Florinas che ha dato i natali al bandito Giovanni Tolu con il Nuraghe Corvos ed il villaggio di Punta Unossi
In questa tappa del nostro viaggio, da Cargeghe ci recheremo a visitare Florinas il paese che ha dato i natali al famoso bandito Giovanni Tolu, probabilmente il più famoso fra tutti i banditi sardi, che visiteremo con i suoi dintorni e con i diversi siti archeologici tra i quali il Nuraghe Corvos ed il villaggio nuragico di Punta Unossi. La regione storica del Sassarese chiamata anche Logudoro TurritanoIl Logudoro è stato, nel periodo medioevale, uno dei quattro Giudicati che ha avuto come capoluogo prima Porto Torres, in seguito Ardara, ed infine Sassari. Oggi possiamo dividere questa regione in tre parti: Logudoro Turritano, il cosiddetto Sassarese, a nord; il Logudoro Meilogu a ovest; ed il Logudoro Montacuto a est. Più in particolare, il Sassarese (nome in lingua sarda Su Tataresu) è tutta un’area con una forte impronta agropastorale, con splendidi panorami, dominati da rilievi d’origine vulcanica, ampi tratti pianeggianti, scarse foreste che interrompono le grandi distese di pascoli. L’antico popolamento della zona, territorio ideale per i popoli preistorici dal punto di vista ambientale, è testimoniato dai cospicui resti archeologici, cui si aggiungono alcuni notevoli monumenti medioevali. I comuni che fanno parte del Sassarese sono Cargeghe, Codrongianos, Florinas, Ittiri, Monteleone Rocca Doria, Muros, Osilo, Ossi, Ploaghe, Putifigari, Romana, Sassari, Tissi, Uri, Usini, Villanova Monteleone. Oggi alcuni considerano in questa ragione anche Porto Torres, che però attribuiamo alla Nurra. Si parla il Sassarese o Turritano, una lingua romanza nata intorno al dodicesimo secolo da una base toscano corsa, evolutasi poi autonomamente con influenze liguri, iberiche e soprattutto sardo logudoresi. In viaggio verso FlorinasUsciamo da Cargeghe verso sud est lungo la via Brigata Sassari, che prende il nome di SP3 e che, in poco più di cinque chilometri, ci porta nel paese chiamata Florinas. Dal centro di Cargeghe a quello di Florinas abbiamo percorso 5,7 chilometri. Per raggiungerla più comodamente, possiamo prendere da Sassari la SS131 di Carlo Felice verso sud. Dopo 16 chilometri giriamo a destra sulla SP3 che, dopo due chilometri, porta appunto a Florinas. Il comune chiamato FlorinasIl comune chiamato Florinas (altezza metri 417 sul livello del mare, abitanti 1.442 al 31 dicembre 2021) è un comune collinare, di origine antica, con un’economia basata sull’agricoltura affiancata da una modesta produzione industriale. Si tratta di un importante centro agricolo che si sviluppa lungo la valle di Codrongianos nei pressi del monte Figulinas. Nello stemma Comunale è raffigurata la maschera decorativa in argento applicata su un bronzetto romano, forse Hermes, risalente al secondo secolo avanti Cristo, rivenuto in località Giorrè. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, che vanno da un minimo di 128 a un massimo di 517 metri sul livello del mare. Origine del nomeL’etimologia del nome Florinas deriva dal termine medioevale Fliunas, a sua volta legato al latino Figulinas, nome del paese che si riferiva alla presenza sul territorio di un centro specializzato nella produzione e lavorazione della ceramica. Tale nome del paese rimane ancora nel periodo medioevale ad indicare una Curatoria del Giudicato di Torres, interessata dalla presenza di monaci della regola benedettina, che sono molto presenti nella regione ed autori di numerose bonifiche delle campagne. La sua economiaIl settore primario dell’economia di Florinas è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, viti, ulivi e frutta, oltre che con l’allevamento di bovini, suini, equini e avicoli e soprattutto dall’allevamento ovino e caprino. L’industria è costituita da poche aziende che operano nei comparti estrattivo, alimentare ed edile. Modesta è anche la presenza del terziario. Sebbene non sia meta di particolare richiamo turistico, Florinas offre la possibilità a chiunque vi si rechi di effettuare delle piacevoli e rilassanti escursioni, di godere della tranquillità dell’ambiente naturale che la circonda e dell’aria salubre che la contraddistingue. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciIl territorio di Florinas è stato abitato già nell’antichità come testimoniano i numerosi reperti individuati in particolare tra metà ottocento e primo novecento e conservati nel Museo Archeologico ed Etnografico Giovanni Antonio Sanna di Sassari. In questo periodo sono rilevabili tracce più o meno importanti di oltre trenta Nuraghi, di una decina di domus de janas, di una Tomba di giganti e di un villaggio nuragico. In seguito vengono realizzati insediamenti riferibili al periodo romano, dato che il suo territorio era lambito dall’importantissima via di comunicazione tra il nord ed il sud dell’Isola, ed è confermato dal ritrovamento di terrecotte dell’età classica. Durante l’epoca medioevale appartiene al Giudicato del Logudoro, nel quale viene creata la curatoria di Figulinas, ed è teatro delle vicende, spesso cruente, che seguirono alla dissoluzione di questo Giudicato. Passata con la Baronia di Ploaghe ai Malaspina, viene successivamente confiscata dagli Aragonesi e nel 1420 viene concessa in feudo a Serafino di Montagnans. Per il matrimonio, nel 1500, tra sua nipote Giovanna e Francesco di Castelvì, entra in possesso di quest’ultima casata sino al 1723, quando la famiglia si estingue. Viene, allora, investita del feudo Maria Caterina, moglie di Dalmazzo Sant Just, ed alla sua morte nel 1733 il suo figlio di secondo letto Giuseppe Antonio Aymerich. Rimane degli Aymerich sino al termine del sistema feudale. Passata ai Savoia nel 1720, i pesanti tributi feudali imposti dal duca dell’Asinara e conte di San Giorgio, Antonio Manca Amat, iniziano ad animare i propositi rivoluzionari nelle popolazioni. Nel 1820 Vittorio Emanuele I promulga l’editto delle Chiudende, con il quale autorizza la chiusura, con siepi o muri, delle terre comuni, il che fa svilupparsi anche nel suo territorio il fenomeno del banditismo. Alcuni dei principali personaggi che sono nati o vissuti a FlorinasFlorinas ha dato i natali a Giovanni Tolu, probabilmente il più famoso fra tutti i banditi sardi dell’ottocento. A Florinas, inoltre, si è sposato ed è morto il pittore fiorentino Bacio Gorini. Il 14 marzo 1822 Florinas da i natali a Giovanni Tolu probabilmente il più famoso fra tutti i banditi sardi dell’ottocento. Figlio di agricoltori, viene educato con severità e durezza. Morto il padre, si trova a soli diciassette anni, a provvedere alla famiglia. A venticinque anni si innamora di una ragazza quindicenne, Francesca Meloni, che presta servizio nella casa del ricco e influente parroco di Florinas, don Masala Pittui, e che in realtà pare sia la figlia del parroco stesso. Chiesta la mano della ragazza, il prete tenta di scoraggiare il pretendente. Il matrimonio viene celebrato nel 1850, ma la giovane inizia a contrastare il marito su ogni decisione. Quando la ragazza, in attesa di un figlio, rifiuta di andare a vivere in una nuova casa, nasce un diverbio nel corso del quale Giovanni la