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Siligo paese natale della grande cantante Maria Carta e del famoso scrittore Gavino Ledda


In questa tappa del nostro viaggio ritorneremo nel Meilogu, e, partendo da Florinas, ci recheremo a Siligo città natale di Maria Carta e di Gavino Ledda, che visiteremo con il suo centro ed i suoi dintorni, con la chiesa di Santa Maria di Bubalis nota anche come chiesa di Nostra Signora di Mesumundu.

La regione storica del Meilogu, chiamata anche Mejlogu o Logudoro Meilogu

La regione storica del MeiloguIl Logudoro è stato, nel periodo medioevale, uno dei quattro Giudicati che ha avuto come capoluogo prima Porto Torres, in seguito Ardara, ed infine Sassari. Oggi possiamo dividere questa regione in tre parti: Logudoro Turritano, il cosiddetto Sassarese, a nord; il Logudoro Meilogu a ovest; ed il Logudoro Montacuto a est. In particolare, il Meilogu ha il nome che deriva dal suo posizionamento in Mediu logu, vale a dire nel cuore del Giudicato. I comuni che fanno parte del Meilogu sono Ardara, Banari, Bessude, Bonnanaro, Bonorva, Borutta, Cheremule, Cossoine, Giave, Ittireddu, Mara, Mores, Padria, Pozzomaggiore, Semestene, Siligo, Thiesi, Torralba. Il Meilogu è caratterizzato da un territorio prevalentemente pianeggiante, che produce cereali, verdure, ortaggi. Sono fiorenti gli allevamenti ovini, da cui deriva la ricca produzione casearia. Le numerose sorgenti e corsi d’acqua favoriscono questa ricchezza.

In viaggio verso Siligo

Riprendiamo in questa tappa la visita del Meilogu, la regione storica della quale avevamo visto finora solamente il paese chiamato Ardara. Ripartiamo da Florinas e, dopo circa due chilometri, prendiamo la SS131 di Carlo Felice verso sud, dove, dopo circa sette chilometri e mezzo, subito dopo il cartello segnaletico che indica il chilometro 187, troviamo l’uscita per Siligo. La rampa di uscita, ci fa immettere sulla SP41bis, che, presa verso destra, ossia verso ovest, si va ad immettere in poco più di due chilometri sulla SP80, la quale prosegue verso Siligo con il nome ancora di SP41bis. Dopo settecentocinquanta metri, arriviamo a una rotonda, alla quale si può prendere la via Vittorio Emanuele, ribattezzata in seguito con il nome di via Francesco Cossiga, che ci porta all’interno dell’abitato di Siligo.

Il comune chiamato Siligo che è stato il paese natale di Gavino Ledda e Maria Carta

Siligo: veduta dell’abitatoSiligo-Stemma del comuneIl comune chiamato Siligo (pronuncia Sìligo, altezza metri 406 sul livello del mare, abitanti 811 al 31 dicembre 2021) è un piccolo centro agricolo disposto in una bella posizione alle falde settentrionali del monte Sant’Antonio, situato nella parte sud occidentale della Provincia di Sassari, sul versante del rio Banzos, fra l’altopiano di Logudoro e Meilogu. L’abitato è raggiungibile per mezzo della SS131 di Carlo Felice, che dista solo tre chilometri dal suo centro. Il territorio Comunale ha un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate, che vanno da un minimo di 227 a un massimo di 734 metri sul livello del mare.

Origine del nome

Il suo nome è documentato fino dal periodo medioevale, nei condaghi di San Nicola di Trullas e di San Michele di Salvenero, redatti dall’undicesimo al tredicesimo secolo, ed in diversi altri documenti, nei quali il nome è riportato in diverse forme come Siloque, Siloghe, Syloge. La sua denominazione è, probabilmente, di origine preromana, dato che la radice del nome del paese potrebbe indicare, secondo alcuni studiosi, un Piccolo canale o un Corso d’acqua, mentre, secondo altri, potrebbe derivare dalle parole Siligo ginis, che in latino stanno ad indicare Buone messi, da cui il nome che, in campo commerciale, indica un tipo di Frumento di prima qualità, ed il Fior di farina.

La sua economia

L’economia di Siligo è basata sull’agricoltura, specializzata nelle colture di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, viti, ulivi e frutta. Si pratica, inoltre, l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Il settore industriale, di modeste dimensioni, fa registrare alcune realtà produttive che operano nel comparto alimentare, dei materiali da costruzione ed edile. Il terziario non assume dimensioni rilevanti. Le strutture ricettive offrono la sola possibilità di ristorazione, non di alloggio.

Brevi cenni storici

Il territorio è stato frequentato fino dal periodo preistorico, ed infatti sulla cima del monte Sant’Antonio si trova un importante insediamento con un Santuario federale nuragico. I Nuraghi presenti nel territorio di Siligo sono ben venticinque, con non pochi Protonuraghi e almeno sette Nuraghi complessi, tra i quali si distinguono i Nuraghi collocati ai margini dell’altopiano di S’Aspru. L’abitato sorge durante la dominazione romana, quando vengono realizzati alcuni edifici, in particolare le terme di Mesumundu. In periodo medioevale, appartiene al Giudicato del Logudoro, nella curatoria del Meilogu. A seguito dell’atto di donazione, nel 1063, del giudice Barisone I, arrivano in questo territorio un gruppo di monaci dell’Abbazia di montecassino, che prendono possesso della basilica di Santa Maria in Bubalis, e della piccola chiesa ubicata sul monte Santo intitolata ai Santi Elia ed Enoch. Sempre sul monte Sant’Antonio si trovano i resti di un Castello medioevale identificato con diversi nomi, fra i quali Cepola, Capula, Crastula. alla caduta del Giudicato, nel 1259, passa sotto il dominio della famiglia genovese dei Doria. Dalla metà del tredicesimo secolo, il paese viene coinvolto in una serie di lotte di potere tra i Doria, i Malaspina e i giudici d’Arborea, che si alternano nel governo. Quando gli Aragonesi, nel 1436, tolgono ai Doria il Castello di Monteleone presso Monteleone Rocca Doria, gli Aragonesi entrano il possesso dei suoi territori, e il re d’Aragona Alfonso V il Magnanimo dò alla famiglia Manca di Sassari, che avevano cooperato con le sue truppe alla presa del Castello, il titolo di Marchesi, concedendo loro il paese di Siligo, incorporato nel Marchesato di montemaggiore. Successivamente, nel 1629, sotto gli spagnoli, Siligo forma la conte di monteSanto che viene ceduta agli Alagon di monteSanto. Passata sotto il governo dei Savoia, nel 1795 la sua popolazione partecipa attivamente alle sommosse antifeudali, e il palazzo degli stessi feudatari viene distrutto. Il paese viene riscattato agli Alagon, ultimi feudatari, nel 1839, con la soppressione del sistema feudale e diviene un comune autonomo.

