Terralba con l’abitato dove è nata la facies culturale di San Ciriaco ed i dintorni con il villaggio di pescatori di Marceddì
In questa tappa del nostro viaggio, da San Nicolò d’Arcidano ci recheremo a Terralba che visiteremo con il suo centro dove tra l’altro è nata la facies culturale di San Ciriaco ed i dintorni nei quali si trova il villaggio di pescatori di Marceddì. La regione storica del Campidano di OristanoIl Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell’angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all’irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l’agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. In particolare, il Campidano di Oristano è una regione della Sardegna occidentale il cui territorio apparteneva anticamente al Giudicato d’Arborea. Si sviluppa interamente nella Provincia di Oristano, e comprende i comuni di Arborea, Baratili San Pietro, Bauladu, Cabras, Marrubiu, Milis, Narbolia, Nurachi, Ollastra, Oristano, Palmas Arborea, Riola Sardo, San Nicolò d’Arcidano, San Vero Milis, Santa Giusta, Siamaggiore, Siamanna, Siapiccia, Simaxis, Solarussa, Terralba, Tramatza, Uras, Villaurbana, Zeddiani e Zerfaliu. È un territorio caratterizzato dalla presenza di zone umide di altissimo interesse naturalistico, con specie faunistiche rare. In viaggio verso TerralbaDa San Nicolò d’Arcidano prendiamo il viale della repubblica che esce verso nord come SS126 Sud Occidentale Sarda e, in circa quattro chilometri, entriamo all’interno dell’abitato di Terralba. Dal Municipio di San Nicolò d’Arcidano a quello di Terralba si percorrono 4.3 chilometri. Il comune chiamato TerralbaIl comune di Terralba (altezza metri 9 sul livello del mare, abitanti abitanti 9.689 al 31 dicembre 2021) si trova nel Campidano settentrionale, una vasta pianura di origine acquitrinosa confinante ad est con il Monte Arci e la Marmilla. È situato a nord del rio Mogoro, uno dei pochi torrenti della zona. Si tratta di un grosso centro industriale, della pesca, turistico balneare ed agricolo del basso Oristanese, situato a sud del golfo di Oristano. Il territorio Comunale, comprendente l’area speciale Stagni di Merceddi e San Giovanni, presenta un profilo geometrico regolare, con variazioni altimetriche lievi. Parte della sua superficie rientrano nelle aree della Piana di Terralba, bonificate a partire del 1918. La collocazione dell’abitato trovandosi sul percorso della SS126 Sud Occidentale Sarda, che da Marrubiu arriva fino a Sant’Antioco, ne fanno un importante crocevia verso i centri delle regioni storiche del Medio Campidano e del Sulcis Iglesiente. Al 2017 Terralba è il secondo centro abitato dell’Oristanese per abitanti dopo il capoluogo Oristano. Origine del nomeIl nome Terralba trae origine dalle locuzioni latine terra, riferita al terreno, ed alba, ossia bianca, riferita alla zona caratterizzata da una piana di terreno chiaro composto da argille biancheggianti ricoperte da uno strato di terra, sabbia e ghiaia spessa circa un paio di metri. Sul suo nome lo studioso Giovanni Spano, nel suo Vocabolario sardo geografico del 1872, scrive che «questo villaggio sarebbe stato più ragionevole di accoppiarsi qualche distintivo per non confondersi con Torralba, mentre ad altri villaggi è saltato il ticchio di farlo senza il bisogno». La sua economiaAccanto alle attività legate alle pesca, alla piscicoltura e ai servizi connessi, il perno dell’economia locale è l’agricoltura, che rappresenta una fonte di sostentamento importante per la popolazione. Le coltivazioni più diffuse sono quelle di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, olivo, agrumi, uva utilizzata per la produzione dell’omonimo vino, ed altra frutta. Terralba è famosa per i suoi vini, che venivano prodotti dalla Cantina Sociale di Terralba, una delle cantine sociali storiche della Sardegna, la terza più vecchia dell’isola dopo quelle di Monserrato e di Quartu Sant’Elena, dal 1948, anno in cui il capitano Severino lay la costituì con alcuni soci viticultori, fino alla sua chiusura nel 1995, e che oggi sono prodotti da altre cantine, soprattutto dalla Cantina del Bovale. Si pratica anche l’allevamento, in particolare di bovini, ovini, caprini, equini, suini e avicoli. Il sistema produttivo trae sostentamento anche dall’industria che costituisce un’importante fonte di occupazione, per la quale si registrano aziende che operano nei comparti della lavorazione e conservazione della frutta e ortaggi, della produzione alimentare, del tessile, dell’abbigliamento, della chimica, dei materiali da costruzione, dei laterizi, della metallica, della cantieristica, dell’oreficeria, dell’energia e dell’edilizia. è significativa anche la presenza del terziario. La vicinanza alle bellissime spiagge bagnate dal limpidissimo mare di Sardegna, insieme al sublime vino rosso Doc locale, accompagnato dai numerosi prodotti tipici, costituiscono una ragione sufficiente per attirare un notevole flusso turistico sul posto. L’apparato ricettivo offre possibilità di ristorazione e di soggiorno. Brevi cenni storiciLa presenza dell’uomo nel territorio di Terralba risale al Neolitico antico, quando i primi colonizzatori trovano un ambiente naturale ideale all’insediamento grazie alla vicinanza del Monte Arci in cui si può reperire l’ossidiana con grande facilità e ai pescosi stagni di Marceddì e San Giovanni. I più importanti siti neolitici sono quelli di Coddus Is Abionis, Santa Chiara e Bau Angius. Importante anche il sito in località San Ciriaco, che ha dato il nome alla facies culturale di San Ciriaco, sviluppatasi nel Neolitico recente, il periodo che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 4200 ed il 4000 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 3400 ed il 3200 avanti Cristo, e che viene visto oggi come un momento di passaggio tra la Cultura di Bonu Ighinu del Neolitico Medio e la successiva Cultura di Ozieri del Neolitico Finale. In epoche successive anche nella piana di Terralba si insediano le popolazioni nuragiche, e di quell’epoca rimangono diversi ruderi. Tra gli insediamenti nuragici figurano i villaggi di Pomata e Coddu su Fennugu. Di particolare interesse è un ripostiglio votivo contenente bronzetti femminili, rinvenuto in località S’Arrideli, tra i quali spiccano due statuine di donna orante e offerente e una testa femminile con un singolare copricapo ad ampia falda, conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Secondo la tradizione popolare, la storia di Terralba inizia in un villaggio sulle coste dello stagno di San Giovanni chiamato Osea, detto anche Orri, fondato da Ercole libico nel 1117 avanti Cristo. Le continue incursioni piratesche costringono, però, i suoi abitanti ad abbandonare il villaggio e trasferirsi, probabilmente nel 1017, nella vicina città di Neapolis, fondata dai Fenici e poi occupata dai Cartaginesi, divenendo uno degli scali marittimi più importanti. La città è cinta da mura, provviste di quattro torri angolari e di acquedotti in cui vengono raccolte le acque piovane come a Cartagine. Dell’epoca punica gli scavi archeologici hanno riportato alla luce un gran numero di insediamenti rurali, risalenti soprattutto al periodo tra la fine del qunito ed il terzo secolo avanti Cristo, connessi allo sfruttamento agricolo del territorio e alle attività vitivinicole. Nel 238 avanti Cristo i Romani occupano Neapolis, facendola fiorire come uno dei maggiori centri della zona. In località Pauli Putzu, nel 1960, vengono scoperte casualmente dieci tombe di epoca romana, con corredo funerario comprendente piatti, anfore, una moneta, un lacrimatoio e una lucerna. Abitata fino al periodo bizantino, Neapolis viene distrutta dalle incursioni saracene, e gli abitanti di spostano qualche chilometro nell’interno, dove verso il 1017 fondano Terralba. In un documento del 1048 nel quale e è citato un vescovo di nome Francesco compare il nome Terra Alba, mentre in un documento risalente al Giudicato di Arborea del 15 ottobre 1102 compare per la prima volta il nome Terralba. Terralba nel Medioevo appartiene al Giudicato di Arborea compresa nella curatoria di Bonorzuli, della quale diviene capoluogo in sostituzione di Neapolis, abbandonata in seguito alle continue incursioni saracene. Viene trasferita a Terralba anche la diocesi, quando anche il vescovo Mariano I porta a Terralba anche il pulpito ligneo, il crocifisso e la statua di San Pietro, che era stato