schiaffeggia. Al che don Masala Pittui dichiara che il matrimonio può considerarsi concluso. Giovanni Tolu, all’alba del 27 dicembre 1850, affronta il sacerdote che si sta recando a dire messa nella chiesa della Santa Croce, e lo riduce in fin di vita. Incomincia in questo modo la sua lunghissima latitanza nelle campagne tra Osilo e Sorso, nei cui ovili trascorre le sue ore in compagnia del fedele cane, con il fucile ed il coltello in mano, e, durante la quale, viene accusato di diversi omicidi in danno di cavalleggeri e Carabinieri. In questi anni diventa una leggenda, terribile con i nemici e i ladri di bestiame, pietoso con i deboli e generoso con i bisognosi, ed arriva ad acquistare una enorme autorevolezza. La sua latitanza ha fine nel 1880, quando si fà arrestare dai Carabinieri per evitare una sparatoria e non spaventare la figlia incinta. Viene condotto a Sassari dove si raduna una folla immensa, e, nel processo, viene condannato a morte dalla Corte d’Assise di Sassari. Due anni dopo il processo di appello viene celebrato a Frosinone, per evitare che l’enorme clamore suscitato in Sardegna dal suo arresto possa influenzare la giuria. Il caso è seguito da tutti i giornali nazionali. Il verdetto, dopo solo tre giorni di dibattimento, è di assoluzione per legittima difesa. Tornato in Sardegna, Giovanni Tolu va vivere presso la figlia in un’ovile della Nurra, dove muore di carbonchio qualche tempo dopo. Per conoscere la sua vita, le sue avventure, fino alla fine della latitanza ed alla sua assoluzione, si può leggere il libro Giovanni Tolu. Storia di un bandito sardo narrata da lui medesimo preceduta da cenni storici sui banditi sardi del Logudoro di Enrico Costa. |
Il pittore Baccio Gorini, che in realtà si chiamava Bartolomeo, dato che Baccio è un diminutivo di Bartolomeo, nasce a Firenze nel 1573, ed è attivo prima a Firenze, poi a Pisa, ed a Gambassi Terme. Un documento pisano del 1597 sostiene che Baccio sarebbe stato esiliato in Sardegna verso il 1588 per aver commesso in patria non meglio specificati delitti politici, ma in realtà è documentata la sua presenza a Pisa fino al 17 maggio 1601. Quindi probabilmente poco dopo il 1601 avviene il suo trasferimento in Sardegna, effettuando durante il viaggio delle soste all’isola d’Elba e in Corsica, dove sono presenti alcune opere prossime al suo stile. In Sardegna diviene pittore di riferimento per le Confraternite della Santa Croce della provincia di Sassari. Probabilmente si sposa a Florinas, dove si ritiene risieda, e dove muore verso il 1628. Pittore tardo manierista toscano trapiantato in Sardegna, ha lasciato le sue opere in Toscana, soprattutto a Gambassi Terme ed a Cerreto Guidi, ed in Sardegna, soprattutto a Codrongianos, Ploaghe, Florinas, ed a Sassari. |
Le principali principali feste e sagre che si svolgono a FlorinasA Florinas sono attive le Associazioni Culturali Gruppo Folk Figulinas, ed il Coro di Florinas, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località. Durante le loro esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale femminile e maschile di Florinas. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Florinas vanno citati il 16 e 17 gennaio la Festa di Sant’Antonio Abate presso l’omonima chiesa campestre in territorio di Ossi; le cerimonie della Settimana Santa; il 7 e l’8 maggio presso l’Anfiteatro di Florinas si svolge la Festa di Nostra Signora di Pompei, una Festa religiosa seguita da eventi e spettacoli civili; a inizio luglio, la Sagra del Cinghiale; l’11 ed il 12 giugno la Festa di Sant’Antonio da Padova, presso l’Anfiteatro di Florinas; a metà agosto, il Figulinas Festival, che è la Rassegna Internazionale del Folklore; il 4 ottobre, la Festa patronale di San Francesco d’Assisi; a dicembre la manifestazione gastronomica Dai Chentina in Chentina, con l’apertura agli ospiti delle cantine di Florinas. La Festa di Sant’Antonio AbateDal 16 al 17 del mese di gennaio, si tiene la tradizionale Festa di Sant’Antonio Abate presso la chiesa di Sant’Antonio di Briai, che si trova nel territorio Comunale di Ossi ma dipende da sempre dalla parrocchia di Florinas, forse per il fatto che il villaggio di Briai era inserito, nel periodo medioevale, nella curatorìa di Figulinas, e quindi nella diocesi di Ploaghe. Come vuole la tradizione, il 16 pomeriggio viene acceso il tradizionale falò nei pressi della chiesa di Sant’Antonio, mentre il giorno dopo il 17, sempre nel pomeriggio, viene celebrata la messa nella chiesa omonima. Le cerimonie della Settimana SantaEntrambe le Confraternite presenti a Florinas, ciascuna con la propria veste tradizionale, hanno una partecipazione attiva nelle celebrazioni della Settimana Santa. La Domenica delle Palme la Benedizione delle Palme e degli Ulivi, il Giovedì Santo la Santa Messa in Coena Domini e la Discesa delle Croci, il Venerdì Santo Sas Chiscas, e la cerimonia de S’Iscravamentu, che è la rappresentazione drammatica della deposizione del Cristo dalla Corce. E la Domenica di Pasqua la cerimonia de S’Incontru, che indicava l’incontro del simulacro tra il Figlio risorto e la Madre in gramaglie. Durante il rituale i confratelli indossano il camice bianco, la cintura ed il cappuccio calato sul viso. L’evento è molto sentito da tutta la popolazione sia del paese che dei centri vicini. Il Figulinas Festival che è la Rassegna Internazionale del FolkloreA metà di agosto il Gruppo Folk Figulinas ripropone l’importante appuntamento con la manifestazione denominata Figulinas Festival, che è la la Rassegna Internazionale del Folklore, una rassegna di canti e balli tradizionali dedicata a Lorenzo Manconi, in ricordo della figura dello storico cultore delle tradizioni popolari di Florinas. Molto importante è il ruolo nel recupero della tradizione che svolge questo gruppo folk, in quale con questa manifestazione intende continuare a valorizzare e divulgare le antiche tradizioni di canto e di ballo della cultura popolare isolana, e favorire l’interscambio culturale con le altre realtà dell’Europa, del bacino del mediterraneo, e del resto del Mondo. La Rassegna si svolge nell’Anfiteatro di Florinas, dove è possibile ammirare anche il costume tipico del paese. Visita del centro di FlorinasL’abitato, interessato da forte espansione edilizia, si adagia sulla sommità di un pendio scosceso e ripido. Entriamo in Florinas provenendo da ovest con la SP3 che, all’interno del centro abitato, assume il nome di via Sassari. In piazza del Popolo la chiesa parrocchiale dedicata all’Assunzione di Maria VergineIn centro, percorsa tutta la via Sassari fino a che sbocca sulla destra in via Regina Elena, si trova la piazza del Popolo, dove, al civico numero 5, si trova il settecentesco complesso parrocchiale al centro della quale si trova la chiesa dell’Assunzione di Maria Vergine, che è la chiesa parrocchiale di Figulinas, eretta in data imprecisata su un impianto originario più antico precedentemente adibito a funzioni sacre. Nonostante Florinas fosse capoluogo di curatoria non molte sono le citazioni dei suoi ecclesiastici nelle fonti. Sappiamo che, tra il 1341 e il 1350, Pietro Serra, che era il rettore di Florinas, pagava regolarmente