Serri con il Santuario federale di Santa Vittoria nel quale sono stati rinvenuti i famosi bronzetti di Serri
In questa tappa del nostro viaggio, da Mandas ci recheremo a Serri che visiteremo con il suo centro e i dintorni dove si trova il Santuario federale di Santa Vittoria nel quale sono stati rinvenuti i famosi bronzetti di Serri. La regione storica del SarcidanoIl Sarcidano è una regione della Sardegna che si estende tra il territorio del Campidano e quello della Barbagia. Si sviluppa tra la Provincia di Oristano e la Provincia del Sud Sardegna. Elemento morfologico dominante è l’altopiano de Laconi, il più grande tavolato calcareo della Sardegna. Al suo interno si estendono i due laghi artificiali del Mulargia e del Flumendosa. In Provincia di Oristano ne fa parte il solo comune di Laconi, mentre in Provincia del Sud Sardegna ne fanno parte Escolca, Genoni, Gergei, Isili, Nuragus, Nurallao, Nurri, Orroli, Serri, Villanova Tulo. Vi è diffusa la quercia, ma non mancano anche foreste di castagno. Il territorio del Sarcidano è costellato di numerose testimonianze archeologiche, prevalentemente nuragiche. In viaggio verso SerriDall’abitato di Mandas usciamo verso nord est con la SS128 Centrale Sarda che seguiamo per circa quattro chilometri, poi deviamo verso sinistra sulla SP59 che, in un chilometro e duecento metri, ci porta all’interno dell’abitato di Serri. Dal Municipio di Mandas a quello di Serri si percorrono 5.8 chilometri. Il comune chiamato SerriIl comune Serri (altezza metri 617 sul livello del mare, abitanti 630 al 31 dicembre 2021) è un piccolo centro agricolo situato nella parte settentrionale della Provincia del Sud Sardegna, ai confini con quella di Nuoro, posizionato a nord est dei monti Marmilla, su una collina in prossimità della chiesa campestre di Santa Lucia, ai margini di un vasto altopiano spianato di origine vulcanica chiamato la Giara di Serri. L’abitato è raggiungibile attraverso la SS128 Centrale Sarda, il cui tracciato si snoda a un solo chilometro dall abitato, ed ha una propria Stazione ferroviaria, posta sulla linea che collega Cagliari con Isili. Il territorio cumunale presenta un profilo geometrico irregolare, con accentuate variazioni altimetriche, che vanno da un minimo di 393 a un massimo di 662 metri sul livello del mare. L’arrivo a Serri ci fa entrare nel Nuorese, dato che Serri apparteneva alla Provincia di Nuoro prima della riforma della province del 2001. Origine del nomeIl toponimo, attestato dal 1341, è di probabile origine preromana; oscuro è il suo etimo. Secondo il linguista Massimo Pittau, studioso della lingua etrusca, della lingua sarda e protosarda, dati che il villaggio viene citato come Seerri nelle Carte Volgari campidanesi per l’anno 1215 e come Seherri nel registro delle rendite Pisane nel Giudicato di Càralis per l’anno 1316, in virtù di queste forme è possibile che il suo nome sia da connettere coi vocaboli Sicherru ossia secco, Sihirronare ossia seccare o avvizzire, da connettere col latino Siccus ossia secco. è pertanto possibile che il villaggio abbia in origine derivato la sua denominazione dal carattere particolarmente siccitoso del sito nel quale è sorto. La sua economiaSi tratta di uomune collinare con un’economia basata sulle tradizionali attività agricole e zootecniche. L agricoltura si basa sulla produzione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, uva, olive e frutta. Si pratica anche l allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L industria, scarsamente sviluppata, è costituita da piccole aziende che operano solo nel comparto edile. Il terziario non assume dimensioni rilevanti. Protagonisti della cucina di Serri sono i cereali, la carne e un ottimo olio, prodotto con le olive che crescono sulle colline circostanti. Tra le vie del centro storico si possono ammirare le massaie che, secondo antiche ricette e utilizzando il forno a legna, preparano