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La parte meridionale del promontorio di Capo Caccia con la grotta di Nettuno e poi fino alla Cala del PorticcioloIn questa tappa del nostro viaggio, da Fertilia proseguiremo lungo la Parte meridionale del promontorio di Capo Caccia che si trova in Provincia di Alghero, e ci recheremo da Porto conte fino appunto a Capo Caccia, dove andremo a visitare la grotta di Nettuno. Visiteremo, quindi, le coste della parte settentrionale del promontorio, fino alla Cala del Porticciolo ed a visitare Santa Maria la Palma. La regione storica della NurraLa Nurra l’antica Nure, che costituiva un’antica curatoria del Giudicato di Torres, è una regione della Sardegna posta all’estremità nord occidentale dell’Isola, che forma un quadrilatero compreso tra il golfo dell’Asinara a nord est ed il Mar di Sardegna ad ovest, delimitata dal rio Mannu a est e dai rilievi del Logudoro a sud est. I comuni che fanno parte della Nurra sono: Alghero, Olmedo, Porto Torres, Stintino, e numerose frazioni del comune di Sassari. Si tratta di una zona prevalentemente pianeggiante scarsamente popolata, il cui territorio conserva traccia degli insediamenti sparsi dei pastori e contadini, che abitavano in ricoveri di bestiame denominati Cuiles. I punti più alti sono il monte Forte di 464 metri e il monte Doglia di 437 metri. L’economia è basata sull’agricoltura, favorita da importanti opere di bonifica, la pastorizia, la pesca ed il turismo balneare. Importante è stato anche lo sfruttamento minerario della zona, ossia le estrazioni di piombo e zinco ad Argentiera, e minerali di ferro a Canaglia. La costiera del promontorio di Capo CacciaVisiteremo, ora, il promontorio di Capo Caccia, ossia la costa algherese con il parco di Porto conte e l’area Marina Protetta di Capo Caccia. Da Alghero ci recheremo a Fertilia per la visita del paeseProseguendo sul lungomare di Alghero, subito dopo la spiaggia del lido, la frazione denominata Lido San Giovanni e la spiaggia Maria Pia, ci avviciniamo all’abitato di Fertilia ed arriviamo a una grande rotonda, nella quale si immette dalla destra la SS127bis Settentrionale Sarda, nota come strada di Porto conte, che arriva da Alghero con il nome di viale Salvatore Burruni ed è pressoche parallela al lungomare, ma si sviluppa un poco più all’interno rispetto all’abitato. Passata la rotonda, la strada prosegue con il nome di SS127bis Settentrionale Sarda e, seguendo questa strada statale, in circa quattrocento metri arriviamo nel paese. Dal Municipio di Alghero a quello situato all’interno dell’abitato di Fertilia si percorrono 8.5 chilometri. Lo stagno laguna di Calich ed i resti del Ponte RomanoLungo la strada statale, alla sua destra, costeggiamo lo stagno laguna di Calich, sul quale, passato il nuovo ponte sullo stagno, si vedono sulla destra i resti dell’antico Ponte Romano, che per millenni ha consentito l’attraversamento del tratto di confluenza tra lo stagno di Calich e il mare. lo stagno laguna di Calich è costituito da un sistema stagnale e lagunare legato all’emersione di barre sabbiose, che formano un esteso cordone di spiaggia e un sistema dunare. È caratterizzato da una forma allungata da nord ovest a sud est, ed è disposto parallelamente alla costa. Il bacino può essere divisa in due parti. La prima è costituita dal Calich vero e proprio, che va dall’estremità occidentale alla foce dei rio Barca, e la seconda viene chiamata il Calighet, ossia il piccolo Calich, che è più stretta, e va dalla foce del rio Barca all’estremità sud orientale. Ha una superficie di circa 97 ettari, che oscilla nelle diverse stagioni in rapporto all’afflusso di acqua dolce, e la profondità è variabile, raggiungendo il metro e mezzo nella zona occidentale, quella a carattere più spiccatamente lagunare, ed i 50 centimetri nella parte orientale, di natura stagnale, con anche la presenza di fenomeni di impaludamento. L’area umida del Calich ha tre collettori idrici principali, il rio Barca, il canale Oruni e il rio Calvia. Di essi il più importante è il rio Barca, che si immette quasi al centro della laguna. Lo stagno comunica con il mare attraverso una bocca naturale, che costituisce il grande Porto canale di Fertilia, largo sessanta e profondo due metri, nella zona dello stagno dove si registra la maggior profondità delle acque. Lo stagno laguna di Calich è molto pescoso, tanto che da secoli costituisce una ricchezza per Alghero. È, inoltre, considerato un’importante area per la sosta e per la riproduzione di avifauna acquatica di interesse comunitario, ed è stato dichiarato Riserva Naturale della Sardegna. Un poco più avanti, passato il nuovo ponte sulla stagno, poco prima di entrare nel paese, sono visibili sullo stagno i resti dell’antico Ponte Romano che era situato tra Fertilia e Alghero, e che per millenni ha consentito l’attraversamento del tratto di confluenza tra lo stagno di Calich e il mare. Faceva parte della strada romana occidentale A Tibula Sulcis, che collegava i centri di Nure, situato nelle vicinanze del lago di Baratz e di Porto Ferro, e di Carbia, posta a pochi chilometri dalla periferia di Alghero, e più in generale i diversi centri della Nurra, con quelli del Bosano. In origine si sviluppava su 24 arcate,10 delle quali, ossia quasi tutta la metà sud del ponte, sono state distrutte durante i lavori di bonifica dello stagno. La spiaggia di Fertiliaalla sinistra della strada statale si trova la spiaggia di Fertilia, facilmente raggiungibile prima di entrare nell’abitato di Fertilia con la SS127bis Settentrionale Sarda, circa duecento metri prima di raggiungere il nuovo ponte sullo stagno Calich. Il comune chiamato FertiliaIl comune chiamato Fertilia (altezza metri 9, distanza in linea d’aria circa 8.4 chilometri dal comune di Alghero,1.042 abitanti) è una frazione Alghero da cui dista pochi chilometri, e nelle cui vicinanze è ubicato l’omonimo aeroporto. È un centro agricolo con un marcato impianto razionalista, fondato nel 1936 da Mussolini a seguito della bonifica di tutta la zona contigua, ed abitato inizialmente da agricoltori provenienti dalla bassa ferrarese, ed in seguito da agricoltori giuliano dalmati. Brevi cenni storiciQuando, nel 1864, si costruisce il Carcere di Alghero, in via Vittorio Emanuele, il comune decide la concessione dell’area di Cuguttu, dove poi sarebbe stata edificata Fertilia, per la costruzione di una Colonia penale per farvi lavorare i detenuti. La trasformazione del territorio paludoso della Nurra, inizia, quindi, verso la fine dell’ottocento, con la bonifica della laguna costiera del Calich, ottenuta grazie all’opera dei detenuti del carcere di Alghero e della colonia penale di Cuguttu. L’opera di bonifica prosegue nel 1927, con la costruzione del Villaggio Calik, progettato da Pier Luigi Carloni, un ingegnere che si ispira, nei suoi progetti, alle idee dell’urbanista inglese Ebenezer Howard. Questi aveva affrontato il problema del sovraffollamento delle città e dello spopolamento delle campagne come conseguenza della rivoluzione industriale, e nella sua opera A Peaceful Path to real reform del 1898, descrive l’idea di Garden City, un agglomerato urbano di dimensioni precise, capace di distribuire in modo organizzato ed equilibrato la popolazione nelle campagne, consentendo un uso più razionale del territorio. Questo primo gruppo di edifici destinati a magazzini, dormitori per gli operai e uffici direzionali, costituisce il nucleo più antico dell’abitato di Fertilia, che nasce, sempre su progetto di Pier Luigi Carloni, l’8 marzo 1936, con la posa della prima pietra della chiesa parrocchiale ad opera dell’Ente Ferrarese di Colonizzazione, istituito da Mussolini tre anni prima, per dare uno sbocco all’eccesso di popolazione della Provincia ferrarese. Poco più di un centinaio di famiglie provenienti dalla bassa ferrarese vanno ad abitare altrettanti poderi, distribuiti a maglia regolare, estirpando la macchia mediterranea, dissodando i terreni e scavando profondi canali di drenaggio, al fine di rendere coltivabili e produttivi i terreni palustri. Ma lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale interrompe l’immigrazione. Nel dopoguerra viene agevolato il trasferimento a Fertilia di numerosi esuli giuliano dalmati di lingua veneta e istriota, e, di conseguenza, la frazione Fertilia viene dedicata a San Marco, tanto che sul suo lungomare,su un obelisco, campeggia il Leone alato. Il comune chiamato Fertilia inizia dalla piazza Venezia Giulia con la chiesa parrocchiale e la Scuola elementareA circa cinquecento metri dalla rotonda alla quale si immette, sulla strada che fiancheggia la costa, la SS127bis Settentrionale Sarda, arriviamo al nuovo ponte sullo stagno Calich, e, dopo circa quattrocento metri, arriviamo a un’altra rotonda, dove prendiamo sulla sinistra la via dell’Istria, che ci porta all’interno dell’abitato di Fertilia. Il paese chiamato conserva tutti i caratteri dell’architettura razionalista del ventennio, ed è stata edificata nello