patrono di Neapolis e lo diviene di Terralba. L’elevazione di Terralba a sede vescovile le permette di fiorire economicamente e divenire un centro di riferimento del circondario. In quel tempo a Terralba vi era solo la chiesetta di Santa Maria, e nel 1144 inizia la costruzione della chiesa di San Pietro. Terralba, spopolata da un periodo di carestie ed epidemie, attorno al 1413 viene concessa in feudo ai Carroz in quanto parte della curatoria di Bonorzuli. Nel 1503 la sede della diocesi viene spostata ad Ales dal Papa Giulio II della Rovere, pur conservando la denominazione di Ales Terralba Usellus. Nel 1527 Terralba subisce il saccheggio dei corsari barbareschi che si spingono nell’interno, mettono a ferro e fuoco l’abitato, e rapiscono gli abitanti che non riescono a fuggire. Nel 1580 Terralba èe ancora in rovina, e così rimane fino al 1602, quando inizia il ripopolamento, ma bisogna attendere fino al 1640 per una vera rinascita, quando il barone di Uras ne promuove il ripopolamento per acquisirne i diritti feudali, per cui il paese viene unito alla Baronia di Uras dipendente dal marchesato di Quirra, feudo dei Centelles. Di quell’epoca sopravvivono oggi tre torri edificate lungo la costa per la difesa dai pirati saraceni, la torre Vecchia, la torre Nuova e la Torre di Flumentorgiu. Nel 1718 alla dominazione spagnola subentra il dominio dei Savoia, ed il territorio di Terralba è ancora un immenso acquitrino in cui imperversa la malaria, della quale detiene il primato nell’intera Sardegna. Nel 1840, con la soppressione del sistema feudale, il paese viene riscattato agli Osorio de la Cueva, ultimi feudatari e successori dei Centelles, per cui diviene un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio Comunale. Un evento che cambia il paesaggio dell’intera piana di Terralba, e che dà una svolta definitiva alla vita dei suoi abitanti, è la grande bonifica, che si articola in due periodi, il primo tra il 1895 e il 1918, nel quale si effettua la progettazione dell’opera, mentre il secondo, tra il 1919 ed il 1920, coicide con la sua realizzazione ad opera della Società Bonifiche Sarde, che trasforma l’acquitrinosa piana di Terralba in 20mila ettari di terreno coltivabile, pur non essendo ancora del tutto risolto il problema della malaria. Nel 1928 nel territorio bonificato viene fondato il Villaggio Mussolini, che con i comuni di Marrubiu e di San Nicolò d’Arcidano viene accorpato al comune di Terralba, divenendo sue frazioni. Nel 1930 il Villaggio Mussolini viene rinominato Mussolinia ed elevato a comune indipendente, nel 1947 San Nicolò d’Arcidano ritorna un comune indipendente, e nel 1948 anche Marrubiu viene nuovamente elevato a comune indipendente, a seguito della rivolta degli abitanti dal 10 al 13 dicembre 1947 contro l’unione al comune di Terralba, culminata durante una manifestazione con l’assassinio di Terenzio Trudu. Nel 1948 nasce la Cantina Sociale di Terralba, che segna l’avvio della ripresa economica dando il via a molte altre attività commerciali ed artigianali. Nel dopoguerra si ha la completa eliminazione della malaria tramite il sostegno della Fondazione Rockfeller, che sponsorizza una grande opera di disinfezione utilizzando l’insetticida DDT. Del comune di Terralba nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella di Oristano. Il 18 novembre 2013, Terralba subisce l’alluvione dovuta alle piogge del ciclone Cleopatra, le vie della parte bassa del centro abitato vengono invase da circa un metro d’acqua, che nei seminterrati sfiora i tre metri. Personaggi nati a TerralbaA Terralba sono nati il sindaco e poi deputato Felice Porcella, il monsignor tenente colonnello Teodoro Marcias, la pittrice e scultrice Dina Pala, e padre Eliseo Lilliu. A Terralba nel 1860 nasce Felice Porcella, conosciuto ed apprezzato civilista che, dopo aver aderito al Partito Socialista, viene eletto sindaco di Terralba nel 1895, e realizza grandi opere di risanamento sociale, strade campestri, acquedotto e lavatoio pubblico, fontanelle ed il caseggiato scolastico. Diventa deputato nelle elezioni del 1913 e rimane in carica sino al 1919. Molto duro e determinato, è lo scontro politico con Enrico Carboni Boy, espressione della destra moderata e conservatrice isolana. Assieme a riformisti come Angelo Omodeo e Giovanni Pierazzuoli, è l’ideatore del grande progetto della bonifica della piana di Terralba, viene da lui infatti la proposta di legge sulla bonifica, colonizzazione e miglioramenti agrari e industriali del Campidano di Oristano. Grazie all’intervento di grandi gruppi finanziari del nord Italia come Bastogi e Banca Commerciale Italiana, agevoL’opera di bonifica, che vivrà il suo massimo splendore con la creazione del Villaggio Mussolinia, inaugurato nel 1928 dal Ministro delle Comunicazioni, Costanzo Ciano. La grande bonifica, precede la comparsa del Fascismo, che anzi, inizialmente la vede con grande diffidenza, proprio perchché non porta il suo marchio, salvo poi ascriverla a suo merito con la solenne visita, sette anni dopo, esattamente il 9 giugno 1935, da parte di Benito Mussolini. muore settantunenne nel 1931. |
A Terralba nel 1929 nasce don Teodoro Marcias, che compie gli studi umanistici filosofici e teologici presso i padri Gesuiti nel seminario di Cuglieri. Come tenente colonnello, diventa cappellano della Polizia, e poi dell’Aeronautica, fino alla pensione come cappellano capo servizio al comando militare della Sardegna, coordinatore di tutti i cappellani militari dell’Isola. Oltre che sacerdote, è anche poeta e scrittore, e coltiva una grande passione per il ciclismo. Da sempre, nel suo compito di assistenza alle Forze Armate, pone l’accento sull’attenzione all’uomo, alla persona. In guerra e in pace l’impegno del cappellano mira, prima di tutto, alla difesa della persona umana, dei suoi diritti e dei suoi bisogni. Nella Polizia e nell’Aeronautica, don Teodoro Marcias è sempre molto attento alla pastorale familiare. Inoltre, nel 1996 viene insignito dell’onorificenza di Ufficiale Ordine al Merito della repubblica Italiana. Su iniziativa di don Teodoro Marcias si deve, sul finire degli anni novanta del secolo scorso, l’edificazione della piccola Cappella di regina Pacis a Terralba. |
A Terralba nel 1933 nasce Dina Pala. Dimostra mirabili capacità sia nella pittura che nella scultura, delineando sin dalla tenera età i tratti distintivi del suo volto artistico, primo fra tutti il gusto per la sperimentazione, del colore e delle tecniche, che denotano l´interesse costante per la ricerca del nuovo. Poco più che quindicenne, durante un viaggio a Parigi, fa amicizia con Maurice, un ragazzo parigino che, conoscendo la sua passione per l’arte, la porta nello studio di Picasso, è resta folgorata dal modo di dipingere del grande maestro del Cubismo. Annoverata tra i grandi scultori già dal 1969, è stata riconosciuta quale caposcuola della corrente del Fluttuismo, da lei stessa creata, all´Art Expò di New York nel 1999. Ha esposto i suoi lavori nelle più importanti città italiane e del mondo, come Francoforte, Admen, Cannes, londra, Parigi, New York, Caracas, Hong Kong, in cui nel 1993 vince il primo premio per la Pittura, collocandosi al settimo posto nella classifica mondiale. |
A Terralba nel 1941 nasce don Eliseo Lilliu, che ha avuto la formazione e la passione per tutto ciò che è bello e per la storia del passato. Ha passato venticinque anni tra i Frati Minori Cappuccini di Sardegna, con la mansione principale di predicatore, ed è diventato oggi prete diocesano e parroco. Formatosi culturalmente a Milano, Genova, Siena, Firenze e Cagliari, ha allestito a spese proprie il Museo dei Frati Minori Cappuccini di Sanluri, che ha anche diretto per dieci anni, ed è l´ideatore e il realizzatore del Museo Pinacoteca Eliseo di Terralba. È stato anche iscritto all’albo dei giornalisti per circa dieci anni, e, sensibile e poliedrico scrittore, al suo attivo ha pubblicato ventidue opere che vanno dalla storia alla narrativa, e dalla satira commedia e poesia. Attualmente è parroco di Sant’Antonio di Santadi ad Arbus, e fino a poco tempo fa era cappellano di carcere. |