pane, pasta, e dolci. A livello artigianale, non mancano gli artisti abili nel realizzare a mano cestini di paglia, intagli sul legno, macine in pietra vulcanica, disegni e ricami. Gli importanti reperti archeologici di età preistorica rendono Serri meta di un rilevante afflusso di visitatori, ai quali è offerta anche la possibilità di godere di un incontaminato ambiente naturale. Per gli amanti dell escursionismo naturalistico molto attraente è la Giara di Serri, un altopiano molto simile a quello di Gesturi, di cui condivide l origine geologica. Le strutture ricettive di Serri offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciIl territorio è abitato già in epoca nuragica, come dimostrano i numerosi reperti archeologici rinvenuti sul suo territorio, tra i quali il più significativo è l’imponente Santuario nuragico di Santa Vittoria, il cui utilizzo da parte delle popolazioni locali, con diverse funzioni, inizia già nell’epoca neolitica e continua durante l’epoca punica, romana e bizantina. La tradizione riporta la sua origine alla fuga per una pestilenza degli abitanti della vicina città romana di Biora, le cui rovine sono ancora visibili nel fondo valle. In epoca medievale il villaggio appartiene al Giudicato di Càralis, alla diocesi di Dolia e alla curatoria di Siurgus. Nel 1258, alla caduta del Giudicato, passa sotto il dominio pisano, e dal 1324, dopo la battaglia di Macomer, sotto quello aragonese, che lo concede il feudo a Berengario Carroz e poi alla sua famiglia. Il comune viene poi incorporato nel Marchesato di Mandas, che nel 1603 è trasformato in Ducato, feudo dei Maza. In epoca sabauda la signoria passa ai Tellez-Giron d’Alcantara, ai quali viene riscattato nel 1839 con la soppressione del sistema feudale e diviene un comune autonomo. Del comune di Serri nel 1927, dopo la creazione della Provincia di Nuoro, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, alla neonata Provincia di Nuoro. Successivamente nel 2003, con la riorganizzazione delle province sarde, il comune di Serri avrebbe dovuto essere aggregato alla neonata Provincia del Medio Campidano, ma nel 2003 si stabilisce invece che ritorna a quella di Cagliari, della quale fa parte fino alla successiva riforma del 2016, quando il paese viene aggregato alla nuova Provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a SerriA Serri svolge le sue attività il gruppo folk dell’Associazione Culturale Gruppo Folk Santa Vittoria di Serri, nelle cui esibizioni nel paese ed in altre località è possibile ammirare il costume tradizionale locale. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Serri meritano di essere segnalati, il 17 gennaio, la Festa di Sant’Antonio Abate, ed il 20 gennaio, la Festa di San Sebastiano Martire; il 2 febbraio, la la Festa della Madonna del Rosario, che è anche la Festa de Sa Candelora; i riti della Settimana Santa; la seconda domenica di maggio, la Festa di Sant’Isidoro; la terza domenica di maggio, la Festa di Santa Lucia, con la sua fiera che è la Festa del Sarcidano; il 24 giugno, la Festa di San Giovanni Battista; il secondo sabato di luglio, la Rassegna del Folclore ed il secondo sabato di agosto, la Festa dell’Emigrato; il primo settembre, la fEsta patronale di San Basilio Magno; l’11 settembre, la Festa di Santa Vittoria; la terza domenica di settembre, la seconda Festa di Santa Lucia, con la sua fiera che è la Festa del Sarcidano; l’ultima domenica di novembre, anche Serri si unisce al gruppo dei paese nei quali si svolge Sa die de Is saboris antigus in Is bias de su trigu, che è la manifestazione chiamata Saboris Antigus. Visita del centro di SerriL’abitato di Serri, che è interessato da espansione edilizia, domina una bella vallata ricca di oliveti, dai quali si produce il suo ottimo olio, ed il suo andamento altimetrico è quello tipico delle localtà collinari. Entriamo in Serri da sud con la SP59, la