paese della Barbagia c’è almeno un gruppo che canta con questa tecnica. Nel nostro viaggio nel 2002 ad Alghero, abbiamo potuto assistere a una esibizione dei famosi Tenores di Bitti gruppo Mialinu Pira, ospiti di un indimenticabile concerto di Andrea Parodi, quando il gruppo era costituito da cinque elementi prima della tragica morte di Gianfranco Cossellu, e li abbiamo reincontrati in occasione delle festività del ferragosto di Dorgali del 2005.

L’improvvisazione poetica

Lettura di 'Le gare poetiche in Sardegna' di Stanis MancaLa gara dei poeti si riallaccia all’Improvvisazione poetica da sempre presente nella tradizione sarda in tutte le occasioni conviviali. Nel suo testo Le gare poetiche in Sardegna, Stanislao Manca scrive nel 1909 che L’improvvisazione regna sovrana nella poesia sarda, e se per il suo carattere estemporaneo, che si produce al di fuori dei dettami dell’arte e dell’estetica, non riesce ad occupare una pagina duratura nella storia letteraria dell’Isola, non si creda per questo che i suoi campioni e le loro produzioni poetiche vadano dimenticati con il volgere degli anni. La poesia estemporanea sarda è stata, per molto tempo, un mezzo per far progredire la popolazione, nel novecento analfabeta. Le esibizioni poetiche erano quasi lezioni di una Scuola tenute da poeti che, sia pure da autodidatti, avevano studiato i classici. All’inizio le improvvisazioni erano libere, i poeti partecipavano alle feste dei diversi paesi e sceglievano l’argomento a loro piacere. Ma, nel 1896, il poeta Antonio Cubeddu di Ozieri propose una gara di poeti. Da allora la gara di poesia, nella quale due o più poeti improvvisano su un tema che viene proposto dagli organizzatori, alternandosi e rispondendosi l’un l’altro, è diventato uno dei punti fermi di ogni Sagra paesana, manifestazione folcloristica o religiosa, e quindi i migliori improvvisatori sardi sono diventati veri professionisti della poesia dialettale. Gli spettatori partecipano attivamente, e parteggiano per l’uno o per l’altro, e in ogni gara vi sono i poeti favoriti, come avviene con i cavalli.

Ferragosto Dorgolese: gara di improvvisazione poeticaEsistono quattro versioni di poesia estemporanea in Sardegna. S’Ottadda, ossia l’ottava, è la tecnica più diffusa, e la si ritrova in tutto il centro-nord dell’Isola, esclusa la Gallura. La composizione è sviluppata in logudorese ed è costituita da strofe di otto versi endecasillabi, sei iniziali a rime alternate e due finali a rima baciata finali. Viene anche indicata come S’Ottadda Serrada, dato che gli ultimi due versi, chiamati la Serrada, spesso racchiudono l’essenza del messaggio dell’intera ottava. La seconda versione detta Su Mutettu è diffusa, invece, nel sud dell’Isola. La composizione è sviluppata in campidanese centrale. La strofa, Su Mutettu appunto, è composta da due sezioni diverse. La prima, detta Sterrina, è di 8, 9 o 10 versi e rappresenta l’esposizione del tema principale. La seconda, detta Cobertanza, generalmente di due versi, costituisce la risposta. I versi hanno una metrica quantitativa, essendo costituiti da tetrametri acefali. La terza versione detta Sa repentina si può trovare ancora in parte della Sardegna centro occidentale. La composizione è sviluppata in campidanese occidentale. La strofa è costituita da oltre 30 versi settenari concatenati. La quarta versione, detta Sos Mutos, si può ancora trovare in parte della Sardegna centrale. La composizione è sviluppata in alto campidanese o in logudorese ed ha forti analogie con Su Mutettu. Soprattutto nel nord e nel centro della Sardegna, i versi vengono accompagnati dal suono vocale e gutturale emesso da un gruppo di tenores. Nell’ottava, l’accompagnamento dei tenores avviene alla chiusura di ogni coppia di versi, osia al secondo, al quarto, al sesto e per la chiusura. Nel sud il coro di accompagnamento dei tenores viene spesso sostituito dal suono di una fisarmonica o di una chitarra.

I cori polifonici

Ferragosto Dorgalese: coro polifonico sardoI Cori polifonici Sono nati in diverse località della Sardegna, ma costituiscono una realtà relativamente recente rispetto al canto a tenore ed alla poesia estemporanea. Non sono sempre presenti nelle manifestazioni folkloristiche, ma quando ci sono interpretano sia brani della tradizione musicale sarda che nuove composizioni, sempre in lingua sarda. Alberto Ferrero della Marmora notava, in certi accenti dei cori sardi, notevoli affinità con i cori dei cosacchi. Ma il coro sardo è più aspro, sincopato, monotono, come i canti arabi del deserto. I componenti dei cori sardi cantano disposti a cerchio, a differenza dei cori alpini nei quali i coristi sono disposti in più file. Si ritiene che tale disposizione derivi dal modo di cantare a tenore. Affascinante è ascoltare da un Coro Polifonico brani tradizionali classici come S’Innu de su patriottu sardu a sos feudatarios, noto con il primo verso Procurad ’e moderare; A Diosa, detto Non potho riposare; ed anche Lettera a Nanni sulis, detto Nanneddu meu.