Le principali personaggi nati a Siligo

A Siligo sono nati il poeta estemporaneo Gavino Contini, nato nel 1865 e morto nel 1915; l’attrice Rita livesi, nata nel 1915; il professor Efisio Arru, nato nel 1927 e morto nel 2000, ordinario di Malattie Parassitarie presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Sassari. Ci sono nati, inoltre, la cantante folk Maria Carta, e lo scrittore Gavino Ledda.

Maria Carta Sito della fondazione dedicata a Maria CartaSiligo da i natali, nel 1934, a Maria Carta importante cantante e cantautrice italiana che partecipa a film e rappresentazioni teatrali. In 25 anni di carriera propone al grande pubblico la musica tradizionale della sua terra, ninne nanne, Gogos, canti gregoriani, ecc., spesso aggiornandoli con un tocco moderno e personale. Riesce a portare con successo la musica folk sarda con esibizioni come Deus ti salvet Maria o Dillo, antico ballo sardo. Partecipa a diverse manifestazioni, come Canzonissima nel 1974 nella quale canta Amore disisperadu, seconda classificata nel girone della musica folk. Nel 1985 vince la Targa Tenco per la musica dialettale con A David a ninnìa, una ninna nanna per il figlio David, cantata a Cappella in lingua logudorese. Indimenticabile nel 1993, nei ultimi anni della sua vita, l’esecuzione di No Potho reposare, live con Andrea Parodi.

Maria Carta canta 'Deus ti salvet Maria', da un incontro del 1972 con Enzo Trapani Maria Carta canta 'Dillo', antico ballo sardo, dalla trasmissione 'Senza retè del 1972 Maria Carta canta 'Amure disisperadu' dalla trasmissione 'Canzonissima' del 1974 Maria Carta canta 'No Potho reposare', esecuzione live del 1993 con Andrea Parodi

Il suo spirito libertario la porta a riprendere numerosi canti libertari, che vanno da Su patriotu sardu a sos feudatarios, l’inno antifeudale di Francesco Ignazio Mannu noto con il suo primo verso Procurade ’e moderare, agli Stornelli dell’esilio, Addio lugano, ed infine Corsicana, il famoso canto della Gallura di fine ottocento sui banditi, diffuso ampiamente nel Logudoro e denominato Corsicana perché ritenuto originario della Corsica.

Maria Carta canta 'su patriotu sardu a sos feudatarios’ noto con il suo primo verso 'Procurade ’e moderare' Maria Carta canta 'Stornelli dell’esilio' Maria Carta canta 'Addio lugano' Maria Carta canta 'Corsicana', l’antico canto dei banditi

Nel 1975 scrive il libro di poesie Canto Rituale. Legata alla sua terra, Maria Carta ama anche Roma, città in cui vive per molti anni insieme al suo compagno, il regista Salvatore laurani, e dove ricopre il ruolo di consigliere Comunale dal 1976 al 1981 per il Partito Comunista Italiano. Interprete sensibile e dotata di buona presenza scenica, affascina registi come Francis Ford Coppola e Franco Zeffirelli. Nel 1991 il Presidente della repubblica Francesco Cossiga la nomina Commendatore della repubblica. Tiene il suo ultimo concerto a Tolosa, il 30 giugno 1994, dopo il quale, malata da anni di cancro, muore il 22 settembre nella sua casa di Roma.

Gavino ledddaSito dedicato a Gavino Ledda ed alla Associazione EurènaA Siligo nasce nel 1938 lo scrittore Gavino Ledda. Apprende il mestiere di pastore, dopo essere stato costretto dalla famiglia ad abbandonare la scuola. Pastore fino a venti anni, dopo di essersi ribellato al padre che lo vorrebbe costringere con la violenza a fare il pastore, decide di arruolarsi nell’esercito ed ha l’occasione di conoscere un mondo più vasto e di coltivare l’interesse per gli studi. Nell’arco di soli otto anni compie tutta la formazione scolastica, dalla licenza elementare ai corsi universitari. Nel 1969 si laurea in Glottologia e nel 1971 insegna negli atenei di Cagliari e Sassari. Nel 1975 pubblica il libro Padre padrone-Educazione di un pastore, che vince il Premio Viareggio ed ottiene uno straordinario successo di pubblico, e nel 1977, nella riduzione cinematografica dei fratelli Taviani, raggiunge un pubblico ancora più vasto, e vince la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Le opere successive di Gavino Ledda sono il romanzo Lingua di falce del 1977, ed il racconto Le canne, amiche del mare del 1978. Seguono la raccolta di poesie Aurum Tellus del 1991, i racconti e poesie I cimenti dell’agnello: sos chimchéntos de S’anzóne: novelliere gaìnico del 1995, e nel 2007 il racconto Istororra: su occhidorzu.