quale, passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, assume il nome di via Roma. Appena imboccata la via Roma, si può vedere, alla destra della strada, sul marciapiedi, una scultura in pietra con l’indicazione del nome del paese, vicino alla quale è presente la riproduzione a grande altezza dell’immagine di un bronzetto nuragico, che porge il suo saluto a chi arriva nell’abitato di Serri. Passata la piazza San Basilio si raggiunge il Municipio di SerriContinuiamo con la via Roma, e la seguiamo per quattrocento metri, per arrivare a un incrocio, dove a destra parte la via San Basilo e da sinistra arriva la via Dante, mentre dritta prosegue la via Roma. Prendiamo a destra la via San Basilio, e, dopo pochi metri, si apre, alla sinistra della strada, l’ampia Piazza San Basilio nella quale è presente un Anfiteatro realizzato per ospitare manifestazioni ed eventi che si svolgono nel paese. Percorsi centocinquanta metri lungo la via San Basilio, si prende a destra la via Municipio che, in una cinquantina di metri, ci porta a vedere alla sinistra della strada l’edificio che ospita il Municipio di Serri, nel quale si trovano la sua sede e gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. In piazza degli Eroi si trova il Monumento ai CadutiDall’incrocio con la via San Basilio, proseguiamo lungo la via Roma verso nord e, circa cento metri più avanti, dove arriva da sinistra la via Regina Margherita, a destra si apre la piazza Eroi d’Italia, nella quale si trova il Monumento ai Caduti Edificato tra il 1902 ed il 1925. Si tratta di un monumento in granito a base quadrata, sulla quale poggia un elemento di forma tronco piramidale che si conclude in forma di corona d’alloro. Al di sopra è presente un parallelepipedo, al quale sono applicate le lapidi riportanti i nomi dei caduti della Prima Guerra Mondiale, mentre sul retro un’altra lapide, aggiunta in epoca successiva, riporta i nomi dei caduti della seconda guerra mondiale. Sulla parte sommitale, modanata, sono sistemate una stella e una corona d’alloro, realizzate in bronzo. La chiesa di Sant’Antonio AbateProseguiamo verso nord lungo la via Roma, che attraversa l’abitato. Dopo quasi duecentocinquanta metri, svoltiamo a destra per rimanere sulla via Roma, la seguiamo per altri centocinquanta metri, e si apre alla destra la piazza sulla quale si affaccia la chiesa di Sant’Antonio Abate. Costruita nel 1770 dal rettore Giovanni Battista Cossu, è ubicata nel centro storico accanto all edificio che ospitava un tempo il Monte Granatico. L’edificio risulta anteceduto da due gradini. La facciata presenta un piatto terminale contraddistinto da merlature, culminante centralmente con un semplice campanile a vela ad unica luce sovrastato da una croce. L’incorniciato portale è anche caratterizzato da un architrave che presenta dei motivi decorativi fitomorfi. In alto nella facciata è presente un arco nel quale, fino al 1958, si trovava una campana in bronzo, che è stata fusa per riparare il campanone della chiesa parrocchiale, ed è stata rimpiazzata solo di recente, quando la piccola chiesa è stata riqualificata. All’interno, la chiesa si presenta con una sola navata, divisa da capriate impostate su archi a tutto sesto. recentemente la chiesa è stata restaurata ed è stato demolito l’altare per fare posto ad un altarino mobile. La sera del 16 gennaio, alla messa nella sua chiesa, segue la processione con il simulacro del Santo per le vie del paese, con al rientro la benedizione e, nel piazzale antistante la chiesa, l’accensione de Su foghidoni, ossia del tradizionale falò, realizzato con la legna offerta dalle famiglie del rione raccolta nei boschi del paese, che è stata benedetta dal parroco. La Festa si prolunga la vigilia sino a tarda notte, rallegrata dalla musica tradizionale e dal vino novello. Il giorno seguente, il giorno della Festa di Sant’Antonio Abate, viene celebrata la messa solenne, segue la