stile sobrio, tipico del fascismo. Tutti gli edifici sono costruiti con trachite rosa, in analogia con le costruzioni di altre città fondate nello stesso periodo, come Carbonia e Arborea. A Fertilia, creata sul modello della Garden City, la maggior parte delle vie e delle piazze è stata ribattezzata richiamando luoghi o avvenimenti storici del Veneto e della Venezia Giulia. La via Istria, in poco più di duecentocinquanta metri, ci porta nella Piazza Venezia Giulia una piazza a forma di esedra. La piazza ospita sulla destra la chiesa del Sacro Cuore e di San Marco Evangelista che è la chiesa parrocchiale ed è il principale edificio di culto di Fertilia. La costruzione è iniziata l’8 marzo 1936 e la chiesa è stata dedicata in un primo tempo al Sacro Cuore, in seguito, con l’arrivo dei coloni veneti, è stata associata anche a San Marco Evangelista, dato che la parte alta della facciata riporta alla mente il campanile della basilica di San Marco a Venezia. La chiesa è caratterizzata da una facciata a capanna interrotta con un profondo vano ad arco ribassato che racchiude l’ingresso dall’ampia vetrata. All’interno l’opera più importante è il mosaico sull’altare maggiore di Gesù Risorto con Angeli, commissionato nel 1939 e realizzato dal pittore sardo Giuseppe Biasi, uno dei maggiori artisti dell’Isola. I quattro evangelisti presenti nell’arco del presbiterio sono un’opera giovanile del noto pittore algherese Sergio Zidda, meglio conosciuto come l’artista di Fertilia. Nella piazza è presente, più a destra rispetto alla chiesa parrocchiale, la Scuola elementare l’unico edificio realizzato conformemente al progetto originario, che si presenta come Razionalissima, audace costruzione con più corpi avanzati, scintillanti di vetri e di lucidi metalli. La via Pola ci porta dalla piazza Venezia Giulia fino alla piazza San MarcoL’abitato di Fertilia si sviluppa interamente intorno alla Via Pola La strada che collega le due principali piazze del paese, ossia la piazza Venezia Giulia, cha abbiamo appena visto, con la piazza San Marco, che si trova proprio di fronte al mare. Anche lungo questa strada si trovano edifici realizzati nello stile razionalista del ventennio. Prima di arrivare alla piazza San Marco, al termine di via Pola, sulla sinistra troviamo la Casa Comunale ossia il Municipio, che era la vecchia sede della Casa del Fascio, davanti alla quale si può vedere la Torre Comunale ossia la vecchia Torre littoria, che si trova all’estremo sud orientale dello spazio urbano. Nel progetto originario della realizzazione dell’abitato di Fertilia era presente anche una terza piazza, che però non è stata mai realizzata, che si sarebbe trovata nei pressi del quadrivio di accesso all’abitato, e nella quale sarebbe stato predisposto un vasto spazio dedicato al commercio, al mercato e alle fiere. Al termine della via Pola si trova la Piazza San Marco una bella piazzza alberata ubicata proprio di fronte al mare. Nella piazza San Marco si trova una splendida rotonda, che un tempo simboleggiava la prua di una nave aggettante sul mare, ed in essa è presente un Obelisco rivestito in travertino sul quale fa bella mostra la statua bronzea del Leone alato di San Marco. Lungo il lungomare RovignoAl termine della via Pola, ai lati della piazza San Marco, si trova il Lungomare Rovigno che, preso verso est, ci porta al grande Porto canale di Fertilia, un porticciolo ben riparato, in ottima posizione perché situato non lontano da Alghero e vicino all’aeroporto, nel quale però manca la pompa carburante. Il Porto canale si trova allo sbocco sul mare dello stagno laguna di Calich, ed alla sua sinistra si trova la spiaggia di Fertilia, facilmente raggiungibile prima di entrare a Fertilia con la SS127bis Settentrionale Sarda, circa duecento metri prima di raggiungere il ponte sullo stagno Calich. Preso, invece, il lungomare Rovigno verso ovest, arriviamo al piazzale Trento, dalla quale parte in perpendicolare la via Dalmazia. Sul piazzale Trento, e tra esso e la perpendicolare via Dalmazia, si trova la ex Cooperativa Elena di Fertilia, un agglomerato urbano di edilizia cooperativa costruito negli anni che vanno dal 1982 al 1985. Un poco più a nord rispetto alla cooperativa, si trova l’ostello della gioventù di Fertilia Alghero, chiamato Albergue de la Juventud de l’Alguer che è separato dagli edifici della cooperativa dalla via Spalato. Visita dei dintorni di Fertilia e della parte meridionale del promontorio di Capo CacciaVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Fertilia si trovano l’importante Aeroporto di Alghero Fertilia, la frazione Sa Segada e la frazione I Piani, con la Cantina Sella & Mosca e la Necropoli di Anghelu Ruju. Da Fertilia torneremo, poi, sulla costa seguendo la SS127bis Settentrionale Sarda che ci porta verso Porto conte, da dove seguiremo la costiera fino a Capo Caccia e visiteremo la parte meridionale del promontorio di Capo Caccia. L’Aeroporto di Alghero FertiliaLa grande importanza di Fertilia deriva, soprattutto, dalla presenza nel suo territorio dell’Aeroporto di Alghero. Per raggiungerlo, usciamo da Fertilia dalla rotonda sulla SS127bis Settentrionale Sarda dove, entrando nell’abitato, avevamo preso la via dell’Istria, e prendiamo verso nord la SS291 della Nurra, dopo circa settecentocinquanta metri prendiamo a destra la SS129dir del Calich, e, dopo un chilometro e mezzo, svoltiamo a sinistra sulla SP44 che, in poco meno di tre chilometri, ci porta all’aeroporto. L’Aeroporto di Alghero Fertilia è un Aeroporto civile dal 1974, che si è sviluppato, almeno in principio, grazie all’impulso dello sviluppo turistico proveniente soprattutto dal nord Europa. recentemente, grazie ai finanziamenti stanziati dalla regione, si è provveduto al completo rinnovamento della sala arrivi, che è stata dotata di nuovi nastri per la riconsegna dei bagagli, all’adeguamento della sala partenze, ed alla realizzazione dell’impianto centralizzato di condizionamento, indispensabile nel periodo estivo. L’Aeroporto di Alghero Fertilia dista circa dodici chilometri dal centro di Alghero. Il mondo più rapido per raggiungere il centro è tramito taxi e il costo è di circa 20 euro per un passaggio. È, comunque, disponibile un autobus apposito, con partenza da via Cagliari fino al’Aeroporto e viceversa, al costo di solo 1 euro. La frazione Alghero denominata Sa Segada con la chiesa parrocchiale di Nostra Signora di LoretoTorniamo indietro lungo la SP44 in direzione sud per circa un chilometro, poi svoltiamo a sinistra e prendiamo la Strada Vicinale Sa Segada, che, in circa un chilometro e mezzo, ci porta alla frazione Sa Segada (altezza metri 25, distanza in linea d’aria circa 8 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 800), una frazione Alghero che si trova un poco più a sud rispetto all’aeroporto, verso Alghero. Entrando all’interno della frazione, prendiamo sulla sinistra la via loretella, sulla quale, percorso un centinaio di metri, si trova affacciata a destra la chiesa dedicata alla Nostra Signora di Loreto che è la chiesa parrocchiale della frazione. La chiesa campestre di Nostra Signora di FatimaDopo aver visitato la chiesa della Madonna di Loreto, in località Sa Segada, torniamo indietro lungo la via loretella che, attraversata la SP44, diventa la Strada Vicinale Sa Tanchitta. La seguiamo per quattrocento metri, e prendiamo a sinistra la Strada Vicinale Domo Bianca, parallela alla Strada Vicinale Sa Segada, che seguiamo per circa un chilometro e trecento metri, e sbocca sulla SP24, proveniente da Alghero e che si dirige verso la frazione I Piani. Presa verso sinistra la SP24 in direzione di I Piani, percorsi ottocentocinquanta metri, prendiamo a destra, di fianco al distributore, la Strada Vicinale Tanca Farrà, la percorrerriamo per circa ottocento metri e raggiungiamo la piccola chiesa campestre della Nostra Signora di Fatima. La frazione Alghero denominata I PianiUsciamo da Fertilia dalla rotonda sulla SS127bis Settentrionale Sarda dove, entrando nell’abitato, avevamo preso la via dell’Istria, e prendiamo verso nord la SS291 della Nurra, dopo circa settecentocinquanta metri prendiamo a destra la SS129dir del Calich, e, dopo poco più di quattro chilometri, svoltiamo a sinistra sulla SP42 proveniente da Alghero, che, in cinque cinque chilometri e settecento metri, ci porta alla frazione denominata I Piani (altezza metri 30, distanza in linea d’aria circa 10 chilometri, non è disponibile il numero di abitanti), una frazione Alghero nella quale sono ospitate la Cantina Sella & Mosca e la Necropoli di Anghelu Ruju. Lungo la SP42, prima di raggiungere questa frazione, si costeggiano per più di un chilometro e mezzo i vigneti della Sella & Mosca, che si trovano alla destra della strada provinciale, ed arrivati alla frazione, si trova l’indicazione sulla destra dell’ingresso delle Tenute Sella & Mosca. Le Tenute Sella & MoscaIn località I Piani si trovano le Tenute Sella & Mosca, con le sue Cantine ed il suo Museo. Le si raggiungono seguendo le indicazioni