Ula Tirso con la vecchia diga di Santa Chiara che per prima ha generato il lago Omodeo
Il questa tappa del nostro viaggio, da Neoneli ci recheremo ad Ula Tirso che visiteremo con il suo centro ed i suoi dintorni nei quali si trova la diga di Santa Chiara, la vecchia diga che per prima ha generato il lago Omodeo, il più grande bacino artificiale d’Europa. La regione storica del BarigaduSulla sponda meridionale del lago Omodeo, il più grande lago artificiale dell’Isola, si affaccia il territorio del Barigadu uno dei distretti amministrativi dell’antico Giudicato d’Arborea. Il Barigadu è una regione storica della Sardegna centrale che si sviluppa interamente nella Provincia di Oristano. I comuni che ne fanno parte sono allai, Ardauli, Bidonì, Busachi, Fordongianus, Neoneli, Nughedu Santa Vittoria, Sorradile, Ula Tirso, Villanova Truschedu. Ne facevano parte anche i comuni che oggi sono considerati appartenenti alla regione storica del Guilcer. Grazie al clima soleggiato, ma non arido, vi si trovano molte foreste di sughero e di quercia e ovviamente macchia mediterranea, come anche alcune specie di animali rari, come cervi sardi, cinghiali, volpi, lepri sarde e molti tipi di uccelli tra i quali anche l’aquila. Il paesaggio della regione storica del Barigadu è composto da una vasta distesa pianeggiante arricchita da una serie di colline. In viaggo verso Ula TirsoUsciamo da Neoneli e prendiamo verso sud la SP15 che seguiamo per circa un chilometro, poi svoltiamo a destra sulla SS388 del Tirso e del Mandrolisai che si dirige verso ovest, dopo due chilometri e mezzo di nuovo a destra sulla SP75 questa volta verso nord, che dopo altri due chilometri e mezzo ci porta all’interno dell’abitato di Ula Tirso. Dal Municipio di Neoneli a quello di Ula Tirso si percorrono 6.7 chilometri. Il comune chiamato Ula TirsoIl comune Ula Tirso (nome in lingua sarda Ula, altezza metri 348 sul livello del mare, abitanti 469 al 31 dicembre 2021), erroneamente noto anche come Ulà Tirso, si eleva su un pianoro di origine trachitica, e si sviluppa lungo la riva sinistra del fiume Tirso all’interno di un Anfiteatro naturale in trachite. Si tratta di un comune di collina ed il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate. Il paese è noto per la diga di Santa Chiara, monumento di archeologia industriale che ha formato il lago Omodeo, opera terminata nel 1923 e inaugurata alla presenza del re Vittorio Emanuele III e di Benito Mussolini. Il lago Omodeo è il più grande bacino artificiale d’Europa, e costituisce oggi una grande attrazione naturalistica. A valle è inoltre possibile visitare la centrale idroelettrica, che ha consentito ad Ula Tirso di essere il primo paese nell’Isola a usufruire dell’energia elettrica. Origine del nomeSecondo il linguista Massimo Pittau sull’origine del suo nome sono possibile due diverse ipotesi, a seconda che si opti per una delle due pronunzie che risultano attestate, ossia Ula, parossitono ossia con l’accento sulla penultima sillaba, oppure Ulà, ossitono ossia con l’accento sull’ultima sillaba. Nella prima ipotesi il nome deriverebbe dal termine logudorese Ula o Gula, con riferimento alla lunga gola o strettoia tra costoni rocciosi, attraverso cui il fiume Tirso scorre nella zona, quella strettoia che ha favorito la costruzione del grande sbarramento del fiume con la diga di Santa Chiara. Nella seconda ipotesi l’accento spingerebbe a ritenere che si tratti di un toponimo sardiano o protosardo dato che la lingua latina non sopportava l’accento sull’ultima vocale, che troverebbe riscontro in molti altri come Alà, Azzanì, Barì, Belvì, Bidonì, Lodè, Oviddè, Senorbì, Soddì, Tiriddò, Torpè, Tortolí, ecc. Si è poi sentita la necessità, per la denominazione ufficiale del villaggio, di aggiungere il richiamo al fiume Tirso, che scorre nella vallata vicino all’abitato. La sua economiaIl perno dell’economia locale è l’agricoltura, che rappresenta una fonte di sostentamento importante per la popolazione, e le coltivazioni più diffuse sono quelle di cereali, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutteti. Si pratica anche l’allevamento, in particolare di bovini, ovini, caprini, suini e