processione per le vie del paese, al termine della quale viene distribuito Su pan e saba benedetto, un dolce lievitato preparato principalmente con la saba, lo sciroppo dal gusto molto intenso che si ottiene dal mosto cotto. La chiesa parrocchiale di San Basilio MagnoProseguendo per poco più di un centinaio di metri lungo la via Roma, si apre alla sinistra l’ampia piazza della chiesa, nella quale, al civico numero 2, si vede la chiesa di San Basilio Magno che è la parrocchiale di Serri. Si ritiene sia stata edificata da monaci bizantini in stile romanico pisano intorno al 1100, la il suo primo impianto dovrebbe risalire al settimo secolo, sia per l’attestata presenza di un presidio militare bizantino sull’altopiano presso il Santuario nuragico di Santa Vittoria, sia per il Santo al quale è dedicata, dato che San Basilio Magno è stato il fondatore dei monaci basiliani di rito orientale, primi evangelizzatori in Sardegna, i quali viaggiavano insieme ai militari bizantini. La chiesa è stata in seguito modificata in stile aragonese. La facciata, realizzata in pietra lavorata, è stata restaurata nel 1958, ed in particolare sono stati rifatti gli antichi merli di fatture medievale. Al centro, si apre il portone che presenta tracce di una precedente apertura a tutto sesto ed è sovrastato da un rosone che sostituisce una finestra rettangolare. Ai lati si notano due colonne tortili in pietra, ed in alto è presente lo stemma vescovile che ricorda S. Basilio Magno, datato 1771. Sul lato destro del portone c'è una porta con stipiti in pietra finemente lavorati. Unita alla chiesa, sul suo lato destro, si trova una massiccia torre campanaria in pietra, la cui cuspide, anticamente a vela, è ora di forma piramidale, con quattro archi a tutto sesto dove si inseriscono tre campane dell’ottocento, ed una, sul lato nord, del 1996. In passato, il piazzale antistante la chiesa era chiuso da due archi merlati, che successivamente nel 1958 sono stati demoliti. L’interno della chiesa è caratterizzato dalla pianta a croce latina, con tre navate separate da grandi archi a sesto acuto che poggiano su basamenti quadrangolari. Il tetto, a doppio spiovente, è caratterizzato da struttura lignea a capriate sulle quali si dispone il tavolato con rivestimento di tegole. L’altare maggiore del 1761, in marmo finemente intarsiato, ospita una piccola statua in legno di San Basilio, la quale viene portata in processione solo in caso di gravi calamità. Sulla destra rispetto all’altare maggiore si trova la Cappella dedicata alla Madonna del Rosario, nella quale è presente un altare in legno con al centro la nicchia che contiene la statua della Madonna. Sulla sinistra rispetto all’altare maggiore si trova la Cappella dedicata a San Basilio Magno, nella quale è presente un altare in stile barocco in legno con al centro un’ampia nicchia che contiene il simulacro del Santo. Sulla sinistra, rispetto al portone centrale, la prima Cappella è dedicata a Santa Vittoria, che attualmente viene chiamata Cappella di San Giovanni Battista perchché nella nicchia centrale è collocata una statua del Santo, nella quale è presente un seicentesco altare in stile barocco in legno. Degni di nota sono anche il battistero del 1782, ed il lavabo in marmo del 1754 che si trova all’interno della sacrestia. Presso questa chiesa, il primo settembre si celebra la Festa patronale di San Basilio Magno, la cui Festa liturgica cadrebbe però il 2 gennaio. La Festa è preceduta il pomeriggio della vigilia dalla processione, con la statua che si trova nella Cappella a lui dedicata, cui seguono celebrazioni religiose e manifestazioni civili, che proseguono il giorno della festività. Si celebra, inoltre, il 2 febbraio la Festa de Sa Candelora, che ripropone la cerimonia ebraica della presentazione di Gesù al tempio e della purificazione della Madonna avvenuta dopo quaranta giorni dal parto, per la quale la tradizione