Le principali feste e sagre che si svolgono a TerralbaA Terralba svolgono la loro attività diversi gruppi folcloristici e gruppi musicali, tra i quali vanno citati il Gruppo Folk della Pro Loco di Terralba, costituito nel 1994 con lo scopo dello sviluppo del folclore e dello studio degli usi e dei costumi della popolazione terralbese, e nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale del posto; il Gruppo Folk San Ciriaco di Terralba, costituito nel 2014, con lo scopo di tramandare le tradizioni folkloristiche e culturali terralbesi, non che l’accurata ricerca sull’abbigliamento femminile e maschile antico e originale del proprio paese. Sono inoltre attivi il Coro Folk Terralba, nato alla fine del 1995 grazie alla passione di un gruppo di amici innamorati della cultura musicale e delle tradizioni popolari della Sardegna; il Coro Polifonico res Nova, nato nel 1991, che ha concretizzato numerosi concerti e rassegne proponendo un repertorio di diverse epoche e nazionalità che spazia dalla musica sacra a quella profana e popolare; e la Banda Musicale Giuseppe Verdi, complesso costituito da una trentina di giovani musicisti, non professionisti che dedicano parte del loro tempo libero alla passione per la musica, che dal 1983 è sapientemente diretto dal Maestro Giuseppe Congia. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Terralba meritano di essere menzionati il 17 gennaio, la Festa di Sant’Antonio Abate sia a Terralba che nella frazione Tanca marchese, che si prolunga dal 16 al 20 gennaio, per la quale nella notte tra il 19 e il 20 gennaio è tradizione far Festa bruciando dei falò di arbusti dedicati a Sant’Antonio patrono del fuoco, mentre nei giorni precedenti la Festa i giovani usano andare per le case a chiedere offerte o doni di cibo da consumare la sera della Festa al fuoco del falò, ed in tempi antichi la tradizione voleva che le ceneri del falò, conservate in sacchetti, servissero come amuleti per tenere lontane malattie e persone portatrici di guai; a febbraio, il Carnevale terralbese con sfilate di carri allegorici e maschere provenienti dai paesi vicini, caratterizzato dalle radizionali zeppole distribuite durante su mattisi de coa, ovvero il martedì grasso, e i malloreddus alla campidanese distribuiti dopo la sfilata della domenica; in data imprecisata tra febbraio e giugno, il Motoraduno regionale; tra le metà di giugno e quella di luglio, il Bovale Jazz Festival che abbina i concerti jazz e #1E56A7s alla degustazione di vini e dei prodotti tipici locali e ad esposizioni artistiche; il 29 giugno, la Festa patronale di San Pietro Apostolo. Ad agosto si svolgono numerose manifestazioni comprese nell’Estate terralbese, che comprendono l’8 agosto, la Festa di San Ciriaco, con una nutrita processione del Santo per il quartiere e il tipico mercato con bancarelle di ogni tipo che anima l’ultimo tratto di via Roma, strada principale del quartiere; il premio letterario in lingua sarda Maskaras, la Mostra dell’artigianato, la Sagra del vino, la Mostra fotografica, la Sagra del pesce e le Festa dei pescatori a Marina di Marceddi; la domenica successiva il ferragosto, la Festa di Nostra Signora di Bonaria a nella frazione Marceddì; solitamente l’ultimo fine settimana di ottobre, si svolgono i festeggiamenti per la Festa di Gesù Maestro, nella chiesa parrocchiale della frazione Tanca marchese; il primo lunedì di ottobre, la Festa di Santa Vitalia. Visita del centro di TerralbaL’abitato di Terralba ha conservato la sua impronta rurale senza lasciarsi condizionare dal cambiamento dei tempi, come dimostra l’assenza di evidenti segni di espansione edilizia. Pur vantando una storia quasi millenaria, Terralba non possiede monumenti pubblici di epoche anteriori all’ottocento. Questo perché fino alla fine dell’ottocento la pietra era un materiale da costruzione costoso e poco accessibile. Il materiale che veniva solitamente usato erano i mattoni crudi, un materiale più economico e fabbricabile ovunque, ma di scarsa durata nel corso dei decenni. Nonostante ciò, sono annoverabili tra i palazzi pubblici alcuni di notevole interesse. Nel rione omonimo alla periferia orientale del paese è situato quello che resta dell’insediamento di San Ciriaco, sviluppatosi nel Neolitico recente, che si estende per circa dodici ettari in gran parte all’interno del centro abitato. Il Cimitero ComunaleArriviamo a Terralba da sud con la SS126 Sud Occidentale Sarda provenendo da San Nicolò d’Arcidano che, passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, assume il nome di via Gesuino Manca. Percorsi poco più di un centinaio di metri lungo la via Gasuino Manca costeggiando il muro laterale del complesso cimiteriale, arriviamo a una rotonda dove prendiamo la prima uscita e svoltiamo a destra nella via Gioachino Rossini, la seguiamo per quasi centocinquanta metri, e vediamo alla destra della strada il muro di cinta con al centro l’ampio portale di ingresso del Cimitero Comunale di Terralba, il quale accoglie i deceduti che abitavano sia a Terralba che nelle sua frazioni Tanca marchese e Marceddì. La Palestra Comunale di via Edmondo De AmicisPercorsi poco più di un centinaio di metri lungo la via Gasuino Manca costeggiando il muro laterale del complesso cimiteriale, passata la rotonda, procediamo in direzione nord sulla via Gesuino Manca, dopo quattrocento metri questa strada va ad immettersisu una traversale che a sinistra assume il nome di via Neapolis, e a destra di via Porcella. Qui prendiamo a sinistra la via Neapolis, percorsi poco più di cinquecento metri prendiamo a sinistra la via Edmondo De Amicis, e dopo duecentotrenta metri vediamo, alla sinistra della strada, l’edificio che ospita la Palestra Comunale di via Edmondo De Amicis. Si tratta di un impianto polivalente dotato di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline la pallacanestro e la pallavolo. Il Palazzo ComunaleDove la via Gasuino Manca va ad immettersi sulla traversale, prendiamo a destra la via Felice Porcella che, dopo duecentonovanta metri, incrocia a sinistra la via Guido Baccelli ed a destra la via Roma. Ad angolo tra la via Felice Porcella e la via Guido Baccelli, si vede il Palazzo Comunale, il cui ingresso si trova al civico numero 1 della via Guido Baccelli, subito alla sinistra della strada. Si tratta dell’edificio che ospita il Municipio di Terralba nel quale si trova la sua sede e si trovano gli uffici in grado di fornire i loro servizi agli abitanti del paese. Edificato su progetto dell’Ingegner Giulio Dolcetta, è stato inaugurato nel 1933. Il Palazzo Comunale presenta esternamente i fregi in uso nelle costruzioni in stile liberty dell’epoca. Sul Palazzo Comunale si trova il Monumento ai caduti di Terralba nella Prima Guerra MondialeL’angolo del Palazzo Comunale tra la via Felice Porcella e la via Guido Baccelli accoglie il Monumento ai caduti di Terralba nella Prima Guerra Mondiale, realizzato in marmo dal grande scultore nuorese Francesco Ciusa al quale l’opera era stata commissionata il 12 dicembre 1925 ed inaugurata il 4 novembre del 1933 in occasione della Commemorazione dei Caduti. Sul lato sinistro del Monumento è presente una lapide con un bassorilievo che rappresenta un’allegoria del soldato, che viene raffigurato come un eroe antico, infatti sul bassorilievo è rappresentata una donna, forse una madre, che sorregge e consola, ma forse compiange, un soldato che stringe ancora in pugno una spada. Nell’altra lastra sul lato destro del monumento c'è, inciso nel marmo, l’elenco dei caduti di Terralba nella Prima Guerra Mondiale, ai quali seguono i dispersi, i morti in prigionia e quelli di malattia. La piccola Cappella di regina PacisPassato l’ingresso del Palazzo Comunale, proseguiamo lungo la via Guido Baccelli che, dopo un centinaio di metri, arriva a un bivio, dove a sinistra parte la via Terenzio Trudu, mentre a destra prosegue la via Guido Baccelli. Prendiamo verso sinistra la via Terenzio Trudu e la seguiamo per trecentocinquanta metri, poi svoltiamo a sinistra nella via XX Settembre e, dopo una ventina di metri arriviamo di fronte alla piccola Cappella regina Pacis, il cui indirizzo è alla destra, al civico numero 10 della via XX Settembre. La Cappella è stata edificata sul finire degli anni novanta del secolo scorso su iniziativa del sacerdote Teodoro Marcias, e stata inaugurata nel 2001 dal vescovo Antonio Orrù. Qui ogni anno in occasione del rito religioso di Su Scravamentu, che si svolge il Venerdì Santo, viene portato il crocifisso di Gesù Cristo, in una processione che parte dalla chiesa parrocchiale di San Pietro. La Casa Studio di Dina PalaPassato l’ingresso del Palazzo Comunale, proseguiamo lungo la via Guido Baccelli per