Testo integrale del volume 'Padre padronè di Gavino LeddaRiproduzione integrale del film 'Padre padronè di Paolo e Vittorio TavianiIl libro Padre padrone- ’educazione di un pastore, che è stato tradotto in 47 lingue, narra in chiave autobiografica la sua storia, da quando era un bambino di sei anni sino ai ventiquattro anni compiuti. Narra gli usi e costumi della Sardegna del secondo dopoguerra e propone un’analisi sociale e psicologica del rapporto padre-Figlio come padrone-Servitore. Gavino comincia la Scuola ma dopo solo un mese il padre lo strappa alla maestra per portarlo a governare le pecore. A 18 anni convince il padre a lasciargli studiare musica, poi entra nell’esercito, ma, poiché occorre la licenza di terza media, riprende a studiare. Durante un ritorno a casa, Gavino per la prima volta si ribella al padre provocandone il definitivo allontanamento.

Riproduzione integrale del film 'Ybris’ di Gavino LeddaRiproduzione integrale dello sceneggiato per la TV in quattro parti 'Ybris’ di Gavino LeddaNel 1984 Gavino dirige e interpreta il film Ybris, che ottiene il premio Cinema Nuovo come miglior opera prima alla mostra del Cinema di Venezia, tratto dal romanzo Lingua di falce. Il film viene realizzato in due versioni, una cinematografica ed un’altra televisiva più completa in uno sceneggiato trasmesso dalla Rai nel 1986 in quattro puntate. In esso lo scrittore ritorna nei suoi luoghi d’origine, ma viene trattato dai suoi compaesani come fosse un estraneo. Ammalatosi d’ulcera, viene preso da attacchi di delirio durante i quali riceverà le apparizioni rispettivamente degli Amuntadores, folletti della tradizione sarda, che attribuiranno la sua malattia al fatto di essersi allontanato dalle sue tradizioni natie, dell’amico Leonardo da lui trasfigurato in Leonardo da Vinci, e della dea Atena, ma alla fine riuscirà a ritrovare se stesso.

Riproduzione integrale del film 'Assandira' di Salvatore Mereu del quale è protagonistra Gavino LeddaPiù tardi, nel 2020, Gavino recita come protagonista del film Assandira di Salvatore Mereu, presentato fuori concorso alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Nel film Gavino interpreta Costantino, un uomo mite ma dai modi rudi, il cui figlio Mario muore nel terribile incendio, scoppiato nell’agriturismo di famiglia Assandira. Dopo l’incendio, sul posto accorrono i Carabinieri che iniziano le indagini insieme al magistrato Pestis, e la mente di Costantino inizia ad andare indietro nel tempo per ricostruire la storia dell’agriturismo, ma la vita bucolica esternata non è ciò che sembra, e dietro le mura di Assandira si nascondono torbidi misteri.

Oggi Gavino Ledda vive con una modesta pensione che gli assegna la legge Bacchelli, la norma varata dallo stato italiano per soccorrere in qualche modo gli artisti anziani che vivono in condizioni disagiate. Parlando della sua carriera dichiara Non mi interesso dei soldi, sono un artista e tale voglio rimanere, e da anni si batte per la realizzazione di un parco letterario a Siligo, dove si tenta di distruggere l’ambiente con la realizzazione di cave di sabbia. Ma gli ultimi di dicembre 2005 la porta della casa nella quale abita è stata crivellata, in segno di ammonimento, da numerosi colpi di fucile. Ed oggi si batte perché la casa nella quale è nato, in via Vittorio Emanuele 54, per la quale Gavino sente di avere un Legame ancestrale, che, dopo la morte del padre: il padrone: il patriarca Abramo, nel 2007 a 99 anni, i suoi fratelli hanno deciso di vendere, scontrandosi con Gavino, che invece non vuole, perché quella casa, dice lui, è la casa del Padre padrone, è un po’ il Colosseo di Siligo e della Sardegna e andrebbe salvata, ristrutturata e trasformata in una scuola, dove non soltanto io, ma anche altri scrittori, musicisti, registi, scienziati possano tenere lezioni, conferenze, letture.

Le principali feste e sagre che si svolgono a Siligo

Siligo-Sfilata del Gruppo Folk Santa Maria de Bubalis di SiligoA Siligo svolge la sua attività la Associazione Culturale Gruppo Folk Santa Maria de Bubalis di Siligo, nelle cui esibizioni si può ammirare il costume tradizionale del paese. Tra le feste e sagre che si tengono a Siligo, vanno citati i riti della Settimana Santa, che culminano con il rito della Deposizione, ossia di S’Iscravamentu, per il quale viene utilizzato un crocefisso ligneo policromo del diciassettesimo secolo, che viene conservato nella chiesa ed oratorio della Santa Croce; Siligo-Sagra della salsiccia e del vinoIl lunedì di Pasqua, ossia il giorno di Pasquetta, si svolge la Festa di Sant’Elia e Enoch, Che prevede un tradizionale pellegrinaggio, e dà occasione, tra l’altro, di visitare la chiesa, che è chiusa durante tutto l’anno; la Festa di Santa Vittoria Vergine e Martire, che è la prima Festa patronale di Siligo, si celebra il 15 maggio; l’ultimo fine settimana di agosto, si tiene la Festa di San Vincenzo Ferrer, che è la seconda Festa patronale di Siligo; la prima domenica di ottobre la Festa della Beata Vergine del Rosario; dal 1980 a Siligo si tiene, la seconda domenica di dicembre, la Sagra della salsiccia e del vino, con degustazione della tipica salsiccia di Siligo aromatizzata al finocchietto selvatico ed abbondanti bevute di vino locale.

Visita del cento di Siligo

L’abitato si distendesu un colle affacciato in una vasta area pianeggiante ricca di vulcani spenti. Arriviamo a Siligo con la SP41bis che, alle prime case dell’abitato, arriva a una rotonda. alla quale sulla destra prosegue la SP41bis, che passa a ovest dell’abitato, mentre sulla sinistra prendiamo la via Vittorio Emanuele, ribattezzata in seguito con il nome di via Francesco Cossiga, che ci porta nel centro del paese.

