Uta con nei dintorni il Santuario di Santa Maria e per parlare dei bronzetti nuragici rinvenuti sul monte Arcosu
In questa tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita del Campidano di Cagliari, recandoci da Decimomannu ad Uta per visitare la Santuario di Santa Maria e per parlare dei bronzetti nuragici di Monte Arcosu. Il Campidano di CagliariIl Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell’angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all’irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l’agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. Il Campidano di Cagliari comprende nella Provincia del Sud Sardegna i comuni di Decimoputzu, Monastir, Nuraminis, Samatzai, San Sperate, Villasor e Villaspeciosa. Comprende, inoltre, nella città metropolitana di Cagliari i comuni di Assemini, Cagliari, Capoterra, Decimomannu, Elmas, Maracalagonis, Monserrato, Quartu Sant’Elena, Quartucciu, Selargius, Sestu, Settimo San Pietro, Sinnai, Uta. I comuni di Samassi, Serramanna e Serrenti si trovano tra il Monreale ed il Campidano di Cagliari, i comuni di Pula, Villa San Pietro e Sarroch si trovano tra il Sulcis ed il Campidano di Cagliari, così come Soleminis si trova tra il Campidano di Cagliari e il Parteòlla, per cui possono essere considerate appartenenti all’una o all’altra di queste regioni. Geograficamente rappresenta la parte più meridionale della pianura del Campidano, che ha come suo centro principale Cagliari, nonche Quartu Sant’Elena ed i comuni immediatamente a nord ovest del capoluogo sardo. Si affaccia sul mare e comprende la costa orientale del golfo di Cagliari, fino al paese chiamato Villasimius. In viaggio verso UtaDal Municipio di Decimomannu prendiamo il corso Umberto in direzione ovest, che, dopo duecentocinquanta metri sbocca sulla via Nazionale, la quale in quattrocentocinquanta metri porta sulla SS196 di Villacidro, che in trecento metri fa entrare sulla SS130 Iglesiente in direzione ovest verso Iglesias. La seguiamo per due chilometri e trecento metri, e prendiamo l’uscita verso Decimoputzu ed Uta. Svoltando a destra, la strada ci porta prima sulla SP90 e poi, dopo circa un chilometro, sulla via Stazione, che procede verso sud est. Dopo settecento metri, arriviamo a una rotonda, alla quale prendiamo la seconda uscita per rimanere sulla via della Stazione, che, in ottocento metri, ci porta al Municipio di Uta. Dal Municipio di Decimomannu a quello di Uta si percorrono 6.1 chilometri. Arriviamo ad Uta da CagliariSi può raggiungere Uta anche partendo da Cagliari, prendendo verso nord ovest il viale Trieste, dopo circa un chilometro e seicento metri prendiamo la via Santa Gilla, dopo un altro chilometro e seicento metri continuiamo Sulla SS195 Sulcitana Raccordo, e, dopo due chilometri e settecento metri, prendiamo la SS130 Iglesiente in direzione nord ovest. La seguiamo per poco più di quindici chilometri e trecento metri, fino all’uscita con le indicazioni per Decimoputzu, Uta e Villaspeciosa, qui usciamo verso sud est sulla SP3, che ci porta sulla via stazione di Uta, che, in un paio di chilometri, ci porta all’interno dell’abitato. Dal Municipio di Cagliari a quello di Uta si percorrono 24.2 chilometri. Il comune chiamato UtaIl comune chiamato Uta (nome in lingua sarda Uda, altezza metri 6 sul livello del mare, abitanti 8.596 al 31 dicembre 2021) è un comune della città metropolitana di Cagliari, conurbato con il capoluogo. Si tratta di un centro agricolo situato nella parte centrale della provincia, nella piana occidentale del Flumini Mannu, disteso su una fertile pianura attraversata da due corsi d’acqua, il rio Cixerri ed il rio Mannu, che confluiscono verso lo stagno di Santa Gilla. È raggiungibile per mezzo della SS130 Iglesiente, che dista soli due chilometri dall’abitato. Il territorio Comunale comprende, in direzione di Siliqua, l’area speciale del lago artificiale ricavato dalla diga sul Cixerri, e presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate, dato che si raggiungono i 1.086 metri di quota del monte lattias ed i 948 metri del monte Arcosu. Origine del nomeIl nome, attestato nell’anno 1341 come Ecclesie de Uta, non ha un’origine sicura. Secondo qualche studioso deriverebbe dal latino Udus ad indicare un luogo bagnato ed umido, l’abitato, infatti, in passato ha subito diverse inondazioni e alluvioni, che hanno reso paludosa gran parte dei suoi terreni. Ma esso potrebbe avere derivare dall’antico nome di una località della Sardegna, Utica, di origine fenicio punica, ad indicare la città vecchia. La sua economiaSi tratta di un centro di pianura che, accanto alle tradizionali attività agro pastorali, ha sviluppato un significativo tessuto industriale. Il settore primario è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutta, dato che diffuse sono le serre orticole, le colture di carciofi e grano, i frutteti e gli oliveti, oltre che con la pastorizia e l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Fino a qualche tempo fa, altra risorsa economica del paese era la pesca, che veniva praticata nel rio Cixerri e nel rio Mannu, ricchi di trote e anguille, ma che attualmente è divanuta un’attività del tutto marginale, praticata per lo più nel tempo libero. Il settore economico secondario è costituito da imprese che operano nei comparti alimentare, della lavorazione e conservazione i frutta ed ortaggi, della produzione di sale, del legno, della fabbricazione di articoli in gomma, in plastica, in vetro, dell’industria metallurgica, dei mobili ed edile. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno. Uta costituisce una località particolarmente interessante dal punto di vista naturalistico, Grazie anche alla presenza dell’area di Monte Arcosu, coperta da una bassa macchia mediterranea e da boschi, dove vivono lepri, cervi, daini, cinghiali, gatti selvatici e numerose specie di avifauna tra cui l’aquila reale. Altro motivo di richiamo è la gastronomia locale, con dolci a base di mandorle e di formaggio, e con le Panadas, che sono sfoglie di pasta di probabile derivazione spagnola, diffuse, in altre versioni, in molti altri paesi dell’isola. Le Panadas di Uta, di grandi dimensioni, rotonde, con i bordi rialzati e decorati, fino agli anni cinquanta del secolo scorso erano ripiene delle anguille che abbondavano nei due fiumi che costeggiano il paese, ed in seguito, col tempo, hanno iniziato a essere cucinate con ripieno di carne di agnello o capretto, con patate o con piselli. Brevi cenni storiciTestimoniano la presenza di insediamenti fin dal Neolitico nel suo territorio, numerosi ritrovamenti archeologici, tra i quali, nella falda di Monte Arcosu, il sito prenuragico di Su Niu de su Pilloni, con resti di un villaggio nuragico, di capanne e di una fornace, una cinta muraria e menhir, ed inoltre le strutture di epoca nuragica disseminate nelle campagne e nella località Su Planu de Monti Arrexi e S’Inziru. Tutti risultano poco visibili, a causa del degrado, dell’usura del tempo, e molti probabilmente tuttora sotto i cumuli di terra. L’Età del Bronzo è un periodo assai florido, come dimostrano i bronzetti ritrovati nel So territorio. La presenza dei Romani ha lasciato il suo segno, poiché l’antica strada romana che portava da Càralis a Nora attraversava tutto il suo territorio, ed è attestata dal rinvenimento di frammenti di ceramica e materiali da costruzione, di resti di terme in località Tanca de Porceddu, e di altri ruderi a Bidda Muscas e nelle vicinanze della Chiesa di San Tommaso. In periodo medioevale fa parte del Giudicato di Càralis, quando i giudici concedevano ai monaci le terre e gli donavano le Chiese, in modo che gli abitanti beneficiassero della loro presenza. Vengono edificate le Chiese dedicate a San Tommaso, Santa Maria Magramixi, Sant’Ambrogio, San Leone, mentre si pensa agli anni intorno al 1140 per la costruzione della Chiesa campestre di Santa Maria, uno dei migliori esempi di architettura romanica della Sardegna. Alle sue origini, il paese chiamato Uta appariva suddiviso in due borgate, Uta Susu, alla quale apparteneva la Santuario di Santa Maria e poche abitazioni situate nella zona circostante, mentre a poco più di un chilometro si trovava Uta Jossu, dove era ubicata la Chiesa di San Cromazio, e dove si trova l’attuale Uta, sorta per naturale spostamento della popolazione verso una posizione più sana e meno battuta dalle consuete inondazioni del rio Mannu e Cixerri. Uta passa, poi, alla curatoria di Decimo e, nel 1258, nelle mani dei conti di Donoratico della Gherardesca, poi in quelle della repubblica di Pisa e, nel 1324, degli Aragonesi, quando viene occupata con la forza da Berengario Carroz e inclusi nella Baronia di San Michele, nonostante gli inviti del re di Sardegna a restituirli al legittimo proprietario. Dal 1365 al 1409, a seguito della guerra fra il regno di Arborea e il Regno di Sardegna, il paese ritorna arborense. Tornato a far parte del Regno di Sardegna, il villaggio rientra in possesso degli Aragonesi, che la dominano fino ai primi del cinquecento. Successivamente Uta, fino a metà ottocento, fa parte dei domini di diverse famiglie nobiliari iberiche, prima dei Carroz, nella Baronia di San Michele, periodo al quale risale l’inizio della costruzione della Chiesa parrocchiale di Santa Giusta, dato che lo stemma dei Carroz è scolpito nell’arco del presbiterio. Nel 1511, morta Violante, l’ultima erede dei Carroz, Uta passa ai Centelles. Nel 1674 entra nei possedimenti dei Borgia, duchi di Gandia, ed in seguito, nel 1726, dopo una lite giudiziaria, passa ai Catadà. Infine, nel 1805 passa agli Osorio de la Cueva, dei quali rimane possedimento fino all’abolizione del regime feudale nel 1839. Nel 2016 viene cambiata la Provincia alla quale appartiene, passando dalla Provincia di Cagliari alla città metropolitana di Cagliari. Le principali feste e sagre che si svolgono ad UtaAd Uta sono attivi l’Associazione Turistica Pro Loco di Uta ed il Gruppo Folk Santa Giusta, nato nel 1998 in occasione