e prendendo la deviazione sulla destra. Entrando fra i vigneti, si percorre il lungo viale costeggiato da oleandri, che ci porta a raggiungere in settecento metri il cuore della tenuta. Sulla piccola piazzetta al suo centro si affacciano, immersi nel verde, i suoi edifici più caratteristici, le Cantine e la caratteristica Piccola chiesa dedicata alla Madonna dell’Uva. All’interno si trova anche un Museo, con una sezione archeologica dedicata interamente alla Necropoli di Anghelu Ruju, ma la parte più importante ed estesa è ovviamente dedicata alla storia dell’Azienda vinicola a partire dal 1899, anno della sua fondazione. L’azienda Zedda Piras operante nel campo dei liquori e dei distillatiPresso le Tenute Sella & Mosca si trova anche la sede della Zedda Piras, famosa per il suo mirto. I resti della necropoli di Anghelu RujuMa Anghelu Ruju non è soltanto il nome di un vino da dessert della Cantina Sella & Mosca. Presso l’azienda vinicola si trova, infatti, la necropoli omonima, dalla quale il vino ha preso la sua denominazione. Sulla SP42 proveniente da Alghero, circa settecentocinquanta metri prima di arrivare alla località I Piani dove si trova l’ingresso dell’enoteca, un cartello indica, sulla sinistra della strada provinciale, l’ingresso della Necropoli di Anghelu Ruju che quando è stata scoperta si trovava interamente entro i confini delle tenute vinicole, ed è stata, in seguito, donata da queste al comune di Alghero. Scoperta nel 1905, dai reperti trovati si ritiene che si sia sviluppata tra il Neolitico e l’Età del Bronzo. Attribuita alla Cultura di Ozieri, che si è sviluppata nel Neolitico Finale, ossia secondo la cronologia calibrata tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 3200 d’il 2800 avanti Cristo, si tratta della più vasta necropoli preistorica della Sardegna, ed è una delle aree archeologiche più importanti del Mediterraneo, riutilizzata in seguito nel periodo della cultura del Vaso Campaniforme e della Cultura di Bonnanaro. La necropoli è costituita da un grande complesso di domus de janas, ossia da ben trentotto tombe ipogeiche scavate nell’arenaria, decorate con teste di toro e altri elementi simbolici. L’evoluzione architettonica, avvenuta nelle diverse fasi di utilizzo della necropoli, è messa in risalto dai vari tipi di tombe, ed è visibile nelle differenze di accesso, dalla più antica a calatoia alla più recente a dromos. Le pareti di alcune tombe sono decorate con false porte, colonne, coppelle e corna taurine, a rappresentare il Dio Toro che proteggeva i morti. Tra le più belle che abbiamo visto, ci sono senz’altro la terza tomba e la diciannovesima tomba. La necropoli ha restituito reperti molto significativi, tra cui piccoli idoli femminili. Studi antropologici effettuati sui resti umani rinvenuti nella necropoli di Anghelu Ruju e appartenenti alla cultura del Vaso Campaniforme e di Bonnanaro, hanno rilevato la presenza di due tipi umani principali, uno maggioritario Dolicomorfo indigeno, al quale appartiene l’84% degli individui, ed uno minoritario Brachimorfo, tipico dei portatori del vaso campaniforme, al quale appartiene il 16% di essi. La spiaggia di Punta Nera o della Cava ViscontiUscendo da Fertilia verso nord, alla rotonda prendiamo la SS127bis Settentrionale Sarda verso ovest, proseguiamo per quattrocentocinquanta metri in direzione Porto conte e, in località punta Negra, la via Mario Ascione, un viottolo senza indicazioni sulla sinistra nei pressi dell’omonimo Hotel, ci porta in centocinquanta metri alla spiaggia di Punta Nera, che risulta nascosta alla vista dalla Pineta di Arenosu. La spiaggia delle BombardeSulla SS127bis Settentrionale Sarda, passata la deviazione nella via Mario Ascione, si trova il cartello indicatore dell’uscita dall’abitato di Fertilia. Continuando verso ovest con la SS127bis Settentrionale Sarda e lasciata sulla sinistra la Pineta di Arenosu, dopo poco meno di due chilometri, subito dopo il chilometro 44, arriviamo, in località le Bombarde, al posteggio dietro la spiaggia. Qui troviamo la Strada Vicinale le Bombarde, una stradina sulla sinistra che seguiamo per circa seicentocinquanta metri, fino in fondo, alla biforcazione finale prendiamo a sinistra e arriviamo alla spiaggia le Bombarde. La spiaggia del lazzarettoSe alla biforcazione prendiamo invece verso destra, dopo settecento metri arriviamo in località lazzaretto, dove incontriamo la successiva strada sulla sinistra che porta dalla provinciale al mare, e dopo circa un chilometro raggiungiamo la spiaggia del lazzaretto, che si trova nell’omonima Cala dominata dalla seicentesca torre spagnola. Ad essa si può arrivara anche proseguendo lungo la S127bis per seicentocinquanta metri dopo la deviazione per la spiaggia de le Bombarde, e deviando a sinistra sulla Strada Vicinale lo Camì del latzareto, che, in poco più di un chilometro, ci porta alla spiaggia. La Torre di capo Galera o del lazzarettoPresso capo Galera, le famose spiagge delle Bombarde e del lazzeratto, sono dominate dalla Torre di capo Galera chiamata anche Torre del lazzaretto, che è situata sul promontorio di capo Galera, a sud della spiaggia del lazzaretto. Edificata in epoca spagnola, probabilmente tra il 1572 e il 1580 in pietra calcarea, si trova a cinque metri sul mare, ed è una torre che presenta una forma a tronco di cono di grandi dimensioni, con la sala interna del diametro di undici metri che, aggiungendo muri dello spessore di oltre quattro, porta quello complessivo a venti. Non era concepita solo per l’avvistamento ma anche per la difesa armata, dato che i soldati che la presidiavano disponevano di fucili, una spingarda e due cannoni. Ha il terrazzo in parte coperto, raggiungibile grazie ad una scala interna a chiocciola, realizzata con volta a cupola con un grande foro centrale, ha una piccola cisterna ed è accessibile dal piano di campagna. Sul terrazzo, nonostante i notevoli rifacimenti apportati recentemente, sono ancora ben visibili la spingarda e le due cannoniere aperte verso il mare. Il complesso nuragico di PalmaveraTornati sulla provinciale SS127bis Settentrionale Sarda, che riprendiamo verso ovest, proseguiamo ed incontriamo, cinquecento metri dopo la deviazione per la spiaggia del lazzaretto, il Complesso nuragico di Palmavera. Si tratta di un Nuraghe complesso di tipo bilobato, circondato da un villaggio. Inizialmente è stata edificata la torre principale, che è stata successivamente fasciata da un muro che racchiude la torre secondaria, il cortile interno e un corridoio d’ingresso. La torre principale conserva un’altezza di circa otto metri ed ha un diametro di circa nove metri. La camera principale, con copertura a tholos, è ben conservata e si raggiungeva da un corridoio con copertura a piattabanda, che parte dall’ingresso nel cortile. Al piano superiore si accedeva utilizzando una scala situata a circa tre metri d’altezza dal pavimento, che si raggiungeva con scale a pioli. alla torre secondaria si accedeva da un corridoio che partiva dal cortile. Anch’essa aveva copertura a tholos, oggi crollata. intorno al Nuraghe è stato realizzato un antemurale perfettamente circolare, dotato di tre piccole torri, con due ingressi. All’esterno dell’antemurale si trovano i resti di una quarantina di capanne circolari appartenenti ad un villaggio nuragico, che in origine era molto esteso. Tra le capanne troviamo la capanna delle riunioni, con panche lungo il perimetro interno e con al centro un basamento circolare sopra il quale si trova un modellino di Nuraghe. L’ampia Baia di Porto conteLa SS127bis Settentrionale Sarda prosegue fino all’insenatura di Porto conte, che si apre lungo la costa a nord di Alghero, dopo la punta del Giglio. È il Portus Nimpharum, ossia il Porto delle Ninfe, degli antichi Romani. Per la sua conformazione, l’Insenatura di Porto conte è considerata il miglior porto naturale dell’intera Sardegna, anche se le difficoltà di accesso dall’interno hanno finito per far sviluppare maggiormente la rada di Alghero. Sulla Punta del Giglio, che chiude ad oriente l’insenatura di Porto conte, si trovava, un tempo, la Torre del Giglio edificata in epoca spagnola, probabilmente nel 1572, ed oggi praticamente scomparsa. La frazione Alghero denominata Maristella con la chiesa parrocchiale della Beata Vergine di Stella MarisAll’arrivo nell’insenatura, la SS127bis Settentrionale Sarda termina in un bivio, che, a destra, ci fa prendere la SP55, che segue tutta la costa dell’insenatura in direzione occidentale e poi porta fino all’estremo del promontorio di Capo Caccia. Se, invece, prendiamo verso sinistra, ossia in direzione sud lungo la costa orientale della baia di Porto conte, arriviamo alla frazione Alghero denominata Maristella (altezza metri 7, distanza in linea d’aria circa 10 chilometri, non è disponibile il numero di abitanti), che si affaccia, con un piccolo Porto Turistico, sulla baia di Porto conte, e ne costituisce l’insediamento più popoloso. Si tratta di una borgata turistica e agricola nata negli anni