Il Museo che ospita la Fondazione Maria Carta

Percorsi meno di duecento metri, prendiamo sulla destra la via Dante Alighieri, poi a sinistra la via Aldo Moro, dove, al civico numero 1, si trova il Museo Maria Carta che ospita la Fondazione Maria Carta. Dedicato alla cantante a cui il paese ha dato i natali, che, come nella più antica tradizione isolana, è stato realizzato utilizzando le materie prime disponibili in loco ovvero, il granito sardo. Il Museo si sviluppa su due livelli ed è suddiviso in cinque diverse zone tematiche, ciascuna delle quali raccoglie, grazie anche al contributo di filmati audio e video, le testimonianze della molteplice attività di Maria Carta. Si passa dalla zona relativa alle vicende biografiche a quella della musica, dove sono esposti anche abiti di scena indossati durante importanti concerti all’estero; la parte della poesia raccoglie, tra l’altro, manoscritti inediti, mentre in quella relativa al Teatro, cinema e televisione è possibile vedere foto e filmati tratti dai suoi principali lavori.

Siligo: ingresso del Museo dedicato a Maria Carta Siligo: interno del Museo dedicato a Maria Carta Siligo: interno del Museo dedicato a Maria Carta

E’ stata anche prevista una specifica sezione relativa all’attività amministrativa svolta da Maria Carta presso il comune di Roma in qualità di consigliere Comunale dal 1976 al 1981 nel Partito comunista Italiano

Passato il Municipio di Siligo arriviamo alla piazza Maria Carta

Siligo: il Municipio di SiligoProseguendo lungo la via Vittorio Emanuele, arriviamo nel centro del paese. Qui, a trecento metri da dove avevamo imboccato la via Vittorio Emanuele, al civico numero 32, alla destra della strada, si trova l’edificio che ospita il Municipio di Siligo, con la sua sede ed i principali uffici che forniscono i loro servizi ai cittadini ed alle attività produttive.

Percorso un altro centinaio di metri, alla destra della via Vittorio Emanuele si apre la piazza centrale di Siligo, ossia la grande Piazza Maria Carta La piazza dedicata alla cantautrice ed attrice sarda, sulla parete di un’abitazione della quale è presente un bel murale di grandi dimensioni che ne riproduce il ritratto, realizzato nel 2003 da Pina Monne, la muralista nata a Irgoli nel 1971.

Siligo: il piazza Maria Carta Siligo: il murale in ricordo di Maria Carta Siligo: la sottostante piazza Maria Carta con sulla destra l’edificio che ospita il Planetario

Dalla piazza Maria Carta si scende con una scalinata nella piazza sottostante affacciata sulla via Enrico Berlinguer, nella quale è presente sulla destra l’edificio che ospita il più grande Planetario della Sardegna, un polo importante nella ricerca astronomica, con una cupole del diametro di cinque metri, capace di accogliere gruppi di circa trenta persone. Il Planetario è gestito dalla Società Astronomica Turritana di Sassari, alla quale si deve anche l’Osservatorio Astronomico situato in località Coas, che visiteremo più avanti.

La chiesa parrocchiale di Santa Vittoria Vergine e Martire

Proseguendo lungo la via Vittorio Emanuele verso sud est, dopo centocinquanta metri, al civico numero 63, sulla sinistra della strada, è possibile vedere la chiesa di Santa Vittoria Vergine e Martire che è la parrocchiale di Siligo, edificata alla fine del quindicesimo secolo, con una tipica struttura tardogotica. Del suo primo impianto rimane il presbiterio, con volta a crociera, con nervature e gemma pendula, e rimane anche la torre campanaria. Ha subito in seguito qualche cambiamento, dato che nella prima metà del diciassettesimo secolo è stata ristrutturata, la navata è stata sostituita con quella attuale, con volta a botte, aperta su due navatelle laterali con archi a tutto sesto. È stata ricostruita anche la facciata, ma sono rimasti invariati il portale, tipico del tardo barocco, ed il campanile di stile spagnolo del seicento. L’ultimo restauro realizzato di questa chiesa è quello della facciata, ultimato nel 2005.

Siligo: chiesa parrocchiale di Santa Vittoria Siligo: chiesa parrocchiale di Santa Vittoria: facciata Siligo: chiesa parrocchiale di Santa Vittoria: interno

Siligo: il processione per la Festa della Beata Vergine del RosarioPresso questa chiesa parrocchiale ogni anno, il 15 maggio, si celebra a Festa di Santa Vittoria Vergine e Martire, che è la Festa patronle di Siligo, con un triduo di preparazione, poi la processione per le vie del paese, cerimonie religiose, e manifestazioni civili, ed il giorno successivo viene celebrata la messa di Ringraziamento a Santa Vittoria in memoria di tutte le Obriere defunte, nel corso della quale viene cantato il Te Deum e si procede all’elezione della nuova Obriera con lo scambio della bandiera. Si tiene, inoltre, la prima domenica di ottobre la Festa della Beata Vergine del Rosario, anch’essa con la prcessione e cerimonie religiose.

La chiesa ed oratorio della Santa Croce

Sempre lungo la via Vittorio Emanuele, un poco più avanti rispetto alla parrocchiale, subito prima del civico numero 85, sempre sulla sinistra della strada si trova la chiesa ed oratorio della Santa Croce costruito nel diciassettesimo secolo per la Confraternita dei Disciplinati, detta anche Confraternita della Santa Croce. La chiesa confina con la casa parrocchiale, ha una sola navata, con volta a crociera, divisa in tre campate di uguali dimensioni, e con il presbiterio un poco più grande, al quale si aggiunge una piccola abside con cupola a semicatino. L’ultimo restauro della chiesa si è concluso nel 2004.

Siligo: chiesa ed oratorio della Santa Croce Siligo: chiesa ed oratorio della Santa Croce: interno

Dietro l’altare, presso il muro dell’abside, sono sistemati due leoni in pietra calcarea, trovati sotto l’altare della Cappella di Sant’Antonio in occasione dei restauri del 1956. All’interno della chiesa della Santa Croce è conservato un crocefisso ligneo di quercia resistente del diciassettesimo secolo, policromo, di ottima fattura, che viene adoperato durante la Settimana Santa per il rito della Deposizione, ossia di S’Iscravamentu.