del centenario della grazia ricevuta dalla Santa omonima che ha salvato nel 1898 Uta e i suoi abitanti da un’alluvione. Nelle loro esibizioni viene indossato il costume tradizionale. Tra le principali feste e sagre che si svolgono ad Uta, si segnalano, nel mese di gennaio, la Festa di Sant’Antonio Abate; Il 14 maggio, si festeggia la Patrona, ossia Santa Giusta, con una fiera agroalimentare artigianale; il primo sabato di maggio, la Festa di Sant’Isidoro; in estate, il paese si anima grazie alle numerose manifestazioni accompagnate da balli e spettacoli folcloristici, tra le manifestazioni significativa è quella chiamata Ballus, ossia l’Incontro Internazionale del Folklore, che dura cinque giorni tra la fine di luglio e l’inizio di agosto; la terza domenica di agosto, la Festa di Santa Lucia, nella Chiesa campestre omonima; l’8 settembre, la Festa di Santa Maria, nella Chiesa omonima; la seconda domenica di ottobre, la Festa di Sante Emerenziana e Flaviana; il 17 novembre, si svolge la Festa di Santa Giusta di Novembre. La Festa di Sant’IsidoroLa Festa di Sant’Isidoro, patrono dei contadini, si celebrava il 15 maggio, ma ora la ricorrenza si festeggia il primo sabato di maggio, dopo la Festa di Santa Giusta. La leggenda narra che Isidoro fosse di origine spagnola (Isidro) ed essendo molto devoto, passava in Chiesa ogni giorno prima di andare a lavorare in campagna. Ben presto i colleghi lo denunciarono al padrone che volle verificare di persona i suoi ritardi, e recatosi di mattina presto nei campi vide il giogo dei buoi di Isidoro arare il campo guidati da un angelo. Fu canonizzato il 12 maggio del 1622 da Gregorio quindicesimo. La processione in onore del Santo è molto caratteristica e suggestiva, grazie alla presenza dei carri, ossia di Is traccas, e dei cavalieri in costume tipico sardo che sfilano per le vie del paese rappresentando le scene di vita dei campi. I festeggiamenti si concludono la sera con spettacoli folkloristici e musicali. Visita del centro di UtaL’abitato, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l’andamento altimetrico tipico delle località pianeggianti. A causa delle passate inondazioni e alluvioni, la parte più antica del paese è stata distrutta, ed anche la struttura urbanistica del centro storico è stata sottoposta a diversi rifacimenti, sia per l’utilizzo dei materiali che per le rinnovate tipologie abitative. Entriamo in Uta da nord ovest con la SP3 che, all’interno dell’abitato, assume il nome di via Stazione, dato che dal centro di Uta porta alla stazione di Uta e Villaspeciosa, che si trova, però, in territorio di Villaspeciosa. Il Cimitero di UtaDove abbiamo preso la via Stazione, si trova il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato di Uta. Dopo settecento metri arriviamo alla rotonda, alla quale prendiamo la seconda uscita per rimanere sulla via della Stazione. Dopo settecentocinquanta metri, prendiamo a destra la via Raimondo Fresia, la seguiamo per quattrocentocinquanta metri, poi prendiamo a destra la via degli Oleandri che, in poche decine di metri, ci porta davati all’ingresso del Cimitero di Uta. Ad esso si può arrivare anche proseguendo lungo la via stazione per centoquaranta metri, dove questa strada diventa via Roma, che seguiamo per trecento metri, fino al suo arrivo nella piazza Giuseppe Garibaldi, poi prendendo a destra la via San Leone, dopo centottanta metri, al bivio, prendendo verso destra la via Cimitero, che ci porta, in quattrocentocinquanta metri, a prendere verso destra la via Oleandri, la quale ci porta davati all’ingresso del Cimitero. In piazza S’Olivario si trova il Municipio di UtaDa dove abbiamo preso la deviazione in via Raimondo Fresia, alla sinistra della via stazione si apre la Piazza S’Olivariu una bella e grande piazza alberata che costeggia la via stazione per ben centoquaranta metri. Ad angolo con la continuazione verso sinistra della via Raimondo Fresia, si trova il Parco giochi per bambini, annesso al secolare uliveto del comune di Uta. Si tratta di giochi inclusivi, privi di barriere, che permettono anche ai bimbi con disabilità motorie di poter giocare insieme agli altri bambini. Percorsa poco più di una cinquantina di metri dal suo inizio, nella alberata piazza S’Olivariu si vede l’indicazione del comune di Uta, e, più avanti, si trova l’ingresso dell’edificio che ospita la sede e gli uffici del Municipio di Uta con tutti i servizi ad esso correlati. Il Municipio è situato in un edificio abbastanza recente, e, sulla sua facciata, alla destra dell’ingresso principale, è presente una grande scultura che riproduce, molto più in grande, il bronzetto di capotribù, rinvenuto in località monte Arcosu, nei dintorni di Uta. Il centro sportivo polivalente Argiolas MannasAl termine della piazza S’Olivastru, prima di riprendere la prosecuzione della via stazione che è la via Roma, prendiamo, invece, verso sinistra la via 4 Novembre che, dopo duecento metri, continua sulla via Regina Margherita, la seguiamo per