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Olbia la porta della Gallura visita della città con la basilica di San Simplicio e dei diversi siti archeologici
Come tutte le città portuali ed aeroportuali, Olbia viene considerata spesso solo un punto di transito: la si attraversa e si ignorano le caratteristiche della città e dei suoi dintorni. Ci fa quindi piacere raccontare, in questa pagina, la nostra visita alla città ed ai suoi principali siti archeologici e reperti storici, mentre in altre tappe successive visiteremo Berchiddeddu, la frazione Olbia dalla quale dista senza continuità territoriale, le spiagge a sud di Olbia, quelle ad est verso Golfo Aranci, e quelle a nord, verso l’area del Consorzio Costa Smeralda. Arriviamo alla città di Olbia nella regione storica della GalluraIl nostro viaggio inizia con l’arrivo ad Olbia, città situata a nord ovest della foce del fiume Padrogianus, la cui valle sommersa, detta in lingua sarda Ria, formata da antichi sprofondamenti della costa, costituisce il golfo di Olbia, nel quale è situato il suo porto, l’unico porto naturale della costa orientale della Sardegna, che costituisce l’approdo più adatto alla navigazione da e per il continente, che dista meno di Trecento chilometri, sei o sette ore di navigazione, poco più di tre ore con i moderni traghetti veloci. La valle nella quale si trova il golfo di Olbia è circondata a nord dal monte Cugnana, a ovest dalle cime del Monte limbara e del monte Pinu, e verso sud dall’altopiano di Monti. La regione storica della GalluraLa regione storica della Gallura (nome in gallurese Gaddùra, in lingua sarda Caddùra) occupa l’estremità nord orientale dell’Isola, delimitata a sud dal massiccio granitico del Monte limbara, a sud ovest dal corso inferiore del fiume Coghinas, a sud est dal monte Nieddu nei comuni di San Teodoro e Budoni. È stata, nell’alto periodo medioevale, uno dei quattro giudicali sardi. Principale risorsa economica di questa regione è il turismo, sviluppatosi a seguito della realizzazione del famoso insediamento turistico dell’area del Consorzio Costa Smeralda, oltre all’industria del sughero e del granito, nelle quali ha raggiunto primati a livello internazionale. I comuni che ne fanno parte sono Aggius, Aglientu, Arzachena, Badesi, Bortigiadas, Calangianus, Golfo Aranci, la Maddalena, Loiri Porto San Paolo, Luogosanto, Luras, Olbia, Palau, Sant’Antonio di Gallura, Santa Teresa Gallura, San Teodoro, Telti, Tempio Pausania, Trinità d’Agultu e Vignola, Viddalba. In Gallura si parla il Gallurese, che è di ceppo toscano ed ha forti analogie con il còrso, è infatti molto simile al dialetto parlato nel distrello di Sarlene nel sud della Corsica, ma conserva alcuni influssi derivanti dal logudorese, che era parlato nel territorio antecedentemente, durante il periodo giudicale. La città di OlbiaLa città di Olbia (nome in lingua sarda Terranòa nome gallurese Tarranóa, altezza metri 15 sul livello del mare, abitanti 60.385 al 31 dicembre 2021), risulta essere il quarto comune della Sardegna per numero di abitanti, dopo Cagliari, Sassari e Quartu Sant’Elena. Olbia è un comune rivierasco di origine preistorica, rinomata meta turistica estiva, definita La porta dell’area del Consorzio Costa Smeralda, cui è stato concesso nel 1953 con Decreto del Presidente della repubblica il titolo di città. Olbia è collegata con il resto della Gallura e con il nord della Sardegna dalla SS597 del Logudoro, che è chiamata anche con definizione europea E40, per Sassari dalla SS127 Settentrionale Sarda per Tempio Pausania; e dalla SS125 Orientale Sarda, che proviene dal sud e, passando per Arzachena, arriva a Palau, tutte strade a una sola corsia per senso di marcia. La SS131 di Carlo Felice Diramazione centrale Nuorese, Diramazione centrale Nuorese, a quattro corsie, collega, invece, Olbia a Nuoro e a Cagliari, immettendosi ad Abbasanta sulla SS131 di Carlo Felice proveniente da Porto Torres. La città è dotata di un aeroporto, situato a soli quattro chilometri dall’abitato, ed è sede di uno scalo marittimo. Il territorio Comunale, classificato collinare, ha un profilo geometrico irregolare. Questa città fa parte dell’Associazione nazionale delle città dell’Olio e città del VinoQuesto paese fa parte dell’Associazione nazionale città dell’Olio, che ha tra i suoi compiti principali quello di divulgare la cultura dell’olivo e dell’olio di oliva di qualità, tutelare e promuovere l’ambiente ed il paesaggio olivicolo, diffondere la storia dell’olivicoltura, e garantire il consumatore attraverso le denominazioni di origine. Le città dell’Olio in Sardegna sono ad oggi Alghero, Berchidda, Bolotana, Bosa, Cuglieri, Dolianova, Escolca, Genuri, Gergei, Giba, Gonnosfanadiga, Ilbono, Ittiri, Masainas, Olbia, Oliena, Orgosolo, Orosei, Osini, Riola Sardo, Samatzai, Santadi, Seneghe, Serrenti, Siddi, Sini, Uri, Usini, Ussaramanna, Vallermosa, Villacidro, Villamassargia. Questo paese fa parte dell’Associazione nazionale città del Vino, il cui obiettivo è quello di aiutare i Comuni a sviluppare intorno al vino, ai prodotti locali ed enogastronomici, tutte quelle attività e quei progetti che permettono una migliore qualità della vita, uno sviluppo sostenibile, più opportunità di lavoro. Le città del Vino in Sardegna sono ad oggi Alghero, Arzachena, Atzara, Badesi, Benetutti, Berchidda, Bonnanaro, Bosa, Calangianus, Dolianova, Donori, Dorgali, Jerzu, Loceri, Luogosanto, Luras, Meana Sardo, Modolo, Monti, Neoneli, Olbia, Samugheo, San Nicolò di Arcidano, Sant’Antioco, Selargius, Sennori, Serdiana, Sorgono, Sorso, Tempio Pausania. Origine del nomeL’attuale nome è verosimilmente di origine preromana, e si potrebbe far risalire al greco Olbiòs, ossia felice, ad indicare la sua felice posizione geografica, poi mutato, per i fonemi della prima lingua sarda, in Ulbia. Questo nome probabilmente è stato fatto seguire, per similitudine, a un preesistente nome fenicio, ossia Olba o Elbi. La sua economiaLa città di Olbia è il principale centro economico della Gallura e di tutto il nord est della Sardegna, ed ha un’economia basata sull’agricoltura e sull’allevamento, sull’industria alimentare, della pesca e piscicoltura, su quella del granito, sul settore nautico e su quello dei servizi. Il settore primario, anche se in calo, fa registrare una buona produttività nelle varie coltivazioni e nell’allevamento. L’industria è molto sviluppata in diversi settori, dalla pesca e piscicoltura all’estrattivo, dalla lavorazione della frutta e degli ortaggi alla produzione di mangime, dal tessile alla stampa, dai prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio alla fabbricazione di articoli in gomma e plastica, dal vetro all’industria metallurgica, meccanica, elettronica, dagli strumenti ottici e fotografici all’automobilistica e cantieristica. Altrettanto sviluppato è il terziario, con una notevole rete distributiva ed una buona dotazione di servizi. Ottima è la capacità del suo porto, che detiene il primato nell’isola per il traffico passeggeri. Assai sviluppato è anche il comparto del turismo, con insediamenti molto conosciuti tra i quali Porto Rotondo e Portisco, ed il suo apparato ricettivo offre ampie possibilità di ristorazione e di soggiorno. Numerose sono le sue specialità gastronomiche: nelle acque del suo golfo vengono coltivati i frutti di mare, soprattutto i mitili, le cozze, che vengono ritenuti dagli intenditori tra i migliori del Mediterraneo. Importante è anche l’industria enologica, con la produzione soprattutto del vino Vermentino. Ottima è, inoltre, la capacità del suo porto, che detiene il primato nell’isola per il traffico passeggeri. Brevi cenni storiciIl territorio di Olbia è stato frequentato fino dal periodo preistorico. Alcuni frammenti di ceramica ed una statuetta femminile della Dea Madre rinvenuti a Porto Rotondo, fanno risalire al Neolitico Medio le prime testimonianze della presenza umana nel suo territorio. Nell’Eneolitico sulle pareti della grotta del papa, sull’isola di Tavolara, sono state decorate con ocra rossa delle figure umane schematizzate. Nel suo territorio si sono poi realizzati numerosi insediamenti nuragici. Dalla seconda metà dell’ottavo alla prima metà del settimo secolo avanti Cristo Si assiste all’insediamento dei Fenici, dimostrato dal rinvenimento di un frammento di anfora, di un frammento d’ansa di anfora dipinta, e da una statuetta lignea. Non è provata, ma è possibile, la presenza sull’Acropoli di un Santuario dedicato a Melqart, divinità maschile fenicia nume tutelare della città di Tiro, corrispondente all’Eracle greco; e presso il porto di un Santuario dedicato ad Ashtart o Astarte, la Grande Madre fenicia legata alla fertilità, alla fecondità ed alla guerra. Ma dalla metà del settimo fino al sesto secolo avanti Cristo provengono solo materiali di origine greca, prodotti corinzi ed anche materiali ionici. Dalla presenza nella zona di una colonia greca sarebbe derivato il nome Olbia, da Olbiòs ossia felice, ad indicare la sua felice posizione geografica, poi mutato, per i fonemi della prima lingua sarda, in Ulbia. Nel 535 avanti Cristo nelle acque tra il golfo di Olbia e la Corsica, una flotta di 60 navi dei greci Focesi stanziati nella colonia di Alalia in Corsica, si scontrano con una flotta di navi etrusche e Cartaginesi, coalizzate per bloccare la penetrazione greca nel Tirreno. Lo scontro, detto la battaglia di Alalia o battaglia del Mare sardonio, viene ritenuto da molti studiosi la prima battaglia navale avvenuta nei mari dell’occidente. Il primo insediamento del quale si ha certezza storica è quello dei Cartaginesi, che nel quarto secolo avanti Cristo fondano una città con un impianto ortogonale, con orientamento secondo i punti cardinali, ed edificano nella parte più alta dove ora si trova la chiesa di San Paolo un’Acropoli, ove edificano un tempio dedicato a Melqart, divinità venerata anche a Cartagine. La cingono di mura e torri, in piccola parte tuttora visibile in via Torino. Molto vitale è il suo porto, che riceve merci provenienti dall’Africa, dalla Grecia e dall’Italia tirrenica, e dal quale vengono inviati a Cartagine i prodotti del suo entroterra. I lavori di bonifica effettuati all’inizio del novecento hanno portato al rinvenimento, immediatamente al di fuori della cinta muraria cartaginese, dell’area delle necropoli, scavate in una dorsale granitica-e necropoli trovate sono quella di Funtana Noa, del quarto secolo avanti Cristo, e quella di Abba Noa, del III: i secolo avanti Cristo, a nord ovest della città; e quella di Joanne Canu, del III: iI secolo avanti Cristo, nell’area più a sud. Le sepolture sono in massima parte a fossa terragna o a pozzo, sono di meno quelle a cassone, ed a Joanne Canu si trovano le tracce di un ritorno all’incinerazione, con le ceneri deposte in urne di terracotta o di piombo, oppure collocate sul terreno protette da frammenti di anfora. A Funtana Noa è stata rinvenuta una collana di origine fenicia o punica, in pasta vitrea, del quarto secolo avanti Cristo, che è oggi conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Durante le guerre puniche, nel 259 avanti Cristo, viene occupata dai Romani della cui dominazione conserva resti significativi. La città diviene un importante centro commerciale e rimane a lungo, sino alla fondazione di Turris Libisonis, oggi Porto Torres, il principale centro del nord della Sardegna. Dal suo porto partono navi cariche di materie prime verso la capitale, e diviene anche un’importante base navale militare, collegata con il resto dell’isola da tre importanti arterie stradali, utilizzate dalle legioni, ma anche per il trasporto di mercanzia. Nei primi anni della