Il Cimitero di Siligo

Siligo: il Cimitero di SiligoNella periferia a sud ovest dell’abitato si trova il Cimitero di Siligo. Per arrivarci, ritorniamo indietro lungo la via Vittorio Emanuele fino a dove avevamo preso, sulla destra, la via Dante Alighieri che ci aveva portati al Museo Maria Carta. Questa volta, presa la via Dante Alighieri, evitiamo la deviazione nella via Aldo Moro per il Museo, e proseguiamo invece dritti fino alla fine della strada. Percorsi cinquecento metri, al termine della via Dante Alighieri, ci si trova di fronte all’ingresso del Cimitero. Vicino all’attuale Cimitero, nei pressi dell’omonimo rio, si trovava un tempo la chiesa di Santa Maria de Banzos, che è stata citata negli atti del processo a Julia Carta.

Il Campo Sportivo di Siligo

Quando siamo arrivati all’interno del centro abitato, alla rotonda, invece di prendere sulla sinistra la via Vittorio Emanuele, proseguiamo sulla destra con la SP41bis, che passa ad ovest dell’abitato. Percorsi circa 250 metri, troviamo alla destra della strada gli impianti del Complesso Sportivo Comunale di Siligo, dopo i quali la strada provinciale prosegue in direzione della frazione Siligo denominata Binzamanna. Negli impianti del complesso sportivo è presente un Campo da Calcio, dotato di tribune in grado di ospitare circa un centinaio di spettatori, che ospita le partite casalinghe della Polisportiva Siligo, che gioca in Prima catgoria, nel girone G.

Siligo: complesso sportivo Comunale: ingresso Siligo: complesso sportivo Comunale: tribune del Campo da Calcio

All’interno degli impianti del complesso sportivo è presente, inoltre, un Campo da Calcetto ossia calcio a cinque, recentemente ristrutturato e dotato di manto erboso sintetico, ed un Campo da Tennis.

Visita dei dintorni di Siligo

Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Siligo, sono stati portati alla luce i resti del l’tempio a pozzo del monte Sant’Antonio; dei Nuraghi semplici Morette, e Truviu; del Nuraghe complesso Conzattu; ed anche dei Nuraghi Arzu, Baccattina, Caspiana, Crastula, Frades Casos, Nuraghette, Ortolu, Ponte Molino, Putturuju, Sa Deghina, Sa Roccu, Sa Scala de la Perdischeddula, Santo Filighe, Santu Ortolu, Scala Ruia, S’Iscala Chessa, su Cherchizzu, su Marghine, su Marghine II, su Nuraghe, Tranesu, Traversa, tutti di tipologia indefinita.

La frazione Binzamanna

Del comune di Siligo fa parte la frazione Binzamanna (altezza metri 328, distanza 1.6 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 39), che si trova a sud ovest dell’abitato, lungo la SP41bis, poco più di cento metri più avanti rispetto al Campo Sportivo di Siligo. Dalla SP41bis prendiamo verso destra la via Giovanni Maria Angioi, che ci porta all’interno dell’abitato della frazione.

Il monte Sant’Antonio come propagine nord occidentale del più vasto tavolato vulcanico denominato monte Pelau

Siligo: veduta del monte Sanrto e del monte Sant’AntonioSiligo: veduta del monte Sant’AntonioNel suo territorio, infatti, si trovano interessanti siti naturali, quale l’area archeologica di Monte Sant’Antonio, di grande interesse scientifico e singolare bellezza, con il suo Santuario nuragico, ed il monte Santo che descriveremo più avanti. Dalla periferia sud orientale dell’abitato di Siligo, è possibile prendere una strada Comunale che risale sino alla sommità del tavolato denominato Monte Sant’Antonio di 599 metri, che si trova a sud del paese, e costituisce la propagine nord occidentale del più vasto tavolato vulcanico denominato Monte Pelau. Sulla sommità del monte Sant’Antonio si trova una Croce, situata in un punto panoramico. Il tracciato per raggiungere la sommità del tavolato, piuttosto accidentato, è percorribile con un fuoristrada.

Il Santuario nuragico che sorge sulla sommità del monte Sant’Antonio

Siligo: chiesa campestre nuragico del monte Sant’Antonio: il planimetriaSiligo: il testo 'Il Santuario nuragico di Monte S. Antonio di Siligo'Il Santuario nuragico del monte Sant’Antonio che sorge nella stretta sella nord occidentale del monte Pelau, in località Cherchizza, è costituito da un complesso di edifici sacri che sono stati, però, gravemente danneggiati dai tombaroli, formato da numerose strutture. Questa strutture si distribuiscono intorno al Tempio a pozzo, situato tra due strutture murarie. La prima è curvilinea, mentre la seconda, rettilinea, è interrotta da una piccola nicchia e dal corridoio di accesso ad una torre. Le strutture sono racchiuse da una grande muraglia, che parte dalla torre, arriva ad una costruzione circolare, forse una torre capanna, e ad altre strutture non definibili, sino a collegarsi con un’altra torre simile alla prima. Il pozzo conserva la camera circolare, con l’ingresso con la soglia rialzata aperta su un’area lastricata. Il vano che contiene il pozzo presenta dei raccordi angolari, tra due paramenti rettilinei che adattano la pianta circolare ad un alzato quadrangolare, che in origine era coperto da un tetto a doppio spiovente. La pavimentazione è costituita da lastre di scisto, oltre a blocchi lavorati di basalto e di tufo bianco, ed una canaletta di deflusso dell’acqua attraversa tutta l’area lastricata terminando sulla soglia del pozzo. Presso l’area sacra è presente un Ambiente circolare del diametro esterno di otto metri, costruito con filari regolari di massi di basalto, e dotato al centro di un focolare circolare. Sono, inoltre, presenti altre due strutture singolari. La prima è realizzata con blocchi ben lavorati di basalto ed è rettangolare allungata, con absidi contrapposte. La seconda, anch’essa rettangolare, è costruita con filari alternati di conci calcarei e basaltici, dotata di quattro ingressi contrapposti sui lati lunghi, e lungo il suo perimetro corre un sedile che si interrompe in corrispondenza di un piccolo seggio cilindrico con cornice.