centocinquanta metri, poi prendiamo a sinistra la via Argiolas Mannas. Lungo questa strada, alla sinistra, percorsi circa duecento metri, si trova l’ingresso del Centro sportivo polivalente Argiolas Mannas di Uta. Nel centro si trova la Palestra polivalente nella quale è possibile effettuare incontri di pallavolo e di pallacanestro, e che è dotata di tribune in grado di ospitare 350 persone. Vi si trova anche una Palestra fitness nella quale è presente una sala pesi, si svolgono lezioni di Pilates, propedeutica alla boxe, functional training, e si effettuano esercitazioni ed incontri di Boxe Agonisti. Nel Centro si trova, inoltre, la Piscina Comunale con una vasca a sei corsie di 25 x 16,5 metri, gestita dalla Amu Sport village, che propone una serie di attività legate al nuoto, nuoto libero, acquafitness. La piscina è dotata di tribune in grado di ospitare 120 persone. Inoltre, dal 2016, è stata dotata di un sollevatore mobile da piscina per trasportare i disabili dallo spogliatoio al bordo vasca. La piazza Giuseppe Garibaldi con la Palestra ComunaleProseguendo lungo la via Stazione, dopo una cinquantina di metri, alla fine della piazza S’Olivariu, la sua prosecuzione è la via Roma. La seguiamo per circa trecento metri, ed arriviamo in Piazza Giuseppe Garibaldi una grande piazza che sarebbe meglio chiamare come uno slargo della strada subito dopo il termine della via Roma, della lunghezza di poco più di un centinaio di metri. Nella piazza si trova, alla destra, al civico numero 23, l’ingresso della grande Scuola elementare Giuseppe Garibaldi. Passata la scuola, la strada sulla destra che fa angolo con essa, è la via Nuova, nella quale, alla destra, al civico numero 1, si può vedere l’ingresso della Palestra Comunale di Uta. La palestra, che si trova nell’edificio ad angolo tra la piazza e la via Nuova, viene utilizzata per praticare pallacanestro, pallavolo e ginnastica, ed è dotata di tribune in grado di ospitare fino a 120 spettatori. Nella piazza Santa Giusta si trova la Cattedrale di Santa Giusta Vergine e MartirePassata la piazza Giuseppe Garibaldi, si arriva a un bivio, con sulla destra la via Carlo Alberto, e sulla sinistra la via Santa Giusta. Prendiamo quest'ultima strada, che ci porta, in quattrocentocinquanta metri, nella periferia sud occidentale del paese, nella piazza Santa Giusta, una grande piazza piastrellata. Nella piazza si trova la Cattedrale di Santa Giusta Vergine e Martire che è la Chiesa parrocchiale di Uta, che si trova lungo la via principale del paese, nel bel mezzo del centro abitato, ed è stata costruita sotto l’invocazione della Vergine e Martire sarda Santa Giusta. Edificata in stile gotico catalano, la cui costruzione è iniziata intorno al 1400, quando il paese ritorna a far parte del Regno di Sardegna sotto il dominio dei Carroz, e si è conclusa nel 1582. Che la costruzione sia iniziata dai Carroz è dimostrato dallo stemma di questo casato spagnolo, scolpito nell’arco del presbiterio, e da una data, scolpita nella Cappella sinistra, di fronte all’altare maggiore. La Chiesa ha una pianta a croce latina, e l’interno si articola in tre navate. È dotata di un campanile a vela collocato sopra il timpano, al centro della facciata, e ne è stato aggiunto un altro, nel 1954, con un alto campanile al lato destro della Chiesa. Di Santa Giusta si sa che è nata e vissuta ad Eaden, oggi Santa Giusta, una località presso Oristano, città alla quale ha dato il nome, ai primi del secondo secolo, al tempo dell’Imperatore Adriano. Abbandona la religione pagana dopo aver appreso della religione cristiana da una schiava. La madre, non riuscendo più ad educarla nel paganesimo e ad imporle un matrimonio con un giovane ricco, inizia a maltrattarla e poi la denuncia alle autorità romane, dalle quali venne condannata a morte e martirizzata in giovane età con due compagne cristiane. La madre, in seguito, muore di crepacuore dopo averla fatta imprigionare, flagellare e martirizzare, con Giustina ed Enedina, anch’esse successivamente santificate. Dopo la morte, Giusta viene sepolta nelle carceri della sua casa, il 14 del mese di maggio al principio del secondo secolo. Nello stesso luogo verrà edificata una piccola Chiesa in memoria della Santa, successivamente i resti mortali vengono trasferiti a Cagliari e sepolti nella Cripta della Chiesa di Santa restituta. Solo il 2 maggio 2004 le sue reliquie vengono riportate a Santa Giusta, ed ora si trovano nella Cripta della Cattedrale di Santa Giusta. Una leggenda legata a Santa Giusta racconta che la vernaccia avrebbe avuto origine dalle sue lacrime. Quando la malaria faceva tantissime vittime sull’Isola, Santa Giusta sarebbe scesa dal cielo, avrebbe cominciato a piangere, e, dove si erano posate le sue lacrime, sarebbero nate delle piantine, rapidamente coperte di foglie e frutti. Gli uomini ne avrebbero raccolti i frutti, li avrebbero pigiati, il succo raccolto in grandi anfore, ed, appena i malati, arsi dalla febbre, bevevano un pò di quello strano liquore, si sentivano subito meglio. |