equini. Il settore industriale risulta ancora di dimensioni molto modeste, si registrano tuttavia aziende che operano nei comparti della distribuzione e di energia elettrica e dell’edilizia. Il terziario non assume dimensioni rilevanti: la rete distributiva, di cui si compone, assicura il soddisfacimento delle esigenze primarie della comunità ma non sono forniti servizi più qualificati. Ula Tirso non costituisce meta di significativo richiamo turistico, pur offrendo a quanti vi si rechino la possibilità di godere delle bellezze dell’ambiente naturale, di gustare i semplici ma genuini prodotti locali ed effettuare interessanti escursioni nei dintorni. L’apparato ricettivo offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciL’area circostante è stata abitata fino dall’epoca nuragica, come attestato dalla presenza nel territorio di alcuni Nuraghi. Anche la frequentazione romana è stata notevole, dato che la loro cultura ha lasciato un forte segno nelle tradizion del paesei. Nel medioevo appartiene al Giudicato di Arborea facendo parte della curatoria di Parte Barigadu. Nl 1420, alla caduta del Giudicato, entra a far parte del Marchesato di Oristano, e dal 1478, alla definitiva sconfitta degli Arborensi, passa sotto il dominio aragonese, formando un feudo che è passato sotto il controllo di diversi signori. Nel 1774, in epoca sabauda, entra a far parte del Marchesato di Neoneli, concesso in feudo a Pietro Ripoll’Manca. Il feudo rimane ai Ripoll’fino al 1837, quando passa ai Sanjust, per il matrimonio di Maria Angela Ripoll’e Carlo Enrico Sanjust, barone di Teulada, al quale viene riscattato nel 1839 con la soppressione del sistema feudale, per diventare un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio Comunale. La storica denominazione di questo comune era Ulà, e nel 1870 viene cambiata la sua denominazione in Ula Tirso. Il comune di Ula Tirso nel 1928 viene aggregato al comune di Busachi, dal quale nel 1946 viene nuovamente separato. Del comune di Ula Tirso nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella di Oristano. Le principali feste e sagre che si svolgono a Ula TirsoAd Ula Tirso svolge la sua attività il Gruppo Folk Barigadu di Ula Tirso, nelle cui esibizioni è possibile apprezzare il costume tradizionale del posto. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Ula Tirso che potrebbero allietare il borgo e richiamare visitatori dai dintorni vanno citate il 17 gennaio, la Festa di Sant’Antonio Abate con la tradizionale Tuva ossia il falò, e con balli accompagnati dal Pane cun gherdas, un tipico pane sardo fatto con i ciccioli o con lo strutto di maiale, e vino a volontà; a febbraio c'è il Carnevale con le tradizionali sfilate rigorosamente accompagnate dalla maschera tipica S'urtzu e sos bArdianos; per Pasqua sono da non perdere i riti antichissimi della Settimana Santa, i più toccanti dei quali sono S'Iscravamentu, il rito della rimozione di Cristo dalla croce il venerdì con la processione notturna, e S'Incontru, il rito dell’incontro del Cristo risorto e della Madonna la domenica di Pasqua; L’ultimo sabato di maggio, la Festa di Sant’Isidoro, in località Besela dove, grazie alla donazione di un terreno da parte di un generosissimo paesano emigrato in Provincia di Verona, nel 1996 la popolazione ha costruito una chiesetta campestre dedicandola al Santo agricoltore, e la Festa è l’occasione per gustare la tipica pecora bollita accompagnata da gustosi formaggi locali e vino sino a tarda sera; il 22 luglio, la Festa di Santa Maria Maddalena che è la principale del paese; ad agosto, la Sagra dedicata alla tipica pasta ulese, ossia Sos Cannisones, ma non mancano le svariate e gustose qualità di dolci tipici, il pane, i formaggi, il bollito di pecora, i vini, i liquori del posto e il miele; sempre nel mese di agosto si svolge la Festa dell’emigrato con una cena all’aperto accompagnata da musica e balli tradizionali dove la maggior parte degli emigrati si danno appuntamento per trascorrere una serata di allegria con tutta la popolazione; il 30 novembre, la Festa patronale in onore di Sant’Andrea, giorno in cui si usa anche gustare il vino novello; il 13 dicembre, la