cinquanta durante le bonifiche della Nurra legate alle riforme agrarie, prende nome dalla chiesa della Beata Vergine di Stella Maris. Dalla borgata, conosciuta anche per i suoi vitigni, prende nome un vino da tavola chiamato il Mari Stella. La squadra di calcio locale è il Maristella calcio, i cui colori sociali sono tradizionalmente il verde, il bianco e il blu, che attualmente milita nel campionato di seconda categoria regionale e che disputa le partite interne nel campo Comunale in erbetta naturale che si posiziona al centro della borgata. All’interno dell’abitato di Maristella si trova la chiesa della Beata Vergine di Stella Maris nata nel secondo dopoguerra, che è la parrocchiale della piccola borgata. La Festa della Beata Vergine di Stella Maris si tiene ogni anno la prima domenica di settembre. Il porticciolo turistico di Porto conteSulla costiera, passato l’abitato di Maristella, si incontra il Porticciolo turistico di Porto conte, un riparo ben protetto dai venti e dal mare mosso, perché situato all’interno della Baia di Porto conte, nel quale si trova anche la sede del Circolo Nautico. Si tratta di un piccolo porto ben attrezzato, in grado di ormeggiare fino a 300 imbarcazioni con una lunghezza massima di 15 metri e con una pescaggio massimo di 3 metri, e di questi posti ben 10 sono riservati al transito. Il porticciolo dispone di una banchina, un lungo molo frangiflutti banchinato, e pontili galleggianti, ed offre una gamma di servizi in banchina compreso carburante, acqua e corrente elettrica. La Torre di Porto conte accanto alla quale si trova il faro di Porto conteProseguendo lungo la stessa strada verso sud, si giunge all’estremo del promontorio, dove, a otto metri sul mare, sorge la Torre di Porto conte indicata da alcuni come la Torre Nuova di Porto conte. Edificata in epoca spagnola, probabilmente nel 1572, è una torre costiera appartenente al complesso di strutture fortificate che dall’alto medioevo sino alla metà del diciannovesimo secolo hanno costituito il sistema difensivo, di avvistamento e comunicazione delle coste della Sardegna. Il fortilizio, ubicato a una trentina di metri dal mare, si affaccia sull’omonima baia, a poca distanza della frazione Maristella, a fianco del faro di Porto conte, ed è costituito da rocce calcaree, con l’ingresso sul piano terra, e con una volta a cupola con pilastro centrale. Da inizio 2012 è partito il progetto di un intervento di ripristino della struttura, ossia una generale manutenzione della torre costiera di proprietà Comunale, che in passato ospitava un night ed è inutilizzata da oltre vent’anni, ed il suo adeguamento alla nuova funzione di Centro di educazione Ambientale per l’area Marina Protetta Capo Caccia e dell’isola Piana. Accanto alla torre si trova il piccolo Faro di Porto conte noto anche come Faro di torre Nuova, dotato di un’ottica rotante. Sulla sommità della Torre di Porto conte, già dalla sua costruzione, veniva tenuto acceso un fuoco per segnalare la via alle navi e metterle in Guardia sui pericoli rappresentati dalle particolari rocce della zona. Ma la storia di questo faro nasce nel 1800, il secolo della farologia, il secolo in cui è stata costruita la maggior parte dei fari in Italia e in tutto il mondo e più esattamente nel 1864, lo stesso anno in cui è stato innalzato quello di Capo Sandalo, sull’isola di San Pietro, ed è sempre stato in attività. La Torre del faro come la vediamo adesso è stata, però, costruita solo tra il 1950 ed il 1960, in quanto prima di questa data la lanterna era ospitata al di sopra di una costruzione che non si era dimostrata valida da un punto di vista architettonico. L’Hotel El faroSul promontorio, vicino alla struttura della torre e del faro, si trova l’Hotel El Faro, un albergo di lusso realizzato dall’architetto Antonio Simon Mossa. La spiaggia della Baia delle NinfeArrivati all’insenatura di Porto conte, la SS127bis Settentrionale Sarda è terminata in un bivio, dove avevamo preso verso sinistra, ossia in direzione sud lungo la costa orientale della baia di Porto conte. Ora, invece, prendiamo a destra la SP55, e troviamo, dopo appena un centinaio di metri, sulla sinistra della strada, una sterrata dove si può parcheggiare l’auto, e prendere il sentiero che ci conduce in duecento metri alla spiaggia della Baia delle Ninfe. La spiaggia di Mugoni e la spiaggia de la StallaArrivati all’insenatura di Porto conte, la SS127bis Settentrionale Sarda è terminata in un bivio, dove avevamo preso verso sinistra, ossia in direzione sud lungo la costa orientale della baia di Porto conte. Ora, invece, prendiamo a destra la SP55, che segue tutta la costa dell’insenatura in direzione occidentale e poi porta fino all’estremo del promontorio di Capo Caccia. Dopo un paio di chilometri, si vedono alla sinistra della strada i ruderi della grande Villa Mugoni, intorno alla quale si trovava un tempo anche la Tenuta Mugoni, che era una maestosa villa liberty con la sua azienda agricola, di proprietà della famiglia Mugoni, attualmente abbandonata. Percorriamo ancora circa cinquecentocinquanta metri sulla SP55, e prendiamo la strada sulla sinistra, ossia la Strada Vicinale di Mugoni, che porta in trecentocinquanta metri alla grande pineta di Mugoni, attraversata la quale si arriva alla spiaggia di Mugoni. Circa seicentocinquanta metri più avanti sulla SP55, una stradina bianca privata sulla sinistra, ossia la Strada Vicinale Sant’Igori, porta in duecentocinquanta metri al ristorante La Stalla, e, dopo altri duecento metri, alla seconda parte della spiaggia di Mugoni, più nota appunto con il nome di spiaggia de la Stalla. Proseguendo per altri seicentocinquanta metri sulla SP55, dopo aver passato la pineta di Mugoni, si incontra un altro bivio. Verso destra si prende la SP55bis, con l’indicazione di Sassari, verso Santa Maria la Palma, mentre, prendendo a sinistra, si prosegue sulla SP55, ossia sulla strada che porta a Capo Caccia. Prendiamo quest’ultima, e subito sulla destra sono stati trovati i resti di una Necropoli fenicia riutilizzata in epoca punica e successivamente romana, mentre un centinaio di metri più avanti si vede sulla sinistra l’ingresso della sterrata che porta ai resti del Complesso nuragico di Sant’Imbenia. I resti della necropoli fenicia di Sant’Imbenia, riutilizzata in epoca punica e romanaI resti della Necropoli fenicia di Sant’Imbenia ci hanno dato i pochi resti che testimoniano la presenza fenicia nella zona, come in tutto il nord della Sardegna. Qui si trovano le tracce di una prima presenza stanziale di Fenici all’interno di un villaggio indigeno. L’abitato si è rivelato autentico centro di smistamento dei prodotti minerari locali, ossia argento, rame e ferro, ed anche sede, almeno dalla prima metà dell’ottavo secolo, di un’officina ceramica e forse anche metallurgica. L’analisi dei reperti ceramici fenici, nonche greco-geometrici, evidenzia gli stretti rapporti di scambio che il mercato intrattiene, sino al settimo secolo, con Mozia, Sulcis e Cartagine, con l’area etrusco-Tirrenica ed il vicino oriente, così come con Pitecussa, fondata dai greci sull’isola di Ischia, e con i centri Fenici presenti nell’area iberica. La necropoli ha continuato ad essere utilizzata in epoca punica, e successivamente, in età romana, la vita ha continuato, senza apparente soluzione di continuità. Il complesso nuragico di Sant’ImbeniaIl sito è ubicato all’interno di una proprietà privata, per visitarlo bisogna prendere accordi con la Soprintendenza archeologica di Sassari. Il Complesso nuragico di Sant’Imbenia è costituito da un Nuraghe trilobato, ed, intorno ad essi, un villaggio di capanne. Il complesso nuragico è stato messo in luce in seguito a lavori di sistemazione di un campeggio, avvenuti negli anni ’80 del novecento, ed è stato solo parzialmente esplorato. Il Nuraghe è formato da una torre centrale, due minori, delle quali sono conservati solo i filari di base, ed un bastione che le circonda. Si presenta in condizioni di conservazione non ottimali, e d’altra parte non è stato ancora oggetto di scavi approfonditi. L’importanza del complesso risiede, però, principalmente nel villaggio di capanne che lo circonda, fino ad oggi solo parzialmente messo alla luce. Il villaggio fu abitato tra il quindicesimo e il quinto secolo avanti Cristo circa. Il suo scavo ha permesso di trarre importanti informazioni sulla storia del sito. Sono forti le analogie tra questo villaggio e quelli di Genna Maria a Villanovaforru e di Soroeni a lodine. Il villaggio di Sant’Imbenia è stato, con tutta probabilità, il primo insediamento dell’isola ad essere interessato da scambi commerciali con fenici e greci in età arcaica, ossia tra il nono e l’ottavo secolo avanti Cristo. L’interesse per questo sito archeologico ha già mosso gli studiosi di una prestigiosa università degli Stati Uniti, che hanno avviato contatti con l’Università di Sassari, per definire visite e periodi studio. Il sigillo di Sant’ImbeniaAll’interno di questo complesso è stato rinventuo anche il cosiddetto Sigillo di Sant’Imbenia, del quale scrive il professor Paolo Bernardini, docente di Archeologia fenicio-punica e di Storia e archeologia del Vicino oriente antico, che «compare in questo sito anche un sigillo di produzione locale in cui appaiono una serie di segni che sono stati in genere ritenuti privi di uno specifico significato semantico ma invece allusivi ai segni potenti, alle lettere reali che facevano bella mostra di se sui sigilli dei mercanti orientali; il suo possessore, evidentemente un imprenditore indigeno, aveva ben presente la forza ideologica e sociale del sigillo e questa forza reclamava per sé attraverso il controllo diretto dell’efficacia dei segni. Oggi si è pensato che il sigillo in realtà non sia una invenzione naive: vi si sono letti tentativamente un 'ayin' e un 'heth' accompagnati da una teoria di punti, forse in rapporto con registrazioni di peso o di quantità. Vi sarebbe quindi la registrazione consapevole, in ambiente indigeno e in un contesto di attività emporica di segni in relazione a una proprietà o un’officina, forse accompagnati da determinativi di quantità».