Ad Uta la Festa di Santa Giusta, patrona protettrice del paese, viene celebrata il 14 maggio, quando la Santa è stata invocata per salvare il paese dalla terribile alluvione che, nel 1898, aveva devastato il centro abitato. Nella festa, il programma religioso prevede le messe, a seguire la solenne processione per le vie del paese, accompagnata da banda musicale, dai gruppi folk, suonatori di launeddas e cavalieri. I festeggiamenti proseguono la sera con spettacoli ed intrattenimenti vari. Il 17 novembre a Uta si ritorna ad onorare, sia pure in modo minore, questa Santa, con la Festa di Santa Giusta di Novembre. La Festa è caratterizzata da una messa e da un’austera processione religiosa. Le Sante Emerenziana e FlavianaAd Uta si è, di recente, scoperta l’esistenza di due Sante, Santa Emerenziana e Santa Flaviana che sono nate e vissute in questo centro. I persecutori dei Cristiani vengono a sapere che due giovani native di Uta sono cristiane perché, ogni giorno, le si vedono recarsi nelle prigioni cagliaritane per recare sollievo e ristoro ai carcerati a causa della medesima fede. Per questo motivo le due giovani vengono decapitate durante le persecuzioni contro i Cristiani, nel 304, al tempo dell’Imperatore Diocleziano, quand ’era preside di Sardegna e Corsica Barbaro. Le reliquie sono custodite in parte presso la Cattedrale di Cagliari, in parte presso la Chiesa parrocchiale di Santa Giusta Vergine e Martire, ad Uta. |
In loro memoria, ad Uta, da una diecina di anni, si celebra, la seconda domenica di ottobre, la Festa delle Sante Emerenziana e Flaviana, anch’essa con riti religiosi che si svolgono nella Chiesa parrocchiale. Visita dei dintorni di UtaVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Uta non sono stati portati alla luce resti archeologici di particolare importanza. Ci si trova, comunque, la Riserva Naturale del monte Arcosu, nella quale sono stati rinvenuti i bronzetti di Uta, tra i più antichi della Sardegna. La frazione Bascus ArgiusEntrando in Uta provenendo da Decimomannu, eravamo usciti dalla SS130 Iglesiente verso Decimoputzu ed Uta, svoltando a destra la strada ci aveva portati prima sulla SP90 e poi, dopo circa un chilometro, sulla via Stazione, che procede verso sud est e conduce al centro di Uta. L’imbocco della via stazione si trova nella frazione Bascus Argius (altezza metri 9, distanza 1.8 chilometri, circa 122 abitanti), la sua più significativa frazione, che dista dal Municipio di Uta circa un chilometro e mezzo. Nella frazione Uta, prendendo verso ovest la via Bascus Argius, dopo circa quattrocento metri si trova, alla destra della strada, l’ingresso del Campo da Calcio Comunale di Uta. Il Campo da Calcio è un moderno impianto dotato di tribune in grado di ospitare 400 spettatori. Intorno al Campo da Calcio si trova una pista da atletica leggera, nel quale si possono svolgere gare d’atletica leggera e corse su pista, e, vicino al campo, è presente anche uno Skate Park, ossia un parco per lo skateboard. La frazione Santa PoradaSubito prima di raggiungere l’ingresso del Campo da Calcio Comunale, una devizione sulla destra fa raggiungere, in circa duecento metri, la frazione Santa Porada (altezza metri 12, distanza 2.2 chilometri, circa 44 abitanti), che è una molto piccola frazione Uta. La frazione Is PerrizzonisPassato l’ingresso del Campo da Calcio Comunale, proseguiamo sulla via Bascus Argius, percorsi quattrocentocinquanta metri, prendiamo veso sinistra la via Is Prunixeddas, e, in duecento metri, raggiungiamo la frazione Is Perrizzonis (altezza metri 12, distanza 2.6 chilometri, circa 86 abitanti). A questa frazione si può arrivare anche in modo più semplice dal centro di Uta, prendendo dalla piazza S’Olivariu la via Raimondo Fresia in direzione del Cimitero, dopo poco più di cento metri, prendendoadestra la via Is Prunixeddas, questa volta da sud verso nord, e seguendola per circa un chilometro e mezzo. In questo caso, dal Municipio di Uta alla frazione si percorrono solo 1.7 chilometri. La frazione Is PruxineddasPercorso circa un chilometro sulla via Is Prunixeddas, prendiamo una deviazione a sinistra che, in un centinaio di metri, ci porta alla frazione Is Pruxineddas (altezza non disponibile, distanza 3.6 chilometri, non è disponibile il numero di abitanti). A questa frazione si può arrivare anche in modo più semplice dal centro di Uta, prendendo dalla piazza S’Olivariu la via Raimondo Fresia in direzione del Cimitero, dopo poco più di cento metri, prendendoadestra la via Is Prunixeddas, questa volta da sud verso nord, e seguendola per circa seicento metri. In questo caso, dal Municipio di Uta alla frazione si percorrono solo 800 metri. La Chiesa campestre di San Nicola VescovoLa parte sud occidentale del territorio a partire dal rio Cixerri comprende una serie di collinette dell’altezza di media di circa cento metri, ed in essa sono situati i resti di due antiche Chiese cristiane, edificate durante il basso medioevo, che sono la