Siligo: chiesa campestre nuragico del monte Sant’Antonio Siligo: chiesa campestre nuragico del monte Sant’Antonio Siligo: chiesa campestre nuragico del monte Sant’Antonio

Un corridoio rettilineo collega l’area sacra al Nuraghe Sa Scala de la Perdischeddula realizzato sull’affioramento roccioso a 612 metri di altezza, di tipologia indefinita probabilmente un monotorre a pianta circolare, costruito con giganteschi blocchi di basalto sovrapposti con tessitura obliqua, del quale sono visibili solo i ruderi di una torre nuragica. Siligo-resti del Castello di CapulaSulla cima del monte Sant’Antonio si trovano diversi altri resti di epoca nuragica, compresi quelli di un villaggio nuragico che va visto come il terminale di un commercio di collane di ambra che collegava la Sardegna al mar Baltico. Vi si trovano anche resti dell’epoca romana, ed anche costruzioni che risalgono a dopo l’anno Mille. Vicino, infatti, si trovano i resti di un Castello medioevale che si ritiene sia stato abitato fino al Medioevo, fino a scomparire nel quindicesimo secolo. Il Castello è citato con più nomi, tra cui quello di Castello di Capula dal nome del borgo medioevale che era sorto attorno alla chiesa di Sant’Antonio Abate che era situata sulla sommità del monte, ed è stata distrutta verso la metà dell’ottocento, fino ad essere attualmente ridotta allo stato di rudere.

I resti del Nuraghe Santo Filighe

Usciamo dall’abitato verso nord con la via Vittorio Veneto ed, arrivati alla rotonda, prendiamo verso destra la SP41bis che ci porta in direzione della SP131 di Carlo Felice. Passato dopo settecentocinquanta metri l’incrocio con la SP80, prendiamo verso sinistra la deviazione dove la strada prosegue ancora come SP41bis e, dopo due chilometri e trecento metri, ci porta al raccordo che immette sulla SS131 di Carlo Felice. Dopo questo raccordo, la SP41bis prosegue con il nome di SP96. Passati il Distributore di carburanti, seguiamo la SP96 per un chilometro, poi troviamo una deviazione sulla destra, la prendiamo, dopo una settantina di metri prendiamo a sinistra, e le seguiamo per seicentocinquanta metri, dove troviamo, alla sinistra, una casa colonica dietro la quale si trovano i resti del Nuraghe Santo Filighe. Si tratta di un Nuraghe di tipologia indefinita, edificato a 301 metri di altezza, che si trova un poco più a nord dei limiti settentrionali dell’altopiano di S’Aspru.

L’Osservatorio Astronomico di Siligo

Usciamo dall’abitato verso nord con la via Vittorio Veneto ed, arrivati alla rotonda, prendiamo verso destra la SP41bis che ci porta in direzione della SP131 di Carlo Felice. Dopo settecentocinquanta metri, passata la deviazione dove a sinistra proseguirebbe la SP41bis, proseguiamo dritti sulla SP80 che si dirige verso ovest in direzione di Ardara, e, dopo duecentocinquanta metri, arrivati in località Coas, vediamo, alla destra della strada, l’edificio che ospita l’Osservatorio Astronomico di Siligo. Siligo: l’Osservatorio Astronomico di SiligoL’Osservatorio è dotato di un telescopio primario in configurazione Ritchey Chretien da 450 mm di diametro su montatura equatoriale, il più grande in tutte la Sardegna di questo tipo. In parallelo allo strumento principale vi è un telescopio di guida apocromatico da 150 mm di diametro, un rifrattore apocromatico da 102 mm, e sono inoltre presenti numerosi altri strumenti in configurazione Schmidt: cassegrain e Newton, che di solito sono utilizzati per le dimostrazioni al pubblico nelle giornate di apertura dell’osservatorio e nelle manifestazioni pubbliche. L’Osservatorio, che è stato inaugurato nel 2005, è dotato di una sala conferenze multimediale ed è gestito dalla Società Astronomica Turritana di Sassari, alla quale si deve anche il Planetario che abbiamo già visto quando, all’interno dell’abitato, siamo arrivati in piazza Maria Carta.

Sito della Società Astronomica TurritanaLa Società Astronomica Turritana nata nel 1999 con lo scopo di promuovere e divulgare la passione per l’astronomia, ha sede a sassari ed, oltre alle attività svolte nelle due sedi primarie, è costantemente impegnata nelle attività di divulgazione dell’astronomia organizzando spettacoli aperti al pubblico nelle principali città Sarde e manifestazioni a tema scientifico, che di anno in anno raccolgono sempre più partecipanti.

La chiesa di Santa Maria di Bubalis nota anche come chiesa di Nostra Signora di Mesumundu

Usciamo dall’abitato verso nord con la via Vittorio Veneto ed, arrivati alla rotonda, prendiamo verso destra la SP41bis che ci porta in direzione della SP131 di Carlo Felice. Dopo settecentocinquanta metri, passata la deviazione dove a sinistra proseguirebbe la SP41bis, proseguiamo dritti sulla SP80 che si dirige verso ovest in direzione di Ardara, e, dopo poco meno di un chilometro, passata con un viadotto la SS131 di Carlo Felice, arriviamo a uno svincolo.