Festa di Santa Lucia con balli e dolci. Le maschere del carnevale di Ula Tirso ossiaS’Urzu e sos BardianosS'Urzu, l’orso, è la maschera tradizionale del Carnevale di Ula Tirso, come molte altre maschere del carnevale di Sardegna, è una maschera vestita di pelli di animali. La sua particolarita consiste nel portare come capricapo una grossa testa di cinghiale. Sa prima essida, la prima uscita delle maschere tradizionali avviene il Martedi Grasso. Sotto le pelli indossa Sa Tzippa, un lungo pezzo di sughero che serve a proteggerlo dai colpi de Sos Bardianos, i Guardiani, che inveiscono contro di lui. Quando Su Omadore, il domatore, invita S'Urzu a ballare, tutte le maschere iniziano a ballare intorno a lui. Con le sue danze scomposte, S'Urzu allontana le maledizioni e porta alla comunità benessere e fertilità. La Sagra de sos CannisonesA Ula Tirso la tradizione è nel piatto con la Sagra de sos Cannisones, una pasta fresca porosa, simili ai bucatini, trafilata al bronzo con un torchio rudimentale, i cui ingredienti sono la semola di grano duro, acqua e sale, che possono essere conditi in diversa maniera, ma la tradizione del paese impone che sia condita con un gustoso sugo di pomodoro e una spolverata di pecorino. La Sagra è quindi dedicata alla pasta tipica di Ula Tirso, in programma dimostrazioni e degustazioni soprattutto di cannisones e maialetto, ma anche stand espositivi e musica dal vivo. Tradizione, degustazioni, musica e ospitalità sono quindi alla base della serata. Visita del centro di Ula TirsoL’abitato è posto alle falde di un ampio Anfiteatro naturale, nell’alveo di un panorama di assoluto silenzio e di ancestrale bellezza. Interessato da una forte crescita edilizia, ha l’andamento altimetrico tipico delle località di collina, con il caratteristico abitato d’impianto medievale caratterizzzato da strade strette, cortiletti, balconi e arcate ricchi di armonie ma suggestivi. Il MunicipioDalla SS388 del Tirso e del Mandrolisai prendiamo la SP75 lungo la quale, 17 chilometri prima di arrivare a Paulilatino, prendiamo seguendo le indicazioni per Ula Tirso la deviazione sulla sinistra. Percorsi appena duecento metri troviamo il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, passato il quale la strada assume il nome di via Antonio Cossu. Percorsi quattrocento metri, vediamo alla sinistra della strada la piazza Italia, una piazza alberata nella quale, al civico numero 1 della piazza, si affaccia l’edificio che ospita il Municipio di Ula Tirso, nel quale si trova la sua sede e si trovano gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Il Cimitero ComunaleArrivati con la via Antonio Cossu all’altezza della piazza Italia, la continuazione della via Antonio Cossu si presenta con un bivio, dove alla destra parte la via Oristano ed a sinistra la via Dante Alighieri. Prendiamo verso sinistra la continuazione della via Antonio Cossu che è la via Dante Alighieri, e, dopo una sessantina di metri, questa strada incrocia la via Tempio, che prendiamo verso sinistra e percorriamo questa strada che si dirige fino alla periferia meridionale dell’abitato. Dopo un centinaio di metri, proprio ai limiti dell’abitato, arriviamo a vedere alla destra della via Tempio il muro di cinta con il cancello di ingresso del Cimitero Comunale di Ula Tirso. La chiesa parrocchiale di Sant’Andrea ApostoloArrivati con la via Antonio Cossu all’altezza della piazza Italia, la continuazione della via Antonio Cossu si presenta con un bivio, dove alla destra parte la via Oristano ed a sinistra la via Dante Alighieri. Prendiamo verso destra la via Oristano e la seguiamo per trecento metri, poi la via Oristano prosegue nella via Tirso e, dopo centoventi metri, dopo che la strada ha costeggiato la fiancata sinistra della chiesa, prendiamo a sinistra il vico Primo Tirso. Percorsa poche decine di metri, vediamo alla sinistra della strada la facciata della chiesa di Sant’Andrea Apostolo, che è la parrocchiale di Ula Tirso. Si tratta di una chiesa la cui costruzione raggruppa elementi architettonici differenti. Costruita a partire dal 1628 ed intitolata alla Vergine di Monserrate al patrono Sant’Andrea, con trachite a vista