Chiesa di San Nicola Vescovo e la Santuario di Santa Maria Magramixi. Nel 1993, grazie all’iniziativa di una famiglia di Uta, è stata ricostruita, sulle rovine di una Chiesa precedente che era andata distrutta, la nuova Chiesa campestre di San Nicola Vescovo che viene consacrata nel 2001. Per raggiungere questa Chiesa, dal centro di Uta ci dirigiamo verso la cattedrale, percorsi solo duecento metri lungo la via Santa Giusta, prendiamo verso destra la via Umberto I, che, dopo centosessanta metri, continua fuori dall’abitato in direzione sud ovest con il nome di via Ponte. La seguiamo per un chilometro e mezzo, passiamo il ponte sul rio Cixerri e prendiamo la strada subito a destra. Dopo settecento metri superiamo la deviazione verso sinistra e proseguiamo dritti, dopo circa quattrocento metri arriviamo a un bivio. Qui proseguiamo dritti per un chilometro, ed arriviamo a un altro bivio, che proseguendo dritti porta alla Chiesa di San Nicola, e verso sinistra ai ruderi della Santuario di Santa Maria Magramixi. Proseguiamo dritti e, dopo un chilometro e quattrocento metri, arriviamo nella zona campestre che viene denominata Oasi San Nicola, per il meraviglioso spettacolo di natura e verde che offre. Qui era presente la Chiesa montana di San Nicola Vescono, ossia la paleocristiana Chiesa di Sanctus Nicolaus, la cui prima costruzione dovrebbe risalire al 525, e che era officiata secondo il rito religioso greco bizantino. Dopo l’anno 1050, la Chiesa viene abbandonata e va in rovina, finche, nel 1600, in periodo aragonese, il conte Serra, divenuto proprietario dei terreni di Uta per conto della famiglia di Berengario Carroz, si adopera per la sua ricostruzione. La nuova Chiesa viene costruita sulle rovine di quella precedente, e diviene presto meta di devozione e pellegrinaggio da parte degli abitanti del paese. Il tempo, le guerre e numerosi saccheggi portano alla distruzione anche di questa seconda Chiesa, e, per molti anni, non ne sono rimasti che pochi resti, fino al 1993, quando viene, finalmente, ricostruita. I ruderi della Santuario di Santa Maria MagramixiAll’ultimo bivio sulla strada che ci ha portati alla Chiesa di San Nicola Vescovo, prendiamo verso sinistra la strada che, dopo quattfrocento metri, sbocca su una trasversale. La prendiamo verso destra, la seguiamo per quasi un chilometro, ed arriviamo a vedere quelli che vengono solitamente considerati i Ruderi della Santuario di Santa Maria Magramixi chiamata anche Santa Maria di Margamil o Santa Maria de Magamisci, comunque non tutti sono concordi nell’identificare la Santuario di Santa Maria in questa Chiesa ridotta a rudere nell’agro di Uta. Il bellissimo Santuario di Santa Maria di Monserratonoto anche come Santuario di Santa Maria di UtaUta è nota soprattutto per la bella Santuario di Santa Maria, che sorge nella sua periferia lungo la via principale. Dalla piazza Santa Giusta, prendiamo la via Santa Maria, che, in quattrocentocinquanta metri, ci porta all’ingresso del Parco di Santa Maria, che si trova appena fuori dell’abitato, verso est. All’interno del parco, percorrendo un vialetto pedonale, si raggiunge il Santuario di Santa Maria di Monserrat ossia, come attestato da Vittorio Angius, la Chiesa dedicata alla Santissima Vergine del titolo di Monserrato, che è conosciuta semplicemente come la Santuario di Santa Maria di Uta, e che costituisce una delle più belle e importanti architetture romaniche della Sardegna. Questo Santuario si trova isolato dall’abitato, essendo stata edificata tra il 1135 e il 1145 come monastero dai monaci Benedettini di San Vittore di Marsiglia, detti anche Vittorini, fatti arrivare dal giudice Torchitorio I di Cagliari per riavvicinare la Chiesa sarda a quella romana. Uno degli eventi più importanti di quel periodo, se non il più importante, è stata, nel 1089, la concessione a loro da parte del giudice di due Chiese, una delle quali nel territorio di Uta. Importantissima è stata, infatti, l’opera di questi monaci, che hanno contribuito alla bonifica delle aree palustri del paese, e che qui hanno eretto la Santuario di Santa Maria, che in seguito arebbe diventata la parrocchiale di Uta Susu. realizzata in pietra calcarea, è probabilmente l’ultima eretta dai Vittorini dopo la Basilica di San Saturno, che abbiamo visto quando abbiamo visitato Cagliari. La Chiesa, realizzata su un precedente impianto bizantino a due navate, sarebbe coeva a quella di Santa Maria a Tratalias che, eretta nel 1213, presenta alcune somiglianze architettoniche, tipiche delle Chiese romaniche sarde dai caratteri lombardeggianti, con elementi gotici. La posizione nella quale è stata edificata appare come strategica, a controllo dell’unico ponte sul fiume Cixerri, che serviva da comunicazione con le montagne del Sulcis. Dalle diverse croci greche con i bracci terminanti a triangolo, si vede come essa appartenga ad ordini militari, nel 1363 Pietro IV d’Aragona ne specifica l’appartenenza agli Ospedalieri Gerosolimitani e lo concede ai Cavalieri