I dintorni di Sinnai con il parco dei Sette Fratelli e del Monte Genis
In questa tappa del nostro viaggio, visiteremo i dintorni di Sinnai dove vedremo le Chiese campestri e la foresta demaniale dei Sette Fratelli e del Monte Genis, e con la sua bella costiera meridionale. Visita dei dintorni di SinnaiVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Sinnai, sono stati portati alla luce i resti delle fonti sacre di Is Cortis A, Is Cortis B, Mitza Crubetta, Santu Basileddu; delle Tombe di giganti di Arcu Su Crabiolu, Baiocca I, Baiocca II, Campu Omu, Conca ’e Idda, Ferricci, Funtana Landiri I, Funtana Landiri II, Is Berrittas, Sa Rocca Arrubia, San Paolo, Sant’Itroxia, Su rei, Su Zinnibiri, Taulaxia I, Taulaxia II, Taulaxia III, Zinnibireddu I, Zinnibireddu II; dei Protonuraghi Funtana ’e Landiri, Lepuri, Longu; dei Nuraghi complessi Antiogu Oi, Antoniola, Cirronis I, Crabili Serreli, Cuccuru Gravellu, Cuccuru San Giorgio, dell’Isolotto, Ferricci, Is Arredellus, Maxia, Mont'Arbu, S’Arrideli, Sa Castangia, Sa Perdera, Su Fromigosu, Su Gallesu, Zinnibireddu; dei Nuraghi semplici Baccu Mereu, Bruncu S’Allegau, Bruncu Senzu, Bruncu Su Castiu, Bruncu Su Pisu, Cannaxera I, Cannaxera II, Cirronis II, Conca Santinta, Correxerbu, Costa Fonai, Cott'e Baccas, Cuccuru Nuraxi Baiocca, Cuili Sirigu, Garapiu, Genn'e Bentu, Genna ’e Mari, Is Berrittas, Lorenzu Origa, Maletta I, Maletta II, Masoni Porcus, Monti Eccas, Monti Saius, Nuraxeddu, Pireddu, Pirreu, S’Arcu S’Arcedda, Sa Fraigada, Sa Guardia di Ferricci, San Gregorio, Sant’Itroxia, Serraidda, Su Crabiolu, Su Crastadroxiu, Zurreddu; dei Nuraghi Bruncu Scala Suergiu, Giria Corona, Monti Eccas II, Mustatzu, Sa Tuppa Is Procaxius, tutti di tipologia indefinita; ed anche degli insediamenti abitativi preistorici di Canesisa, e di Su rei. I dintorni di Sinnai si sviluppano ad est dell’abitato, per cui dal paese vedremo le prime località che si trovano ad est e a nord est, mentre a tutte le altre località, compreso il parco Naturale dei Sette Fratelli e del Monte Genis, si può arrivare solo dopo aver attraversato il territorio del comune di Maracalagonis, che si trova subito a sud rispetto a Sinnai. Del territorio Comunale di Sinnai fa parte anche l’isola amministrativa nella quale si trova la sua costiera, che si trova isolata dopo il territorio di Maracalagonis, e che visiteremo in una prossima tappa del nostro viaggio. I dintorni di Sinnai ad est dell’abitatoVediamo ora che cosa si trova nei dintorni di Sinnai che si sviluppano ad est dell’abitato, per cui dal paese vedremo le prime località, che si trovano ad est e a nord est del paese. A tutte le altre località, compreso il parco Naturale dei Sette Fratelli e del Monte Genis, potremo arrivare solo dopo aver attraversato il territorio del comune di Maracalagonis. Il monumento in ricordo del primo aereo civile precipitato in Sardegna nel gennaio del 1953Dal centro di Sinnai, arrivati nella piazza Sant’Isidoro dalla via Funtanaziu, prendiamo a sinistra la via Giuseppe Dessì, che si dirige verso nord. Percorsi poco più di duecento metri, incrociamo la via Is Mitzas e la seguiamo per due chilometri e duecento metri finché la strada termia e si immette in una traversale, che prendiamo verso destra. Procediamo verso nordest e, dopo un chilometro e quattrocento metri, svoltiamo a destra e, dopo settecentocinquanta metri, troviamo nella campagna il Monumento in ricordo del primo aereo civile precipitato in Sardegna. Il 26 gennaio del 1953 un aereo della compagnia aerea LAI partito pochi minuti prima dall’aeroporto di Cagliari con destinazione Roma Ciampino, precipitò al suolo in località Cuili de Cuaddus a circa quattro chilometri a nord del paese in territorio di Sinnai, provocando la morte di tutte le persone che si trovavano a bordo. Lo schianto fu terribile, e a detta di molti soccorritori fu impossibile identificare e ricomporre molti dei corpi delle vittime. Poco prima della sciagura il comandante dell’apparecchio, Giacomo Solaini, aveva avvisato l’aeroporto di Cagliari che l’aereo sarebbe rientrato, senza specificare i motivi di questa decisione. Sul volo della sciagura si sarebbero dovuti trovare i giocatori del Fanfulla, di ritorno dalla partita del campionato di Serie B, giocata a Cagliari. Per una fortunata coincidenza la società decise di cambiare i biglietti con quelli del volo precedente. Nell’incidente persero la vita Marco Baroni, il massaggiatore della squadra, il commissario di campo renato Gianni e l’arbitro torinese Ermanno Silvano. Oltre a loro, morirono altri 12 passeggeri ed i quattro membri dell’equipaggio. Nella zona remota tra le montagne di Sinnai, in ricordo dell’incidente, nel 1995 è stato edificato un monumento su disegno di Benigno Moi, opera dello scalpellino Mario Anedda. Il monumento appare come una sorta di portale, con