in stile gotico aragonese. Molto bella dal punto di vista strutturale, con facciata rettangolare e merlata, che in facciata presenta un grande rosone decorativo che sovrasta il portale gotico con arco a sesto acuto. Il campanile del 1769 domina tutta la valle del Tirso. All’interno della chiesa, la copertura è costituita da una volta a crociera stellata, con una gemma centrale del 1624 rappresentante la Vergine di Monserrat, e gemme laterali ornate da bustini di angeli alati impostati su quattro pilastri. Su ciascun lato della navata si aprono cinque archi acuti che immettono nelle cappelle laterali. Sino alla prima metà dell’ottocento le deposizioni funerarie avvenivano all’interno della chiesa o presso il campanile. Presso questa chiesa ogni anno il 30 novembre si celebra la Festa patronale in onore di Sant’Andrea, con cerimonie religiose e manifestazioni civili. Questo è il giorno in cui si usa anche degustare il vino novello. Il Monumento ai CadutiDalla via Tirso che fiancheggia il lato sinistro della chiesa parrocchiale di Sant’Andrea Apostolo, avevamo preso il vico Primo Tirso il quale, passata la facciata della chiesa, va ad immettersisu una traversale. Questa traversale a sinistra porta sulla via Guglielmo Marconi la quale costeggia il lato destro della chiesa, mentre verso destra non ha un nome, e si dirige verso ovest. Percorsa un’ottantina di metri, questa strada sbocca su una traversale, che prendiamo verso sinistra, e lungo di essa subito a sinistra, in un piccolo parco alberato, si può vedere il Monumento ai Caduti di Ulà Tirso nelle due guerre mondiali. Il monumento è costituito da un grande masso sul quale è scolpita l’immagine di un martire con accanto la frase Ci aiuteremo a vivere nel ricordo di... seguita dai nomi dei caduti. La Palestra delle Scuole ElementariDa dove dalla via Tirso parte il vico Primo Tirso, proseguiamo lungo la via Tirso che, dopo centoquaranta metri, sbocca sulla tangenziale nord di Ula Tirso. La prendiamo verso sinistra e, dopo un’ottantina di metri, vediamo alla destra della strada il cancello di ingresso delle Scuole Elementari di Ula Tirso. All’interno di questo complesso scolastico è presente la Palestra delle scole primarie, che non è dotata di tribune, e nella quale è possibile come disciplina la ginnastica. La chiesa di Santa Croce che un tempo era la chiesa di Santa Maria MaddalenaTorniamo dove la via Oristano è diventata la via Tirso, seguiamo la via Tirso per una sessantina di metri, e prendiamo a destra la via Grazia Deledda. Seguiamo la via Grazia Deledda verso est e, dopo Duecentoquaranta metri, dove arriva da destra la via Roma, vediamo alla destra della strada la facciata della chiesa di Santa Croce. La chiesa di Santa Croce sorge dove un tempo era presente la medioevale chiesa di Santa Maria Maddalena, l’edificio religioso più antico del paese, documentata alla prima metà del seicento, quando l’edificio originario è stato demolito, ed in suo luogo è stato costruito l’oratorio di Santa Croce, a seguito di un radicale restauro con la costruzione di una nuova facciata dotata di un campaniletto a vela. A questa chiesa sono state apportate modifiche nel 1878. In seguito la chiesa è stata fortemente compromessa e, alcuni anni fa, la chiesa di Santa Croce è stata interdetta al pubblico per ragioni di sicurezza, finché verso il 2020 ha potuto essere riaperta al pubblico, dopo essere stata completamente restaurata. alla Festa liturgica di Maria Maddalena, che si tiene ogni anno il 22 luglio ed è la principale del paese, i fedeli attribuiscono la stessa importanza di quella data alla ricorrenza del patrono, un legame affettivo rafforzato anche dalla funzione centrale che il sito aveva sempre avuto durante i riti della Settimana Santa. Visita dei dintorni di Ula TirsoVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Ula Tirso, sono stati portati alla luce i resti delle Tombe di giganti leonaghe, Minda Arbuzzu, Tuselo; quelli dei Nuraghi complessi Filighe e Tuselo; quelli dei Nuraghi Irighinzu e Tilisai, tutti di tipologia indefinita; e quelli degli insediamenti romani di Orruinas e di Tilisai. Il Campo Sportivo Comunale in località su PuzzonedduDal