quattrocento metri, poi svoltiamo a sinistra nella via Iosto lungo la quale, dopo un’ottantina di metri, al civico numero 31, si trova la Casa Studio di Dina Pala, la pittrice e scultrice alla quale si devono anche il grande Crocifisso appeso dietro l’altare, la via Crucis e il lunotto collocato nella facciata sopra il portone d’ingresso, della chiesa parrocchiale di San Ciriaco Martire. Inaugurata nel 1989, ha la struttura di una tipica casa campidanese, ed ospita affreschi e quadri realizzati dall’artista terralbese, una delle più rappresentative espressioni dell’arte sarda di tutti i tempi. Le Scuole ElementariDove la via incrocia a sinistra la via Guido Baccelli ed a destra la via Roma, prendiamo la via Roma che si dirige verso sud est. Seguita per centoquaranta metri, si vede alla sinistra della strada, al civico numero 43, l’edifico che ospita le Scuole Elementari, un edficio storico di Terralba. Secondo il primo progetto di casamento scolastico, redatto a Cagliari nel 1870 dall’architetto Giovanni Pepitoni, deve sorgere nel piazzale della chiesa parrocchiale di Terralba e costituire un solo corpo con il Palazzo Comunale, ma tale progetto non viene mai realizzato. La svolta si ha nel 1907, quando il consiglio ed il sindaco Felice Porcella incaricano l’ingegner Dionigi Scano di Cagliari di redare un progetto per la costruzione di un casamento scolastico secondo le norme vigenti in materia, da erigersi nella Casa Poddighe, dove fino a quel momento erano ubicati la Pretura e il carcere mandamentale. Il 20 aprile 1911 iniziano i lavori di costruzione del caseggiato scolastico, che verranno ultimati nella primavera del 1913, con alcune varianti apportate al progetto iniziale dall’ingegner remigio Sequi. L’aspetto di questo edificio si ispira allo stile neoclassico, con un grande cornicione sulla sommità e delle finestre a volta, arricchite da decorazioni floreali di ispirazione barocca. La chiesa parrocchiale di San Ciriaco MartirePassato l’edificio che ospita le Scuole Elementari, proseguiamo verso sud est lungo la via Roma e, dopo ottocentocinquanta metri, vediamo alla sinistra della strada il piazzale sopraelevato sul quale si trova la chiesa parrocchiale di San Ciriaco Martire. La chiesa antica è stata eretta nel 1741 per volere di don Giovanni Antioco Pilloni che, rientrando a cavallo da Terralba ad Uras, viene assalito da un serpente, che si aggroviglia agli arti del cavallo impedendone qualsiasi movimento. Il serpente lo abbandona solo dopo che il sacerdote ha invocato la protezione di San Ciriaco, e per la grazia ricevuta egli fa costruire la chiesa dedicata al Martire. La chiesa settecentesca era stata costruita con materiale locale. Essendoci poche pietre in zona, queste sono state usate solo per le fondamenta, mentre il resto viene costruito con il tradizionale ladiri, ossia con mattoni crudi. L’antica chiesa di San Ciriaco, simile dal punto di vista architettonico a tante altre Chiese campestri sparse nel territorio della zona, si trovava alla sommità della collina, all’estremità di un territorio circondato in certi punti da un muretto a secco, in altri da una siepe di fico d’india. All’ingresso dalla via Roma, sopra un basamento di pietra, vi era anticamente una croce. La chiesa era costituita da un’unica navata centrale, preceduta da un loggiato, e aveva addossata all’abside la piccola sagrestia. Il tetto era a capriate con una fitta rete di canne e tegole di tipo sardo, l’altare di pietra sormontato da due gradini di legno. La facciata, molto sobria, era ravvivata dall’arco del loggiato, che ne costituiva anche l’accesso, e così anche a destra ed a sinistra ricorrono degli archi. Importante testimonianza della costruzione della chiesa settecentesca è la campana acquistata per il campanile a vela, attualmente ancora presente, che porta la scritta in latino Ora pro nobis e la data del 1741. Anticamente la chiesa veniva aperta solo per la novena e la Festa di San Ciriaco dell’8 agosto, ed è stata frequentata fino al 1949. Visto lo stato di degrado della struttura, nel 1949 se dispone la demolizione e la sua ricostruzione. L’attuale chiesa viene costruita grazie al generoso contributo dei Terralbesi a partire dal 1949, quando monsignor Antonio Tedde ne colloca la prima pietra, e viene da lui consacrata nel 1958. In seguito, dal 1974 al 1976, vengono costruite le due navate laterali, e dal 1996 al 1997 si effettuano lavori di restauro. Presenta una navata centrale in cemento, rivestita da un elegante trabeatura lignea, e due navate laterali a soffitto sporgente. Il presbiterio è arredato da una mensa marmorea e da un ambone, anch’esso marmoreo. La chiesa, semplice e sobria, possiede qualche pezzo artistico di pregio, come il grande Crocifisso appeso dietro l’altare, la via Crucis e il lunotto collocato nella facciata sopra il portone d’ingresso, rappresentante San Ciriaco fra due sposi, lavori in ceramica opera dell’artista terralbese Dina Pala. Curiosa la statuetta di Maria Bambina, custodita in una teca a sinistra dell’altare, di origini sconosciute e di presumibili fattezze spagnoleggianti. Nella Cappella a sinistra si trova un grande quadro donato da don Eliseo Lilliu, raffigurante proprio la storia della fondazione della chiesa di San Ciriaco, con don Pilloni che viene impaurito dal serpente. Sono inoltre presenti due statue di San Ciriaco, delle quali la più piccola viene usata sul cocchio presente nella chiesa, durante la processione in occasione dei festeggiamenti del Santo dell’8 agosto. Ciriaco, secondo la tradizione, sarebbe stato vescovo di Gerusalemme, torturato e martirizzato sotto l’imperatore Flavio Claudio Giuliano l’1 maggio 363. Considerato Santo è patrono di Ancona, ed è assai venerato in Sardegna col nome di Quirico. I cattolici lo ricordano il 4 maggio. L’8 agosto 418 il corpo di Ciriaco viene trasferito dalla Palestina ad Ancona, e viene posto nella cattedrale di Santo Stefano, per intervento di Galla Placidia, Imperatrice reggente che cerca in qualche modo di andare incontro ai fedeli, che le avevano Chiesto di ottenere e custodire le spoglie di Santo Stefano, del quale Ancona conservava come reliquia uno dei sassi usati durante la sua lapidazione. Quando, nel 1097 la chiesa di San Lorenzo, sul colle Guasco, viene proclamata nuova cattedrale, le spoglie di San Ciriaco vengono trasferite nella sua cripta, e sottoposte a ricognizione, finché dopo alcuni decenni la chiesa viene a lui dedicata. |
Ogni anno a Terralba, dopo la novena che si svolge a partire dal 30 luglio, l’8 agosto si tiene la Festa di San Ciriaco, con dicerse cerimonie religiose tra le quali una nutrita processione del Santo per le vie del quartiere, e con eventi civili tra i quali il tipico mercato con bancarelle di ogni tipo che anima l’ultimo tratto di via Roma, che è la strada principale del quartiere. L’insediamento all’aperto di San Ciriaco che ha dato luogo alla definizione della facies culturale di San CiriacoL’insediamento neolitico all’aperto di San Ciriaco in territorio di Terralba si estendesu un leggero dosso di terreno alluvionale di tredici metri di quota sul livello del mare e di alcuni metri sopra la sottostante piana solcata dal fiume rio Mogoro, alla periferia orientale della cittadina di Terralba, intorno alla chiesa omonima. La chiesa di San Ciriaco sorge, infatti, in parte al di sopra dei resti di un villaggio preistorico, che sulla base di particolari forme ceramiche rinvenute, ha dato la denominazione alla facies culturale di San Ciriaco nata nel Neolitico recente, il periodo che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 4200 ed il 4000 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 3400 ed il 3200 avanti Cristo, e viene vista oggi come un momento di passaggio tra la Cultura di Bonu Ighinu del Neolitico Medio e la successiva Cultura di Ozieri del Neolitico Finale. È stata definita come una cultura a sé stante negli anni settanta del novecento, a seguito degli studi di Luciano Alba, Vincenzo Santoni e Giovanni Ugas, relativi ai materiali messi in luce nell’insediamento neolitico di San Ciriaco di Terralba, che era stato già precedentemente indagato dall’archeologo Enrico Atzeni. Appartengono a questa cultura diversi insediamenti abitativi oltre a quello di San Ciriaco a Terralba, e sono l’insediamento di Cuccuru S’Arrius, rinvenuto già nel 1976, ed il vicino insediamento di Conca Illonis, entrambi situati presso