le decime, finché nel seicento il nome della chiesa è stato cambiato da Vergine delle Grazie a quello attuale. L’attuale parrocchiale di Florinas non conserva niente di quella che doveva essere l’antica scrittura. L’unico ricordo, in stile gotico, è rimasto nelle volte delle cappelle laterali. Il prospetto principale è il risultato di restauri e manomissioni succedutesi nel tempo, e si presenta con la casa parrocchiale a destra ed il piccolo edificio religioso chiamato Chesjghedda, che è l’oratorio della chiesa parrocchiale, a sinistra. La facciata risale al 1630 ed è realizzata in pietra calcarea, con portale architravato, sovrastato da un timpano sagomato e affiancato da colonne sagomate con capitelli lavorati a foglie d’acanto stilizzate. Lungo lo stesso asse del portale c’è un’apertura quadrangolare per l’illuminazione dell’interno e il tetto ha nella parte apicale, una piccola croce oltre ad una lieve cornice lungo i due spioventi. alla sinistra del prospetto principale è presente, mentre alla destra si trova la canonica. L’interno è a navata unica coperta da volte a botte lunettata, con cappelle laterali comunicanti tra loro attraverso aperture ad arco e coperte da volte a crociera. L’aula della chiesa è chiusa da un’abside rettangolare rialzata, coperta da volta a botte, affiancata a destra dalla sagrestia ed a sinistra da un locale che introduce alle scale del campanile. Come alcune tracce nelle volte delle cappelle, anche la struttura iniziale del campanile presenta segni ascrivibili all’epoca gotica. Successivamente anche il campanile è stato oggetto di manomissioni comprendenti parziali demolizioni e successive ricostruzioni, riadattandolo con caratteri più corrispondenti alle altre trasformazioni apportate al complesso dell’edificio. Nell’area absidale, l’altare maggiore databile tra il 1877 e il 1879, nel quale la statua lignea della Vergine col bambino racchiusa nella nicchia, rimanda alla cultura iberica dei secoli precedenti. Dietro l’altare maggiore si trova il coro ligneo, che presenta una serie di cinque stalli per lato, con il dossale scandito da lesene con fregi terminanti in capitelli. La prima Cappella a sinistra presenta un altare ligneo in cui compare una nicchia centrale sottolineata da volute e testine alate, che esaltano il simulacro di Sant’Antonio da Padova. La seconda Cappella a sinistra mostra la Madonna del Carmelo con le anime purganti. L’ancona marmorea della terza Cappella a sinistra è dedicata alla Madonna di lourdes. Dai registri della parrocchiale il pulpito risulta essere del 1801. Il quarto altare a destra è stato commissionato nel 1809, come risulta dai registri della parrocchiale e portato a termine nel 1911. La presenza dell’aureola d’argento e della veste ottocentesca induce a considerarne la realizzazione in quest’ultimo secolo. La seconda Cappella a destra conserva la preziosa tela dedicata a San Luigi Gonzaga in adorazione della Vergine, del diciottesimo secolo. Tra i numerosi altari, il più significativo è il terzo altare a destra, intagliato e policromato, che ha al centro la tela raffigurante i tre Martiri Turritani. Gavino è rappresentato con l’armatura dell’esercito romano e uno stendardo nel quale compare la torre, e Proto e Gianuario sono schierati ai suoi lati. Questa tela è ritagliata nella parte bassa per includere una nicchia con la Madonna di Pompei. Sotto la mensa nell’ampia teca in vetro si trova la Vergine distesa nella posizione ereditata dal Dormitio Virginis. Anche se la chiesa dedicata all’Assunzione di Maria Vergine è la parrocchiale di Florinas, la festa patronale non è dedicata all’Assunzione di Maria Vergine ma a San Francesco, e si svolge presso la chiesa a questo Santo dedicata. Passato il Monumento ai Caduti raggiungiamo il Municipio di FlorinasDalla piazza del Popolo, prendiamo alla destra della chiesa la via Regina Elena, dopo poco meno di duecento metri svoltiamo a destra nella via Sulis che dopo un’ottantina di metri, attraversata la via Roma, assume il nome di via Grazia Deledda. All’inizio della via Grazia deledda, alla sinistra quasi ad angolo con la via Roma, in un giardinetto di trova il Monumento ai Caduti, eretto in ricordo dei caduti di Florinas in tutte le guerre. Da dove, attraversata la via Roma, abbiamo presa la via Grazia Deledda, percorsa una quarantina di metri, sulla destra al civico numero 1, in un ampio giardino troviamo l’edificio che ospita il Municipio di Florinas, con la sua sede e gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Si tratta degli uffici del Settore Finanza e Tributi; gli uffici del Settore Tecnico, che si occupano del Settore Tecnico, e dei Servizi Unici per le Attività Produttive; gli uffici del Settore Amministrativo, che si occupano di Ufficio Protocollo, di Stato Civile Anagrafe Elettorale Statistica, e della Polizia Municipale; ed infine gli uffici del Settore Servizi Sociali. Il Campo da CalcettoProprio sul retro dell’edificio che ospita il Municipio, è presente il Campo da Calcetto di Florinas, con fondo in erba artificiale, senza tribune per gli spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline il calcetto, ossia il calcio a cinque. La Palestra ComunalePassato il Municipio proseguiamo lungo la via Grazia Deledda e, dopo una cinquantina di metri, svoltiamo a destra nella via Frassati che, in un’altra cinquantina di metri, porta all’ingresso della Palestra Comunale di Florinas, una Palestra Polivalente che non è dotata di tribune, nella quale si possono praticare come discipline la ginnastica, la pallacanestro, e la pallavolo. La chiesa di San Francesco d’AssisiDalla piazza del Popolo, prendiamo alla destra della chiesa la via Regina Elena, la seguiamo verso sud fino verso la fine, dove si immette alla sinistra la via Coscore, e subito dopo troviamo la deviazione sulla destra in via San Francesco che ci porta alla chiesa di San Francesco d’Assisi costruita tra il quindicesimo e il diciassettesimo secolo nella periferia meridionale del paese in forme tardogotiche. L’edificio, pur nella sobrietà delle sue linee, presenta qualche ornamento nel portale architravato con un fregio sovrastato da un timpano triangolare, impostato su due colonne tortili. Nella facciata dai motivi tardo romanici, si può ammirare un rosone che ricorda modelli medievali situato sopra la cornice, che divide la superficie in due parti, quella sottostante dominata dal portale, e quella superiore profilata da un tetto a capanna, con un campanile innestato sul saliente di sinistra. L’interno è caratterizzato da un impianto a navata unica con copertura a volte a botte. Nel 1701 è stato posizionato nella chiesa un altare ligneo, che è andato però perduto per incuria, ed in assenza di fondi non è stato possibile il suo recupero. Nel 1967 se ne è costruito uno in marmo, e per rendere la chiesa più accogliente si è anche provveduto al rinnovo della pavimentazione, degli arredi e della sacrestia. A partire dal giorno 3 fino al giorno 5 del mese di ottobre, partendo da questa chiesa si svolge la Festa di San Francesco d’Assisi, che è la festa patronale del comune di Florinas. La Festa è caratterizzata da festeggiamenti civili e