vista sull’abitato di Sinnai e sul golfo di Cagliari, e si compone di un imponente lastra di granito sostenuta da cinque colonne, che ricorda vagamente un antico Dolmen. A poca distanza presente una sorta di altare, con una particolare incisione che ricorda un oggetto che, cadendo dal cielo, esplode. La Chiesa campestre di San BartolomeoDal centro dell’abitato, partendo dalla piazza Sant’Isidoro prendiamo alla destra della Chiesa parrocchiale di Sant’Isidoro Agricoltore la via Lombardia. Dalla Chiesa, proseguiamo lungo la via Lombardia per un’ottantina di metri, poi svoltiamo a sinistra nella via Veneto, e dopo una settantina di metri svoltiamo a destra nella via Emilia. Dopo settecento metri, passato l’incrocio con la via della Circonvallazione, la via Emilia diventa il prolungamento della via Emilia, che esce dall’abitato di Sinnai verso nord est. Percorso un chilometro e quattrocento metri, arriviamo a un bivio, dove prendiamo verso sinistra la Strada di Santu Barzolu, ossia di Santu Barzolu, dopo un chilometro e duecento metri troviamo, alla destra della strada, la deviazione nella strada bianca che porta al Parco di San Bartolomeo, all’interno del quale si trovala Chiesa di San Bartolomeo dedicata ad uno dei dodici apostoli, il cui nome compare nei tre vangeli sinottici di Matteo, Marco e Luca, invece Giovanni gli dà il nome di Natanaele, e narra la conversione di questo apostolo, uomo di Cana, carattere schietto e meditativo, condotto a Gesù dal suo amico Filippo. Gesù lo definì un vero Israelita, in cui non si trova inganno. Il suo culto a Sinnai arriva al tempo dei Bisantini, e Sinnai, che ama l’autenticità della fede, essendo egli un apostolo, ne diventa fedele e gli costruisce una piccola Chiesa, i cui ruderi si trovano ancora all’interno del recinto dell’invaso imbrifero di Santu Barzolu. Negli anni novanta del secolo scorso, per volere del parroco della Chiesa di Sant’Isidoro, con l’apporto economico della comunità sinnaese e il volontariato di molti fedeli, al di là di un ruscello, su un territorio donato dal sinnaese Raffaele Olla, sono starti edificati il parco e l’attuale Chiesa campestre di San Bartolomeo. Dal 1990 in poi, a settembre, presso questa Chiesa campestre si celebra la Festa di San Bartolomeo, una festa che dura dai tre ai cinque giorni, e che ogni anno sta crescendo sempre di più nella stima della gente del luogo e di tutto il comprensorio. Nei giorni della festa viene proposta ai partecipanti la Sagra delle Fave, per la quale vengono alletite bancarelle relative all’evento Sinnai Crea. Il bacino idrico di Santu BarzoluDa dove avevamo preso la deviazione per il parco, proseguiamo lungo la Strada di Santu Barzolu che, dopo quattrocentocinquanta metri, termina di fronte al cancello che porta al Bacino idrico di Santu Barzolu che è ottenuto con due sbarramenti e consente l’approvvigionamento idrico per il comune di Sinnai. Subito passato il cancello, si accede alla diga Sinnai I, lo sbarramento sul rio Santu Barzolu, progettatodall’ingegner Gustavo Ravot nel 1891, costruito in località Cuccuru Sa Cresia a partire dal 1892 dalla ditta Barbera ed inaugurato il 15 luglio del 1894. Si tratta di una diga a gravità ordinaria a muratura da pietrame, caratterizzata da 10 metri di altezza sulla fondazione, che determina un bacino di 30mila metri cubi di invaso utile. Accanto alla diga, sono ancora oggi visibili i resti dell’antica Piccola Chiesa di Santu Barzolu, demolita e sostituita dalla più recente Chiesa di San Bartolomeo, che abbiamo già descritta. Più in alto, a quasi mille metri di distanza in linea d’aria, è presente un altro sbarramento sul rio Santu Barzolu, la diga Sinnai II, che determina il secondo bacino artificiale, il più grande dei due che sono stati ottenuti con gli sbarramenti del rio omonimo. Lo sbarramento, progettatodall’ingegner Giorgio Marini del 1965 e costruito in località Cuili Is Coccus tra il 1967 ed il 1969 dalla Dipenta, è del tipo a gravità ordinaria in calcestruzzo a pianta rettilinea. La diga è alta 29 metri e determina un bacino di 215mila metri cubi di invaso utile, assolve ai compiti di regolazione per soli scopi potabili e di laminazione delle piene, ed è attualmente gestita dal Comune di Sinnai. La strage di Cuili Is Coccus del 1991 per la quale viene commesso il più grave errore giudiziario della storiaNella campagna di Sinnai, in località Cuili Is Coccus, l’8 gennaio del 1991 avviene la cosiddetta strage di Sinnai, l’omicidio di tre pastori per la quale viene ingiustamente condannato all’ergastolo il pastore Beniamino Zuncheddu, nato nel 1964 a Burcei. L’omicida è arrivato all’ovile dei Fadda a bordo di uno scooter Vespa, ed ha sparato prima a Gesuino di 56 anni, che si trovava nella strada di accesso, per poi risalire in direzione del recinto di bestiame e fare fuoco contro