lo stagno di Cabras non lontano da Oristano, inizialmente attribuiti alla Cultura di Bonu Ighinu, ed anche la Necropoli di li Muri, scoperta nel 1939 vicino ad Arzachena, considerata per molto tempo l’unica testimonianza di quella che era stata chiamata Cultura dei Circoli di Arzachena, oggi, invece, viene ricondotta dalla maggior parte degli archeologi alla facies culturale di San Ciriaco. Il Museo Pinacoteca EliseoDove la via incrocia a sinistra la via Guido Baccelli ed a destra la via Roma, prendiamo la via Roma che si dirige verso sud est. La seguiamo per quattrocento metri, poi svoltiamo a destra e prendiamo la via Nazionale, dopo cinquecento metri prendiamo a destra la via De Candia lungo la quale, dopo un centinaio di metri, si apre a sinistra uno slargo che viene indicato come piazzale Pauli Piscus. Su questo slargo, alla sinistra al civico numero 9 della via De Candia, si trova l’ingresso del Museo Pinacoteca Eliseo. Inaugurato nel 2004 è disposto su tre piani. Al suo interno, in diverse sale, sono ospitati reperti di svariate epoche e di vari ambiti dell´arte e della tecnica. Si parte dai pezzi in pietra e dall´ascia a doppio taglio risalenti al Neolitico rinvenuti nel sito di Nuracciolu a Terralba, passando per i vasi in ceramica del periodo della Roma imperiale, e per i volumi delle sacre scritture risalenti al cinquecento, quando Terralba era sede vescovile, sino ad arrivare a un esemplare di grammofono col rullo in legno risalente al settecento. Una collezione vastissima, che racchiude anche un´ampia sezione dedicata alla pittura, comprendente numerose icone russe del seiento e del settecento, e tele di autori sardi e italiani dal cinquecento sino all’ottocento. E ancora gioielli e mobili d´epoca, ceramiche, una collezione di stampe che vanno dal settecento sino alle due guerre mondiali, e qualche abito risalente ai primi del novecento. Il ricco museo è frutto della passione e del lavoro di un uomo di chiesa, ossia di don Eliseo Lilliu, che in soli dieci anni è riuscito ad allestire un’incredibile collezione di oggetti preziosi. A lui si deve anche la donazione alla chiesa di San Ciriaco di un grande quadro raffigurante proprio la storia della fondazione della chiesa, con don Pilloni che viene impaurito dal serpente. La grande piazza Guglielmo MarconiSeguendo la via Felice Porcella, dopo l’incrocio con la via Guido Baccelli a sinistra e la via Roma a destra, proseguiamo dritti per circa un’ottantina di metri fino alla successiva traversa a destra, che è la via Camillo Benso conte di Cavour, e vediamo, alla destra della via Felice Porcella la grande piazza Guglielmo Marconi, arredata con spazi verdi e luoghi di sosta, si svolgono diversi eventi che coinvolgoro gli abitanti del paese, come la manifestazione Calici di Stelle con vini e cibo proposti dalle aziende locali mentre si scruta il cielo notturno con il telescopio, concerti ed altre manifestazioni. L’ultima parte della piazza Guglielmo Marconi viene solitamente chiamata piazza della cattedrale, dato che su di essa, al civico numero 3 della piazza, si affaccia la chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo, che viene definita la Concattedrale di San Pietro Apostolo. La Concattedrale di San Pietro ApostoloLa chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo viene definita Concattedrale di San Pietro Apostolo, chiesa con la stessa dignità e gli stessi privilegi della cattedrale dei Santi Pietro e Paolo di Ales, alla quale viene parificata. Si tratta di una chiesa importante della diocesi, di cui costituisce un centro liturgico e spirituale, e che contiene anch’essa la cattedra del vescovo della Diocesi di Ales e Terralba. La chiesa, che si trova nella piazza principale del paese, intorno alla quale si è sviluppato il primo nucleo dell’antico villaggio di Terralba, è stata ricostruita a partire dal 1821 in forma tardo barocca sul sito di una più antica chiesa romanica voluta dal giudice Mariano I d’Arborea, che aveva orientamento pressoche analogo all’attuale, con abside semicircolare, e che era stata aperta al culto nel maggio del 1144. Nel 1819 l’antica cattedrale si trovava in uno stato di pessima conservazione, per cui l’allora vescovo di Ales e Terralba, monsignor Giuseppe Stanislao Paradiso, piuttosto che procedere per l’ennesima volta al suo restauro, decide di farla demolire al fine di edificare una nuova chiesa. I lavori iniziano nel 1820 e terminano nel 1930, con il completamento della pavimentazione del presbiterio e la collocazione dell’altare maggiore. L’attuale chiesa, consacrata nel 1933, ha pianta a croce latina, con una navata centrale su cui si aprono tre cappelle per lato. Nel 1951 sulla falsa volta a crociera sono state realizzate le decorazioni raffiguranti i quattro evangelisti, mentre sulla parete di fondo del presbiterio è stata collocata la statua di San Pietro. Nella cattedrale sono custoditi i capitelli provenienti da Neapolis, antica città fenicio punica, recuperati durante la demolizione della precedente cattedrale del 1144. Nel restauro del 2000 vennero portati all’aspetto originario la pavimentazione, le pareti e la Cappella dedicata alla Madonna del Rosario. All’interno è conservato il fonte battesimale del 1626, con base in arenaria e personaggi scolpiti sui tre lati, la parte superiore in legno, e con pitture che raffigurano il Battesimo di Cristo e Santi. Sono, inoltre, conservati il pulpito ligneo del XVII secolo e una preziosissima croce argentea spagnola. Risalgono allo stesso secolo anche le statue lignee di San Pietro, della Madonna del Rosario e della Madonna del Rimedio. A Terralba, presso questa chiesa, ogni anno il 29 giugno si svolge la Festa patronale di San Pietro Apostolo, con la quale si festeggia San Pietro patrono di tanti paesi nell’Isola, con tante località della Sardegna che quindi viene festeggiato durante l’intero weekend intorno al 29 giugno. I festeggiamenti iniziano con il rito religioso dedicato al Santo nella chiesa parrocchiale, con messe, preghiere e canti dei Coggius, vengono poi celebrate diverse messe, delle quali una viene seguita da una maestosa processione che percorre le vie principali di Terralba, accompagnata dalla confraternita del Santo Rosario, dalla banda musicale, dai gruppi folk e dai cavalli. Un ampio calendario di festeggiamenti civili tiene, inoltre, il paese impegnato per più di una settimana. In piazza della Libertà si trova il Teatro ComunaleDopo l’incrocio con la via Guido Baccelli a sinistra e la via Roma a destra, proseguiamo dritti lungo la via Felice Porcella e, dopo circa centosettanta metri, arriviamo a una rotonda, dove la prima uscita a destra è il viale Sardegna, la seconda uscita dritti è la prosecuzione della via Felice Porcella, e la terza uscita a sinistra porta nella piazza della Libertà. Tra la prosecuzione della via Felice Porcella e la piazza della Libertà, si vede la facciata del Teatro Comunale di Terralba, che, costruita nel 1932, era la Casa del Fascio, e durante il ventennio fascista è stata utilizzata come sede locale del Partito Nazionale Fascista e per attività sociali e ricreative. È stata un punto di aggregazione anche dopo il secondo conflitto mondiale, per essere poi trasformata in cinema e sala da ballo, sino a che, durante gli anni novanta, con un importante intervento di restauro, è stata destinata a Teatro Civico. L’edificio si compone di una porzione frontale complessa e di un corpo con sviluppo longitudinale. Sul fronte è presente un elemento costituito dalla sola facciata, in stile liberty con due corpi laterali ad un livello e copertura piana. La facciata principale è tripartita. Dietro la facciata, si sviluppa un corpo longitudinale a due livelli, affiancato sulla sinistra da un corpo ad un livello, entrambi con copertura in coppi, e le facciate laterali sono caratterizzate dalla pietra a faccia vista, proveniente dal Monte Arci. Sul fronte posteriore dell’edificio sono presenti dei locali interrati. Internamente la sala è a tutta altezza e dispone, nella parte centrale, di un palco piano. Dopo il restauro degli anni novanta le facciate presentano bifore e trifore in calcestruzzo armato prive di colonnine, e un ballatoio sul lato sinistro dell’edificio, realizzato con un taglio sulla falda di copertura del corpo laterale. La palestra della Casa del volontariato che era la palestra delle ex Scuole superioriArrivando dalla via Felice Porcella