La Villa Romana di Sant’Imbeniaottocento metri più avanti, a circa 17.5 chilometri da Alghero sulla SP55, appena superato l’Holtel Baia di conte, una piccola sterrata sulla sinistra della strada ci porta all’ingresso dal quale è possibile effettuare una visita ai resti parzialmente sommersi della Villa Romana di Sant’Imbenia, una villa del periodo imperiale, probabilmente costruita nel primo o secondo secolo dopo Cristo, periodo in cui ha raggiunto il suo massimo splendore, ma è stata abitata fino ad età altomedievale. I resti della villa, parzialmente sommersi, suggeriscono che si trattasse di una villa d’ozio sul mare, dove il padrone si recava in villeggiatura. Comunque, come tutte le ville romane, doveva essere collegata ad un latifondo, e probabilmente ospitava strutture produttive di un certo rilievo. Dagli studi effettuati sui resti si è potuto scoprire che il complesso, del quale sono stati portati alla luce 49 ambienti, è costituito da tre blocchi: la parte residenziale, con ambienti finemente decorati, la parte rustica dove si trovavano gli ambienti dedicati alla servitù e ai vari servizi e una parte destinata a stabilimento termale. Il sito è stato scavato parzialmente dal 1994 al 2005, riportando alla luce interessanti reperti relativi ai rivestimenti parietali e pavimentali di due ambienti della villa. I lavori di conservazione, restauro e musealizzazione degli intonaci dipinti parietali ed absidali che erano ridotti in frammenti, oltre che di elementi lapidei e stucchi, sono iniziati nel 2011 e si sono conclusi nel 2014. Di fronte alla Villa Romana, si trova la spiaggia della Villa Romana, nelle cui acque si trova ancora parte dei locali della villa, che si trovano oggi sommersi a causa delle variazioni del livello marino.
Proseguendo più avanti sulla SP55, circa un chilomtro più avanti, un paio di viottoli sulla sinistra della strada portano ad una area naturisti, ossia ad una zona frequentata da nudisti e naturisti, con la presenza di coppie, singoli e gay, che qui trovano riparo da occhi indiscreti e possono prendere comodamente il sole. La Foresta Demaniale di Porto conte, detta anche le PrigionetteProprio di fronte all’ingresso della Villa Romana, sulla destra della strada, si trova l’ingresso della parco Naturale regionale, ossia della Foresta Demaniale di Porto conte detta anche Foresta Demaniale le Prigionette o l’Arca di Noe nella quale sono stati trasferiti numerosi esemplari di diverse specie protette come il cervo sardo, il cinghiale, l’asinello bianco dell’Asinara. L’accesso al parco di Porto conte è ora a pagamento, per entrare bisogna esibire un documento, e verrà rilasciato un pass di ingresso. La Foresta è molto ampia, ma non è tutta accessibile, dato che alcune aree, le aree di Punta Cristallo e di Torre della Pegna, sono interdette ai visitatori per non disturbare i grifoni. È anche possibile entrare in auto, ma sono preferite le visite guidate. La Cala Tramariglio con la frazione Alghero denominata TramariglioProseguiamo lungo la SP55 verso Capo Caccia per tre chilometri ed ottocento metri e, superata la Punta del Frara, entriamo nella piccola insenatura di Cala Tramariglio che è chiusa verso ovest da un promontorio sul quale si trova l’omonima torre aragonese, la Torre di Tramariglio, e dal Centro Ricerche Corisa, un Centro Internazionale Sperimentale di Biologia Marina e di Ricerche Scientifiche estremamente significativo a livello europeo. All’interno della Cala si trova la frazione Alghero denominata Tramariglio (altezza metri 5, distanza in linea d’aria circa 14 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 7), che è una località molto nota per i suoi famosi insediamenti turistici e residenze estive, e per il bel piccolo porto efficacemente attrezzato per garantire ottimo servizio alle imbarcazioni da diporto. L’agglomerato di Tramariglio ha dietro di se una storia interessante, dato che nasce come colonia penale. Il numero dei suoi abitanti è davvero esiguo, ma la sua particolarità è data dal fatto che sorge a soli cinque metri sul livello del mare. All’interno della frazione si trova una chiesa di recente costruzione, la chiesa di Gesù Crocifisso si tratta della chiesa parrocchiale della frazione, nella quale vengono officiate le funzioni religiose ogni domenica della settimana, e che sta di fronte al ristorante La Nuvola, un caratteristico ristorante e bar. Lungo la SP55 in direzione di Capo Caccia, arrivati a Tramariglio, dietro il monte Timidone alto 361 metri che fa parte del parco Naturale regionale di Porto conte, lungo la discesa, sulla destra si trova il Centro Ricerche Corisa. Si prosegue cento metri e si svolta alla prima strada in discesa asfaltata sulla sinistra, si sorpassa il porto e si trova la spiaggia di Tramariglio. La Torre di TramariglioSul promontorio che chiude a ovest la Cala Tramariglio si trova la Torre di Tramariglio situara a 65 metri sul mare, edificata in epoca spagnola, probabilmente verso la fine dell’anno 1580 e prima del 1591, per la difesa contro eventuali attacchi provenienti dal mare. È ubicata sul promontorio a sinistra dell’Hotel resort Capo Caccia, ed è realizzata con pietrame calcareo. Ha una volta a cupola con pilastro, una scala a chiocciola interna per l’accesso al terrazzo, sul quale sono ricavati i fori d’areazione. All’interno conserva il caminetto cucinino ed una piccola cisterna. Inutile dire che il panorama che aspetta i visitatore è straordinario e da considerare in una giornata in cui non regni il maestrale, sopratutto per favorirne la salita e renderla sicura. La Cala Calcina con la frazione Alghero denominata Pischina Salida e con la sua spiaggiaRiprendiamo poi il viaggio lungo la SP55, passiamo la Torre di Tramariglio, superiamo il promontorio con la Punta del Quadro, dove si trova l’Hotel resort Capo Caccia, l’unica struttura alberghiera all’interno dell’ampio parco Naturale regionale di Porto conte, che è stato riconosciuto patrimonio dell’UNESCO. Passata la punta del Quadro, si apre di fronte a noi l’ampia insenatura di Cala Calcina. Sull’insenatura di Cala Calcina si affaccia, alla destra della strada provinciale, la frazione Alghero denominata Pischina Salida (altezza metri 5, distanza in linea d’aria circa 14 chilometri, non è disponibile il numero di abitanti), nella quale si trova il suo grande grande insediamento turistico. Lungo la SP55, superati gli ingressi per le spiagge di Mugoni e Tramariglio, percorsi circa seicento metri dopo quest'ultima località, poco dopo il chilometro 9, svoltiamo a sinistra per Pischina Salida, e subito dopo svoltiamo a destra lungo la strada che permette di raggiungere la spiaggia di Cala Calcina. Più avanti, un chilometro e trecento metri dopo la deviazione per Pischina Salida, a dieci chilometri e mezzo da dove avevamo imboccato la SP55, troviamo alla destra della strada il cartello indicatore della grotta di Nettuno e di tutte le località che troveremo più avanti, e la strada provinciale prosegue in direzione del Capo Caccia. La Cala Dragunara con la sua spiaggiaDi fronte al cartello indicatore della grotta di Nettuno e di tutte le località che troveremo più avanti, imbocchiamo una discesa sulla sinistra in una strada bianca che, in duecentocinquanta metri, ci porta alla Cala Dragunara una Cala tanto piccola quanto bella, nella quale c’è un imbarco di traghetti per la visita alle grotte di Nettuno, che si aggiunge al più famoso imbarco presente nel porto di Alghero. È l’imbarco che viene utilizzato da chi si trova in vacanza negli insediamenti turistici lungo la costa di Porto conte e Tramariglio. La Torre del Buru o del Bulo chiamata anche Torre del BolloArriviamo fino al promontorio con la Punta del Buru o Del Bulo o Del Bollo, che è sovrastata anch’essa dall’omonima Torre del Buru o Torre del Bulo chiamata anche Torre del Bollo. Il fortilizio, situato tra la frazione Tramariglio