Giuseppe di 24, proprietari dell’ovile. Il loro dipendente Ignazio Pusceddu, di 55 anni, viene freddato mentre si trova all’interno di una baracca assieme al genero di Gesuino, Luigi Pinna di 29 anni, che viene ferito. La pista che imboccano gli investigatori è subito quella della faida tra famiglie di pastori, per i contrasti tra i Fadda e gli Zuncheddu, culminati anche nell’uccisione di alcuni capi di bestiame. Determinante per l’arresto e poi la condanna di Beniamino Zuncheddu è la testimonianza del sopravvissuto, Luigi Pinna, che inizialmente interrogato, sostiene di non aver riconosciuto l’aggressore che aveva la faccia coperta da una calza, salvo poi cambiare versione e accusare Zuncheddu, influenzato durante le indagini preliminari da Mario Uda, il dirigente di polizia che mostra al teste, prima che questi venga interrogato, una foto di Beniamino Zuncheddu, additandolo come il colpevole degli omicidi. Zuncheddu dichiara che non era sul posto ma non ha testimoni, viene condannato all’ergastolo, e trascorre gli ultimi trentadue anni nelle carceri sarde di Badu ’e Carros, Buoncammino e Uta, sotto stretta sorveglianza. Finché, nel 2021, l’avvocato Mauro Trogu convince la procura a riaprire il caso con un processo di revisione per esaminare nuove prove, ed il 26 gennaio 2024 la Corte d’Appello accoglie le richieste del procuratore generale, e dichiara Beniamino Zuncheddu innocente per non aver commesso il fatto, cancellando, dopo 33 anni, la condanna all’ergastolo emessa nei suoi confronti. L’importante frazione TasonisDal centro dell’abitato, partendo dalla piazza Sant’Isidoro prendiamo la via Lombardia, alla sinistra della quale si trova la Chiesa parrocchiale di Sant’Isidoro Agricoltore. Dalla Chiesa, proseguiamo lungo la via Lombardia per un’ottantina di metri, poi svoltiamo a sinistra nella via Veneto, e dopo una settantina di metri svoltiamo a destra nella via Emilia. Dopo settecento metri arriviamo all’incrocio con la via della Circonvallazione, qui svoltiamo a destra nella via della Circonvallazione, la seguiamo per quattrocento metri e svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Sant’Elena, che esce dall’abitato di Sinnai verso est. La via Sant’Elena, dopo un chilometro e duecento metri, continua sulla Strada Comunale Sinnai Tasonis. Dopo tre chilometri e seicento metri, invece di proseguire sulla strada che diventa sterrata, svoltiamo a destra per rimanere sulla Strada Comunale Sinnai Tasonis, che, dopo settecnto metri, arriva all’ingresso dell’importante frazione Tasonis (altezza metri 158, distanza 8.2 chilometri, circa 179 abitanti), il cui nome è probabilmente è legato al termine sardo Tasoni che indica un anfratto tra le montagne usato per disporre reti adibite alla cattura di uccelli. In effetti a Tasonis vi è ancora una notevole presenza di fauna, specie formata da volatili. La vegetazione è rigogliosa e sicuramente sino a non molto tempo fa doveva essere ancora presente la secolare foresta vergine. Il suo fertile territorio è stato abitato sino da tempi remoti e sono presenti testimonianze della civiltà nuragica. La storia della frazione Tasonis è molto interessante, infatti la località viene scelta come propria dimora da alcuni nobili personaggi europei. Valorizza il suo territorio il console francese Emanuele Cottard, che, verso il 1825, vi impianta una tenuta agricola e costruisce la grande Villa Tasonis, nella quale abita con un servo nativo della Corsica chiamato Giovan Battista Diggioni, e le abitazioni per il personale che lavora nei suoi campi. I resti della Villa Tasonis si trovano un poco più a nord dell’attuale abitato. Nel 1851 viene venduta ad acquirenti inglesi, tra i quali Carlo Guglielmo Egerston Spicer, che costruisce una Cappella per gli operai della sua tenuta. Ne diviene, in seguito, proprietario l’austriaco conte Arthur Des Fours Walderode, che vi dimora a lungo ed allaccia anche relazioni con note famiglie della borghesia cagliaritana che nella prima metà del novecento usano trascorrere periodi di vacanza nelle loro ville a San Gregorio, località confinante con l’allora tenuta del conte. Il territorio della tenuta presentava una foresta rigogliosa, la popolazione di Sinnai ha memoria di battute di caccia nella foresta di Tasonis alle quali prendevano parte Cadetti della famiglia Imperiale d’Austria. All’inizio della Prima Guerra mondiale i Conti Des Fours lasciano Tasonis per poi farvi ritorno per breve tempo verso il 1950. Verso il 1930, il territorio viene dato in affitto, allo scopo di fondare una colonia montana, a Monsignor Virgilio Angioni, fondatore dell’Opera del Buon Pastore di Cagliari, che riapre anche per un breve periodo l’Oratorio, che in seguito viene distrutto. Oggi nella frazione Tasonis, abbondonata l’attività agricola, demolito l’Oratorio ed abbandonata la Villa