conquista romana, la città viene minacciata dalle incursioni dei cosiddetti Corsi della Gallura e dai Balari del Montacuto. Nel 304, sotto l’impero di Diocleziano, vi viene martirizzato San Simplicio. Durante l’occupazione romana assume il nome di Olbia, che conserva fino a quando viene distrutta dai Vandali verso il 455. Gli scampati all’occupazione vandalica si stabiliscono nelle campagne un po più a nord, nei pressi del fiume Pasana, un fiume che scorre nella valle di Terranova, dal quale si ritiene abbia preso il nome quella località, detta appunto Fausiana o Fausania o anche Phausania. Dall’ottavo al dodicesimo secolo i Saraceni tentano la conquista della Sardegna, ma, scacciati i Saraceni, in questo periodo l’isola si separa dall’impero bizantino e si divide nei quattro Giudicati. La città si riprende in epoca giudicale, e quando diviene la capitale del Giudicato di Gallura le viene dato il nome di Civita, menzionato per la prima volta nel 1113. Tra la fine del undicesimo e gli inizi del dodicesimo secolo, sotto il giudice Costantino, viene edificata la chiesa romanica di San Simplicio. Successivamente perde, però, di importanza per le incursioni dei pirati saraceni, la diffusione della malaria e la progressiva ostruzione dell’imboccatura della Baia per i detriti del fiume. Proprio per questo, e per i ridotti scambi con il continente, la città cessa di essere capitale del Giudicato e sede della diocesi. Nel 1296, alla morte del suo ultimo giudice, Nino Visconti, quel Giudice Nin gentil che Dante cita nella Divina Commedia, la città cade in mano ai Pisani, e viene ribattezzata con il nome pisano di Terranova. Nel quattordicesimo secolo si organizza in libero comune e, nel 1326, divenne possedimento aragonese, e sotto la loro dominazione vi viene introdotto il regime feudale. Un secolo più tardi diviene feudo di Francesco Carroz. Dal tredicesimo al sedicesimo secolo inizia la lenta decadenza della città, per la mutazione dei traffici marittimi che, spostandosi verso la Spagna, favoriscono le città della costa occidentale sarda. La successiva occupazione spagnola ne assegna il possesso a diverse famiglie feudali, tra le quali quella dei Borgia. Nel 1553 il corsaro turco Dorghut Rais, detto Dragut, sbarca a Terranova e devasta la città. Il declino di Terranova comporta, nel 1568, lo spostamento della sede vescovile a Castellaragonese, oggi Castelsardo. Il decadimento della città prosegue con la conquista piemontese e l’annessione al Regno di Sardegna e Corsica, tanto che nel 1826 Antoine: claude Pasquin Valery, nel suo Voyage en Sardaigne, scrive: Il villaggio marittimo di Terranova, insalubre, spopolato, non ha duemila abitanti, occupa il sito dell’antica e celebre Olbia…. Il processo demografico sì inverte nella seconda metà dell’ottocento, quando, dopo la nascita del regno d’Italia, nel 1839 si ha l’abolizione del feudalesimo, e nel 1862 la città viene rinominata Terranova Pausania. Sono determinanti la riqualificazione del porto che diviene uno dei principali della Sardegna, e nel 1881 l’arrivo della ferrovia Cagliari: chilivani-Terranova. Ma nel 1880 il servizio navale passeggeri per Civitavecchia viene spostato da Terranova alla vicina Figari, oggi Golfo Aranci, prolungandovi la ferrovia, e lasciando alla prima il solo traffico merci e militare. Solo nel 1920 viene riattivato il servizio a Terranova, e nel 1930 viene inaugurata la stazione Marittima. Poi nel 1939, per la rivalutazione delle tradizioni romane durante il fascismo, le viene reimposto il nome di Olbia, le viene aggregata la frazione San Pantaleo, staccata dal comune di Nuchis, che viene disciolto ed il cui territorio viene assegnato in parte al comune di Olbia ed in parte a quello di Tempio Pausania, e vengono realizzati regolari collegamenti aerei con la penisola a mezzo di idrovolanti. In periodo repubblicano, bonificato il territorio e debellata la malaria, Olbia inizia a riprendersi dagli anni settanta, soprattutto per lo sviluppo turistico della zona e per la presenza del porto e dell’aeroporto, che servono tutte le importanti località turistiche della zona. La città conosce negli ultimi decenni un rilevante aumento demografico ed uno sviluppo assai rapido della sua economia, con il numero degli abitanti passato dai 18mila del 1964 agli oltre 56mila odierni. A seguito dell’incremento demografico, la città si espande in ogni direzione, ed i problemi della viabilità vengono affrontati creando una circonvallazione, un tunnel sotto il porto vecchio, strade sopraelevate e numerose rotatorie, sia all’interno che fuori del centro urbano. Del comune di Olbia nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la provincia, da quella di Sassari nella nuova Provincia di Olbia e Tempio Pausania, della quale costituiva uno dei capoluoghi, per poi tornare nel 2016, dopo l’abolizione di questa nuova provincia, nella Provincia di Sassari. Nel 1953 Olbia viene elevata al rango di cittàDopo la costituzione della repubblica Italiana, Olbia nel 1953 viene elevata da Luigi Einaudi al rango di città con Decreto del Presidente della repubblica dell’11 aprile 1953. Personaggi che sono nati ad OlbiaAd Olbia è nato il regista cinematografico Piero livi, a lungo ignorato ma la cui figura negli ultimi anni è rivalutata e collocata nel giusto rilievo. Le principali feste e sagre che si svolgono a OlbiaA Olbia sono attivi il Gruppo Folk Olbiese, e l’Associazione Culturale Gruppo Folk San Pantaleo che ha sede nell’omonima frazione Olbia, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località. Tra le principali principali feste e sagre che si svolgono a Olbia vanno citate il 25 gennaio o la domenica più vicina la Festa che ricorda la Conversione di San Paolo; durante il mese di aprile la Fiera della Gallura, che offre una panoramica sull’artigianato locale, le cui lavorazioni tradizionali sono quelle del sughero e del legno; l’ultima domenica di aprile la Festa di Santa Maria di Terranova presso l’omonima chiesa; il primo maggio vi si celebra la Festa di Sant’Angelo nella chiesa omonima; il giorno del Corpus Domini, sessanta giorni dopo Pasqua, la Festa dello Spirito Santo nella chiesa omonima; il 24 aprile si svolge la Festa di Santa Mariedda nella a frazione Sa Istrana; il primo di maggio, presso la piccola chiesa omonima si tiene la Festa di Nostra Signora di Cabu Abbas; la prima domenica di maggio la Festa di San Salvatore, nella frazione San Pantaleo; la seconda domenica maggio la Festa di Sant’Antonio, a Cugnana nella frazione San Pantaleo; la domenica che precede il 15 maggio si svolge la Festa di San Vittore; la Festa patronale di San Simplicio, che inizia nove giorni prima e culmina il 15 maggio; a metà maggio il Rally d’Italia-Sardegna, prova del campionato del mondo Rally WRC, che si disputa sugli sterrati galluresi e del Monte Acuto; la terza domenica maggio la Festa di San Tommaso, nella frazione Berchideddu; otto giorni dopo la Festa di San Simplicio, la terza o quarta domenica di maggio, si tiene la Festa della Madonna di Cabu Abbas; l’ultima domenica di maggio si svolge la Festa di Santa Elisabetta, in località Putzolu; l’ultima domenica maggio la Festa di Sant’Elisabetta, nella frazione San Pantaleo; il 24 giugno la Festa della Madonna del Mare e di San Giovanni Battista; il 15 agosto la Festa della Vergine Assunta; la prima domenica di settembre viene celebrata la Festa di Santa Lucia; prima della metà di settembre si svolge la Festa della Sacra Famiglia, nella omonima chiesa parrocchiale; la terza domenica settembre la Festa di San Pantaleo; l’8 settembre la Festa di Maria Immacolata, nella frazione Berchideddu; durante il mese di ottobre Olbia il Palio città di Olbia, una corsa di cavalli e un cerimoniale che rispecchiano quello del Palio di Siena, nel quale ogni quartiere esprime un fantino. La Festa della Madonna del Mare e di San Giovanni BattistaA Olbia il 24 giugno, in occasione della ricorrenza della nascita di San Giovanni, si svolge la Festa della Madonna del Mare e di San Giovanni Battista. I festeggiamenti risalgono a tempi molto antichi, poi, dopo molti anni di interruzione, dal 1986 sono stati riproposti, e prevedono una processione a mare con le statue dei Santi adagiate a bordo di un battello addobbato a festa, seguito da centinaia di imbarcazioni, ed al ritorno una gigantesca frittura di pesce sulla spiaggia con la degustazione dei frutti di mare. Seguono spettacoli folkloristici ed i fuochi d’artificio sul lungomare. Visita del centro della città di OlbiaL’abitato, interessato da forte espansione edilizia, si estende fino a una vasta pianura circondata da alti colli granitici. Iniziamo la visita della città di Olbia recandoci a vedere che cosa si trova nel suo centro storico. La stazione Marittima dell’isola Bianca con resti della Stazione ferroviaria dismessa di Olbia Marittima isola BiancaAl centro del golfo di Olbia si trova il suo grande porto, chiamato Stazione Marittima dell’isola Bianca che assicura i collegamenti quotidiani con la Penisola ed è il primo porto italiano per traffico passeggeri. Grazie alla sua posizione geografica costituisce il principale punto di collegamento con il continente italiano, dal quale dista meno di 300 chilometri. Tale distanza viene coperta oggi dai traghetti veloci in circa cinque ore e mezza. All’interno del porto vi sono diverse soluzioni di attracco anche per le imbarcazioni private, con acqua e carburante in banchina. Arrivando dal mare alla banchina della stazione Marittima, troviamo sulla destra il vecchio porto romano, di fronte al quale si trova l’isola Gabbia, ed alla cui destra si trova la zona industriale di Olbia; e sulla sinistra, passato il Circolo Nautico di Olbia, troviamo l’isola di Mezzo, l’isola Manna e l’isola leporeddu. Presso la stazione marittima, fino al 2000 era attiva quella che oggi è la Ex Stazione ferroviaria di Olbia Marittima isola Bianca una stazione dismessa posta sulla Dorsale Sarda in direzione di Golfo Aranci, dopo la stazione di Olbia, e prima della stazione di Rudalza. Lo scalo viene inaugurato nel 1881 come capolinea di Terranova isola Bianca, di fronte al porto, ma dato che, nel frattempo, si era deciso di spostare l’attracco dei piroscafi passeggeri nella vicina Golfo Aranci, la linea viene prolungata, costruendo un tronco che dalla stazione di Terranova Pausania raggiunge Golfo Aranci Marittima. Qualche decennio dopo il porto di Olbia torna ad essere lo scalo di riferimento, e nel 1920 viene inaugurato un raccordo ferroviario dalla stazione verso il nuovo molo dell’isola Bianca, il che avviene poche settimane dopo il passaggio dello scalo di Terranova alla gestione delle Ferrovie dello Stato, nel 1920. Ma dal 2000 lo scalo viene dismesso. La via Principe Umberto con la villa TamponiDal porto usciamo su via Principe Umberto. Prima di arrivare sul corso Umberto I, sulla destra di via Principe Umberto si trova l’ingresso del parco della Villa Tamponi fatta edificare in stile neoclassico nel 1870 da Giovanni Battista Tamponi, agente di navigazione e proprietario terriero, da maestranze fatte arrivare dalla Toscana. realizzata su due piani, per le dimensioni e per l’eleganza rappresentava l’unica dimora di prestigio nella città. Gran parte del terreno circostante, che occupa un’area di circa sei ettari ed arrivava quasi fino al porto romano, è stato trasformato in parco, con alberi di pregio e giardini bellissimi, e con un sottosuolo ricco di reperti archeologici ancora tutto da scoprire. Neglu ultimi anni la prestigiosa residenza, che aveva ospitato i rappresentanti delle case reali europee, pezzo importante della storia della città, era finita all’asta dopo una lunghissima