e le falisie di Capo Caccia, è ubicato ad una altezza di 34 metri,su un promontorio che si affaccia all’ingresso occidentale della baia di Porto conte. Si tratta di una torre costiera appartenente al complesso di strutture fortificate che dall’alto medioevo, sino alla metà del diciannovesimo secolo, hanno costituito il sistema difensivo, di avvistamento e comunicazione delle coste della Sardegna. realizzata in epoca spagnola, probabilmente nel 1572, in calcare, ha una volta a cupola ed una scala curva in muratura che conduce sul terrazzo. All’interno si trova la sala ed una cisterna. La torre, visibile arrivando via mare, è facilmente raggiungibile anche via terra, con la strada bianca che ha portato a Cala Dragunara, proseguendo per altri cinquecentocinquanta metri dopo questa Cala, e prendendo un sentiero sulla sinistra che conduce fino alla torre. Proseguiamo lungo la costa in direzione di Capo CacciaPassata la Torre del Buru o del Bulo chiamata anche Torre del Bollo, possiamo proseguire il nostro viaggio via mare lungo la bellissima costiera, Viaggiando in direzione della punta del Capo Caccia. In direzione di Capo Caccia possiamo anche proseguire via terra con la SP55. I rinvenimenti nella Grotta Verde che hanno dato origine a quella che viene definita la facies culturale della Grotta VerdePrima di arrivare a Capo Caccia, percorsi sulla SP55 un chilometro e mezzo dopo la deviazione per la Cala Dragunara, subito dopo il cartello segnaletico del chilometro 12, arriviamo a vedere sulla destra partire in salita una panoramica chiamata la Strada Vicinale del Semaforo. Qui, alla sinistra della strada, lungo la roccia sottostante, si trova l’apertura della Grotta Verde di Alghero. La splendida Grotta Verde di Alghero raggiungibile via mare, ma è visitabile anche via terra, con uno speciale permesso, con ingresso situato lungo la SP55 circa cento metri dopo l’accesso della Strada Vicinale del Semaforo, utilizzando una scalinata. Si tratta di una grotta discendente con ampio ingresso, il cui sviluppo raggiunge i 600 metri, che deve il suo nome alle infiorescenze che colorano le sue pareti di verde. Al fondo si trova un laghetto, con prosecuzioni subacquee. Questa grotta è stata recentemente aperta al pubblico, e da oltre 50 anni costituisce un vero paradiso visitabile soprattutto da speleologi esperti. All’interno della grotta sono stati recuperati diversi oggetti archeologici, una ventina di vasi, solo in piccola parte decorata con impressioni cArdiali e strumentali, e un accenno di faccia umana impresso su uno dei vasi trovati nella grotta. Nella Grotta Verde sono stati rinvenuti anche graffiti rupestri, prima testimonianza della vena artistica della sua popolazione.
La grotta dei Pizzi e RicamiPassata la deviazione per il Semaforo, proseguiamo lungo la SP55 in direzione di Capo Caccia, e, percorsi altri duecento metri, arriviamo alla fermata dei bus ed al parcheggio dove è possibile lasciare l’auto, per scendere a piedi alla grotta di Nettuno con la Escala del Cabirol, ossia con la scala del capriolo. Qui, alla sinistra della strada, si apre la Cala Cucuzza, sulla parete della quale si trova l’apertura della Grotta dei Pizzi e Ricami di Alghero. Sulla roccia della parete della Cala Cucuzza è presente la Grotta dei Pizzi e Ricami una cavità marina posta a circa quattro metri di altezza dal picco di Capo Caccia, e rivolta verso Alghero, che è raggiungibile solamente via mare. Per via della sua difficile accessibilità, è visitabile solo da speleologi esperti. All’entrata si ammira un ambiente interamente rivestito di concrezioni cristalline bianchissime e, più avanti, le stalattiti a forma di colonna che richiamano l’immagine di un intricato labirinto, nel quale si trovano numerosi cunicoli coperti da concrezioni che, nell’evocare opere di ricamo, hanno dato il nome alla grotta. Arriviamo a Capo CacciaSuperato sulla destra il parcheggio con l’accesso alla scala per la discesa a piedi alle grotte di Nettuno, la strada prosegue e dopo poco più di cinquecento metri arriviamo alla sommità del Capo Caccia uno sperone roccioso alto ben 168 metri che si affaccia a picco sul mare. Il nome deriva dal fatto che fino al 1960 vi si svolgeva un’intensa attività di caccia soprattutto ai piccioni selvatici. La zona di Capo Caccia è una somma di incredibili bellezze naturali che si ammirano dalla strara provinciale che stiamo percorrendo, ed anche dalla panoramica sulla destra che porta al Semaforo. Il faro di Capo CacciaDalla sommità del Capo Caccia, proseguendo lungo la SP55 per circa centocinquanta metri, si raggiunge il Faro di Capo Caccia che si trova in cima ad un dirupo. La torre attuale è stata costruita tra il 1950 ed il 1960 ma sul promontorio esisteva già un precedente faro risalente al 1864. La storia del faro nasce nel 1800, il secolo della farologia, il secolo in cui è stata costruita la maggior parte dei fari in tutto il mondo e più esattamente nel 1864, ed è sempre stato in attività. È un grande caseggiato bianco a tre piani, avvolto nella gabbia di Farday che lo protegge dai fulmini e che gli dà uno strano aspetto a quadretti, una costruzione imponente sulla cui sommità svetta una Torre di circa 24 metri che, sommati, all’altezza della scogliera, porta l’altezza totale del faro a 186 metri sul livello del mare, che fa di Capo Caccia il faro più alto d’Italia. La sua lanterna è stata illuminata con i combustibili più diversi, tra cui l’acetilene fino a circa il 1880, seguito dai vapori di petrolio finché, nel 1961, è arrivata l’elettricità. Oggi monta un’ottica rotante, una delle dieci che si trovano in Sardegna, e la sua luce è visibile a 34 miglia di distanza, uno dei fari con maggiore visibilità nel Mediterraneo. Funziona anche come faro d’atterraggio per gli aerei in arrivo all’aeroporto di Alghero. Per la presenza di ordigni esplosivi sul fondo, la zona di mare sottostante il faro, compresa tra la costa di Capo Caccia ed il settore circolare con un raggio di 150 metri, è interdetta all’ormeggio, alle immersioni subacquee, alla pesca ed all’ancoraggio. La grotta di NereoPassata la punta di Capo Caccia, sulla quale sorge l’omonimo faro, al quali si arriva con una strada bianca che parte dal termine della SP55, si può iniziare a risalire il lato occidentale del promontorio. Risalendo il lato occidentale del promontorio, si trovano gli accessi alla Grotta di Nereo La cavità marina sommersa più grande d’Europa, raggiungibile esclusivamente via mare. È stata scoperta nel 1957 da due subacquei locali, che tentavano il recupero di proiettili abbandonati alla fine della Seconda Guerra Mondiale, ed in cerca di corallo rosso. Si estende per circa trecento metri di lunghezza, ed ha percorsi e tunnel per circa cinquecento metri, con diversi ingressi. Ospita la più completa varietà di specie ittiche che è possibile osservare nel Mediterraneo, tra pesci, crostacei, spugne e coloratissima vita sessile. Sulle sue volte e pareti vi è abbondante presenza del pregiato corallo, che si ramifica in rosse colonie osservabili già a cinque o sei metri di profondità. È, quindi, uno dei luoghi più adatti per effettuare riprese, sia fotografiche che video, ed, ovviamente, è la meta preferita di tanti subacquei provenienti da ogni parte del mondo, ed è classificata fra le cento più belle immersioni al mondo. La grotta di NettunoContinuando a risalire la costa occidentale del promontorio di Capo Caccia, troviamo la famosa Grotta di Nettuno in catalano Cove de Neptú. Vi arriviamo via mare in circa un’ora con un battello che parte da Alghero e consente di vedere dal mare la cosiddetta Riviera del Corallo, costeggiando prima le scogliere di capo Galera e di Punta Giglio, e doppiando quindi la punta del Capo Caccia. La possiamo raggiungere in battello anche da più vicino, da Cala Dragunara. In entrambi i casi, si sbarca direttamente all’ingresso della grotta, posto alla base dell’altissima falesia, di fronte alla quale si trova l’isoletta della Foradada. alla grotta si può arrivare anche a piedi, dal parcheggio si imbocca una lunga scalinata di ben 656 gradini, la Escala del Cabirol ossia la scala del capriolo, che permette di superare un dislivello di centodieci metri portando direttamente all’entrata della grotta. La scala è stata ideata da Antonio Simon Mossa, del quale abbiamo già parlato, ed è stata aperta al pubblico nel 1954. Il percorso all’interno della grotta di Nettuno è di circa cinquecentottanta metri. La parte iniziale della grotta è occupata dal Lago la Marmora, formato dall’acqua del mare e lungo 480 metri, considerato uno dei laghi salati più grandi d’Europa. Al centro del lago è presente una colonna stalagmitica alta un paio di metri, detta l’AcquaSantiera perché sulla sommità sono presenti alcune vaschette in cui si raccoglie un pò di acqua dolce, preziosa per gli uccelli che nidificano negli anfratti di Capo Caccia. Una breve discesa porta alla Sala delle Rovine, ornata di grandi stalattiti, per poi raggiungere la sala centrale, detta Sala