Siligo: il testo 'Santa Maria di Mesomundu in territorio di Siligo'Proprio allo svincolo, al lato sinistro della strada, si affaccia la chiesa di Santa Maria di Bubalis definizione che risulterebbe errata perché il sito di Bualis, al quale si riferiscono i documenti medievali, risulterebbe in una zona dell’attuale territorio di Tergu. Questo tempio dalle forme uniche nel panorama architettonico sardo è stato identificato da alcuni studiosi ottocenteschi con la chiesa di Nostra Signora di Mesumundu benché non esista nessuna fonte documentaria che possa convalidare simile identificazione. La chiesa è stata edificata in pieno periodo bizantino, alla fine del sesto secolo, sulle rovine di un preesistente edificio termale romano del secondo secolo, nel periodo imperiale. Accanto alla chiesa si trovano, infatti, ancora i resti dell’acquedotto romano. Nel 1064 il giudice turritano Barisone I, dona alla basilica di montecassino, le Chiese di Santa Maria di Bubalis e di Sant’Elia di Monte Santo, e poiché tale monte e la sua chiesa ancora esistente, si trovano in territorio di Siligo, quasi tutti gli storici hanno associato la nostra Santa Maria, a quella donata ai monaci Benedettini, per il semplice fatto che i due edifici sono vicini tra loro. I monaci Benedettini la ricostruiscono in stile tardo bizantino dopo il 1065, e la chiesa diviene il fulcro religioso del primo insediamento di Villanova monteSanto, villaggio estintosi entro gli inizi della seconda metà del diciassettesimo secolo. Nuovamente rifondato circa un secolo dopo, in associazione alla chiesa di San Vincenzo Ferrer, ha comunque vita breve, e scompare entro il 1814, dato che documenti ottocenteschi attestano l’abbandono di Santa Maria e la successiva riparazione avvenuta nella metà dello stesso secolo. Nel diciannovesimo secolo era ridotta in stato di rudere a causa di un crollo che aveva interessato parte l’abside meridionale, ed è stata interessata da un importante lavoro di consolidamento, operato nel 1934.

Siligo: chiesa di Santa Maria di Bubalis dietro i resti dell’acquedotto romano Siligo: chiesa di Santa Maria di Bubalis Siligo: chiesa di Santa Maria di Bubalis Siligo: chiesa di Santa Maria di Bubalis

La struttura, che nel tempo ha subito varie modifiche, è realizzata a file di mattoni in cotto che si alternano a cantonetti di basalto, ed è caratterizzata un corpo circolare centrale con una cupola sferica di dieci metri di diametro, absidato con absidi disposti a trifoglio, affiancato da due ambienti di cui uno voltato a botte ed uno semicupolato. Alcune ampie finestre assicurano l’illuminazione degli spazi interni, che sono totalmente spogli e privi persino di altari, in quanto l’edificio non è più utilizzato per funzioni religiose. Nel 1964 sono state individuate sepolture ed una canaletta che scorre lungo la pavimentazione, segno di una qualche attività legata al culto delle acque.

La frazione S’Aspru sull’altopiano di S’Aspru

Allo svincolo dove abbiamo trovato la chiesa di Santa Maria di Bubalis, seguendo le indicazioni per Mondo decimo S’Aspru prendiamo la strada sulla sinistra, che, dopo circa un chilometro, ci porta all’interno della frazione S’Aspru (altezza metri 331, distanza 4.3 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 5). Qui si trova la comunità agropastorale di Mondo decimo Sardegna, una specie di fattoria pedagogica impegnata in un programma di recupero psico sociale che si compie di norma nell’arco di tre o quattro anni, nella quale trovano ospitalità una trentina di ragazzi.

Sull’altopiano di S’Aspru sorgono diversi Nuraghi, che evidentemente sono stati edificati in una logica di difesa, dei quali abbiamo già visto il Nuraghe Santo Filighe, che si trova più a nord, e vediamo gli altri principali.

I resti del Nuraghe Ponte Molino

Se prendiamo la SP80 in direzione di Ardara, passata la chiesa di Santa Maria di Bubalis, prendiamo la strada sulla sinistra, che porta alla frazione S’Aspru. Seguita in direzione nord per circa centocinquanta metri, prendiamo una deviazione a sinistra, e la seguiamo per poco più di altri cento metri. Nella campagna, alla sinistra di questa deviazione, ossia verso nord, si trovano a una certa distanza i resti del Nuraghe Ponte Molino. Si tratta di un Nuraghe di tipologia indefinita, edificato a 322 metri di altezza, che si trova sui limiti meridionali dell’altopiano di S’Aspru.

I resti del Nuraghe Scala Ruia

Se prendiamo la SP80 in direzione di Ardara, passata la chiesa di Santa Maria di Bubalis, prendiamo la strada sulla sinistra, che, dopo circa un chilometro, ci porta alla frazione S’Aspru. Usciamo da questa frazione con una parallela alla strada che ci ha portato all’interno della frazione, la quale si muove verso nord ovest, la seguiamo per circa un chilometro, e vediamo, alla sinistra della strada, i resti del Nuraghe Scala Ruia. Si tratta di nuovo di un Nuraghe di tipologia indefinita, edificato a 338 metri di altezza, che si trova molto più a nord rispetto al Nuraghe Ponte Molino, sui limiti settentrionali dell’altopiano di S’Aspru, e dista solo seicento metri dal Nuraghe Santu Filighe.

I resti del Nuraghe Conzattu

Il principale tra i Nuraghe presenti sull’altopiano di S’Aspru è il Nuraghe Conzattu al quale si arriva con la SP80 in direzione di Ardara. Passata la chiesa di Santa Maria di Bubalis, seguiamo la SP80 per un chilometro e quattrocento metri, fino a vedere alla sinistra un cancello, con le indicazioni per raggiungerlo. Si trovano i resti del Nuraghe edificato a 318 metri di altezza, che si trova sui limiti meridionali dell’altopiano di S’Aspru.

Siligo: il Nuraghe Conzattu: vista dall’alto Siligo: il Nuraghe Conzattu Siligo: il Nuraghe Conzattu

Si tratta di un Nuraghe complesso con una torre principale centrale abbastanza ben conservata, e bastione a profilo concavo e convesso, con tre torri aggiunte. La camera centrale è marginata da due nicchie e conserva la tholos ancora intatta.

La chiesa di San Vincenzo Ferrer

Lungo la SP80 che, da Siligo, conduce verso Ardara, a cinquecentocinquanta metri dall’Osservatorio Astronomico, poche centinaia di metri prima del viadotto sulla superstrada SS131 di Carlo Felice, prendiamo seguendo le indicazioni una strada bianca sulla destra e la seguiamo verso sud est, che in ottocento metri ci conduce alla chiesa di San Vincenzo Ferrer. Questa chiesa, che risale al dodicesimo secolo e potrebbe essere stata la chiesa parrocchiale del villaggio abbandonato di Villanova monteSanto, ossia Biddanoa, ha subito nel tempo numerosi restauri, l’ultimo dei quali nel 1968, e si conserva in buone condizioni statiche. All’esterno, le pareti laterali sono sostenute da ampi contrafforti.