querelle giudiziaria tra i componenti della famiglia, e si spera che venga protetta, almeno per il momento, l’integrità della villa e del suo parco, un grande polmone verde nel cuore della città. Il Museo Archeologico Nazionale di Olbia chiamato anche Museo del MareDa via Principe Umberto, passati cento metri dalla villa Tamponi, imbocchiamo, tutta a sinistra, la strada che, in meno di duecento metri, ci porta nell’isolotto di Peddone, di fronte all’isola di Mezzo, dove possiamo ammirare il palazzotto umbertino del diciannovesimo secolo, che ospita il Museo Archeologico Nazionale di Olbia, chiamato anche Museo del Mare. Il percorso espositivo parte dalla incursione dei Vandali, che intorno al 450 ha portato all’affondamento delle navi nel porto. Grazie anche a numerose apparecchiature multimediali, il visitatore può vedere come è avvenuto l’attacco e come poi sono stati ritrovati i relitti. Nel Museo è esposta anche una testa di Ercole ripescata nel golfo di Olbia quattordici anni fa, quasi certamente la copia di un perduto originale in bronzo che doveva trovarsi nel Santuario cittadino dedicato al dio e realizzata a Olbia nel secondo secolo avanti Cristo, e proprio il fatto che il culto dominante fosse quello di Ercole significa che Greci, Fenici e Cartaginesi attribuivano ad Olbia il ruolo di avamposto verso mondi sconosciuti. Il corso Umberto I con il palazzo Municipale e la Biblioteca Comunale SimpLicianaDa via Principe Umberto, passati cento metri dalla villa Tamponi, imbocchiamo, sulla destra, la via principale della città, che è il Corso Umberto I piena di negozi e di attività commerciali, sempre molto animata e piena di vita. Proprio all’inizio del corso, ad angolo con la via Dante Alighieri, al civico numero 1 di questa strada, incontriamo l’edificio liberty del Palazzo Municipale riutilizzo di una villa progettata da Bruno Cipelli per la famiglia Colonna, originaria dell’isola di Ponza, che gli ha commissionato anche la villa Clorinda che descriveremo più avanti. La villa, realizzata intorno al 1932, ha una pianta rettangolare che sul frontale presenta l’ingresso, sovrastato da un balcone cinto da balaustra, sul quale si apre una porta-Finestra con due archi. Lungo tutti gli altri prospetti si affacciano finestre con archi a tutto sesto o ribassati, completate parzialmente con balconi. Allo stesso lato della strada, al numero 23 di corso Umberto I, si trova l’edificio che ospita gli uffici del Nuovo palazzo Municipale di Olbia. Invece, all’altro lato della strada, al numero 54 di corso Umberto I si trova, in un bel palazzo restaurato, la sede della Biblioteca Comunale SimpLiciana che dispone di un patrimonio librario stimato in oltre 24.800 volumi. La chiesa parrocchiale di San Paolo ApostoloA metà del corso Umberto I, girando sulla destra in via Cagliari, arriviamo in piazza Civitas, dove troviamo la chiesa di San Paolo Apostolo che è la principale chiesa parrocchiale di Olbia. Si tratta di un tipico esempio di architettura gallurese, probabilmente risalente all’epoca bassomedievale, rimaneggiata nel diciottesimo secolo dato che un’epigrafe all’interno riporta l’indicazione dell’anno 1747. Edificata nella parte più alta del centro storico, sorge sui resti di quella che si ritiene fosse l’antica Cappella Palatina del palazzo dei giudici di Gallura, edificata dove precedentemente sorgeva il tempio dedicato alla divinità fenicia e punica Melqart, corrispondente all’Eracle greco. È l’area dalla quale provengono anche i reperti che hanno portato a ritenere vi sia stata una frequentazione greca della zona, precedente alla fondazione cartaginese della città. Nel 1939 l’edificio, che era da rettangolare con tre cappelle per lato, viene ampliato per ricavarne una chiesa con pianta a croce latina, con transetto e cupola, e per fare ciò, si è abbattuto l’antico oratorio della Confraternita della Santa Croce, che era addossato al lato destro della parrocchiale, ricostruito agli inizi degli anni ’90 del novecento. La chiesa di San Paolo Apostolo conserva al suo interno alcuni pregevoli oggetti d’arte, tra i quali il coro ed pulpito in legno del settecento. In sacrestia sono conservati diversi argenti sacri, tra i quali i sandali e l’aureola d’argento dell’Assunta, realizzati nel seicento da un ignoto artigiano sardo, ed un elegante ostensorio settecentesco di provenienza palermitana. Essendo stata questa l’unica parrocchia della città fino al 1954, vi sono conservati tutti gli antichi registri a partire dal 1663, i primi in lingua sarda, poi in spagnolo, in latino ed, infine, gli ultimi in italiano. All’esterno la chiesa si presenta con un’imponente facciata in blocchi di granito, ed è sormontata da una bellissima cupola rivestita in maioliche policrome risalente al dopoguerra. Di fianco si staglia il campanile a pianta quadra. Presso questa chiesa ogni anno si celebra, il 25 gennaio o la domenica più vicina, la Festa che ricorda la Conversione di San Paolo, con la caratteristica processione del Santo, che viene trasportato a spalla dai fedeli ed accompagnato dalla banda musicale del paese. L’oratorio della Santa CroceNel 1939, per trasformare la chiesa di San Paolo Apostolo l’edificio da rettangolare in una chiesa con pianta a croce latina, si è abbattuto l’antico oratorio della Confraternita della Santa Croce che era addossato al lato destro della parrocchiale, ed al suo posto è sorto un edificio polifunzionale, finche, agli inizi degli anni ’90 del novecento, si è deciso di ristabilire l’antica chiesa della Confraternita, riadattando quell’edificio e munendolo di un campanile a vela. Oggi la chiesa ed oratorio, che si affaccia sulla piazza Santa Croce, presenta una facciata con tetto a capanna, con sulla sommità un campanile a vela, e, in basso, un portale architravato sormontato da una lunetta di scarico ribassata. L’interno, a navata unica, ha la copertura a capriate in legno, decorato con alcuni dipinti della pittrice liliana Cano, nata nel 1924 da genitori sardi a Gorizia, e sempre molto innamorata dell’Isola. La piazza regina MargheritaDopo la deviazione per visitare la parrocchiale, proseguendo per corso Umberto I troviamo sulla destra l’inizio della via Porto Romano, che prenderemo più avanti per visitare i resti dell’abitato punico-Romano di via Nanni e per visitare i resti del porto romano. Sulla sinistra, invece, troviamo la bella Piazza regina Margherita nella quale fino a pochi anni fa si potevano vedere, attraverso due grandi coperture a vetro presenti nella pavimentazione, i resti delle antiche cisterne puniche: il peccato non avere più oggi questa possibilità! la piazza veniva chiamata Su Balchile, ossia la Vasca, nome che forse le era stato dato per la presenza delle cisterne, ma i vecchi continuavano a chiamarla Su Impiccadolzu, dal tempo in cui serviva alle esecuzioni capitali, con la forca e il boia giustiziere. Agli inizi del novecento, intorno alla piazza in terra battuta, si affacciava una rivendita di tabacchi, una locanda, un caffe e uno Zilleri, dove, oltre a bere vino, si giocava a carte e si facevano spuntini a base di polpi, cannolicchi, granchi bolliti. Al centro della piazza c'’era un mercatino dove si vendevano carne, legumi, pesce, olio di lentischio, frutta e verdure. E, per la Festa di San Giovanni, il 24 giugno, arrivavano i campagnoli, perché a Su Balchile si teneva la fiera della cera e del miele, e portavano anche lana e formaggio. Nel 1935 la piazza viene piastrellata, ed oggi, insieme al corso Umberto I, anche piazza regina Margherita, con i suoi caffè ed i suoi negozi, costituisce il centro della passeggiata serale ed il principale luogo di incontro, sia per gli olbiesi che per i turisti. In via Giuseppe Mazzini si trova l’Hotel PanoramaDal termine a sud della piazza regina Margherita, prendiamo verso sinistra la parallela al corso Umberto I, che è la via Giuseppe Garibaldi, e che riconduce verso il mare. Percora per una settantina di metri, prendiamo a sinistra la via Giuseppe Mazzini, che riporta sul corso, e lungo la quale, alla destra, al civico numero 7, si trova l’Hotel Panorama.
In via Camillo Benso di Cavour si trova l’Hotel CavourDa piazza regina Margherita possiamo prendere verso sud la via Regina Elena, e, percorsi appena una ventina di metri, prendiamo verso sinistra la parallela al corso Umberto I, che è la via Camillo Benso di Cavour, e che riconduce anch’essa verso il mare. Percorsa per una sessantina di metri, vedimo alla destra della strada, al civico numero 22, l’Hotel Cavour.
Nella piazza Giacomo Matteotti si trova l’Officina del GustoLa via Regina Elena, dopo appena una ventina di metri, sbocca sulla piazza Giacomo Matteotti. La piazza, in età romana, era occupata da un edificio notevole, in blocchi di granito ottimamente rifiniti e colonne, probabilmente di uso pubblico civile o religioso. Oggi, al centro della piazza, si trova la fontana Trivenere, una scultura-Fontana, opera dello scultore olbiese Varalto, al secolo Salvatore Varrucciu, realizzata nel 1990 nell’ambito di un progetto che comprendeva anche la pavimentazione e l’abbellimento della piazza, situata nel cuore della città. Al civico numero 1 della piazza Giacomo Matteotti si trova un importante ristorante, chiamato l’Officina del Gusto.
Ci rechiamo a visitare la villa ClorindaDa piazza regina Margherita prendiamo sulla sinistra via Regina Elena, passiamo la piazza Giacomo Matteotti, e prendiamo la prima traversa sulla sinistra, la via De Fiilippi che porta fino al lungomare, nella quale si trova la Villa Clorinda che oggi non è visitabile in quanto ospita un collegio di religiose, il collegio di San Vincenzo. Il palazzetto, al quale si accede dal civico numero 38 della via De Filippi, è uno dei più pregevoli edifici della città, raro esempio di stile liberty. La costruzione, progettata intorno al 1920 da Bruno Cipelli per la famiglia Colonna, era composto di due piani, ai quali ne è stato aggiunto in seguito un terzo. L’ingresso principale è caratterizzato da un pronao, con quattro colonne, preceduto da una piccola gradinata, ai cui lati vi sono le sculture di due leoni. L’esterno presenta numerosi ornamenti, cornici e lesene in stucco bianco, che raffigurano elementi floreali e volti di uomini e donne. Sulla costruzione si innalza una piccola torre merlata. L’intero edificio è caratterizzato dall’unione di motivi gotici con altri che richiamano lo stile liberty. La piazza coperta del MercatoDalla piazza Giacomo Matteotti, prendiamo verso la destra la via Acquedotto, che si muove in direzione sud ovest. Tra la via Acquedotto e la parallela via Pisa, al posto dell’ex Mercato Civico demolito, si trova la Piazza coperta del Mercato una grande piazza di 2.500 metri quadri, che è stata coperta da una struttura in acciaio e vetro. L’area dell’ex mercato Civico è stata frequentata fino dal periodo fenicio punico, ed ospitava abitazioni e forse anche un luogo di culto, che non sono, però, oggi più visibili. I resti delle antiche mura puniche e della città punica e romana che si trovano all’interno della cittàTra via Acquedotto e la quasi parallela via Torino sono visibili tratti della cinta muraria difensiva, e si possono ancora visitare le antiche Mura puniche di via Torino. L’entrata del sito è proprio in via Acquedotto, percorrendo la traversa di via Acquedotto posta subito alla sinistra del Bingo Olbia. I resti visibili delle mura sono da attribuire alla prima metà del quarto secolo avanti Cristo e constano di un tratto rettilineo in grossi blocchi squadrati, a volte bugnati, e di una Torre di difesa a pianta rettangolare, realizzata cingendo con blocchi un piccolo dosso di roccia naturale, all’interno della quale si trova