di San Giorgio de Alfama, ma questi non occupano la Chiesa, che passa ai Francescani, i quali, alla fine del cinquecento, la cedono alla Mensa arcivescovile di Cagliari, in permuta con la Chiesa di Santa Barbara di Capoterra. Fino al secolo scorso sussistevano rovine reputate del monastero. Comunque, fino al 1601, gli edifici che si trovano intorno alla Chiesa, chiamati Cungiau de corti, sono operativi, e dal 1607 l’area occupata dal chiostro viene utilizzata come Cimitero. A pochi metri dall’abside, nel recinto del vecchio Camposanto, si trova il pozzo lavorato internamente con pietre squadrate, che un tempo doveva sicuramente stare al centro del chiostro, e la tradizione popolare attribuisce all’acqua di questo pozzo virtù miracolose. Riabbandonata nella seconda meta dello stesso secolo, nel ventesimo secolo la Chiesa viene adibita a Cappella cimiteriale. Oggi il Santuario ha una struttura con pianta a tre navate, coperte in legno e separate da arcate a tutto sesto, impostate soprattutto su colonne di spoglio di epoca romana, delle quali quella centrale absidata. I tetti lignei sono a capriate nella navata centrale e a falde nelle navatelle e forse, il progetto iniziale prevedeva una copertura a botte in quella centrale, ed a crociera, in quelle laterali. I capitelli sono coevi alla Chiesa, tranne quello della terza colonna a sinistra e quello che funge da acquasantiera, entrambi di epoca romana. Il presbiterio è sopraelevato rispetto al piano della navata e vi si accede da alcuni scalini, sotto l’altare maggiore si trovano due leoni che in origine erano collocati ai lati della facciata, ed il presbiterio è concluso dall’abside semicircolare orientata ad est. La luce entra nella Chiesa attraverso le bifore dei prospetti est e ovest e dalle monofore disposte sui lati lunghi e nell’abside. La facciata è divisa in due ordini di archetti a tutto sesto, come il portale delimitato da due false colonne, e la completa un campanile a vela di epoca posteriore, che bene si armonizza con l’insieme. La Chiesa ha un ingresso settentrionale funge da Porta Santa. La Chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua di Santa Maria di Monserratoconservata al suo interno. Il fine settimana intorno all’8 settembre, che è il giorno solenne, si svolge la Festa di Santa Maria, una festività molto sentita dai cittadini, che provvedono ad addobbare ogni strada con fiocchi e nastri bianco celeste, che sono i colori della Madonna, e con bandierine, nonche con bellissime luminarie. Il programma religioso prevede tutti i giorni la recita del rosario e a seguire la messa. Il giorno 7 settembre e l’8, dopo la messa, si svolge la solenne processione. Gli spazi intorno al parco sono colmi di locande e arrostitori, di bancarelle di generi alimentari e non, e si tengono numerose manifestazioni civili. La domenica successiva viene, poi, celebrata la Festa del Malato, con una messa pomeridiana. I pochi ruderi della Chiesa di Sant’Ambrogio VescovoNella parte meridionale del territorio al di sotto del rio Cixerri sono situati i resti di due antiche Chiese cristiane, edificate durante il basso medioevo, che sono la Chiesa di Sant’Ambrogio Vescovo e la Chiesa di San Cromazio o San Tommaso. Dal centro di Uta, dalla piazza Santa Giusta, prendiamo verso sud est la via Sant’Ambrogio, la seguiamo per circa seicento metri, ed imboccgiamo un lungo viadotto che passa sopra il rio Cixerri. Al di sotto di questo viadotto, passato il fiume, circa quattrocento metri più avanti, si vedono i pochi Ruderi della Chiesa di Sant’Ambrogio Vescovo che era una delle antiche Chiese cristiane, edificate durante il basso medioevo. si sa che nel 1089, i monaci Benedettini di San Vittore di Marsiglia, detti anche Vittorini, hanno in dotazione da papa Gregorio VII la Chiesa di Sant’Ambrogio di Uta. I pochi ruderi della Chiesa di Santu Tomei dedicata a San Tommaso o forse a San Cromazio MartirePassato il ponte su rio Cixerri, a circa novecento metri dal suo imbocco prendiamo la prima traversa sulla destra, la seguiamo per trecento metri e, al primo incrocio, prendiamo la sterrata a destra, la seguiamo per altri trecento metri, e la sterrata si immettesu una strada che arriva da sotto il ponte. La prendiamo verso destra e la seguiamo per seicentocinquanta metri, poi prendiamo la deviazione sulla destra, in una strada bianca che, in trecentocinquanta metri, ci porta all’interno di un terreno Comunale, nel quale si trovano i pochi Ruderi della Chiesa di Santu Tomei distrutta nel secolo scorso, dedicata a San Tommaso, e forse a Sant Gromar, ossia San Cromazio Martire, che, nel 1365, anno della sua prima attestazione documentaria, appartiene alla Mensa arcivescovile di Cagliari. Officiata dai monaci Benedettini di San Vittore di Marsiglia, detti anche Vittorini, secondo la tradizione sarebbe diventata la parrocchiale di Uta Jossu e, fino al secolo scorso, si potevano vedere le rrovine del monastero. La Chiesa, assai simile a quella di Santa Maria, ne differiva per