in piazza della Libertà, prendiamo la prima uscita, che è il viale Sardegna. Seguiamo il viale Sardegna per circa duecentosettanta metri, poi svoltiamo a destra in vie Veneria e, dopo un centinaio di metri, a sinistra nella via Cesare Battisti. Seguiamo la via Cesare Battisti per centoventi metri, poi la strada prosegue nella via Napoli, lungo la quale, dopo altri centoventi metri, alla sinistra della strada al civico numero 3, si vede il cancello di ingresso della Casa del volontariato, che ospitava un tempo le Scuole superiori di Terralba. All’interno del complesso si trova una Palestra, senza tribune per gli spettatori, nella quale è possibile praticare come disciplina la pallacanestro. Gli impiani sportivi delle Scuole MedieArrivando dalla via Felice Porcella in piazza della Libertà, prendiamo la prima uscita, che è il viale Sardegna. Seguiamo il viale Sardegna per cinquecento metri e vediamo, alla sinistra della strada al civico numero 109, il cancello di ingresso delle Scuole Medie di Terralba. All’interno di questo complesso scolastico sono presenti gli impianti sportivi delle Scuole Medie. Gli impianti sportivi delle Scuole Medie comprendono la Palestra polivalente al chiuso, senza tribune per gli spettatori, all’interno della quale è possibile praticare come discipline le attività ginnico motorie, la pallacanestro, la pallavolo, il calcio ed il calcetto ossia calcio a cinque. Accanto alla palestra, è presente una Pista rettilinea di atletica, nella quale è possibile praticare come discipline l’atletica leggera, e le corse su pista. Il Complesso Sportivo parrocchialePassato l’ingresso delle Scuole Medie, proseguiamo per appena una sessantina di metri lungo il viale Sardegna e vediamo, sempre alla sinistra della strada al civico numero 111, il cancello di ingresso dello storico Complesso Sportivo parrocchiale, struttura venuta alla luce nel 1960. Il Complesso Sportivo ospita il Campo da Calcio1000 canne, con fondo in terra battuta, senza tribune per gli spettatori. La Piscina Comunale scoperta del parco DessanayProseguiamo lungo il viale Sardegna e, dopo poco più di cinquecento metri, prendiamo a sinistra la via Is Argiolas lungo la quale, dopo una cinquantina di metri, si vede alla sinistra della strada il cancello di ingresso dell’area pubblica del parco Dessanay nella quale si trova la Piscina Comunale scoperta con annessi locali adibiti a biglietteria, spogliatoi, e aree sosta e relax con lettini e ombrelloni. Da piazza Kennedy raggiungiamo il Complesso Sportivo provincialeArrivando con la via Felice Porcella alla rotonda di piazza della Libertà, proseguiamo dritti lungo la via Felice Porcella e, dopo una settantina di metri, arriviamo a un’altra rotonda chiamata rotonda Kennedy, dove la prima uscita è la via Mogoro che si dirige verso est, la seconda uscita è la prosecuzione della via Felice Porcella che si dirige verso nord est, la terza uscita è la via Marceddì che si dirige verso nord ovest, e la quarta uscita è la via Ichnusa che si dirige verso sud ovest. alla rotonda di piazza Kennedy prendiamo la prima uscita che è la via Mogoro, la seguiamo per quattrocentocinquanta metri e vediamo, alla sinistra della stada, al civico numero 70 della via Mogoro, gli edifici che ospitano la sede staccata di Terralba dell’Istituto di Istruzione Superiore Salvator Angelo De Castro di Oristano. Sul retro del caseggiato scolastico si trova il Complesso Sportivo provinciale, nel quale è presente una Palestra coperta, dotata di ribune in grado di ospitare 357 spettatori, nella quale è possibile praticare come discipline le attività ginnico motorie, la pallacanestro, e la pallavolo. Nel complesso sportivo si trova, inoltre, un Campo polivalente all’aperto, dotato di tribune per 300 spettatori, nel quale praticare come discipline le attività ginnico motorie, la pallacanestro, e la pallavolo. È presente, inoltre, una Pista rettilinea d’atletica leggera, senza tribune per gli spettatori, nella quale praticare come discipline le corse su pista. Vi è inoltre uno Spazio per il lancio del peso, senza tribune per gli spettatori, nel quale praticare come discipline il lancio del peso ed il lancio del disco. In piazza Kennedy si trova il Monumento ai caduti di Terralba in tutte le guerrealla rotonda di piazza Kennedy prendiamo la terza uscita che è la via Marceddì, alla destra della quale si sviluppa la piazza Kennedy con all’interno un ampio parco e con giochi per i bambini. Dopo una settantina di metri, all’interno della piazza, si vede il nuovo Monumento ai caduti di Terralba in tutte le guerre, che ricorda quelli della Guerra Civile Spagnola del 1936-1939 e della Seconda Guerra Mondiale del 1940-1945. Il Monumento presenta, davanti a un masso, due donne in marmo abbracciate piangenti, e vicino ad esse la lapide sulla quale sono presenti i nomi dei caduti. Visita dei dintorni di TerralbaPer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Terralba, nel suo territorio sono state censite sei necropoli e quattro insediamenti preistorici, tra i quali sono stati portati alla luce i resti del Nuraghe semplice Nuracciolu. Sebbene il terralbese offra anche numerose testimonianze della civiltà prestorica, la gran parte delle testimonianze conosciute risale al periodo della dominazione punica. Grazie alle ricerche pluriennali di Gino Artudi e Sandro Perra, seguite dalle indagini sistematiche dell’équipe guidata Peter Van Dommelen, è stato possibile individuare i resti di numerosissimi insediamenti rurali collocati sopratutto tra fine quinto ed il secondo secolo avanti Cristo, la cui densità non trova confronti con nessun altro contesto punico del Mediterraneo. Nelle campagne, nel 1960, in località Pauli Putzu, sono state rinvenute casualmente dieci tombe di età romana con il corredo funerario, che rispecchiava la condizione sociale ed economica del defunto ed aveva lo scopo di accompagnarlo nel lungo viaggio nell’oltretomba, e che comprendeva una moneta, una lucerna, il lacrimatoio, piatti ed anfore. L’opera devastatrice dei tombaroli ha però provocato danni irreparabili alla necropoli. Infatti, solo 33 reperti sono stati recuperati e sono ora conservati presso la Scuola Media Statale di Terralba. Inoltre, durante i lavori di ammodernamento della casa catechistica nel quartiere di Santa Maria, è stata rinvenuta una vasca di epoca romana appartenente ad un’antica fattoria. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. La Cantina del BovaleDal Municipio di Terralba prendiamo la via Felice Porcella, superata la rotonda che porta in piazza della Libertà e la rotonda di piazza Kennedy, proseguiamo dritti sulla via Felice Porcella per circa duecento metri, poi svoltiamo a destra e prendiamo la via Santa Suia che, dopo centosettanta metri, esce dall’abitato verso est come SP61. Continuiamo sulla SP61 e, dopo settecento metri, arriviamo a un’ampia rotonda, dove prendiamo la prima uscita a destra, che ci porta sulla SP92 che si dirige verso sud. Percorsi seicento metri svoltiamo a destra e prendiamo la Strada di Bonifica, dopo duecentotrenta metri prendiamo a sinistra la prima traversa per rimanere sulla Strada di Bonifica, e dopo duecentottanta metri, arrivati in località S’Isca, vediamo alla sinistra della strada l’edificio che ospita gli stabilimenti della Cantina del Bovale di Terralba. La Cantina del Bovale nasce, dopo circa dieci anni di esperimenti di vinificazione, a Terralba, paese ricco di storia, di cultura e di tradizioni vinicole, per conservare parte del patrimonio viticolo già esistente nel territorio, valorizzandone la produzione. La Cantina coltiva e produce vini dal Bovale di Terralba, ma anche da altri importanti vitigni sardi quali il Cannonau, il Monica e il Vermentino. La lavorazione delle vigne avviene con l’obiettivo di ottenere una produzione per ceppo limitata a circa un chilo e Duecento grammi. Le attenzioni continuano in vendemmia ed in seguito in vinificazione, dove, grazie alle moderne tecnologie, alle attenzioni e la sapienza dell’enologo, si ottengono dei vini pienamente rispettosi delle uve e del territorio da cui provengono. |