una vasca di raccolta dell’acqua, ora reinterrata per la sua conservazione. Avevamo effettuato un piacevole alloggio con un’ottima cucinaRitornati sul corso e scendendo lungo di esso, un tempo si trovava sulla sinistra, al civico numero 145, l’Hotel Gallura, che era indicato dal gastonomo Luigi Veronelli come Il migliore dei ristoranti al mondo, e che ha chiuso a fine 2013 per l’enorme aumento del costo riChiesto per l’affitto dello storico locale. Era un locale indubbiamente da provare, ma, dopo la chiusura del locale, Rita è morta il 5 luglio 2014, a 77 anni, all’Ospedale di Olbia dopo una lunga malattia. Il suo braccio destro Giorgio Corongiu ne ha ripreso l’attività, nel ristorante Dulchémente che si trova al civico numero 10 della via Romeo Papandrea, e che descriveremo più avanti. La Stazione ferroviaria di OlbiaQuasi di fronte a dove si trovava il Gallura, una deviazione sulla destra, nella stretta via Giacomo Pala, al civico numero 10, ci porta alla Stazione ferroviaria di Olbia una stazione di categoria Silver posta sulla linea ferroviaria a scartamento ordinario denominata Dorsale Sarda in direzione di Golfo Aranci, dopo la stazione di su Canale, in territorio di Monti, e la stazione dismessa di Enas, in territorio di Loiri Porto San Paolo; e prima della stazione dismessa di Olbia Marittima isola Bianca, e la successiva stazione di Rudalza. La linea da Cagliari a Terranova Pausania, che era il nome all’epoca di Olbia, viene inaugurata nel 1881, e con essa lo scalo di Terranova Pausania, il penultimo della ferrovia, che lo quello stesso anno giunge al capolinea di Terranova isola Bianca, di fronte al porto. Ma dato che, nel frattempo, si era deciso di spostare l’attracco dei piroscafi passeggeri nella vicina Golfo Aranci, la linea viene prolungata, costruendo un tronco che dalla stazione di Terranova Pausania raggiunge Golfo Aranci Marittima. Lo scalo, passato alla gestione delle Ferrovie dello Stato nel 1920, dal 2001 prosegue la sua gestione tramite la controllata RFI. La stazione è dotata di tre binari utilizzati per il servizio viaggiatori, oltre a un quarto binario di servizio, di fronte al fabbricato viaggiatori, ed è sempre presenziata. Olbia è, oggi, collegata dalla ferrovia che collega Cagliari con Olbia e Golfo Aranci Marittima; è inoltre possibile raggiungere Sassari e Porto Torres attraverso la diramazione che parte dalla stazione di Ozieri Chilivani. La basilica di San Simplicio di CivitaAl termine del corso Umberto I, superato il passaggio a livello, svoltiamo a destra e percorriamo un tratto di via Sassari, che ci porta in via San Simplicio, dove troviamo la basilica di San Simplicio di Civita, la più importante chiesa della città e senz'altro l’edificio religioso di maggiore bellezza di tutta la Gallura, nel 1993 insignita del titolo di basilica Minore, denominazione onorifica che il papa concede a edifici religiosi particolarmente importanti attribuendovi il rango di basilica. È un’importante chiesa, costruita al di fuori delle mura urbane,su un’area cimiteriale cristiana, da maestranze toscane e lombarde, in stile romanico, con conci di granito. Il ruolo principale della basilica riguarda il culto degli antichi Martiri Simplicio, Fiorenzo, Rosola e Diocleziano, probabilmente tra i primi cristiani uccisi in Sardegna dall’Imperatore Diocleziano. È stata, per molto tempo, la cattedrale del Giudicato di Gallura. alla fine dell’undicesimo secolo risalgono i muri perimetrali, le colonne, i pilastri delle navate e l’abside, mentre sono stati realizzati all’inizio del dodicesimo secolo la copertura a botte delle navate laterali e la sopraelevazione dei muri. Ha una facciata tripartita da due lesene e sormontata da una trifora a colonnine, che unisce elementi toscani e lombardi. La chiesa misura tredici per trentatre metri, è alta dodici metri, ed ha pianta a tre navate, divise da arcate su sette pilastri e cinque colonne in granito locale, secondo un sistema alternato di sostegni. I capitelli sono anch’essi in granito, e quelli dei pilastri sono schiacciati, con forma a tronco di piramide, mentre tra quelli di colonna, uno è ad angoli smussati, mentre gli altri presentano una forma a tronco di cono rovesciato. Due di questi rappresentano l’unico esempio di capitelli decorati nello stile romanico sardo. Lungo le pareti delle navate laterali sono conservati alcuni cippi miliari romani, che si trovavano sulla strada che collegava l’abitato di Civita, ossia Olbia, a Tertium, ossia Telti. Vi è conservata anche un’urna cineraria in marmo, che viene utilizzata come acquasantiera. Sotto l’altare è conservato il busto reliquiario in legno policromo che raffigura il Santo, ai piedi del quale, in una teca, sono conservate le sue presunte reliquie, rinvenute nel 1614. Nel presbiterio sono presenti resti di affreschi, uno dei quali si ritiene rappresenti proprio San Simplicio. Caratteristica di questa chiesa è la facciata che guarda ad oriente, con l’abside rivolto ad occidente, secondo un’antica regola liturgica bizantina anteriore all’anno 1000, che si ritrova in alcune fra le Chiese romaniche più antiche della Sardegna, contraria alla prassi liturgica che vuole invece il sacerdote celebrare rivolto verso oriente. L’edificio di culto era, originariamente, circondato da un’ampia necropoli utilizzata fin dal periodo punico e successivamente in periodo romano. In tale necropoli, durante gli scavi effettuati nel 1904, fu scoperto un tesoro contenente 871 monete d’oro di diverso taglio, portanti il marchio di 117 diverse famiglie romane. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la presenza delle reliquie e del sangue del Martire, custoditi sotto l’altare, che sono a tutt’oggi meta dei fedeli che fin dall’antichità hanno testimoniato la fede in Dio e nel suo discepolo Simplicio. Presso la basilica si svolge la Festa di San Simplicio, che inizia nove giorni prima con la novena e culmina il 15 maggio, data della ricorrenza della morte del Santo. I festeggiamenti iniziano con una sfilata, che si tiene l’11 maggio con bandiere e stendardi, proseguono i giorni successivi e si concludono il 15 maggio, con la celebrazione della messa ed il pomeriggio la processione, con la banda musicale e gruppi folk provenienti da tutta l’isola. Si svolgono anche gare di poesia, manifestazioni canore e sportive, balli, fuochi d’artificio e giostre. In questa occasione si svolge anche la famosa Sagra delle cozze, nella quale vengono offerti i mitili che si gustano cucinati in diverso modo, ossia alla marinara e gratinati. Verso nord passata la casa canonica ci recheremo a visitare i resti dell’antico Cimitero di OlbiaGuardando la facciata della chiesa di San Simplicio, lungo il suo lato destro scorre la via Fausto Noce, all’altro lato della quale troviamo la Casa canonica della basilica di San Simplicio. Presa la via Fausto Noce verso destra, la prosecuzione di via Fausto Noce è via Fera, tra la quale e via del Centenario si trovano i resti dell’Antico Cimitero di Olbia. L’area di sepoltura non risulta un comune Camposanto, dato che ha canoni costruttivi simili a quelli di una chiesa. Nascosta tra le abitazioni e tra i rovi, la struttura, che non presenta più il tetto, è costituita da tre navate, delle quali sono conservati ancora gli archi e l’altare. Essendo l’ingresso principale murato, l’accesso è possibile solamente passando attraverso un valico nelle mura. I resti della città punica e romana che si trovano all’interno della cittàLa città punica occupava l’area che ora è compresa tra la piazza Civitas, dove era situata l’Acropoli, la piazza Giacomo Matteotti e via Giorgio Asproni. Non è provata, ma è possibile, la presenza sull’Acropoli di un Santuario dedicato a Melqart, divinità maschile fenicia nume tutelare della città di Tiro, corrispondente all’Eracle greco. Negli scavi archeologici dell’aprile del 2007 è emerso parte dell’abitato punico anche sotto via Regina Elena, una traversa della quale è via Torino, nella quale, come già detto, sono ancora visibili le antiche mura puniche. Si trattava di un centro urbano difeso da una cinta muraria trapezoidale con torri quadrate, delimitato a nord ovest ed a sud dalle necropoli, che si estendevano oltre il perimetro delle mura. Presso il porto era, probabilmente, presente un Santuario dedicato ad Ashtart o Astarte, la Grande Madre fenicia legata alla fertilità, alla fecondità ed alla guerra. La città romana occupava l’area del precedente abitato punico, del quale riutilizzava le strutture e le infrastrutture ancora efficienti, come l’impianto urbanistico, il Santuario del dio Melqart che viene dedicato ad Ercole, ed il porto situato presso quello attuale. Presso l’attuale chiesa di San Simplicio è stata scoperta una Favissa, ossia una cella sotterranea luogo di deposito di oggetti votivi, databile al III: iI secolo avanti Cristo, nella quale sono state rinvenute terrecotte da riferirsi al culto di Demetra, dea dell’agricoltura nell’antica Grecia. La prosecuzione di questo culto in epoca imperiale è confermata dalla scoperta dell’architrave di un tempietto, che era stato dedicato da Atte, liberta e concubina di Nerone, a Cerere, dea romana assimilata a Demetra. L’architrave, attualmente, si trova nel Camposanto monumentale di Pisa. In via delle Terme si trova il ristorante l’Essenza Bistrot consigliato dalla Guida MichelinDal corso Umberto I, di fronte alla piazza regina Margherita, prendiamo la via del Porto Romano, che ci condurrà ai resti del porto romano. La seguiamo per cento metri, poi prendiamo a destra la via delle Terme, che percorriamo per centosettanta metri, e troviamo alla sinistra della strada, al civico numero 10, il ristorante l’Essenza Bistrot, uno dei ristoranti sardi consigliati dalla Guida Michelin. In via Romeo Papandrea si trova il ristorante Dulchémente consigliato dalla Guida MichelinSubito più avanti si arriva a un trivio, dovea sinistra prosegue la via delle Terme, a destra parte la via dell’Acquedotto Romano, mentre proseguendo dritti si prende la via Romeo Papandrea. Lungo la via Romeo Papandrea, dopo meno di un centinaio di metri, alla sinistra della strada al civico numero 10, si trova il ristorante Dulchémente, uno dei ristoranti sardi consigliati dalla Guida Michelin. Proseguendo lungo la via delle Terme si trova l’Hotel la locanda del conte MameliDal trivio dove eravamo arrivati, prendiamo verso sinistra la prosecuzione della via delle Terme e, al civico numero 8 della via delle Terme, troviamo l’Hotel chiamato la Locanda del conte Mameli.