religiosi, con la popolazione ed i visitatori che partecipano alle funzioni religiose, dai vespri sino alla processione con il simulacro del Santo accompagnato dalla banda musicale, da numerosi cavalieri e da diversi gruppi folk, fino all’attesissimo spettacolo pirotecnico ed alle serate allietate da cantanti o da gruppi musicali, con interessanti esibizioni sui palchi dell’Anfiteatro Comunale ed anche nella piazza del Popolo. Il Cimitero di FlorinasLa chiesa di San Francesco si trova vicino al Cimitero Comunale di Florinas, che si raggiunge da una deviazione sulla sinistra lungo la via San Francesco, che è la strada che ha portato alla chiesa omonima. Il Campo da Calcio di FlorinasProseguendo lungo la via Regina Elena, passata la deviazione che ci ha portato alla chiesa di San Francesco ed al Cimitero, percorsi meno di duecento metri troviamo alla sinistra della strada l’ingresso del Campo da Calcio di Florinas, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare 300 spettatori. Nella piazza dell’Unità d’Italia vediamo il grande Anfiteatro Comunale di FlorinasDalla piazza del Popolo, lasciando alla destra la chiesa parrocchiale, proseguiamo lungo la prosecuzione della via Regina Elena, che è diventata la via Cagliari. Subito all’inizio della via Cagliari prendiamo la prima a destra, che è la via Gioachimo Mundula, e dopo appena una ventina di metri di nuovo a destralla via su Cunzadu ’e Cheia, che è parallela alla via Regina Elena. La seguiamo per un centinaio di metri, e vediamo, alla sinistra della strada la grande piazza dell’Unità d’Italia, nella quale si trova il grande Anfiteatro Comunale di Florinas, in grado di ospitare ben mille posti, che costituisce un esempio di recupero efficiente di una cava dismessa. In questo anfiteatro Comunale all’aperto, ogni anno si tiene il Figulinas Festival, che è la Rassegna Internazionale del Folklore dedicata a Lorenzo Manconi. E nell’anfiteatro si tengono anche la Festa di Nostra Signora di Pompei, la Festa di Sant’Antonio da Padova e ad altre numerose manifestazioni. Il monte su Cunzado ’e Cheia con il belvedere di Florinas e con la necropoli romana omonimaAd oriente rispetto all’anfiteatro, si sviluppo il Monte su Cunzadu ’e Cheia, una collina che raggiunge l’altezza di 449 metri. alla sommità di questo monte si trova il Belvedere di Florinas, dal quale si gode di un bellissimo panorama. Alle pendici di questo monte, a sud est, oltre a un insediamento romano, sono state scoperti i resti di numerose tombe sempre d’età romana, datate dal primo al quarto secolo dopo Cristo, che costituiscono la Necropoli romana di su Cunzadu ’e Sa Cheia. Si tratta di una delle necropoli romane alla periferia di Florinas, la quale è, però, ormai quasi completamente distrutta. In piazza Mercato l’oratorio della Madonna del RosarioProseguendo per un centinaio di metri lungo la via Cagliari, prima di una curva verso destra che la fa uscire dall’abitato, arriviamo in piazza Mercato, dove troviamo sulla destra della strada l’oratorio della Madonna del Rosario. L’oratorio, eretto all’ingresso del paese per conto della Confraternita della Madonna del Rosario in stile tardo gotico, si trova lungo la stessa strada della chiesa principale dedicata all’Assunta, della casa parrocchiale dell’Assunta e del piccolo edificio religioso chiamato Chesjghedda. L’edificio presenta forme armoniose che richiamano ad un’impronta di tipo classicheggiante. È caratterizzato da un portale architravato racchiuso da due coppie di lesene e sovrastato da un semplice rosone. Sopra la trabeazione, un timpano triangolare reca al centro un monogramma mariano con corona. Sul fianco destro dell’edificio è presente una breve rampa di scale che conduce all’interno della chiesa e al campaniletto pensile. Non è nota la data di costruzione dell’edificio, né dell’istituzione della Confraternita della Madonna del Rosario, ma non dovrebbe essere posteriore agli inizi del seicento. L’aula della chiesa è ad unica navata, divisa in tre campate con volta a botte, e chiusa ad est da un’abside rettangolare. All’interno si possono notare le tipologie architettoniche seicentesche e le opere d’arte, compreso l’altare ligneo, dorato e policromato risalente alla prima metà del diciottesimo secolo, che rispecchiano l’espressione artistica dominante dal diciassettesimo al diciottesimo ed alla prima metà del diciannovesimo secolo. All’oratorio del Rosario appartiene anche una statua della Madonna i cui tratti fisionomici, la policromia, il panneggio e la grazia nascondono una discendenza della plastica barocca di ambito meridionale. In piazza Santa Croce si trova l’oratorio della Santa CrocePresa sulla sinistra la via Cristoforo Colombo, che ci porta all’estremo nord orientale del centro storico dell’abitato, dove, in piazza Santa Croce, si trova l’oratorio della Santa Croce, edificata nel diciassettesimo secolo dalla Confraternita dell’Orazione e Morte. Voluto dall’omonima Confraternita nel diciassettesimo secolo, i lavori sono terminati nel 1691, come attesta la data scolpita in una formella sopra l’ingresso laterale dell’edificio. La facciata, in conci di calcare, presenta un attico con tre aperture, sormontato da un fastigio ad arco. L’architrave a motivi fitomorfi e le colonne tortili che incorniciano in portale sono fortemente consunti dalle intemperie. Sovrasta il portone un timpano triangolare con croce trilobata in pietra. L’edificio è stato oggetto di un restauro negli anni ottanta del novecento da parte della Soprintendenza ai Beni Ambientali, Architettonici, Artistici e Storici, che ha restituito alla chiesa la dignità perduta, grazie soprattutto ai suoi altari. L’aula della chiesa è mononavata, con tre cappelle per lato collegate da due archi a tutto sesto, a formare due piccole navate laterali. La navata centrale, suddivisa in tre campate, è chiusa da una volta a botte lunettata, così come l’abside. L’elemento caratterizzante la chiesa è l’altare maggiore, un retablo ligneo degli inizi del seicento con riquadri realizzati dal pittore fiorentino Baccio Gorini. Il retablo, poggiante su un alto zoccolo in muratura, è a due ordini, terminante con un timpano spezzato, al centro del quale è posto l’ultimo riquadro raffigurante l’Ascensione di Cristo, incorniciata da due esili colonnine tortili e sormontate da una lunetta in cui è raffigurato il Padre Eterno. È composto da undici riquadri. La parte inferiore, spartita in tre zone da quattro colonne scanalate e dorate con plinto e capitello di tipo rinascimentale, presenta al centro una nicchia con semicupola ornata da un motivo a baccello, e ai lati quattro riquadri, di cui quelli in basso sono mancanti e i superiori raffigurano a destra la Flagellazione e a sinistra l’incontro con la Veronica. La zona superiore, ugualmente spartita, ha al centro la tela della Crocifissione datata e firmata. Nel lato destro, in alto l’Assunzione della Vergine e in basso l’Adorazione dei Pastori. In quello sinistro in alto l’Immacolata Concezione, in basso l’Adorazione dei Magi. Un altro altare ligneo, di gusto tardobarocco, si trova nella seconda Cappella a destra e la nicchia è stata costruita appositamente per accogliere