Municipio di Ula Tirso prendiamo verso est la via Antonio Cossu e la seguiamo per quattrocentocinquanta metri, finché questa strada sbocca sulla SP75, che prendiamo a destra, proseguiamo per circa duecento metri e vediamo, in località su Puzzoneddu, alla sinistra della strada provinciale, l’ingresso del Campo Sportivo Comunale. All’interno di questi impianti si trova un Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare 200 spettatori. Oltre al Campo da Calcio, si trova anche un Campo Sportivo polivalente, nel quale è possibile praticare come discipline il calcetto ossia calcio a cinque, la pallavolo, ed il tennis. Il novenario e la chiesa campestre di Sant’Isidoro AgricoltorePer raggiungere la chiesa campestre di Sant’Isidoro, dall’ingresso del Campo Sportivo sulla SP75, potremmo proseguire lungo questra strada che, dopo un paio di chilometri, incrocia la SS388 del Tirso e del Mandrolisai e, passato questo incrocio, prosegue verso sud per arrivare dopo un chilometro e seicento metri alla chiesa. Ma non è possibile seguire questa strada, dato che non è consentito alla SP75 di attraversare la SS388 del Tirso e del Mandrolisai con un viadotto o un sottopasso, e quindi è necessario seguire un’altra strada. Per questo dal centro di Ula Tirso prendiamo verso sud la via Cagliari che esce dall’abitato come SP75 la quale, in due chilometri e mezzo, svoltando a sinistra, porta sulla SS388 del Tirso e del Mandrolisai. Seguiamo verso est la SS388 del Tirso e del Mandrolisai per due chilometri e trecento metri, poi svoltiamo a destra per continuare sulla SP75 che prosegue verso sud, per portarci a vedere, dopo un chilometro e seicento metri, sulla sinistra della strada, l’accesso al parco all’interno del quale si trova il piccolo villaggo chiamato Novenario di Sant’Isidoro Agricoltore, nome che gli deriva dal fatto che viene occupato dai fedeli per nove giorni ogni anno in occasione della Festa di Sant’Isidoro Agricoltore. All’interno del novenario si trova la chiesa campestre di Sant’Isidoro Agricoltore. Si tratta di una chiesa rurale di recente costruzione, che è stata edificata nella campagna a sud di Ula Tirso in località Besela sos Zuannis. Come vuole la tradizione gli allevatori e gli agricoltori del paese ogni anno costituiscono un comitato spontaneo per organizzare, con il contributo dell’amministrazione Comunale, la Festa in onore di Sant’Isidoro. Dopo la conclusione della novena, l’ultimo sabato del mese di maggio, dopo la processione viene celebrata la Santa messa nella chiesa campestre dedicata al Santo, alla quale segue il pranzo, organizzato sempre dal comitato Sant’Isidoro, al quale è invitata tutta la popolazione. Per il pranzo viene offerto un menù a base di prodotti tipici, ossia carne di pecora bollita con formaggi tipici e dolci, accompagnata da vini locali. Infine, la serata viene rallegrata dai balli, intrattenimenti musicali che si ripetono anche la domenica sera. La diga di Santa ChiaraDal Muncipio di Ula Tirso prendiamo verso ovest la via Oristano, che prosegue sulla via Tirso, la quale dopo centoquaranta metri sbocca sulla tangenziale nord di Ula Tirso, che uscirà dell’abitato con il nome di SP11 dirigendosi verso Paulilatino. Seguiamo la SP11 dallo sbocco della via Tirso e, dopo tre chilometri e quattrocento metri, parte alla destra della strada provinciale una stratta strada campestre che in settecentocinquanta metri, porta all’inizio della sua prosecuzione sulla sommità della Diga di Santa Chiara, uno sbarramento artificiale dismesso realizzato tra il 1918 e il 1924 lungo il medio corso del fiume Tirso, che ha dato origine al lago Omodeo, dal nome del progettista della diga, l’ingegnere Angelo Omodeo. L’opera, per quel tempo considerata ciclopica, ha originato il bacino artificiale più grande d’Europa, ed è stata per diverso tempo la diga più alta del mondo. Si tratta di una imponente costruzione ad archi multipli, lunga al coronamento 260 metri, alta 70 metri sul piano di fondamento, che col suo specchio liquido di 20 chilometri quadrati e mezzo, aveva una capacità massima di oltre 400 milioni di metri cubi dei quali 374 utili agli effetti idroelettrici ed irrigui. I