Gruppi folkloristici e ballo sardo

Bolotana: chiesa di San Bachisio: bassorilievo nel quale si vede un suonatore di 'sas benas’ che accompagna il balloGhilarza-La chiesa di San Pietro di Zuri: sulla chiesa di San Pietro è presente un altorilievo nel quale si vede la prima rappresentazione del ballu tundu il più tradizionale ballo sardoIl momento più seguito delle sagre e nelle manifestazioni è l’esibizione dei Gruppi folkloristici che si esibiscono nei tradizionali Balli sardi. Le prime tracce del ballo sardo risalgono al 2700 avanti Cristo. In un bassorilievo del sedicesimo secolo, nella piccola chiesa romanica di San Bachisio a Bolotana, è rappresentato un suonatore di Sas benas Che accompagna il ballo, e nella chiesa San Pietro a Zuri è presente,su un capitello, un altorilievo la rappresentazione del Ballu tundu, uno dei più tradizionali balli sardi. Oggi il ballo sardo è spesso accompagnato non dalle launeddas, ma dal suono dell’organetto diatonico. Sino alla prima metà del novecento, la buona riuscita di ogni Festa dipendeva quasi esclusivamente da come si svolgevano le danze, particolare attenzione si prestava ai suoi aspetti sonoro e coreografico, ed esse rappresentavano anche una delle più importanti occasioni di socializzazione offerte alla comunità, in particolare, erano occasione per uomini e donne di poter stare a stretto contatto e comunicare le proprie simpatie amorose.

Ferragosto Dorgalese: esibizione di gruppi di ballo folkloristico sardoSono due le principali forme di ballo eseguite nei bellissimi costumi tradizionali diversi per ogni paese. Il principale è il Ballo rituale, di cui le forme più diffuse sono Su ballu antigu, il ballo più antico che ha subito meno trasformazioni nel tempo, molto semplice accompagnato dalla voce singola o dal canto a tenore; Su ballu tundu, ossia la danza circolare, detto anche Duru-duru, imperniato su un cerchio che si ricompone più volte dopo ogni variazione coreografica; Su ballu ’e tres passos, il ballo a tre passi; Su passu torràu, il passo che ritorna; Su ballu sèriu, il ballo posato, una danza imponente, caratterizzata da un passo che si ripete e si conclude con una genuflessione; Su dillu, ballo composto da un solo movimento che consiste in due saltelli sul piede destro e due sul piede sinistro; Sa danza, eseguita in modo circolare o a coppie disposte l’una di fianco all’altra, che si tengono per mano, di cui il passo base è; composto da due saltelli sul piede destro, a cui segue un inchino con appoggio sul piede sinistro ed altro, considerato uno dei balli più impegnativi e faticosi. La seconda forma è il Ballo di corteggiamento, come Su ballu de Sa sposa, ossia il ballo della sposa; e Su passu appuntau, ossia il passo puntato.

Ittiri: bronzetto di suonatore di launeddas con un significativo fallo in erezioneNella tradizione sarda, il ballo è sempre stato visto come una Manifestazione profana tanto che il luogo nel quale lo spettacolo si svolgeva veniva chiamato Su praxieri, ossia il luogo del piacere. Ed infatti lo studioso Giovanni Lilliu vedeva nel ballo Una vera orgia mimico-musicale propiziatrice d’amore, abbastanza vicina ad una danza rituale magica, erotica e sessuale. È estremamente significativo, da questo punto di vista, il bronzetto rinvenuto a Ittiri all’inizio del novecento e pubblicato per la prima volta nel 1907 da Antonio Taramelli, e detto L’aulete di Ittiri, che rappresenta un personaggio maschile, un aulete, ossia un suonatore di un flauto a tre canne, e quindi simile alle launeddas. Il suonatore è caratterizzato da un significativo Fallo in erezione anche se molto evidenziati appaiono alcuni altri particolari anatomici come le mammelle, il che lo fa apparire probabilmente come un ermafrodita. La statuetta si può ammirare presso il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.

La prossima tappa del nostro viaggio

Nella prossima pagina illustreremo le diverse possibilità per Raggiungere la Sardegna in aereo o via mare partendo dal continente. Illustreremo Come ci si muove all’interno della Sardegna sia con i mezzi propri che in treno o utilizzando i diversi servizi automobilistici. Vedremo poi come ci si muove in Sardegna utilizzando il Trenino Verde che percorre diverse tratte all’interno dell’Isola.


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