un crocefisso settecentesco. Di particolare interesse è a lo stendardo professionale di gusto neogotico, dove sulla seta è raffigurata una struttura ad edicola con ornamenti eclettici. Ai piedi della croce Maria inginocchiata ha alla sua destra la Maddalena col volto riverso sul panneggio della veste, in segno di sconsolata disperazione, e ai lati ci sono San Giovanni e Maria di Magdala. Visita dei dintorni di FlorinasPer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Florinas, sono stati portati alla luce i resti della domus de janas di Alzola Trigale, di Campu luntanu, di Sa Rocca ’e su lampu, di su Cannuju; delle due domus de janas di su Tumbone; delle necropoli di S’Abbadia e di su Monte ’e Sa Jana; delle Tombe di giganti di Balconeddu I, Balconeddu II, Campu lontanu I, Campu lontanu II, linna Odetta, Pedra lada I, Pedra lada II, Pedra lada III, Pedra lada IV, Pedra lada V, S’Iscala de su Casu, Sa Figu Niedda, Sa Rocca ’e su lampu, Sambisue, Santu Martinu, su Calarighe, su Carralzu I, su Carralzu II, su Monte, su Monte ’e Sa Jana; dei Protonuraghi Alzola Trigale, Pedra lada, Sa Coiada Noa, Sardia, Tuvu ’e Sorighe; del Nuraghe complesso di tipo misto Urzeghe; dei Nuraghi complessi Bainzu Olia, Cobeltu, Corvos, Giorzi Massone, loddauru Basso, Mina, Norajalvu, su Monte, su Tumbone; dei Nuraghi semplici Cantaru Ena, Coa lada, de Mesu, Fora labia, Idale, linna Odetta, loddauru Alto, Pala Binza Manna, Punta Unossi, Sa Menta, Sambisue, Santu Martinu, Santu Nicola, Sas Coas, Sega Pane, su Padru, su Valsu; ed anche dei Nuraghi Giaga ’e Puliga, Ischidda, Monte Pizzinu, Monte Sorighe, Pedras Serradas, Pedru Saddu, Pianu Ortulu, S’Utturinu, Sa Inistra Mala, su Frigadore, tutti di tipologia indefinita. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. I pochi resti della necropoli romana di Cantaru EnaUsciamo da Florinas sulla SP3 in direzione di Cargeghe e, poco dopo il cartello segnaletico che indica il chilometro 20 della SP3, troviamo alla sinistra della strada lo svincolo che fa prendere la SP97bis in direzione di Banari e Ittiri e, percorsi circa duecento metri, sulla sinistra si vedono i pochi resti della Necropoli romana di Cantaru Ena, una necropoli a enkytrismos che è la più famosa delle necropoli romane rinvenute nel territorio di Florinas. Di questa necropoli, però, ormai rimangono solo poche tracce, dato che per lo sviluppo sul posto di attività produttive e soprattutto per la realizzazione della cava di sabbia di S’Ispadularzu, è avvenuta la totale scomparsa del monumento. La necropoli, composta da 23 tombe, è stata scavata nel 1959 dall’archeologo italiano Guglielmo Maetzke. Alcuni degli oggetti di corredo rinvenuti nelle tombe romane di Cantaru Ena sono anche di tradizione punica. I ruderi della chiesa campestre di San Lorenzo di BoreProcedendo in direzione sud ovest sulla SP97bis per circa due chilometri e mezzo, in località Bore vediamo alla sinistra della strada la deviazione su una strada sterrata che porta all’edificio che ospita la sede dell’Associazione Ena ’e littu, che si occupa della gestione del parco naturale omonimo. Presa la deviazione sulla strada sterrata, in poco più di cinquecento metri si raggiungono i Ruderi della chiesa campestre di San Lorenzo di Bore, che si trovano alla destra della strada. Si tratta di pochi resti abbandonati e ricoperti dalla vegetazione. La chiesa, che si trova nell’omonima valle, era una chiesa tipicamente campestre, in quanto, allo stato attuale, non si scorgono tracce di insediamenti umani medievali o postmedievali, che potrebbero essere letteralmente scomparsi, o magari, con scarsissima possibilità, ancora sepolti. Le fonti relative all’edificio son alquanto scarse. I resti della necropoli di su Monte ’e Sa JanaLa strada che ci ha portato ai resti della chiesa campestre di San Lorenzo di Bore, ha girato intorno alla Cava di silicati del Monte ’e Sa Jana, all’interno della quale si trova un laghetto arficiale. Nel lato meridionale di questa cava, si trovano i resti, difficili da raggiungere, della Necropoli di su Monte ’e Sa Jana. La necropoli è costituita da quattro domus de janas, che sono molto distanti tra loro. Una delle più significative si trova più avanti, dopo la chiesa campestre di San Lorenzo di Bore, alla sinistra della strada sterrata, nella campagna a un paio di centinaia di metri di distanza, a metà tra la strada sterrata e la cava. Si tratta della Tomba ipogeica-megalitica, ricavata in un riparo sotto una modesta bancata calcarea sovrapposta ad uno strato arenaceo a cui erosione è all’origine della formazione del riparo stesso. Ha le pareti laterali e quella frontale costituite da pietrame minuto, mentre quella di fondo è data dalla stessa roccia arenaria e la copertura è costituita dalla roccia calcarea. Ha una struttura a camera allungata di due metri e sessanta per un metro e venti, ed ha un’altezza di novanta centimetri. Le pareti laterali sono realizzate a filari di pietre medie e piccole, mentre la copertura è data da un basso affioramento roccioso. Anche la parete di fondo è costituita dalla stessa roccia calcarea nella quale è scavata. L’ingresso è molto piccolo, di sessanta per novanta centimetri, tanto che la vegetazione potrebbe nasconderlo alla vista. La tomba è ancora abbastanza interrata. Passata la chiesa campestre di San Lorenzo di Bore, proseguiamo per circa duecento metri lungo la strada sterrata si trova, alla destra della strada, la Tomba di Monte ’e Sa Jana I, una piccola tomba monocellulare con volta a forno. È purtroppo avvolta da una fittissima vegetazione ed è raggiungibile solo dall’alto, possibilmente con l’ausilio di una corda. Proseguendo per un’ottantina di metri lungo la strada sterrata, si prende una deviazione sulla destra, dopo circa trecento metri si trova, alla sinistra della strada, la Tombe di Monte ’e Sa Jana II, anch’essa una piccola tomba monocellulare. Proseguendo lungo la deviazione, dopo circa duecento metri la strada che si dirige verso sud ovest finisce e, a un centinaio di metri di distanza, si trova la Tomba di Monte ’e Sa Jana III, che è la principale tomba della necropoli, un ipogeo pluricellulare scavato sulle pendici di un’alta collina calcarea. Il primo vano che si incontra (A) è un vestibolo quadrangolare completamente aperto sulla fronte e parzialmente coperto, le cui pareti laterali mostrano un sottile fregio in rilievo nella parte superiore. Al fondo, si apre il portello che immette nella cella principale (B), rettangolare, con tracce di rincassi e con falso architrave in rilievo. Il vano principale presenta il soffitto scolpito trasversalmente in forma di tetto a doppio spiovente, senza schematizzazione dei travetti laterali. Presenta ancora un consistente riempimento di terra, ed in superficie affiorano ossa umane. Sulla sinistra si apre il portello trapezoidale che immette in un piccolo vano (C), che è una celletta a forno. Opposto all’ingresso si apivano due portelli, in comunicazione con due vani (D ed E). Il primo è ancora integro, immette in una cella a forno, ed immediatamente dopo l’ingresso si incontra un basso gradino di forma triangolare. La cella, a causa della scomparsa della