I resti del porto romano con i relitti del portoProseguendo verso ovest, la via delle Terme dopo centosettanta metri sbocca sulla via del Porto Romano, che nasce dal corso Umberto I, di fronte alla piazza regina Margherita, e si dirige verso nord. Seguendo la via del Porto Romano, dopo un centinaio di metri arriviamo al punto dove proviene da destra la via delle Terme, proseguiamo dritti e, percorsi altri centosessanta metri, superiamo il passaggio a livello e prendiamo a destra la grande via Gabriele D’Annunzio. Qui è stata trovata anche la maggior parte dei resti del Porto romano che era presente all’interno della città, ed i diversi reperti del periodo romano rinvenuti ad Olbia sono oggi conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e nel Museo Archeologico Nazionale di Olbia. Nel luglio 1999, durante i lavori per lo scavo del tunnel sul lungomare di Olbia, sono stati individuati quelli che vengono indicati come i relitti del Porto. Si tratta dei resti di ventiquattro navi in buono stato di conservazione. Due imbarcazioni risalgono presumibilmente all’epoca dell’Imperatore Nerone, sedici sono del quinto secolo nel periodo dell’invasione dei Vandali, e sei del periodo del Giudicato di Gallura. Sono stati rinvenuti anche tre alberi di nave di cui uno lungo ben otto metri, più grande quantità di materiale archeologico che documenta venticin que secoli di storia della città. I relitti sono stati interamente smontati, portati in superficie e quindi ricostruiti. È anche iniziato lo studio del materiale contenuto in oltre seicento casse, e già si inizia a ricostruire la vita del porto antico con interessanti novità anche dal punto di vista storico. I resti dell’abitato punico romano di via Alessandro Nanni dove probabilmente era presente anche un Foro romanoA partire dal periodo di Nerone è stata ampliata l’area abitata nella zona Su Cuguttu do Olbia, dove oggi si trova il parco della villa Tamponi, e si intensifica l’edilizia pubblica e privata. alla sinistra della villa Tamponi si trova la via Alessandro Nanni che, sulla sinistra, un poco prima dell’edificio che ospita la sede della provincia, accoglie i resti dell’abitato punico romano di via Alessandro Nanni. Si suppone che esistesse anche un Foro romano, nella zona dell’attuale edificio scolastico di via Alessandro Nanni, vicino al porto. Proseguendo la visita della città di Olbia al di fuori dal centro storicoVediamo che cosa si trova proseguendo la visita di Olbia nella parte che si posiziona al di fuori dal centro storico, portandoci prima verso nord e poi in direzione ovest e sud. Il parco urbano polifunzionale Fausto Noce ed il centro commerciale MartiniPresa la via Fausto Noce verso destra, la prosecuzione di via Fausto Noce è via Fera, dopo poco meno di duecento metri prendiamo a sinistra via limbara, e, dopo cinquanta metri, a destra via Savona, che ci porta al Parco urbano polifunzionale Fausto Noce uno tra i principali luoghi di ritrovo pubblico, che si sviluppa tra via Fausto Noce, via Galvani e via Gabriele D’Annunzio. Con i suoi 18 ettari di superficie, è il parco urbano più grande della Sardegna, classificatosi nel 2005 come secondo miglior progetto per il verde in Italia. All’interno del parco si trovano lo stadio Angelo Caocci, il palasport Amedeo Deiana, il circolo tennistico Fausto Noce, e l’Anfiteatro del parco, all’interno del quale si tengono manifestazioni e concerti organizzati dal comune. La via Gabriele D’Annunzio separa il parco Fausto Noce dal Centro commerciale Martini che comprende l’Hotel Martini, una banca, un bar tabacchi, un laboratorio di analisi, un’agenzia turistica ed altro. L’Ospedale San Giovanni di DioPassato il Parco urbano e proseguendo poi lungo via Gabriele D’Annunzio, raggiungiamo viale Aldo Moro, dove si trova l’Ospedale San Giovanni di Dio costruito negli anni ’50 del novecento con fondi regionali e dato in gestione ai Fatebenefratelli di Roma, dal 1956, data inaugurazione del presidio ospedaliero che ha preso il nome dal fondatore dell’ordine, sino al 1969, anno in cui all’ordine è subentrato l’ente regionale Luigi Crespellani. La gestione del presidio è poi passata nel 1981 alla Usl, che è stata convertita in Asl nel 1995. I pochi resti dell’acquedotto romanoNel corso del secondo secolo dopo Cristo la città viene dotata di un acquedotto che, partendo dalla montagna di Cabu Abbas, che vedremo più avanti, si immetteva, dopo sette chilometri, nella città da nord, lungo un percorso che toccava gli attuali Centro Martini e via Alessandro Nanni, per raggiungere l’impianto termale situato tra gli attuali via delle Terme, via Santa Croce e corso Umberto I. Pochi resti si trovano all’interno della città di Olbia. Per raggiungerli, alla destra del vecchio Ospedale San Giovanni di Dio, prendiamo la via Canova, e, in uno spiazzo erboso sulla destra, si trovano i pochi resti dell’Acquedotto romano che si presentano in stato di forte degrado, ricoperti da sterpaglie e ammassati come inutili rovine. resti più significativi dell’acquedotto si trovano lungo la SP82 e verranno descritti più avanti. La chiesa parrocchiale di Nostra Signora de la SaletteProseguiamo lungo la via Aldo Moro verso nord, la seguiamo per settecentocinquanta metri, poi svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Palladio, dopo duecento metri a destra la via Sangallo, e dopo una cinquantina di metri di nuovo a sinistra la via Giovanni Pisano. Qui, alla destra della strada, al civico numero 12, si trova la chiesa di Nostra Signora de la Salette che è una delle nuove Chiese parrocchiali di Olbia, inaugurata nel 1964 e dedicata all’apparizione, nel 1846, della Vergine, in una località della Francia sud orientale, a due ragazzi poveri e sprovveduti che stavano pascolando le mucche dei loro padroni. Il ristorante Il Mattacchione al quale il Gambero Rosso ha assegnato le Due ForchetteDalla chiesa parrocchiale di Nostra Signora de la Salette ritorniamo sulla via Aldo Moro e la seguiamo verso nord per circa un chilometro, poi svoltiamo a sinistra nella via Copenhagen lungo la quale, dopo quattrocentocinquanta metri, si vede alla destra della strada, al civico numero 82, il ristorante Il Mattacchione, al quale il Gambero Rosso ha assegnato le Due Forchette. La chiesa di Sant’Ignazio da Laconi che è la parrocchiale del quartiere Sa Minda NoaIl quartiere Sa Minda Noa si sviluppa a nord dell’abitato, ed è un popoloso rione situato nella parte alta di via Aldo Moro. La via Copenhagen termina subito dopo a una rotonda, dove la prima uscita è la via Sant’Ignazio da Laconi, lungo la quale dopo circa duecentocinquanta metri si vede, alla destra della strada, la nuova chiesa parrocchiale di Sant’Ignazio da Laconi, in via di costruzione. L’attività della chiesa parrocchiale, per ora, è ospitata in un prefabbricato subito più avanti della chiesa in costruzione. Si sarebbe voluto dedicare questa chiesa a Madre Teresa di Calcutta per simboleggiare l’importanza della solidarietà ad Olbia, ma essendo solo Beata, sarebbe stato complicato, e quindi si è creata la chiesa di Sant’Ignazio da Laconi che è la parrocchiale del quartiere, e sigill’inizio della presenza dei Frati Minori Cappuccini ad Olbia. Verso ovest si trova la chiesa di Sant’Antonio da Padova che ospita la parrocchia San Michele ArcangeloPartendo dal centro, prendiamo il corso Umberto I verso ovest e, dopo il passaggio a livello, in corso Umberto I diventa corso Vittorio Veneto. Percorsi cinquecento metri, il corso Vittorio Veneto arriva a una rotonda, dopo la quale prendiamo la seconda uscita, che ci fa proseguire dritti sul corso Vittorio Veneto. Lo seguiamo per altri settecentocinquanta metri, dopo di che prendiamo a destra la via Aspromonte. Percorsi duecento metri solla via Aspromonte, troviamo alla sinistra della strada la chiesa di Sant’Antonio da Padova, una chiesa presso la quale è provvisoriamente ospitata la parrocchia San Michele Arcangelo, in attesa dell’inaugurazione della nuova chiesa dedicata a questo Santo. La futura chiesa parrocchiale di San Michele ArcangeloProseguendo lungo il corso Vittorio Veneto per una cinquantina di metri dopo la via Aspromonte, prendiamo a sinistra la via Tre Venezie, che seguiamo per settecentocinquanta metri, e che poi Continua sulla Via Bazzoni Sircana, Che ci porta in località Tannaule. Dopo circa quattrocentocinquanta metri, alla destra della strada è in costruzione la chiesa di San Michele Arcangelo il complesso parrocchiale che prende il nome da una piccola chiesa che si trovava nella zona. La nuova chiesa potrà abbracciare la sua comunità composta da settemila anime, ed il concetto di Abbraccio è sottolineato dalla forma curvilinea della imponente facciata, alta quindici metri. Ma l’elemento più visibile sarà il suo campanile, alto ventidue metri, e dotato di campane di dimensioni differenti. La parrocchia comprenderà le zone di Isticcadeddu, Pasana, Putzolu, una parte di zona Baratta e Tannaule. L’Ospedale Giovanni Paolo IIPassati altri quasi trecentocinquanta metri sulla via Bazzoni Sircana, troviamo alla destra della strada l’ingresso dell’Ospedale Giovanni Paolo II il nuovo Ospedale civile di Olbia. Il progetto del nuovo Ospedale ha previsto due lotti di intervento, disposti in maniera tale da minimizzare l’effetto verticale del complesso, limitando al solo padiglione delle Degenze il massimo sviluppo verticale. Il primo lotto, inaugurato nel 2007, accoglie 148 posti letto; il secondo lotto, del 2010, ha previsto il raddoppio del primo letto, arrivando sino a 248 complessivi, e la realizzazione del padiglione di ingresso destinato agli spazi ambulatoriali, amministrativi e di accettazione. La chiesa parrocchiale di San NicolaPartendo dal centro e proseguendo lungo il corso Umberto I, dopo il passaggio a livello, prima che questo diventi corso Vittorio Veneto, prendiamo a destra la via San Simplicio, e, dopo cento metri, a sinistra la via Brigata Sassari. Questa continua sulla via Barcellona e, dopo un chilometro e mezzo, prendiamo a destra la via Niccolò Machiavelli, dove verrà costruita la chiesa di San Nicola La chiesa parrocchiale che servirà i rioni San Nicola e Santa Mariedda. Verso sud si trova il futuro parco ArtiglieriaPartendo dal centro e proseguendo lungo il corso Umberto I, dopo il passaggio a livello questo diventa corso Vittorio Veneto. Percorsi cinquecento metri, arriviamo a una rotonda, dalla quale sulla sinistra parte via Imperia. Percorsi quattrocento metri, passata la ferrovia, sulla destra di via Imperia, è iniziato il recupero dell’area dell’ex artiglieria, quasi dieci ettari di verde nel cuore di Olbia che era occupati da un gruppo di romeni. Nell’area dell’ex artiglieria è iniziata la realizzazione del Parco Artiglieria situato nell’area dell’ex compendio militare dell’artiglieria, che ospita al suo interno anche l’ex aeroscalo dirigibili della regia Marina per la Prima Guerra Mondiale. Sarà un ecoparco autonomo dal punto di vista energetico, con piste ciclabili e zone predisposte all’organizzazione di eventi. La chiesa parrocchiale della Sacra FamigliaPercorsi poco più di quattrocento metri lungo la via Imperia in direzione sud, la strada passa sul viadotto sopra il torrente la Fossa, dopo di che, alla rotonda, prendiamo a destra la via Roma, che arriva dal centro. La seguiamo per altri quattrocento metri, e vediamo alla sinistra della strada la chiesa della Sacra Famiglia che è un’altra delle nuove Chiese parrocchiali di Olbia, realizzata dall’architetto Vico Mossa. Presso questa chiesa, prima della metà di settembre si svolge la Festa della Sacra Famiglia, una Festa popolare dell’omonimo quartiere olbiese, della durata di tre giorni, con cerimonie religiose e poi spettacoli, musica, balli, gare sportive, bancarelle. Il Cimitero di via Roma a OlbiaSeguendo la via Roma in direzione sud, dopo quattrocentocinquanta metri, prima di raggiungere il palazzo della Prefettura, si arriva al civico numero 156, dove, alla destra della strada, si trova l’ingresso del grande Cimitero di via Roma a Olbia. Il Cimitero è stato attivo fino all’apertura, nel 2007, del Cimitero nuovo, che è situato in località su lizzu, lungo la strada per Loiri. Nel quartiere di Poltu Quadu si trova a chiesa di Santa Teresa nominata parrocchiale dedicata a San Ponziano papaCi rechiamo, ora, a visitare il quartiere di Poltu Quadu nato nei primi anni settanta con la costruzione di edifici popolari e successivamente con la realizzazione di appartamenti in cooperativa. Con lo svilupparsi della zona aeroportuale e commerciale, grazie alla posizione panoramica sul mare e ben collegata con alcuni importanti assi Viarii regionali, si è sviluppato ulteriormente con l’edificazione di aree destinate ad uso residenziale e commerciale, e con la realizzazione di un porticciolo per imbarcazioni da diporto. Passata la