vuole che la Prioressa distribuisca le candele e che la popolazione porti in processione la Madonna del Rosario. Il Cimitero Santa MariaPassata la piazza della chiesa, proseguendo lungo la via Roma per una cinquantina di metri, arriviamo dove arriva da destra la via San Basilio, che avevamo preso per recarci a vedere il Municipio e che arriva fino a qui. Qui prendiamo a sinistra la via Giuseppe Maria Gaviano lai, dopo un centinaio di metri svoltiamo leggermente a sinistra per rimanere sulla via Giuseppe Maria Gaviano lai, e, in una settantina di metri, passato il suo muro di cinta, vediamo, alla destra della strada, l’ingresso del Cimitero Santa Maria di Serri. Il centro sportivoPer visitare il centro sportivo di Serri, conviene che torniamo a dove eravamo arrivati nell’abitato. Presa la via Roma, dopo duecentocinquanta metri svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Santa Vittoria, la seguiamo per quattrocento metri, poi svoltiamo a sinistra in via Umberto I, dopo una settantina di metri svoltiamo a destra nella via Regno di Sardegna, e, in meno di duecento metri, si vede, alla sinistra della strada, l’ingresso del Centro sportivo di Serri. All’interno di questo centro sportivo, è presente un Campo da Calcio con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori. È inoltre presente un Campo polivalente all’aperto dotato anch’esso di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori, nel quale si possono praticare, come discipline, il calcio, il calcetto ossia calcio a cinque, ed il tennis. Qui gioca le sue partite la squadra della Unione Sportiva calcio a cinque Serri. Visita dei dintorni di SerriVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Serri, sono stati portati alla luce i resti del cosiddetto Santuario federale di Santa Vittoria; quelli dei Nuraghi semplici Cuccuru Forru, Ruinas; dei Nuraghi complessi Cuccuru de Zaffaranu, ladumini, S’Uraxi, Santa Vittoria, Trachedali; dei Nuraghi San Sebastiano, e su Sciusciu, di tipologia indefinita. La fermata ferroviaria di SerriUsciamo dall’abitato di Serri verso sud con la SP59 e, dopo un chilometro e duecento metri, arriviamo allo svincolo dove imbocchiamo verso sinistra la SS128 Centrale Sarda in direzione di Isili. La seguiamo e, dopo quattrocentocinquanta metri, vediamo, alla detra della strata statale, l’edificio che ospitava la Fermata ferroviaria di Serri. Lo scalo viene inaugurato nel 1888 come Stazione ferroviaria contemporaneamente all’attivazione della della linea che collegava Cagliari con Isili, realizzata dalla Società italiana per le Strade Ferrate Secondarie della Sardegna. Nel 1921 alla sua gestione subentra la Ferrovie Complementari della Sardegna, a cui seguono nel 1989 la Ferrovie della Sardegna, e nel 2010 l’Azienda regionale Sarda Trasporti. Sempre tra il 2010 ed il 2011 lo scalo viene sottoposto a lavori di ristrutturazione in contemporanea con la sostituzione dell’armamento sulla linea ferroviaria, intervento che porta alla dismissione dello scalo merci dell’impianto, alla realizzazione di una nuova banchina e soprattutto alla trasformazione della stazione in fermata, con la rimozione di tutti i binari al di fuori di quello di corsa. La chiesa campestre di Santa LuciaA poco più di un chilometro da dove abbiamo imboccato la SS128 Centrale Sarda in direzione di Isili, all’altezza della casa Cantoniera Santa Lucia, troviamo a destra la deviazione sulla SS198 di Seui e Lanusei che si dirige verso Seui. La strada costeggia il Centro fieristico di Santa Lucia, che si trova alla sua destra, e, percorsi quattrocento metri, vediamo a detra la stradicciola in salita che, in un paio di centinaia di metri, conduce alla chiesa campestre di Santa Lucia. La chiesa è stata costruita all’inizio del novecento assecondando scelte architettoniche tipicamente rustiche, e sulla sua facciata esiste ancora una campanella in bronzo per richiamare i fedeli