parete divisoria, è in comunicazione con il contiguo vano E, in origine di forma quadrangolare irregolare, il cui portello di comunicazione con la cella B è ugualmente scomparso. In comunicazione con il vano E è anche una cella laterale (F), vagamente ellittica con soffitto a forno', con accesso originario dal vano principale B, tramite un portello oggi scomparso, del quale residua lo stipite destro. La chiesa campestre di Sant’Antonio Abate ossia di Sant’Antonio di BriaiDopo la deviazione all’altezza dell’edificio che ospita la sede dell’Associazione Ena ’e littu, riprendiamo la SP97bis. Percorsi circa tre chilometri e trecento metri, arriviamo alla svincolo dove la SP97bis si immette sulla SP97. Imboccata la SP97 verso sinistra, ossia in direzione sud, subito alla destra della strada si vedono i fresti della chiesa campestre di Sant’Antonio Abate ossia di Sant’Antonio di Briai. La chiesa, eretta dopo il 1150, e localizzata nei pressi di una necropoli romana utilizzata fino al terzo secolo, apparteneva ad un villaggio medioevale denominato Briai o Briave, situato un poco più ad est, spopolatosi a partire dal quindicesimo secolo, e sino al diciassettesimo secolo era conosciuta come Sant’Antonio de su crastu ruttu ossia Sant’Antonio del masso caduto. realizzata in cantoni di pietra calcarea, è ad aula unica con archeggiature semplici nei quattro prospetti. Il prospetto frontale presenta inoltre gli stilemi classici del protoromanico sardo, vale a dire oculo cruciforme e croce apicale alla sommità della facciata a capanna. Non è presente alcun campanile. All’interno si osserva ancora una pila per l’acqua santa risalente al quindicesimo secolo, ma l’altare è stato rifatto verso la fine del diciannovesimo secolo. La chiesa era luogo di sepoltura dei proprietari e lavoratori dei vicini mulini. La chiesa è sempre appartenuta ed appartiene ancora oggi alla città di Ossi ma, anche se inserita nel territorio Comunale di Ossi, dipende da sempre dalla parrocchia di Florinas, forse per il fatto che il villaggio di Briai era inserito, nel periodo medioevale, nella curatorìa di Figulinas, e quindi nella diocesi di Ploaghe. Presso questa chiesa si tiene ogni anno, il 17 e 18 gennaio, la Festa di Sant’Antonio Abate, che vede accomunate nel culto del Santo le popolazioni di Ossi e di Florinas. Presso la chiesetta romanica i fedeli si incontrano il 16 gennaio secondo un programma consolidato dalla tradizione, a fine pomeriggio per il rito dei vespri e per la messa in onore del Santo., alla quale segue il tradizionale grande falò, nel segno di un auspicio per la fertilità dei campi e di un buon augurio per le attese di tutti. Quindi un grande barbecue diffonde un gradito tepore e piacevoli profumi di arrosto, accompagnati dall’ottimo vino locale. In seguito il 17, festa del Santo, si tiene la messa solenne, cui seguono brindisi con dolci e vino. Ai riti ufficiali si aggiungono, come da tradizionale consuetudine, quelli spontanei, che vedono i cofani della macchine trasformarsi come d’incanto in improvvisati bar e self service, da cui spuntano salsicce e insaccati vari, con vini rossi e bianchi, tutto di produzione rigorosamente propria. I resti del Nuraghe complesso CorvosDalla SP97bis abbiamo imboccato la SP97 verso sinistra, ossia in direzione sud. La seguiamo per circa cinque chilometri e vediamo, alla destra della strada, in un recinto, i resti del Nuraghe Corvos, che è la principale fortezza nuragica presente nel territorio. Si tratta di un Nuraghe complesso trilobato, edificato con grosse pietre di trachite e calcare appena sbozzate, a 159 metri di altezza, anche se l’estrema rovina e l’interramento del bastione possono dare oggi l’erronea impressione di un semplice monotorre. È composto da un mastio principale e da due torri secondarie collegate con un bastione del quale, nel lato nord orientale, restano diciassette filari di pietre, con un’altezza massima di otto metri. Un restauro probabilmente ancora in epoca nuragica, reso probabilmente necessario dal cedimento delle murature e, allo stesso tempo, dalla volontà di edificare un piano superiore assente in origine, ha visto la sovrapposizione di pietre più piccole, di trachite scura, ai blocchi calcarei chiari originali, creando un bell’effetto di bicromia. Il bastione inglobava le due torri secondarie, che oggi sono però appena visibili. Delle due torri, oggi totalmente interrate e le cui tracce si intuiscono appena nel terreno, quella di sud ovest aveva un diametro di quasi otto metri, e quella di sud est di circa nove metri. Le cortine del bastione affiorano solamente per un filare di pietre, tranne che a sud ovest, nel lato della scarpata che scende al fiume Mannu, dove le murature si conservano per un’altezza di circa due metri su tre filari di pietre, costituendo quasi una sorta di terrazzamento di contenimento per la spianata ove si erge, attualmente, il rudere del mastio. La torre principale ha pianta circolare del diametro di tredici metri e mezzo, e un’altezza residua di poco più di otto metri. L’ingresso alla torre principale, orientato a sud est, è coperto da un architrave, e dall’ingresso, che presenta due finestrini di scarico, si accede ad una camera con la tholos intatta, di pianta circolare tendente all’ellittica, con tre nicchie nelle pareti. alla destra, cosa assai rara nei Nuraghi che solitamente la prevedono a sinistra, si trova la scala che porta alla camera superiore, oggi quasi scomparsa. Percorrendo quest’ultima raggiungiamo la sommità della torre, dove si conservano scarsi resti della camera superiore.. I resti del Nuraghe semplice su ValsuDal Nuraghe Corvos proseguiamo lungo la SP97 per meno di cento metri e svoltiamo a sinistra, verso est, in una stradina sterrata che procede in salita, con alcuni tornanti. La percorriamo per circa un chilometro ed ottocento metri, superando un mammellone roccioso sulla destra, sopra il quale vediamo la bianca sagoma del Nuraghe su Valsu. Si tratta di un Nuraghe monotorre edificato con blocchi calcarei a 289 metri di altezza, con la cella marginata da alcune nicchie. Intorno al Nuraghe si trovano i resti di un villaggio le cui strutture abitative si trovano ad essere innalzate a pochi metri dal Nuraghe. Allo stato attuale, non è possibile però capire se le capanne circondino in maniera estensiva la torre, o costituiscano piuttosto dei nuclei distinti. Questa situazione è dovuta principalmente allo stato precario di conservazione delle strutture, che non consentono di poter valutare appieno l’aspetto distributivo dell’insediamento e tanto meno l’organizzazione delle capanne, se non con interventi di pulizia e di scavo archeologico. I resti del Nuraghe complesso su Tumbone Dopo un paio di chilometri, non appena superata l’altura su cui spicca la bianca sagoma del Nuraghe su Valzu si procede a piedi verso sud, costeggiando un bosco, sino a giungere al margine meridionale dello stretto altipiano, ove è ubicato il Nuraghe su Tumbone. Si tratta di un Nuraghe complesso costruito in pietra calcare a 301 metri di altezza, caratterizzato da planimetria singolare, con una torre centrale e bastioni i quali contengono almeno una torre