rotonda dopo il Cimitero, usciamo da Olbia verso sud ed imbocchiamo la SS125 Orientale Sarda. Percorso circa un chilometro e mezzo, arriviamo a un’altra rotonda, alla quale prendiamo a sinistra la via Mestre, dalla quale, dopo trecento metri, prendiamo leggermente verso destra la via Monza. una settantina di metri più avanti, prima della fine della strada, alla sua destra, di trova la chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù nata come succursale della parrocchia della Sacra Famiglia, a servizio del quartiere di Poltu Quadu, situato a sud dell’agglomerato urbano, nelle vicinanze dell’aeroporto. Nel 2010 la chiesa è stata nominata chiesa parrocchiale di Poltu Quadu e Murta Maria, ed è diventata la parrocchia dedicata a San Ponziano papa. La zona residenziale Olbia Mare con la Marina di OlbiaTornati sulla SS125 Orientale Sarda, proseguiamo verso sud e, dopo quasi duecento metri arriviamo a un’altra più grande rotonda chiamata rotonda Aeroporto, alla quale parte da destra la via degli Astronauti, che prenderemo più avanti per recarci a visitare l’Aeroporto di Olbia. Superiamo questa rotonda e proseguiamo dritti, dopo settecento metri arriviamo a un’altra grande rotonda, alla quale prendiamo verso sinistra, costeggiando il grande centro commerciale, la via Cesare Pavese, che seguiamo per trecento metri, poi a destra in via Elio Vittorini, che prosegue sulla via Eugenio Montale. Nell’ultimo decennio, il quartiere di Poltu Quadu si è esteso su quest'area, che era già chiamata Sa Marinedda, ma che attualmente è più conosciuta dagli olbiesi con il nome di Olbia Mare dove è situato il grande centro commerciale, un nuovo albergo ed importanti spazi commerciali. La zona residenziale contiene anche il porticciolo turistico chiamato Marina di Olbia, realizzato in due piccole baie naturali delimitate dall’isola di Cavallo e da una serie di scogli emergenti, che contiene 270 posti barca destinati ai natanti tra gli 7,5 e i 60 metri di lunghezza. A sud del porticciolo turistico, nelle acque interne del golfo si estendono importanti allevamenti di mitili, gustosi molluschi bivalve molto conosciuti ed apprezzati in tutta l’Isola. All’interno dell’Aeroporto si trova il Jazz Hotel con il ristorante Bacchus consigliato dalla Guida Michelinalla rotonda Aeroporto, situata sulla SS125 Orientale Sarda settecento metri prima di arrivare al centro commerciale, prendiamo sulla destra la via degli Astronauti, e subito alle destra della strada, al civico numero 2 della via degli Astronauti, si vede il grande Jazz Hotel. All’interno del Jazz Hotel si trova il ristorante Bacchus, uno dei ristoranti sardi consigliati dalla Guida Michelin. L’Aeroporto di Olbia Costa Smeraldaalla rotonda Aeroporto, situata sulla SS125 Orientale Sarda settecento metri prima di arrivare al centro commerciale, prendiamo sulla destra la via degli Astronauti, e, seguendo le indicazioni, in settecento metri raggiungiamo l’Aeroporto di Olbia Costa Smeralda recentemente ampliato e rimodernato. È considerato uno dei più importanti del Paese classificandosi come secondo Aeroporto isolano, e la sua Torre di controllo è la terza in Italia per modernità e tecnologia. Oltre ai collegamenti nazionali vi sono quelli internazionali, che lo collegano con le principali capitali e località europee. Il nuovo Cimitero di Olbia in località su lizzuPrima di arrivare all’aeroporto, si trova una rotonda alla quale prendiamo verso destra, ossia verso ovest, la via Loiri, che è il nome della SP24 che conduce, appunto, a Loiri Porto San Paolo. Dopo due chilometri, alla rotonda continuiamo sulla SP24 prendendo la seconda uscita verso sinistra, e, dopo trecento metri, prendiamo a destra la strada che ci porta al Nuovo Cimitero di Olbia in località su lizzu. L’Aeroporto di Venafiorita che è stato il primo Aeroporto di OlbiaL’Aeroporto di Olbia Costa Smeralda ha sostituito, nel 1974, l’Aeroporto di Venafiorita che era stato inaugurato nel 1927 ed è attualmente in disuso. Lo troviamo alla destra della SP24 che porta a Loiri Porto San Paolo, a circa quattro chilometri e mezzo da Olbia, circa un chilometro più avanti rispetto alla deviazione che ci porta a visitare il Castello di Pedres, che descriveremo più avanti. reperti archeologici e storici che si trovano nei dintorni della città di OlbiaVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Olbia, sono stati portati alla luce i resti del complesso megalitico di rio Mulinu; dei pozzi sacri di Cugnana, e Sa Testa; delle Tombe di giganti di labia, e di su Monte ’e S’Ape; dei Protonuraghi Culatolzu, lattumbrosu, nuragadena, Oddastru Colvu; dei Nuraghi semplici Aldala, Contra de Ozzastru, Contras, Lu Casteddu, Nuragheddu de Siana, Paulelada, punta Nuraghe, rio Mulinu, Sa Mola, Siana, Torra; dei Nuraghi complessi Belveghile, Casteddu; dei Nuraghi Battinu, Criscula, Lu Montigghju Longu, Maronzu, Nurattolu de Siana, S’Acutadorza, San Tommaso, Santa Mariedda, Tanca Pedra Niedda, Tanca Uppalza, tutti di tipologia indefinita mentre non resta più nulla dei distrutti Nuraghi Abbafritta, Albitroni, Amoras, Caddari, Chidonza, Corrimozzo, de Sa Mola, Filighe, Fumosa, Fumu, Furru de Inza, Istrittone, labia, l’Aranciu, Lu Naracheddu, Mattone, Migaleddu, Multa de Caccu, Olbana, Pobulos, Sa Mansa, Sa Pedra Bianca, Sa Tupia, San Nigola, Santu Tranu, Tamara. Vediamo, ora, i numerosi resti storici ed interessanti reperti archeologici che si trovano nei dintorni della città di Olbia. Lungo la SS127 Settentrionale Sarda arriviamo nella frazione Lu SticcaduDal centro di Olbia prendiamo corso Umberto I, che diventa corso Vittorio Veneto, per poi diventare, usciti dalla città, la SS127 Settentrionale Sardaper tempio. A poco più di quattro chilometri e mezzo dal centro di Olbia, troviamo una deviazione sulla destra, che, in trecento metri, ci porta nella frazione Lu Sticcadu (altezza metri 31, distanza 5.3 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 102). Nella frazione Mannacciu i pochi resti del Nuraghe MannacciuProseguendo invece sulla SS127, dopo circa settecento metri, troviamo un’altra deviazione sulla destra che, in seicento metri, ci porta, in località Maltana, nella piccola frazione Mannacciu (altezza metri 33, distanza 4.7 chilometri, non è disponibile il numero di abitanti). Qui si trovano i resti del Nuraghe Mannacciu conosciuto anche come Mannazzu o come Paulelada. Nascosto tra i cespugli, il Nuraghe è difficilmente visitabile per la presenza di recinzioni e dei cani da pastore, e versa in una situazione di completo abbandono, considerando il difficile accesso all’area nella quale si trova, l’assenza di cartelli informativi e la mancata pulizia della struttura. In localtà Monte Telti si trova il Castello di Sa Paulazza o di Mont'a TeltiProseguendo dalla frazione Mannacciu, dopo meno di un chilometro troviamo, alla sinistra della strada, la deviazione che ci porta nell’altra frazione Monte Telti (altezza metri 70, distanza 7.2 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 30). Qui seguiamo le indicazioni per Mont'a Telti, un colle di 234 metri che si trova a sud est dell’abitato. Prendiamo la sterrata che, dopo cinquecento metri, ci porta alla base del colle, sul quale si sale a piedi. Sulla sommità troviamo il Castello di Sa Paulazza ossia la paludaccia, la palude malsana, che viene chiamato anche, dal nome della località, Castello di Mont’a Telti. Si ritiene che si tratti di un castro bizantino realizzato dall’Imperatore d’Oriente Giustiniano nel sesto secolo, dopo la riconquista dell’Africa settentrionale e della Sardegna. Era una difesa non tanto contro i Vandali, ormai sconfitti dal generale Belisario, quanto piuttosto dagli attacchi che venivano effettuati dalle popolazioni locali che si erano ritirate sui monti dell’entroterra. È il Castello della prima età bizantina meglio conservato, con le mura in alcuni tratti ancora merlate, realizzate utilizzando pietre ottenute da un preesistente edificio di età nuragica. Ha una forma quadrangolare con quattro torri angolari. L’origine bizantina della costruzione si riscontra in particolare nella torre sud orientale, di forma pentagonale, con le garitte dei soldati di Guardia. Dall’alto si domina la città di Telti e tutta la piana sottostante, fino alla parte interna del golfo di Olbia. Lungo la SP24 troviamo la fattoria romana dell’età repubblicana detta S’ImbalconaduDal centro di Olbia, al termine del corso Umberto I, prendiamo sulla sinistra la via Mameli che diventa poi via Roma. Lasciato sulla destra il Cimitero, proseguiamo in via Venafiorita, che più avanti diventa la SP24 e che porta a Loiri Porto San Paolo. Dopo tre chilometri, appena passato il ponte sul rio Oddone, un cartello segnala sulla destra la fattoria romana. Oggi per arrivarci, essendo crollato il ponte sul rio Oddone, si deve prendere la SS597 del Logudoro che porta da Olbia a Monti, poi, allo svincolo, prendere verso sinistra la SS131 di Carlo Felice dcn, seguirla per tre chilometri, poi a sinistra la SP24, che seguiamo questa volta verso nord, e che, in un chilometro e ottocento metri, ci porta alla fattoria, che si trova alla sinistra della strada subito prima del ponte. La Fattoria romana dell’età repubblicana detta S’Imbalconadu costruita intorno al 130-120 avanti Cristo, è stata abbandonata intorno al 70-80 dopo Cristo Al centro si trovano i resti della villa padronale, di quattro stanze, che si doveva sviluppare su due piani. Ad est dell’ingresso si trova un edificio adibito alla macinazione del grano e alla cottura del pane. Ad ovest sono presenti due cisterne, con un ampio vano probabilmente per la lavorazione di vino ed olio. Nella fattoria sono presenti altri ambienti indicati come magazzini. Gli scavi hanno portato alla luce, tra l’altro, un grande blocco di granito sul quale è scolpito a rilievo il simbolo della dea Tanit, a testimoniare come in piena età romana la fattoria si trovasse ancora sotto la protezione di una divinità punica. Il reperto si trova nel Museo Archeologico ed Etnografico Giovanni Antonio Sanna di Sassari. Il Castel PedresoTornati sulla SP24 che porta da Olbia a Loiri, poco più avanti, giunti al chilometro 3,3 in regione Casteddu, svoltiamo a destra e dopo due chilometri raggiungiamo il parcheggio sotto il Castel Pedreso chiamato anche Castello di Pedres. Di questo Castello si hanno notizie scritte tra il 1296 ed il 1388, e si ritiene che sia stato edificato a difesa dell’entroterra da maestranze pisane quando a dominare nel Giudicato di Gallura era la famiglia Visconti. Un tempo era costituito da due piazzali cinti da mura e torri purtroppo della costruzione rimangono soltanto parte di una torre alta oltre 10 metri. restaurato di recente, è stato reso possibile l’accesso attraverso dei gradini ricavati nelle rocce che portano fino in cima alla rocca di granito sulla quale sorge la torre. Da qui si domina tutta la costa a sud della città ed è possibile ammirare il panorama che spazia dal mare alla montagna. In periodo giudicale Olbia, allora chiamata Civita, era collegata con Offolle, l’attuale San Teodoro, attraverso una strada, che, dai pressi del Castello di Pedres, scendeva verso sud, passando attraverso un territorio il cui nome, Ùttaru Pisanu, risaliva all’epoca della dominazione pisana. La strada, giunta alle falde di Monte Almuttu, portava poi nel territorio di Offolle, nelle vicinanze dello stagno, per dirigersi verso gli altri centri costieri a sud dell’attuale San Teodoro. I resti della Tomba di giganti di su Monte ’e S’ApeProprio sotto il Castello si trova la ben conservata Tomba di giganti di su Monte ’e S’Ape che con la sua lunghezza di oltre 28 metri è la più grande di tutta la Sardegna. All’ingresso