Tasonis della quale non rimangono che le rovine, l’economia è caratterizzata dai suoi insediamenti turistico residenziali. Nei dintorni sono, infatti, presenti lo stagno di Tasonis, un piccolo invaso dove è facile trovare anatre e uccelli acquatici, ed una bella foresta nella quale si trova il busto in ricordo dell’ingegner Felice Giordano, tra le cui opere di ingegneria idraulica si ricorda la diga di Corongiu. Nella foresta si trova anche il cippo posto nel 2016 in ricordo di Simeone Camalich, l’elicotterista morto nel 1991 nel suo elicottero della Eli Alpi che, precipitato durante una operazione di spegnimento di un incendio ai piedi del monte Serpeddì, poco dopo si è schiantato in un costone roccioso. Simeone Camalich era stato un atleta, per alcuni anni fra i migliori ranisti italiani. Il bacino artificiale di Corongiu con le dighe che lo hanno generatoA nord est rispetto all’abitato della frazione, si trovano i laghi che costituiscono il Bacino artificiale di Corongiu. Per raggiungerli, da dove eravamo arrivati nella frazione Tasonis proseguiamo in direzione est e poi verso sud con la via Arthur Des Fours Walderode, dopo un chilometro e quattrocento metri usciamo dall’abitato e continuiamo sulla strada parzialmente a traffico limitato. Percosi cinquecentocinquanta metri, svoltiamo a sinistra ed entriamo nel Villaggio Tasonis, percorsi novecento metri svoltiamo a destra per rimanere sul Villaggio Tasonis in una strada a traffico limitato che, dopo circa un chilometro e mezzo, porta al bacino artificiale di Corongiu. Il più antico dei laghi di Corongiu risaliva a quando, su progetto dell’ingegner Felice Giordano, era stata terminata la costruzione della prima delle tre dighe a gravità ordinaria in muratura di pietrame e malta sul rio Bau Filixi, i cui lavori si erano protratti dal 1861 al 1867. La diga Corongiu I era alta 21 metri e mezzo, e generava il bacino artificiale che alimentava Cagliari dal 1867 e, tra il 1871 e il 1875, anche Pirri, Monserrato, Selargius, Quartucciu e Quartu Sant’Elena. E Camillo Benso conte di Cavour, nel 1857 scriveva all’Intendente generale di Cagliari «Dal fattone esame rimasi convinto che quest’opera riuscir deve di somma utilità non solo alla città di Cagliari, ma all’intera Sardegna. Finché Cagliari difetterà di acqua, il suo porto sarà sfuggito dai naviganti ed il commercio marittimo resterà stazionario. A parer mio questa opera è la più feconda, in utili risultati, la più giovevole all’Isola, che intraprendere si possa nelle attuali circostanze». In seguito, la diga viene demolita nel febbraio del 1969 a causa del deterioramento della muratura. La diga successiva, la Corongiu II, è una delle due attualmenta attive, posizionata più a sud, è alta 19 metri e mezzo, e la sua costruzione è avvenuta negli anni dal 1913 al 1915 su progetto dell’ingegner De Gioannis. La diga più recente, la Corongiu III, è posizionata più a nord est rispetto alla Corongiu II, è alta 41 metri, e la sua costruzione è avvenuta negli anni dal 1931 al 1937 su progetto degli ingegneri De Gioannis e Crespi. Il sistema delle due dighe genera i bacini artificiali di Corongiu, con invasi della capacità di oltre 4.3 metri cubi di acqua per uso potabile, ed alimentano l’acquedotto di Cagliari per l’approvvigionamento idrico della città e delle cittadine vicine. I due laghi risultano il più grande invaso per uso potabile realizzato in Sardegna. La Chiesa campestre di Sant’Elena ImperatriceDal centro dell’abitato, partendo dalla piazza Sant’Isidoro prendiamo la via Lombardia, alla sinistra della quale si trova la Chiesa parrocchiale di Sant’Isidoro Agricoltore. Dalla Chiesa, proseguiamo lungo la via Lombardia per un’ottantina di metri, poi svoltiamo a sinistra nella via Veneto, e dopo una settantina di metri svoltiamo a destra nella via Emilia. Dopo settecento metri arriviamo all’incrocio con la via della Circonvallazione, qui svoltiamo a destra nella via della Circonvallazione, la seguiamo per seicento metri e svoltiamo a sinistra la strada bianca indicata come Traversa della via Sant’Elena, che esce dall’abitato di Sinnai verso est. La traversa, in settecento metri, ci porta di fronte alla Chiesa di Sant’Elena Imperatrice. Non sappiamo quando è stato edificato il suo primitivo impianto, ma l’intitolazione alla madre dell’Imperatore Costantino, venerato in Sardegna come un Santo, farebbe risalire la Chiesa al periodo bizantino, epoca in cui è documentata la presenza nel territorio di varie comunità monastiche. La prima documentazione risale al 1730, quando il parroco di Sinnai informa delle sue precarie condizioni, come attesta un altro scritto del 1790, ed anche lo storico Angius la segnala in rovina. Solo nel 1926 la Chiesa viene ricostruita sul luogo di un’altra più antica dedicata alla stessa Santa, grazie all’impegno della