laterale. Viene erroneamente indicato nell’IGM come Nuraghe Giaga ’e Puliga, che è il nome di un altro Nuraghe che si trova a poco più di duecento metri di distanza in direzione nord est. Le due domus de janas di su TumboneIl Nuraghe sorge all’estremità meridionale dell’altopiano calcareo, protetto a nord est dal Nuraghe Giaga ’e Puliga, e sul quale un poco più ad ovest, si trovano le due domus de janas di su Tumbone, due tombe pluricellulari. Più a sud, a breve distanza dal Nuraghe, è presente la Tomba su Tumbone I, piuttosto rovinata ma ampiamente rimaneggiate in tempi recenti, mostra ancora tracce della riproduzione di un soffitto a doppio spiovente nell’anticella, purtroppo oggi leggibile a fatica. A nord ovest, a un centinaio di metri di distanza, si trova la Tomba su Tumbone II. I resti del Protonuraghe di Alzola TrigaleSeguiamo la strada sterrata per un altro chilometro e mezzo, sino ad oltrepassare le caratteristiche guglie calcaree di Sos Crastos Ruttos, e lasciamo di nuovo l’auto. Ci incamminiamo a piedi verso sud per oltre un chilometro, costeggiando il versante orientale dell’altura. Qui, subito dopo un ampio varco fra le rocce, alla base di un alto costone, si trova il Protonuraghe di Alzola Trigale, detto anche di su Cannuju, un Protonuraghe a corridoio costruito in pietra calcare a 388 metri di altezza, con un unico corridoio longitodinale passante. Il Protonuraghe sorge su un modesto rilievo roccioso che sui lati ovest e sud insiste su uno strapiombo di roccia calcarea. Presenta pianta trapezoidale di nove metri e sessanta sulla fronte, quattordici metri e sessanta a nord, e diciotto metri a sud, costruito con grossi blocchi di calcare di medie e grandi dimensioni, collocati in filari non perfettamente regolari. Dell’ingresso si conservano solo gli stipiti in poderosi blocchi che in origine sorreggevano l’architrave ora scomparso. Questo ingresso immette in un corridoio scoperto, lungo oltre tre metri, dalle pareti aggettanti. Al centro della costruzione, a qualche metro di distanza dall’ingresso, è possibile distinguere un allineamento di blocchi, attinente ad un altro tratto di corridoio. La domus de janas domus de janas di Alzola TrigaleA pochi metri dal Nuraghe verso nord si trova l’omonima domus de janas di Alzola Trigale che è una tomba pluricellulare di planimetria insolita, che presenta anch’essa residui di partiture architettoniche scolpite in rilievo alle pareti dell’anticella, oltre ad un motivo ad architrave sul portello che introduce nella cella successiva. La domus de janas di su CannujuOltrepassate le caratteristiche guglie calcaree di Sos Crastos Ruttos, ci incamminiamo a piedi verso sud est per oltre un chilometro, costeggiando il versante orientale dell’altura. Alle falde dell’altura prospicente si ha un discreto gruppo di tombe, fra le quali spicca, subito dopo un ampio varco fra le rocce, alla base di un alto costone, la domus de janas di su Cannuju una tomba ipogeica pluricellulare costituita da una anticella caratterizzata dal soffitto scolpito con travetti a raggiera ad imitazione del tetto di un vano semicircolare. Dall’antecella si entra nella cella principale, dalla quali si accede a tre celle secondarie. La domus de janas di Sa Rocca ’e su lampuDalla domus de janas di su Cannuju si ritorna indietro, e si risale a piedi il pendio opposto, che domina verso oriente una piccola valle. Sul bordo della rupe calcarea, nei pressi di un precipizio, è scavata la domus de janas di Sa Rocca ’e su lampu scavata in una bassa parete di roccia, sull’orlo di un tavolato calcareo dalle pareti scoscese. Si tratta di una tomba a prospetto architettonico, con sul frontone gli elementi tipici delle Tombe di giganti del centro nord dell’Isola, ossia la stele centinata scolpita nel fronte roccioso in epoca nuragica, e l’esedra semicircolare con il sedile alla base. Si ritiene risalga alla Cultura di Bonnanaro. I resti del Nuraghe semplice di Punta UnossiProseguiamo lungo la strada sterrata per altri circa due chilometri, dopo alcuni tornanti, giunti sull’altopiano, la strada rasenta un abbeveratoio che si trova sulla destra della strada, in corrispondenza di una curva verso sinistra, e subito dopo prendiamo una deviazione sterrata sulla destra, che ci porta ad est. alla stessa deviazione si può arrivare direttamente da Florinas, prendendo la via Roma verso sud, al bivio prendendo a destra segendo le indicazioni per il Nuraghe di Punta Unossi, e, dopo circa cinque chilometri, troviamo la deviazione sulla sinistra. alla sinistra della deviazione si trova la sommità dell’altopiano chiamato di Punta Unossi, che, con i suoi 516 metri di altezza, è la seconda sommità nei dintorni di Florinas. Sulla punta dell’altopiano si trovano i resti del Nuraghe di Punta Unossi, un Nuraghe monotorre costruito in pietra calcare a 496 metri di altezza. Il villaggio Santuario di Punta UnossiSeguendo le indicazioni per il villaggio nuragico, seguiamo la deviazione, e, dopo qualche centinaio di metri, troviamo sulla destra il Villaggio Santuario di Punta Unossi, ubicato sul pianoro di Sa Cuguttada, ai piedi dell’altura di Punta Unossi che domina la lunga e profonda valle dei Giunchi. Il sito di Punta Unossi è uno dei più importanti presenti nel territorio di Florinas, ed è costituito da un insieme di capanne di varia tipologia. Interessante la cosiddetta capanna delle riunioni, un edificio circolare di grandi dimensioni, con il diametro esterno di undici metri, che presenta elementi tipici delle cosiddette capanne delle riunioni, con un sedile circolare addossato alle pareti e un basamento circolare centrale sul quale in origine poggiava un betilo ritrovato nel corso degli scavi adagiato alla parete dell’ambiente. Al centro dell’insediamento si trova una piccola Torre del diametro di poco più di cinque metri chiamata la rotonda, che sulle carte topografiche viene chiamata Nuraghe Sa Cuguttada, realizzata in opera rozza, che probabilmente aveva copertura a tholos, ed in un secondo tempo è stata rifasciata con una struttura in perfetta opera isodoma. Probabilmente doveva essere una struttura di grande importanza dato che l’architettura isodoma è tipica degli edifici di culto, e l’insediamento di Punta Unossi sembrerebbe caratterizzarsi come un tipico villaggio Santuario. L’abitato è stato sicuramente riutilizzato in età romana, come documenta la presenza di strutture a pianta rettangolare e di materiali risalenti a questo periodo. Il complesso è stato oggetto di indagini archeologiche condotte negli ultimi anni ottanta del novecento da parte delle archeologhe Angela Antona e Francesca Galli. I resti della chiesa campestre di San LeonardoLa SP97 ci aveva portati verso sud fino a raggiungere il Nuraghe Corvos. Passato il Nuraghe, proseguiamo verso sud per circa duecento metri ed arriviamo a uno svincolo, dove imbocchiamo la SP41bis verso destra, ossia verso nord ovest in direzione di Ittiri, superiamo il ponte sul rio Mannu e continuiamo per circa 350 metri. Prendiamo, quindi, la prima traversa a sinistra, all’inizio asfaltata che poi diventa una sterrata. In circa trecento metri arriviamo a un bivio nel quale prendiamo a sinistra, e dopo