della tomba, in corrispondenza del centro del cerchio di betili che delimitava l’esedra, era presente la stele della quale però non resta traccia. Si ritiene che la struttura dell’esedra sia stata realizzata successivamente intorno ad una originaria tomba a galleria. La Tomba di giganti di su Monte ’e S’Ape di Olbia è orientata verso sud est, con un azimut di 133°, e non è stato ancora ipotizzato dove dovesse puntare il suo allineamento. I resti del Nuraghe CastedduDal parcheggio sottostante al Castello di Pedres, a circa un chilometro verso nord si raggiunge a piedi il Nuraghe Casteddu situato su una piccola altura a 47 metri di altezza e sempre accessibile. Si tratta di un Nuraghe complesso, con una torre centrale ed una struttura addizionale. Il Nuraghe, infatti, dispone di un unico ingresso, alla cui destra si trova un cunicolo con lastre di copertura, che somiglia a una Tomba di giganti. È un fatto abbastanza raro, perché in età nuragica le tombe venivano edificate nelle vicinanze dei Nuraghi, mai al loro interno. Lungo la SP82 i resti dell’Acquedotto romanoDal corso Umberto I, di fronte alla piazza regina Margherita, prendiamo la via del Porto Romano, superiamo il passaggio a livello e prendiamo a destra il grande viale Gabriele D’Annunzio, che seguiamo fino al semaforo, dove giriamo a destra imboccando il cavalcavia sopra la ferrovia e proseguendo per via dei lidi, che diventa la SP82 per Golfo Aranci. Appena scesi dal cavalcavia, troviamo subito l’indicazione, che ci fa prendere la stradina via Adige sulla sinistra, alla immediata biforcazione giriamo a sinistra in via Flumendosa, e poi, subito a destra, in via Mincio, che scorre costeggiando ad est la linea ferroviaria, e poi si sposta un poco più verso nord est. Seguendo questa strada, dopo circa un chilometro, in località Tilibbas, vediamo sulla sinistra i resti dell’Acquedotto romano una costruzione a pilastri con base quadrata ed archi a tutto sesto, nel quale veniva convogliata l’acqua proveniente della fonte di Cabu Abbas, Caput Acquarum ossia origine delle acque, che portava dopo un percorso di sette chilometri fino a Olbia, alle cisterne delle terme. Dei resti si conservano ancora sessanta metri di arcate e si possono notare alcune canalette che portavano l’acqua. A qualche decina di metri da questi ruderi troviamo le due grandi Cisterne romane rettangolari, uguali tra loro, con volta a botte, e separate da un muro sorretto da quattro archetti poggiati su basi rettangolari. Le cisterne non erano collegate con l’acquedotto e probabilmente erano adibite ad uso privato. Questi resti sono la testimonianza di una importante opera realizzata tra il I ed il secondo secolo dopo Cristo, che non presenta traccia di successivi interventi. Il Santuario di Nostra Signora di Cabu AbbasDal centro prendiamo il grande viale Gabriele D’Annunzio, che seguiamo fino al semaforo, dove giriamo a destra imboccando il cavalcavia sopra la ferrovia e proseguendo per via dei lidi, che diventa la SP82 per Golfo Aranci. Percorriamo questa strada fino a che, dopo circa un chilometro e mezzo, troviamo le indicazioni che ci fanno prendere, sulla sinistra, la via Marocco, che seguiamo per cinquecento metri, arriviamo a una rotonda e prendiamo la terza uscita, verso sinistra, che è la via Corea. La seguiamo per seicentocinquanta metri, prendiamo verso sinistra un sottopasso, e poi subito a destra la strada che ci porta sulla via Si Scoglia. Seguiamo la via Si Scoglia verso sinistra, ossia verso ovest, per circa un chilometro e ottocento metri, e prendiamo a destra la traversa che, in un’ottantina di metri, ci porta in località Cabu Abbas, dove troviamo il Santuario di Nostra Signora di Cabu Abbas ossia di Nostra Signor ’e Capu Abbas, della quale le testimonianze più antiche giunte sino a noi sono gli atti di un processo interdiocesano, risalenti al 1657, che attestano la presenza di quasta chiesa, sita nel luogo che in periodo romano era chiamato Caput Aquarum, per via della sorgente che alimentava l’acquedotto della città di Olbia. Il primo impianto dell’edificio cristiano, dovrebbe essere di epoca medievale, ricostruito nel 1760, come è riportato dall’architrave scolpito, posto sopra l’ingresso principale. Negli anni settanta del novecento, le si è affiancata una Cumbessia, che ne prolunga la falda sinistra, conferendo un aspetto asimmetrico alla facciata. All’interno, sul lato sud, di fronte all’ingresso secondario, vi è una semplice statua della Vergine, conservata in una teca, ed un’altra statua di Maria con in braccio il Bambino, è sistemata sull’altare a muro, inquadrata da un retablo ligneo del diciannovesimo secolo, opera di pittore locale, che raffigura i misteri dell’infanzia di Gesù. All’esterno, di fronte alla facciata abbellita dal campanile a vela, vi è l’antichissima ossaia, che meriterebbe un’donea segnalazione, perché essendo delimitata solamente da un basso muretto, viene scambiata per un aiuola e qualcuno vi si siede sopra anche per mangiare. A brevissima distanza dal retro della chiesa, si trova il Cimitero ormai in disuso di Cabu Abbas, decadente, che ha ospitato l’ultima sepoltura nel 1896. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alle statue della Madonna conservate al suo interno, che sono oggetto di venerazione. Presso la piccola chiesa, otto giorni dopo la Festa patronale di San Simplicio del 15 maggio, ovvero la terza o la quarta domenica del mese, si tiene la Festa di Nostra Signora di Cabu Abbas. Il venerdì appuntamento con le bandiere nella casa del priore, il sabato celebrazione dei vespri e cena alla marinara, offerta dal comitato, e la domenica, Il giorno solenne, la messa a metà mattina e la breve processione. Si tratta di una Festa religiosa e popolare particolarmente sentita dagli olbiesi che vi partecipano numerosi con canti, balli e gare poetiche. Il complesso megalitico di rio MulinuSeguita la via Corea per settecentocinquanta metri, prendiamo verso sinistra il sottopasso, e poi subito a destra la strada che ci porta sulla via Si Scoglia. Presa la via Si Scoglia verso destra, ossia verso est, seguiamo questa stradina, che è un susseguirsi di curve e di dossi, per un chilometro ed ottocento metri, ed arriviamo sulla cima denominata Punta Casteddu, sullo sperone roccioso di Monte Colbu, a 245 metri sul mare, da dove si domina tutta la piana di Olbia ed il suo golfo. Parcheggiamo vicino a una fonte alla quale gli olbiesi si recano per rifornirsi di ottima acqua, e una scarpinata di quasi un’ora, tutta in salita, ci porta al Complesso megalitico di rio Mulinu edificato in una posizione strategica dalla quale si dominava non solo la vallata ma anche tutta la costiera sottostante. Il percorso per arrivare al complesso megalitico è stato realizzato con ampi gradini costituiti da lastroni di granito e con pietre a forma concava ai lati per raccogliere le acque piovane. Il percorso procede a spirale per agevolare la ripida salita. Il monumento è costituito da una cinta muraria realizzata con grossi blocchi di granito sovrapposti, che si sviluppa per 220 metri, con uno spessore anche di 4 metri ed un’altezza che in alcuni punti supera i 5 metri. La cinta circonda la vetta della collina dando l’impressione di una grande fortezza, con due ingressi contrapposti, uno a nord verso la campagna e l’altro a sud verso il mare. Al centro dello spazio racchiuso dalla cinta muraria, troviamo un insolito Nuraghe con un diametro di soli 8,5 metri, realizzato con blocchi tutti delle stesse dimensioni che gli danno una forma perfettamente cilindrica, a differenza dei veri Nuraghi che sono realizzati con blocchi di maggiori dimensioni in basso e sempre più piccoli verso l’alto. Il Nuraghe è circondato da due muraglioni che formano un corridoio d’accesso, e racchiude un pozzo sacro profondo 2,5 metri, al cui interno durante gli scavi sono stati rinvenuti resti di animali sacrificati. Nella nicchia d’ingresso del Nuraghe sono stati ritrovati la statuina in bronzo di una donna che porta un vaso sulla testa ed altri oggetti in bronzo, particolari che fanno supporre che nell’Età del Bronzo fosse un tempietto dedicato al culto delle acque. Le strutture murarie, edificate a scopo di controllo del golfo e del territorio, hanno una funzione difensiva e si ritiene appartengano all’ultimo periodo megalitico, mentre il pozzo sacro e la copertura a imitazione di un Nuraghe potrebbero risalire dell’Età del Bronzo medio. La presenza del pozzo sacro e di una vasta zona recintata adatta ad accogliere un grande numero di persone, considerata l’inesistenza di un qualsiasi centro abitato in zona, fanno ritenere che questa struttura rappresentasse un punto di incontro per cerimonie sacre e giustifica il nome di Santuario di Cabu Abbas che gli viene a volte dato. La frazione Olbia denominata OssedduDalla via Marocco, che seguiamo per cinquecento metri, arriviamo a una rotonda e prendiamo la terza uscita, verso sinistra, che è la via Corea. La seguiamo, saltando la deviazione a sinistra che ci ha portato in via Si Scoglia, e dopo settecento metri la strada continua sulla via Stazzu Frattuoso. Dopo poco più di un chilometro svoltiamo leggermente a destra ed imbocchiamo La via Luca Cubeddu, che in meno di cinquecento metri, a cinque chilometri dal centro di Olbia, ci porta alla sua frazione Osseddu (altezza metri 87, distanza 7 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 93). alla frazione Osseddu appartengono il Santuario ed il complesso megalitico di Cabu Abbas. Dall’estremo ovest della frazione Osseddu era possibile raggiungere il complesso megalitico di rio Mulinu, ma la strada è oggi interrotta, per cui conviene seguire la strada che abbiamo descritto precedentemente. Il pozzo sacro di Sa TestaTornati sulla provinciale per Golfo Aranci, dopo circa un chilometro da dove avevamo preso la via Marocco, a circa tre chilometri e trecento metri da Olbia, si arriva a una grande rotatoria con le indicazioni sulla destra per il nuovo Porto Industriale, sulla sinistra per Golfo Aranci ed al centro verso Cala Saccaia. Prendiamo quest’ultima ed effettuiamo subito l’inversione a U per portarci sull’altro lato della strada, quindi prendiamo una stradina sulla destra che ci porta in un’area recintata. Percorso un Vialetto di cento metri arriviamo al pozzo sacro di Sa Testa frequentato fino in età romana. All’ingresso del tempio a pozzo c’è un ampio cortile esterno con funzione di esedra, dotato di sedili in pietra per accogliere i fedeli. Sotto il piano del cortile è presente una canalina di deflusso delle acque del pozzo in eccesso, in modo da evitare l’allagamento dell’esedra nel caso di un afflusso eccessivo delle acque, la cui copertura è stata nel tempo in parte rimossa. Dal cortile si accede al vestibolo, detto anche pronao, nel quale doveva essere presente l’altare. Dal vestibolo una scala a rampa rettilinea di 17 gradini conduce fino alla sorgente perenne, ancora attiva, racchiusa entro una camera circolare con la copertura a tholos, che sembra quasi un Nuraghe interrato. La scala ha una insolita copertura architravata costituita da blocchi che formano una scala rovesciata che da un effetto di maggior profondità al vestibolo. È uno dei pozzi sacri più belli della Sardegna ed è abbastanza ben conservato. frazione ed altre località nei dintorni di OlbiaVediamo le frazioni e le altre loclaità che si incontrano nei dintorni di Olbia. Il GeovillageUscendo da Olbia verso nord sulla SS125 Orientale Sarda in direzione di Arzachena e Palau, dopo circa tre chilometri e mezzo, in località Cabu Abbas, prendiamo lo svincolo e svoltiamo sulla rampa in leggera salita sulla destra, prendendo la circonvallazione