della reggia, da dove si vedono al centro del lago grandi colonne calcitiche che si innalzano per nove metri quasi a sorreggere il soffitto. Subito dopo, la volta raggiunge i 18 metri di altezza e si vedono grandi colate a canne d’organo, festoni calcitici e la colonna stalagmitica chiamata l’Albero di Natale. Il lago la Marmora termina con una spiaggetta sabbiosa chiamata spiaggia dei Ciottolini perché formata un tempo da sassolini. Dalla reggia arriviamo in salita alla Sala Smith, dal nome di un capitano inglese che agli inizi dell’ottocento iniziò l’esplorazione della grotta, con al centro il cosiddetto Grande Organo, un’enorme e imponente colonna larga 12 metri per quattro ed alta 11 metri, la più grande della grotta. Lungo la parete opposta il soffitto diviene più basso e entriamo nella Sala delle Trine e dei Merletti. Arriviamo infine alla cosiddetta Tribuna della Musica, una balconata da dove ci possiamo affacciare sulla reggia e sul lago la Marmora, così chiamata perché qui una piccola orchestra consentiva di organizzare balli nella spiaggetta sottostante. La grotta di Nettuno, che prende il suo nome dalla divinità romana del mare Nettuno, è stata scoperta da un pescatore locale nel diciottesimo secolo, e fin da allora si è rivelata una popolare attrazione turistica. È gestita dall’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Alghero.
Il Semaforo di Capo CacciaLungo la SP55 in direzione di Capo Caccia, subito dopo il cartello segnaletico del chilometro 12, invece di proseguire sulla SP55 prendiamo la Strada Vicinale del Semaforo, la seguiamo per novecento metri, ed arriviamo al Semaforo di Capo Caccia a 205 metri di altezza, nel quale si trova una stazione di riferimento per il servizio meteorologico dell’Aeronautica Militare e per l’Organizzazione Mondiale della Meteorologia. Questa stazione meteorologica è stata attivata come stazione meteomarina all’inizio del novecento, originariamente gestita dalla regia Marina, ed i dati rilevati sono documentati fin dagli inizi del novecento nei bollettini meteorici giornalieri dell’Ufficio centrale di Meteorologia e, tra il 1929 e il 1933, le principali statistiche sono state pubblicate anche dall’ISTAT negli Annuari Statistici Italiani dei corrispondenti anni. La stazione è collegata anche ad una boa, grazie alla quale è possibile osservare lo stato del mare. Dal Belvedere di Foradada si può raggiungere la grotta dei Vasi Rotti e la Ferrata del CabirolTorniamo a dove, un chilometro e trecento metri dopo la deviazione per Pischina Salida, a dieci chilometri e mezzo da dove avevamo imboccato la SP55, la strada provinciale prosegue in direzione del Capo Caccia. Percorsa per circa duecento metri, alla destra parte in salita la strada panoramica che conduce verso Casarotto, uno dei settori dell’immenso comprensorio calcareo di Capo Caccia che attualmente è la falesia prediletta dagli arrampicatori sportivi che si recano in questa zona. Percorsi trecento metri, si apre alla destra della strada il Belvedere di Foradada un’area di parcheggio dalla quale si può osservare dall’alto l’isola Foradada, e da cui si gode un paesaggio indimenticabile. Dal Belvedere, parte il sentiero per la via ferrata del Cabirol, che non è segnalato da cartelli, ma è intervallato da segnali in pietra lungo tutto il percorso. Si tratta di un sentiero agevole ma un pò faticoso per il dislivello. Con una camminata di circa venti minuti dal Belvedere Foradada, prima di raggiungere la via ferrata del Cabirol, è possibile recarsi a visitare la Grotta dei Vasi Rotti una piccola grotta naturale che in sè non ha niente di particolare tranne la vista meravigliosa su tutto il parco di Porto conte. Il percorso non è tracciato, ma con un po' di impegno si riesce a raggiungerla, dato che si trova un poco più in basso dell’ingresso della via Ferrata del Cabirol. Superata questa grotta, si procede ancora per una cinquantina di metri fino ad individuare un omino di pietre sul bordo falesia, e, un poco sulla destra, si individua un varco per accedere ad un terrazzino, dove si trova una bacheca in legno e l’attacco del cavo per il primo facile passaggio sulla via Ferrata del Cabirol. Questo è l’accesso alla cengia bassa, per percorrere la ferrata in senso antiorario, mentre, per accedere direttamente alla cengia alta e percorre la via ferrata in senso inverso, Bisogna procedere sul bordo falesia per circa un centinaio di metri, fino a raggiungere un secondo omino di pietre, dove a pochi metri è possibile scorgere l’attacco del cavo. Si raccomanda di percorrere la via ferrata del Cabirol solo se provvisti di adeguata esperienza ed attrezzatura. La via Ferrata del Cabirol è stata realizzata interamente in acciaio inox, ma la continua esposizione al sole e alla salsedine marina potrebbero compromettere col tempo la resistenza di alcune tratte, sprattutto tenendo conto del fatto che alcune di esse si trovano sul posto da oltre dieci anni. È importante ricordare che per percorrere la via ferrata è Indispensabile adottare le protezioni individuali quali imbragatura, casco e longe Con dissipatore. L’isola ForadadaNel mare, un poco più avanti rispetto alla grotta di Nettuno, di fronte alla grotta dei Vasi Rotti, trova l’Isola Foradada. Si tratta di un’imponente scoglio calcareo biancheggiante, un frammento di costa separatosi dall’isola madre in tempi antichissimi, sulle cui rocce cresce un rarissima pianta endemica, la Brassica Insullais, ossia il Cavolo di Sardegna. La visita di quest'isola è possibile solo via mare, ed possibile farla con imbarcazioni di piccole e medie dimensioni, con partenza dal porto di Alghero, in servizio per escursioni che portano anche alle grotte di Nettuno. L’isola è attraversata da parte a parte da un tunnel naturale, la Grotta dei Palombi La cui apertura può essere ammirata dal Belvedere, che è lungo centodieci metri, che permette di vedere da una parte all’altra di essa, e che le conferisce il nome di Isola Forata. La grotta, nella quale si può entrare anche con imbarcazioni di grosse dimensioni, è interamente collocata sopra il livello del mare, anche se la sua apertura, situata ad ovest, è spesso invasa dalle onde. All’interno della grotta ci si trova immersi in un percorso affascinante e suggestivo, ricco di passaggi impervi e selvaggi che consentono di avvistare alcune specie faunistiche rare e di notevole bellezza, e, tra gli anfratti della cavità, non è difficile assistere al volo dei gabbiani reali, dei cormorani, dei corvi e del raro grifone. Nell’isola, asud ovest, si trova la Grotta dei Gormorani un grottone sul mare con tre anguste diramazioni, dove nidificano soprattutto esemplari di Hydrobates Pelagicus, ossia l’uccello delle tempeste. La Cala d’InfernoRialendo la costa, un poco più a nord rispetto a dove si trova l’isola Foradada, lungo la costra si sviluppa la Cala d’Inferno una insenatura ubicata dietro la costa di Capo Caccia che compone un triangolo con le grotte di Nettuno e l’isola Foradada, raggiungibile solo via mare. Durante l’estate è abbastanza frequentato da diverse imbarcazioni e da diving per immersioni subacquee. Il mare, quasi mai calmo, permette questo tipo di attività, e, quando soffia il vento maestrale, le onde violente raggiungono i cinquanta metri di altezza. Da questo deriva il suo nome. La Torre della PegnaRisalendo la costa, tra la Cala d’Inferno e la successiva Cala della Puntetta, a strapiombo sulla scogliera a 271 metri sul mare, si trova la Torre della Pegna costruita a picco sul mare,su una falesia di oltre duecento metri di altezza. Edificata in epoca aragonese come le vicine Torre di Porto conte, Torre di Tramariglio e Torre del Buru, risale probabilmente al 1572. Non si trova in buone condizioni, tanto che la cupola è crollata. È assai difficile da raggiungere dato che si trova all’interno della Foresta Demaniale di Porto conte, per arrivarci occorre entrare nell’area naturalistica protetta e camminare per più di un’ora, percorrendo un sentiero che si interrompe e prosegue sul cammino della falesia tra la roccia e la vegetazione. Nella Foresta, l’area di Torre della Pegna è interdetta ai visitatori per non disturbare i grifoni che vi stazionano. La Cala della PuntettaRisaliamo ancora la costa, e, un poco più a nord rispetto a dove, sulla costa orientale, avevamo trovato Tramariglio, sulla costa occidentale troviamo due belle cale. La prima è l’affascinante Cala della Puntetta di dimensioni ridotte, protetta alle sue spalle da un’alta scogliera di rocce sedimentarie, sormontata da bassa macchia mediterranea. La piccola spiaggia è composta da ciottoli levigati di diverse dimensioni, di un colore molto chiaro. Il bellissimo mare ha un colore tra il verde intenso e l’azzurro, con anfratti sommersi e un fondale di media profondità, a prevalenza roccioso. Sono del tutto assenti le posidonie, e dalla Cala c'è una vista mozzafiato sulla bellissima isola Piana, che si trova nel mare antistante, un poco più a nord ovest. La Cala della Barca di fronte all’isola PianaLa seconda, subito più a nord, è la piccola Cala della Barca un luogo di grande interesse turistico il cui nome deriva da un vascello francese affondato qui nel 1664. Nel paradiso delle grotte si fa bird watching, dato che i lembi rocciosi, sospesi a trecento metri sul mare, sono popolati da volatili come il grifone nelle scogliere più impervie. Alle spalle della cala, si trova la consueta macchia mediterranea che giace sulla sommità dell’alta scogliera . La piccola spiaggia si affaccia su un mare con il fondale piuttosto profondo e roccioso, con spuntoni di roccia che affiorano. Dalla spiaggia, formata da ciottoli levigati, si gode di una entusiasmante vista sull’isola Piana, che da questo punto si mostra in tutta la sua imponenza e bellezza. Il mare ha un fondale piuttosto profondo e roccioso, con spuntoni di roccia che affiorano dal mare. Sono assenti le posidonie. Alle spalle della cala, si trova abbondante la macchia mediterranea, sulla sommità dell’alta scogliera .