che accorrono numerosi da Serri e dai paesi vicini. All’interno si presenta con una sola navata rettangolare, con altare centrale e un arco a tutto sesto che delimita l’area del presbiterio. Due volte l’anno, la terza domenica di maggio e la terza domenica di settembre, si celebra la Festa di Santa Lucia per la quale convergono a Santa Lucia numerosi fedeli per partecipare alla Festa religiosa e per gustare i prodotti locali e i prelibati torroni di Tonara e di Aritzo, sempre presenti a tale manifestazione. alla Festa è abbinata la fiera del bestiame, che è stata inaugurata nel 1920 e per lunghi anni è stata considerata una delle manifestazioni più importanti dell’isola. Con l’avvento della meccanizzazione i capi bovini sono andati via via impoverendosi, fino a scomparire quasi del tutto. Oggi, quindi, la fiera del bestiame conta pochi partecipanti, e solo da pochi anni si sta cercando di ridarle un aspetto decoroso. L’insediamento romano di Biora con i ruderi della chiesa chiamata Sa CresiaEvitando la deviazione verso Seui e proseguendo lungo la SS128 Centrale Sarda, ad un paio di chilometri da dove la avevamo imboccata sono stati rinvenuti da Giovanni Lilliu, negli anni quaranta del novecento, pochi resti dell’insediamento romano di Biora. Egli aveva individuato le rovine nel vasto fondo di Sa Cungiadura Manna e negli attigui terreni di su Mogoru, su Cungiau Nou, su Tancadeddu, Is Tancadeddus e Ruinas. Biora era stata fondata dai Romani durante la loro permanenza nel Sarcidano, considerato un ponte di congiungimento tra il Campidano e la Gallura, e si estendeva, comprendendo l area dellai necropoli, per 26 ettari, in una planimetria irregolarmente quadrilatera. All estremità settentrionale dell abitato era forse un edificio termale, al quale si riferirebbero gli speciali laterizi per il riscaldamento dei calidario, ed una seconda terma è, probabilmente, individuabile nella costruzione di Sa Cresia, ossia la chiesa, al centro della cittadina antica, in località su Mogoru. Le poche rovine di Sa Cresia sono state dichiarate Bene di interesse culturale dalla Sopraintendenza archeologica della Sardegna. I ruderi della chiesa campestre di San Sebastiano MartireDall’abitato di Serri, prendiamo la via Santa Vittoria che conduce verso il centro sportivo, e che poi esce verso nord ovest cone Strada Comunale di Santa Vittoria dirigendosi verso la Giara di Serri. A circa un chilometro da dove avevamo preso la via Santa Vittoria, si vedono, alla sinistra della strada, i ruderi dell’antica chiesa campestre di San Sebastiano Martire che dominano dall’altipiano sul quale si trovano un’ampia vallata da cui si gode il panorama dell’abitato di Escolca. La chiesa occupa un tratto di un piccolo abitato romano, a pochi metri a nord ovest dell’edificio sacro, ci sono tracce abbastanza evidenti di un pozzo per la raccolta dell’acqua piovana, e tutto intorno alla chiesa sono visibili embrici e tegole frammentarie unitamente a pezzi di stoviglie. della chiesa, che si può datare prima del 1663, si ha testimonianza fino agli ultimi decenni del secolo scorso, ma non se ne conosce nché la data certa, nché la causa per cui sia andata in rovina. Il paesaggio della Giara di SerriLa strada Comunale di Santa Vittoria, in salita, ci porta sopra la Giara di Serri il cui paesaggio è affascinante, anche se in estate la vegetazione è sempre completamente bruciata dal sole. Col termine Giare si indicano degli altopiani basaltici, formatisi nell’Oligocene in seguito a fenomeni vulcanici, caratterizzati da pareti molto scoscese, a scarpata, situati tra la Marmilla ed il Sarcidano. Esse sono tre in totale, quella di Gesturi, quella di Serri e quella di Siddi. La Giara di Serri, che raggiunge i 650 metri di altezza, si estendesu una superficie di quattro chilometri quadrati, ma è considerata di grande importanza dagli archeologi perché ospita il Santuario nuragico di Santa