dimensioni minori e per una forma meno elaborata. Oggi, il sito su cui sorgono i resti dell’edificio, è ubicato in un terreno Comunale prima utilizzato dai proprietari delle aziende adiacenti come discarica di attrezzature agricole. La Chiesa campestre di Santa LuciaDal centro di Uta, dalla piazza Santa Giusta, prendiamo verso sud est la via Sant’Ambrogio, che, passato il rio Cixerri, diventa la strada di collegamento. Percorsi due chilometri e duecento metri, arriviamo al raccordo sulla via Pedemontana, che è la SP2. Passato il raccordo, continuiamo sempre in direzione sud est sulla Strada Dorsale Consortile, che porta in direzione dell’area industriale di Macchiareddu, nel comune di Capoterra. Percorsi quattro chilometri e trecento metri, arriviamo a uno svincolo, dove prendiamo verso destra la SP1, che attraversa la foresta di Gutturu Mannu e porta in direzione di Santadi. Seguiamo la SP1 per cinque chilometri e trecento metri, e troviamo, alla destra della strada, la Chiesa campestre di Santa Lucia. L’antica Chiesa si trovava a circa cinquanta metri dalla Chiesa attuale, era costruita in mattoni crudi, ed all’esterno vi era un loggiato retto da un pilastro in mattoni, che successivamente è stato trasportato nel piazzale della Santuario di Santa Maria. Il materiale utilizzato e la scarsa manutenzione la portano in breve in condizioni di rovina, tanto che, già nel 1963, il tetto crolla. Nel 1965 si decide, su iniziativa di un gruppo di paesani, di iniziare i lavori di costruzione della nuova Chiesa, assai sobria, che viene inaugurata nel 1967. Da pochi anni, la Festa di Santa Lucia, che si celebra il primo sabato dopo ferragosto, riacquista la sua importanza, e la popolazione partecipa numerosa al rito tradizionale che si mantiene inalterato nei tempi e nello svolgimento. Il simulacro, che durante il resto dell’anno è custodito nella Cattedrale di Santa Giusta, viene messo a bordo di un cocchio trainato da un giogo di buoi e portato in processione fino alla piccola Chiesa campestre. L’intero tragitto è seguito da un corteo di fedeli e dalle caratteristiche traccas, ossia dai carri trainati da cavalli e buoi addobbati a festa. Qui vi resta per due giorni, durante i quali si tengono i festeggiamenti, per poi ritornare in paese la domenica. La Riserva Naturale WWF del monte ArcosuUsciamo da Uta sulla via Sant’Ambrogio fino a ricollegarci alla Strada Dorsale Consortile in direzione Macchiareddu. Da qui imbocchiamo sulla destra la SP1 e proseguiamo fino alla Chiesa campestre di Santa Lucia, la superiamo e, dopo circa cinquecento metri, ad un bivio, prendiamo, seguendo le indicazioni, sulla destra la Strada Comunale Guttureddu, che, in poco meno di due chilometri, in località Sa Canna, ci conduce all’ingresso della Riserva Naturale WWF del monte Arcosu. La Riserva Dista circa venti chilometri da Cagliari e non è raggiungibile con mezzi pubblici, dal punto di vista amministrativo gran parte del suo territorio ricade nel comune di Uta, e solo piccole parti appartengono a quelli di Assemini e Siliqua. È di proprietà del WWF italiano, ha un’estensione di circa 3.600 ettari ed è coperta da una fitta foresta di lecci, ed è attiva dal 1985. Acquistata con i fondi raccolti in una sottoscrizione pubblica per realizzare una zona protetta nella quale salvaguardare gli ultimi esemplari del cervo sardo, una specie endemica dell’isola a rischio di estinzione, in poco più di vent’anni è passata dagli 85 esemplari a più di 1.000. Insieme al cervo sardo, vi trovano protezione altri animali come il cinghiale, il daino, il gatto selvatico, la martora e il quercino. Tra gli uccelli sono comuni la ghiandaia, il tordo, e tra i rapaci la poiana e l’astore, lo sparviero e l’aquila reale. I bronzetti di Uta che sono tra i più antichi della SardegnaL’area nei dintorni di Uta è ricca di reperti archeologici, e in località monte Arco su sono stati rinvenuti casualmente nel 1849, sotto terra, otto Bronzetti probabilmente pertinenti un grande edificio culturale pubblico, si tratta di idoletti sacri in bronzo raffiguranti otto scene e individui differenti ritratti in varie età della loro vita, che sono econservati oggi nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Sono bronzetti che raffigurano capotribù e guerrieri Shardana, simili, come rappresentazione e come abbigliamento, a quelli raffigurati in Egitto nei templi di Abu Simbel, Medinet Habu e Luxor. Sono ritenuti per questo Tra i più antichi. Molto significativi, il bronzetto del capotribù alto oltre trenta centimetri, con un ampio mantello e un bastone nodoso, due guerrieri uno con spada ed arco e l’altro con spada e scudo rotondo, un fromboliere e due lottatori. Sono state rinvenute anche otto spade delle quali una riproduce un cervo infilzato nella lama. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita del Campidano di Cagliari, recandoci da Cagliari a Sestu che vedremo con il suo centro ed i suoi dintorni con la Chiesa ed il villaggio nuragico di San Gemiliano. |