popolazione, che nei secoli è sempre rimasta devota a Sant’Elena. L’edificio, recentemente restaurato, ha un unico ingresso sulla facciata, con un lunotto ad arco sito superiormente ad un frontone che ripone gli archi a sesto acuto, nella cui chiave è situata la croce in ferro battuto. Elemento significativo emergente nella facciata sono i due campanili situati nei lati, che bilanciano la composizione della facciata secondo tematiche tardo barocche. Le parti laterali e il retro della Chiesa non presentano elementi architettonici di rilievo. All’interno nella parete di fondo corrispondente a quella dell’altare è ubicata una scala che conduce alla sacrestia, sita ad livello inferiore a quello della navata. Sull’altare si trova un piccolo simulacro in legno policromo, che viene portato a spalla su una portantina lignea dal gusto barocco, in occasione della processione intorno alla piccola Chiesa. La Festa di Sant’Elena è anticipata dalla Sagra della Mandorla, che si svolge il giovedì che precede l’ultima domenica di agosto. Il venerdì, dopo la messa in parrocchia, il simulacro più grande, viene trasportato dalla Chiesa parrocchiale alla sua piccola Chiesa, in un ricco cocchio trainato da buoi ornati a festa, con la partecipazione dei fedeli di Sinnai e dei paesi vicini. La domenica mattina si celebra nella Chiesa campestre la messa solenne, e la sera, dopo la messa vespertina, si svolge la processione serale nella campagna attorno alla piccola Chiesa, con la benedizione dei campi. Il lunedì avviene il rientro in parrocchia e, il giorno dopo, la processione conclusiva lungo le vie del paese. I dintorni di Sinnai raggiungibili dopo aver attraversato il territorio di MaracalagonisA tutte le altre frazioni ed alle altre località, compreso il parco Naturale dei Sette Fratelli e del Monte Genis, potremo arrivare solo dopo aver attraversato il territorio del comune di Maracalagonis. Nella frazione San Basilio troviamo la Chiesa di San Basilio MagnoDal Municipio di Sinnai prendiamo, verso sud, il viale della Libertà, che diventa la SP15, porta nell’abitato di Maracalgonis, da dove proseguiamo con la SP15 fino ad arrivare, dopo quasi cinque chilometri e mezzo, a una rotonda, alla quale la terza uscita ci porta sulla SS125 Orientale Sarda. Percorsi altri ottocento metri lungo la SS125 Orientale Sarda, subito dopo il cartello indicatore del chilometro 24, prendiamo sulla sinistra la via San Basilio, che ci porta all’interno della frazione San Basilio (altezza metri 123, distanza 16 chilometri, circa 27 abitanti). Qui, la via San Basilio ci porta, in meno di duecento metri, a vedere sulla sinistra la facciata della bella seicentesca Chiesa di San Basilio Magno che si trova in un territorio a suo tempo ceduto dal feudatario in uso promiscuo ai comuni di Mara e Sinnai, e di cui una sentenza del 1850 assegna al comune di Sinnai la giurisdizione civile e alla parrocchia di Maracalagonis la giurisdizione religiosa. La Chiesa è stata costruita presumibilmente nella seconda metà del cinquecento sul sito della Chiesa preesistente, forse medio bizantina, dato che una Chiesa di San Basilio identificabile con quest’ultima viene menzionata nell’inventario dei beni della Mensa Arcivescovile di Cagliari redatto nel 1365, poiché situata nel Salt de San Basil que afronta de un cap al salt de Corongio e salt de Mara e salt de S. Maria de Paradis. Dal 1599 viene menzionata tra le Chiese filiali della parrocchiale di Mara. Nel corso dei secoli è stata sottoposta ad interventi di manutenzione e restauro che non sembra abbiano sconvolto il suo aspetto originario, cosa che non è avvenuta neppure durante le vicende più recenti tra le quali nel 1975 è stata sottoposta ad importanti lavori durante i quali sono state demolite alcune superfetazioni del 1965, è stato ricostruito il prospetto posteriore con le pietre di demolizione, sono state sostituite le parti fatiscenti della copertura lignea e rifatto il tetto col riutilizzo delle tegole sarde ancora integre e la sostituzione di quelle rotte con altre, sempre sarde e antiche, provenienti da demolizioni. È stato restaurato anche il loggiato, nei punti dove mostrava cedimenti, ed il muro di cinta del complesso, seguendo lo stesso criterio utilizzato per il muro frontale del presbiterio. La Chiesa ha una forma rettangolare, con una sola navata, ed è preceduta all’esterno da un piccolo loggiato, ai lati dei quale si trovano dei larghi muretti usati come sedili. Al centro di questo loggiato si trova la porta di accesso alla Chiesa. Degno di nota è l’architrave litico della porta principale, impostato su due mensole a cartiglio di gusto classicista decorate da corpose rosette in rilievo. Oggi il piazzale antistante la Chiesa è particolarmente curato grazie all’intervento dei giovani del paese che con i fondi stanziati della regione e dal