Vittoria La chiesa campestre di Santa Vittoria vicino a SerriSull’estremità sud occidentale dell’altipiano della Giara di Serri, a circa sei chilometri dall’abitato, nell’ambito del Santuario nuragico di Santa Vittoria, si trova la piccola chiesa campestre di Santa Vittoria costruita sopra i resti di un Nuraghe a corridoio di tipo arcaico. Si ritiene che il nome Santa Vittoria, forse, identificasse cittadine sacre e fortificate poste su altopiani inaccessibili, ultimi rifugi dell’antica religione, luoghi poi strappati con la violenza dai Cristiani ai sardi, e ribattezzati appunto con questo nome. alla chiesa, restaurata di recente, si accede attraverso un arco a tutto sesto facente parte di un portico ormai diroccato di cui rimane, oltre all’arco sopraccitato, un basso muretto posto frontalmente alla porta d’ingresso dell’aula rettangolare che costituisce l’attuale chiesa. All’interno si conservano, sul lato destro, quattro archi, murati ma ancora ben visibili, che in passato comunicavano con la navata laterale destra, mentre di quelli che certamente esistevano sul lato sinistro non rimane traccia evidente in quanto la facciata del muro è stata completamente intonacata. Il tetto, a doppio spiovente, è ricoperto esternamente da tegole, mentre all’interno è costituito da tavole in legno sostenute da sei capriate in legno di ginepro e di castagno.su una di queste travi di ginepro si trovano incise delle lettere maiuscole con un numero, 1848, che probabilmente sta ad indicare una data. Considerato il carattere sacro di tutto il complesso, si suppone che dove oggi sorge vi sia stato un precedente edificio di culto cristiano sin dai tempi antichi, forse risalente ai primi secoli del terzo millennio. Ancora oggi consacrata, abitualmente la chiesa è chiusa al pubblico, ma è oggetto di culto da parte dei fedeli, che vi si ritrovano in occasione della Festa della Santa, comunque, ma a riChiesta, rivolgendosi alla Cooperativa Santa Vittoria che custodisce l’intero complesso, è possibile visitarla. La Festa di Santa Vittoria, che si svolge ogni anno l’11 settembre, prevede una processione con cavalieri ed auto, e con le statue della Santa, sia quella antica che quella nuova, portate dalla chiesa parrocchiale di San Basilio Magno alla piccola chiesa campestre, dove si celebra la messa e manifestazioni civili con esibizioni del gruppo folk e musica trdizionale. Il Santuario federale di Santa Vittoria con il suo pozzo sacroIl sito archeologico di Santa Vittoria è composto da un grande villaggio nuragico della fine del secondo millennio avanti Cristo, che si estendesu un’area di circa quattro ettari, posta su un’altura in posizione dominante e difesa da alti bastioni. Si tratta di un grande villaggio, uno dei più grandi tutta la Sardegna, ed il nome di Santuario federale di Santa Vittoria deriva dalla presenza, all’interno del villaggio, di un’ampia zona sacra. Il villaggio è costituito da due settori, e presenta una parte che aveva funzioni politiche e amministrative ed un’altra prettamente civile e religiosa. È presente, all’interno del villaggio, un’ampia zona chiamata recinto delle feste, formata da cinque grandi capanne, delle quali tre sono circolari, ossia il recinto dell’ascia bipenne, il recinto con sedile e la Fonderia, mentre due sono quadrate, ossia la Casa del focolare e la Cucina. È presente poi la Capanna delle riunioni con i sedili disposti in cerchio, del diametro di settantacinque metri, che ospitava un porticato interno ed era circondata da piccoli vani nei quali si ritiene venissero ospitati i partecipanti alle cerimonie sacre provenienti da zone anche molto lontane. Poco discosta è la cosiddetta Casa del capo, la capanna più rifinita, forse sede del capotribù, con un ampio vestibolo quadrangolare. La zona sacra adiacente al recinto delle feste ed alla capanna delle riunioni comprende il pozzo sacro, realizzato con pietre di basalto