Il Campo Sportivo Comunale sulla SP61Dal Municipio di Terralba prendiamo la via Felice Porcella, superata la rotonda che porta in piazza della Libertà e la rotonda di piazza Kennedy, proseguiamo dritti sulla via Felice Porcella per circa duecento metri, poi svoltiamo a destra e prendiamo la via Santa Suia che, dopo centosettanta metri, esce dall’abitato verso est come SP61. Continuiamo sulla SP61 e, dopo settecento metri, arriviamo a un’ampia rotonda, dove prendiamo la seconda uscita che ci fa proseguire dritti e, dopo quattrocento metri, vediamo alla sinistra della strada il Campo Sportivo Comunale. All’interno di questo complesso sportivo è presente lo Stadio da Calcio, con fondo in erba naturale, dotato di tribune in grado di ospitare 400 spettatori; ed accanto ad esso è presente una Pista rettilinea di atletica leggera, nella quale praticare salto in alto e salto in lungo; mentre intorno al campo da Calcio si trova una Pista circolare di atletica leggera, nella quale è possibile praticare corse su pista. All’interno del Campo Sportivo Comunale, alla destra dello stadio, si trova un altro Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare anche esse 400 spettatori. Ed ancora più a destra rispetto ad esso, si trovano due Campi da Tennis, che non sono però dotati di tribune per gli spettatori. Il Centro Olimpia in località GiogonìDal Municipio di Terralba prendiamo la via Felice Porcella, superata la rotonda che porta in piazza della Libertà e la rotonda di piazza Kennedy, dove prendiamo la terza uscita che è la via Marceddì. Seguiamo la via Marceddì che si dirige verso nord ovest, dopo circa un chilometro e quattrocento metri la strada esce dall’abitato come SP49, percorsi appena trecento metri svoltiamo a sinistra sulla strada di Bonifica e, dopo trecentocinquanta metri, in località Giogonì, vediamo alla destra della strada l’ingresso del Centro Olimpia, nel quale si trova un ristorante ed un importante Centro sportivo. All’interno del Centro sportivo Olimpia si trova la Piscina Nettuno, una piscina coperta nella quale praticare come disciplina il nuoto in tutti gli stili. Sono presenti, inoltre, un Campo da Calcio, con fondo in erba naturale, dotato di tribune in grado di ospitare un’ottantina di spetttori; un Campo da Calcetto ossia da Calcio a cinque, con fondo in erba sintetica, senza tribune per gli spettatori; ed un Campo da Tennis, anch’esso senza tribune per gli spettatori. Il Crossodromo di TerralbaDa dove, usciti dall’abitato con la SP49, percorsi appena trecento metri avevamo svoltato a sinistra sulla strada di Bonifica. Percorsi un chilometro e settecento metri, prendiamo una deviazione sulla destra che, in un trentina di metri, ci porta vedere alla sinistra il cancello di ingresso dell’impianto da motocross chiamato Crossodromo di Terralba, gestito dal Motoclub Shardana. In questo impianto con fondo in terra, dotato di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori, si svolgono competizioni di motociclismo sportivo su fondo naturale. Si tratta dell’unica pista in Sardegna con illuminazione permanente, ed è il sito di riferimento in Sardegna per i campionati di moto MSP. Si tratta dei campionati Enduro, Motocross, Velocità, Scootercross, Flat Track. La frazione Tanca marcheseDal Municipio di Terralba prendiamo la via Felice Porcella, superata la rotonda che porta in piazza della Libertà e la rotonda di piazza Kennedy, dove prendiamo la terza uscita che è la via Marceddì. Seguiamo la via Marceddì che si dirige verso nord ovest, dopo circa un chilometro e quattrocento metri la strada esce dall’abitato come SP49 che si dirige verso Arborea e, percorso un chilometro ed ottocento metri, troviamo il cartello segnaletico che indica l’ingresso nella frazione di Tanca marchese (altezza metri 4 sul livello del mare, distanza in linea d’aria circa 4.29 chilometri, abitanti circa 641), passato il quale la strada provinciale entra nella frazione ed assume il nome di via Valle d’Aosta. Il nome della frazione deriva dal fatto che in origine si trattava di un terreno agricolo recintato in cui pascolavano le greggi appartenenti ai Marchesi di Villafranca del Bierzo. La frazione è caratterizzata da due particolarità principali. La prima è che vi si parla anche il dialetto veneto, portatovi dagli immigrati del Polesine, giunti a colonizzare il territorio intorno agli anni trenta del ventesimo secolo; la seconda è che l’architettura del borgo ricorda per molti aspetti quella tipica dell’Italia settentrionale. La chiesa parrocchiale di Gesù MaestroPresa la via Valle d’Aosta, proseguiamo e, dopo duecento metri, la SP49 incrocia la SP61, che prendiamo verso sinistra dove entra nella frazione con il nome di via reggio Emilia, che si dirige verso ovest. Percorsi quattrocento metri svoltiamo a sinistra nella via Sicilia e, dopo trecentocinquanta metri, svoltiamo a destra in una strada alla sinistra della quale si vede la piazza della chiesa, all’interno della quale si trova la chiesa di Gesù Maestro, che è la parrocchiale della frazione Tanca marchese, punto di ritrovo della popolazione, con dinanzi un parco abbastanza grande, interamente ricoperto da prato, fornita di giochi, dove bambini e giovani trascorrono il tempo libero. Questa chiesa è l’ultima in ordine di fondazione nel territorio di Terralba, ed è anche la prima edificata secondo i criteri di costruzione delle Chiese in epoca contemporanea. E nella piazza è presente anche una statua a grandezza naturale, dedicata a Padre Pio. Ogni anno a Tanca marchese, presso la chiesa parrocchiale di Gesù Maestro e nella piazza della chiesa e nelle vie adiacenti, si svolgono diverse manifestazioni religiose, delle quali citiamo le principali. Il 17 gennaio si svolge la Festa di Sant’Antonio Abate, che si prolunga dal 16 al 20 gennaio, per la quale nella notte tra il 19 e il 20 gennaio è tradizione far Festa bruciando dei falò di arbusti dedicati a Sant’Antonio patrono del fuoco, mentre nei giorni precedenti la Festa i giovani usano andare per le case a chiedere offerte o doni di cibo da consumare la sera della Festa al fuoco del falò. E solitamente l’ultimo fine settimana di ottobre, dopo il triduo di preparazione fino al venerdì, si svolge la Festa patronale di Gesù Maestro, con diverse celebrazioni religiose tra le quali la processione e la Santa messa solenne del sabato, con la partecipazione del coro e la benedizione della borgata, e la Santa messa solenna anche la domenica. Assieme a queste celebrazioni, si svolgono anche, il sabato e la domenica, numerose manifestazioni civili, con le bancarelle e con il banchetto che coinvolgono tutti i cittadini della frazione Tanca marchese. Il Complesso da Calcio amatoriale intitolato a Don Ernesto ClavelEvitando la deviazione nella via Sicilia, proseguiamo verso ovest lungo la via Emilia e, percorsi altri seicento metri, subito prima del cartello segnaletico che indica l’uscita dalla frazione Tanca marchese, vediamo alla sinistra della strada il cancello di ingresso che permette l’accesso al Complesso da Calcio amatoriale Don Ernesto Clavel. All’interno di questo complesso sportivo si trova un più piccolo Campo di allenamento, con fondo in tarra battuta, senza tribune per gli spettatori. Alle destra del campo di allenamento, è presente il più grande Campo da Calcio, con fondo in erba naturale, intorno al quale è presente una Pista di atletica leggera. Il Campo Sportivo ComunaleLungo la SP49 abbiamo trovato il cartello segnaletico che indica l’ingresso nella frazione Tanca marchese, passato il quale la strada provinciale è entrate nella frazione assumendo il nome di via Valle d’Aosta. Dopo duecento metri, la SP49 ha incrociato la SP61 che nella frazione ha assunto il nome di via reggio Emilia, superiamo l’incrocio e la strada provinciale prosegue assumendo anche il nome di Strada Dodicesima Est. Percorsi trecentocinquanta metri, svoltiamo a destra e, dopo una cinquantina di metri, prendiamo a sinistra la deviazione che, in un’altra cinquantina di metri, porta al cancello passato il quale si accede al Campo Sportivo Comunale, che era il Campo Sportivo dell’Ersat, ossia dell’Ente regionale di Sviluppo e Assistenza Tecnica in Agricoltura. All’interno di questo complesso sportivo si trova il Campo da Calcio, con fondo in erba naturale, dotato di tribune in grado di ospitare 200 spettatori. La frazione Marceddì con il suo villaggio di pescatoriDal Municipio di Terralba prendiamo la via Felice Porcella, superata la rotonda che porta in piazza della Libertà e la rotonda di piazza Kennedy, dove prendiamo la terza uscita che è la via Marceddì. Seguiamo la via Marceddì che si dirige verso nord ovest, dopo circa un chilometro e quattrocento metri la strada esce