comune hanno completamente sistemato la zona. Nel piazzale sono presenti tre stanzette staccate dal corpo della Chiesa, ossia tre cumbessias, che un tempo servivano come alloggi per il parroco e gli accompagnatori, ed attigua a queste c'è la stanza che alloggiava Su Còciu, ossia il cocchio del Santo. Ancora oggi la Festa campestre di San Basilio Magno, che si celebra l’ultima domenica di agosto, è molto sentita dai Maresi, tanto che molti accompagnano a piedi in solenne processione, dalla parrocchiale di Maracalagonis sino alla Chiesa a lui intitolata, il simulacro del Santo, collocato a bordo de Su Còciu unitamente a quello di San Gregorio. Per l’occasione vengono edificate delle capanne che accoglieranno i fedeli nel periodo della festa, mentre la statua del Santo viene ospitata nella Chiesa a lui dedicata. La domenica, dopo i riti religiosi, si organizzano numerose manifestazioni civili, con balli e canti. I festeggiamenti vedono anche l’allestimento di diverse sagre, come quella della pecora, dell’uva e del pomodoro, nelle quali vengono esposti prodotti gastronomici ed oggetti di artigianato. Conclusi i riti religiosi e le manifestazioni civili, il lunedì la statua del Santo viene riaccompagnata in processione a Maracalagonis. La frazione Villaggio delle MimoseDa dove siamo arrivati alla località San Basilio, proseguiamo per poco più di un chilometro sulla SS125 Orientale Sarda, e, seguendo le indicazioni, troviamo la deviazione sulla destra nel viale delle Mimose, che, dopo ottocento metri, ci porta all’interno della frazione Villaggio delle Mimose (altezza metri 203, distanza 20.4 chilometri, circa 89 abitanti). La frazione San PaoloProseguendo per circa cinquecento metri sulla SS125 Orientale Sarda, troviamo, alla sinistra della strada, l’accessso alla frazione San Paolo (altezza metri 200, distanza 17 chilometri, circa 38 abitanti). Nella frazione San Gregorio di Sinnai troviamo la Chiesa di San Gregorio MagnoDa dove siamo arrivati alla località San Basilio, proseguiamo lungo la SS125 Orientale Sarda per altri tre chilometri, e, subito al cartello indicatore del chilometro 27 della SS125 Orientale Sarda, una deviazione sulla sinistra ci porta nella frazione San Gregorio (altezza metri 264 sul livello del mare, abitanti circa 40), che si trova proprio ai piedi delle verdeggianti montagne dei Sette Fratelli, la catena montuosa più alta del sud della Sardegna. San Gregorio era il luogo più ricercato dalla borghesia cagliaritana per le vacanze, dove parchi e giardini sono stati realizzati per abbellire ulteriormente il borgo del cagliaritano. San Gregorio è egregiamente mantenuto in tutto il suo splendore, con ville e spazi architettonici di notevole bellezza, insieme alla Chiesa, aperta una sola volta all’anno. Qui la via San Gregorio ci porta, in circa duecento metri, nella piazza della Chiesa, dove si trova la Chiesa di San Gregorio Magno che si trova in un territorio a suo tempo ceduto dal feudatario in uso promiscuo ai comuni di Mara e Sinnai, e di cui una sentenza del 1850 assegna al comune di Sinnai la giurisdizione civile e alla parrocchia di Maracalagonis la giurisdizione religiosa. La Chiesa di San Gregorio si affaccia nella suggestiva piazza dell’ottocentesco borgo omonimo. Allo stato attuale degli studi, nulla si sa sulla sua fondazione; troviamo però numerose notizie in documenti custoditi nell’Archivio Storico Diocesano di Cagliari. La menzione più antica risale al 13 ottobre 1618, quando morì Gian Piero Lepori, che, nelle sue ultime volontà, devolse mille soldi in suo favore. Nel corso del tempo, la Chiesa ed i suoi pochi arredi, compresa la statua del Santo, furono sottoposti ad interventi di manutenzione, ordinaria e straordinaria, e a parziali ricostruzioni. L’edificio attuale è situato nel cuore di una vallata ricca di giardini e di vegetazione mediterranea, e, pur essendo di costruzione moderna, si sovrappone ad un impianto ben più antico. Secondo le scarse notizie sulla sua origine, la Chiesa originaria, infatti, sarebbe stata costruita forse nel seicento, probabilmente sopra le rovine di un’antica stazione romana, e riedificata intorno al 1818. La sua facciata, con terminale a duplice inflessione sovrastato dal campanile a vela, è preceduta da un piccolo loggiato. La Chiesa, internamente, è costituita da un’unica aula mononavata con copertura lignea, terminante a sud ovest, senza soluzione, con il presbiterio, a destra del quale si trova la sacrestia. Gli abitanti di Maracalgonis celebrano la Festa campestre di San Gregorio La prima domenica di maggio. Anche per questa festa, come per quella di San Basilio Magno, il tradizionale cocchio, ossia Su Còciu, trasporta la statua del Santo, assieme a quello di San Basilio Magno, dalla Chiesa parrocchiale nell’omonima Chiesa campestre nel borgo di San Gregorio, dove