Il promontorio tra Cala della Barca e Cala della Puntetta è attraversato dal Tunnel azzurro che si può percorrese consentendo il passaggio a basse profondità da una parte all’altra. La Cala della Puntetta e Cala della Barca, di fronte all’isola PianaDi fronte alle due cale, si trova la maestosa Isola Piana, Un isolotto che si può visitare con delle visite organizzate percorrendo la zona delle Prigionette, infatti l’isola fa parte della Foresta Demaniale di Porto conte. La parte ovest dell’isola e tutte le acque circostanti fanno parte della zona A di riserva integrale, delimitata da boe luminose per la segnalazione del posto dove è vietato il transito e le altre attività marine. Si raggiunge, quindi, solo in barca anche dal Porto di Alghero. Presenta falesie calcaree molto alte che cadono a picco sul mare. Nel periodo che va da marzo a giugno, l’isola Piana ospita una vasta colonia di gabbiani, per la deposizione, cova e successiva schiusa delle uova, in un ambiente poco accessibile all’uomo. Proseguendo verso nord arriviamo alla Cala di Punta CristalloProseguendo verso nord, lungo la costa si trova la piccola Cala di Punta Cristallo situata lungo la costa della Foresta Demaniale di Porto conte. Si tratta di una piccolissima caletta rocciosa, con un fondo di ciottoli e una parete che si alza a picco sul mare per oltre sessanta metri, ricoperta da macchia mediterranea. Il mare antistante la Cala è piuttosto profondo, con un fondale roccioso, ha un colore verde smeraldo intenso e azzurro, ed è ricco di fauna e flora marina. Si presta all’attività dello snorkeling. La zona è caratterizzata dalla presenza di promontori calcarei risalenti al periodo cretacico affacciati a picco sul mare, con imponenti formazioni a falesia che raggiungono l’altezza di oltre trecento metri, tanto che la punta Cristallo raggiunge i 326 metri, ed i lembi rocciosi sono popolati da volatili come il Falco Pellegrino ospitato nelle scogliere più impervie. Risalendo verso Santa Maria la Palma raggiungiamo la Cala del Porticciolo con la spiaggia di Torre del porticcioloDa Capo Caccia torniamo indietro con la SP55, riattraversiamo le frazioni Pischina Salida e Tramariglio, proseguiamo per circa otto chilometri e mezzo fino al bivio prima della pineta di Mugoni, dove prendiamo verso sinistra seguendo l’indicazione per Sassari, e, svoltando in questa direzione, prendiamo la prosecuzione della SP55bis che porta verso Santa Maria la Palma. Dopo un chilometro e quattrocento metri sulla SP55bis, svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni sulla Strada Vicinale del porticciolo, percorriamo circa un chilometro di strada asfaltata che porta al campeggio e villaggio Torre del porticciolo. La Cala del Porticciolo è una suggestiva baia bagnata da un mare dalle diverse sfumature di azzurro, da cui spicca, sul promontorio che la chiude a nord, la seicentesca Torre di avvistamento del porticciolo. La Torre del porticcioloLa Torre del porticciolo le cui varie trascrizioni dei nomi riportate nei secoli conducono tutte al medesimo significato di piccolo approdo per naviglio di stazza ridotta, si trova a 40 metri sul mare, ed è facilmente raggiungibile dalla spiaggia omonima. Viene edificata in epoca spagnola, nella seconda metà del sedicesimo secolo, dai corallari di Alghero che, nella spiaggia del Portichiol, riparavano le barche. Già nel 1572, nella torre stavano 2 pezzi di artiglieria con 3 uomini di Guardia alle barche. Dalla quota di 48 metri, i torrieri avevano una splendida visuale sino a 25 chilometri, e rimanevano in contatto con le torri di Porto conte e quelle di Porto Ferro. realizzata in calcare, ha un’altezza media di circa dieci metri e mezzo, e si può osservare che la struttura appare formata da un cilindro adagiato sopra un anomalo basamento scarpato a tronco di cono gradinato. Ha una volta a cupola con un foro centrale, ed una scala interna allo spessore del muro. La ristrutturazione, completata nella primavera del 2009, ha riportato la torre al suo antico splendore. La Cala Viola con la sua spiaggiaCon una passeggiata a piedi, dalla spiaggia del porticciolo, è possibile raggiungere a piedi, verso sud, con un breve trekking di circa venti minuti, la Cala Viola una baia nella quale si trova anche una parte sabbiosa molto stretta, affacciata su un mare azzurro, trasparente e cristallino e digrada dolcemente verso il largo. I sovrastanti costoni di Arenarie violacee, fatti risalire al Triassico, sono tra le più antichi di tutta Italia, e presentano una cromia violacea e rossiccia, ed è questo il motivo per il quale la baia viene chiamata Cala Viola. La frazione Alghero denominata Guardia GrandeEvitando la deviazione per la Cala del Porticciolo, proseguiamo sulla SP55bis e la seguiamo verso est per circa tre chilometri e mezzo, poi prendiamo a destra, seguendo le indicazioni per l’Agriristoro le Pinnette, e dopo poco più di un chilometro raggiungiamo la frazione Alghero denominata Guardia Grande (altezza metri 30, distanza in linea d’aria circa 13 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 5). All’interno del piccolo abitato si trova la chiesa di Nostra Signora della Guardia che è la parrocchiale della frazione, ed è frutto di una riforma agraria dell’allora ministro dell’Agricoltura Antonio Segni cominciata nel 1946 e diretta dall’ETFAS, ossia dall’Ente per la Trasformazione Fondiaria e Agraria in Sardegna. Si è cominciato con l’espropriare le terre incolte, colonizzare vasti territori e bonificare zone paludose, e viene edificata, in seguito, anche la chiesa di Guardia Grande, visto che in tale borgata vengono costruite varie infrastrutture. La frazione Alghero denominata Santa Maria la PalmaRiprendiamo la SP55bis, la seguiamo per ancora quattro chilometri fino a un incrocio dopo il quale questa strada provinciale diventa la SS191, che proviene da sud da Fertilia e porta verso est in direzione di Tottubella, frazione Sassari che descriveremo più avanti. A questo incrocio svoltiamo a sinistra e, dopo circa cinquecento metri, raggiungiamo la frazione Alghero denominara Santa Maria la Palma (altezza metri 34, distanza in linea d’aria circa 13 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 113), un borgo ad economia prevalentemente agricola. Gli abitanti della frazione, sono comunque concentrati nelle campagne circostanti, più che nel centro abitato vero e proprio. Di fondamentale importanza per la frazione era l’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente, aperto attorno agli anni sessanta del novecento, Nelle cui classi si sono formati centinaia di tecnici agricoli provenienti da tutto il nord Sardegna. La Scuola era dotata di convitto annesso, della capienza di almeno Duecento posti letto, mentre l’azienda agraria, delle dimensioni di circa 15 ettari, comprendeva un oliveto, un frutteto, un agrumeto, un mirteto, un vigneto, una serra in ferro e vetro, un caseificio, due officine e gli alloggi per il personale. Nell’abitato di Santa Maria la Palma, in piazza Olbia, si trova la chiesa della Natività della Beata Vergine Maria che è la parrocchiale della frazione, ed è stata edificata nel 1953 dall’EFTAS, ossia dall’Ente per la Trasformazione Agraria e Fondiaria in Sardegna, e ciò si nota anche dalla sua struttura che presenta parti della sua facciata in pietra, e dal fatto che la chiesa è circondata da verdi palme, elemento sempre presente ad Alghero, simbolo di protezione e vittoria. La Cantina di Santa Maria la Palma con quattro vini inseriti nella guida 5StarWines di VinitalyLa prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, visiteremo le coste della Parte settentrionale del promontorio di Capo Caccia quella più selvaggia che si trova in Provincia di Sassari, da Porto Ferro, al lago Baratz, l’unico vero lago naturale della Sardegna, e ci recheremo fino a Porto Palmas e poi all’Argentiera. Durante questa parte del nostro viaggio passeremo per diverse frazioni ad ovest di Sassari. | ||||||||
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