seicento metri arriviamo a vedere uno spiazzo, alla sinistra della strada, che ci porta ai resti della chiesa campestre di San Leonardo. Questa chiesa, a navata unica, costruita con blocchi rettangolari e ben commissi, è caratteristica per la sua parete settentrionale, che mostra dei conci con le faccine umane alterate a motivi floreali, mentre sulla parete opposta tali motivi sono scomparsi. Sulla fronte si conserva un portale ogivale affiancato da due semicolonne, in parte obliterato da un muro e da una cancellata in ferro. Nella chiesa di San Leonardo si trovano evidenti le tracce di un suo recente riutilizzo con funzione abitativa. La domus de janas di Campu luntanuSuperati i resti della chiesa di San Leonardo, proseguiamo in salita, svoltiamo a sinistra lungo la strada di penetrazione agraria di Campu luntanu, una stradina che percorriamo per quattrocento metri fino a trovare un campo sulla sinistra. Al centro del campo, si trova un grande masso erratico calcareo lavorato all’esterno, di forma all’incirca trapezoidale, isolato in un terreno in leggero pendio, ai piedi dell’altopiano di Coros, in posizione dominante rispetto al corso del fiume Mannu. Dalla sua posizione, è ben visibile il Nuraghe Corvos. All’interno di questo masso erratico è scavata la domus de janas di Campu luntanu, una tomba del tipo a prospetto architettonico, ossia ad imitazione delle Tombe di giganti, con la stele alta e larga quasi quattro metri, con tre fori sulla sommità che probabilmente alloggiavano betili in pietra. C’è un ingresso secondario che potrebbe essere l’ingresso più antico, mentre quello con la stele potrebbe essere successivo. La cella interna ha pianta trapezoidale irregolare, e l’altezza varia alle due estremità. La tomba è stata segnalata alla Soprintendenza Archeologica di Sassari e Nuoro da Domenico Arru, Ispettore Onorario di Banari. Gli scavi sono stati eseguiti nel 1975 da Ercole Contu in collaborazione con GiuseppaTanda. All’interno sono state trovate alcune ceramiche, fra le quali due anse a gomito attribuibili alla Cultura di Bonnanaro. Un altro frammento di vaso, con ansa a gomito, è stata rinvenuta nel terreno, a cento metri di distanza dalla tomba. I resti del Nuraghe semplice Sa MentaProcedendo per i campi, lungo il pendio che degrada verso il corso del rio Mannu, si giunge nei pressi dell’alta sponda del fiume. Qui, adiacente ad un casolare rurale, si trovano pochi resti del Nuraghe Sa Menta, chiamato anche Pagaras, del quale però si può osservare la muratura esterna, solo per breve tratto a nord est. Si tratta di un Nuraghe monotorre, con la camera interna marginata da tre nicchie, costruito a 173 metri di altezza. Presenta la caratteristica di essere stato costruito con pietre sia calcaree che di trachite, come il vicino Nuraghe Corvos. Tuttavia, mentre quest’ultimo presenta una netta separazione fra la parte edificata in calcare e quella in trachite, nel Nuraghe Sa Menta le pietre di diversa natura sono mescolate nel paramento murario senza alcun criterio. I resti della necropoli di S’AbbadiaRitornati sulla SP41bis, la prendiamo verso destra e, subito dopo aver superato il ponte sul rio Mannu, giunti allo svincolo nel quale si immette la SP97, percorsi circa novecento metri dallo svincolo, si notano, nel pendio sulla sinistra della strada, alcuni notevoli affioramenti isolati di roccia calcarea, due dei quali ospitano la Necropoli di S’Abbadia. Si tratta di un gruppo di quattro ipogei scavati in due macigni erratici di calcare, sul pendio dell’altura di S’Abbadia, a pochi metri dalla SP41bi che collega Florinas con Banari, poco prima della chiesa di Santa Maria de Sea. La necropoli è stata indagata da Paolo Melis, che ha individuato tre ipogei, di planimetria perfettamente omologa, con un unico vano funerario preceduto da padiglione rettangolare, i quali si aprono nel masso più a valle, mentre in un macigno leggermente più a monte è scavata la grande quarta tomba, pluricellulare, che si compone di sette ambienti. La Tomba S’Abbadia I, con ingresso sopraelevato, conserva il padiglione sul fondo del quale si apriva il portello di ingresso al vano ora completamente rovinato ma in origine ornato da scorniciature. La cella, quadrangolare in pianta, presenta pareti poco inclinate e soffitto piano digradante. La Tomba S’Abbadia II, scavata più a sud a notevole altezza rispetto al livello di campagna così da essere difficilmente raggiungibile, forse non è stata ultimata. Un padiglione di accesso quadrangolare immette, attraverso un portello di forma trapezoidale, in una piccola cella di pianta ellittica con volta a forno. La Tomba S’Abbadia III, realizzata invece sul piano di campagna, è ingombra di terra. Il padiglione rettangolare ha pareti rifinite con cura, e su quella di fondo si apre un portello trapezoidale sovrastato da un falso architrave in rilievo, che immette in un ambiente assai irregolare in pianta, con pareti e soffitto inclinati. La Tomba S’Abbadia IV, anch’essa realizzata in un masso erratico di calcare più a monte, si compone di sette ambienti. L’anticella, oggi priva della parte anteriore a causa del crollo del fronte del macigno, aveva il portello di accesso aperto a notevole altezza dal suolo. Il vano successivo, trapezoidale, presenta soffitto piano inclinato verso la parete d’ingresso, quasi ad imitare un tetto a falda unica. La cella principale, accessibile per un portello oggi slargato, ha pianta trapezoidale irregolare, e sulle pareti dell’ambiente si aprono quattro vani secondari. Il vano a destra, con portello trapezoidale dotato di rincasso a cornice, ha pianta trapezoidale e conserva tracce di un basso setto divisorio. Nella parete di fondo della cella principale sono realizzati i portelli, con rincasso a cornice, che immettono in altri due ambienti, il primo trapezoidale ed il secondo quadrangolare. Un portello a rincasso realizzato nella parete sinistra introduce nell’ambiente più interessante della sepoltura, con il vano che presenta pianta ellittica e conserva, scolpita sulla parete di fondo, una falsa porta ora difficilmente individuabile, sormontata da un piccolo listello sul quale è scolpito, in rilievo, un architrave. Sulla stessa parete, decentrato a sinistra, si apre il portello che introduce nell’ultima camera:, e che presenta ai due lati una scorniciatura singolare. L’ambiente ha pianta semicircolare ed un soffitto piano alquanto inclinato verso l’ingresso. Il complesso monastico di SeveProseguendo sulla SP41bis in direzione di Banari, percorso ancora circa un chilometro, troviamo un bivio, al quale la SP41bis prosegue verso sinistra, mentre prendiamo una strada secondaria sulla destra che entra in territorio di Banari e che, in poche decine di metri, ci porta al Complesso monastico di Seve o Di Cea, che descriveremo quando parleremo di questo comune. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, proseguendo da Florinas o partendo direttamente da Sassari, ci recheremo a Codrongianos dove visiteremo il paese e, nei suoi dintorni, la basilica della Santissima Trinità di Saccargia, il principale monumento romanico pisano della Sardegna ed uno dei più importanti d’Italia. |