Siligo: chiesa di San Vincenzo Ferrer Siligo: chiesa di San Vincenzo Ferrer: interno

All’interno, la chiesa è a navata unica, coperta con volta a botte. La statua che troneggia nella nicchia è degli anni venti del novecento, e sostituisce la statua lignea originale di San Vincenzo Ferrer, che oggi viene custodita nella chiesa parrocchiale di Santa Vittoria. Questa statua lignea viene portata in processione lungo le vie del paese durante la Festa di San Vincenzo Ferrer, che è la seconda Festa patronale di Siligo e si tiene l’ultimo fine settimana di agosto.

Il tavolato di basalto chiamato monte Santo

Siligo: veduta del monte Santo e del monte Sant’AntonioSiligo: veduta del monte SantoIl territorio di Siligo è caratterizzato da diversi rilievi di origine vulcanica. Proseguendo ancora verso Ardara sulla SP41bis, più avanti vediamo sulla destra un tavolato di basalto chiamato Monte Santo alto 733 metri, che con la sua forma a cono domina tutto il Meilogu. è una propagine della catena del monte Pelao ed è una Mesa, ossia una superficie rocciosa sopraelevata con la cima piatta e le pareti molto ripide, originatasi per erosione differenziale, il cui nome trae origine dalla forma simile alla superficie di un tavolo, dato che mesa significa Tavolo in spagnolo, portoghese e sardo. La porzione più consistente del monte è collocata in territorio di Siligo tuttavia alcune parti appartengono ai comuni di Ardara, Bonnanaro e Mores, tutti nella Provincia di Sassari. Si tratta del più tipico esempio del vulcanesimo recente nell’area del Meilogu e presenta scarsi ma interessanti resti di foreste di roverelle.

Il masso erratico chiamato su Crastu de Santu liseu con la sua domus de janas

Siligo: il testo 'Un esempio di architettura rupestre di età bizantina nel nord Sardegna: su Crastu de Santu liseu'Sulle pendici del rilievo, nel suo versante meridionale che dà verso Mores, c’è una roccia nota con il nome di Su Crastu de Santu liseu ossia La pietra di Sant’Elia. È un’enorme masso erratico posizionato alle pendici del monte Santo, il cui utilizzo è variato col tempo, è stato infatti dapprima un ipogeo preistorico, ma anche in seguito un eremo o una chiesa in età paleo cristiana. All’interno di Su Crastu de Santu liseu si trova una domus de janas scavata all’interno dell’enorme masso, nella quale si possono notare le varie stanze e finestre. Tale monumento è stato riutilizzato in età cristiana come luogo di culto, come ben si può notare al suo interno sia per la presenza dell’altare che per l’orientazione delle finestre.

Siligo-Su Crastu de Santu liseu Siligo-Su Crastu de Santu liseu: interno della domus de janas

La piccola chiesa dei Santi Elia ed Enoch

Siligo: il testo 'Sant’Elia di Monte Santo in territorio di Siligo'In cima al monte si trova la piccola chiesa dei Santi Elia ed Enoch edificata in stile romanico arcaico su una chiesa preesistente, che viene donata nel 1065 dal giudice turritano Barisone I alla basilica di montecassino, la quale, due anni dopo, in seguito ad alcune peripezie, riesce ad inviarvi un manipolo di monaci che cost. È possibile raggiungere la chiesa dei Santi Elia ed Enoch attraverso un sentiero che costeggia il monte ed è percorribile solo a piedi o a cavallo, oppure scalando a piedi la parte terminale del monte Santo, fino al pianoro che ne occupa la cima. I Santi ai quali è stata dedicata, derivano dalla importazione in Sardegna da parte della chiesa greca di tutti i suoi culti. fra questi, il culto per Sant’Elia, che ha sostituito quello pagano per Elios, ed anche in Sardegna, come in Grecia e in Oriente, le Chiese dedicate al Santo sono state edificate sopra sommità montane. Sant’Enoch era, invece, un patriarca, figlio di Iared e padre di Matusalemme. Il suo accostamento a Sant’Elia è dovuto al fatto che, di entrambi, non è nota la fine. La chiesa ha una pianta a due navate, come si usava nella chiesa bizantina quando si consacrava una chiesa a due Santi. Secondo quanto attesta il Condaghe di San Pietro di Silki, alla Festa di Sant’Elia sul monte si riuniva la Corona de Logu del Giudicato.

Siligo: chiesa dei Santi Elia ed Enoch sul monte Santo Siligo: chiesa dei Santi Elia ed Enoch sul monte Santo: interno Siligo: chiesa dei Santi Elia ed Enoch sul monte Santo: simulacri dei due Santi

Siligo: il processione per la Festa dei Santi Elia ed EnochLa chiesa è stata, purtroppo, alterata nelle sue strutture medioevali, comunque attualmente si mantiene in buone condizioni statiche. Il pavimento della chiesa, autentico del secolo undicesimo, era in trachite rosso scuro, mentre ora rimane solo terra battuta. L’altare della chiesa è stato donato nel 1994. La chiesa, pur trovandosi lungo la strada per Ardara, è sempre stata custodita e amministrata dalla parrocchia di Siligo. La Festa di Sant’Elia e Enoch si svolge il lunedì di Pasqua, ossia il giorno di Pasquetta, e prevede un tradizionale pellegrinaggio, che dà occasione, tra l’altro, di visitare la chiesa, che è chiusa durante tutto il resto dell’anno.

La prossima tappa del nostro viaggio

Nella prossima tappa del nostro viaggio nel Meilogu ci recheremo nel paese chiamato Banari che visiteremo con il suo centro ed i dintorni, con la chiesa di Santa Maria di Seve o Santa Maria di Cea.


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