lavori, iniziati prima della fine della grande guerra, durarono circa sette anni, e l’inaugurazione avvenne il 28 aprile del 1924 alla presenza del re d’Italia Vittorio Emanuele III giunto in Sardegna per ammirare l’opera. alla sua realizzazione contribuirono circa 16mila persone, tra cui moltissime donne che inizialmente sopperirono alla mancanza di mano d’opera maschile, assente a causa della guerra in corso, fra le quali anche la sorella del politico Antonio Gramsci che proprio lì morì in seguito ad un incidente sul lavoro. I primi lavoratori di sesso maschile furono 400 prigionieri austriaci. Verso la fine degli anni sessanta del secolo scorso, durante le periodiche verifiche a cui la struttura veniva sottoposta, venne riscontrata la presenza di importanti lesioni in alcuni punti critici dello sbarramento, in particolare in prossimità dei contrafforti. Fra le tante ipotesi si decise la costruzione di un nuovo sbarramento, situato qualche chilometro più a valle della diga di Santa Chiara nel territorio di Busachi, che sfruttando lo stesso bacino imbrifero del lago Omodeo era in grado di garantire una raccolta d’acqua di oltre 792 milioni di metri cubi e capace di soddisfare, anche in prospettiva futura, la riChiesta idrica. Nel 1997 venne inaugurata la nuova imponente diga, intitolata alla giudicessa Eleonora d’Arborea, che innalzava di alcuni metri il livello del lago raddoppiandone la capacità. Conseguentemente, dopo oltre settanta anni di esercizio, la diga di Santa Chiara venne dismessa e ora giace semisommersa nel lago che essa stessa aveva creato. La frazione Santa Chiara del Tirso nella quale si trova il villaggio abbandonato di Santa ChiaraDa dove avevamo visto la strada strada campestre che porta alla diga, proseguiamo passando sopra il nuovo viadotto di Santa Chiara, dopo il quale la strada prosegue verso sud costeggiando il lago, poi curva a destra e si dirige verso nord, raggiungendo dopo tre chilometri e mezzo la frazione Santa Chiara del Tirso (altezza indefinita, distanza in linea d’aria circa 4.7 chilometri, non è disponibile il numero di abitanti). Nella frazione si trovano i resti del villaggio di Santa Chiara, che oggi è un paese fantasma, costruito in quell’epoca per dare alloggio ai dipendenti dell’allora Società Elettrica Sarda, che lavoravano al servizio della diga. Per decenni il villaggio è stato abitato da circa 450 persone, all’interno del borgo oltre agli edifici che ospitavano i dipendenti, c’erano anche un cinema e una chiesa. alla fine degli anni ottanta del secolo scorso, con la dimissione della centrale idroelettrica della vecchia diga, il piccolo centro è stato abbandonato. In seguito all’abbandono, i dipendenti hanno Chiesto di poter acquistare le case, ma l’ENEL’ha preferito vendere tutto l’agglomerato in blocco a un’unica società, e non ai singoli. Non avendo trovato acquirenti, il paese ha fatto la fine che possiamo vedere oggi, cioè il completo abbandono. Superando un cancello, è ancora possibile visitare i resti del paese, una trentina di edifici in totale abbandono, avvolti dalla vegetazione e in parte vandalizzati, fra i quali la chiesa di Santa Chiara, l’unico edificio che si trova in ottimo stato di conservazione grazie all’impegno di un privato che dimora tuttora nel villaggio e che ha scelto di farsene carico a proprie spese. La chiesa viene tuttora utilizzata per alcune feste. Una recente visita nel villaggio nel 2021 ha constatato che in esso viveva una persona, la novantenne Isabella Fiore, la quale ha dichiarato di avere due sogni, il primo è di scrivere un libro che racconti la sua vita, ed il secondo di poter ricevere in comodato d’uso dall’ENEL’il villaggio di Santa Chiara, del quale vorrebbe fare un centro di accoglienza per donne e minori abusati. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, ritorneremo nel Campidano settentrionale, ossia nel Campidano di Oristano. Visiteremo Solarussa da dove ci recheremo verso ovest a Siamaggiore e verso est a Zerfaliu. Andremo poi a Simaxis. Dopo una deviazione a Ollastra per vedere la diga di Santa Vittoria sul fiume Tirso, ci recheremo a Siamanna a Siapiccia ed infine a Villaurbana. |