ovest di Olbia. La circonvallazione si dirige verso est, in direzione di Golfo Aranci. La seguiamo per due chilometri e mezzo ed arriviamo a vedere, alla destra della strada, il Geovillage Sport Wellness & Convention resort, che offre moderne camere climatizzate, l’accesso gratuito al centro benessere Cala Moresca e un servizio navetta estivo per la spiaggia. Dispone, inoltre, di dieci campi da Tennis, tre campi da Calcio e piscine coperte e all’aperto. Il centro commerciale TerranovaUscendo da Olbia verso nord sulla SS125 Orientale Sarda per Palau, dopo 4,3 chilometri, prima dell’incrocio con la SP16 verso Marinella troviamo, sulla sinistra, la via Santa Lucia. La strada, presa verso sinistra, ci porta al Centro commerciale Terranova il quale si sviluppa su una superficie molto ampia ai margini dell’abitato. realizzato nel 1996 e 1997 dall’architetto Aldo Rossi, è un grande edificio che presenta due alti pilastri antistanti il muro, con aperture che consentono il passaggio al vero e proprio ingresso. Particolarmente interessante è l’uso di materiali diversi che mettono in evidenza i colori dell’edificio. Nella frazione Santa Lucia si trova la chiesa campestre di Santa LuciaLa via Santa Lucia, presa invece verso destra, sbocca sulla via Plebi. Presa verso destra, la via Plebi ci porta nella frazione Santa Lucia (altezza metri 85, distanza 8.2 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 95). Presa, invece, via Plebi verso sinistra, troviamo, all’interno del parco Santa Lucia, la chiesa campestre di Santa Lucia che è stata restaurata di recente. La piccola chiesa presenta nella facciata un’iscrizione che prova la sua ricostruzione al 1866, ma sicuramente l’impianto originario era di molti secoli precedente. Al suo interno sono custoditi diversi stendardi dipinti, appartenenti a comitati o relativi a donazioni di privati. Presso questa chiesa, la prima domenica di settembre viene celebrata la Festa di Santa Lucia, con cerimonie religiose e manifestazioni civili. La chiesa campestre di San Vittore VescovoProseguendo su via Plebi, la seguiamo per circa ottocento metri fino a che sbocca su via San Vittore, che prendiamo sulla destra, e che ci porta, dopo poco più di un chilometro, alla piccola chiesa campestre di San Vittore Vescovo in lingua sarda Santu Ittaru, documentata per la prima volta nel 1647 e rimaneggiata nel corso dell’ottocento. La chiesa è circondata da olivi secolari. Qui la domenica che precede il 15 maggio si svolge la Festa di San Vittore, che prevede al sabato i vespri, e la domenica mattina la processione con la messa. I festeggiamenti, molto seguiti dagli olbiesi, comprendono il pranzo gratuito, le tradizionali gare dei poeti, i canti a chitarra e balli. Nella frazione Sa Istrana si trova la Torre di Sa IstranaPartendo dal centro e proseguendo lungo il corso Umberto I, dopo il passaggio a livello, prima che questo diventi corso Vittorio Veneto, prendiamo a destra la via San Simplicio, e, dopo cento metri, a sinistra la via Brigata Sassari. Questa continua sulla via Barcellona, che esce dall’abitato con il nome di SP38bis, dopo due chilometri ed ottocento metri prendiamo lo svincolo che ci fa imboccare la Circonvallazione ovest in direzione nord est, e, dopo un paio di chilometri, prendiamo lo svincolo che ci porta, a sinistra nella frazione Sa Istrana (altezza metri 31, distanza 7.4 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 255). A sud ovest dell’abitato, si trova la distrutta Torre fortificata di Sa Istrana si ritiene che sia stata edificata a difesa dell’entroterra da maestranze pisane quando a dominare nel Giudicato di Gallura era la famiglia Visconti. La torre sorge in cima di un colle sulla riva del mare di Olbia, ed è servita come un punto strategicho per proteggere e sorvegliare la costa del mare. L’edificio ha elementi particolari architettonici decorativi del tempo. Dalla Torre di Sa Istrana si può ammirare una bella vista panoramica della costiera di Olbia. La chiesa di Santa Maria di Terranova detto Santa MarieddaRitornati sulla SP38bis, la percorriamo per circa un chilometro e settecento metri, poi troviamo la deviazione sulla destra che, in cinquecento metri, ci porta nel parco, nel quale si trova la chiesa di Santa Maria di Terranova meglio conosciuta dagli olbiesi col nome di Santa Mariedda e documentata dal 1113 come chiesa parrocchiale del borgo medievale di Larathanos. L’edificio attuale risale alla seconda metà del settecento, ma l’origine dell’edificio di culto risale al periodo medioevale, certamente legato a un monastero dei Vittorini di Marsiglia dell’undicesimo secolo. La chiesa, pavimentata in cotto sardo, custodisce al suo interno una piccola statua di Madonna col Bambino in marmo. L’ultima domenica di aprile presso questa chiesa si svolge la Festa di Santa Maria di Terranova, ossia di Santa Mariedda, seguita da un’altra Festa la seconda domenica di settembre. La chiesa campestre di San Pietro ApostoloDalla chiesa di Santa Mariedda, possiamo proseguire in direzione Sant’Antonio di Gallura per quattro chilometri e mezzo, poi si svolta a destra in direzione di Muddizza Piana, e si percorrono tre chilometri in salita, lungo le falde del Monte Pinu, fino a raggiungere la chiesa campestre di San Pietro Apostolo una delle tante piccole Chiese costruite negli anni venti del novecento in seguito ad un contributo straordinario, concesso da papa Pio XI, per la costruzione di case parrocchiali e Chiese in Sardegna e nel meridione d’Italia. La si può raggiungere anche dalla SP38bis, allo svincolo dove abbiamo preso la Tangenziale ovest per arrivare a Sa Istrana, prendendo, invece, la via San Vittore verso Santa Lucia, dopo quasi due chilometri e mezzo prendiamo verso sinistra la via Pinnacula e la seguiamo per tre chilometri e settecento metri, dove sbocca sulla strada che prendiamo verso sinistra per quasi un chilometro e mezzo, fino a dove sbocca sulla strada che proviene dalla SP38bis e che porta alla chiesa, la prendiamo verso destra e la seguiamo per un chilometro e duecento metri. La Festa di San Pietro si tiene la prima domenica di luglio, alla vigilia vengono celebrati i vespri ed offerta la cena, ed il giorno della Festa la messa, la processione ed il pranzo comunitario. Nella frazione Putzolu si trova la chiesa di Santa Elisabetta d’UngheriaDal centro di Olbia prendiamo via Vittorio Veneto, che poi diventa la SS127 Settentrionale Sardaper tempio. Passate le frazioni Mannacciu e Lu Sticcadu, che abbiamo già descritte, dopo un chilometro troviamo, a sinistra, la deviazione che, in quattrocento metri, ci porta nel piccolo borgo situato nella frazione Putzolu (altezza metri 58, distanza 7.3 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 177). Duecento metri dopo la deviazione per Putzolu, sulla destra della SS127 Settentrionale Sarda si trova, nel parco di Santa Elisabetta, la chiesa di Santa Elisabetta d’Ungheria. La chiesa è stata costruita negli anni venti del novecento in seguito ad un contributo straordinario, concesso da papa Pio XI, per la costruzione di case parrocchiali e Chiese in Sardegna e nel meridione d’Italia, e si ritiene che vi fosse l’intenzione di dedicarla alla cugina di Maria, dedica poi abbandonata per la mancata disponibilità di una statua della Santa, mentre era invece disponibile quella di Sant’Elisabetta d’Ungheria. Presso questa chiesa l’ultima domenica di maggio si svolge la Festa di Santa Elisabetta. La Festa inizia il sabato con i vespri e prosegue la domenica con la messa e la processione accompagnata dalla banda musicale. Il comitato offre un rinfresco a base di cozze e bibite e gli intrattenimenti prevedono canti e poesie sarde e talvolta la presenza di complessi. La frazione Cantoniera PutzoluIl Nuraghe Putzolu si trova più avanti lungo la SS127, in territorio di Telti, e verrà descritto nella pagina nella quale viene illustrato questo comune. Proseguendo sulla SS127, da Putzolu in un paio di chilometri arriviamo nella frazione Cantoniera Putzolu (altezza metri 108, distanza 8.8 chilometri, non è disponibile il numero di abitanti), altra località situata nei dintorni di Olbia, nella quale si trova l’omonima casa cantoniera. La chiesa campestre di Sant’Angelo a sud di OlbiaAll’inizio della SS125 Orientale Sarda verso sud in direzione di San Teodoro, passiamo la frazione Padrogianus che descriveremo quando illustreremo la costa a sud di Olbia. Dopo circa cinquecento metri dal ponte sul fiume Pedrongiano, prendiamo una sterrata sulla destra, la seguiamo per circa due chilometri, e,su una collina abbastanza lontana, alla destra della strada, si trova la chiesa campestre di Sant’Angelo conosciuta anche come chiesa di San Michele Arcangelo, che è stata una delle Chiese del borgo medievale di Sarrai. Il primo maggio vi si celebra la Festa di Sant’Angelo organizzata da un comitato formato dai pastori della zona. Dopo i riti liturgici viene offerto il pranzo a base di pecora in cappotto, ossia di pecora bollita, formaggio e vino. I festeggiamenti prevedono balli tradizionali, canti a poesia o chitarra, ballo liscio. La chiesa campestre dello Spirito SantoUn poco più a sud, percorsi due chilometro e settecento metri sulla SS125 Orientale Sarda, prendiamo un’altra deviazione verso destra che, in poco più di sue chilometri, ci porta a vedere, alla sinistra della strada, sempresu una collina abbastanza lontana, la piccola chiesa campestre dello Spirito Santo chiamata in lingua sarda chiesa di su Babbu Mannu. Ci si poteva arrivare anche continuando sulla sterrata che ci aveva portati alla chiesa di Sant’Angelo per circa un chilometro ed ottocento metri. Edificata in epoca medioevale e ricostruita nel 1799, è stata restaurata nel 1960. Il giorno del Corpus Domini, sessanta giorni dopo Pasqua, presso questa chiesa si celebra la Festa dello Spirito Santo, una Festa religiosa che termina con canti, balli sardi e con una lauta cena solitamente a base di pecora in cappotto, ossia pecora bollita, formaggio e naturalmente vino. La Cantina delle Vigne di Piero ManciniDal centro prendiamo il viale Gabriele D’Annunzio, che seguiamo fino al semaforo, dove giriamo a destra imboccando il cavalcavia sopra la ferrovia e proseguendo per via dei lidi, che diventa la SP82 per Golfo Aranci. A circa tre chilometri e trecento metri da Olbia, si arriva a una grande rotatoria con le indicazioni sulla destra per il nuovo Porto Industriale, sulla sinistra per Golfo Aranci ed al centro verso Cala Saccaia. Prendiamo quest’ultima, la seguiamo per poche centinaia di metri in via Madagascar, fino a che, sulla sinistra al civico numero 17, troviamo la Cantina delle Vigne di Pietro Mancini. Le spiagge di OlbiaIntorno ad Olbia si trovano diverse spiagge, quelle a sud di Olbia verso la costiera di Loiri Porto San Paolo, quelle verso est in direzione di Golfo Aranci, quelle a nord di Olbia, verso il golfo di Marinella, Porto Rotondo, Cugnana e Portisco. Una deviazione da questa strada ci permette di raggiungere San Pantaleo. Tutte queste località sono descritte in prossime pagine del nostro viaggio, e ad esse si può accedere direttamente con un clic sulla cartina all’inizio di questa pagina o nella descrizione precedente. La prossima tappa del nostro viaggioInizieremo, ora, ad effettuare un itinerario lungo le coste sud orientali della provincia, da Loiri Porto San Paolo a San Teodoro, e poi nelle Baronie a Budoni. Nella prossima tappa del nostro viaggio, partendo da Olbia ci recheremo a visitare gli stagni del rio Padrogianus ed il suo parco fluviale. Proseguiremo poi visitando la costiera a sud di Olbia con le sua spiagge. | ||||||||
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