si svolgono i festeggiamenti religiosi e le diverse manifestazioni civili. Il lunedì la statua del Santo viene riaccompagnata in processione a Maracalagonis. I festeggiamenti prevedono che nel piazzale della Chiesa venga organizzato un curioso mercatino, fatto di oggetti d’antiquariato e oggetti dell’artigianato contadino. La Cappella dedicata alla Vergine ImmacolataProseguiamo sulla SS125 Orientale Sarda per poco più di tre chilometri, e, dove arriva da sinistra la SP21 proveniente da Burcei, sul valico Arco ’e Tido, a 430 metri di altezza, troviamo, alla destra della strada, la deviazione sulla Strada Vicinale di Monte Cresia. Prendiamo questa deviazione seguendo le indicazioni per il parco dei Sette Fratelli, ed, appena imboccata questa strada, ad angolo con la prosecuzione della Strada Statale, su un’altura in località Campu Omu, troviamo la Cappella dedicata alla Vergine Immacolata. Si tratta di una Cappella che è stata realizzata nel 1933 e viene gestita da La scogliera, casa per Ferie dell’Istituto Mater Gentium delle Figlie di San Giuseppe, di Solanas. La Caserma della Forestale dalla quale entriamo nella Foresta Demaniale dei Sette FratelliPercorsi meno di trecento metri lungo la Strada Vicinale di Monte Cresia, troviamo alla sinistra della strada, l’ingresso della Caserma della Forestale che cura la Foresta Demaniale dei Settefratelli. All’interno di questa caserma è presente un centro visita nel quale è possibile acquisire le principali informazioni per una corretta e sicura fruizione dei numerosi sentieri escursionistici. Ed inoltre, nella Foresta Demaniale, è stato realizzato il Museo dedicato al Cervo Sardo, un museo che propone un’ampia lettura del suggestivo mondo che avvolge il cervo sardo, attraverso preparati naturalistici, tele artistiche, diorami, spazi didattici e materiali di alto interesse scientifico. Il museo offre un’ampia lettura storico scientifica dell’articolato e suggestivo mondo che, da millenni, avvolge il cervo sardo. La Foresta Demaniale dei Settefratelli si trova nella Sardegna sud orientale, occupa il massiccio dei Sette Fratelli che è caratterizzato dalla presenza di sette cime dalle quali cui prende il nome, e nel quale si raggiunge la massima altezza con la Punta Sa Ceraxa di 1016 metri. L’area è costellata da rocce granitiche e metamorfiche. con Punta Ceraxa, e ricade all’interno del comune di Sinnai, nella città Metropolitana di Cagliari, e dei comuni di Burcei, Castiadas e San Vito, nella Provincia del Sud Sardegna. L’estensione totale della foresta è di quasi diecimila ettari ed è suddivisa in vari corpi di cui il principale è denominato Campu Omu. La foresta, una delle meglio conservate della Sardegna, da un punto di vista paesaggistico, faunistico e naturalistico, è una tra le aree più interessanti della Sardegna. Questo territorio è soggetto a tutela paesistica ed è incluso, per la quasi totalità, nel proposto Parco Naturale dei Sette Fratelli e del Monte Genis. La foresta demaniale di Sette Fratelli è una delle aree di eccellenza per il cervo sardo, che qui ha trovato rifugio ed è oggi presente in gran numero, grazie alle azioni mirate per la sua protezione e conservazione portate avanti dall’Ente Foreste della Sardegna. L’area offre, inoltre, un ambiente naturale in cui si può incontrare l’aquila, la martora e la lepre sarda, oltre al frequentissimo cinghiale. La suggestione dei toponimi ricorda come tutta la zona sia stata, fino dai tempi più antichi, oggetto di miti e leggende. Per antiche credenze, in queste cime erano di casa il diavolo, ossia Bruncu S’Eremigu Mannu, ed il piccolo diavolo, S’Eremigheddu. Sembra, inoltre, che la zona fosse frequentata da religiosi e da banditi che trovavano riparo sulle più alte delle sue cime. Su un costone roccioso della cresta dei Sette Fratelli, sempre in una località in territorio di Sinnai, nella notte del 23 febbraio 2004 è precipitato un bimotore Cessna 500 proveniente da Roma. L’aereo trasportava un cuore prelevato all’Ospedale San Camillo di Roma e destinato ad un paziente in attesa di trapianto presso l’Ospedale San Michele di Cagliari. Tutti i sei passeggeri, tre dell’equipaggio e tre sanitari, sono morti nell’incidente. Nella località Cascina Vecchia si trova il giardino botanico MaidopisPassata la Caserma della Forestale, prendiamo verso sud la Strada vicinale di Monte Cresia. Dopo centocinquanta metri deviamo a sinistra, in direzione est, verso il giardino botanico Maidopis, seguiamo questo sentiero per un chilometro e quattrocento metri ed arriviamo alla deviazione verso sinistra. La evitiamo, e continuiamo dritti In direzione sud est verso Sentiero 2, lo seguiamo per circa tre chilometri ed arriviamo in località Cascina Vecchia. Qui si trova il Giardino botanico Maidopis, che prende il nome dal rio Maidopis che lo attraversa, ed è parte