dall’abitato come SP49 che si dirige verso Arborea e, percorso un chilometro ed ottocento metri, entriamo nella frazione Tanca marchese. Dopo duecento metri, la SP49 incrocia la SP61 che si dirige verso ovest e, dopo seicento metri, esce dalla frazione assumendo anche il nome di Strada Ottava Est. Proseguiamo uscendo dal territorio di Terralba ed entrando in quello di Arborea, dopo un chilometro e mezzo arriviamo a un incrocio dove svoltiamo a sinistra per rimanere sulla SP61 che assume il nome di Strada rettilinea Sud, dopo settecento metri svoltiamo a destra sulla Strada Sesta Ovest, proseguiamo per quattro chilometri e duecento metri, poi svoltiamo a sinistra sulla Strada lungitudinale 40 Ovest e, dopo ottocento metri, svoltiamo a destra rimanendo sulla SP69 che assume il nome di Strada Quarta Ovest, che si chiama anche via della Pineta, e che ci porta nell’isola amministrativa di Marceddì, che appartiene di nuovo al territorio di Terralba. La seguiamo per un chilometro e settecento metri ed arriviamo la cartello segnaletico che indica l’ingresso nella frazione di Marceddi (altezza 1 metro sul livello del mare, distanza in linea d’aria circa 14.27 chilometri, abitanti circa 66), che sorge nella località di Orrì. La borgata marina di Marceddì, suggestivo villaggio di pescatori il cui centro è ubicato nelle adiacenze di estese pinete, è conosciuta per le sue prelibatezze gastronomiche, ossia pesci e frutti di mare. E' un punto di passaggio verso le spiagge della Sardegna sud occidentale che comprendono Pistis, Torre dei Corsari, Costa Verde, Piscinas, ed altre località. Il villaggio si anima d’estate soprattutto nel periodo della Sagra della Madonna di Bonaria. La chiesa parrocchiale di Nostra Signora di BonariaArrivati al cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato di Marceddì, proseguiamo lungo la via della Pineta, costeggiando appunto la pineta di Marceddì, e percorso circa un chilometro, entrata nell’abitato, si dirige verso sud fino a che si apre alla sua destra l’ampia piazza della Madonna di Bonaria, sulla quale si affaccia la chiesa di Nostra Signora di Bonaria, che è la parrocchiale della frazione. La sua storia nasce nell’agosto 1924, quando un gruppo di persone si riunisce spontaneamente a casa del pescatore Salvatore Serra, la cui moglie, Filomena Zedda, in collaborazione con Gerolama Ariu, aveva promosso la celebrazione annuale di una messa in onore della Madonna di Bonaria, la patrona dei naviganti. Il gruppo incontra inizialmente delle resistenze da parte dell’allora parroco don Telesforo Onnis, data l’impossibilità di conservare il Santissimo Sacramento nel luogo indicato dal gruppo, cioè nella caserma della Guardia di finanza. Interviene un certo Battista Muntoni, che si offre di dare gratuitamente il terreno che possiede nella zona di Orrì, per la costruzione della chiesa. La chiesa viene costruita tra il 1927 e il 1930 su progetto dell’Ingegnere remigio Sequi e con il contributo di tutta la popolazione. La chiesa si presenta molto semplice, come il resto dalla borgata, ha un’ unica navata con il tetto a capriate in legno. Sulla destra si apre la piccola sacrestia, con un altare di marmo. Nel 1945 è stata parzialmente distrutta da una mina e nell’anno successivo sono stati ricostruiti il tetto e la volta dell’abside. Presso questa chiesa nella frazione Marceddì, la domenica successiva il ferragosto si svolge la Festa di Nostra Signora di Bonaria. I riti religiosi iniziano il venerdì successivo alla settimana di ferragosto, quando il simulacro della Madonna viene trasportato su una tradizionale barca posta sopra un carrello e scortata a piedi dai fedeli per circa quindici chilometri, dalla cattedrale di San Pietro nel centro di Terralba alla piccola chiesa a lei dedicata nella frazione Marceddì. Il sabato la Santa viene portata in processione per le vie della frazione, e la domenica si compie la tradizionale processione in mare con numerose barche di fedeli che seguono quella della Santa, e che si conclude con il tiro di una corona di fiori sull’acqua. Tradizionali i muggini di Marceddì, cotti e consumati dai fedeli nei tradizionali statzusus che sono le tettoie. La Santa rimane a Marceddì fino al sabato successivo, quando viene riaccompagnata dai fedeli con la processione a piedi inversa e viene festeggiato il ritorno della Santa. Il Museo del MareSul retro della chiesa parrocchiale si trova l’edificio che ospita il Museo del Mare, che al suo interno raccoglie le storie di mare e promuove il progetto di riqualificazione e valorizzazione della borgata marina di Marceddì e di tutta la costa ovest della Sardegna. Tale progetto è stato ideato dall’Associazione 3DNA, sostenitrice di un turismo sostenibile basato sulle emozioni, in cui il turista è l’esploratore che riscopre, grazie all’aiuto dei cittadini, delle attività produttive e delle amministrazioni, la storia del luogo. Tutti gli allestimenti del Museo sono stati, inoltre, realizzati grazie al ricavo economico generato dalla vendita delle bottiglie di plastica raccolte nella borgata, e quindi a costo zero. Numerose le attività organizzate, quali mostre e laboratori tematici legati ai beni del patrimonio locale, visite guidate tra i sentieri incontaminati per osservare le rovine di cui si è studiata la storia, workshop fotografici mirati ad immortalare le bellezze avifaunistiche della sua Area Naturale Protetta. La torre Vecchia di MarceddìPassata la chiesa parrocchiale ed il Museo del Mare, la via della Pineta passa sul retro del museo, curva a destra, e prosegue dirigendosi verso nord con il nome di via Padre Sardus, che è il lungomare di Marceddì, alla sinistra del quale si vede il porto. Percorsi seicento metri, il lungomare va ad immettersi sulla via Paoi Biancu, la prendiamo verso sinistra e, dopo cinquecento metri, la strada uscita dall’abitato va ad immettersi sulla Strada Sesta Ovest. La prendiamo verso sinistra e, seguendola per quattrocento metri fino alla fine, arriviamo a un promontorio un poco più a nord di Marceddì, sul quale si trova la Torre Vecchia di Marceddì situata a un metro di altezza sul livello del mare. Edificata in epoca spagnola, probabilmente nel 1577, è realizzata in pietra lavica e tufi basaltici. Ha una volta a cupola, una cisterna ed una breve scala interna, che è accessibile dall’alto attraverso una nicchia. La torre ha subito varie trasformazioni, essendo stata utilizzata come fortino durante l’ultima guerra. Lo stagno laguna di Marceddì ed il più piccolo stagno di San GiovanniDalla borgata marinara di Marceddi, attraversiamo su uno stretto ponte il grande stagno laguna di Marceddì che ha una sperficie di circa 800 ettari, uno dei più pescosì dell’isola. Lo stagno è in comunicazione con il contiguo più piccolo stagno di San Giovanni che ha una superficie di circa 290 ettari. Si tratta di un sistema lagunare e stagnale situato in un vasto bacino che raccoglie le acque piovane, che confina ad ovest con la penisola di Capo Frasca, a sud con le propaggini meridionali del Monte Arcuentu, mentre nel settore nord occidentale si estende la vasta area di bonifica di Arborea della quale parleremo più avanti in un’altra tappa del nostro viaggio. Le aree stagnali e lagunari di Marceddì e di San Giovanni sono separate da un argine, mentre in corrispondenza delle foci dei corsi d’acqua è stata realizzato un piccolo bacino sfiorante. La Laguna di Marceddì ha un’ampia comunicazione con il mare, e un regime di acqua salmastra che riceve direttamente dal mare. In essa esiste un serio problema d’inquinamento legato alla grande quantità di concimi, diserbanti e fitofarmaci che raggiungono le acque della laguna, mentre, nella fascia alluvionale del rio Sitzerri, è presente un forte inquinamento da metalli pesanti e fanghi derivante dalle discariche dei residui di lavorazione della miniera di Montevecchio. Lo stagno di San Giovanni è alimentato dal Rio Mannu e dal rio Mogoro. Entrambe le zone sono inserite tra le Aree costiere di rilevante interesse botanico nella redazione dei Piani Paesistici della Sardegna, e nel Sistema di aree di interesse botanico per la salvaguardia della biodiversità floristica della Sardegna. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Terralba ci recheremo a Marrubiu che visiteremo con il suo centro ed i suoi dintorni nei quali sono presentile sue frazioni e nei quali si trova il Praetorium romano di Muru de Bangius. |