e calcaree, con la pianta a buco di serratura, con un diametro di due metri ed una profondità di tre metri. Vicino al pozzo, si trova il Tempio ipetrale, ossia privo di copertura, a pianta quadrangolare, contornato da tre capanne circolari. Un altro Nuraghe si trova a fianco del tempio. Nei dintorni dell’ingresso si trova un altro complesso formato principalmente da abitazioni, tra le quali la capanna più grande di tutto il sito, chiamata La curia, con un diametro interno di undici metri ed i muri spessi circa due metri, dotata di sedili lungo il muro interno sopra i quali c’è una corona di pietre infisse orizzontalmente nel muro ad una altezza di circa due metri. Probabilmente era un edificio pubblico per le riunioni della comunità. All’interno si trova anche una vasca di calcare, con a fianco un betilo conico, intorno al quale sono stati trovati resti di animali sacrificati, ed anche statuine rappresentanti gli stessi animali. Vicino alla curia c’è il cosiddetto recinto di giustizia dove si suppone si tenessero i giudizi degli dei. Si ritiene che il sito sia stato utilizzato fino dal settimo secolo avanti Cristo, e l ultima fase di vita del Santuario sembra collocabile intorno al secondo secolo dopo Cristo, quando un violento incendio avrebbe posto la parola fine alla sua millenaria storia. Secondo Torquato Taramelli, che vi ha condotto le prime campagne di scavo, si sarebbe trattato di un celebre episodio ricordato dalle fonti antiche, avvenuto intorno al 177 avanti Cristo, quando i Romani avrebbero fatto strage di locali che erano soliti riunirsi per feste comunitarie della durata di parecchi giorni. In seguito i dominatori vi avrebbero lasciato un presidio militare, che si sarebbe mantenuto fino all età bizantina, quando è sorta la chiesa di Santa Vittoria, oggi visibile nella ricostruzione di epoca giudicale. In alcuni pozzi sacri, nei solstizi o negli equinozi si verifica il fenomeno della Luce dal foro apicale, per il quale il sole penetra nel pozzo dal foro presente alla sommità della tholos, e va a riflettersi in questo specialissimo specchio sacro. La teoria, inoltre, afferma che ogni diciotto anni e mezzo, nel momento della sua massima declinazione, sarebbe la luna a specchiarsi nell’acqua del pozzo, facendo filtrare la sua luce. |
Alcuni studiosi ritengono che i pozzi sacri siano, in generale, frutto di un raffinato calcolo teso a determinare l’orientamento astronomico. Uno spettacolo luminoso di grande efficacia si verificherebbe il giorno del solstizio d’estate. Si ritiene che in questo giorno la luce del sole sarebbe entrata dal foro presente alla sommità della tholos e, progressivamente, sarebbe scesa fino a raggiunge, al mezzogiorno esatto, il luogo dove si trovava il livello dell’acqua che era presente all’interno del pozzo. I bronzetti di Serri, più recenti di quelli di UtaAll’interno del Santuario federale di Santa Vittoria sono stati rinvenuti Numerosi bronzetti che sono conservati oggi nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Sono bronzetti diversi da quelli rinvenuti a Uta, rappresentano guerrieri con abbigliamento ed acconciature evolute, i capelli non sono corti ma raccolti in lunghe trecce, l’elmo ha corna più lunghe, gli scudi sono più elaborati e non compaiono più alcune armi come il boomerang. Vengono, quindi, ritenuti più recenti, presumibilmente realizzati tra il decimo ed il settimo secolo avanti Cristo, ossia dopo l’emigrazione degli Shardana seguita alla grande catastrofe del 1200 avanti Cristo forse da parte degli Shardana rimasti sull’isola oppure, secondo un’ipotesi di Leonardo Melis, da quelli che vi tornarono e che i Greci chiamarono Fenici. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Serri ci recheremo ad Escolca che visiteremo con il suo centro ed i dintorni nei quali si trova il Nuraghe Mogorus ancora da scavare, il villaggio abbandonato di San Simone, e su Nuraxi Mannu. |