integrante delle attrazioni naturali del complesso forestale dei Sette Fratelli. Il giardino è organizzato in quattro diversi temi, che sono Boschi e macchie di sclerofille, Macchie degradate e Garighe, Ambienti rupicoli, e Zone Umide. Negli spazi verdi lungo il percorso sono messi a dimora gli alberi, gli arbusti e gli endemismi della flora mediterranea e più in particolare le specie endemiche della foresta dei Sette Fratelli. Tutta l’area è caratterizzata dalla presenza di graziosi ponticelli che attraversano il rio Maidopis, da aree pic-nic e da panche per poter godere del fresco all’ombra dei lecci. Il percorso ha l’obiettivo importante di consentire la fruizione del giardino botanico anche ai non vedenti ed ai diversamente abili, con o senza accompagnatore. Il sentiero infatti è dotato di passamano in corda che accompagna il visitatore alle stazioni di sosta, composte da pannelli tattili, informativi e cassette di legno contenenti fiori, foglie o semi inerenti all’argomento della sosta. Adiacente al giardino botanico, alla sua destra, si trova un laghetto montano, mentre alla sua sinistra è presente un recinto con i cervi. La vecchia Caserma della ForestaleProseguendo verso sud lungo un sentiero, in cinquecento metri si raggiunge la Vecchia Caserma della Forestale abbandonata dopo l’apertura della nuova Caserma, che abbiamo già visitata. Nel 2018, nella nella Caserma Vecchia in località Maidopis, si è svolta la commemorazione e posa di una lapide in memoria della strage del 10 aprile del 1903, della quale sono state vittime tre guardie forestali del regno d’Italia, che vennero trucidate dai bracconieri. I ruderi del piccolo convento dei Sette FratelliSe torniamo a dove, dalla Strada vicinale di Monte Cresia, avevamo preso la deviazione a sinistra, in direzione est, verso il giardino botanico Maidopis, possiamo seguire questo sentiero per un chilometro e quattrocento metri ed arriviamo alla deviazione verso sinistra, presa questa deviazione, proseguendo dritti, dopo due chilometri e duecento metri si trova sulla destra un sentiero che conduce ai ruderi di un piccolo convento sul monte dei Sette Fratelli. In questl convento, denominato Su Gonventu, verso la metà dell’ottocento si erano stabiliti i Monaci Trappisti, cui era stato affidato il compito di assistere i pastori ed i contadini del posto, per migliorare le produzioni della terra. La frazione Monte CresiaDopo aver passato la Caserma della Forestale, continuiamo verso sud con la Strada vicinale di Monte Cresia. percorsi centocinquanta metri, evitiamo la deviazione a sinistra verso la località Cascina Vecchie a la vecchia Caserma della Forestale, e proseguendo con la Strada vicinale per tre chilometri e seicento metri, raggiungiamo la frazione Monte Cresia (altezza metri 651, distanza 25.4 chilometri, non è disponibile il numero di abitanti), una frazione turistica del comune di Sinnai situata subito nei dintorni del Monte omonimo. Nella frazione è presente il significativo Agriturismo Monte Cresia, perfettamente integrato nella cornice delle montagne, che fanno di questo luogo un vero e proprio cinema all’aperto. I resti del Nuraghe semplice Sa FraigadaProseguendo verso sud dalla frazione, percorriamo ancora tre chilometri e mezzo verso sud con la Strada vicinale di Monte Cresia e, su un altopiano duecento metri a sinistra della sterrata, a 749 metri di altezza, si trovano i resti del Nuraghe Sa Fragaida. Si tratta di un Nuraghe semplice, monotorre, costruito a 749 metri di altezza con blocchi di grandi dimensioni sbozzati, alcuni anche sagomati in forma subparallelepipeda, e disposti in filari abbastanza regolari, di quel granito che costituisce l’ossatura delle montagne del Massiccio dei Sette Fratelli. Il Nuraghe in parte ingloba nelle proprie strutture gli spuntoni del piano roccioso sul quale è posizionato, e per questo motivo presenta un perimetro esterno circolare abbastanza irregolare. È comunque una struttura così diroccata che la localizzazione del vano di accesso ad est è proposta solo in linea ipotetica. La camera, che doveva essere circolare, oggi è completamente occupata dai materiali di crollo. Un moderno ovile è addossato alle strutture del Nuraghe sul lato ovest, ed all’interno del recinto si notano sul terreno molti grumi di argilla compatta, che probabilmente sono pertinenti le antiche strutture. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, visiteremo La costiera del Campidano di Cagliari, ad est del capoluogo, che appartiene ai comuni di Quartu Sant’Elena di Sinnai e di Maracalagonis. Da Cagliari prenderemo la strada panoramica che porta dalla spiaggia del Poetto fino a Cala regina e quindi a Villasimius. Attraverseremo i numerosi insediamenti turistici presenti sulla costiera, e visiteremo tuttl le principali spiagge di questo tratto di costa. |